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SECONDA SERIE

AVVERTENZA

l. Il presente volume, il XVII-XVIII della ~Seconda serie, raccoglie il materiale documentario relativo al periodo compreso tra il 1° gennaio 1884 e il 28 giugno 1885. Come appare evidente, la data iniziale è palesemente collegata ad un criterio di razionalizzazione quantitativa delle pubblicazioni di questa serie più che ad una correlazione con un preciso riferimento della politica internazionale del Regno. Alla fine del sesto ministero Depretis si colloca invece la data finale di questo volume. Data significativa in relazione non tanto alla scadenza politica di quel dicastero, quanto al cambio che contemporaneamente si verifica alla guida del Ministero degli affari esteri.

Con questa pubblicazione si chiude infatti il periodo lungo, almeno per le consuetudini italiane, di Pasquale Stanislao Mancini alla Consulta che sarà di preludio, nel successivo ministero guidato ancora una volta da Depretis, alla incisiva esperienza di Di Robilant che a sua volta introdurrà il ciclo della politica estera di Francesco Crispi.

Sarebbe senza dubbio eccessivo affermare che si conclude un'epoca della politica estera italiana, ma sicuramente il cambio al vertice del ministero non è privo di significato, come anche di conseguenze, e permetterà notevo1i variazioni di indirizzo della stessa negli anni successivi discostandosi dai suoi criteri più tradizionali.

Se di costante adeguamento alla tradizione si può parlare per la politica estera operata in questo periodo da Pasquale Stanislao Mancini, si possono anche delineare della stessa le linee di continuità e di mutamento rispetto al passato. Tra le prime è indubbiamente da sottolineare la costante politièa di amicizia con la Gran Bretagna, i rapporti oscillanti tra riconciliazioni e rotture con la Santa Sede, come anche l'interpretazione ancora una volta insicura, e spesso indecisa, delle relazioni con gli Imperi Centrali, ai quali ci legava la Triplice Alleanza, e con la Francia, che di quella alleanza avversava e temeva le conseguenze.

I documenti sulla politica inglese in Egitto e sulle linee di intesa nel Mediterraneo testimoniano i rapporti con la Potenza inglese. Quelli sulla sentenza della Corte di cassazione di Roma relativa ai beni di Propaganda Fide e sul. frequenti colloqui dei nostri rappresentanti testimoniano a loro volta l'interesse sempre vivo per le iniziative del Vaticano. Il convegno dei tre imperatori, i problemi dell'irredentismo e della Rumelia orientale, l'attenzione per la politica coloniale tedesca indicano, attraverso i numerosi documenti selezionati, le linee di tendenza della politica estera italiana nei suoi rapporti con gli imperi tedesco ed austro-ungarico.

La politica nei confronti della Francia, pur avendo attenzione per le problematiche continentali collegate ai rapporti della Triplice Alleanza, è tuttavia maggiormente delineata dalla documentazione che tratta dei problemi africani. Rientra cioè in quella attività diplomatica che, su impulso del ministro degli affari esteri italiano, disegna una linea di mutamento rispetto al passato. Mancini infatti, alla ricerca delle "chiavi del Mediterraneo" nel Mar Rosso, inizia in quel mare la costituzione dell'impero coloniale italiano alla quale non fu impulso estraneo il timore che una espansione francese nel Marocco alterasse gli equilibri tra i due Paesi. Assab e Massaua, Raheita, Beilul, Obock, Harar cominciano in tal modo a diventare nomi familiari nei rapporti inviati dalla diplomazia italiana. Si moltiplicano le espressioni di amicizia verso Giovanni IV, negus d'Etiopia, e per il governatore dello Scioa. Le relazioni sulle numerose spedizioni, quella guidata da Cecchi nel Giuba, quella di Bianchi conclusa con un eccidio, la missione Ferrari, diventano oggetto di specifici e crescenti interessi. La stessa attenzione con la quale sono seguiti i lavori della Conferenza di Berlino si sarebbe difficilmente manifestata qualche anno prima.

Ulteriori argomenti vivacizzano l'interesse di questo volume affiancandosi ai precedenti nelle relazioni con le Potenze europee. Si evidenziano tra essi la Conferenza di Londra per la questione finanziaria egiziana, l'accordo con la Francia per la soppressione della giurisdizione consolare in Tunisia, i rapporti con la stessa per delimitare i limiti dei possedimenti italiani nel Mar Rosso e per contenere la tratta degli schiavi in quel mare, le conversazioni con Gran Bretagna e Spagna per mantenere lo status quo nel Marocco, gli accenni insistenti a possibilità di occupazione italiana della Tripolitania e Cirenaica. Anche il lontanissimo Afghanistan, per l'interesse che suscita in Gran Bretagna, diviene oggetto di interessata relazione.

Le personalità dei diplomatici che emergono da questa ricca corrispondenza, offuscando ancora una volta quella del ministro degli affari esteri, sono, come nel precedente volume, quelle dei rappresentanti italiani a Vienna, Berlino e Londra, Di Robilant, De Launay e Nigra, mentre i viaggiatori in Africa, come Antonelli e Cecchi, si distinguono per una vivacità talora poco protocollare.

L'ultimo dispaccio del volume, inviato da Di Robilant, indica il legame con il volume seguente. Con questa comunicazione infatti il diplomatico piemontese esprime il proprio rifiuto ad accettare la carica di ministro degli affari esteri nel costituendo ministero Depretis. Dopo un breve intervallo di poco più di tre mesi egli accetterà l'incarico e guiderà la politica estera italiana.

2. I documenti pubblicati in questo volume sono tratti principalmente dall'Archivio Storico del Ministero degli affari esteri, dalle serie seguenti:

I. -Gabinetto e Segretariato generale: a) corrispondenza telegrafica; b) carteggio confidenziale e riservato;

·II. -Divisione ·Politica: a) registri copialettere in partenza; b) rapporti degli agenti diplomatici e consolari all'estero.

III. -Archivi delle ambasciate a Londra, Vienna e Berlino.

Alcuni interessahti documenti provengono anche dalle Carte Mancini, conservate presso il Museo Centrale del Risorgimento e dalle carte Depretis presso l'Archivio Centrale dello Stato.

3. Vari documenti erano già editi, integralmente o in parte, nelle se.., guenti pubblicazioni (tra parentesi l'abbreviazione usata nel testo):

Libro Verde 43, Documenti Diplomatici relativi alla sospensione della giurisdizione consolare italiana in Tunisia (1882-84} presentati alla Camera dei deputati dal ministro degli affari esteri (Mancini) nella tornata del 28 febbraio 1884 (LV 43};

Libro Verde 44, Documenti Diplomatici presentati alla Camera dei deputati dal ministro degli affari esteri (Mancini} nella tornata del 5 aprile 1884, relativi alle indennità per i danni sofferti da italiani negli ultimi avvenimenti d'Egitto (LV 44);

Libro Verde 45, Documenti Diplomatici presentati al Senato del Regno dal ministro degli affari esteri (Mancini) nella tornata del 26 marzo 1885, Africa equatoriale e Conferenza di Berlino (1882-85} (LV 45);

Libro Verde 46, Documenti Diplomatici presentati alla Camera dei deputati dal ministro degli affari esteri (Mancini) nella tornata del 28 aprile 1885, Negoziati con l'Austria-Ungheria per la pesca nell'Adriatico e Conferenza di Gorizia (LV 46J ;

Libro Verde 47, Documenti Diplomatici presentati alla Camera dei deputati dal ministro degli affari esteri (Mancini) nella tornata del 28 aprile 1885, Questione egiziana (LV 47 J,·

Libro Verde 66, Documenti Diplomatici presentati al Parlamento italiano dal presidente del Consiglio e ministro ad interim degli affari esteri (Crispi) nella seduta del 7 dicembre 1889, Etiopia (LV 66) ,·

Libro Verde 67, Documenti Diplomatici presentati al Parlamento italiano dal presidente del Consiglio e ministro ad interim degli affari esteri (Crispi) nella seduta del 17 dicembre 1889, Tratta degli schiavi (LV 67) ,·

L'Italia in Africa, serle storica, voi I, Etiopia-Mar Rosso, a cura di C. Giglio, Roma, Poligrafico dello Stato, tomo III, 1960, tomo V, 1966;

L'Italia in Africa, serie storica, vol. II, Oceano Indiano, tomo II, Documenti relativi allo Zanzibar e al Benadir (1884-1891), a cura di C. Giglio, Roma, Poligrafico dello Stato, 1967;

T. FILESI, L'Italia e la Conferenza di Berlino (1882-1885), Roma, Istituto italo-africano, 1985.

4. La pubblicazione di questo testo è stata resa possibile dall'efficienza e dalla professionalità con le quali la dott. Maria Laura Piano Mortari e la dott. Marina Tomaselli hanno effettuato le ricerche archivistiche, una prima selezione dei documenti, la redazione dell'apparato critico, la preparazione per la stampa, nonché la revisione dei testi. Alla dott. Maria Laura Piano Mortari va inoltre il merito di aver redatto con sollecitudine le appendici e l'indice sommario, mentre da parte sua la dott. Marina Tomaselli ha compilato con precisione la tavola metodica. Con loro ringrazio anche la dott. Rita Luisa De Palma che ha curato la revisione redazionale del volume e la signora Fiorella Giordano che ha redatto l'indice dei nomi.

Una particolare espressione di gratitudine per il contributo della signora Fiera Ottaviani nella trascrizione di numerosi documenti in italiano e francese di difficile interpretazione.

A tutte va il mio più vivo e sentito ringraziamento per la competenza e la vigile cura con le quali hanno reso possibile la realizzazione di questo volume.

EDOARDO DEL VECCHIO

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DOCUMENTI
1

UMBERTO I AL GOVERNATORE DELLO SCIOA, ER WOLDE TEZADEK

L. PERSONALE. Roma, 3 gennaio 1884.

Abbiamo ricevuta la vostra lettera (l) insieme coi ben graditi doni che ci spediste per mezzo del conte Antonelli e vivamente ve ne ringraziamo. Vi ringraziamo del pari delle buone parole che ci scrivete e vi esortiamo a continuare a proteggere i viaggiatori italiani che si recano allo Scioa. Ora che sono state felicemente stabilite relazioni costanti fra il Paese del vostro re e la nostra colonia di Assab, l'opera vostra e la vostra amicizia verrà maggiormente da noi apprezzata e riconosciuta.

Il vostro re ci scrive che invierà in Italia un suo generale e noi con molto piacere apprenderemmo che siete voi stesso il preferito. In testimonianza della nostra gratitudine vi scriviamo questa lettera accompagnandola da alcuni oggetti che reputiamo possano tornarvi più accetti.

2

UMBERTO I A RAS GOBANA

L. PERSONALE. Roma, 3 gennaio 1884.

Vi ringraziamo per le parole di devozione ed amicizia che ci avete indirizzate con la vostra lettera del 27 giugno scorso (2) e vi facciamo conoscere che abbiamo gradito quanto ci inviaste per mezzo del conte Antonelli.

Vi ringraziamo per la benevolenza con la quale avete accolto i nostri viaggiatori italiani che si sono recati allo Scioa e vi esortiamo ad ajutarli sempre nelle loro esplorazioni. Vi raccomandiamo in particolar modo gli inviati che la Società geografica volesse mandare nel Kaffa per scopi scientifici e commerciali.

Per provarvi la nostra stima abbiamo incaricato il conte Antonelli di farvi avere qualche oggetto di vostra soddisfazione. Che il nostro Signore Iddio vi conservi lungamente e vi abbia nella sua santa custodia.

(l) -Non pubblicata. (2) -Non pubblicata nel vol. XV-XVI della serie II.
3

UMBERTO I A TURK TAMRE'

L. PERSONALE. Roma, 3 gennaio 1884.

Abbiamo ricevuto la lettera da voi indirizzataci il 25 giugno scorso (1), dalla quale abbiamo inteso con piacere che voi proteggete ed ajutate i nostri sudditi che si recano allo Scioa.

Abbiamo pure gradito le armi che ci avete inviate col mezzo del conte Antonelli e ve ne ringraziamo vivamente.

Per darvi una prova della nostra soddisfazione a vostro riguardo vi scriviamo questa lettera ed abbiamo dato incarico al conte Antonelli di farvi avere un pegno della nostra amicizia.

4

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL RE DELLO SCIOA, MENELIK II

L. PERSONALE. Roma, 3 gennaio 1884.

La lettera del 21 maggio scorso (l) che la Maestà Vostra si è degnata di inviarmi col mezzo del conte Antonelli, mi è regolarmente pervenuta. E' mio debito di porgerne a Vostra Maestà i miei più vivi ringraziamenti.

Sono ben lieto di poter attestare la piena soddisfazione e gratitudine di tl.M, il Re mio Augusto Sovrano, per l'opera veramente efficace ed utile prestata dalla Maestà Vostra al conte Antonelli. Con vero piacere abbiamo veduto coronato di lieto successo il nostro reciproco desiderio di aprire una via facile e sicura fra lo Scioa ed Assab. Il felice viaggio che il conte Antonelli ha potuto compiere senza difficoltà attraverso la via dell'Aussa, è stata per noi una prova maggiore della potenza di Vostra Maestà e della sua leale amicizia verso l'Italia.

Ma affinché i sudditi della Maestà Vostra e quelli di S.M. il Re d'Italia possano ritrarre un positivo vantaggio dal nostro trattato di amicizia e commercio, è indispensabile che le comunicazioni fra lo Scioa ed il nostro possedimento di Assab sieno frequenti. A raggiungere questo scopo noi non tralasceremo di vigilare colle nostre navi da guerra alla sicurezza e tranquillità della costa e rimuovere così ogni impedimento affinché la Maestà Vostra possa liberamente comunicare con l'Europa. Dal canto suo la Maestà Vostra vorrà promuovere ed organizzare carovane numerose che sotto la sua alta protezione scendano in Assab dove i nostri commercianti forniranno ai sudditi della Maestà Vostra tutti quegli oggetti che servono a stabilire traffici reciprocamente vantaggiosi.

Abbiamo dato ordini opportuni al nostro commissario in Assab affinché riceva con ogni riguardo ed amicizia i sudditi della Maestà Vostra che si recheranno colà e gli abbiamo spediti pieni poteri affinché egli possa in nostro nome trattare colla Maestà Vostra tutti gli affari che ci riguardano. Oggi facciamo ripartire il conte Antonelli col medesimo intento quello cioè di favorire, per quanto è da noi, le imprese commerciali fra lo Scioa ed Assab.

La carovana che la Maestà Vostra ci annunziava nelle sue lettere non è ancora giunta, ma noi confidiamo che un tale ritardo e la nostra aspettativa non dureranno ancora per molto tempo.

Che Dio misericordioso conservi lungamente la salute della Maestà Vostra per l'affetto che le portiamo, e per la felicità del popolo scioano.

(l) Non pubblicata nel vol. XV-XVI della serie II.

5

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL SULTANO DELL'AUSSA, MOHAMMED IBN ANFARI

L. PERSONALE. Roma, 3 gennaio 1884.

Vi domando come state e vi presento i miei complimenti. Abbiamo ricevuto le lettere che ci avete indirizzate e le abbiamo lette con molto interesse. Noi ci rallegriamo con voi per le prove non dubbie che ci date del vostro attaccamento e della vostra sincera amicizia. Dal conte Antonelli abbiamo saputo della sicurezza e delle garanzie stabilite da voi acciò nessun danno arrivi ai negozianti italiani che partiranno da Assab per recarsi dal re Menelik attraversando il vostro Paese. Noi dal canto nostro vi abbiamo detto che vigileremo dalla parte del mare affinché non sia permesso ai vostri nemici recarvi molestia o danno. Voi già lo sapete che gli italiani non hanno altri intenti se non la pace e la perfetta concordia. Chi dice altre cose è un mentitore ed un nemico vostro e nostro. Abbiamo approvato la convenzione di amicizia e di commercio da voi firmata col conte Antonelli, e siamo contenti di sapere che avete concesso in Ablis un terreno per fondare una stazione perché gli uomini ed i cammelli troppo stanchi possano riposarsi. Noi inviamo oggi il conte Antonelli in Assab. Egli è vostro amico e fratello e con esso potrete intendervi per tutto quello che riguarda i nostri affari e quelli del re Menelik. Per meglio agevolare il conte Antonelli nelle sue imprese lo abbiamo caldamente raccomandato al nostro commissario di Assab dal quale avrete sempre prove di amicizia grande. A ricordo imperituro della nostra gratitudine, il mio Augusto Signore mi ha concesso di farvi avere il massimo degli onori, conferendovi una medaglia dove abbiamo scritto il vostro nome e la nostra amicizia. Noi sappiamo i vostri timori e le vostre speranze. State tranquilli e non dubitate mai della verità delle nostre assicurazioni. Per i cavalli ed i muli che ci domandate, potrete indirizzarvi al conte Antonelli, noi saremo lieti di potervi rendere questo servizio, se pure la via del mare, essendo tanto lunga, possa essere sopportata dai nostri cavalli. Se credete, potrete domandarci altre

cose e noi saremo lieti di farvi piacere.

6

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 994. Pietroburgo, 3 gennaio 1884 (per. il 18).

Ringrazio l'E. V. per il dispaccio che mi ha fatto l'onore di dirigermi il 21 dicembre scorso, serie politica n. 934 (1), relativo alla visita del principe imperiale di Germania alle Loro Maestà in Roma. Non mancherò, come sorga qualche opportunità, di valermi delle considerazioni svolte e di uniformare ad esse il mio linguaggio.

L'E. V. mi chiede di riferirle il giudizio dato su questo fatto importante nei circoli governativi e nel pubblico di Pietroburgo. Credo che può riassumersi nelle informazioni seguenti.

Il signor di Vlangaly mi ha mosso spontaneamente parola su siffatta permanenza di S. A. Imperiale al Quirinale, addimostrando d'interessarsi con compiacenza ai particolari narrati dai giornali ed alle feste alle quali ciò ha dato luogo in Roma, città ch'egli conosce ed ama. Ma, sempre cauto nei discorsi, non ha espresso meco nessuna considerazione politica, né io, secondo le direzioni datemi nella circolare che ho l'onore di riscontrare, ho preso su ciò l'iniziativa. Sono però certo che ha approvato questo viaggio come un pegno di più, di pace per l'Europa, sendochè siffatto desiderio di pace è la nota dominante nell'attuale politica estera della Russia ed il prisma attraverso il quale tutto si giudica. Sono convinto altresì che, se il signor de Giers fosse qui, ripeterebbe quanto mi disse in occasione del viaggio delle Loro Maestà i nostri Augusti Sovrani a Vienna, lodando nell'interesse della pace generale tuttociò che contribuisce ai nostri buoni rapporti eoi due Imperi dell'Europa centrale. Ai quali del resto, egli, come noi, si è pure in questi ultimi anni sempre avvicinato per quanto più poteva.

La stampa russa, che in questo momento tace su tutte le quistioni estere, non ha espresso nessun giudizio; si è limitata soltanto a narrare i fatti.

In quanto al pubblico, lontano come è da Roma, preoccupato dalle cure della politica interna e di quella orientale che più ne toccano gli interessi, non eccitate dai giornali, non mi sembra che abbia prestato alla suddetta visita soverchia attenzione. Che se si voglia però ricercarne il pensiero intimo, è chiaro doversi avere in mente che esiste sempre qui l'idea della possibilità della guerra contro uno dei due Imperi limitrofi, o contro entrambi, e che per conseguenza non può essere veduto con soddisfazione qualunque fatto che accenni ad un aumento d'influenza o di forza per essi in tale eventualità. La Triplice Alleanza non suona certo parola gradita nel pubblico; né è nell'interesse generale dei rapporti tra l'Italia e la Russia lo affermarla qui senza necessità.

Circa il colloquio di S. A. Imperiale col pontefice, dirò che il fatto di Roma

capitale è in Russia così universalmente riconosciuto come legittimo, che sotto

tale rapporto credo che non abbia dato campo a nessun commento. Stante la

vicinanza della Prussia, nonché gl'interessi dei tedeschi stabiliti in Russia, si è

invece, mi pare, più preoccupati delle conseguenze che il suddetto colloquio potrà produrre a Berlino. Vi contribuirà alla cessazione del Kulturkampf e ad un modus vivendi tra lo stato ed il cattolicismo? Il Governo russo non è, è vero, direttamente interessato in tale questione, ma ciononostante, per amore della tranquillità generale, sono d'avviso che vedrebbe con piacere prevalere anche in essa le idee di tregua e di conciliazione.

(l) Cfr. serie II, vol. XV-XVI, n. 771.

7

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 15. Pietroburgo, 5 gennaio 1884, ore 14,30 (per. ore 15,55).

Il me revient de très bonne source qu'il n'est pas encore décidé si Giers reviendra par Vienne, mais cela parait bien probable, l'empereur François Joseph l'ayant invité. Prince Orlov n'avait aucune mission à Berlin, mais a rapporté de Friedrichruhe les impressions les plus pacifiques.

8

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 18/435. Londra, 5 gennaio 1884 (per. il 10).

Sono stato informato che alcune settimane or sono (e precisamente prima della caduta di Son-taY in mano dei francesi), lord Granville indagò il pensiero del Gabinetto di Berlino per sapere se si credesse espediente colà di provocare una mediazione collettiva delle Potenze per impedire la guerra fra la Francia e la Cina; e che il principe di Bismarck manifestò il parere che siffatta mediazione avrebbe potuto essere interpretata dal Governo della Repubblica come una lega delle Potenze contro la Francia, di guisa che la Germania si sarebbe astenuta dal prendervi parte. Il fatto è che il Gabinetto di Berlino non era malcontento di vedere la Francia imbarcarsi in un'impresa lontana e pericolosa.

Qui si crede che se i francesi s'impadroniscono tosto di Bacnih, la Francia e la Cina non sarebbero discoste dal ricorrere direttamente o indirettamente ai buoni uffici dell'Inghilterra per la negoziazione di un accordo.

9

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 19/436. Londra, 5 gennaio 1884 (per. il 10).

Le notizie giunte ieri ed oggi dal Cairo hanno prodotto in Inghilterra una penosa impressione. Come l'E. V. è certamente consapevole, non si tratta oramai in Egitto del dissesto delle finanze o della non attuazione delle riforme, ma bensì della sicurezza dello Stato. Si teme che la sommossa del Sudan, in favore del Mahdi, non si propaghi in altre provincie contigue: che il ministero egiziano e lo stesso kedivè spontaneamente o forzatamente non abbandonino il loro potere in altre mani, ed, in breve, che l'edificio costituito con tanto studio dall'Inghilterra non cada in rovina.

Non havvi dubbio che queste apprensioni sono molto esagerate. Ma ciò non toglie che le condizioni dell'Egitto non siano piene di pericoli; e, per quanto concerne la politica del Governo inglese, altro non può dirsi in favore di essa che mai si videro seguire peggiori effetti a migliori intenzioni.

A consenso di tutti, due vie si offrivano alla scelta del Governo della regina dopo aver quetata colle armi la sommossa di Arabi. Abbandonare l'Egitto o governarlo. L'Egitto, protetto da interventi stranieri, ma lasciato in balia di sé stesso avrebbe avuto campo di svolgere i semi latenti di vita nazionale che già nutriva e pigliare quell'assetto che alle sue condizioni è meglio conforme. L'Egitto, affidato alle mani esperte e sicure di amministratori inglesi, sarebbe stato trasformato, in pochi anni, in una provincia tranquilla ed ordinata, come ne fioriscono sotto il dominio britannico nell'India. Il Governo della regina non seguì né l'una né l'altra via. Volle che l'Egitto continuasse ad essere amministrato da pascià venuti da Siria e da Circassia; ma volle, nello stesso tempo, che costoro ricevessero la norma delle loro operazioni da ufficiali inglesi subalterni, non sindacabili per i loro consigli, il cui ufficio è stato spesso di far rimostranze e non di ubbidire agli ordini di quelli. Volle che l'Egitto avesse un kedivè costituzionale che governasse per mezzo di ministri indigeni e di una assemblea legislativa; e kedivè, ministri ed assemblea docili alle istruzioni di Downing Street.

Queste illusioni avrebbero dovuto andare a dileguo al giungere delle ultime notizie dal Cairo.

Cionondimeno, ho l'onore d'informare l'E. V., da quanto ho saputo da persona autorevolissima, che messosi quest'oggi, nel Consiglio di Gabinetto che si riunì in Londra, il partito se il Governo dovesse continuare nella via battuta finora o imprendere altre mosse inizìatrici di una nuova politica, prevalse il parere di non decidere cosa alcuna su ciò; ma, temporeggiando, aspettare gli avvenimenti.

Questo fatto si spiega nei modi seguenti. Il primo ministro si trova costretto dalle dichiarazioni da lui fatte di non sottoporre l'Egitto ad un protettorato. Il Gabinetto non è concorde nella scelta degli espedienti che sarebbero opportuni.

Il Governo si avvede che non è più sostenuto dal favore dell'opinione pubblica.

Comunque ciò sia, fu deciso però (ed il kedivè ne ebbe contezza), che il Governo inglese difenderebbe il territorio egiziano, se ciò è necessario, contro i seguaci del Mahdi; ma non si accingerebbe ad alcuna impresa nel Sudan. Furono, a questo proposito, reiterate al kedivè le istanze di non tentare alcuna altra operazione militare nel Sudan che non sia quella di soccorrere, se sarà possibile, le guarnigioni di Kartum, di Suakim e di altri luoghi designati.

E' da notare intanto che si sa in Londra che agenti francesi fanno maneggi nel Cairo per ripristinare l'antica influenza francese; e che il Governo della Repubblica è pronto a sottentrare in Egitto, se mai l'Inghilterra muovesse il

piede da quella provincia. Si dice inoltre che l'ambasciatore della Repubblica in Londra porta opinione che, in grazia principalmente della sua numerosa coloni,a, la Francia ha vincoli indissolubili coll'Egitto e, che presto o tardi, non mancherà di essere chiamata a pigliare parte nel componimento della quistione egiziana (1).

10

IL MINISTRO A STOCCOLMA, SPINOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 147. Stoccolma, 5 gennaio 1884 (per. il 12).

Ringrazio l'E. V. per le direzioni che si è compiaciuta di tr,acciarmi col dispaccio confidenziale del 21 dicembre scorso n. 33 di questa serie (2). Non poteva giungere più opportunamente, giacché due giorni dopo di averlo ricevuto incontrai, in una delle vie più frequentate di questa capitale, S. M. il Re Oscarre il quale, lasciando ad alcuni passi di distanza il ciambellano che lo accompagnava, mi abbordò dicendo che teneva a congratularsi meco pel successo che la politica del Governo del re aveva conseguito col recente viaggio in Italia del principe Federico Guglielmo. Ne sono tanto più lieto, aggiunse il sovrano, in quanto che la pubblica opinione in Germania se ne mostrò, in sulle prime, impensierita temendo che stesse per rinnovarsi il fatto di Canossa, la qual cosa a me, principe protestante, sarebbe spiaciuta assai. OsserV'ai al re che l'amicizia antica ed intima che esiste tra il nostro Augusto Sovrano ed il principe di Germania, la iniziativa presa dall'imperatore in ordine alla visita dell'Augusto suo figliuolo alla nostra Real Corte, il plauso spontaneo di tutto il popolo italiano al principe, durante il suo soggiorno in Italia, sono guarantie che escludono ogni carattere inquietante all'atto di cortesia usato dal principe al capo supremo della Chiesa cattolica. Aggiunsi che era opinione del R. Governo che la visita del principe ai nostri sovrani dovesse essere feconda di provvidi risultati, e per l'ordine, e per la pace d'Europa, mostrando anche come sia libera e rispettata in Roma la condizione del papa. Ed io auguro, concluse il re, che il vostro Governo raggiunga il nobile scopo che si è prefisso.

Mi risulta poi da fonte sicura che i ragguagli mandati qui, sull'argomento in discorso, dagli agenti svedesi all'estero suonano pienamente in favor nostro.

Da Berlino si ammette che il principe di Bismarck, spintovi principalmente ùa motivi di poìitica interna, miri di riconciliarsi per quanto è possibile, col Vaticano senza però varcare certi limiti tracciati dalle leggi dell'Impero. Il mio collega di Germania, signor Pfuel, è arrivato qui 1eri direttamente da Berlino. Il giorno stesso della sua partenza ebbe un'udienza dal principe imperiale che s1 mostrò pienamente soddisfatto del suo viaggio, tanto in !spagna come in Italia. Spero, disse il principe, di aver conseguito buoni risultati nell'interesse sopratutto dei principi monarchici, di aver cementata sempre maggiormente l'amicizia in

6 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XVII-XVIII

tima che mi lega al re d'Italia e di aver mostrato che si può benissimo andare dal Quirinale al Vaticano, ove trovai accoglienza benevola per parte del sovrano pontefice. I ragguagli però, soggiunse il principe, che i giornali tedeschi e forestieri pretesero di dare sul colloquio che ho avuto col papa non sono fondati, giacché non l'ho riferito che all'imperatore.

(l) -Per la risposta, cfr. n. 17. (2) -Cfr. serie II, vol. XV-XVI, n. 771.
11

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 16. Cairo, 6 gennaio 1884, ore 12,55 (per. ore 16).

Vice-roi vient de me donner lecture confidentielle d'une note officielle que l'agent anglais lui a remise ce matin. Gouvernement britannique refuse tout concours de troupes anglaises ou indiennes dans le Soudan. Il ne s'oppose pas à une intervention turque, à condition sine qua non, aux dépenses de la Porte. Ensuite il conseille abandonner tout le territoire au-delà d'Assuan, de céder à la Turquie tout le Soudan orientai, enfin il se réserve à se prononcer, lorsque le vice-roi aurait accepté se conseil, si les 15 mille hommes, qu'il peut concentrer dans la vraie Egypte, suffisent à défendre ses frontières et maintenir l'ordre public. Cette réserve indique que, quand méme l'occupation militaire ne cesserait, viceroi, quoique, dit-il, décidé à refuser, est costerné, prévoyant qu'on veut s'en défaire.

12

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 1476. Roma, 8 gennaio 1884.

Con rapporto del 3 gennaio n. 3380 (1) di questa serie, V. E. si è compiaciuta di informarmi che avendo ella partecipato a codesto segretario di Stato l'accordo da noi conchiuso col Governo francese per la sospensione della giurisdizione consolare in Tunisia, il conte Hatzfeldt gliene mostrasse la propria soddisfazione e le soggiungesse che il Governo imperiale si sarebbe ora giovato dell'autorizzazione datagli dal Reichstag, di rinunciare a quella giurisdizione.

Tale notizia mi fu oggi confermata dal signor de Keudell, il quale mi ha pure dichiarato che la pubblicazione dell'ordinanza imperiale relativa era stata sospesa fino ad oggi perché il Gabinetto di Berlino desiderava di evitare che una più sollecitazione potesse nuocere in alcuna guisa al buon andamento dei negoziati in corso tra la Francia e l'Italia.

lO

Ho ringraziato il signor de Keudell per l'atteggiamento amichevole del suo Governo in questa circostanza, e prego di voler dire al signor conte de Hatzfeldt che tale atto è stato da noi singolarmente apprezzato.

(l) Non pubbllcato.

13

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI MASSIGLIA (l)

D. 313. Roma, 8 gennaio 1884.

Concluso oramai il negoziato relativo alla nuova giurisdizione in Tunisia, credo utile, acciò ella abbia precisa e compiuta notizia di ciò che, a tale riguardo, venne concordato e stabilito tra i Gabinetti di Roma e di Parigi, di qui riassumere per sommi capi, con alcuna opportuna spiegazione, quanto già risulta bensì dal precedente carteggio, però necessariamente in forma non abbastanza ordinata e metodica. Così il presente mio dispaccio potrà riuscire, fin d'ora, utile norma e guida per lei, a cui spetterà principalmente di tradurre in atto gli accordi intervenuti tra i due Governi in questa grave e delicata materia, tostoché abbiano ottenuto l'approvazione del Parlamento. In pari tempo le sarà meglio manifesto, come le importanti concessioni e dichiarazioni da noi ottenute, mercé non breve né facile negoziato, corrispondano ad esigenze legittime di interessi pratici e concreti, che non potevamo al certo negligere, e ci assicurino, per quanto in simile materia valga ogni ragionevole previsione, contro la contingenza che nella attuazione del nuovo regime possano sorgere difficoltà o controversie tra i due Governi.

Quella che noi abbiamo accettato, salve le condizioni e le modalità di cui si dirà in appresso, è la surrogazione del magistrato testé istituito in Tunisia, mercé decreto beilicale del 18 aprile, al nostro magistrato consolare; o, per parlare ancora più esattamente, la surrogazione al nostro magistrato consolare del magistrato che la Francia, mercé la legge 27 marzo 1883 promulgata nella Reggenza col precitato decreto beilicale, creò in Tunisia, in luogo del suo proprio magistrato consolare, e che il bey, consenziente la Francia, ha indi, con decreto del 5 maggio 1883, dichiarato competente anche per i nazionali di Stati che consentano a far cessare nella Reggenza la competenza dei loro rispettivi magistrati consolari. Da questa premessa scende un primo corollario: che, all'infuori della riforma giurisdizionale da noi consentita, rimangono in pieno vigore tutte le altre immunità e garantie risultanti da capitolazioni, usi e trattati, le quali sono espressamente mantenute in quanto non siano di ostacolo al libero esercizio della nuova giurisdizione. La formola concreta di questa nostra prima riserva, contro la quale il Governo francese non ha presentato obiezione alcuna, e che anzi è stata esplicitamente accettata, è questa: tali immunità e garantie essere espressamente ed integralmente mantenute, in quanto riflettono le per

sone e le residenze dei nostri funzionari consolari; debbano invece, in quanto concerne i privati, restringersi unicamente quanto sia strettamente necessario aUa esecuzione dei giudicati che i nuovi tribunali siano per pronunciare secondo la legge.

Un secondo punto, che fin da principio volemmo porre in sodo, è questo: che avendo noi di fermo proposito voluto evitare ogni accenno alla questione politica in Tunisia, limitandoci a considerare il fatto dell'avvenuta istituzione dei nuovi tribunali in Tunisia e la convenienza di giovarsene, questo accordo non doveva arrecare alcun pregiudizio od innovazione alle riserve a noi imposte circa la condizione politica della Reggenza. Adoperammo quindi la formala di consentire alla surrogazione dei nuovi tribunali mercé la sospensione della nostra giurisdizione consolare. Ricorderò, del resto, ancora una volta, che fu del pari sospensione di giurisdizione quella da noi consentita, non solo per l'Egitto (e per una durata limitata), ma benanche per la Bosnia-Erzegovina e per Cipro, quantunque si trattasse ivi per noi di giurisdizione quasi soltanto nominale, e non mai regolarmente organizzata, atteso il numero ristrettissimo dei nostri nazionali in quelle contrade. Alla sospensione della giurisdizione consolare nostra in Tunisia non prefiggemmo alcuna durata, essendo naturale che duri fin tanto che sussistano le circostanze di fatto in contemplazione delle quali è stata assentita.

Un terzo punto, pure d'ordine generale, è questo. Il nostro assenso alla sospensione della giurisdizione consolare è espressamente subordinato ad un uguale assenso da parte di tutte le altre Potenze; inoltre ogni concessione, facilità o favore che si accordi ad altra Potenza in questa materia, deve del pari e di pien diritto estendersi a noi; non potrà infine modificarsi in alcuna guisa il nuovo regime giurisdizionale senza il nostro esplicito e tassativo consentimento. Il Governo francese ha, anche a questo riguardo, affermato la sua piena ed intera adesione.

Un quarto punto è quello che si riferisce alla legge da applicarsi per opera del nuovo magistrato. Oltre la massima, in certa guisa sottintesa, che i nuovi tribunali debbano applicare la legge italiana ai rapporti di diritto precedentemente formati sotto l'impero esercitato in Tunisia su' nostri connazionali dalla legislazione italiana, è pure stato espressamente concordato tra i due Governi che la legge italiana sia da applicarsi in tutti i casi speciali contemplati dall'articolo 22 del Trattato italo-tunisino dell'8 settembre 1868. Questa riserva, del resto, era già implicita in quella più di sopra enunciata, che cioè, tranne la materia giurisdizionale, rimangono in vigore tutte le altre immunità, vantaggi e concessioni sancite dalle capitolazioni, dai trattati e dagli usi. Le materie espressamente accennate nel predetto art. 22 del Trattato italo-tunisino sono segnatamente le seguenti: statuto personale co' rapporti di famiglia, successioni, donazioni, ed in genere tutte le altre materie riservate dal diritto internazionale privato alla legislazione nazionale di ogni straniero.

Una lacuna ci si presentava rispetto al contenzioso amministrativo; potendosi dubitare che fosse per subentrare al nostro tribunale, competente in tale materia, un tribunale che, secondo il proprio istituto, e nello stato attuale della legislazione, non avrebbe tale competenza. Tale lacuna è stata colmata mercé la dichiarazione fattaci dal Governo francese, che saranno tosto adottati i necessari provvedimenti acciò il nuovo magistrato in Tunisia abbia competenza anche nelle materie del contenzioso amministrativo, secondo i limiti e le modalità della legge italiana del 20 novembre 1865. La sola riserva messa innanzi a questo riguardo dal Governo francese è che codesta nuova competenza non possa retroattivamente estendersi a conoscere degli accordi finanziari garantiti dai tre Governi (Italia, Francia, Inghilterra), e neppur di altri atti anteriori del Governo tunisino. Questa riserva, per sé stessa poco chiara, è stata spiegata dallo stesso ambasciatore di Francia nel senso che quegli accordi e quegli atti non possano essi stessi, in quanto concerne la loro validità ed efficacia, essere oggetto di giudizio da parte del nuovo magistrato, al quale naturalmente, quando abbia competenza nella materia del contenzioso amministrativo, non sarà negata giurisdizione sopra ogni controversia di interpretazione e di esecuzione di quegli accordi od atti stessi.

Un positivo beneficio del nuovo regime sarà quello di far cessare gl'inconvenienti ed i pericoli dell'esercizio, in Tunisia, da parte delle Autorità francesi, di una giurisdizione militare, non bene conterminata nei suoi limiti di competenza, di cui il Governo della Repubblica ravvisava il fondamento giuridico in quel diritto primordiale e sconfinato di difesa che, a suo avviso, spetta ad ogni esercito di occupazione. Il Gabinetto di Parigi, sopra nostra apposita domanda, ci ha dato la precisa assicurazione che, cessando la giurisdizione consolare, gli autori di offese qualsiansi contro l'esercito francese non saranno più deferiti ai consigli di guerra, bensì ai magistrati competenti secondo il diritto comune vigente in Francia. Erasi dubitato che su questa materia della giurisdizione militare potesse avere qualche influenza un recente decreto del bey (9 ottobre 1883), col quale furono dichiarate fortezze o piazze forti molti centri abitati della Reggenza; ma lo scopo affatto estraneo di quel provvedimento, inteso a restringere ad un minimo numero le piazze soggette, per amra del 9 dicembre 1882, ad una zona di servitù militare, ci è stato da Parigi officialmente dichiarato e definito.

Per altra speciale dichiarazione del Governo francese, la condizione anche dei protetti italiani, nei rapporti con la nuova giurisdizione, sarà perfettamente identica a quella dei cittadini italiani. La nuova giurisdizione sarà dunque estesa sopra tutte le liti che si agiteranno tra stranieri e protetti stranieri, ed anche

tra indigeni e stranieri, sempreché sia convenuto uno straniero o protetto straniero.

Noi avremmo bramato, poiché trattavasi di rinnovare il regime giurisdizionale, che la riforma si estendesse anche alle cause nelle quali gli indigeni siano convenuti, e stranieri gli attori o chiamati in causa, cominciando almeno dalle azioni personali e mobiliari, ed escluse per ora le immobiliari, non che quelle attinenti alle questioni di stato ed ai rapporti di famiglia. Noi conveniamo che, per le azioni immobiliari e per quelle riflettenti lo stato e i rapporti di famiglia, una immediata riforma incontrerebbe non lievi difficoltà, non solo per la forza delle tradizioni e d'istituti religiosi, ma altresì per trovarsi nell'attuale sistema confuse attribuzioni ed ordinamenti amministrativi con la competenza giudiziaria; laonde in queste speciali materie, degne di peculiare studio, il mantenimento dello statu quo è, almeno per qualche tempo, quello che meglio giova a tutti gli interessi. Vedo, da un recente rapporto di lei, che ella è dello stesso

avviso. Intanto il nostro desiderio di una graduale estensione della nuova giurisdizione alle liti tra stranieri ed indigeni non fu respinto, anzi è stato in massima favorevolmente accolto dal Governo francese, il quale però vuole riservarsi di ben considerare la convenienza del momento e dei limiti di una prima e prossima applicazione, usando di una facoltà espressamente conceduta dall'art. 2 della menzionata legge del 27 marzo 1883.

Questi, che finora enumerai, sono i punti che, in certo modo, forniscono la caratteristica e le linee generali della divisata riforma. Gioverà ora discorrere di alcune altre particolari disposizioni che, con gli offici nostri, e mercé l'arrendevolezza del Governo francese, potemmo del pari ottenere a beneficio e garantia degli interessi nazionali in Tunisia. Tali disposizioni concernono sopratutto la materia penale, e l'esercizio nella Reggenza dell'avvocatura e di altre funzioni affini.

Rispetto alla materia penale, queste sono le concessioni e dichiarazioni del Governo francese: i tre assessori stranieri che, a termine della legge francese del 27 marzo 1883, promulgata in Tunisia con decreto beilicale del 18 aprile successivo, dovranno aggregarsi al tribunale, insieme con tre assessori indigeni, per la trattazione dei processi criminali, saranno scelti tra i connazionali dell'imputato; soltanto allorché manchi nelle liste di connazionali abili a tale officio il numero sufficiente, la scelta si opererà nella lista di altra nazionalità straniera, che sarà designata dall'imputato stesso; sarà sempre in facoltà dell'imputato di preferire assessori francesi; infine l'imputato ha il diritto di ricusare un certo numero di assessori. Queste concessioni figureranno in un nuovo decreto presidenziale, a modificazione del decreto 14 aprile 1883, con cui venne regolata la nomina degli assessori per le cause penali.

Quando il procedimento penale contro imputati italiani abbia per conclusione una sentenza capitale, la pena sarà costantemente commutata, in via di grazia, in quella immediatamente inferiore. Tale impegno sarà l'oggetto di un atto confidenziale, il quale non escluderà che, con l'opportuna discrezione, la sua esistenza, se occorre, possa affermarsi davanti al Parlamento.

In quanto concerne l'esercizio dell'avvocatura e delle professioni affini, l'accordo nostro col Governo francese si riferisce ai seguenti punti.

L'esercizio dell'avvocatura propriamente detta (plaidoirie) continua, in Tunisia, ad essere accessibile a tutti gli italiani che siano o possano essere ammessi a tale esercizio nel foro italiano.

Gli avvocati italiani, che già presentemente esercitano la loro professione in Tunisi, hanno del pari già potuto, in virtù dell'articolo 10 della legge francese 27 marzo 1883, ottenere facoltà di esercitare la professione non solo di avvocato, ma anche l'ufficio di défenseur od avoué, secondo il tenore dell'ordinanza ministeriale francese del 26 novembre 1841.

In avvenire la professione di défenseur od avoué potrà essere esercitata da italiani, purché abbiano fatto due anni di pratica, anche presso un avvocato o procuratore in Italia. Saranno invece, di regola, obbligati alla condizione dei cinque anni di precedente dimora in Tunisia od Algeria, cosi essendo prescritto dalla predetta ordinanza ministeriale del 1841. Però a questa regola sarà dero

gato nei singoli casi, essendoci stata fatta, a questo riguardo, una promessa dì dispensa in via di eccezione; della quale dispensa noi abbiamo fiducia che sarà fatto il più largo uso che sia possibile.

Noi avremmo voluto che continuassero ad essere accessibili, presso i nuovi tribunali, gli impieghi di cancelleria anche ai nostri connazionali. La nostra domanda non poté essere accolta in t~:r;mini così larghi, e neppure poté essere preso impegno assoluto di conservare 'presso i nuovi tribunali gli attuali commessi di cancelleria del nostro tribunale consolare. Però abbiamo, a questo proposito, un affidamento che, tenuto conto del numero ristretto e della modesta posizione degli impiegati nostri di cui qui si tratta, si può considerare come equivalente alla certezza della loro collocazione.

Sarebbe stato nostro desiderio che, prima dell'inaugurazione del nuovo regime, potessero definitivamente regolarsi tutti gli affari in corso; tanto quelli pendenti davanti ai tribunali, come quelli che formano oggetto di trattazione diplomatica. La nostra proposta era che, quando non fosse possibile un immediato e diretto componimento tra le parti, la devoluzione alla nuova giurisdizione fosse subordinata alla riserva, in favore della parte italiana, di preferire l'arbitrato. II Governo francese stimò di non poter annuire, per la considerazione che l'arbitrato non è tale metodo di giudizio che possa imporsi all'una od all'altra delle parti contendenti. In tale stato di cose, e mentre si continuano gli adoperamenti per la definizione delle vertenze d'indole diplomatico-amministrativa, conviene cercare, nell'intervallo che ancora ci separa dall'effettiva attuazione del nuovo regime, alcun altro espediente. Mi riferisco, su questo punto, a ciò che le scrissi con recente dispaccio di un metodo concordato per tali affari tra i Gabinetti di Parigi e di Londra; il quale metodo, in virtù del promessoci trattamento di favore, potrà, se cosi ci piace, essere da noi di pien diritto invocato. Nella ipotesi estrema, poi, potrà continuarsi la trattazione diplomatica per le une; e per le altre, cioè per quelle in corso di trattazione giudiziaria, il nostro tribunale consolare potrà continuare il procedimento fino ad esaurimento di ciascuna causa. Per le cause in corso di appello, è già stato inteso che debbano essere condotte a termine dalla Corte d'appello di Genov:a, la quale se ne sta occupando.

Ho delineato, cosi, per tratti sommari, l'accordo intervenuto tra il Governo italiano e il Governo francese nella presente materia, e ci sembra per verità di avere convenientemente provveduto a tutti gli interessi positivi e concreti che trovansi in alcuna guisa, diretta o indiretta, implicati nel regime giurisdizionale che trattasi di mutare. La S.V. vorrà adoperarsi -ed è questo il suo primo compito -acciò codesta nostra colonia, conscia delle esigenze della situazione e dei suoi propri bisogni, ne rechi un esatto ed imparziale apprezzamento. Certo non può sfuggire, a quanti si facciano a rettamente giudicare l'onera nostra, la assoluta impossibilità di far sopravvivere in Tunisia la sola nostra giurisdizione consolare, mentre le altre Potenze consentivano tutte a far cessare la loro, ed il danno che da una cosi anormale condizione di cose, anche quando si potesse mantenere, sarebbe inevitabilmente derivato agli interessi dei nostri nazionali nei rapporti loro cogli stranieri di altra nazionalità.

Mi riservo di trasmetterle l'atto o protocollo che sarà in breve firmato per l'accertamento diplomatico dell'accordo, e più tardi le comunicherò il progetto di legge che circa quest'argomento sarà presentato al Parlamento, facendole indi conoscere le deliberazioni che sul medesimo saranno adottate.

(l) Ed. In LV 43, pp. 174-179.

14

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 2028. Vienna, 8 gennaio 1884 (per. il 12).

Avendo oggi riveduto il conte Kalnoky per la prima volta dopo che mi è pervenuto l'incartamento relativo al negoziato ormai concluso colla Francia in ordine alla questione della giurisdizione consolare a Tunisi, che l'E. V. si compiaceva comunicarmi con suo dispaccio del 31 passato dicembre (2); credetti dovergli far cenno del conseguito felice risultato, aggiungendo che non entravo nei particolari supponendo che già ne era stato informato dal conte Ludolf.

S. E. dissemi essere infatti a piena cognizione della cosa, e che visto l'avvenuto accordo fra noi e la Francia, e quello pure già effettuatosi coll'Inghilterra, alla prossima riunione del Parlamento in Vienna il 20 corrente verrebbe presentato il progetto di legge che autorizza il Governo imperiale ad abolire del pari la giurisdizione dei suoi consolati in Tunisia.

* Il conte Kalnoky soggiungevami a questo proposito, esser notevole il fatto che tosto che si seppe a Tunisi l'avvenuta soppressione della giurisdizione colà dei consolati d'Inghilterra, la colonia inglese aveva fatto una manifestazione di giubilo, volendo così dimostrare, quanto poco avesse in passato ragione di essere soddisfatta dell'amministrazione della giustizia esercitata dai suoi tribunali consolari. S. E. osservava inoltre, che analogo fin d'ora si dimostra il sentimento di tutte le altre colonie nella Tunisia.*

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3383. Berlino, 10 gennaio 1884 (per. il 18).

Par mon rapport du 26 décembre échu n. 3376 (3), je transmettais, sans en garantir toutefois l'entière exactitude, un récit que je tenais d'assez bonne source sur l'entrevue du prince impérial avec le pape. Peu après, la National Zeitung de Berlin contenait à cet égard des détails analogues, mais sous une forme qui déno

(?' Nnn puhbll~ato nel vol. XV-XVI della serle II.

tait un manque de tact chez le journaliste ne visant qu'à l'effet et se souciant médiocrément de la mesure à garder dans ces sortes de publications. Les journaux cléricaux d'Italie et d'Allemagne critiquèrent aussitòt et démentirent méme ces révélations. La presse officieuse évita de se prononcer, mais la Kreuzzeitung qui passe pour avoir des accointances avec le Ministére des cultes, et la Pest organe des conservateurs libres considéraient la version de la National Zeitung comme exacte quant au fond des choses, sinon littéralement, en se bornant à en critiquer la forme peu courtoise. On ne saurait en effet admettre que de hauts personnages ne sachent pas discourir avec tous les ménagements voulus surtout en pareil cas.

L'essentiel dans cette relation, c'est que le prince, mis sur la voie de traiter la question politique-religieuse, déclinait de s'engager sur ce terrain, en alléguant qu'il n'en avait pas le mandat, et que par sa visite il avait voulu témoigner de sa vénération pour la personne de Léon XIII. Tout se serait borné en suite à un échange réciproque de voeux bienveillants et pacifiques.

C'est évidemment à M. de Schloezer qu'il appartient de reprendre les négociations. Pour faciliter sa tache, une décision ministérielle a été prise dans ces derniers jours, d'après laquelle la suspension du temporel ou des émoluments à payer par l'Etat aux ecclésiastiques cesse pour les diocèses de Culm, Ermeland et Hildesheim. tandis qu'elle sera maintenue jusqu'à nouvel ordre pour les evéches de Posen, Cologne et Miinster. Cette mesure est bien accueillie, méme par le parti libéral qui trouve équitable que l'on accorde aux diocèses précités ce que l'on a rendu aux autres à l'exception des trois evéchés ci-dessus mentionnés en dernier lieu. Et encore est-il question de rappeler aussi l'evéque de Mtinster qui ne comptait pas parmi les intransigeants camme monseigneur Melchers et le cardinal Ledochoswski. Pour ceux-ci il s'agit sinon d'obtenir formellement qu'ils résignent leurs fonctions, que du moins le Saint-Siège leur nomme des coadjuteurs. Le Cabinet de Berlin s'attend maintenant à ce que le Vatican fasse à son tour acte de condescendance. Celui-ci consentira difficilement à aller jusqu'à la limite désirée, à moins de concessions ultérieures notamment sur les séminaires, sur le tribuna! ecclésiastique, etc. etc. J'entendais faire la remarque que probablement on se livre de part et d'autre à des illusions, parce qu'on ne se rend pas assez compte des nécessités de la situation réciproque.

Le Diritto du 6 janvier contient un télégramme privé de Berlin en date du 5, dans lequel il est dit que j'ai télégraphié à la Consulta sur l'entretien du prince impérial avec le pape dans des termes identiques (in termini perfettamente identici) au récit de la National Zeitung. Comme je compte sur la dlscretion du personnel de cette ambassade, ce n'est pas là que le correspondant du Diritto a puisé sa nouvelle d'ailleurs inexacte. II faut dane que le télégramme ait été rédigé dans les bureaux mémes du journal sur des indications fournies je ne sais trop par qui. Je le regrette parce qu'ici, malgré tous les désaveaux, on s'obstine, quoique bien à tort, à considérer cette gazette camme l'organe de V. E.

Mon rapport sus indiqué n. 3376 était confidentiel et n'a pu dès lors servir à des divulgations.

Je sais que le prince de Bismarck s'est montré fort contrarié que ce ffit précisément un journal allemand de l'opposition qui se donnàt l'air de recevoir des confidences de l'entourage du prince impérial.

(l) -Ed. ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 43, pp. 180-181. (3) -Cfr. serie II, vol. XV-XVI, n. 776.
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IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 55. Monaco di Baviera, 10 gennaio 1884 (per. il 12).

Le discussioni del Landtag, a cui il signor ministro degli affari esteri, barone di Crailsheim, ha dovuto prender parte in questi ultimi giorni nella sua qualità di titolare anche del Ministero dei lavori pubblici, lo hanno costretto ad interrompere i suoi ricevimenti settimanali; sicché, ieri soltanto, dopo circa tre settimane, ho potuto vedere il ministro ed aver con lui un lungo colloquio.

Il discorso cadde naturalmente sul viaggio del principe imperiale di Germania in Italia, ed io giovandomi del dispaccio confidenziale di V. E. del 21 dicembre scorso (1), ne presi occasione per esporre brevemente a S. E. i due concetti fondamentali contenuti in quell'importante documento, cioè a dire: l) avere in primo luogo questo avvenimento dimostrato a chiare note come l'alleanza con la Germania e l'Austria-Ungheria non sia il programma di un partito e di un ministero, ma la ferma ed espressa volontà di tutto il popolo italiano; 2) come la visita solenne fatta dal principe al pontefice abbia luminosamente provato la possibilità della coesistenza in Roma di due poteri, per modo che ormai possa considerarsi chiusa definitivamente la così detta questione romana.

S. E. rispose subito e francamente che il Governo bavarese, stante gli stretti e buoni rapporti che legano la Baviera all'Impero germanico, ha visto con vero e particolare compiacimento le festose e cordiali accoglienze di cui era stato fatto segno il principe imperiale in Italia e si rallegrava sinceramente dei fecondi e provvidi risultati che se ne attendono per il consolidamento della pace di Europa.

In quanto poi al secondo argomento, alle relazioni cioè tra Chiesa e Stato in Italia, il barone di Crailsheim osservava che il Governo bavarese, precorrendo in tale quistione la opinione pubblica della maggioranza del paese, aveva sempre creduto possibilissima la pacifica coabitazione dei due poteri in Roma. Dover egli però constatare con piacere un notevole progresso a questo riguardo da qualche anno in qua in Baviera e un avviamento verso la formazione di un partitoliberale-cattolico che dapprima non esisteva. Il ministro, infatti, era rimasto piacevolmente sorpreso di un discorso tenutogli ultimamente da uno dei caporioni del partito clericale, discorso pieno di benevole considerazioni sul viaggio del principe imperiale e sul presente ordine di cose in Italia.

Ringraziai il signor ministro di tali comunicazioni, assicurandolo che sarebbero riuscite graditissime al Governo del re.

Ed invero io non posso che ribadire la esattezza delle osservazioni di S. E., specialmente per quanto concerne il mutamento verificatosi da alcun tempo in qua nella opinione pubblica in Baviera, la quale da ostile e diffidente com'era dapprima verso l'Italia è divenuta e va divenendo ognor più favorevole e direi anzi piena di stima e deferenza. Non ci ha dubbio alcuno che parecchi avvenimenti propizi, fra i quali i nuovi legami di parentela conchiusi fra le due Augu

ste case regnanti, hanno potentemente contribuito alla effettuazione di sì salutare rivolgimento. Io credo però che il principale fattore di esso stia nella politica saggia ed illuminata, così interna come estera, del Governo italiano, la quale disarmando gli avversari ci cresce dappertutto stima e rispetto. Né è da trascurare che la condotta poco abile dei clericali a noi pur giova moltissimo. Direbbesi che, a misura che essi diminuiscono in numero e in importanza, divengano più aspri e intolleranti. Un giornaluccio che qui ne rappresenta le opinioni, il Vaterland, è sceso tanto basso nei suoi attacchi, anche contro la vita privata degl'individui, che non è più Ietto dalle persone dabbene.

Il direttore del medesimo, dottor Sigl, vero mestierante della penna, ha subito già parecchie condanne e la sua compagnia è da tutti evitata. Ha suscitato quindi nella società di Monaco un senso di stupore e rammarico nel tempo stesso la notizia che il nunzio pontificio siasi indotto a fargli una visita personale, dal che i suoi predecessori eransi sempre accuratamente astenuti. La stampa stessa, ordinariamente riguardosa verso il nunzio, ha creduto di rilevare questo incidente. Tutti sono di tal fatto tanto più meravigliati in quanto che monsignor di Pietro aveva mostrato finora sensi piuttosto miti e concilianti. Infatti egli intrattiene con la r. legazione i migliori rapporti personali.

(l) Cfr. serle II, vol. XV -XVI, n. 771.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 229. Roma, 11 gennaio 1884.

Ho ricevuto il dispaccio in data del 5 corrente (1), e sono grato al cavalier Catalani per le informazioni che mi trasmette; sull'impressione prodotta a Londra, dalle ultime notizie del Cairo e sugl'intendimenti, finora noti, del Governo inglese in ordine all'Egitto.

La condizione delle cose in Egitto diventando ognor più grave credo opportuno di far conoscere a V. E., il pensiero del Governo circa la presente situazione di quel Paese.

Com'è ben noto all'E. V., il R. Governo è alieno dal volere con l'enunciazione di concetti suoi speciali e di riserve, forse intempestive, aggiungere la menoma difficoltà a quelle già, per sé stesse assai gravi, intorno alla quale si sta travagliando il Governo britannico. Ora, come già nell'autunno del 1882, desidera il R. Governo sinceramente, che il Governo della regina possa, nella pienezza della sua libertà e responsabilità, condurre a termine l'impresa a cui si è accinto in Egitto, nell'interesse generale dell'Europa e della civiltà. Noi seguiamo con sentimenti di particolare benevolenza e simpatia l'opera del Governo inglese intesa a preservare l'Egitto dalle conseguenze di una crisi assai più grave, in confronto di ogni previsione, che si potesse formare nel 1882. Ciò non astante non può il R. Governo tralasciare il dovere di vigilanza e di tutela che esso deve esercitare verso i nazionali in Egitto e verso i rilevanti interessi dell'Italia in quelle contrade.

Non parrà, quindi, fuori di proposito che da noi si desideri dall'amicizia del Governo britannico alcune indicazioni più precise dei suoi intendimenti, i quali dovranno avere sopra i nostri interessi un'influenza decisiva e diretta. Porge anche argomento a questa nostra domanda, la ripetuta e spontanea dichiarazione fatta dal Governo britannico che nulla si farebbe a modificazione del presente stato di cose nel Vicereame, senza un previo accordo colle Potenze.

L'E. V. farà di queste nostre osservazioni quell'uso che le sembrerà più opportuno e più acconcio al nostro intento, che è quello di avere una norma per provvedere convenientemente ed in tempo ai nostri interessi in Egitto, e di dimostrare, anche in questa circostanza, la cordialità dei nostri sentimenti verso l'Inghilterra.

Essendo probabile che sia rivolta al Governo un'interpellanza parlamentare in proposito, alla prossima riapertura della Camera, sarebbe il mio desiderio di rispondervi in termini che concordino colle intenzioni del Governo della regina, e non siano di tal natura di potergli riuscire meno gradite o di alcun imbarazzo, e perciò sarò grato a V. E. di farmi pervenire, con qualche sollecitudine, una risposta su questa questione.

(l) Cfr. n. 9.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3384. Berlino, 11 gennaio 1884 (per. il 18).

L'année a commencée sous des auspices plutòt satisfaisants.

Le faisceau des alliances dans l'Europe centrale est assez solide pour maintenir, et, au besoin, imposer la paix à qui voudrait la troubler. La France, il est vrai, reste un vulcan, toujours prète aux éruptions lors mème qu'elle déverse aujourd'hui le trop plein de ses passions vers des contrées lointaines, croyant

y trouver de nouveaux débouchés pour son industrie et son commerce, sans trop se préoccuper des dangers qui pourraient résulter du fait de trop disséminer ses forces. La Turquie n'est past sortie de ses inextricables embarras au milieu desquels elle se fait une habitude de vivre. Les populations slaves sont toujours agitées et inquiètes. La lutte des nationalités se poursuit en Autriche-Hongrie, tantòt sous une forme, tantòt sous une autre. L'opinion publique en Allemagne, en Russie et en France trahit de la part de ces Nations une défiance réciproque. L'Angleterre elle-meme est aux prises avec des difficultés qui s'accumulent de jour en jour en Egypte. Sa rivalité avec la France dans les entreprises coloniales s'accentue de plus en plus et aurait peut-etre amené déjà un conflit s'il se trouvait au pouvoir un homme de l'école de lord Beaconsfield. Le dernier mot de cette situation compliquée n'est point dit encore. A la rigueur, c'est une crise qui se développe lentement, mystérieusement. Après tout cependant, une chose est bien certaine, cette crise ne s'aggrave pas. Elle est jusqu'à un certain point atténuée d'avance par les intentions, les déclarations essentiellement pacifiques de tous les Cabinets.

L'empereur Guillaume tout récemment encore s'est prononcé de la manière suivante en répondant aux félicitations de la municipalité de Berlin pour le premier janvier:

«J'éprouve une grande satisfaction de ce que la nouvelle année commence dans des circonstances qui nous permettent d'espérer des temps paisibles, et exempts de troubles. J'ai la ferme confiance qu'à l'ombre de la paix, dont le maintien a reçu une nouvelle garantie par les relations personnelles que j'entretiens avec des princes amis, la Nation continuera à se développer et à prospérer d'une manière satisfaisante ».

La presse officieuse de Pétersbourg et de Vienne s'est empressée d'applaudir à ce langage camme si on y partageait la meme confiance. V. E. sait que dans ces derniers temps les Cabinets de Berlin et de Paris ont échangé les meilleures assurances de bon vouloir. En outre, la visite prochaine de M. de Giers à la Cour d'Autriche, où il parlera dans le meme sens qu'il l'a déjà fait à Berlin, démontre que les relations entre les trois Cours du Nord tendent à reprendre de leur ancienne cordialité. On pourrait donc, tout en faisant la part de l'imprévu, induire de l'ensemble de ces indices que cette année qui s'ouvre dans la paix, se clara aussi dans la paix.

Telle est également la manière de voir du prince de Bismarck. Son vigilance ne cesse pas néanmoins de se porter vers Paris et Saint-Pétersbourg pour que l'on ne jette aucune pierre contre l'édifice dont il est le principal fondateur. Il se dit, entre autres, convaincu que l'empereur Alexandre et son Gouvernement sont de parfaite bonne foi et ne visent à créer aucune complication à l'étranger. Ils l'ont prouvé en contribuant naguère à dissiper les nuages qui un instant semblaient s'élever vers les Balkans. Mais leurs efforts pourraient devenir impuissants à contenir certain parti toujours influent à Saint-Pétersbourg pour lequel patriotisme et haine des allemands sont synonimes. Aussi pour le moment le chancelier s'abstient-il de favoriser le désir du Cabinet de Saint-Pétersbourg de réaliser un grand emprunt en Allemagne.

Grace à l'attitude du Gouvernement du roi et au bon sens de nos populations dévouées à la monarchie et opposant l'un et l'autre une digue au radicalisme qui reçoit de Paris et va meme y chercher le mot d'ordre, nous avons ga.gné les sympathies et le respect des Gouvernements sérieux en Europe.

Il ne reste qu'à persévérer dans cette voie et le jour viendra où nous en recueillerons les bénéfices, bien entendu sous la condition aussi de mettre toujours plus nos forces à la hauteur des intérets que nous pourrions etre appelés, meme inopinément, à sauvegarder sur terre et sur mer.

19

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2031. Vienna, 11 gennaio 1884 (per. il 18).

Gli eventi del Sudan continuano ad impressionare notevolmente il Gabinetto di Vienna per tutte le possibili conseguenze ch'essi possono avere.

La condotta del Governo inglese nella situazione in cui si è posto è veramente biasimata qui, ed anzi dovetti constatare che si fanno voti nelle alte regioni ufficiali, perché il signor Gladstone ne paghi il fio cadendo dal potere.

L'Austria non scorda mai le patite offese e quindi a malgrado le scuse presentate dal Gladstone nell'assumere il portafoglio, il linguaggio ch'egli teneva come deputato poco prima di quell'epoca ha lasciato qui un retaggio di malvolere a suo riguardo che quasi non si cerca neppure di dissimulare, e ciò tanto più nel momento presente in cui si ritiene scossa la sua posizione.

Parmi non sia del tutto inutile il tener conto di questo fatto, potendo esso aver conseguenze nell'eventualità che l'Inghilterra creda in qualche maniera fare appello all'Europa per coadiuvarla col suo appoggio morale almeno ad uscire dalla cattiva situazione in cui si trova.

20

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 53/447. Londra, 12 gennaio 1884 (per. il 16).

Appena giunto in Londra trovai un biglietto di lord Granville che mi invitava cortesemente ad andare a passare qualche giorno presso di lui a WalmerCastle. Ci andai martedì scorso e rimasi fino a ieri.

Era naturale che nello stato presente delle cose egiziane si parlasse tra lord Granville e me di questo importante argomento. Io già mandai all'E. V. per telegrafo un sunto di ciò che mi disse in proposito Sua Signoria. Ora le confermo il mio telegramma di ieri (1).

Anzitutto lord Granville mi disse ch'egli era, per quanto spetta all'Egitto, un ostinato ottimista. Egli crede che vi si potrà impiantare e mantenere una amministrazione sufficientemente buona. Passando poi all'attitudine del Governo inglese ed alla sua posizione presente e futura verso l'Egitto, lord Granville soggiunse presso a poco quanto segue. Il Gabinetto di Londra mantiene intatto il suo programma egiziano. Egli non vuole né annessione, né protettorato propriamente detto. Gladstone è in ciò assolutamente risoluto. Le disposizioni erano di già state date pel ritiro parziale delle truppe inglesi, quando accaddero gli eventi del Sudan, che forzarono il Governo inglese a soprassedere. Ma il programma, malgrado questo forzato indugio, resta inalterato nelle sue sostanze. Il Governo inglese non vuole ministri inglesi al Cairo. Esso vuole ministri egiziani, che governino però ed amministrino col consiglio e coi suggerimenti dell'Inghilterra.

Rispetto agli eventi del Sudan, lord Granville mi confermò che il Governo inglese aveva consigliato al kedivè di limitarsi a difendere l'Egitto propriamente detto. Sua Signoria crede che tale difesa non è difficile per le truppe

(i) T. 30 dt•ll'll gennaio 1884, non pubblicato.

eg1z1ane spalleggiate all'uopo dalle inglesi. Il Governo britannico aveva pur fatto sapere al kedivè che esso non aveva difficoltà ad ammettere che la Turchia, se voleva riconquistare il Sudan, potesse farlo a suo rischio ed a sue spese tenendo però la via del Mar Rosso, non quella della valle del Nilo. Occorre appena ch'io dica che il Governo inglese è persuaso che la Turchia non vorrà né potrà approfittare di questo permesso. Chiesi però a lord Granville se il Governo inglese avesse fatto una comunicazione nel senso suddetto, non solo al Governo egiziano, ma anche alla Sublime Porta. Mi rispose negativamente, la comunicazione relativa era stata fatta soltanto al Governo egiziano.

Chiesi pure se il Governo francese, come fu annunziato da qualche giornale, avesse fatto al Governo britannico alcuna comunicazione rispetto alle cose d'Egitto. Lord Granville mi disse che non aveva ricevuto dalla Francia nessuna comunicazione al riguardo, che non ne attendeva nessuna, e che sarebbe stupito se gliene si facesse alcuna.

Il programma del ministero inglese, che è di lasciare il Governo e l'amministrazione dell'Egitto agli egiziani, sotto l'egida della Gran Bretagna, onora certamente il Gabinetto di Gladstone, e specialmente il primo ministro, che ne è il più convinto propugnatore. Non è mia intenzione il criticare qui questo programma, il quale senza dubbio merita ogni approvazione se può essere lealmente applicato e tentato senza pericolo. Solo mi permetto d'esprimere qualche dubbio in proposito. Io non vedo ancora ben chiaro la natura dei rapporti che, dopo l'evacuazione delle truppe inglesi, esisteranno tra il Governo egiziano e l'inglese né il modo con cui si metteranno in funzione. Il residente inglese in Egitto non deve rassomigliare, nel concetto del ministero inglese, al residente francese a Tunisi. Ma avrà molta rassomiglianza cogli agenti inglesi accreditati presso i principi indiani.

A me pare che il difetto principale del programma (lasciando in disparte quello più grave della maggiore o minore possibilità d'applicazione) sia appunto questa incertezza, questa oscurità di una situazione non ben definita, che lascia aperta la via a timori, a congetture ed anche ad ambizioni di varie indole.

Del resto la questione sarà largamente agitata nella stampa e nel prossimo parlamento, ed il Gabinetto del signor Gladstone sarà chiamato a spiegarsi in tutte le guise; e non sarà questa la meno spinosa fra le difficoltà che avrà ad affrontare nella prossima sessione.

21

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2033. Vienna, 12 gennaio 1884 (per. il 17).

Il Correspondenz-Bureau comunicava il 10 corrente ai giornali di Vienna un telegramma da Pietroburgo del giorno stesso del tenore seguente: «Il JournaZ de

S. Pétersbourg scrive: "Il ministro von Giers, dando seguito all'invito che S. M. l'Imperatore d'Austria gli ha fatto tenere a Montreux a mezzo del principe Lobanov, si metterà in viaggio per la via di Vienna. Stante circostanze di famiglia la data del suo arrivo colà non può ancora precisarsi" >.

Quella notizia data da Pietroburgo in tale forma ed in si ufficiale maniera non poteva piacere qui, per correggere quindi l'impressione sfavorevole prodotta in buona parte dell'opinione pubblica di una sì alta e diretta iniziativa che si sarebbe creduto dover prendere per vincere la ritrosia del ministro russo a porre il piede a Vienna, si dà al Ministero degli esteri la seguente spiegazione dell'accaduto. Il conte Kalnoky cioè, si sarebbe limitato a far sapere in termini generali al signor de Giers che ove nel suo viaggio di ritorno avesse a passare da Vienna

S. M. l'Imperatore lo avrebbe veduto con piacere.

A questo proposito devo però dire, constarmi che il signor de Giers qualche tempo fa ebbe a chiaramente manifestare, che, dopo le dichiarazioni fatte alle delegazioni dal conte Kalnoky che suonavano così ostili alla Russia, egli non sarebbe passato da Vienna senza che vi fosse invitato con messaggio scritto dal conte Kalnoky.

Or bene siccome a Vienna si capiva benissimo che la non venuta del signor de Giers avrebbe prodotto pessima impressione sull'opinione pubblica io non esito a credere che il chiesto invito gli fu fatto tenere sì e come era da lui desiderato, salvo forse che lo scritto del conte Kalnoky invece di essere diretto al signor de Giers sarà stato rivolto al principe Lobanov oppure anche sarà stato il ministro austriaco a Berna che avrà ricevuto l'incarico di comunicare uno scritto a lui diretto al riguardo dal conte Kalnoky. Ad ogni modo però non pongo menomamente in dubbio, che però riservandosi con un sotterfugio di forma il mezzo di negare il diretto invito non si è esitato a prendere un'iniziativa resa necessaria dalle circostanze; non è poi meno certo, come già dissi, che la premura colla quale il Journal de S. Pétersbourg ebbe a mettere i punti sugli i, riuscì assai incresciosa al Governo imperiale.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Berlino, 12 gennaio 1884.

Je voudrais puiser dans mon sac quelques détails dignes d'attirer votre attention et ainsi correspondre de mon mieux à tout ce que vous me mandez d'intéressant par votre lettre du 4 janvier (1), mais je n'ai à peu près rien butiné dans ces derniers temps, sauf qu'on affirme de tous còtés que tout porte à croire que l'année qui a commencé pacifiquement se clora aussi en paix. Il y a tant de gens qui ne vivent qu'au jour le jour, que par les temps qui courent les Nations doivent ètre satisfaites qu'on leur tire un heureux horoscope au moins pour la durée d'une année. Le prince de Bismarck lui aussi partage cette confiance; ce

qui ne l'emp~che pas d'avoir Ies yeux constamment tournés vers la France et la Russie pour qu'on ne jette pas de pierres dans son jardin.

Au reste l'Allemagne est en position d'attendre le cours des événements sans se préoccuper outre mesure des dangers à venir. Elle est de taille à parer aux éventualités à elle seule et au besoin avec le concours des alliés. Elle continue à s'armer jusqu'aux dents. L'ltalie ne se trouve pas dans des conditions aussi fortunées. Notre situation s'est sans doute améliorée, notre Ministère est plus respecté que par le passé; nos populations font preuve de dévouement à la monarchie, et se détachent des radicaux qui reçoivent et vont m~me prendre le mot d'ordre à Paris. Notre budget donne des surplus. Aucune attaque ne nous menace, parce que nos adversaires nous savent bien épaulés. Mais si une guerre devait éclater parce que Ies optimistes ne font peut-~tre pas une assez Iarge part à l'imprévu, et que nous dussions agir pour notre propre compte, l'Allemagne se trouvant occupée vers les Volges ou vers la Vistule, et mème à la fois dans ces deux directions, je me demande si nos forces sur terre et sur mer sont déjà telles qu'elles puissent sauvegarder Ies intér~ts pour Iesquels nous devrions nous mettre sur la br~che. N'étant pas militaire je ne puis émettre un jugement sur ce point. Ce qui n'empeche pas chaque fois que cela me tombe sur la piume d'insister, malgré Ies perspectives pacifiques de ce moment pour Ies armements de manière qu'on puisse avec rapidité passer du pied de paix au pied de guerre. Je ne voudrais pas d'ailleurs que nos Gouvernements, parce que cette sera une période d'épreuve pour nos finances en suite de l'abolition complète de l'impòt sur la mouture, ne cherchent à faire des économies sur l'armée en retardant de compléter les armements.

Depuis ma demière lettre (l) j'ai revu le prince impérial qui ne tarit pas dans ses récits sur la brillante et cordiale réception à Rome et partout sur son passage. Il a touché un mot de l'affaire de l'uniforme. Il avait parfaitement compris et apprécié Ies motifs d'abstention. Cette manie, disait-il, de conférer des uniformes, date du règne de son grand-père. On en voyait surtout Ies inconvénients en Russie, où Ies princes étrangers ne quittaient pas l'uniforme qui Ieur avait été accordé. Il avait I'air de critiquer cette manie. Il ne faut pas oublier que le prince impérial est un enfant du dix-neuvième siècle, et ses séjours fréquents en Angleterre ont contribué à donner sur plusieurs choses un cours à ses idées, différent de ce qui a été enseigné à son père. Aussi était-ce plutòt du còté de celui-ci que je craignais quelque impression facheuse. Il doit se rappeler qu'en 1875 lors de sa visite à Milan, le prince de Piémont s'était montré en tenue de colone! des hussards. Sa Majesté ne comprendra pas dès lors pourquoi au moins le due d'Aoste n'a pas suivi le meme exemple. Il va de soi que l'empereur n'a fait vis-à-vis de moi aucune remarque là-dessus; au contraire à la réception du jour de l'an il a témoigné de toute sa reconnaissance pour l'accueil si parfait dont son fils avait été l'objet durant tout son séjour en Italie.

J'ai lu comme vous les articles de la Nouvelle Revue. Ils ont fait beaucoup de mauvais sang à Berlin. Le vrai y est m~lé au faux. Les jugements sont trop absolus pour etre admis sans bénéfice d'inventaire. Le prince impérial entre autres

7 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XVII-XVIII

est mis au dessous de sa valeur, et son fils le prince Guillaume au dessus. Mais où git l'infamie, c'est de chercher à exciter la jalousie du père contre le fils. La paternité de ces articles a été attribuée à differentes personnes, entre autres à un

M. Gérard, ancien lecteur de l'impératrice, un protégé de Gambetta, et que les journaux désignent aujourd'hui pour le poste de conseiller à l'ambassade de France près notre Cour. Mais au fond on bat un peu la campagne, et on n'est pas sur de réussir à découvrir l'auteur. Je ne crois pas que le prince Hohenlohe ait été chargé de faire une remontrance à Paris. Madame Adam, interpellée à ce sujet, n'a pas trahi le nom du pamphlétaire qui signe «comte Vasili ». Elle disait seulement que ce nom avait été mis là en quelque sorte camme un témoignage que la Russie devait etre associée aux vengeances de la France.

Les journaux de Rome et de Berlin parlent d'un voyage du roi ici pour le mois de mai, ou à l'époque des grandes manoeuvres d'automne. Les personnes de la suite du prince impérial racontent qu'au moment du départ de Rome, le roi et la reine auraient prononcé les mots «au revoir » sans indiquer où mais qu'il se pourrait que la chose ait été mise sur le tapis dans leurs entretiens privés. Je me tiens coi, du moment où aucune allusion ne m'en est faite par le Ministère.

La santé de Madame de Launay va toujours così così. Je redoute pour elle les fatigues de ce carneval où chaque ambassade doit remplir ses devoirs. Heureusement que l'hiver ne semble pas devoir nous apporter de grands froids.

(l) Non pubbllcata.

(l) Cfr. serle II, vol. XV-XVI, n. 764.

23

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2036. Vienna, 16 gennaio 1884 (per. il 20).

A seconda delle istruzioni impartitemi dall'E. V. (1), non ho mancato tosto giunto il conte Greppi a Vienna, di chiedere al conte Kalnoky il permesso di procurargliene la conoscenza; pienamente persuaso io pure, che la Russia trovandosi nella sfera d'azione di quegl'intimi rapporti che legano l'Italia agl'Imperi d'AustriaUngheria e di Germania, è convenientissimo che l'ambasciatore d'Italia a Pietroburgo sia con precisione informato dell'attuale stato delle relazioni fra i Gabinetti di Vienna e Berlino e quello di Pietroburgo.

Il ministro imperiale ci ricevette oggi entrambi, fece la migliore e più cortese accoglienza al conte Greppi, e ben mostrò di rendersi perfettamente conto della nostra visita; poiché, con quella naturalezza che è una delle sue caratteristiche doti, chiarì colla maggior precisione il suo modo di apprezzare la presente situazione della Russia in ordine essenzialmente alle sue relazioni colla Monarchia austro-ungarica. S. E. anzitutto pose in sodo le difficilissime condizioni interne in mezzo alle quali tuttora ed anzi di nuovo più gravemente forse, si dibatte l'Impero russo, manifestando però tutta la sua fiducia negli intendi

menti pacifici dell'imperatore e del governo. A tale riguardo pareva notare apparire troppo chiaro che una nuova guerra qualunque ne fosse l'esito avrebbe per l'Impero la conseguenza di rimettere in ebollizione più gagliardamente ancora quei partiti anarchici di cui ben si può dire essere stato dovuto il risveglio alla guerra d'Oriente. Accennando poi più specialmente ad un eventuale conflitto austro-russo disse che, ove la Russia ne sortisse vincitrice, il solo risultato che potrebbe ricavarne sarebbe un certo poco conveniente per essa aumento di sudditi polacchi, locché del pari si verificherebbe per l'Austria-Ungheria nell'opposta ipotesi; risultato che rispettivamente né l'uno né l'altro Stato possono saviamente desiderare di conseguire. Con queste parole parve tanto al conte Greppi quanto a me che il conte Kalnoky intendesse probabilmente anche chlarire, quanto mal fondate sono le supposizioni poste in giro che l'Austria-Ungheria agogni alla ricostituzione sotto una forma qualunque di una Polonia che graviti nella sua orbita.

S. E. non dissimulava poi, che il modo di vedere dello czar e del suo Governo non è diviso da tutti in Russia e che quindi visto lo stato di debolezza in cui il Governo russo versa per le sempre rinnovantisi cospirazwni nichilistlChe, non si può a meno di conservare una certa apprensione per l'avvenire. Infatti egli osservava, che il risveglio dei panslavisti si era fatto assai sensibile e pericoloso dopo l'incoronazione di Mosca, ma con una certa compiacenza npeteva, cw cne già altra volta mi aveva detto: che alla cessazione di quella agitazione che avrebbe potuto avere spiacevolissime conseguenze, non era nmasto estraneo il preciso linguaggio da lui tenuto nelle ultime delegazioni; e faceva rilevare a tal proposito, il posteriore notevole miglioramento della situazione in Bulgaria ed ovunque dove si estende l'influenza russa nei Paesi balcanici. Da me interrogato sull'attendibilità della notizia data da Pietroburgo alla Politische Corresponàenz, della prossima diminuzione di truppe russe alla frontiera occidentale, senza togliere però a quella comunicazione avuta dall'importante giornale, che come l'E. V. ben sa molto attinge le sue informazioni alle più sicure fonti, disse che pari notizia non eragli pervenuta da Pietroburgo, ma dal suo modo d'esprimersi lasciava intendere che non ravvisava la cosa impossibile, e che all'effettuazione di quella misura annetterebbe grandissima importanza, poiché tosto soggiungeva che il ministro della Guerra russo mentre si trovava a Berlino aveva dato le migliori spiegazioni possibili intorno a quella straordinaria agglomerazione di truppe in vicinanza delle frontiere dei due Imperi, «eccellenti spiegazioni che però lasciano sussistere tal quale il fatto "·

Parmi che da tale linguaggio si possa desumere, che se il signor de Giers più che parole pacifiche portasse a Vienna l'annuncio che parecchi reggimenti di cosacchi verranno dalla frontiera rimandati verso l'interno dell'Impero, ben si potrebbe arguire che davvero per quanto ha tratto alla Russia si entrerebbe in una effettiva era di pace e d'internazionale fiducia.

Aveva pregato il mio egregio collega il conte Greppi di riferire lui all'E. V. ciò che assieme avevano udito dalla bocca del conte Kalnoky. Indubbiamente egli l'avrebbe fatto in ben altrimenti forbita forma, ma cedendo all'istanza che

egli ebbe a farmi per un eccesso di riguardosa cortesia, accettai di assumerne l'incarico.

(l) T. 16 del 9 gennaio 1884, non pubblicato.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1000. Pietroburgo, 16 gennaio 1884 (per. il 23).

S. E. il signor de Giers deve partire oggi da Montreux, e dopo brevi soste a Stoccarda e Vienna, non tarderà a tornare a Pietroburgo. L'imperatore Alessandro lo ha autorizzato ad accettare l'invito fattogli tenere dall'imperatore Francesco Giuseppe di passare per Vienna. Il contrario sarebbe stato una scortesia o, come udii dire l'altro giorno da persona competente, quasi una puerilità.

La situazione però del signor de Giers a Vienna sarà anche più delicata che non lo fosse a Berlino. Gli interessi della Russia sono più divergenti dall'Austria che dalla Germania. Al conte Kalnoky, non ha guarì ambasciatore d'Austria a Pietroburgo, si muove già da alcuni l'accusa di essere diffidente verso la Russia più del necessario.

Già col mio rapporto n. 971 in data 8 novembre-27 ottobre scorso (l) accennai all'E. V., che il signor de Giers aveva l'intenzione quando passerebbe da Berlino d'informarsi presso il principe di Bismarck della precisa entità e della forma degli impegni presi con l'Austria dai due alleati ai quali il conte Kalnoky aveva fatto allusione nel suo discorso. E' probabile che anche a Vienna, quantunque però, credo apertamente, cercherà notizie su questo punto, sul quale è naturale che gli prema di essere ragguagliato.

S. E. si sforzerà pure di dileguare o diminuire i sospetti nutriti a Vienna, non senza forti motivi, verso il partito militare che fa capo al generale Obroucev considerato come il più pericoloso dei generali russi anche per la posizione che occupa il comandante dello Stato Maggiore. Lo stesso generale turco non è che un uomo d'azione; e il modo poco conciliante con cui attualmente disimpegna le funzioni di governatore di Varsavia gli va togliendo, anziché aumentando, la popolarità e il credito presso il partito nazionale. Il quale guarda al generale Obroucev e al conte Ignatiev come agli uomini la direzione dei quali deve seguire.

La politica però del signor de Giers paralizza attualmente gli sforzi e le tendenze di questo partito. E la sua andata a Vienna, sopratutto dopo l'ultimo incidente nella delegazione ungherese, deve essere considerata come una prova di più delle disposizioni concilianti del Governo russo, né può fallire di tornare utile alla pace generale.

Ho altresì fondato motivo per credere che le quistioni della politica estera sono in questo momento nella mente del Gabinetto di Pietroburgo, rilegate assolutamente in seconda linea cioè dopo quelle sociali e di sicurezza interna. Esso non ha abbandonato il progetto di fare comprendere i delitti politici nei trattati di estradizione. Sicuro di trovare appoggio per ogni misura di questo genere tanto a Vienna che a Berlino, ciò che più gli preme è di guadagnare alla sua causa l'Inghilterra che trae dietro di sé molti altri Stati ed in specie

la Svizzera. Convinta l'Inghilterra, dicesi, si convinceranno pure gli altri. Mi si afferma esservi adesso appunto uno scambio di idee a questo riguardo col Governo inglese, il quale non si mostra alieno dall'aderire alle proposte russe, purché si eccettuino i delitti commessi in tempi di guerra civile e di rivoluzione, e si riservi ad ogni caso un esame speciale. Nei governi parlamentari non bastano però le buone disposizioni dei ministri; conviene pure preparare l'assenso delle Camere.

Il conte Herbert di Bismarck è qui aspettato per funzionare provvisoriamente da consigliere dell'ambasciata germanica. E' un vecchio conoscente ed amico mio; dappertutto ove è stato si è conciliato simpatie nella società. I commenti dei giornali di Berlino e di Pietroburgo, che considerano questa nomina come una prova di benevolenza per la Russia, ancorché abbiano un fondo di verità, mi sembrano assai esagerati (1).

(l) Non pubblicato nel vol. XV-XVI della serle 11.

25

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, DURANDO

T. 27. Roma, 17 gennaio 1884, ore 16.

Je reçois de la colonie italienne à Spalato de bien vives plaintes au sujet de la conduite de notre agent consulaire à l'occasion de la mort et de l'enterrement du matelot tué par garde municipale. Nos journaux aussi désapprouvent hautement M. Zink. Veuillez prendre d'urgence les meilleures et plus sftres informations, à cet égard, et m'en référer sans délai, en suspendant immédiatement cet agent de ses fonctions si les plaintes sont fondées.

26

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 46. Trieste, 18 gennaio 1884, ore 14,05 (per. ore 14,40).

Le nommé Vigna, dont il est question dans le premier télégramme d'hier de

V. E. (2) a été arrilté par ordre du tribuna! de Trieste sous inculpation de faire part d'une société secrète. Le milme est venu à Rome comme pélerin et non pas comme représentant de la société italienne de bienfaisance, dont il n'est pas milme associé. J'envoie rapport au sujet de son arrestation. Quant aux plaintes des italiens résidents à Spalato, sujet du second télégramme (3), elles ne sont pas fondées. La conduite de notre agent à l'occasion de la mort du matelot italien m'a paru si correcte que je l'ai approuvée. Au sujet de cette

«Ringraziare per questo Interessante rapporto, le notizie !v! contenute coincidendo con quelle che c! vengono da più Iati. Cenno dell'ultima parte a Londra, acc!ò cl si dica se e qual!pratiche siano !n corso tra la Russia e l'Ingh!lterra per la materia della estradizione rispettoa! reati pol!t!c! ». In base a tal! istruzioni venne redatto Il D. 940 del 24 gennaio 1884, indirizzato all'ambasciata a P!etroburgo, non pubbl!cato.

(21 T. 26, non pubbl!cato.

affaire malheureuse, j'al expédié un premier rapport en date du 10 courant et un second rapport plus détaillé le 16 suivant (1), par bateau national vaie d'Ancone. Je prie V. E. de me faire envoyer copie du recours adressé à V. E. pour voir si c'est le meme que celui adressé à moi. Nos italiens ont le tort de se méler aux partis qui dirigent la ville de Spalato.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione d! Malvano:

(3) Cfr. n. 25.

27

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 267. Parigi, 18 gennaio 1884 (per. il 22).

Nell'ultimo colloquio che io ebbi mercoledì 16 corrente col signor Ferry, la conversazione si portò sugli affari di Egitto. Gli dichiarai da principio che io non aveva da V. E. alcun mandato per interloquire attualmente in quella questione, sulla quale io non poteva riferire che le mie opinioni personali. Chiesi al signor Ferry se vi fosse qualche cosa di vero nella voce sparsa nei giornali, che !a Francia tentava di ristabilire il suo duplice controllo coll'Inghilterra. S. E. non mi rispose esplicitamente, ma mi disse che gli affari dell'Egitto dovevano preoccupare non solo l'Inghilterra, ma bensì anche le altre Potenze, specialmente in ciò che tocca i tribunali, il canale di Suez, ed i buoni egiziani, nei quali molti interessi erano impegnati; per cui tutto ciò doveva essere oggetto delle considerazioni dei diversi governi.

Io colsi questa opportunità per ricordare al signor Ferry che l'Italia era sta+a egoisticamente espulsa dall'amministrazione egiziana per lasciar posto al duplice controllo così miseramente naufragato e, che sarebbe impresa vana il volerlo ristabilire. Per non abbandonare interamente all'Inghilterra la supremazia sulle cose di Egitto non vi era altro mezzo, che di associare tre Potenze, delle quali una sarebbe l'elemento moderatore. Narrai al signor Ferry come, alcuni anni sono, mentre si contrastava così acremente a Parigi l'ingerenza dell'Italia in Egitto io aveva, al posto dove egli siede attualmente, detto successivamente a' suoi predecessori, i signori Waddington e de Freycinet, che col voler eliminare l'Italia, la Francia commetteva un grave errore, e che, trovandosi essa sola di fronte all'Inghilterra, sarebbe sorto fra quelle due Potenze un contrasto che avrebbe finito colla eliminazione dal controllo di una di esse e probabilmente della Francia. Io ricordava questi fatti, con nessuna missione per rimpiangere l'accaduto, ma per bene stabilire che in molte eventualità il concorso dell'Italia può essere non inutile, anzi necessario.

Il signor Ferry non entrò in discussione in proposito, ma dalle poche parole che egli mi disse, ho creduto che i miei ricordi non mancassero di fargli qualche impressione.

Ho stimato di dover riferire a V. E. questa conversazione che, come lo dissi, non ebbe alcun carattere ufficiale, ma semplicemente storico, poiché mi sembra trapelare che il tempo non è forse remoto, in cui dovremo anche noi occuparci degli affari d'Egitto.

(1) Non pubblicati.

28

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 49. Londra, 19 gennaio 1884, ore 12,50 (per. ore 15,50).

Le Gouvernement anglais a fait partir à la hate le général Gordon pour Suakim. L'objet de sa mission n'est pas public, mais on croit qu'il est chargé de faire le possible pour sauver les populations européennes de Kartum, ainsi que la garnison égyptienne, et de procéder à l'évacuation du Soudan en gardant les còtes de la mer. Le général est parti hier au soir, voie Brindisi. La nouvelle de sa mission est accueillie avec faveur par la presse des différents partis.

29

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 1589. Roma, 19 gennaio 1884.

Ho ricevuto il dispaccio che V. E. mi fece l'onore di rivolgermi in data dell'H correnti'! n. 2030 di serie politica (1), relativo al linguaggio tenuto dalla stampa austriaca nei serii apprezzamenti sulle manifestazioni fatte in Italia, in occasione dell'anniversario della morte del re Vittorio Emanuele.

Ringrazio l'E. V. di avermi pure additato i sentimenti che perdurano tuttavia al nostro riguardo in certe sfere ufficiali di Vienna. Ciò non muterà, per parte nostra, il nostro atteggiamento verso l'Austria-Ungheria, che ci è suggerito da un'attenta e ponderata considerazione dei nostri interessi particolari e dell'interesse generale della conservazione della pace.

30

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 269. Parigi, ... gennaio 1884 (per il 24) (2).

Con suo dispaccio del 16 corrente (serie politica n. 220) (3), l'E.V. mi esprime il desiderio di avere maggiori particolari circa una eventuale spedizione francese contro il Mahdi, prendendo per base Suakim nel Mar Rosso spedizione questa di cui era cenno nel mio rapporto n. 265 del 12 corrente (3).

Ecco le circostanze che m'indussero a portare a cogmzwne di V. E. tale supposto disegno. Trovandomi in un ristretto convegno, sentii parlare di quel progetto, come di cosa che si maturava presso il ministero. A quel momento si credeva che dopo la presa di Sontay, le operazioni del Tonkino sarebbero tosto ultimate, e che una parte delle truppe della spedizione non avrebbe tardato ad essere richiamata. Intanto si continuavano gli armamenti, ed i preparativi di nuovi invii di forze per quella destinazione ma si soggiungeva ad un tempo che queste si sarebbero incontrate colle altre di ritorno dal Tonkino, a Suakim, donde si sarebbero mosse per portarsi contro il Mahdi. Queste voci furono riferite da alcuni giornali e sembravano giustificate dall'abbandono che l'Inghilterra proponeva al Governo del kedivè di fare delle regioni occupate dal Mahdi, mentre la Turchia per ragioni religiose e finanziarie sembrava, come si mostra tuttora, poco disposta a prender parte a quella contesa. Si considerava sommessamente la cosa come abile, poiché i francesi, non potendo entrare in Egitto per il basso Nilo, vi sarebbero penetrati per l'alto Nilo, se la loro impresa fosse riuscita. Ma dopo il giorno non molto lontano, in cui si sussurrava un tale concetto, le apparenze sono alquanto mutate. La spedizione del Tonkino sembra farsi più seria di quanto si credeva; per cui non si può presumere quando le truppe ivi impegnate saranno disponibili, benché da un momento all'altro lo possano essere vista la mobilità della politica cinese, che può dar campo ad un accomodamento. Per altra parte si direbbe che gli inglesi abbiano avuto sentore di quelle velleità francesi, poiché non sembrano fare opposizione seria a che il re di Abissinia o ricuperi le regioni toltegli dall'Egitto, od occupi un posto sul Mar Rosso, mediante alcune condizioni favorevoli all'Inghilterra. Ciò poi che è più significativo si è il repentino richiamo del generale Gordon a Londra per ricevere dal ministero della regina l'incarico di recarsi il più prontamente possibile a Suakim, e di là a Kartum, dopo di essersi concertato coi ministri egiziani e col signor Evelyn Baring, onde rendersi conto delle condizioni militari del Sudan. Si scorge in quel doppio fatto l'intenzione manifesta degli inglesi di evitare che altri governi europei si immischino degli affari militari egiziani.

Non ho più sentito parlare del supposto disegno francese, ma penso che a Costantinopoli se ne possa sapere qualche cosa, poiché è verosimile che questo Governo, per raggiungere il suo intento nell'effettuare quel progetto, dovrebbe assicurarsi l'appoggio almeno morale del sultano.

Ma queste sono semplici presunzioni che ho creduto utile di partecipare a l'E.V. riservandomi di darle maggiori ragguagli, se per avventura esse fossero in qualche modo confermate.

(l) -Non pubblicato. (2) -Manca l'Indicazione del giorno di partenza, ma s'Inserisce sotto il 20 gennaio tenendo conto che il R. 268 è del 19 e il R. 270 è del 21 gennaio. (3) -Non pubblicato.
31

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, DURANDO

T. 30. Roma, 21 gennaio 1884.

Vos rapports concernant p~cheur Padovani tué, arrivés avec retard, se reduisant à une transmission de ceux de notre agent consulaire de Spalato intéressé à exposer les faits de manière à éviter tout reproche sont insuffisant pour juger sa conduite. En Italie, la presse, l'opinion d'une grande partie du public, et plusieurs députés sont exaspérés, et demandent sa révocation. Une interpellation à ce sujet, et en mème temps sur l'argument bien important de la pèche des chioggiotti en général, m'est annoncée pour demain à la Chambre. Il est dans mon caractère et aussi mon devoir, ne pas fléchir devant pressions, et d'obéir uniquement à ma conscience d'après les règles de la justice. Mais je ne dois pas vous cacher que mes impressions formées sur circonstances de fait, avouées dans le récit de Zink lui-mème, et sur plusieurs informations envoyées de Spalato à moi, aux députés au maire de Chioggia, et à une personne respectable de Udine, m'empèchent de regarder réguliére et irréprochable la conduite de notre agent consulaire. J'ai des doutes sur la légalité et en tout cas sur l'opportunité de l'amende infligée par lui au patron du bateau. L'inscription me parait innocente, n'exprimant que le sentiment de pitié et d'indignation de la population hospitalière de Spalato, pour un làche et capricieux assassinat d'un étranger innocent, dont on ne pense pas de faire un héros. C'est bien que nos italiens doivent s'abstenir à Spalato et partout, de s'associer aux querelles des partis locaux, et j'approuve vos instructions dans ce but. Mais accompagner au cimitière une victime malheureuse d'un assassinat, n'est pas un acte de parti de la part de ses compatriotes; et du moment où les autorités locales n'ont défendu ni l'accompagnement ni l'inscription, je ne comprends pas comment l'agent consulaire italien peut se justifier d'une zèle dans l'intérèt de la municipalité excédant celui de l'autorité municipale elle-mème. Du moins il a été imprudent, carla position d'employé municipal pouvait facilement créer à sa charge les apparences d'une sorte de tolérance envers le coupable, lui aussi au service de la municipalité, et il devait éviter ces apparences. Enfin dans la situation actuelle sa double qualité est devenue incompatible, et, ce qui est évident, il ne pourra plus rendre des services utiles à notre colonie

dont il a perdu la confiance.

Malgré ces graves considérations, je préfère, avant de prendre une résolution definitive, vérifier exactement les faits sur les lieux, en ordonnant une enquète pendant laquelle je confirme la suspension provisoire de l'agent consulaire de Spalato de ses fonctions, suspension nécessaire à la liberté de l'enquète, et que j'avais déjà autorisée par mon télégramme du 17 (1).

Pour vous témoigner ma confiance, je confie à vous-mème le soin de cette enquète. Veuillez vous rendre immédiatement à Spalato, entendre les témoins oculaires des événements, recueillir les jugements et les appréciations de la colonie italienne sur Zink, proposer quelque individu italien qui jouisse d'estime et d'influence mais étranger à la population et aux partis de Spalato, pour juger s'il conviendrait de le nommer notre agent consulaire, car un italien serait certainement préférable à un spalatin quelconque.

Dans le cas de votre empèchement télégraphiez sans retard, et je chargerai peut-ètre notre consul à Fiume, Sambuy, ou d'autres fonctionnaires des soins de l'enquète.

Si vous allez à Spalato, télégraphiez aussi votre départ, et tout autre renseignement regardant cette déplorable affaire.

(l) Cfr. n. 25.

32

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT (l)

T. 31. Roma, 22 gennaio 1884, ore 23,35.

Ce que je prévoyais arrive effectivement. La Chambre s'est ouverte aujourd'hui et une interpellation du député de Chioggia a déjà été annoncée pour l'affaire de la peche, ainsi que pour l'incident du matelot Padovani tué à Spalato, qu'on veut considérer camme l'indice de l'insuffisante sécurité de nos pecheurs sur les còtes dalmates et illyriennes. Ayant, en ce qui concerne ce dernier incident, donné instructions à M. Durando de se rendre lui-meme à Spalato pour ouvrir une enquete sur les faits, je prendrai quelques jours avant de répondre à l'interpellation. Mais je ne puis, dès ce moment, m'empecher d'étre vivement préoccupé de la réponse que je devrai faire, quant à la question générale de la peche. Vous savez qu'une étude attentive et consciencieuse de cet important sujet nous a amenés à la conviction, partagée par V. E. elle-meme, que les procédés de l'administration locale à cet égard, et notamment la dernière ordonnance du premier septembre dernier, publiée à notre insu alors qu'il paraissait ètre convenu de régler cette matière d'un commun accord, constituent une violation du traité de commerce et de navigation en vigueur entre les deux Pays. Si donc un arrangement n'intervient pas avant la discussion de l'interpellation, ou bien cet arrangement ne peut etre annoncé comme assuré, je serai obligé de ne pas cacher, à cet égard, à la Chambre ma double conviction comme jurisconsulte et comme ministre, et je devrais dès maintenant en avertir loyalement le comte Kalnoky par l'entremise de V. E. Une pareille affirmation de ma part, au sujet d'un fait qui n'ébranle certainement pas la résolution de persévérer quand mème dans notre programme politique, mais qui ne saurait ne pas etre l'objet d'appréciations fàcheuses de la part de l'opinion publique, de la presse, et meme de la fraction la plus sage de la Chambre, aurait une gravité incontestable, surtout après qu'une série d'incidents a, depuis quelques mois, exercé chez nous une influence défavorable sur les esprits, en ce qui concerne nos rapports avec la Monarchie austro-hongroise. Je prie donc vivement V. E. de vouloir bien résumer par une démarche pressante et conclusive nos instances et argumentations précédentes en cette matière. Nous aimons encore à espérer que le comte Kalnoky, dont je ne mets pas en doute le bon vouloir, en faisant prévaloir auprès de ses collègues les graves considérations d'ordre politique que nous avons énoncées, pourra obtenir, de leur part, l'acceptation des bases essentielles, en vue desquelles je pourrai présenter à la Chambre des assurances positives et aptes à la satisfaire. Si ce résultat ne pour

rait etre immédiatement obtenu, il me serait utile de savoir, pour la règle de mon langage, si je puis annoncer qu'en cas d'insuccès des négociations, Ies

deux Cabinets sont d'accord pour soumettre à arbitrage la décision de la question. V. E. doit s'efforcer de faire comprendre au comte Kalnoky ce qu'il Y a pour nous de grave et de délicat dans cette affaire qui, se rattachant à une ancienne tradition du Pays, a le privilège d'attirer, d'une manière toute particulière la sollicitude du Parlement. Il ne saurait certes convenir au Cabinet de Vienne, pour une question d'ordre administratif où il n'est pas difficile d'arriver à une solution si la condescendance est égale des deux còtés, compromettre des intérèts politiques et essentiels et de rendre bien difficile et épineuse notre tàche envers ceux dont le reproche constant est que notre alliance avec l'AutricheHongrie n'est pas sur le pied d'une égalité parfaite. Je ne puis, en effet, me défendre moi-mème, d'une grande tristesse, alors que je rapproche l'attitude du Cabinet de Vienne envers nous, dans bien des questions, de la facilité avec laquelle je réussis à obtenir raison auprès d'autres chancelleries, qui n'ont certes pas avec nous les mèmes rapports et liens d'intimité.

(l) Ed., in italiano, in L V 46, pp. 93-94.

33

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2038. Vienna, 23 gennaio 1884 (per. il 28).

Con mio rapporto di ieri (1) riferivo all'E. V. i particolari della breve fermata fatta a Vienna da S.E il signor de Giers, considerati unicamente dal punto di vista formale, senza entrare in apprezzamenti; compio oggi il dovere di portare del pari a di lei conoscenza ciò che mi risulta a riguardo di quella visita, dal punto di vista sostanziale, cioè in ordine alla sua portata politica.

Il signor de Giers fu a visitarmi al pari degli altri ambasciatori, avendomi trovato in casa parlammo assieme circa un quarto d'ora; ma essendo la prima volta che c'incontravamo, la nostra conversazione non presentò alcun interesse politico. Egli si mostrò lieto dell'arrivo a Pietroburgo del conte Greppi, mi parlò con altissima considerazione del conte Nigra che dissemi aver lasciato in Russia sì altamente gradita memoria della sua missione, e si espresse con particolare simpatia anche del conte Zannini; che disse essersi posto in grado per le ottime relazioni sociali che seppe darsi, di essere sempre molto bene informato. All'infuori di ciò egli non parlò che della salute di sua figlia e del suo viaggio.

Recatomi ieri dal conte Kalnoky al suo ebdomadario ricevimento, come era assai naturale gli chiesi se era rimasto soddisfatto dei suoi colloqui col signor de Giers partito da Vienna due ore prima.

S. E. risposemi con molta naturalezza, essere pienamente soddisfatto delle dichiarazioni che il suo collega russo ebbe a fargli le quali d'altronde piena

mente corrispondono a quelle che già anteriormente aveva fatte al principe di Bismarck. «Egli », dissemi, «si mostrò ben persuaso del sommo interesse che i nostri due Stati hanno a mantenere assieme cordiali relazioni, e fermamente risoluto quindi a scrupolosamente evitare dal canto suo tutto ciò che potrebbe essere causa d'attriti fra i due Governi; locché d'altronde è reso anche in oggi facile dalla situazione esistente attualmente, si in Serbia che in Bulgaria».

Il conte Kalnoky dicevami, non aver egli d'altronde mai dubitato di quegli intendimenti del signor de Giers che a malgrado sia d'animo mite e conciliante, pur seppe con perseverante energia vincere le non poche difficoltà che ebbero ad attraversare il suo cammino in conseguenza essenzialmente degli ostacoli che non può a meno di creargli il non essere il suo casato di ongme russa, e non appartenere egli a quelle consorterie di corte e dell'alta aristo-; crazia, tanto influenti in Russia.

S. E. ancora una volta ripetevami il solito suo ritornello, aver egli la massima fiducia nei savi propositi dell'imperatore Alessandro e del suo primo ministro, ma non poter a meno di considerare con preoccupazione le gravi condizioni interne dell'Impero, essendo esse di natura a mantenere le più vive inquietudini sulla futura azione della Russia, ben potendo prodursi colà improvvisi avvenimenti che dieno mezzo al partito panslavista di riuscire ad imporre al sovrano i suoi troppo noti intendimenti.

La conversazione avendo preso così una piega fiduciosamente espansiva, credetti poter chiedere al conte Kalnoky se nelle sue conversazioni col signor de Giers egli avevagli tenuto parola del sempre grave fatto della straordinaria concentrazione di truppe russe in vicinanza del confine austriaco. S. E. risposemi, aver egli infatti toccato quel punto speciale, ma che a questo riguardo il ministro russo si era limitato a ripetergli tutte quelle spiegazioni d'ordine interno e militare già le tante volte date che però nulla cambiano alla questione «poiché » siccome egli diceva, «non ci viene in mente di lagnarci, perché i russi fanno sempre nuove ferrovie strategiche, in vicinanza del nostro confine, ed innalzano continuamente nuove fortificazioni ognuno essendo in diritto di ciò fare in casa propria; assai diversa è la cosa per quanto riguarda la concentrazione di grosse masse di truppe in prossimità del confine d'un altro Stato». Da queste parole emerge evidentemente che quella è sempre ancora la quistione capitale che mantiene la diffidenza del Gabinetto di Vienna a riguardo di quello di Pietroburgo, questione certamente fra le più pericolose, e che non accenna menomamente fino ad ora a voler scemare di gravità.

Il conte Kalnoky, come ebbi a dire più sopra, essendosi espresso in termini apparentemente assai ottimisti per quanto ha tratto alle condizioni attuali della Serbia, sembrommi non inopportuno chiedergli su cosa riposasse quel suo fiducioso apprezzamento, mentre stando alle informazioni mie, l'avvenire di quel giovane Regno si presenta sotto colori assai oscuri.

S. E. non esitò a rispondermi, dividere egli pienamente il mio modo di vedere e quindi non aver inteso altro se non che constatare con soddisfazione, che in oggi il Governo russo si astiene dall'esercitare, sì a Belgrado che a Sofia, una azione ostile all'Austria.

«Certamente~ egli osservava «tanto il re Milano quanto il principe Alessandro sono sommamente invisi a Pietroburgo, ed il signor de Giers non me lo ha menomamente nascosto, ma il Governo russo si mantiene per intanto intieramente neutrale a loro riguardo. « Non ho però mancato » soggiungeva egli, «di ben precisare che l'Austria-Ungheria non potrebbe tollerare l'esistenza in Serbia di un Governo che non le fosse amico, e che quindi ove scoppiasse colà una rivoluzione che dovesse mutare lo stato di cose attualmente esistente compromettendo così la sicurezza della Bosnia e dell'Erzegovina, ciò non potrebbe essere da noi tollerato in maniera alcuna; alla quale netta e precisa dichiarazione ripetutami dal conte Kalnoky con una vivacità che contrastava colla sua calma abituale il signor Giers rispose, « riconoscere perfettamente ed aver egli sempre ammesso, che lo stato di cose attualmente esistente in Serbia, forma parte integrante della situazione creata dal Trattato di Berlino ~-

Parmi di aver ritenuto e riportato qui quasi testualmente le parole dettemi dal conte Kalnoky relativamente alla Serbia ritenendole di capitale importanza e confermando esse gli apprezzamenti che già ebbi altre volte ad esprimere sull'attitudine che l'Austria-Ungheria assumerebbe, nel caso che la rivoluzione trionfante in Serbia venisse ad atterrare il trono del re Milano. Il conte Kalnoky in verità non parlò chiaramente di un intervento militare di tale evevienza ma parmi che quanto ebbe a dire non può lasciare dubbio al riguardo. L'E. V. converrà meco, che anche questo è un assai grosso punto nero all'orizzonte, poiché in fin dei conti basterebbe che una di quelle tante cospirazioni di cui la Serbia è terra classica riuscisse, per dar luogo ad un'azione militare per parte dell'Austria, che assai probabilmente finirebbe con un'annessione come tutte terminano nei tempi attuali.

Continuando a discorrere della Serbia S. E. dicevami: l'Austria non aver mai avuto che a lodarsi del vecchio principe Karageorgevié, che vive attualmente in Transilvania, essendosi egli sempre dimostrato, prima di essere spodestato, il fedele amico della Monarchia; ma tutt'altro soggetto essere il figlio suo, che d'altronde ben palesò i suoi propositi collo sposare la figlia del principe del Montenegro; non potersi quindi dubitare dei suoi intendimenti ove egli riuscisse ad impossessarsi del Trono.

Prima di porre termine a questa nostra conversazione volli ancor chiarire un fatto che sembravami di non lieve peso, quello cioè che S. M. l'Imperatore non conferì decorazioni e precisamente il Gran Cordone di S. Stefano al signor de Giers che per la seconda volta si era recato ad ossequiarlo nella sua capitale; e feci a tal riguardo un'indiretta interrogazione.

Il conte Kalnoky non esitò a rispondermi, che se l'imperatore non aveva insignito il signor de Giers della Gran Croce di S. Stefano si fu per non dare alla sua visita il carattere di avvenimento politico di speciale importanza, che d'altronde non gli si poteva applicare, poiché non si tratta di una visita appositamente fatta, ma soltanto effettuatasi nella circostanza accidentale che quel ministro ritornando da Montreux passava da Vienna per far ritorno a Pietroburgo.

Come di ragione ho preso quella spiegazione come mi era data senza farvi osservazioni di sorta, non è però men vero che il fatto è, e resterà assai caratteristico, l'astensione in questa circostanza essendo assai più significativa che nol sarebbe stato l'opposto sistema.

Se la venuta del signor de Giers a Vienna avesse creato il principio di una nuova era di pace e di amicizia fra i due imperi, sembrami che non si sarebbe tanto sottilizzato sull'interpretazione a darlesi esclusivamente dal punto di vista delle più o meno facili comunicazioni ferroviarie, questo fatto speciale quindi combinato colle altre cose tutte dettemi dal conte Kalnoky, parmi sia di natura a far ritenere che il signor de Giers partì da Vienna lasciando press'a poco il tempo che vi aveva trovato al suo arrivo.

(l) R. 2032, non pubblicato.

34

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2039. Vienna, 23 gennaio 1884 (per. il 28).

L'insistenza del corrispondente da Roma del giornale berlinese La Germania, nell'affermare che S. M. l'Imperatore in occasione del primo dell'anno aveva diretto al Santo Padre una lettera che più o meno chiaramente conteneva l'assicurazione che non si sarebbe recato a far visita al nostro sovrano al Quirinale dispiacque qui sommamente. La cosa fu qui smentita dal conte Kalnoky a mezzo di un comunicato pubblicato dal Fremden-Blatt di cui ebbi cura di tosto far conoscere telegraficamente (l) il preciso testo all'E. V. La Germania essendo poi tornata con nuova insistenza a ripetere la già data notizia comparve allora la nuova smentita inserita nella Norddeutsche Zeitung di Berlino che più della precedente riuscl incresciosa ai clericali austriaci.

Mi risulta infatti che S. M. non ha pel primo dell'anno diretto lettera di sorta al Santo Padre, ma si è limitata a rivolgergli un telegramma di felicitazione, come usa fare cogli altri sovrani amici; ed è precisamente su questa differenza di fatto, che credo poggia la recisa smentita che si volle dare alla notizia posta in giro dal Vaticano con uno scopo tendenzioso, che dal linguaggio tenutomi dal mio collega di Germania, non esito a dire dispiacque grandemente a Berlino.

A malgrado però tutte le smentite, non dubito per conto mio che nel telegramma di cui è caso, l'imperatore Francesco Giuseppe non fece cenno in precisa maniera della questione della visita all'Augusto Nostro Sovrano, ma ciò non di meno non avrà omessa una qualche frase che implicava chiaramente il suo intendimento di mostrarsi sempre tanto lui quanto la sua famiglia aliena dal far cose che possano riuscire sgradite al Santo Padre; fornendo così al Vaticano non del tutto infondato motivo di porre in giro una notizia che ove si fosse accreditata eserciterebbe una spiacevolissima impressione sull'opinione pubblica in Italia, riuscendo anche ad affievolire quegli stretti legami che uniscono oggi i Gabinetti di Roma e di Vienna, e che non possono se non tornare spiacevolissimi al Vaticano che certamente non lascerà sfuggire occasione oppoctuna d'intorbidare tali amichevoli relazioni.

Come di ragione nelle sfere ufficiali nulla assolutamente mi fu detto intorno a questa delicatissima questione, che per conto mio del pari non ho creduto dover toccare in maniera alcuna. Poche parole però scambiai al riguardo col principe Reuss, ed ebbi così da lui la conferma dei fatti da me menzionati nel presente rapporto, ed anche entro certi limiti, quella degli apprezzamenti che già mi ero formato intorno a quest'incidente.

(l) T. 41 del 16 gennaio 1884. non pubblicato.

35

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2040. Vienna, 23 gennaio 1884 (per. il 28).

Nella conversazione ch'io ebbi col conte Kalnoky intorno alla visita fatta a Vienna dal signor di Giers, che forma oggetto del mio rapporto speciale di oggi, pure n. 2038 (l) S. E. dissemi che il ministro russo avevagli chiesto cosa pensasse degli affari d'Egitto ed a qual linea di condotta intendesse appigliarsi in proposito. A tale domanda egli aveva risposto che indubbiamente la gravità delle conseguenze che trarrà seco il vittorioso procedere innanzi del Mahdi non può a meno di preoccupare il Gabinetto di Vienna, essenzialmente in vista dei pericoli che minacciano le missioni cattoliche già sì fiorenti in quelle regioni ma che ciò non di meno è troppo evidente che nessuna Potenza vorrà, ingerendosi in qualsiasi maniera in quella questione, assumersi una parte qualunque della responsabilità che tutta intiera spetta al Governo britannico di quanto colà succede.

Conchiudeva, quindi, intendere stare in osservazione dello svolgersi degli avvenimenti, e riservare così intieramente ogni sua ulteriore azione. Tali intendimenti il signor de Giers mostrava dividere a quanto il conte Kalnoky mi diceva.

36

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

T. 64. Vienna, 24 gennaio 1884, ore 17,25 (per. ore 22).

J'ai donnée lecture au comte Kalnoky du télégramme en chiffre de V. E. de la nuit du 22 au 23 (3). Il s'est montré persuadé de la gravité de la situation, me disant cependant qu'il ne peut qu'en référer aux ministres compétents desquels dépend uniquement la réponse à nous faire. Il m'a demandé de lui donner un mémoire dans le sens du télégramme de V. E. et je vais le lui remettre. Il m'a ajouté que l'embarras dans lequel V. E. va se trouver n'est pas moins grand pour lui, car les questions du genre de celles de la peche d'un or

dre tout-à-fait administratif dérangent pour lui camme pour V. E. les combinaisons d'ordre politique. Il tachera de parler encore aujourd'hui avec le comte Taaffe et le baron Pino. Il exclut cependant la possibilité qu'un accord s'établisse d'ici au 2 février et meme que pour cette époque, on puisse avoir l'espoir un peu fondé qu'il finisse par s'établir. Quant à la proposition d'arbitrage sur laquelle j'ai tant particulièrement insisté camme étant le seule pratique, il la soumettra à ces messieurs du Gouvernement autrichien mais il ne m'a pas semblé espérer qu'ils l'accepteraient, avis que je partage car aussi ici la peche est une question parlementaire, et le Ministère ne fera rien qui puisse déplaire aux slaves qui sont la majorité à la Chambre. En tout cas, une réponse définitive sera faite en temps utile avant le 2 février.

(l) -Cfr. n. 33. (2) -Ed., !n italiano, !n LV 46, pp. 94-95. (3) -Cfr. n. 32.
37

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 273. Parigi, 24 gennaio 1884 (per. il 28).

In occasione dell'udienza che io ebbi ieri dal signor Ferry gli domandai, a titolo di semplice curiosità mia, che cosa vi fosse di vero nella notizia data da alcuni giornali che fosse intenzione della Francia di occupare Suakim per portarsi verso Kartum in soccorso dell'Egitto, S. E. mi rispose che una tale notizia era del tutto infondata, e che la Francia non pensava ad imbarcarsi in una simile impresa, di cui scorgeva tutte le difficoltà. Il signor Ferry mi parlò della missione del generale Gordon, ma nulla disse che potesse lasciar trapelare alcun suo disegno rispetto all'Egitto; e non tentai di prolungare inutilmente la conversazione su quell'argomento.

Non v'ha dubbio che la Francia speri e cerchi di ricuperare la posizione che ha perduto in Egitto; ma intanto il presidente del Consiglio si mostrò per il momento assai preoccupato delle condizioni economiche del Paese che dura fatica a riordinare le proprie finanze ed a lottare contro la concorrenza industriale ed anche agricola che dall'estero gli si fa, perfino sul proprio mercato.

38

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 34. Roma, 5 gennaio 1884, ore 14,05.

Je me refère à votre rapport du 12 janvier n. 1040 (l), ce n'est pas le fils qui a succédé à Berehan, mais c'est, d'après la loi musulmane, un nevue qui

a déjà pris possession à Raheita du sultanat, et a immédiatement confirmé les engagements contractés par son prédécesseur envers le Gouvernement italien. Si un fils ou soi-disant fils de Berehan est venu au Caire pour demander l'investiture, cette démarche ne peut-ètre considérée, que comme une intrigue, n'ayant aucune valeur. Il est bon que vous en avertissiez Nubar pacha. Quant à Obock il est de fait et notoire que jamais les acquéreurs français n'ont élevé des prétentions quelconques, sur le territoire de Raheita proprement dit. C'est plutòt Berehan lui-mème qui dans le temps a revendiqué une partie du territoire acheté par les français. Vous savez que nous nous sommes engagés à garantir l'intégrité du domaine de Raheita, bien entendu tel qu'il existe, depuis plusieures années et non pas d'après des revendications excessives. Ce serait donc fort opportun et amicai, de la part du Gouvernement égyptien, si avant de stipuler accord avec le Gouvernement français, il veut bien nous mettre en mesure de vérifier les dates des choses. L'Egypte a, ce me semble, déjà assez de soucis du còté de ses régions pour qu'il puisse lui convenir de se créer un conflit avec une Puissance comme l'Italie qui lui a donné récemment encore des preuves non douteuses de son amitié et de sa sympathie désintéressée. Comme il est au fond possible, que les deux nouvelles qu'il vous a confiées ne soient pas fondées, je vous prie de faire précéder par une investigation préalable et silre vas démarches éventuelles pour ce double sujet.

(l) Non pubblicato.

39

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 79. Vienna, 30 gennaio 1884, ore 15,40 (per. ore 16,20).

Voici la proposition du Gouvernement autrichien par rapport à la peche. Elle n'est point aussi satisfaisante que je croyais pouvoir l'espérer bien. On propose qu'une commission italienne et autrichienne se réunisse au plus tòt à Trieste avec mission de décider: l) sur le point actuellement en litige, c'est à dire si le traité de commerce a été ou non violé, chose que du reste on repousse complètement ici; 2) sur la question relative à la peche à cocchia; 3) sur le droit, ou non, des communes de donner en location leurs droits de péche. Le Gouvernement austro-hongrois se déclare animé du plus vif désir de vider définitivement cette question irritante. Il est ainsi tant prèt à admettre que les travaux de la commission aient une durée qui ne dépasse pas deux mais. Commissaires pour Cabinet de Vienne seraient un fonctionnaire du Ministère du commerce, le chef de l'autorité maritime de Trieste, un homme compétent spécialement en matière de pèche, et un fonctionnaire hongrois. On a repoussé demande que j'avais faite avec insistance que l'ordonnance actuelle sur la pèche soit suspendue jusqu'à la fin des travaux de la commission malgré que je me fusse engagé à recommander par réciprocité au Gouvernement du

8 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XVII-XVIII

roi égale suspension des règlements promulgués en Italie par décret royal. Ce refus ne laisse aucun doute qu'on n'a nullement l'intention bien arrètée de finir cette affaire d'une manière équitable. Je suis d'avis que V. E. pourrait déclarer à la Chambre que le Gouvernement du roi est d'opinion que le traité de commerce a été violé, que, cependant, les négociations continuent et que probablement elles conduiront à la convocation d'une commission mixte qui sera appelée à se prononcer sur toutes les questions qui se rattachent à cette affaire. Mon rapport (l) trés détaillé sur les négociation qui ont eu lieu ces jours-ci part par la poste de ce soir.

(l) Ed., in itaUano e con alcune varianti, in LV 46, p. 96.

40

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3390. Berlino, 30 gennaio 1884 (per. il 5 febbraio).

En suite du télégramme de V. E en date du 9 janvier (2), je m'étais empressé de prévenir le secrétaire d'Etat du prochain passage à Berlin du comte Greppi, occasion assez indiquée pour renouer leurs anciennes relations d'amitié à Madrid, et d'échanger des vues sur la situation générale, notamment en ce qui a trait à la Russie. Les instructions de notre nouvel ambassadeur ne pouvaient évidemment ètre réglées que sur l'intimité de nos relations avec l'Allemagne et l'Autriche-Hongrie.

Le comte de Hatzfeldt se montrait très satisfait de recevoir un diplomate qui durant plusieures années avait été son collègue et dont il gardait le meilIeur souvenir. Comme une présentation devenait superflue, il a été convenu entre nous que le comte Greppi pourrait se rendre seui au Département impérial des affaires étrangères aussitòt après son arrivée.

L'entretien n'a roulé que sur l'Espagne. Le comte de Hatzfeldt a fourni ainsi une preuve de plus de cette grande réserve qui est ici érigée en système. Il est vrai qu'en ce moment il n'y a sur le tapis aucune question de nature à produire, de sitòt au moins, de graves complications.

Peu de jours après le départ de M. Greppi, j'ai reçu la visite de mon collègue d'Espagne. Il lui avait semblé dans une conversation qu'il avait eue avec notre ambassadeur, que celui-ci laissait entrevoir quelque préoccupation à propos du changement de Cabinet à Madrid, comme si le nouveau président du 'Conseil, à en juger par certains incidents de sa vie politique inexactement appréciés, inclinerait à imprimer au Gouvernement une direction qui ne repondait pas entièrement à la sauvegarde des intérèts en jeu vis-à-vis des Puissances étrangères. Pour ce qui concerne nommément l'Italie, un certain désaccord avait surgi, par exemple, lors des dernières conférences relatives au Maroc. Mais sur quelques points il y a eu des transactions. La divergence de vues prove

nalt uniquement de ce que l'Espagne croyait et croit encore qu'il ne convient ni à l'Espagne ni à l'Italie de trop affaiblir, dans la question de protection des étrangers, l'autorité du sultan Mulay-Hassan, car ce serait tout au profit de l'influence envahissante de la France. Il importe que le sentiment d'amitié et de solidarité au Maroc, comme ailleurs, se développe et devienne durable autant qu'il est nature!. Aussi l'Italie devrait-elle se sentir rassurée, entre autres, contre les intempérances de ceux qui lLNent la religion à la politique, intemperances dont on s'est peut-1\tre quelque fois exagéré la valeur, et qui n'ont aucun effet, méme lorsqu'elles auraient pu étre de quelque embarras. Le libéralisme modéré sera toujours le programme de M. Canovas del Castillo. Quant aux causes qui ont amené un coup de gouvernail à droite, elles sont toutes d'ordre intérieur. II ne s'agit que de replacer l'Espagne dans des conditions plus régulières sans entrer pour cela dans la voie de réaction. Mais il convient que les radicaux et les républicains soient surveillés de près. S'ils sont déjà discrédités par leurs dangereuses folies, ils ne continuent pas moins, malgré leurs mécomptes, à conjurer dans l'ombre et reçoivent méme les encouragements des anarchistes à l'étranger. On peut au reste avoir confiance dans Alphonse XII et dans M. Canovas del Castillo. Le caractère du roi inspire de sérieuses garanties, et les président du Conseil s'est révélé une fois déjà comme le vrai ministre de la monarchie constitutionnelle, en contenant les impatiences de réaction, en sauvegardant les principes de tolérance religieuse et préparant les éléments d'une réorganisation politique du Pays.

J'ai répondu au comte de Benomar que le langage du comte Greppi n'avait pas été justement interpreté. De tout ce qu'il m'avait dit il résultait au contraire qu'il avait rapporté d'Espagne des impressions favorables à l'avenir de ce Pays et au maintien des meilleurs rapports entre l'Espagne et l'Italie.

II est de fait que l'évolution au delà des Pyrénées n'aurait pas été possible sans les fautes et les divisions des libéraux. Tout dépendra maintenant de l'état des esprits dans l'armée qui dans ce Pays a une si grande influence sur la durée des gouvernements. Comme on l'a dit, ce Pays est gouverné par une Providence particulière à laquelle il donne, il est vrai, beaucoup d'occupation.

Je n'ai pas besoin d'aujouter que le Cabinet de Berlin a vu de très-bon oeil l'avénement au pouvoir du parti conservateur. C'est un gage de plus pour la continuation des préférences de l'Espagne pour le groupe de l'Europe centrale. Si l'alliance formelle n'est pas conclue, elle existe du moins virtuellement pour le maintien de la paix.

(l) -R. 2043 del 28 gennaio 1884, non pubblicato. (2) -T. 16, non pubblicato.
41

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3393. Berlino, 30 gennaio 1884 (per. il 5 febbraio).

D'après les renseignements parvenus au Département impérial des affaires étrangères, M. de Giers a reçu le meilleur accueil à Vienne de la part de l'empereur François-Joseph et du comte Kalnoky. Il a répété et meme accentué les déclarations déjà faites à Berlin dans le sens le plus pacifique. Il déclarait vouloir continuer ses efforts pour écarter tout motif de froissement avec ses voisins. Il a entendu des assurances d'amitié et de bon vouloir réciproques. Mais il a été fort remarqué qu'il a évité de prendre des engagements formels pour une dislocation de troupes, surtout des régiments de cavalerie échelonnés vers les frontières de la Galicie. Aussi l'impression qu'il a laissée de son passage à Vienne n'aurait été que médiocrement satisfaisante. Il est vrai qu'il n'aurait pu s'aventurer qu'avec beaucoup de réserve sur le terrain des concessions. Il doit compter avec les panslavistes qui ont vu de fort mauvais oeil sa visite dans la capitale de l'Autriche et qui exercent toujours une certaine influence envers laquelle l'empereur Alexandre lui-meme use des ménagements. Un retrait des troupes de la frontière serait en ce moment envisagé par les partis de l'opposition camme un acte de déférence sans dignité, et grandirait le nombre des mécontents. C'est peut-ètre à ces difficultés intérieures de la Russie que le secrétaire d'Etat faisait allusion hier, lorsque j'amenais la conversation sur ce sujet. Il me disait que la question d'une dislocation vers la frontière, touchait de plus près l'Autriche que l'Allemagne, et que pour etre à meme d'apprécier les conséquences du voyage récent de M. de Giers, il convenait de laisser au tsar !e temps d'aviser au mieux pour le maintien des bons rapports entre les trois Empires. Jusqu'à preuve contraire, on n'avait ici aucun motif de douter de la sincérité des sentiments de ce souverain, et du langage de son ministre des affaires étrangères.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 42. Roma, 31 gennaio 188, ore 11,45.

Je trouve, ainsi que V. E., peu satisfaisante et presque inutile proposition faite par le Gouvernement autrichien au sujet de la controverse de la pèche. Avant tout l'énonciation des questions est incomplète et elles sont mal posées et formulées. Ensuite le systhème proposé est incapable d'aboutir à aucun résultat, car dans la commission mixte, il y aurait, très probablement, partage d'un nombre égal de voix pour chaque question, et qui viderait la parité? En dernier lieu le seul fait de déférer à une commission international l'examen de la légalité d'ordonnances, émanées, du reste, d'autorités administratives tout à fait secondaires devrait suffir pour réduire à l'état d'incertitude cette légalité, et une suspension provisoire de ces règlements, qui pendant des siècles n'ont pas existé, en serait la conséquence logique. Si on ne veut proposer rien de serieux et de pratique, si on nous refuse tout bon procédé amicai et usage entre gouvernements qui se respectent mutuellement, et tiennent à garder dans le fait et meme dans les apparences des relations cordiales et bienveillantes, je me trouverai forcé, malgré moi, à préférer de ne pas passer pour dupe, devant l'opinion publique de mon Pays, à sauver du moins la réputation de notre Gouvernement, si on ne peut sauver Ies intérèts légitimes de nos nationaux. Ce télégramme n'est que pour

V. E. et pour lui ouvrir toute ma pensée.

43

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 83. Vienna, 31 gennaio 1884, ore 15,40 (per. ore 16,40).

J'ai omis de dire dans mon télégramme d'hier (1), ainsi que dans mon rapport (2) que le comte Kalnoky m'a nettement déclaré que le Cabinet de Vienne déclinait absolument la proposition d'un arbitrage pour la question de la pèche, faisant comprendre que l'arbitrage est complètement en dehors du système de resoudre Ies questions que le Cabinet de Vienne entend suivre. S. E. ayant ajouté qu'il ne comprenait pas comment cette idée avait pu surgir, de notre còté, j'ai répondu qu'avant tout l'arbitrage surgira toujours dans la pensée des gouvernements, qui veulent finir des questions de cette nature d'une manière amicale et impartiale que, du reste, une indication dans ce sens m'avait été faite, il y a peu de jours à Vienne mème, pour une autre question; que donc il n'y a rien d'extraordinaire à ce qu'une pensée analogue soit venue à l'esprit de V. E. dans ce casei, et je n'ai pas ajouté autre chose. Le comte Kalnoky ayant puis dit que, si mème on fO.t entré dans cet ordre d'idées, il ne verrait pas qui on aurait pu choisir pour arbitre compétent; j'ai répondu que V. E. ne m'avait fourni aucune indication à ce propos, mais que si j'avais eu moi-mème une idée à émettre j'aurais suggeré d'aUer chercher l'arbitre en Hollande, les questions qui se rapportent à la pèche y étant étudiées et connues plus que partout ailleurs.

44

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 43. Roma, 31 gennaio 1884, ore 23,55.

C'est, comme V. E. sait, après demain samedi que je devrai répondre à l'interpellation concernant la pèche. J'attendrai donc, jusqu'à la dernière heure de demain soir, un télégramme de v. E. (3) me faisant connaitre la situation, c'est à dire, si celle-ci reste telle qu'elle résulte de vos télégrammes d'hier et d'aujour

d'hui (1), ou bien si des pourparlers ultérieurs nous mettent en mesure d'annoncer une proposition pratique, sérieuse, et apte à nous faire aboutir à une solution impartiale et satisfaisante.

(1) -Cfr. n. 39. (2) -R. 2043 del 28 gennaio 1884, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 45.
45

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 85. Vienna, 1° febbraio 1884, ore 14,50 (per. ore 16,30).

Je ne saurais entamer, en ce moment, de nouveaux pourparlers pour obtenir proposition pratique et sérieuse pour aboutir à solution impartiale et satisfaisante de la question de la pèche. Réponse qui m'a été faite avant-hier et hier par Kalnoky et que j'ai transmise par télégraphe (2) à V. E., avait après Ies négociations que j'avais eues, le caractère d'une dernière extrème concession de la part du Gouvernement impérial. De nouveaux pourparlers prendraient, avec la complication de rouages du Gouvernement impérial, plusieurs jours et n'aboutiraient à rien. On part ici du point de vue qu'il s'agit uniquement de tirer V. E. d'une difficulté parlementaire du moment. Des paroles par conséquent suffisent. Le seui moyen d'obtenir quelque chose, plus tard, c'est de prouver par le fait que

V. E. et le Gouvernement du roi ne sont pas dupes de fallacieux engagement, et de se tirer d'affaires devant la Chambre en exposant la situation claire et nette telle qu'elle est. C'est donc ce que je me permets de conseiller à V. E. de faire demain, avec la persuasion que cela facilitera notre tache à l'avenir tant pour cette question, comme pour d'autres, empèchant aussi que désormais on employe à notre usage le procédé qu'on suit ici vis-à-vis de la Serbie. Je prie V. E. de m'envoyer de suite après la séance un télégramme au clair (3) qui résume la réponse que vous aurez donnée et de m'indiquer plw:; tard quelle réponse verbale je devrais faire aux proposition qui m'ont été verbalement aussi formulées par le comte Kalnoky.

46

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT (4)

T. URGENTE 45. Roma, 1° febbraio 1884, ore 17,15.

Le comte Ludolf est venu me communiquer un télégramme du comte Kalnoky nous proposant, pour l'affaire de la pèche, la constitution d'une commission mlxte, dans les termes que V. E. connait. Je lui ai répondu que .cette proposition ne pouvait ètre considérée par moi comme pratique et satisfaisante, que si elle était complétée par une clause portant que, dans le cas où la commission se parta

gerait en deux opinions, ou elle proposerait un arrangement qui ne serait pas jugé acceptable par les deux Gouvernements, on est, dès aujourd'hui, convenus de déférer l'examen et la décision de la question à un ou trois personnages à désigner par un tiers gouvernement, ou par une autorité complètement désintéressée, dont le choix sera ultérieurement arreté d'accord, entre les deux Cabinets de Rome et de Vienne. J'attends votre réponse au plus tard la nuit prochaine 1).

(l) -Cfr. n. 39 e 43. (2) -Cfr. n. 43. (3) -Cfr. n. 46. (4) -Ed., in italiano, in LV 46, p. 103.
47

IL COMMISSARIO CIVILE AD ASSAB, BRANCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 28. Assab, 1° febbraio 1884 (per. il 21).

Il giorno 22 decorso, per mezzo di una barca araba, mi giunse da Aden il pregiato dispaccio del 22 dicembre scorso n. 30 (3). Avrei voluto prima di rispondere conferire, come me lo consiglia l'E. V., col conte Antonelli, ma poiché egli si trattiene ancora in Aden, meglio mi sembra far subito conoscere quale sia la mia opinione onde lasciare all'E. V. il tempo di prendere quei provvedimenti che nella sua saviezza crederà migliori.

Il quesito che mi si propone, si è se la venuta di Bianchi e compagni in Assab quando sia fatta sotto auspicii e con scorta abissina non possa eccitare un fermento generale presso i danakil, tanto da privarci da una parte della via dell'Aussa e mettere in pericolo dall'altra la sicurezza della colonia. Fermamente io non credo né l'uno né l'altro. Non si tratta di un'invasione a mano armata, come forse hanno fatto credere alcune mie espressioni scritte con troppa precipitazione allorché io ero ancora stanco del viaggio, trattasi solo di far accompagnare la spedizione da una scorta che appunto perché composta di uomini scelti e armata di fucili potrà ridursi a non molta gente. Bianchi, se le disposizioni di re Giovanni non cambiano sarà, come si suoi fare in Abissinia, scortato da molta gente fin dove arrivano gli avamposti del ras di Zebul, ma di là a qua il terreno stesso, la difficoltà di trovar acqua esigono che il rimanente del viaggio sia fatto con poco bagaglio e con poco seguito. Tutto quindi si limiterà ad uno o più passaggi fatti forse senza il consenso degli abitanti, ma senza violenza. E del resto non mancano a re Giovanni i mezzi di ottener questo consenso. Non bisogna dimenticare che fino a Biru (a quattro giorni di qui) padrona del territorio è la tribù dei dahimmela, il cui capo, Ali Kefar, riconosce la sovranità di re Giovanni e gli paga tributo. Per quest'ultimo tratto della via, non potendo noi trattare direttamente coll'Ibnahan, ci rivolgeremo all'Anfari ed io sono persuaso che non incontreremo grandi difficoltà, non solo pel passaggio di Bianchi ma anche per quello delle carovane che avessero in seguito a recarsi in Abissinia. L'Anfari infatti conosce da molto tempo l'intenzione di re Giovanni di trovarsi una via al mare e non si

crederà troppo mal capitato se invece di prenderla a traverso i suoi Stati egli passa altrove. Anche Abd el-Rahman, a cui ho esposte per filo e per segno le intenzioni di quel re, è d'opinione che non sarà difficile ottenere il passaggio. Io mi riservo quindi tostoché giunga qua il conte Antonelli di incaricarlo delle pratiche relative. Quanto al timore che l'E. V. mi esprime, che i danakil possano credere ad una nostra alleanza con re Giovanni per invadere il Paese, io non lo credo fondato. Il soggiorno ormai di quasi cinque anni che abbiamo fatto quaggiù, la mancanza assoluta di preparativi e di forze militari in Assab, la nostra moderazione in circostanze critiche, il passaggio stesso dell'Antonelli non susseguito da alcun cambiamento di politica non sono passati inosservati anche fra i danakil, tanto che io ritengo fermamente che se domani noi annunciassimo esser nostra intenzione di invadere il Paese, essi neppure ci crederebbero. Che se nonostante ciò l'E. V. ritenesse necessario di dare nuove istruzioni al signor Bianchi, havvi tutto il tempo di farlo. Io non vorrei però che per un pericolo puramente ipotetico, noi ci gettassimo invece incontro a quello maggiore di irritare contro di noi re Giovanni e di vederci forse allora non solo non aperta la via di Arrhu, ma chiusa per ordine suo anche quella dello Scioa. A questo proposito l'E. V. mi permetterà di metterla in guardia contro le relazioni non troppo esatte sullo stato politico dell'Abissinia che hanno pubblicate i nostri viaggiatori allo Scioa. Trasportati, come segue sempre, in chi prende interesse all'opera sua, dalle simpatie acquistate pel Paese visitato, essi hanno a mio credere fatto falsa via per quel che concerne la condizione attuale dello Scioa e di re Menelik in particolare. Se si eccettuano infatti i paesi galla, verso i quali re Giovanni sembra lasciare una certa libertà di azione ai suoi due dipendenti dello Scioa e del Goggiam, essi sono attualmente poco più di governatori di provincia. Gli 80.000 uomini di Menelik, le sue relazioni con Stati esteri, non tolgono che egli debba eseguire e che eseguisca strettissimamente i dettati di re Giovanni, il quale gli tiene persino al suo campo pronto un successore (un suo fratello) in caso di disobbedienza. Un ordine quindi di re Giovanni potrebbe non solo infirmare il trattato fatto, ma chiuderci anche la via dello Scioa più e meglio di qualunque proibizione dell'Anfari. Sarebbe quindi, sempre secondo il mio parere, oltremodo impolitico da parte nostra fare in modo che re Giovanni creda che noi non vogliamo concedere a lui quello che già abbiamo concesso a Menelik. E ciò senza contare che anche commercialmente il

mercato più importante per noi e quello che anche più dello Scioa potrebbe sviluppare il commercio di Assab, si è il Goggiam, provincia che anche questa è completamente nelle mani di re Giovanni. E' molto probabile del resto che tutte le concessioni che noi avremo a fare all'Abissinia si limitino alla discesa di Bianchi e a poco più, giacché se le ultime notizie di Massaua sono vere, tutto sembra appianarsi. fra l'Egitto e l'Abissinia. In questo caso sarà molto probabilmente Massaua e non Assab che fornirà le armi che re Giovanni chiede ed il viaggio di Bianchi sarà lasciato alle proprie forze, come qualunque altra esplorazione geografica (1).

«Ringraziare di queste indicazioni interessanti. Queste e le posteriori notizie comunicate dal Branchi attenuano, e quasi escludono le nostre preoccupazioni, nelle quali nulla entrava che potesse essere meno lusinghiero per il cavalier Branchi, sullo zelo del quale e sulla sua intelligente opera abbiamo piena fiducia. Attenderemo un anno il risultato dello scontro di idee col conte Antonell! circa questo interessante argomento».

(l) -Cfr. n. 51. (2) -Ed. in L'Italia 1n Africa, serle Storica, vol. I, Etiopia-Mar Rosso, tomo III, Documenti (1883-1885) a cura di C. Gie:lio, Roma, Poligrafico dello Stato, 1960, pp. 33-35. (3) -Cfr. serie II, vol. XV-XVI, n. 773.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione:

48

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 50. Roma, 2 febbraio 1884, ore 23,55.

Rentrant aujourd'hui de la Chambre, j'ai eu par Ludolf communication d'un télégramme de Kalnoky répondant à celui qu'il avait hier expédié à Vienne après notre entretien. Le comte Kalnoky réitère ses déclarations de bon vouloir. Il dit ne pas pouvoir consentir à la suspension de l'ordonnance du premier septembre et il observe que cette suspension ne serait d'ailleurs pas à notre avantage, car elle ferait revivre dans toute sa vigueur le régime établi par l'ordonnance du 1835. V. E. connait sur ce point notre pensée. Kalnoky poursuit disant ne pas partager notre crainte que la commission mixte telle qu'elle nous est proposée ne puisse pas aboutir à un résultat pratique et satisfaisant. Mais en toute hypothèse on pourra, dit-il, revenir sur la proposition d'un arbitrage au sujet de laquelle le ministre impérial du commerce n'a pas, en principe, énoncé un refus. Ceci est pour information de V. E. à laquelle je me réserve de télégraphier bientòt instructions sur la suite à donner à cette affaire (1).

49

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

D. 236. Roma, 2 febbraio 1884.

Ho ricevuto il rapporto del 28 gennajo scorso, n. 276 (2), col quale V. E. mi chiede una carta dimostrativa della regione circostante Assab, per conoscere esattamente l'estensione del nostro possedimento e di quello del sultano di Raheita che è posto sotto la protezione dell'Italia.

Sebbene continui a credere infondata la notizia d'un accordo fra la Francia e l'Egitto per delimitare il possedimento francese d'Obock includendovi parte del territorio di Raheita, e ritenga per conseguenza che non vi sia luogo a trattar la questione col signor Ferry, corrisponderò ciò nonostante nel miglior modo possibile al desiderio di V. E.

I confini della nostra colonia d'Assab sono esattamente definiti, ma non quelli del territorio sottoposto alla sovranità del sultano di Raheita, nostro vassallo. Trasmetto all'E. V. due carte, una del nostro possedimento, l'altra della tegione circonvicina. Il sultano di Raheita esercita di fatto la sua sovranità sul territorio che confina al nord con la nostra colonia e si estende lungo la costa occidentale dello stretto di Bab-el-Mandeb, verso Obock.

<n Cfr. n. 52.

Vero è che il sultano di Raheita spinge o meglio spingeva le sue pretese (il sultano Berehan che stipulò con noi la convenzione di vassallaggio è morto recentemente ed il successore non è ancora insediato) al di là del possedimento francese di Obock fino al golfo di Tagerrah o Tadjournah; ma noi non intendiamo di estendere la nostra protezione e di garantire l'integrità se non di quella parte di territorio su cui quel sultano esercita effettivamente la sua autorità.

(2) Non pubblicato.

50

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 129/470. Londra, 2 febbraio 1884 (per. il 6).

In continuazione al mio dispaccio di ieri, n. 469 serie politica (1), mi pregio d'informare l'E. V. che ieri l'altro Mussurus pascià si recò da lord Granville e gli disse che ancora non aveva ricevuto alcuna istruzione intorno alle basi dello scambio d'idee proposto all'Inghilterra dalla Sublime Porta. Cionondimeno l'ambasciata ottomana espose, come un'idea sua personale, il progetto di un 1mprestito che il Governo egiziano farebbe per pagare le spese di una spedizione di truppe turche nel Sudan. Il conte Granville rispose a Mussurus pascià che non poteva intavolare una discussione né provocare un esame del Gabinetto britannico sopra semplici idee personali. Del resto Sua Signoria dichiarò che il Governo inglese aveva suggerito e continuava a suggerire al Governo egiziano di rinunziare alla difesa del Sudan, ritenuta impossibile, e di limitarsi a difendere l'Egitto propriamente detto.

Da quanto è venuto a mia notizia risulterebbe che il Governo turco avrebbe fatto tastare il terreno, in modo identico, su questo soggetto, anche presso altre Grandi Potenze (2).

51

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 94. Vienna, 3 febbraio 1884, ore 15,40 (per. ore 16,20).

Le langage aussi ferme que correct tenu par V. E. hier à la Chambre me semble avoir produit salutaire impression ici. Voici ce que Kalnoky me charge, par l'entremise de M. Szogyenyi Marich, de faire savoir à V. E.: on est disposé à modifier composition de la commission et programme des questions pour se

7 febbraio 1884.

mettre en complet accord avec V. E. On désire vivement que la commlssion atteigne résultat pratique et satisfaisant et l'on nous demande d'y prendre parti dans le meme esprit. Si, contre la ferme volonté des deux Gouvernements, la commission devait échouer, l'arbitrage peut etre considéré comme complètement accepté. Si on s'est servi de termes peu précis dans le télégramme à Ludolf c'est qu'il faut, pour nous donner une assurance offcielle, le consentiment du Cabinet autrichien, et de celui hongrois, formalité qui prend du temps. En l'etat de choses (présent) je crois pouvoir constater qu'on est fermement résolu ici à faire le possible pour que la commission aboutisse au résultat désiré. Je prie V. E. de m'autoriser à déclarer que nous y entrerons avec le meme esprit, du moment où l'arbitrage est admis comme moyens extreme. Je ne doute plus que Gouvernement impérial fera tout son possible pour s'épagner ce remède qui lui est si pénible à a valer.

(l) -Non pubblicato. (2) -Il contenuto di questo rapporto venne comunicato da Mancini a Corti con D. 1620 del
52

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 34. Roma, 4 febbraio 1884, ore 23,35.

Je suis heureux de voir confirmées, par votre télégramme d'hier au soir (1), les bonnes et sérieuses dispositions du Cabinet de Vienne, au sujet de la question de la peche. La commission mixte peut devenir acceptable dès que les deux Gouvernements sont préalablement d'accord, qu'en cas d'insuccès la question serait déférée à un arbitrage. Cette clause est, meme à nos yeux, la plus sftre garantie que la commission aboutira à la solution satisfaisante, complète, et pratique que tous les deux Gouvernements doivent souhaiter. Pour remplir son mandat la commission doit, à notre avis examiner en premier lieu les questions au point de vue du droit, et de l'interprétation du traité, et proposer ensuite les bases d'un arrangement entre les deux Gouvernements. Quant aux modalités, nous acceptons d'abord la fixation d'un terme de deux mois pour l'achèvement de la tache confiée à la commission. Pour ne pas soulever, à l'égard des propositions à résoudre, une discussion oiseuse, le plus simple nous parait de laisser à chacun deux Gouvernements la faculté de lui soumettre, dans la limite, bien entendu, de la matière qui nous occupe, toutes les questions qu'il jugerait opportunes. Quelques-unes de ces questions, celles qui concernent notamment l'interprétation du traité, et du protocole comparés avec les actes postérieures de l'administration austro-hongroise, rentrant nécessairement dans le domaine diplomatique, nous pensons qu'il serait utile que des deux còtés un des membres de la commission ffit un délégué spécial du Ministère des affaires étrangères.

Nous croyons enfin qu'il y aurait, sous plusieurs rapports, grand avantage à choisir, camme siège de la commission la ville de Venise, soit parce que

l'opinion publique en Italie y verrait un gage de bon vouloir du Gouvernement impérial et royal, soit parce qu'il serait ainsi beaucoup plus facile pour la commission, de prendre sur les lieux tous les renseignements dont elle pourrait avoir besoin, au sujet de la condition actuelle et des habitudes séculaires de pecheurs de Chioggia, soit enfin parce que ce serait le meilleur moyen de laisser à l'écart, sans le froisser, la personalité du lieutenant actuel de Trieste dont la présence dans la commission ne serait certes pas apte à faciliter l'entente.

J'espère que V. E. réussira, avec son tact habituel, à faire apprécier par le comte Kalnoky l'esprit essentiellement amicai qui diete nos propositions, notre but n'étant que d'éliminer une bonne fois, à l'égard de la peche, tout sujet de dissentiments et toute occasion d'incidents fàcheux. Quant à l'affaire de Spalato, nous n'avons plus des démarches à faire auprès du Gouvernement austro-hongrois, confiant, d'ailleurs, que le coupable, dont la justice s'est déjà saisi, recevra le plus tòt possible la punition qu'il mérite.

(l) Cfr. n. 51.

53

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 553. Lisbona, 4 febbraio 1884 (per. il 9).

Ebbi già l'onore di accennare a V.E., nell'annesso al mio precedente dispaccio di questa serie, aver io fondato motivo di credere che istruzioni sarebbero date al marchese di Thomar conformemente alla speranza che io aveva manifestata all'egregio ministro degli affari esteri di Sua Maestà Fedelissima, in uno dei miei recenti colloqui con S. E., relativamente alla visita germanica al Vaticano (dispaccio confidenziale della r. legazione n. 551) (l).

L'ambasciatore portoghese presso la Santa Sede, partito avant'jeri per Roma, ha effettivamente ricevuto le istruzioni da me inviate, e tanto il ministro signor de Bocage, quanto lo stesso ambasciatore, che visitai poco prima della sua partenza, si compiacquero affermarmelo.

Anzi io mi permisi, dopo tale conferma, e V.E. vorrà condonarmi se ho creduto conveniente di oltrepassare di nuovo le mie istruzioni, contenute nella circolare del 21 dicembre scorso n. 212, leggendone il contenuto particolarmente anche al marchese di Thomar, sembrandomi utile che l'ambasciatore, il quale avea già manifestato personalmente al Sommo Pontefice la probabile spiacente impressione circa il rifiuto di ricevere la regina del Portogallo, essendo ora incaricato di esprimere uguali sentimenti da parte del suo Governo, avesse agio, con maggiore cognizione dei fatti che hanno preceduto e seguito il ricevimento del principe imperiale germanico al Vaticano, di alludere a questo argomento che a mio credere modifica di fatto le decisioni vaticane tra principi cattolici e principi protestanti.

Il marchese di Thomar disse, come lo avea detto subito il ministro, signor de Bocage, che la circolare era molto ben pensata ed ugualmente ben redatta, osservando pur esso, relativamente alla visita imperiale, che il sommo interesse cattolico avea per certo predominato a vincer l'ostacolo dell'ospitalità al Quirinale.

L'ambasciatore soggiunse puranche che i maggiori riguardi verso la Santa Sede, compatibili colle nostre istruzioni, sono e saranno la migliore politica per l'Italia, la quale potendo in propizie occasioni migliorare i suoi rapporti col Vaticano, acquisterà sempre più quella forza nazionale che la permanenza del capo supremo della Chiesa cattolica dà ad un Paese dal quale Sua Santità dirige le coscienze cattoliche del mondo intero.

(l) R. 551 del 25 gennaio 1884, non pubblicato.

54

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2045. Vienna, 6 febbraio 1884 (per. il 9).

Segno ricevuta all'E.V. del secondo suo dispaccio relativo all'incidente Vigna del 30 scorso gennaio n. 1597 (1).

Tengo poi ad assicurarla che tosto che mi pervenne il precedente del 21 stesso mese n. 1593 (1), mi sono fatto premura d'invitare il consolato generale a Trieste di tenermi informato delle fasi del processo a cui trovasi sottoposto il Vigna, e del risultato di esso.

Non mancherò quindi di agire qui a senso delle istruzioni che le piacque impartirmi tostochè si sarà verificata l'eventualità indicatami dall'E.V.

Mi permetterò solo di osservare, che riputerei più opportuno, se per avventura il Vigna sarà assolto, di interporre i miei buoni uffici, affinché non venga sfrattato, a mezzo di una comunicazione scritta, che non di trattare la cosa verbalmente ed in forma amichevole col ministro degli affari esteri, siccome parmi che all'E.V. piacesse indicarmi.

Le conversazioni di quella natura, quando trattasi di Trieste o del Tirolo italiano, assumono sempre tosto un carattere agro; i ministri imperiali non volendo ammettere discussioni intorno alla libera azione della polizia in quei due territorii; meglio quindi evitarle quando si può.

D'altronde, trattandosi più ancora di una questione di massima che non di un fatto speciale, credo non inutile che resti traccia scritta de,l nostro modo di vedere al riguardo anche affinché l'I.R. ministero dell'interno ne abbia conoscenza, locché forse non succederebbe se mi limitassi a parlarne al conte Kalnoky (2).

«Ringraziare ed approvare il divisamento di trattare la cosa, a suo tempo, per iscritto anziché verbalmente •· In base a tal1 istruzioni venne redatto 11 D. 1601 del 10 gennaio 1884, indirizzato all'ambasciata a Vienna, non pubblicato.

(l) -Non pubblicato. (2) -Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 261. Roma, 7 febbraio 1884.

E' stata richiamata l'attenzione del R. Governo sopra alcuni fatti recenti che sembrerebbero accennare a nuove mire d'ingrandimento coloniale da parte di uno stato con noi limitrofo. Questi fatti sono: la invocata protezione della Repubblica francese per parte del sceriffo di Uasan, la cui influenza politica e religiosa si assicura essere grande nei Paesi maomettani, grandissima poi nel Marocco; una impresa commerciale di non lieve momento, tentata nel Riff, non senza qualche difficoltà, da certo conte di Chavagnac, dimorante a Tangeri; l'annunciata prossima azione della nuova associazione fondatasi in Francia, col nome l'Alliance française pour la propagation de la langue française dans les colonies età l'étranger, con la quale, per analogia d'intenti nel Marocco, collima l'Alliance israélite universelle (1).

Prego l'E.V. a volermi far conoscere quali sieno le informazioni e quali gli intendimenti del Governo della regina su codesti fatti, specialmente sul primo, che ci sembra avere una manifesta importanza (2).

56

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 262. Roma, 7 febbraio 1884.

Facendo seguito al mio dispaccio in data del 27 gennaio (3), relativo alle voci messe in corso a Parigi, circa ad un progetto del Governo francese, di occupare Suakim, onde servirsene di base per una spedizione contro il Mahdi, ho l'onore di comunicare a V. E., quanto mi riferisce in proposito il r. ambasciatore a Costantinopoli (4).

Secondo le informazioni del conte Corti, non s'ebbe mai notizia a Costantinopoli di questo progetto; ma sembra che il Governo ottomano, sia per le insistenti dichiarazioni d'amicizia fatte dai rappresentanti della Francia, sia per consigli pervenutigli, in via indiretta, abbia dato al suo ambasciatore a Parigi la istruzione d'indagare le vere intenzioni del Governo della Repubblica, circa alle voci corse d'una sua intervenzione negli affari del Sudan, e che finora non si conosceva a Costantinopoli la risposta di Essad pascià.

n conte Corti riferisce inoltre che, nei consigli dei ministri, fu discussa, varie volte, l'eventualità di una spedizione turca al Sudan, ma che le condizioni che sarebbero imposte dall'Inghilterra, e le difficoltà dell'esecuzione esser tali, che quelle discussioni non diedero alcun risultato, e la Sublime Porta si limitò di rivolgere al Governo britannico una comunicazione, alla quale rispose lord Granville, come ebbe a riferirmi l'E. V., chiedendo su quali basi il Governo ottomano intendesse di procedere al proposto scambio d'idee, e che, in un'udienza particolare il 29 ultimo, il sultano si esprimeva a lord Dufferin negli stessi termini della comunicazione fatta a Londra, senza entrare in ulteriori particolari.

(l) -I primi tre capoversi furono comunicati per conoscenza alle ambasciate a Madrid e a Parigi con DD. 5 e 244. (2) -Cfr. n. 79. (3) -D. 250, in realtà del 29 gennaio 1884, non pubbllcato. (4) -R. 2672 del 1° febbraio 1884, non pubbllcato.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 287. Parigi, 7 febbraio 1884 (per. il 10).

Ringrazio l'E. V. dell'invio che ella, col suo dispaccio del 2 corrente (serie politica n. 236) (1), si compiacque di farmi delle carte di Assab, che io aveva chiesto col mio rapporto del 28 gennaio n. 276, di questa serie (2).

Esse mi serviranno per la discussione che potesse occorrere circa la estensione del nostro protettorato rispetto a quello cui si suppone che pretendano i francesi in possesso di Obock.

Conformemente all'istruzione datami da V. E. non aprii discussione al riguardo col signor Ferry; soltanto ieri parlando dell'Egitto, la conversazione si portò naturalmente sui possessi del Mar Rosso fra i quali sono compresi Assab ed Obock. Ma non insistei su quell'argomento, ed il signor Ferry si limitò a dirmi che la Francia occupava da molto tempo Obock, e mi lasciò intendere che non sorgerebbero difficoltà a causa dei nostri rispettivi possessi.

58

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 116. Londra, 8 febbraio 1884, ore 15 (per. ore 16,55).

L'opposition a annoncé hier au soir dans les deux Chambres qu'elle ferait mardi une motion déclarante que le Parlement, ayant lu la correspondance sur l'Egypte, est d'avis que les tristes événements du Soudan sont dus en grande mesure à la politique vacillante et inconsistante du Gouvernement. J'ai demandé à lord Granville de me communiquer toute notice qui lui parviendrait à l'égard des italiens morts sur le champ de bataille sous les ordres du général Baker.

(l) -Cfr. n. 49. (2) -Non pubbllcato.
59

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2047. Vienna, 10 febbraio 1884 (per. il 18).

Il linguaggio tenuto coll'ambasciatore austro-ungarico dal signor de Giers dopo il suo ritorno da Pietroburgo ha prodotto ottima impressione sul Gabinetto di Vienna che ebbe a trovarvi la piena conferma e l'ampliazione anzi, delle assicurazioni pacifiche ed amichevoli da lui date al conte Kalnoky nella recente visita fattagli in questa capitale.

Tale conferma il principe Lobanov ebbe del pari l'incarico di esprimere al ministro degli affari esteri di Sua Maestà Francesco Giuseppe, e se ne sdebitò aggiungendo, che il signor de Giers gli aveva scritto che a malgrado les intrigues infernales ordite contro la sua persona durante la sua assenza, aveva potuto constatare che inalterata era rimasta la sua posizione e la fiducia che in lui ripone il sovrano. Ciò più che ogni altra cosa è di natura a rassicurare la Monarchia austro-ungarica con gl'intendimenti del Governo russo poiché ciò che più si teme qui si è: che i panslavisti di Pietroburgo riescano a scuotere la posizione del signor de Giers, e ad impadronirsi dell'animo dell'imperatore trascinandolo irremissibilmente sulla via ch'essi vorrebbero vedergli seguire.

Se alle parole terranno dietro alcuni fatti che ne siano chiara conferma, le relazioni fra i due Imperi si potranno considerare siccome realmente ristabilite su di un piede di fiducia cordiale atta ad allontanare ogni pericolo di attriti. Fino d'ora però si può ritenere, che quelle relazioni già si trovano assai migliorate, risultato a cui non poco contribuì l'azione intelligente e piena di tatto dell'egregio ambasciatore che rappresenta la Russia a Vienna.

60

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 294. Parigi, 11 febbraio 1884 (per. il 24).

Col suo dispaccio del 7 febbraio n. 244 di questa serie (1), V. E. si compiace d'informarmi dei tentativi che farebbero i francesi per estendere la loro influenza nel Marocco. Fra gli altri mezzi ai quali essi avrebbero ricorso, vi sarebbe una società per la propagazione della lingua francese in quelle regioni africane.

L'E.V. desidera che io mi informi di ciò che vi sia di vero in quei tentativi, e la tenga al corrente di quanto potrà rilevare a quel riguardo. Non mancherò di ragguagliare V. E. di quanto mi riuscirà di raccogliere in proposito. Intanto io credo di poter dire che si agita in questo momento nel Marocco una lotta d'in

fluenze, alla quale partecipano diverse Potenze. Discorrendo ultimamente con un alto personaggio spagnuolo, egli non mi celava che il suo Governo aveva delle viste sul Marocco e tendeva ad occuparvi posizioni più importanti di quelle che tiene attualmente. Esso vi si trova naturalmente in contrasto colla Francia, che teme per la sua provincia algerina di Oran, già popolata da spagnuoli.

D'altra parte si parla di ingerenze della Germania, la quale, alcuni anni addietro, come ne venne nel tempo informato codesto Ministero, si opponeva alle aspirazioni della Spagna. Gli inglesi non vorranno neppure che questa acquisti maggior forza nello stretto di Gibilterra, dove possiede già Ceuta. Da queste competizioni è possibile che, tosto o tardi, nasca qualche incidente; giova dunque tener d'occhio ciò che colà si maneggia.

L'abbandono del Sudan per parte dell'Egitto, o per meglio dire per parte dell'Inghilterra, si collega anche alle condizioni della Tripolitania, della Tunisia e dell'Algeria. Ho sentito emettere l'opinione che l'abbandono del Sudan sarebbe un indizio del risveglio della nazionalità araba, che sopporta con malavoglia la dominazione francese nel nord dell'Africa, e che fra le eventualità possibili, se non probabili, sta che una guerra santa, sostenuta questa volta con fucili Remington e cannoni Krupp, sia la conseguenza dei trionfi del Mahdi.

Ho saputo, da una persona che vi prese parte, che ultimamente vi fu in Londra, sotto la presidenza del signor Bright, una riunione intima nella quale si trattò la questione di Egitto, e si venne a concludere che la neutralità di quella regione doveva essere garantita dal concorso di tutte le Potenze, fra le quali l'Italia non deve tenere il posto meno importante.

Intanto le idee di colonizzazione sono tuttora in favore in Francia, e per sviluppare questo sistema si è recentemente fondata a Brest, in Bretagna, una società francese di colonizzazione che venne costituita ed inaugurata ieri l'altro.

(l) Non pubblicato.

61

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Berlino, 13 febbraio 1884.

Vu les circonstances de notre carrière, je suis relativement satisfait que votre candidat ait prévalu pour le poste de Saint Pétersbourg. Comme vous dites fort bien, avec lui il n'y a pas danger qu'il cherche à nous engager dans une fausse route. Mais j'avais été contrarié qu'il se fùt laissé aller, sans aucune nécessité, à · formuler avec mon collègue d'Espagne, un jugement sur le changement de ministère à Paris, jugement qui pouvait avoir un fondament de vérité, mais qu'il ne convenait pas d'émettre vis-à-vis du représentant espagnol. C'était un manque de tact. Je veux croire pourtant que le comte Benomar s'est mépris sur la signification du langage de son interlocuteur. Espérons qu'il saura conduire à Pétersbourg sa barque au mieux des intérets de notre Pays.

9 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XVII-XVIII

Le discours de M. Mancini à l'interpellation Bernini a produit à Berlin aussi une bonne impression. Ici l'on désire que nous vivions sans mésintelligence avec l'Autriche. On me le répète à chaque occasion, comme s'il dépendait de nous seuls qu'il en soit ainsi, comme si l'Autriche ne devait pas aussi un peu mettre du sien pour faciliter les bons rapports.

Or elle ne fait pas toujours preuve de la meilleure volonté. Vous etes aux premières loges pour vous en apercevoir. Aussi lorsqu'il surgit quelque incident, ma pensée se reporte sur vous en regrettant tous les tracas qu'on vous cause, mais en félicitant le roi et le Pays de votre présence à Vienne, car personne mieux que vous ne saurait débrouiller les difficultés. Ne vous laissez donc pas atteindre par le spleen. Quand on a le sentiment de faire le bien, on va jusqu'au bout malgré vent et marées.

Le major Bisetti a été recu ces jours derniers par l'empereur à l'occasion d'une distinction honorifique qui lui avait été accordée pour avoir accompagné le Kronprinz dans son voyage en Italie. S. M. Impériale tout en croyant que la paix ne courait aucun danger dans les conditions actuelles de l'Europe, constatait cependant que la France poursuivait avec beaucoup d'entraine les préparatifs militaires indiquant que les idées de revanche ne cessent pas d'exister au de là des Vosges. Il est vrai qu'au milieu de ses embarras intérieurs, de ses entreprises coloniales, elle ne commettra pas de si tòt la folie de s'en prendre à l'Allemagne. D'ailleurs la République est plus isolée que jamais. L'empereur Alexandre lui-meme lui tourne les talons, et tant qu'il restera maitre de la situation en Russie, il ne voudra pas aider à tirer les marrons du feu. C'est dans ce sens qu'on enterprete ici le transfert du prince Orlov de Paris à Berlin. De longue date il est l'ami du prince de Bismarck, et exerce une grande influence sur le tsar qui lui aurait meme un instant offert une position éminente dans son entourage, et qu'il a cru devoir décliner.

Je viens de me procurer les articles de la Nouvelle Revue réédités dans un volume séparé. Je comptais passer inaperçu, croyant ne m'etre point fait d'ennemis, tellement je m'applique à ne heurter personne sauf dans le cas de légitime défense. Aussi je ne m'expliquais pas de premier abord pourquoi on me !ance aussi quelques traits; à moins que comme il s'agit d'une vengeance exercée contre l'Allemagne et qu'on connait mes préférences à Paris pour cette Puissance mieux à meme que la France de présenter des garanties pour le maintien de la paix et de l'ordre social, on ait voulu m'englober dans le blàme. Au reste tout cela ne me fait ni chaud ni froid. On ne peut que mépriser un pamphlétaire anonyme qui doit sortir de très bas puisqu'il s'en prend meme aux dames de la sociétè. Mais bien de personnes poussent ici des cris de paon, entre autres l'ambassadeur d'Autriche. Pour le tranquilliser le comte de Hatzfeldt lui disait que le dédain était la meilleure réponse à opposer aux calomnies

et aux commérages. Quoiqu'on fasse pour le mieux, il se rencontre toujours des détracteurs. Je suis revenu avant-hier de Dresde où j'ai assisté aux funérailles de la princesse Georges de Saxe. C'est à peine si j'ai eu le temps de préparer quelques tartines, d'un médiocre intéret, pour la réexpédition du courrier.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2050. Vienna, 14 febbraio 1884 (per. il 18).

La notizia della destinazione del principe Orlov ad ambasciatore di Russia a Berlino riuscì assai gradita al Gabinetto di Vienna che si compiace considerare quel fatto siccome una nuova prova degli amichevoli intendimenti del Gabinetto di Pietroburgo a riguardo della Germania e dell'Austria-Ungheria. Mi risulta invece che non si vedrebbe di buon occhio l'invito a Roma del signor Saburov di cui si è parlato in questi giorni, poiché si ritiene quel diplomatico capace di annodare relazioni coi nostri radicali pur di nuocere all'Austria; e quindi alla peggio si preferirebbe che fosse chiamato al posto di Londra in rimpiazzo del signor Mirenheim che sta per essere traslocato a Parigi.

Per intanto, come dissi in precedenti miei rapporti, perdura lo stato di fiducia relativo che le dichiarazioni fatte dal signor de Giers a Berlino, Friedrichsruhe e Vienna, ebbero a produrre, e si notò anche con soddisfazione il fatto che in questi ultimi mesi furono contromandate parecchie disposizioni relative ad approvigionamenti militari in Polonia, aventi per manifesto scopo la preparazione ad un'eventuale guerra, che già erano in corso di esecuzione; come a mò d'esempio la straordinariamente grande commissione data in Russia di forni di campagna, ed il continuo invio di gallette ai magazzini della frontiera.

Ma ancora una volta ripeto, la miglior guarantigia di pace la si vede a Vienna come a Berlino nella permanenza del signor de Giers al Ministero degli affari esteri. Siccome però chiaro apparisce, che quel ministro non ha solide radici nè a Corte, nè nel Paese: ciò costituisce uno stato di precarietà, le di cui conseguenze mi venivano espresse da un personaggio altamente in posizione di conoscere il preciso modo di vedere tanto del principe di Bismarck che del conte Kalnoky, colle seguenti ben caratteristiche parole: « Nous faisions semblant d'avoir confiance et c'est déjà quelque chose ~.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 141. Parigi, 15 febbraio 1884, ore 14,15 (per. ore 15,55).

Les journaux annoncent la protestation du pape contre l'arret de la Cour de cassation de Rome relatif aux biens de la Propagande. Je prévois qu'on ne prévaudra de cet arret pour susciter des ennemis au Gouvernement du roi en donnant à cette affaire le caractère de question internationale. C'est pourquoi je prie V.E. de me faire connaitre avec exactitude la nature et les conséquences de cette décision et me fournir ainsi le moyen de défendre, le cas échéant, avec efficacité les droits de l'Etat. Cette protestation du pape se rattache à une campagne que le parti ultramontain entreprend avec une nouvelle ardeur, toujours en vue de reconquérir peu ou beaucoup du pouvoir temporel.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3406. Berlino, 15 febbraio 1884 (per. il 19).

Les journaux annoncent que la Cour de cassation de Rome, toutes chambres réunies, jugeant en dernier ressort aurait rendu son arret sur la question depuis longtemps agitée en justice de savoir si les biens immeubles de la Propaganda Fide sont légalement conversibles en rente publique, d'après la législation qui régit la matière. L'arret de la Cour se prononcerait en faveur de la conversion.

La presse catholique en Allemagne est partie en guerre. Son organe principal la Germania dit que ce serait de notre part un nouvel acte de spoliation. La Propaganda est un institut sui generis. Il s'agit d'une corporation dont le but n'est pas seulement religieux, mais civilisateur, et lors meme qu'ils soient administrés par l'Eglise, ses biens appartiennent de fait à l'Eglise universelle, et comme tels ils sont placés sous la double protection des Etats catholiques et du droit des gens. Tous les peuples qui ont fourni des fonds à cet institut sont blessés dans leurs droits, et ne manqueront pas de réclamer contre un acte semblable de violence. Mais les souverains catholiques et leurs gouvernements ont en première ligne le droit et le devoir de protester. La sentence dont il s'agit doit etre abrogée dans ses effets. Si la loi de conversion s'étend en effet à une institution d'un caractère international, le législateur italien a dépassé ses pouvoirs, et il en résulte l'obligation d'établir explicitement par une nouvelle loi une exemption en faveur de la Propaganda.

Le Dresdener Journal qui a des attaches avec le Gouvernement saxon publie aussi de sévères critiques.

L'Evangelische Kirchlicher Anzeiger de Berlin justifie au point de vue du protestantisme l'arret de notre Cour supreme. La Norddeutsche Allgemeine Zeitung se borne à résumer une première lettre de Rome insérée dans la Politische Correspondenz de Vienne, s'appliquant à démontrer que la Propaganda Fide ne souffrira aucun dommage et recueillera meme quelque profit de la mesure de conversion. Le journal officieux allemand s'abstient de reproduire une seconde lettre de la Politische Correspondenz raisonnant dans un sens tout-à-fait contraire.

Je joins ici les articles des Gazettes précitées à l'exception de ceux de la feuille officieuse autrichienne à laquelle notre Ministère est abonné.

Parmi les journaux libéraux, la National Zeitung penche de notre còté, tandis que la Kolnische Zeitung rappelle à ce propos la maxime «summum jus, summa injuria ».

Il n'entre pas dans ma compétence de traiter juridiquement la question. Le Gouvernement du roi aura sans doute eu des raisons majeures pour ne pas chercher si possible, à laisser en suspens une solution. Mais je me demande s'il était sage et opportun, après de longues années d'hésitation, après des jugements opposés, de résoudre une affaire aussi délicate que controversée. A vouloir appliquer trop rigoureusement les théories et les principes, à n'envisager que le còté légal des questions, en perdant peut-etre un peu de vue leur còté pratique et politique, on risque de commettre des erreurs. Et c'en serait, je crois, une des plus graves que de nous exposer au reproche de donner à la loi des garanties une interpretation qui ne semble pas répondre entièrement à son esprit. On ne manquera pas de chercher à soulever l'opinion contre nous en nous calomniant, en nous accusant de viser à amoindrir toujours plus la liberté spirituelle qu'il s'agissait de conserver au pape.

Le ton modéré, l'esprit conciliant de l'encyclique de Sa Sainteté à l'épiscopat français du 8 février, ainsi d'une date postérieure à la nouvelle de la sentence rendue par notre Tribuna! de cassation, est un indice assez évident que la curie romaine se montre bienveillante envers la France pour gagner, au besoin, ses suffrages contre nous. L'Espagne, en suite d'un changement de Ministère, s'est plutòt rapprochée qu'éloignée du Vatican. La Russie est en voie d'accommodement avec lui. Nous connaissons les influences ultramontaines à la Cour d'Autriche. L'Angleterre est tenue à beaucoup de ménagements à cause de l'Irlande. L'Allemagne est à la recherche d'un modus vivendi. Et c'est dans ces conditions que nous allons de l'avant, sans peut-etre tenir assez compte des conditions générales de l'Europe, d'un certain mouvement de réaction qui se manifeste de plusieurs còtés à la fois. Si le Gouvernement, comme il nous en donne maints témoignages, a confiance en ses diplomates à l'étranger, il paraitrait qu'avant de passer outre, on aurait pu pressentir l'avis de chacun de nous. Pour mon compte, sauf éclaircissements ultérieurs, je n'eusse pas hésité à émettre un vote contraire à une mesure qui me semble regrettable sous plusieurs rapports.

V.E. m'excusera si je me permets d'exprimer une opinion qui ne m'a pas été demandée; en tout cas il m'a paru utile de renseigner V.E. sur le langage de la presse allemande (1).

«Ringraziare d'avere! additato queste manifestazioni dell'opinione pubblica in Germania. Riferirsi al telegramma d! jer! ed alla memoria che in breve gli trasmetteremo. È evidente che. quando 11 giornalismo critica, in questa misura. Il R. Governo. o muove da preconcetta e sistematica ut!lità, comP è 11 caso degli organi ultramontani, od argomenta In bRse a deficiente nozione del vero stato delle cose. Per quanto concerne, po!. Il giudizio d'opportunità che 11

r. ambasciatore reca a questo proposito, dobbiamo credere che egli non avesse presente nello enunciarlo, che qui non si tratta affatto dl atto governativo, s!bbene d! un procedimento g!udlzlarlo, al quale il Governo fu, è tuttora e deve rimanere Interamente estraneo; procedimento giudiziario che Iniziato dalla Propaganda parecchi anni or sono, quando la Giunta liquidatrice, per debito d'ufficio suo. e nell'esercizio della sua autonoma missione, avendo voluto applicarela legge del 1873 ai beni della Congregazione, questa convenne la Giunta stessa in giudizio davanti al tribunali competenti, subl le sue fast successive a norma di legge, e giunse ora a

conclusione davanti la Suprema Corte di cassazione a sezioni riunite. La supposizione che il Governo potesse menomamente Influire sull'andamento del procedimento. sia per modlficarne la conclusione, sia per effettuarne o ritardarne lo svolgimento, è Pv!dentemente lnammlssib1le ». In bas~ a tali Istruzioni venne redatto Il D. 1498 del 20 febbraio 1884, indirizzato alla ambasciata a Berlino, non pubblicato.

(l) Allegata al presente rapporto sl trova la seguente annotazione d! Malvano:

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 291/491. Londra, 15 febbraio 1884 (per. il 19).

Ho annunziato a suo tempo per telegrafo (l) all'E.V. il movimento della diplomazia russa, per cui il barone di Mohrenheim da Londra era trasferito a Parigi, ed il principe Orlov da Parigi a Berlino.

Accennai pure, però con riserva, alla possibilità d'un trasferimento del barone Uxkull che era destinato a Londra, e sarebbe stato sostituito a Roma dal signor Sabourov. Però fino ad ora queste due ultime nomine sono sospese per ragioni di convenienze personali che non hanno a fare colla politica.

L'importanza di questo movimento consiste esclusivamente nella nomina del principe Orlov a Berlino, la quale nel pensiero dei Governi di Germania e di Russia deve costituire un pegno reale ed evidente per tutti delle disposizioni reciprocamente pacifiche ed amichevoli dei due Paesi.

La nomina fu concertata fra il principe di Bismarck ed il signor de Giers nella visita che questi fece al gran cancelliere germanico quando da Pietroburga si recò in !svizzera. Alle proteste di buone ed assolutamente pacifiche intenzioni che il signor de Giers faceva, a nome del suo sovrano, il principe di Bismarck rispose dicendo al ministro russo che sarebbe stato utile il confermare queste dichiarazioni, delle quali del resto né l'imperatore Guglielmo né egli stesso mettevano in dubbio la sincerità, con qualche fatto di evidente significazione anche pel pubblico. Il cancelliere germanico suggeri, anzi chiese la nomina a Berlino, come ambasciatore di Russia, del principe Orlov, nomina desiderata dall'imperatore Guglielmo, che apprezza ed ama questo illustre diplomatico, ch'egli sa essere d'altronde oggetto di particolare affezione per parte dell'imperatore Alessandro. Il signor de Giers, dopo averne telegrafato al suo sovrano, e dopo aver conferito, in !svizzera, col principe Orlov, e poi col barone di Mohrenheim, annunziò al principe di Bismarck la desiderata nomina.

Precedentemente, ma di già in previsione di ciò, il conte Erberto di Bismarck, figlio del cancelliere, fu trasferito, benché provvisoriamente, da Londra a Pietroburgo nella sua qualità di consigliere d'ambasciata, in attesa di più grandi destini.

Adunque la nomina del principe Orlov non ha solamente un significato importante nel senso che ho detto di sopra, ma si vuole che lo si sappia là dove occorre. Essa sarà molto sensibile in Francia, dove certamente si deve vedere con dispiacere che il più eminente dei diplomatici russi, ed il più intimo col suo sovrano, sia tolto a Parigi per essere dato a Berlino.

Quantunque, data la perdita del principe Orlov, la Francia non poteva aver compenso migliore che colla scelta del barone di Mohrenheim, prudente, onesto, savio e favorito anch'esso della personale fiducia dello czar.

Le notizie di fatto sopra esposte sono attinte a fonte certa.

(l) T. 128 del 12 febbraio 1884, non pubbl!cato.

66

IL CONTE ANTONELLI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. S. N. Assab, 16 febbraio 1884 (per. il 5 marzo).

In seguito al dispaccio dell'E.V. datato 4 gennaio p.p. (2) lo scopo della mia missione in Assab era quello di continuare i buoni rapporti cogli indigeni consolidare il già stabilito e promuovere l'arrivo delle carovane dallo Scioa.

Per mia quiete e discarico credo opportuno dichiarare all'E.V. che lo stato della colonia per quanto riguarda rapporti coi capi danakil non é più in quelle favorevoli condizioni come io la lasciai nello scorso ottobre.

Il sultano di Assab Abdallah Sciahim si trova da qualche tempo in Aden e si lamentò con me del modo col quale è stato trattato dalle autorità italiane in Assab ed attribuiva i suoi disgusti ai soliti intrighi dell'interprete Said Auedan.

I figli del sultano Berehan non vengono in Assab sotto pretesto di dover restare in Raheita mentre questo non gli ha impedito di andare in Obock in altra occasione e mettersi a disposizione dei signori commercianti francesi.

Il sultano Mohammed Aloito ha per molti giorni soggiornato in Raheita annunciando sempre prossima la sua venuta in Assab mentre poi è partito per Obock.

Il capo carovana Abd el-Rahman ben Yusef si è fatto trovare al mio arrivo in Assab ma pure esso dopo due giorni ha voluto ripartire per Obock dove durante la mia assenza si è colà recato più volte.

In questo stato di cose mi è doloroso confessare all'E.V. che non solamente non si è utilizzato quanto si era ottenuto ma si è sul punto di tornare nelle identiche condizioni di due anni or sono: quando cioè l nostri rapporti ed i nostri commerci coll'interno si riducevano a vane promesse.

Non ho mancato come era mio dovere di comunicare questi miei timori al signor r. commissario e di accordo con esso sono stati spediti corrieri in Rahelta ed Obock per chiamare ln Assab i principali capi danakil.

Da altra lettera ricevuta ieri dal sultano Mohammed Anfari ho la conferma che la carovana scioana non è ancora partita. Detto sultano torna a raccomandarmi di insistere presso il R. Governo affinché il bascià di Zeila lasci libera la moglie di sciek Abd el-Rahman. Torna a farmi sapere di aver costruito un'ampia capanna nell'Aussa nel luogo stabilito per una stazione italiana di sosta alle carovane da o per lo Scioa e mi annunzia una vittoria riportata dai suoi danakil in una spedizione contro gli issa somali.

Queste buone disposizioni dell'Anfari a nostro riguardo non verranno certo ad essere mutate. Ma per la completa sicurezza della via Assab-Aussa-Scioa è indispensabile che i rapporti coi capi della costa sieno amichevoli e conti

{l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo III, cit., pp. 37-38.

nuati e che Assab divenga un centro di danakil e che tutti siano soddisfatti e contenti.

Ho spedito allo Scioa un altro corriere per insistere presso il re Menelik affinché sia sollecitato quanto più è possibile l'invio della carovana che da qualche mese si fa aspettare.

(2) D. 211, non pubblicato.

67

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3407. Berlino, 17 febbraio 1884 (per. il 21).

Dans mes entretiens avec le secretaire d'Etat, j'ai plusieurs fois cherché à le pressentir sur les affaires d'Egypte dont l'Angleterre a assumé la charge et qui en viennent par degrés à etre à peu prés inextricables, meme en faisant abstraction du mouvement formidable qui s'étend sur le Haut-Nil, qui s'avance jusqu'à Khartoum.

Mais c'est là une de ces questions qui intéresse fort peu l'Allemagne, aussi le comte de Hatzfeldt se tient-il sur une extreme réserve.

Nous savons, il est vrai, que dans cette direction le prince de Bismarck laisse en quelque sorte carte bianche à la Grande-Bretagne, sauf à ce que celle-ci présente un jour à la sanction de l'Europe une situation plus ou moins régulière, plus ou moins spécieuse qui lui laisserait une préponderance incontestée.

La presse allemande se montre moins bienveillante, et s'applique à bien mettre en évidence que le Cabinet de Saint-James, en suite de demi-mesures et de compromis, n'a eu la main heureuse ni dans l'intéret de la Vice-Royauté ni dant l'intéret de son propre protectorat, puisque provisoirement il n'a rien fondé. Le journal la Poste allait jusqu'à révoquer en doute l'honneteté de l'Angleterre comme si celle-ci aurait prévu et meme provoqué notamment les récentes complications dans le Soudan en vue de les exploiter au mieux de ses convenances. La Norddeutsche Allgemeine Zeitung repousse ce reproche. Elle croit plutòt à un manque de sagacité et de prévision des événements qui affectent les intérets de plusieurs Etats.

Au reste, le Ministère anglais est occupé en ce moment à rendre ses comptes devant le Parlement, c'est à dire à défendre sa politique égyptienne contre les arguments de ses adversaires qui ne le ménageront pas, et surtout contre les événements qui le ménagent encore moins.

Ce sera pour lui une tàche particulièrement difficile, et il faudra toute l'éloquence et toute l'autorité de M. Gladstone pour s'en acquitter avec succès.

On croit cependant ici qu'il aura la majorité à la Chambre des Communes surtout s'il arrive, à la onzième heure, la nouvelle de quelques succès du général Gordon ...

Tandis que l'Europe observe et se tait après n'avoir su ou voulu, pour divers motifs, élever la voix, la Russie profite des embarras de l'Angleterre et s'annexe Merws et quelques tributs des Turcomans, malgré ses promesses les plus formelles de ne pas envahir ce territoire. M. Gladstone est bien mal récompensé de sa confiance envers le Cabinet de Saint-Pétersbourg. Ce dernier se rend parfaitement compte que les armées anglaises ne sont pas assez npmbreuses pour entreprendre à elles seules la guerre contre une grande Puissance continentale. Ses menaces de guerre en 1870, lorsque la Russie se dégageait des clauses de la paix de Paris concernant la Mer Noire, avaient déjà été considérées comme peu sérieuses. Cependant alors l'Angleterre pouvait encore espérer de trouver un allié parmi les signataires du Traité de 1856; mais dans cette question d'Asie centrale aucun autre Etat n'a à sauvegarder un intérét immédiat, et comme l'Angleterre a suffisamment affaire aujourd'hui pour protéger la vallée du Nil, la Mer Rouge et sa voie de communication la plus courte vers les Indes, ses accès de colère contre la Russie ne se manifesteront qu'en paroles (1).

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, BAGLIO

D. 11. Roma, 18 febbraio 1884.

Mi è pervenuto il 17 a mane il telegramma da Vossignoria speditomi a tarda sera del 16 corrente mese (2) per informarmi della conversazione da lei avuta con codesto signor ministro di Stato degli affari del Marocco.

In esso ella mi riferiva averle il signor Canovas del Castillo detto che le notizie giunte dal Marocco erano inquietanti. L'impero trovarsi in dissoluzione; la Francia approfittarne, spinta forse da altra Potenza. Il signor ministro di Stato soggiungevale che però l'Inghilterra, a causa dello stretto, non permetterebbe mai che la Francia si stabilisca a Tangeri, e rammentando la situazione presa dall'Italia in seno alla conferenza di Madrid, rimproverava al R. Governo, come un torto da esso avuto, l'insistenza per la conservazione del sistema dei protetti che la Spagna voleva abolire e di cui la Francia trae ora vantaggio, dichiarando suoi protetti i capi cabili della frontiera algerina, per aprirsi un varco da quella parte. Soggiungeva ancora il signor Canovas che la

<<Ringraziare delle notizie e delle Interessanti considerazioni. Circa gli affari d'Egitto, sta bene che si lasci, In certo modo, carta bianca all'Inghilterra, salvo, per questa, l'obbligo di rendere ragione. a suo tempo. alle Potenze dell'assetto introdotto nel Vice-reame. Però le Potenze, come l'Italia, che hanno colà importanti Interessi da salvaguardare, non possono non preoccuparsi fin d'ora dello svolgimento di fatti che potrebbero condurre a conseguenze irrevocabili>>. Sulla base di tali Istruzioni venne redatto il D. 1499 del 22 febbraio 1884, diretto all'ambasciata a Berlino, non pubblicato.

Spagna stava per prendere precauzioni per i suoi possessi d'Africa, ma che un concerto europeo per la questione del Marocco non sarebbe meno utile di quello per la questione d'Oriente. Al che avendo ella risposto che il Governo del re sarebbe lieto di studiare la questione d•accordo con la Spagna, il signor Canovas replicava, rallegrandosene, che avrebbe dato istruzioni al ministro di Spagna a Tangeri di procedere d'accordo col nostro rappresentante e raccomandazioni analoghe al nuovo ministro a Roma, quando fosse nominato.

II giorno appresso io risposi telegraficamente (l) a Vossignoria approvando il suo linguaggio col signor Canovas. II R. Governo, ritenendo che la situazione del Marocco non ha per l'Italia un interesse minore che per la Spagna, riceverebbe premurosamente ogni comunicazione che il Gabinetto di Madrid volesse dirigergli a quel riguardo. La informavo inoltre il commendator Scovasso avere già istruzione di seguire attentamente gli avvenimenti. Queste istruzioni gli sarebbero confermate, e gli si farebbe invito di tenersi in amichevole comunicazione col suo collega di Spagna.

Con le debite riserve sull'apprezzamento del signor Canovas circa all'atteggiamento dell'Italia nella questione dei protetti, le confermo qui il contenuto del telegramma ora riassunto, pregandola a tenermi mano mano informato di quanto giungerà a sua cognizione intorno alle condizioni dell'impero sceriffiano.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:

(2) T. 149, non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2053. Vienna, 18 febbraio 1884 (per. il 21).

Pregiomi trasmettere qui compiegato all'E. V. in originale ed in traduzione il progetto di legge presentato dal Governo imperiale al Parlamento di Vienna intorno alla sospensione o cessazione d'applicazione della giurisdizione consolare a Tunisi non che della relazione governativa che l'accompagna (2).

Come l'E. V. vedrà da quei documenti emerge che neppure il Governo imperiale crede di abolire semplicemente la sua giurisdizione consolare nella Tunisia, poiché si limita a farsi dare i poteri necessari onde poterla mediante ordinanza imperiale limitare o cessare d'applicare. Ciò implica, come mi diceva il capo sezione barone Pasetti a cui il trattamento di quella pratica al Ministero degli affari esteri è devoluta, che venendo a mutare in qualsiasi maniera le condizioni attualmente esistenti in Tunisia, anche solo per quanto ha tratto alla legge del 27 marzo 1883 che vi stabilisce la giurisdizione francese, la giurisdizione consolare austro-ungarica ci rientrerebbe ipso facto in vigore, senza che in tal caso si renda necessaria disposizione legislativa qualunque.

(1) -T. 83 del 18 febbraio 1884, non pubblicato. (2) -Non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 160. Vienna, 19 febbraio 1884, ore 15,38 (per. ore 16).

Kalnoky m'a dit que d'après des informations qu'il reçoit de Saint-Pétérsbourg et de Berlin, il lui résulte que visite faite en meme temps au prince Bismarck par prince Dolgorouki et par ministre de la guerre prussien a trait à la question de dislocation des troupes russes en Pologne. Il espère que le résultat en sera qu'une partie de ces troupes sera éloignée de la frontière ce qui serait un fait d'une signification réellement amicale qui viendrait à l'appui du langage que Giers a tenu dans son dernier voyage à Berlin et Vienne.

V. E. salt par mes rapports quelle importance on attache à cette question.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 162. Vienna, 19 febbraio 1884, ore 17,55 (per. ore 18) (2).

Le comte Ludolf est chargé de présenter à V. E. les contrepreposition du Cabinet autrichien au sujet de la commission mixte pour la peche qu'on lui expedie aujourd'hui par télégraphe et que je résume camme suit: Gouvernement austrohongrois propose commission mixte pour resoudre différend produit entre les deux Etats au sujet de la peche. Le point de départ doit etre article 18 du traité et disposition relative du protocole final. La commission aura à examiner les ordonnances rendues sur la peche par les deux parties, et à établir d'accord les principes qui devront dorénavant servir de base au règlement de cette question par des mesures autonomes des gouvernements. Dans le cadre de ce programme les délegués des deux parties pourront soumettre à la discussion toutes !es questions qu'ils croiront aptes pour arriver à une entente. Le Gouvernement austro-hongrois ne se fera pas représenter par un délégué du Ministère des affaires étrangères mais le Gouvernement du roi ecc. sera libre de le faire s'il le croira. Il propose la ville de Garitz comme lieu de réunion de la commission, et le terme de deux mois pour la durée de ses travaux. Cabinet de Vienne se flatte que la commission aboutira au résultat désiré, si ceci ne se verifie pas, pour quant à l'arbitrage, après des phrases aussi compliquées qu'inutiles, il finit ainsi «en déclarant dès à présent de ne pas etre en principe contraire à cette proposition ». Le Gouvernement impérial n'hésite pas à ajouter qu'il serait disposé, dans le cas, ci-dessus indiqué, à accepter un arbitrage. Ceci est le résultat de longues et difficiles discussions auxquelles le

comte Kalnoky a porté tout son plus amicai concours pour vaincre les résistences du ministre du commerce. Je crois impossible d'obtenir davantage; je prie vivement V.E. de vouloir accepter purement et simplement ces proposi.tions, car une nouvelle discussion n'aboutirait qu'à aigrir la question entre Ies deux Gouvernements.

(l) -Ed., in italiano e con alcune varianti, in LV 46, p. 107. (2) -Sic.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI

D. CIRCOLARE. Roma, 20 febbraio 1884.

La sentenza che la Corte di cassazione di Roma proferiva, a sezioni riunite, il 9 di questo mese, nella causa promossa dalla congregazione di Propaganda fide contro la giunta liquidatrice dell'asse ecclesiastico, ha chiuso un lltlgio da molti anni pendente, iniziato dalla congregazione con atto di citazione del 6 agosto 1874, e dalla medesima ripreso, dopo parecchi anni d'interruzione, con altro atto del 10 giugno 1880.

Trattandosi del responso solenne di magistrato supremo, il quale si è pronunciato nella pienezza dei suoi poteri, indipendenti da ogni azione od influenza governativa, e del quale fu riconosciuta la competenza dalla congregazione stessa, sia con la istituzione del giudizio, sia quando, esaurito ogni altro stadio di giurisdizione, alla Corte di cassazione ricorse una seconda volta acciò provvedesse alla retta applicazione della legge del 19 giugno 1873, ma1 s1 concepisce come la sentenza testé emanata possa ora formare argomento di controversia ulteriore. Però oramai ci consta. per notizie pervenuteci da più lati, che si vorrebbe, traendo pretesto dal giudicato della Corte, ed alterando la realtà dei fatti, traviare la pubblica opinione, e sopratutto indurre in errore i governi stranieri, con la speranza forse che alcuno di questi si accinga a fare del presente argomento il tema di offici presso il Governo italiano.

E' evidente -e solo per abbondanza mi preme di farne precisa dichiarazione -che qualunque, anche officiosa, intromissione di un governo straniero nella amministrazione della giustizia dei tribunali italiani sarebbe agli occhi nostri affatto inammessibile. Né del resto ci è pervenuto cenno, od abbiamo il menomo indizio, che da alcun governo estero possa venirci alcuna interrogazione circa questo soggetto. Ond'è che, nell'inviarle qui acchiusa una breve memoria (1), nella quale la quistioné travasi sommariamente ma fedelmente riassunta, non ad altro intendo che a porgerle utile informazione, ed a fornirle una norma di linguaggio per il caso che, in circoli autorevoli, in forma amichevole e non ufficiale, le fosse rivolta a tal proposito qualche domanda, la quale somministri il destro di correggere inesatti apprezzamenti.

Dalla lettura della memoria, che qui acchiudo, le si farà manifesto: -che non trattasi punto di atto governativo, sibbene di procedimento giUdiziario, regolarmente istituito per iniziativa della stessa congregazione di Propaganda, e condotto oramai a termine con la solenne e conclusiva sentenza della Suprema Corte di cassazione, la quale costituisce giudicato irrevocabile; -che la Corte di cassazione non altro fece, se non provvedere alla giusta applicazione di leggi comuni da molto tempo vigenti nel Regno d'Italia in materia ecclesiastica; -che codeste leggi sono quelle del 7 luglio 1866 e del 15 agosto 1867, estese alla provincia di Roma, con parecchie attenuazioni e modificazioni, mercè la legge 19 giugno 1873; epperò inopportunamente si vorrebbe da taluno trarre in campo la legge delle guarentigie (13 maggio 1871), la quale fa bensì menzione nell'art. 4 di congregazioni ecclesiastiche, ma non comprende al certo in tale locuzione la congregazione di Propaganda fide, la quale ha patrimonio proprio, e non è di quelle a cui nel concetto del legislatore, espresso nel predetto articolo, avrebbe dovuto provvedere direttamente la Santa Sede con la dotazione di annue lire 3,225,000; -che contrariamente al vero si volle affermare trattarsi di confisca o di atto in qualsiasi maniera ostile verso l'istituto di Propaganda, il quale ha scopi ad un tempo religiosi ed altamente umanitari e civili, e con ragione gode

da parte del R. Governo d'ogni simpatia, spesso manifestata dallo scrivente con la efficace protezione dei mandatari e delegati che la congregazione invia e tiene nelle più remote contrade; ma trattasi invece di semplice conversione del patrimonio immobiliare (eccettuato il palazzo urbano di Propaganda fide, ove la Congregazione ha la sua sede in Roma), o in rendita consolidata italiana

o in cartelle degl'istituti di credito fondiario, a scelta della Congregazione stessa, la quale può altresì, quando lo voglia, procedere da sé sola all'alienazione dei suoi fondi;

-che dalla conversione non trae il benché menomo beneficio l'erario italiano; imperocché il prezzo ricavato con la alienazione dei fondi va investito in rendita,

o in cartelle degl'istituti fondiari, integralmente a profitto ed a libera disposizione della congregazione, senza detrazione alcuna per concorso al fondo per il culto o altro qualsivoglia titolo, e neanche per la tassa straordinaria di manomorta del 30%, la quale si percepisce nella conversione degli stabili degli enti ecclesiastici d'ogni altra provincia del Regno, mentre dall'anzidetta legge del 1873 ne furono espressamente esonerati quelli esistenti in Roma e nelle sedi suburbicarie;

-che la conversione non arreca alcun danno alla Propaganda, anzi ne aumenta il reddito; ed in fatti se ne sono parimenti giovate, senza menoma opposizione o richiamo, le basiliche maggiori di Roma (S. Pietro, S. Paolo, Santa Maria Maggiore, S. Giovanni in Laterano, S. Lorenzo);

-che anche dopo la sentenza della Corte di cassazione rimane integra ed impregiudicata la condizione giuridica della congregazione di Propaganda, la quale può liberamente amministrare il patrimonio convertito, ed anche accrescerlo per ulteriori oblazioni di fedeli, purché anche ai nuovi acquisti immobiliari sia applicata la regola della conversione: questa conversione del resto, in virtù del principio universalmente ammesso della sovranità territoriale della legge, sarebbe applicabile ai fondi che Propaganda acquistasse in Italia anche nella ipotesi in cui la congregazione, spontaneamente rinunciando al prestigio ed alla dignità che le derivano dalla sua secolare permanenza presso la sede suprema della cattolicità, potesse e volesse, non vedesi per quale movente o ragione, trasferire altrove la sua residenza.

Questi sono i punti sostanziali, che per ogni animo imparziale emergono dalla pacata considerazione dei fatti, quali sono esattamente, e senza tema di contraddizione, esposti nell'acchiusa memoria. Al R. Governo punto non dispiace, ed anzi giova che dei fatti stessi e delle relative considera.zioni si diffonda la notizia; epperò io la autorizzo, come già accennai, a fare largamente uso, in ogni opportuna occasione, degli elementi che la memoria e questo mio dispaccio le porgono intorno al presente argomento. Le sarò grato, se ella dal canto suo mi farà conoscere a questo riguardo lo stato della pubblica opinione costi, e segnatamente nelle sfere officiali. Conscii del nostro buon diritto, saremo sinceramente compiaciuti se all'estero si vorrà recare anche dell'attuale quistione un illuminato ed equo giudizio.

(l) Non pubblicata.

73

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 176. Vienna, 21 febbraio 1884, ore 16,16 (per. ore 17 ).

La question de la ville où devra se réunìr commission mixte est peutètre celle qui a donné lieu à plus de difficultés et de discussions. Quoique personnellement je fusse persuadé que la choix de Venise ne seraìt pas favorable aux bons résultats des travaux de la commission, j'ai fait tout ce que j'ai pu pour que le Gouvernement impérial l'acceptàt, mais tous mes efforts ont échouté, et échoueraient encore si je devais les renouveler. On ne veut absolument pas entendre parler de se réunir sur le territoire italien, car on veut éviter que nos délegués subissent l'influence directe et journalière de nos hommes politiques et de l'opinion publique de la localité, quelle qu'elle soit, clairement hostile à l'Autriche. Le comte Kalnoky, qui nous a donné, dans cette question de la commission, l'appui le plus amic:al et sìncère, serait tout le premier contre nous si nous insistons pour le choix d'une ville italienne. J'ai donc le regret de devoir dire à V.E. qu'il n'y a absolument plus rien à faire sur cette question. Tout au plus on pourrait risquer de faire question, sine qua non, du choix de Fiume, mais je ne verrais pas à la chose un intéret assez majeur pour compromettre le rèsultat déjà obtenu.

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IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 175. Monaco di Baviera, 21 febbraio 1884, ore 17,05 (per. ore 18,50).

Avant de recevoir le télégramme de V.E. (l) sur l'affaire de la Propagande, j'ai eu l'occasion d'interpeller le ministre des affaires étrangères à ce sujet. Il m'a dit que le nonce ne lui avait pas encore donné lecture dépeche circulaire (2), mais son avis était que cette dépeche n'obtiendrait aucun effet sur les Puissances. Il pense que le Cour pontificale elle-meme ne s'attend à aucun résultat pratique de sa démarche. Le ministre est convaincu que l'institution de la Propagande n'aura au fond qu'à gagner de la décision prise par les tribunaux italiens et que la réclamation est faite par pur acquit de conscience. Cette déclaration du ministre bavarais a une double importance puisqu'elle fait ·présentir un accueil analogue de la part du Gouvernement de Berlin à la démarche du Saint Siège (3).

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 250/507. Londra, 22 febbraio 1884 (per. il 26).

Musurus pascià ha comunicato ultimamente a lord Granville la sostanza delle istruzioni impartitegli dalla Sublime Porta relativamente allo scambio d'idee proposto dalla Turchia all'Inghilterra intorno all'Egitto. L'E.V. ricorderà che quando l'ambasciatore di Turchia a Londra aveva fatto a Iord Granville la proposizione generica di procedere ad uno scambio d'idee su quell'argomento, questi gli aveva domandato su quali basi, secondo il Governo ottomano, tale scambio dovrebbe aver luogo. Ora l'ambasciatore predetto venne a dire a lord Granville che, nell'opinione del Governo ottomano, queste basi dovevano essere i firmani, ed i pubblici trattati relativi all'Egitto. Avendo lord Granville fatto notare che 1 osservanza dei trattati non poteva essere messa in questione, e che tali basi gli St!mbravano troppo generiche e vaghe per poter dar luogo ad una discussicule pratica, Musurus pascià propose allora che le truppe inglesi fossero tutte rit1tate dall'Egitto, e che vi fossero sostituite da truppe turche.

Alla proposizlone inaspettata lord Granville rispose che non pensava che il Governo della regma potesse acconciarsi ad un tal partito. Tuttavia disse che avrebbe partecipato la cosa al Consiglio dei ministri.

Suppongo che questo confermerà l'arrivo di lord Granville.

(l) -T. 92 del 20 febbraio 1884, non pubbUcato. (2) -Cfr. n. 72. (3) -Il contenuto di tale telegramma venne trasmesso all'ambasciata a Berlino con T. 97 del 22 febbraio 1884.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2057. Vienna, 22 febbraio 1884 (per. il 26).

Segno ricevuta all'E.V. del suo telegramma del 19 sera (l) relativo alla sentenza pronunciata dalla Corte di cassazione di Roma in ordine alla conversione dei beni di Propaganda Fide.

Ieri mattina poi comparve in tutti i giornali un telegramma dell'agenzia Stefani in Roma, che riproduceva si può dire testualmente la precitata comunicazione.

Non ho d'uopo di dire, che fino ad ora non mi venne fatta in maniera alcuna allusione qualsiasi, né ufficialmente né particolarmente da chiechessia, intorno a quel sì delicato argomento. Mi sono però come di ragione studiato di conoscere il giudizio che qui si porta su questa questione e devo dire: che l'opinione pubblica non vi è affatto favorevole; poiché si osserva non essere buona scusa il trincerarsi dietro il verdetto di un tribunale che giudicò in base alle vigenti leggi, mentre che se le leggi esistenti devono condurre a !risultati simili, ne è responsabile lo Stato che non seppe o non volle farle riformare. I più a noi benevoli lasciando impregiudicata la questione di principio, pongono in rilievo il grave danno che ne verrà all'Italia dell'azione recisamente ostile che a suo riguardo eserciteranno d'or innanzi i missionari sì in oriente che nel mondo intiero.

Secondo ogni probabilità il Governo austriaco si asterrà per mio mezzo almeno d'interloquire in questa vertenza: noto però che in passato allorché per la 'prima volta fu da noi sollevata la questione della conversione dei beni della Propaganda, il conte Andrassy allora ministro non mancò di tenermene parola, dimostrando il più vivo interessamento per quell'istituto affermandone il carattere internazionale.

Ad ogni modo se per avventura vi fosse chi credesse tenermi discorso in proposito, non mancherò di troncare la conversazione osservando, che essendovi di mezzo una sentenza della Suprema Corte non vi ha discussione possibile per noi su questo tema con un estero Stato. Questo è infatti a mio avviso il solo mezzo di rispondere su quell'argomento ove venisse sollevato; poiché nella stessa maniera che noi dobbiamo e sappiamo tacere a fronte di poco giustificate sentenze che talvolta tribunali esteri, ed in particolare

quelli dell'Austria pronunciano a danno dei nostri sudditi, cosi siamo in diritto di esigere che i verdetti del nostri tribunali non vengano menomamente presi di mira nelle relazioni ufficiali degli esteri Stati coll'Italia.

Per intanto i giornali ufficiosi austriaci tacciono assolutamente su quella questione; ed in quanto agli altri ecco un riassunto di ciò che dicono quelli che se ne occupano.

Il Vaterland, l'organo clericale il più sfegatato e che oggi rappresenta la opinione della più parte dei membri della maggioranza della Camera, invoca apertamente la distruzione dell'Italia, e nega che le Potenze si sieno astenute dal muovervi rappresentanze in favore della Propaganda, riconoscendo però ch'esse non sortirono effetto, ma ne dà causa al fatto che in quasi tutti i Gabinetti d'Europa dominano i framassoni.

La Freie Presse dedica un suo lungo articolo alla questione facendone una esposizione storica, e di cui è da notarsi la conclusione: in essa è detto che sulla affermazione del Governo italiano che la congregazione di Propaganda Fide abbia ad essere assolutamente soggetta alle leggi italiane la cosa è discutibile dai giuristi: ma che per gli uomini politici il campo è chiaro, avendo l'Italia dichiarato di non ammettere immissione in proposito di altre Potenze.

Il Tag Blatt vi consacra poche parole ma fa rilevare che il Papato si prepara a decentralizzare l'istituto di Propaganda, portando fuori dei confini del Regno d'Italia l'amministrazione. Indica pure che ai missionari italiani ne saranno sostituiti altri francesi ed austriaci, locché per questi ultimi specialmente riuscirà di non Ueve inconveniente all'Italia, poiché specialmente i francescani italiani del Levante che in parte traggono la loro sovvenzione dalla Austria erano pionieri ed avamposti di apprezzabile valore per la nazionalità Italiana (1).

(l) T. 92 del 20 febbraio 1884, non pubbllcato, ma cfr. n. 72.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

'1'. 99. Roma, 24 febbraio 1884, ore 23,23.

Vous comprenez que je ne puis ne pas ètre vivement surpris de l'issue du procès en première instance pour l'affaire de Beilul. Mais se qui m'étonne davantage c'est d'apprendre par votre télégramme (2) que le ministère public ne parait pas avoir l'intention d'interjeter appel auprès de la commission de second degré. Il est évident que ce serait là, après son requisitoire demandant

«Ringraziare per queste notizie e pregare di continuarle. Approvare il linguaggio che si propone di tenere eventualmente al conte Kalnoky. La circolare del 20 che oramai gli sarà pervenuta, gli avrà oramai viemmeglio dimostrato non solo il nostro buon diritto, che non fu mai dubbio, e il niun danno per la Propaganda, ma altresì le impossibilità in cui noi fummo di Inframmettere! nello svolgimento di una regolare procedura giudiziaria, Iniziata dalla stessa Propaganda». In base a tali Istruzioni venne redatto il D. 1616 del 28 febbraio 1884, Indirizzato all'ambasciata a Vienna, non pubblicato.

IO -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XVII-XVIII

la peine de mort pour les trois prévenus une contradiction inexplicable. Le Gouvernement vice-royal, s'il ne veut pas prendre sur lui la responsabilité d'un déni '·de justice, doit lui donner, à cet effet, au besoin, des instructions positives, dans le cas surtout, où, comme je le crains, l'appel de M. Figari comme partie civile ne suffirait pour saisir la commission supérieure de l'affaire au point de vue pénal. Vous étes assez intime avec Nubar pacha pour lui dire franchement qu'à nos yeux l'incident de Beilul porterait dans l'opinion de· notre Pays et de notre Chambre un coup désastreux aux bons rapports entre l'Italie et l'Egypte si le seul survivant des trois prévenus devait retourner à Beilul témoigner de l'impuissance où le Gouvernement vice-royal a été de nous rendre justice. Pour ces populations ce serait, d'ailleurs, un symptòme de faiblesse qui dans les circonstances actuelles pourrait avoir dans ces régions, surtout pour l'Egypte elle-méme, des conséquences incalculables. Je compte sur la fermeté de votre langage et sur la conscience que les ministes égyptiens doivent avoir de la gravité exceptionnelle de cette affaire.

(l) Allegata al presente rapporto sl trova la seguente annotazione dl Malvano:

(2) T. 182 del 23 febbraio 1884, non pubbllcato.

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L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, BAGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 8. Madrid, 24 febbraio 1884 (per. il 28).

Ringrazio l'E. V. pei dispacci delli 10 (l) e 18 (2) febbraio corrente. Col primo ella si compiacque di comunicarmi l'interessante rapporto del commendator Scovasso (3) circa l'atteggiamento che la Francia va assumendo nel Marocco. Col secondo V. E. benignossi approvare il linguaggio da me non ha guari tenuto con questo ministro di Stato intorno a sì grave argomento.

Avendo ieri visitato il marchese del Pazo de la Merced, per conferire sul trattato di commercio, mi valsi della occasione per significargli che avevo riferito .al Governo del re la nostra precedente conversazione; aggiunsi di essere autorizzato a confermare che la situazione del Marocco non ha per l'Italia un interesse :minore che per la Spagna, e che il Gabinetto di Roma riceverà premurosamente qualunque comunicazione il Governo di Madrid sarà per dirigergli a tale riguardo; terminai coll'assicurare che il ministro del re a Tangeri era già stato invitato a mantenersi in amichevole scambio d'idee col suo collega di Spagna.

S. E. mi ringraziò di siffatte dichiarazioni; ma non trovò nulla d'aggiungere, ed io non tardai a congedarmi.

Probabilmente qui non si è concretata finora una precisa linea di condotta in ordine agli affari del Marocco, né la modesta posizione di questo regno potrà, a mio avviso, consentirgli di pronunciarsi prima d'aver conosciuto gl'intendi

menti delle maggiori Potenze. Però, se le mie impressioni non sono del tutto fallaci, credo si possa ritenere che la Spagna (parlo della Nazione e del Governo) desidera vivamente la conservazione dello statu quo in quell'Impero, ed a tale scopo vedrebbe con piacere che una poderosa azione diplomatica v'impedisse per ora qualsiasi novità. Ma qui la conservazione dello statu quo si desidera unicamente per guadagnar tempo; gli spagnoli confidano che, dopo un altro decennio d'ordine, di pace e di prosperità, saranno in grado di risolvere, essi soli, a proprio ed esclusivo vantaggio, il problema marocchino, problema di cui ammettono l'esistenza, ma paventano che altri ne affretti la soluzione a proprio beneficio. Ciò posto, se qualche autorevole Potenza farà sentire a Parigi un veto energico e serio, qui ne saranno ben lieti; ma se lo scambio di vedute fra i Gabinetti europei si mantenesse in una sfera platonica, e la Repubblica a noi vicina credesse d'avere le mani libere, come le ebbe per Tunisi, e come poco dopo le ebbe l'Inghilterra in Egitto, non dovrebbe sorprendere che la Spagna, per salvare, almeno in parte, la realizzazione dei suoi vagheggiati ideali nel Marocco, finisse per intendersi amichevolmente colla Francia.

Che che ne sia di tali ipotesi, esse non potrebbero avverarsi, ad ogni modo, in un avvenire troppo imminente. Per ora il ministero Canovas del castillo si limita a prendere qualche precauzione militare, e fra pochi giorni, a quanto si dice, partirà da Cadice la goletta da querra « Ligera » con a bordo un generale incaricato d'ispezionare i presidi spagnoli in Africa.

(l) -D. 7, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 68. (3) -R. 323 del 25 febbraio 1884, non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 269/514. Londra, 25 febbraio 1884 (per. il 28).

L'E.V. con dispacci del 7, 10 e 18 corrente (numeri 261 (1), 264 e 280 (2) serie politica), esponendomi alcuni fatti accaduti nel Marocco, e specialmente l'invocata protezione della Francia per parte del sherif di Uasan, i quali fatti sembrerebbero accennare a mire d'ingrandimento territoriale della Repubblica francese in quella parte dell'Africa, mi dava incarico di farle conoscere quali fossero in proposito le informazioni e gli intendimenti del Governo britannico.

Non ho mancato d'intrattenere e d'interrogare confidenzialmente lord Granville intorno a questo argomento, e mi pregio ora di qui riferire all'E.V. quanto mi disse in proposito.

Le informazioni pervenute al Foreign Office intorno ai maneggi del signor Ordega, ministro di Francia a Tangeri, concordano in parte con quelle pervenute all'E.V. e da lei partecipatemi coi dispacci sopramentovati. Lord Granville mi disse che la sua attenzione era già stata chiamata sul fatti segnalati

all'E.V. e sulle tendenze che sembravano indicare. Però Sua Signoria è inclinata a pensare che il signor Ordega, più che obbedire ad istruzioni del suo Governo, agisce per proprio impulso. Cionondimeno, anche se questa ipotesi è fondata, la cosa presenta, agli occhi del Governo inglese, non minori pericoli. Lord Granville riconosce che l'Italia, come la Spagna e come la Gran Bretagna, ha interesse alla conservazione dello status quo territoriale in quella parte dell'Africa. Egli è d'avviso che da queste Potenze qualche ufficio possa essere utilmente fatto presso il Governo francese per metterlo in avvertenza sull'operato del di lui rappresentante a Tangeri e sulle complicazioni che ne potrebbero derivare. Quest'ufficio, nel pensiero di lord Granville, dovrebbe esser fatto in forma amichevole, ufficiosa e separatamente. Il Governo inglese, nell'interesse stesso del buon esito di questa specie di leale avvertimento, vuole evitare di dare ad esso l'apparenza d'un'azione comune, e più ancora un carattere comminatorio qualsiasi. In questo senso lord Granville mi parve disposto a far pervenire le sue osservazioni al Gabinetto di Parigi.

Io diedi a Sua Signoria l'assicurazione che questa comunicazione scambiata fra noi resterebbe confidenziale.

(l) -Cfr. n. 55. (2) -Non pubbllcati.
80

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, DURANDO

T. 100. Roma, 26 febbraio 1884, ore 15.

La condamnation de l'italien Vigna à une peine bien grave et à l'expulsion depuis plus que vingt années de vie honnete et paisible à Trieste, a produit en Italie, dans les cercles politiques et parlementaires une impression fiì.cheuse et pénible. On se demande si les italiens, qui jouissent d'une suffisante sécurité dans tous les pays d'Europe, ne soient pas menacés a tout instant dans leur tranquillité et liberté personnelle seulement en AutricheHongrie, si on peut les persécuter et les condamner pour leurs opinions religieuses, qui ne sont pas incriminables dans aucun pays civilisé, ni méme d'après la législation autrichienne en vigueur. Quant à la prétendue société secrète, il est notoire qu'à Venise l'intention de constituer une société athée fut annoncée publiquement par un homme de rien, qui n'a pas la moindre influence, sans l'ombre du secret; qu'elle tomba dans le ridicule, et que son existence n'a jamais eu de suite et est complètement ignorée. Je respecte l'indépendance des autorités judiciaires et je ne veux pas par nos réclamations établir un précédent dangereux; mais le fait a un caractère tellement exceptionnel que je ne peux pas garder une indifférence absolue. Veuillez donc conseiller au condamné de recourir en appel et meme, s'il le faut, à la Cour supreme, car j'espère qu'une sentence si inqualifiable sera révoquée. Je vais communiquer ce télégramme, à toute bonne fin, aussi à S.E. Robilant (1).

(1) T. 101 del 26 febbraio 1884.

81

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 295. Roma, 26 febbraio 1884.

Il r. agente al Cairo nell'informarmi (l) della partenza delle truppe inglesi per Suakim, mi riferisce, che dagli ufficiali superiori del corpo di spedizione si ritiene che le truppe non andranno oltre Tokar, e che la campagna durerà al massimo una ventina di giorni.

Il commendatore De Martino mi riferisce che gli animi sono assai commossi, e che al Cairo regna una viva apprensione per l'avvenire. Molti vedono la posizione del kedivè minacciata e fanno apertamente voti pel ritorno d'Ismail pascià.

Comunico quanto precede per informazione di V.E.

82

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI

D. 7. Roma, 27 febbraio 1884.

Il r. ambasciatore a Costantinopoli mi riferisce di aver saputo da fonte autorevole, come il Governo russo ha fatto intendere alla Sublime Porta, che, se essa fosse per rivolgersi alle Potenze relativamente alla questione di Egitto, ne nascerebbero delle difficoltà nelle quali il Governo ottomano potrebbe contare sul valido appoggio del Gabinetto di Pietroburgo. Questi suggerimenti avrebbero prodotto una grande impressione sull'animo dei consiglieri del sultano.

Comunico quanto precede per confidenziale informazione di V.E. (2).

83

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3412. Berlino, 27 febbraio 1884 (per. l'8 marzo).

Les documents diplomatiques transmis en date du 7 février, série XL, n. 137, 138, 139 (3) et 140 (4) avaient déjà attiré mon attention. Par l'annexe à sa

dépéche n. 1493 (l) V. E. résume les télégrammes échangès avec la légation du roi à Madrid et qui constatent une certaine gravité dans la situation au Maroc. Vous me donniez l'instruction de pressentir sur ce point les vues du Cabinet de Berlin.

Sans aucun doute, des faits récents tels que la protection française invoquée et obtenue par le shérif de Uasan, l'entreprise commerciale du comte Chavagnac sur le territoire du Rif, et les agissements d'une « Société pour la propagation de la langue française dans les colonies et à l'étranger ~ semblent indiquer de la part de la République un parti pris d'étendre toujours plus ses possessions dans l'Afrique septentrionale. L'Italie ne saurait évidemment, surtout aprés l'escamotage à Tunis, ne pas chercher à prévenir que l'équilibre des forces dans le bassin de la Méditerranée fut troublé davantage à son détriment. Un accord avec l'Espagne serait en effet des plus désirables.

Cette Puissance ainsi qu'il résulte de mes rapports numeros 2812 et 2821 du 8 et du 20 juin 1881 (2) avait déjà pris les devants en adressant à ses misswns près les Grandes Puissances une circulaire prescrivant de tenir un langage qui ne laissàt planer aucun doute sur les intéréts vitaux de l'Espagne dans le Maroc. La réponse du Cabinet de Berlin avait été bienveillante, mais évasive. Elle ne sortait pas des généralités. Il n'existait à son avis aucun indice que le Maroc fUt l'objet d'une combinaison quelconque de nature à modifier le ~tatus quo.

J'ai demandé à mon collégue d'Espagne s'il avait l'instruction de sonder de ,nouveau le terrain ici, ou de se tenir en communication avec cette ambassade. Il n'avait reçu aucun ordre de Madrid, mais un courrier lui arriverait très prochainement, qui lui apporterait peut-étre quelques directions à ce sujet. Ne paraitrait-il pas à V.E., qu'avant d'engager une conversation à fond avec la Chancellerie impériale, mieux vaudrait attendre que nous fussions, le comte de Benomar et moi en mesure de procéder d'accord? Le nouveau ministre d'Espagne à Rome, qui ne tardera pas à présenter ses lettres de créance, serait d'après ce qu'on nous mande de Madrid, autorisé à conférer sur ce point avec

V.E. Il serait utile pour moi de connaitre au préalable le résultat de ces conférences.

En suite de ces considérations, j'hésitais à entretenir sur cette question le sous-secrétaire d'Etat d'autant plus que je prévoyais quelle serait sa réponse. Néanmoins pour me conformer en partie du moins au désir de V.E. je m'avançais en quelque sorte en éclaireur sans dire que j'avais été chargé de procéder à des investigations. Je me bornais à mentionner certans détails contenus dans les documents diplomatiques, qui démontraient que l'Empire du Maroc marchait vers une dissolution, et que la France semblait se préparer à en tirer profit.

M. Busch en parlait très à la légére, n'ayant pas l'air d'attacher d'importance à ces récits. La France est trop absorbée par ses expéditions lointaines au Tonkin et dans le Madagascar, pour songer à se créer des embarras au Maroe ou elle est surveillée de près par I'Espagne et par l'Angleterre, l'une et l'autre intéressées à ne pas lui permettre des conquetes dans ces contrées.

Je me suis borné à cette reconnaissance du terrain. J'en savais assez pour me confirmer dans ma manière de voir que le Cabinet de Berlin ne s'écarterait pas de cette meme réserve que nous avons pu déjà constater pour les affaires de Tunis et de Tripoli. Il ne souhaiterait pas mieux que la France s'aventurat, toujours plus dans sa politique d'expansion coloniale au nord de l'Afrique. oDans so n for intérieur, il lui augure méme des succès, car ce serait un · moyen de diminuer le mécontentement produit par les pertes de territoire essuyées dans la région plus rapprochée de l'Alsace-Lorraine. Autant il s'applique à défendre ses propres acquisitions, autant il est enclin à faire bon marché de ce qui ne lui appartient pas, et de ce qui se trouve placé en dehors de ses convoitises. Au surplus il ne saurait envisager de mauvais oeil que les allures suspectes de la France dans les régions africaines contribuent aussi à maintenir vers le degré zero l'amitié entre l'Italie et la France.

Je vois, d'aprés le document diplomatique n. 143 (XL) (l) que Canovas del Castillo, tout en déclarant que l'Espagne va prendre des précautions pour ses possessions africaines, pròne l'idée d'un concert européen pour la question du Maroc, ainsi qu'il existe pour la question d'Orient. C'est peut-étre une porte qu'elle voudrait entrouvrir surtout pour satisfaire son ambition et se glisRer parmi les Grandes Puissances. Je ne sais trop si elle a des chances de réussir du còté au moins de la France et de l'Angleterre. Celle-ci lui reproche ses allures tracassières et trop tapageuses. En tout cas, rien ne prouve que dans les conditions actuelles les Puissances se soucient de se constituer en aréopage pour préserver le Maroc de toute atteinte. Pour ne parler que de l'Allemagne, ce ne serait certes pas elle qui se laisserait facilment gagner à cette cause. Je ne sais si V.E. partagera mon avis, mais il serait selon ma pensée préférable de chercher à ménager une entente à trois entre l'Italie, l'Angleterre et l'Espagne, sur la base du maintien du status quo au Maroc et à Tripoli. Et encore faudrait-il pour en assurer le succès que cette entente ne fiìt pas renfermée dans le silence des Cabinets, mais que ceux-ci la signifiassent sans détour au Cabinet de Paris. Les affaires du Maroc, comme celles de Tripoli et éventuellement celles de Tunis, rentrent dans une sphère d'action où nous pouvons, si nous le jugeons à propos et si nous sommes déjà assez forts pour soutenir nos .iustes prétentions, nous mouvoir sans porter préjudice aux engagements pris avec l'Allemagne et l'Autriche. Il ne faut pas se dissimuler pourtant qu'il sera assez malaisé d'obtenir les suffrages du Cabinet de Londres obligé à user de tant de ménagements à cause de l'Egypte, et que la France pourrait, au besoin, désintéresser l'Angleterre en lui abandonnant Tanger et Lareca, soit pour respecter sa position dans le détroit, soit pour l'approvisionnement de Gibraltar.

En attendant des instructions ultérieures de V.E. sur cette question délicate de circonspection, je me permets de vous prier, M. le ministre d'aviser à ce que ce rapport ne soit pas communiqué par la voie ordinaire de la poste à nos missions à l'étranger. Je fais cette recommandation parce que je me suis aperçu que quelques unes de mes correspondances avec l'intestation «confidentielle » se trouvaient parmi les documents diplomatiques confiés à la poste.

(l) -T. 114 dell'S febbraio 1884, non pubbllcato. (2) -Questa comunicazione fu trasmessa da Mancini all'ambasciata a Londra con D. 297, pari data. (3) -Cfr. n. 55 e nota l. (4) -R. 323 del 25 gennaio 1884, non pubbllcato. (l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. serie Il, vol. XIV, nn. 24 e 45,

(l) Cfr. n. 68.

84

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (1)

L. PERSONALE. Pietroburgo, 27 febbraio 1884.

Approfitto del ritorno del corriere Signoroni per trasmetterle alcune informazioni le quali, sebbene per la loro natura non richieggono di far parte della corrispondenza officiale, pure è bene siena poste alla conoscenza della

E.V. almeno in via particolare.

Il movimento diplomatico che sta verificandosi in Russia sopra ampie proporzioni, parmi possa accennare ad un nuovo indirizzo di politica estera. La scelta del principe Orlov, come ambasciatore a Berlino, e stretto amico di Bismarck, accenna evidentemente ad un vero desiderio di riavvicinamento alla Germania. Il principe Orlov lascia Parigi, ov'era assai amato, con grandissimo dispiacere, ma non si resiste al volere dell'imperatore.

Il granduca Michele, che è in voce d'essere il membro più autorevole della famiglia imperiale, già travasi a Berlino a capo d'una numerosa deputazione militare per felicitare l'imperatore Guglielmo in occasione del 50° anniversario del suo ingresso nell'ordine di S. Giorgio. Da quanto mi è concesso rilevare il barone Uxkull rimarrà a Roma. Nelle sue lettere particolari al barone de Giers, osservò essere egli ormai troppo avanti negli anni per acconciarsi a nuovo modo di vivere, in un Paese come l'Inghilterra che ha abitudini tutte sue proprie e di cui ignora anche completamente il linguaggio. Questi riflessi furono bene accolti dall'imperatore per cui ora più non si parla d'un cambiamento per Roma.

Il signor Saburov fu per un solo istante in predicato per Roma. I suoi amici fanno spargere la voce ch'egli rifiutò quel posto. Al certo lo fanno ad arte per distruggere il sospetto che fosse poco gradito da noi. Il fatto è che travasi pressoché in disgrazia. I suoi diportamenti tanto privati quanto officiali ne )facevano un personaggio poco gradito negli alti circoli sociali di Berlino. Ritengo quindi che fu una fortuna per noi l'essersene sbarazzati. Pare che l'ambasciata di Londra verrà data al barone Staal in oggi ministro di Russia a Stoccarda e Monaco. Conosco questo diplomatico da lunga serie di anni ed è persona al di sopra di ogni elogio. Egli ambiva il posto di Roma preferendolo a qualunque altro ma dovrà piegare alla volontà sovrana. Tempo fa il signor de :Giers mi confessava che il numero dei diplomatici russi abili, facevasi sempre :Più scarso, Orlov, Staal e Kapnist nominato ora ministro all'Aja, stanno in riputazione d'essere i migliori.

La dedizione di Meirv e del suo esteso territorio lusinga assai l'amor proprio russo ed i giornali continuano ad esaltarne l'importanza, isforzandosi ad un tempo di spogliare il fatto da qualsiasi carattere offensivo per gl'interessi inglesi. Non credo che per ora il compito della politica russa sia quello di contrastare i dominii inglesi nelle Indie. Vuolsi solo tener in pronto un mezzo

per recare noja all'Inghilterra ogni qualvolta convenisse disturbarla in qualche sua intrapresa. Seguirò attentamente lo svolgersi di questa questione, tenendo informato, il meglio che per me si possa, l'E.V., alla quale frattanto offro l'espressione del mio profondo ossequio.

(l) Da M. C. R., Carte Mancini.

85

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3414. Berlino, 28 febbraio 1884 (per. l'8 marzo).

J'ai l'honneur de remercier V.E. de ses télégrammes des 20 (l) et 22 février (2), e de ses dépeches n. 1498 (3) et 1498 bis (4) en date du 20 de ce meme mois concernant l'arret rendu en dernier ressort par la Cour de cassation de Rome dans le procès intenté par la congrégation «Propaganda Fide , contre la commission de liquidation des biens ecclésiastiques. J'aurais soin, à l'occurence, de me prévaloir des arguments développés dans ces documents pour faire envisager sous son véritable point de vue la sentence portée par la haute magistrature du Pays en dehors de toute ingérence du pouvoir exécutif. Je comprends parfaitement que le Gouvernement ne pouvait influencer une semblable décision, autrement il aurait sans doute évité de fournir aux ultramontains une arme dont ils se servent pour renouveler leurs attaques contre l'Italie, en cherchant à ameuter partout l'opinion publique. Du moment où il apprécie, lui aussi, les services rendus à l'humanité par une institution ayant pour objet une oeuvre de civilisation, il n'aurait pas manqué, si cela eut dépendu de lui, de contribuer à maintenir intacts les anciens privilèges. Les missionnaires à l'étranger se recrutent en bon nombre parmi nos nationaux. Il ne viendrait à personne l'idée de nous imputer des arrière-pensées cléricales, si nous nous appliquions à nous ménager autant que possible les sympathies de ces ordres religieux à l'effet d'étendre notre influence dans des contrées où, dans ce moment surtout, nous avons à lutter contre les agissements d'une Puissance rivale. C'est là un point important de la question. Il est vrai qu'il n'est pas juridique, mais essentiellement politique. Au reste quand on compare l'arret de la Cour supreme de cassation (section civile) du 7 janvier 1881 annulant une sentence du Tribuna! d'appel de Rome, et l'arret de cette méme Cour (sections réunies) se prononçant dans un sens opposé, et lorsqu'on se livre à un examen des motifs allégués pour et contre, il faut une connaissance bien profonde de la matière pour que l'esprit de qui n'est pas compétent ne risque pas d'étre un peu dérouté dans ses appréciations.

Jusqu'ici aucune interpellation ne m'a été faite sur ce sujet. Bien entendu je réglerai mon langage sur les instructions de V.E dans le cas ou, dans

une forme amicale et non officielle, on m'adresserait quelque demande qui me fournirait le joint de redresser des erreurs ou un jugement inexact.

En attendant, la Germania a publié avant-hier une traduction de la note transmise en date du 10 février par le cardinal secrétaire d'Etat aux nonces du Saint-Père. La méme communication aura été faite ici par l'entremise de la mission de Prusse près le Vatican. M. Busch ne m'en a soufflé mot, et je ne l'ai pas interrogé à cet égard. Je suis disposé à croire que le Gouvernement impérial évitera de se prononcer, et qu'il pense à ce sujet d'une manière conforme à la manière de voir exprimée à M. le comte Barbolani par le ministre des affaires étrangères de Bavière (télégramme precité de V.E. du 22 de ce mois).

L'attitude de la fraction du centre dans le Parlement n'est pas de nature à laisser supposer que le prince de Bismarck veuille faire acte de condescendance envers la Cour pontificale, en se montrant prét à accueillir favorablement ses doléances. D'un autre coté, les négociation entre le pape et le Cabinet de Berlin pour fixer les termes d'un modus vivendi marchent avec une extréme lenteur, parce que le Vatican demande plus que la Prusse ne veut accorder. Mais si cette question venait à étre résolue, ou si la Curie offrait d'en venir à une transaction acceptable, subordonnée à une immixtion de la part de l'Allemagne dans nos rapports avec la Papauté, rien ne me prouverait que le chancelier se refuserait alors à faire, à son tour, acte de complaisance en promettant de s'intéresser dans une certaine mesure en faveur des réclamations ayant trait à la Propagande.

Les journaux catholiques continuent leurs attaques. Ils viennent d'obteni.r l'appui du prince évéque de Breslau. Ce prélat, dans une pastorale adressée à l'occasion du caréme à son diocèse qui comprend aussi Berlin, préche ouvertement et en des termes des plus passionnés une croisade contre l'Italie en faveur du rétablissement du pouvoir temporel. La Gazette la Post publie une critique très vive d'un tel langage contre une Puissance arnie de l'Allemagne. Il est évident que la sentence relative à la Propaganda a excité au plus haut degré la colère de nos adversaires, pour qu'ils confondent à ce point la religion et la politique.

En retournant ci-joint, dument signé, le récépissé des documents diplomatiques du 23 courant, je saisis cette occasion ...

(1) -T. 92 del 20 febbraio 1884, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 74, nota 3. (3) -Cfr. n. 64, nota l. (4) -Cfr. n. 72.
86

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 303. Parigi, 28 febbraio 1884 (per. il 3 marzo).

Rispondendo ai dispacci di V.E. dei 18 e 24 febbraio (serie politica n. 257 e 261) (l) ho l'onore di partecipare che nella conferenza che ebbi ieri col

signor Fe-rry, io portai la conversazione sugli affari del Marocco affine di presentire quali fossero gli intendimenti della Francia rispetto a quell'Impero. Il signor Ferry fu, come al solito, assai riservato; però lasciò travedere che egli sospettava le aspirazioni della Spagna, e mi disse che, in quanto alla Francia, questa aveva già ottenuto nel Rif la desiderata soddisfazione, poiché ormai i francesi vi possono liberamente viaggiare e trafficare. Mi confermò anche che il chérif Abdeslam ben El Arbi, che esercita grande influenza sulle tribù confinanti del Marocco e dell'Algeria, aveva chiesto ed ottenuto il protettorato francese, il che contribuisce alla sicurezza della provincia di Oran. Soggiunse che quel chérif si era spontaneamente deciso a richiedere il protettorato francese, poiché apprezzava la civiltà europea avendo egli sposato una signora inglese. Però non si potrebbe assicurare che le ambizioni francesi siano limitate a quei due modesti trionfi; giacché qui si pensa seriamente a rinforzare l'esercito nella Algeria e nella Tunisia. A tale effetto fu ora proposta una legge che ha per oggetto di creare per quelle due provincie africane, in aumento delle solite truppe quattro battaglioni di cacciatori algerini, otto battaglioni di zuavi, un quarto reggimento di tirailleurs indigeni, un secondo reggimento straniero, un quarto battaglione di fanteria leggera d'Africa, otto squadroni di cacciatori d'Africa, un reggimento di spahis, una sezione di segretariato di Stato maggiore e di reclutamento; una sezione d'infermieri, una sezione di commessi e di operai d'amministrazione, una compagnia di gendarmeria e quattro nuove batterie di artiglieria, aggiunte alle 12 ora esistenti. Mentre tutto, in questo momento, sembra tranquillo in Tunisia ed in Algeria, quell'aumento e quella organizzazione di nuove forze militari potrebbe, come da taluni si crede, avere un doppio scopo, cioè di frenare l'insurrezione araba che si manifesta attualmente nel Sudan e può propagarsi in tutto il nord dell'Africa, e di preparare nuovi tentativi di annessione e di protettorato per controbilanciare la occupazione, per parte della

Inghilterra dell'Egitto e probabilmente di tutta la costa occidentale del Mar Rosso, ad eccezione della nostra modesta colonia di Assab, e di Massaua che, a quanto pare, sarebbe lasciato all'imperatore di Abissinia sotto il protettorato inglese.

Questi fatti sono indizi di qualche cosa che si sta maturando, e di cui si deve ,trovare il segreto a Berlino. Infatti, pochi anni or sono, io feci a codesto Ministero alcuni rapporti sugli ostacoli che la Germania opponeva alle aspirazioni della Spagna, che mostravasi proclive ad accrescere i suoi possessi nel Marocco. La Germania, la quale non sembra volersi sostituire alla Spagna in tali tentativi, potrebbe bensì spingervi la Francia, raggiungendo in tal modo un doppio scopo, quello cioè di inimicare la Spagna colla Francia, come la cosa comincia a manifestarsi (a giudicare dal dispaccio di V.E. del 18 febbraio al

r. incaricato d'affari a Madrid (1), e quello di creare un nuovo campo di attività militare alla Francia, scemando di altrettanto le sue velleità ed i suoi mezzi di riscossa contro la Germania. Queste sono ipotesi che si fanno, e della loro esattezza l'E.V. è più di me in grado di giudicare.

Finora non ebbi l'opportunità di avere un convegno col nuovo ambasciatore di Spagna; ma tosto che ne avrò l'occasione, la coglierò, per introdurre la conversazione sulla questione del Marocco (l).

(l) Non pubblicati.

(1) Cfr. n. 68.

87

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. RISERVATO 2060. Vienna, 28 febbraio 1884 (per. l'8 marzo).

Il riavvicinamento della Russia alla Germania, che con forma assai dimostrativa si sta compiendo in questi giorni, eccita come di ragione l'attenzione della stampa austriaca, nonché dei circoli politici di questa capitale, e ben si può dire anche la diffidenza sì di questa che di quelli.

Per quanto ha tratto ai giornali la cosa è tanto più naturale, che già da qualche tempo essi guardano con sospetto tutto ciò che succede a Berlino, temendo sempre e non infondatamente, che di là vengano esempi e consigli atti a nuocere a quei principi liberali già cosi poco in favore presso il Governo I.R. Pei circoli politici poi in generale, la quasi contemporanea apparizione-del libro del signor Busch Unser Reichskanzler non è di natura a tranquillizzare gli spiriti.

Si volle pure mostrar di credere che l'Italia dal canto suo vedesse assai di mal occhio quella nuova alleanza che accennerebbe a prepararsi all'infuori di essa. Fui anzi da varie parti interpellato in proposito. A tali domande non ho mancato di rispondere: che l'Italia colla sua accessione alla politica dei due Imperi non aveva avuto altro scopo che quello di assicurare la pace, supremo suo ,desiderio, che quindi non potrebbe vedere se non molto di buon occhio il ristabilimento delle buone relazioni fra la Russia e gli altri due Imperi: quel fatto essendo meglio di ogni altro atto a scongiurare il pericolo di complicazioni in Oriente, ed a paralizzare le velleità bellicose della Francia che ridotta così al completo isolamento, dovrà rassegnarsi a rinviare a tempi migliori l'attuazione delle sue idee di rivincita, che sempre sarebbero un pericolo per la quiete dell'Europa se restasse dubbia l'attitudine che in tale evenienza assumerebbe la Russia.

Fremendomi poi di chiarire quanto meglio possibile gli intimi sentimenti al riguardo del Gabinetto di Vienna, colsi la prima propizia occasione per tener discorso al conte Kalnoky di tutte queste voci che formano soggetto delle gene

«Ringraziare e pregare dl continuare la vigilanza su questo importante argomento. Si scriverà a Berllno. Intanto 11 r. ambasciatore ha potuto scorgere dal carteggio che gll si viene comunicando. Il pensiero del Governo britannico e quello del Governo spagnuolo.

A Berlino. Richiamare la sua attenzione sopra questo rapporto e sopra quell1 dl Londra e di Madrid che figurano nella serle. Il conte de Launay dovrebbe cercare di indagare 11 pensierodel Governo germanico. Questa è una delle questioni sulle quali uno scambio amichevole di idee è conforme al nostri reciproci impegni». In base a tali istruzioni vennero redatti il D. 272 del 4 marzo 1884 indirizzato all'ambasciata a Parigi, non pubblicato, e 11 Dispaccio per Berlino ed. al n. 95.

rali conversazioni in oggi; senza però ben inteso rivolgergli una precisa diretta interpellanza. A malgrado tale mia riserva, S.E. entrò volentieri a parlare meco su quell'argomento, dicendomi essere erronee in sommo grado le supposizioni poste in giro intorno ad un preteso malumore dell'Austria a fronte del riavvicinamento che si sta operando fra la Russia e la Germania; ed anzi egli affermavami essere questo un fatto che non può se non riuscire gradito alla Monarchia austro-ungarica, poiché il ristabilimento di fiduciose relazioni fra la Russia e la Germania implica necessariamente un analogo stato di cose del pari coll'Austria-Ungheria. Ciò premesso in assai marcata maniera, il conte Kalnoky continuò a discorrere meco in proposito, rispondendo mano mano alle osservazioni che andavo facendogli mostrando di associarmi al suo modo di vedere.

Dal linguaggio tenutomi potei desumere che: effettivamente il Gabinetto di Vienna spera che il riavvicinamento della Russia alla Germania sarà seguito da fatti di natura a dimostrare egualmente il sincero intendimento di quelle Potenze di mantenere cordiali relazioni anche coll'Austria.

Potei pure comprendere che fino ad ora salvo in termini generali, il Gabinetto di Berlino non ha palesato con precisione a quello di Vienna, né la natura né la portata delle nuove relazioni che sta edificando con Pietroburgo, circostanza questa, che non può a meno di eccitare qui una certa diffidenza.

Giova poi anche aggiungere, che la recente pubblicazione di cui ho fatto cenno poco fa ha assai male impressionato il conte Kalnoky; tanto più che come egli dicevami esplicitamente, essa fu intieramente ispirata dal principe di Bismarck e per ragioni non facilmente concepibili da lui lanciata in questo momento, a malgrado che i fatti cosi posti in nuova luce si riferiscano ad epoche troppo a noi vicine, e siano quindi di natura a ravvivare assopite diffidenze.

Reputo poi opportuno aggiungere, che parlando della Russia S.E. mi lasciò anche questa volta comprendere, che a meno di un radicale mutamento nelle condizioni interne di quello Stato, una certa diffidenza per l'avvenire sarà per sempre giustificata; poiché siccome egli dicevami: «a malgrado le buone intenzioni già dimostrate l'anno passato dallo czar e dal suo governo, bastò il felice esito dell'incoronazione di Mosca per risvegliare lo chauvinisme dei panslavisti le cui mene favorite dall'assenza di due mesi circa che l'imperatore ebbe a fare, condussero a quella situazione che ho tratteggiato alle delegazioni; e ,che ci portarono lo scorso autunno ad un pelo da un serio conflitto, che a malgrado non se ne potesse scorgere la precisa ragione, pur potevasi rendere inevitabile. Fatto questo che niente esclude abbia a rinnovarsi ».

Ho creduto qui riportare quasi testualmente queste parole dettemi dal conte Kalnoky sembrandomi che in esse si trovi la miglior conferma delle informazioni che all'epoca a cui esse si riferiscono trasmettevo all'E.V. avvalorandole con assai pessimistiche apprezzazioni che molto probabilmente allora non dovevano sembrare giustificate.

Non saprei poi chiudere il presente rapporto senza osservare che qualunque giudizio si voglia portare sulla presente costellazione politica conviene constatare: che a nessun Gabinetto essa spira sicura fiducia per l'avvenire, e che anzi non vi ha Stato che non tenga diretto lo sguardo sospettoso sugli atti dei suoi vicini. La maggiore oculatezza si è quindi anche a noi indispensabile se non vogliamo essere sorpresi dagli avvenimenti.

(1) Allegata al presente rapporto sl trova la seguente annotazione dl Malvano:

88

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 206. Londra, 29 febbraio 1884, ore 18,23 (per. ore 20,25).

Le Gouvernement anglais n'a rien de secret dans sa politique égyptienne. Son programme est connu et a été maintes fois répété. Il a conseillé abandon du Soudan. Les instructions à Gordon sont connues; on doit se borner à la défense dEj l'Egypte propre et des ports de la Mer Rouge; occupation anglaise durera jusqu'à accomplissement de la tache que le Gouvernement anglais a entreprise. Tout ce que je pourrais ajouter à ce programme ne serait que de la politique spéculative. Si V.E. désire quelque éclaircissement sur un point spécial et déterminé je le demanderai à Granville.

89

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, BAGLIO

D. 16. Roma, 1° marzo 1884.

Ringrazio la S. V. del rapporto del 24 del mese andato (1), ed approvo il linguaggio 'da lei tenuto col ministro di Stato rispetto alle intenzioni dell'Italia circa la situazione del Marocco.

Stimo, intanto, opportuno d'informare la Signoria Vostra, in modo strettamente confidenziale, che, avendo fatto comunicare al Governo inglese le notizie pervenuteci da Tangeri sui maneggi di quel ministro di Francia, signor Ordega, e chiedere quali fossero al proposito le informazioni e gl'intendimenti del Foreign Office, lord Granville ha dichiarato che le sue informazioni concordano in parte con le nostre, e che la sua attenzione era già stata chiamata sui fatti che ci vennero segnalati e sulle tendenze che sembrano manifestare. Però Sua Signoria è inclinata a pensare che il signor Ordega, più che ubbidire ad istruzioni del suo Governo, agisce per proprio impulso. Cionondimeno, anche se questa ipotesi è fondata, la cosa presenta, agli occhi del Governo inglese, non minori pericoli. Lord Granville riconosce che l'Italia, come la Spagna, e come la Gran Bretagna, ha interesse alla conservazione dello statu quo territoriale in quella

parte dell'Africa, e crede che da queste Potenze qualche ufficio possa essere utilmente fatto presso il Governo francese per metterlo in avvertenza sull'operato ,del di lui rappresentante a Tangeri e sulle complicazioni che ne potrebbero derivare. Quest'ufficio, nel pensiero di lord Granville, dovrebbe essere fatto in forma amichevole, ufficiosa e separatamente. Il Governo inglese, nell'interesse stesso del buon esito di questa specie di leale avvertimento, vuole evitare di dare ad essa l'apparenza d'un'azione comune e più ancora un carattere comminatorio qualsiasi.

Ho incaricato il conte Nigra di dire a lord Granville come ci sembri conveniente, per più ragioni che non occorre neppure di accennare, che la prima iniziativa degli uffici amichevoli da farsi presso il Gabinetto di Parigi venga da quello di Londra, e che gli saremmo grati se ce ne volesse porgere cenno, acciò la nostra azione, separata bensì, ma avente identità di indole e di scopo, tenga tosto dietro alla sua.

(l) Cfr. n. 78.

90

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3418. Berlino, 1° marzo 1884 (per. l'8).

Le rapprochement entre la Russie et l'Allemagne donne lieu aux commentaires les plus variés, à bien des exagérations. A s'en tenir aux apparences, on serait induit à croire au rétablissement de l'ancienne intimité. En effet, coup sur coup, le prince Orlov, un des amis les plus fidèles du prince de Bismarck, est appelé à occuper ici la place d'ambassadeur, et une députation à la tete de laquelle se trouvait le grand due Miche! venait complimenter l'empereur Guillaume qui, il y a 70 ans, recevait la croix de Saint-Georges pour la part que Sa Majeste avait prise, dans les rangs des grenadiers de Kalonga, à la bataille de Bar-sur-Aube en 1814.

Le général Gourko, gouverneur général de Varsavie faisait partie de cette députation, et ne négligeait aucune occasion de parler dans un sens diamétralment opposé à certains discours prononcés en Pologne et exprimant les sentiments les plus hostiles à l'Allemagne. La presse russe, obéissant à un mot d'ordre, changeait aussi de langage tandis que certains journaux à Vienne trahissient quelque dépit, et se livraient à de tristes réflexions sur l'avenir de l'alliance austro-germanique. Ici l'organe des ultramontains insinuait que l'accession de la Russie à cette alliance, signifiait une sorte de congé donné à l'Italie qui n'inspirait plus aucune confiance depuis qu'elle faisait mine de s'appuyer nouvellement sur la France.

Il convient de ramener les choses à leur juste valeur, et dans ce but je m'empresse de communiquer à V.E. quelques détails recueillis à trés bonne source.

Le Cabinet de Saint-Pétersbourg se rendant parfaitement compte qu'au milieu de ses difficultés intérieures il devenait de toute nécessité de ne pas les accroitre encore par des embarras extérieurs, et ne voulant pas d'ailleurs commettre l'insigne folie d'emboiter le pas avec la France si peu sil.re de son lendemaln, a reconnu qu'il ne lui restait d'autre voie à suivre que de frapper à la porte de la Puissance considérée comme l'arbitre de la paix sur le continent européen. L'empereur Alexandre convaincu par M. de Giers de la justesse de ce programme, écrivait à l'empereur Guillaume dans ce sens, et chargeait son ministre des affaires étrangères de prédisposer le terrain auprès du !l)rince de Bismarck. La visite ici de ce ministre n'avait pas d'autre but. Le prince Orlov agissait dans le mème ordre d'idées. La Russie par les organes les plus autorisés protestait de son amitié pour l' Allemagne de sa ferme résolution de marcher en parfait accord avec celle-ci pour le maintien de la paix générale. Les nouvelles de Pétersbourg portaient que le tsar, malgré tout, était encore le maitre chez lui, et qu'on pouvait avoir confiance dans la loyauté de ses déclarations. Toutes les avances venaient de la Russie dont la voix ne cessait de se faire entendre d'une manière toujours plus distincte. Le chancelier ne pouvait à moins en définitive de donner une réplique affirmative, d'autant plus qu'il se présentait bon gré mal gré un renfort pour étayer toujours plus la politique qui forme la base des accords stipulés entre la ligue de l'Europe centrale. Empruntant une image au sol boisé de ses domaines à Friedrichsruhe, Son Altesse disait: wie mann in dem Wald rUft, so schallt es zuriick (6 l'appel fait dans la forèt, l'echo répercute le mème son).

Il ne s'agissait pas d'une alliance comme avec l'Autriche et l'Italie. Elle n'était nullement indiquée. Il suffisait que le Gouvernement russe témoignàt comme il l'a fait, de sa ferme intention de contribuer lui aussi de tous ses efforts au programme pacifique déjà placé sous une aussi bonne sauvegarde. Le prince de Bismarck était certain que l'Autriche ne verrait pas de mauvais oeil cette évolution de la Russie. C'est l'Autriche qui est la plus exposée aux attaques de cette Puissance. Le Cabinet de Vienne acquiert une garantie de plus. Il sait que l'Allemagne, en acceptant la main de la Russie, ne modifle en rien la cordialité de ses relations avec l'Autriche, sa meilleure arnie. Bien au contraire, dans cette nouvelle situation, le Cabinet de Berlin sera mieux à mème de se rendre utile.

Tout cela est bel et bon; mais on peut s'expliquer certain dépit qui se manifeste à Vienne. Son amitié, si elle figure toujours comme le principal atout dans le jeu du prince de Bismarck, pourrait perdre de son prix si le Cabinet de St. Pétersbourg parvenait peu à peu à gagner encore plus de terrain ici. Il est vrai que le chancelier qui a occupé le rang d'envoyé extraordinaire à St. Pétersbourg connait assez le monde russe pour le juger ce qu'il vaut en' réalité. La souplesse et la rapidité avec laquelle les coryphées du panslavisme ont pris un autre masque, prouvent assez que pour le besoin de leur cause, ils le déposeraient avec la mème désinvolture. Il ne faut pas oublier en outre

que le nihilisme n'a pas encore dit son dernier mot, et qu'une Russie minée par de tels éléments ne saurait offrir un solide appui. Ce seralt un métier de dupe que d'accepter pour de l'or en barre les protestations de bon vouloir.

Ce n'est encore qu'un placement de confiance sous bénéfice d'inventaire. Une dislocation des troupes russes échelonnées vers les frontières occidentales serait bien plus significati! que toutes ces protestations. Mais jusqu'ici il n'en est pas question. Il est inexact que des pourparlers ayant eu lieu à ce sujet entre le prince de Bismarck et le prince Dolgorouki, lorsque ce dernier se rendait à Friedrichsruhe, mais sans se rencontrer avec le ministre de la guerre. venu presque en meme temps pour conférer sur des affaires de budget. On craint peut-etre a Pétersbourg qu'une semblable mesure serait en ce moment envisagée comme un acte de condescendance excessive. Mais d'après certains indices, il se pourrait qu'après les grandes manreuvres et revues projetées vers mai ou juin prochains dans les environs de Varsovie, le Gouvernement russe se décidat à diminuer le nombre des régiments stationnés notamment vers la Galicie.

En attendant, une des conséquences très visible de ce changement de scène c'est l'isolement de la France. Au lieu d'observer une attitude digne et résignée, sa presse officieuse cherche à precher à l'Italie et à l' Autriche de tourner le dos à l'Allemagne. J'espère que nos journaux sérieux ne tomberont pas dans le panneau, en publiant des articles maladroits qui ne manqueraient pas de produire ici la plus facheuse impression, comme tel a été le cas quand le Diritto qui vit encore de son ancienne renommée d'un organe officieux, se livrait, peu après le voyage du prince impérial à Rome, à des considérations fort imprudentes, et laissait entrevoir des tendences françaises.

Quant aux dispositions très amicales du Cabinet de Berlin à notre égard, elles viennent d'etre récemment constatées par les sentiments de vive sympathie à l'occasion du prétendu attentat contre le train royal à Corneto, et par le langage du prince de Bismarck à propos de la question de nos titres de rente (rapport affari in genere n. 2679 (l) que fait partie de l'expédition que je confie au courrier M. Signoroni).

91

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 294/523. Londra, 1° marzo 1884 (per. il 4).

Nella seduta di ieri sera della Camera dei lordi il conte de la Warr, nel chiedere al Governo ulteriori documenti sugli affari dell'Egitto e del Sudan, espresse l'opinione che il Parlamento dovesse essere informato se esista un accordo fra l'Inghilterra e la Turchia in riguardo all'azione presa dal Governo della regina in quei Paesi.

Egli domandò inoltre se il Sultano fosse stato consultato relativamente a quegli affari; e, nel caso negativo, fece notare che la condotta del Governo non potrebbe conciliarsi col diritto internazionale.

Il conte Granville, in risposta a tale interpellanza, fece obbiezioni a che il Governo fosse chiamato ad ogni seduta consecutiva della Camera a discutere di nuovo lo stesso argomento dell'Egitto e del Sudan.

Sua Signoria dichiarò che dopo il bombardamento di Alessandria il sultano era stato invitato ad intervenire in Egitto; e poiché egli non intervenne, l'In

11 -Documenti diplomatici • Serie II -Vol. XVII-XVIII

ghilterra fu lasciata sola. Ciò impose una grave responsabilità sul Governo della regina che era stato, del resto, molto desideroso di non far cosa alcuna che potesse ledere i diritti del sultano, per quanto quei diritti fossero limitati.

Sarebbe stato impossibile, disse lord Granville, di interrogare ad ogni passo la Sublime Porta sulla politica da adottarsi. Or è qualche tempo, soggiunse Sua Signoria, n Governo della regina ricevette un dispaccio col quale il Governo ottomano esprimeva il desiderio di venire ad un accordo intiero e completo coll'Inghilterra sulle questioni dell'Egitto e del Sudan. Il Governo della regina chiese allora quali fossero le idee della Sublime Porta che dovevano servire di base a quell'accordo e ricevette, in risposta, la comunicazione di un progetto che il Governo della regina non credette pratico, e che probabilmente la Camera dei lordi non giudicherebbe in modo differente.

Lord Granville conchiuse il suo discorso colla promessa che nella settimar..a prossima il Governo presenterebbe alla Camera documenti su quell'incidente.

Come l'E. v. avrà notato, le dichiarazioni fatte ieri sera da lord Granville <!onfermano ciò che ebbi l'onore di riferirle col mio dispaccio del 22 febbraio scorso n. 507 di serie politica (l) nel quale è inoltre dato un cenno sulla natura delle basi proposte dalla Sublime Porta.

(l) Non pubblicato.

92

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2061. Vienna, 1° marzo 1884 (per. il 4).

Ricevetti ieri dal r. console generale in Trieste copia dei rapporti ch'egli rivolgeva a codesto Ministero in data 24 e 27 dello scorso mese (2), relativamente alla condanna inflitta al r. suddito Vigna Michele, per i reati di perturbata religione, di proselitismo alla società atea di Venezia, di arruolamento di membri ad una associazione qualificata quale società segreta.

Nella giornata poi essendomi recato dal capo sezione signor Szogyenyi dopo di aver parlato assieme di alcune questioni d'attualità d'interesse generale europeo S.E. dissemi: essergli stato riferito che i giornali italiani commentano in termini assai vivaci la sentenza pronunciata dal Tribunale di Trieste a danno del Vigna, e risultargli pur anche che parecchie interpellanze al riguardo saranno presentate al Parlamento italiano.

Trovandomi così invitato ad interloquire in quel delicato argomento dissi: che infatti l'opinione pubblica in Italia si mostra gravemente commossa di quel .fatto, e ciò senza distinzione di partito; poiché non vi ha giustificazione possibile per simile enormità ed avvalorai il mio dire sviluppando ampiamente i capi d'accusa, citando i fatti risultati nel processo e contrapponendo all'inflitta condanna le contrarie prescrizioni delle leggi oggi vigenti in Austria.

Osservai poi nulla risultare per ora di progettate interpellanze, ma non dubitare però ch'esse si produrrebbero, e feci rilevare il grave imbarazzo in cui si troverebbe l'E.V. nel dovervi rispondere; poiché se da un lato un Ministero non potrebbe in seno del Parlamento discutere una sentenza pronunciata da un tribunale estero, d'altra parte l'E. V. è un troppo eminente giureconsulto per poter anche colla veste di ministro pronunciar parola qualsiasi che attenuino l'enormità di quella sentenza.

Il signor Szogyenyi mostrassi molto spiacente dell'accaduto, dissemi però di non poter credere che i titoli pei quali il Vigna fu condannato siena realmente quelli da me enunciatigli, ed anzi mi aggiunse che onde togliersi ogni incertezza in proposito aveva in giornata fatto chiedere al conte Taaffe precise informazioni che stava aspettando, onde valersene, siccome avvisava opportuno, per far inserire nei giornali un qualche comunicato che ristabilisse la verità dei fatti.

Al che io risposi che sarei bien lieto se le informazioni da me avute potessero essere contraddette, ma che pertanto non lo poteva sperare, essendo queste quanto mai possibile precise.

Non mancai poi di porre in sodo che gli apprezzamenti da me svolti erano cosa affatto mia personale, non avendo avuto intenzione di sorta di tener parola di quella questione al conte Kalnoky, essendo naturale che il mio Governo non vorrebbe ufficialmente discutere il verdetto di un tribunale estero, mentre non accetterebbe per conto suo in maniera alcuna analoga intromissione estera in questioni dipendenti dai nostri poteri giudiziari.

Ad un'ultima osservazione fattami dal signor Szogyenyi, che, a malgrado l'incidente sia sommamente spiacevole, pur come per altri si finirebbe tosto per non parlare più; credetti dover rispondere ch'egli s'ingannava nell'emettere quell'opinione, poiché invece era mio convincimento che questo nuovo disgraziato affare avrebbe in Italia un'eco forte e durevole (1).

(l) -Non pubb!lcato. (2) -R. 49 e R. 138, non pubbUcatl.
93

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2062. Vienna, 1° marzo 1884 (per. il 4).

Parlando ieri incidentalmente col capo-sezione signor Szogyenyi del noto processo subito a Trieste dal r. suddito Vigna, dopo di averne fatto rilevare l'enormità, conchiudevo col dire siccome riferisco oggi stesso con altro mio

«Segnar ricevuta. Approvare il linguaggio tenuto. Sinora non è avvenuta interpellanza, ma se avvenisse le dichiarazioni del ministro non potrebbero essere sostanzialmente diverse da come le prevede il generale di Robilant. Comunicare confidenzialmente le istruzioni impartite al console generale ». In base a tali istruzioni venne redatto il D. 1621 del 5 marzo 1884, indirizzato all'ambasciata a Vienna, non pubblicato.

speciale rapporto (1), che gli apprezzamenti da me espressi in proposito nulla potevano avere d'ufficiale; poiché dovevo credere che il mio Governo non vorrebbe ufficialmente discutere il verdetto di un tribunale estero, mentre non accetterebbe per conto suo in maniera alcuna un'analoga intromissione estera in questioni dipendenti dai nostri poteri giudiziari.

Quasi immediatamente dopo che avevo pronunciato tali parole, il signor Szogyenyi, facendo allusione alle discussioni a cui dà luogo nella stampa Italiana ed in quella estera la sentenza testé pronunciata dalla Corte di cassazione di Roma nella vertenza colla Propaganda Fide mi chiedeva informazioni intorno ad alcuni dati di fatto relativi a quella vertenza, premettendo che ciò faceva unicamente per farsi un esatto concetto della questione, ed in via del tutto personale. L'interpellanza essendomi posta in tali termini, non esitai a dare i chiestlmi schiarimenti, tutti relativi alla procedura seguita, facendo rilevare che la Propaganda Fide, essendosi appellata ai nostri tribunali, ha oggi assolutamente torto, anche astrazion fatta da qualsiasi altra considerazione, di strepitare e protestare, come lo sta facendo, contro il verdetto ad essa contrario della Suprema Corte, e soggiungeva che d'altronde tutto ciò non potrebbe sortire effetto di sorta, trattandosi di cosa definitivamente giudicata in ultimo appello.

S.E. non mosse osservazioni a tale mio ragionamento, ed anzi mostrò comprenderne la piena giustezza; però volle ancora chiedermi «quale sia tuttora la dilazione prescritta o consentita dalle nostre leggi, dopo emanata la sentenza di cui è caso, prima di procedere all'effettiva conversione del patrimonio immobiliare della Propaganda».

A tale domanda io risposi che il primo appello fatto ai tribunali dalla Congregazione aveva fatto sospendere la già iniziata conversione, ma che ora dopo la discussione della Suprema Corte, ritenevo il Governo sia non solo in diritto ma anche in dovere, di riprendere senza dilazione di sorta l'operazione della conversione.

Il signor Szogyenyi ascoltò tale mia risposta senza farvi appunto, ma ciò non di meno potei comprendere: che l'intendimento di chiederci una dilazione, osservando evidentemente un desiderio fatto qui esprimere dal Santo Padre, è accarezzato dal Gabinetto di Vienna; ne prevengo quindi l'E.V. pel caso che il conte Ludolf avesse a farle qualche ufficiosa entratura in proposito.

L'E.V. sa ch'io deploro la soluzione toccata a quella vertenza, ritenendola per troppe alterazioni politiche assai dannosa per noi. Ma oramai la com è fatta e non v'ha più mezzo di disfarla, ed anzi trovo che conviene compierla con celerità, poiché la menoma condiscendenza da parte nostra verso una o più Potenze anche solo nella speciale questione dell'esecuzione sarebbe un atto di debolezza, come di gravi conseguenze per l'avvenire.

Per molte considerazioni poi che è inutile enumerare qui essendo troppo ovvie, è inoltre mio avviso che l'Austria meno di qualsiasi altra Potenza, ha diritto di chiederci anche solo come prova di amicizia, un atto di condiscendenza qualsiasi su di una questione dipendente dalla cessazione del potere temporale.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:

(1) ctr. n. 82.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 214. Costantinopoli, 3 marzo 1884, ore 12,25 (per. ore 23,55).

Ambassadeur d'Angleterre vient de recevoir télégramme de lord Granville lui annonçant expédition de la réponse à la dernière communication de la Porte sur l'Egypte. Elle porte que le Gouvernement anglais ne saurait procéder à un échange d'idées sur cette question tant que dure la lutte puisqu'il ne 1peut pas en prévoir les phases et les effets, mais que, aussitòt que le conflit aura cessé, il sera pret à s'entendre avec le Gouvernement turc de sorte à lui donner équitable satisfaction. Lord Dufferin a aussi reçu télégramme lui notifiant envoi de l'escadre de la Manche à Soudan.

95

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 1507. Roma, 4 marzo 1884.

Dis~orrendo, giorni sono, con S.E. il conte Menabrea, il signor Ferry fu condotto a parlare degli affari del Marocco, e sebbene fosse, al solito, assai riservato, lasciò travedere che egli sospettava le aspirazioni della Spagna. In quanto alla Francia, disse avere questa già ottenuto nel Rif la desiderata soddisfazione, cioè la libertà di viaggiare e trafficare per i suoi nazionali. Confermò la concessione del protettorato francese allo sceriffo Abdeslam ben El Arbi, il che, per l'influenza che egli esercita sugli arabi della frontiera algerina, conferisce alla sicurezza della provincia di Orano. Disse però tale protettorato essere stato chiesto spontaneamente dallo sceriffo, il quale avendo sposato una inglese, apprezza la civiltà europea.

Le asserzioni del signor Ferry saranno certamente degne di fede. È però un fatto da notare che il Governo francese provvede seriamente a rinforzare l'esflrcito nell'Algeria e nella Tunisia, su di che abbiamo dati della cui esattezza !non si può dubitare. Si mette avanti il pretesto, o la ragione che voglia dirsi, di premunire la colonia d'Africa da ogni movimento arabo, a cui potessero dare occasione il sollevamento dell'alto Egitto e l'agitazione del Sudan. Ma queste e non altre spiegazioni migliori si darebbero qualora si trattasse di preparare l'attuazione di nuovi disegni di protettorato o d'annessione.

Richiamo dunque l'attenzione di V.E. sovra l'accennato rapporto del r. ambasciatore a Parigi (1), che su quelli delle rappresentanze di Sua Maestà a Londra ed a Madrid che figurano nella serie circa al medesimo argomento.

La E.V. dovrebbe altresì cercare dì investigare il pensiero del Governo germanico, di cui si suppone essere recondito intendimento il volere creare diffidenze ed inimicizie tra la Francia e la Spagna, onde isolare viemmeglio la prima delle due Potenze, ed il voler dare una nuova occupazione alla attività francese, per sempre più divergerla da propositi di rivendicazione. Comunque ne sia di ciò, la questione del Marocco è una di quelle nelle quali uno scambio amichevole di idee sarebbe conforme ai nostri reciproci impegni.

(l) Cfr. n. 86.

96

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3419. Berlino, 5 marzo 1884 (per. il 9)

Dans une visite faite hier au secrétaire d'Etat, j'amenais la conversation sur les témoignages de sympathie échangés récemment entre l'Allemagne et la Russie. Les commentaires vont leur train, se contradisent ou se nuancent selon le milieu où ils se produisent. Les journaux officieux de Berlin se taisent. Il se révèle un certain désaccord dans la presse viennoise. Il est vrai que le Fremdenblatt qui puise aux meilleures sources a publié un article réimprimé dans la Politische Correspondenz du 28 février, dans lequel il est dit en substance que le rapprochement dont nous sommes témoins constitue une garantie de plus pour le maintien de la paix européenne, et que ce fait, dont il est loin de méconnaltre l'importance, ne saurait altérer en rien la solidité de l'alHance entre Vienne et Berlin, ni apporter un changement quelconque à la situation de l'Italie par rapport à l'alliance austro-allemande, situation à laquelle on attache le plus grand prix. Il me semblait que nous avions plus d'un titre à demander, sans encourir le reproche d'lndiscrétion, quelques éclaircissements.

Le comte de Hatzfeldt n'avait pas lu l'article que je lui signalais du Fremdenblatt. Mais, après mon analyse, il n'hesitait pas à y souscrire. Une certaine mésintelligence se manifestait durant l'automne dernier; il y avait eu des difficultés, des froissements provenant de l'attitude de la Russie. Elle a fait maintes avances, elle a pris l'entière initiative pour l'établissement de meilleurs rapports a l'effet d'assurer toujours plus la conservation de la paix. Le Cabinet de Berlin ne pouvait à moins que de répondre dans le mème esprit amicai et avec un sincère desir de conciliation. Aucun traité d'alliance n'a été signé. II ne s'agit que d'un rapprochement dans le sens du maintien de la paix. Chacun devrait s'en réjouir. Il va de soi que l'amélioration des rapports entre Berlin et Pétersbourg, ne saurait ébranler en quoique ce soit la solidité des relations entre l'Allemagne et l'Autriche pas plus que l'itimité avec l'Italie. Ces trois Puissances poursuivent d'un commun accord le mème programme pacifique, et ne peuvent que se féliciter de voir la Russie concourir à sa realisation.

Je me refère à mon rapport confidentiel n. 3418 du premier mars (1).

Quoique le comte de Hatzfeldt n'alt fait allusion à aucun ordre d'idées, je crois qu'un des motifs qui a prédisposé le prince de Bismarck à accuellir les ouvertures de la Russie, a été en outre de la préoccupation des intér~ts de la paix, son désir de renforcer le faisceau des forces monarchiques et des éléments ò.'ordre en présence du mouvement socialiste et radical qui se propage d'une manière si inquiétante en Europe.

Quoiqu'il en soit, si la Russie a gagné ici quelque terrain, la confiance ne fait que naitre. Elle ne grandira que si les protestations seront confirmées par les faits. En attendant, on se rend parfaitement compte que cette Puissance se montre pacifique plus par nécessité que par tempérament.

En trasmettant ci-joint le récépissé des documents diplomatiques qui m'ont été remis aujourd'hui par le courrier M. P. Tonellotto, je saisis cette occasion pour... (1).

(l) Cfr. n. 90.

97

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 227. Pietroburgo, 6 marzo 1884, ore 18,40 (per. ore 19,30).

Les appréciations signalées par le comte de Launay sur le rapprochement entre la Russie et l'Allemagne coincident avec celles de M. de Giers qui m'a confirmé que le choix du prince Orlov pour Berlin avait précisément comme but de dissiper toute trace de méfiance en constatant les sentiments de parfaite amitié de la Russie envers l'Allemagne.

98

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO DELLA MARINA, ACTON

NOTA S.N. Roma, 6 marzo 1884.

Il sottoscritto è d'avviso che possa giovare al prestigio della nostra bandiera l'apparizione di una r. nave a Zeila, ove il Abu-Bekr non tralascia di mostrare la sua malevolenza per le cose nostre e particolarmente di osteggiare lo sviluppo del possedimento italiano di Assab.

Epperò egli prega l'onorevole suo collega della Marina di vedere se alcuno dei r. legni che stazionano o debbono transitare pel Mar Rosso possa, conci

«Compiacersi di questa dichiarazione del signor conte Hatsfeldt e dire che 11 R. Governo spontaneamente consente essere tale e non altro 11 significato, la portata della reciproca evolu

zione testé avvenuta nei rapporti tra la Germania e la Russia, ne prova sincera soddisfazione come per nuova guarentigia del mantenimento della pace, scopo fondamentale e disinteressato della politica oramai comune e solldale fra i tre Stati alleati :t. In base a taU istruzioni venne

redatto 11 D. 1516 del 16 marzo 1884 inviato all'ambasciatore a Berllno, non pubbllcato.

liabilmente colle altre esigenze del servizio, recarsi a Zeila ed avvertirne in tempo questo Ministero acciò possano essere impartite al comandante idonee istruzioni. Istruzioni. P.S. Una nostra nave da guerra a Zeila potrà eventualmente servire anche alla tutela dei nostri nazionali lungo la costa del Mar Rosso.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:

99

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2065. Vienna, 6 marzo 1884 (per. il 9).

Il nunzio di Sua Santità presso la corte imperiale rimetteva copia, al conte Kalnoky il 26 scorso febbraio, della nota del cardinale Jacobini in data 10 dello stesso mese relativa alla Propaganda Fide chiedendogli al tempo stesso di voler adoperare la sua influenza presso il Governo italiano a favore della Congregazione di Propaganda; che oltre ad essere una delle principali glorie del cattolicismo, è pure, siccome egli si esprimeva, la più diretta ed indispensabile espressione del potere spirituale del Sommo Pontefice sull'orbe cattolico.

Il ministro imperiale prometteva di studiare la questione e riservavasi di far conoscere al nunzio i suoi apprezzamenti.

Monsignor Vannutelli pochi giorni dopo avendo chiesto al conte Kalnoky se già avesse preso qualche risoluzione in proposito, S.E. rispondevagli che, non essendo~ì occupato per alcuni giorni degli affari di Stato a causa della morte di suo padre, non aveva ancora avuto campo di prendere in considerazione quella questione siccome intendeva farlo, ma che però avendo già avuto campo di persuadersi del ben fondato delle reclamazioni svolte dalla Santa Sede nella nota comunicatagli, non mancherebbe di fare i conseguenti opportuni passi presso il Governo italiano onde procurare alla Santa Sede la desiderata soddisfazione.

Monsignor Vannutelli nel dare queste informazioni alla persona di mia

piena fiducia che me le riferiva, aggiungevagli che si proponeva di tornare alla

carica col conte Kalnoky, affinché i passi ch'egli s'era impegnato di fare non

abbiano a soffrire maggior indugio.

Non ho per conto mio menomamente luogo di dubitare dell'esattezza di

questa esposizione delle trattative della Santa Sede col Governo imperiale sul

l'affare di Propaganda, a malgrado che ne sii autore il nunzio, come di ragione

sommamente interessato a far vedere che il Gabinetto di Vienna si adoprerà

a favore della Santa Sede.

II conte Kalnoky non potrebbe infatti dispensarsi dal dimostrare in questa

circostanza il suo buon volere a favore del Santo Padre, poiché indubbiamente

alle future delegazioni egli sarà interpellato al riguardo, ed anche seriamente,

il partito clericale essendo come l'E.V. ben sa in maggioranza in quella rappresen

tanza parlamentare. D'altronde come già ebbi a riferire in altri miei rapporti,

l'opinione pubblica anche quella meno retriva non è in Austria-Ungheria favo

revole all'Italia in questa questione; il ministro degli Affari Esteri si troverebbe quindi imbarazzato a giustificare la sua astensione.

Unisco al presente l'articolo del Fremden-Blatt d'oggi (1), di cui già ebbi a far cenno stamane per telegrafo (2); esso chiaramente dimostra l'importanza che qui si annette a quella questione. Il tuono generale di quell'articolo, indubbiamente ispirato dal Governo imperiale, è assai amichevole all'Italia, ma !"eccitazione che vi si fa di addivenire ad un accomodamento, per quanto sia eRpresso in termini sommamente cordiali e cortesi, pure non manca d'esplicità. Non conviene dunque farci illusioni, ci troviamo a fronte di una grossa questione che forzatamente ha assunto un carattere internazionale (3).

100

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, BAGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 233. Madrid, 8 marzo 1884, ore 10,52.

J'ai reçu la dépéche politique numero seize (4). Le ministre d'Etat vient de me dire que les représentants d'Espagne à Londres, Berlin et Tanger l'ont informé d'une démarche faite à Paris par le Gouvernement anglais au sujet du Maroc. Le Gouvernement français aurait donné des réponses satisfaisantes. Dans un rapport du ministre d'Espagne à (Tanger ? ) dont S.E. m'a donné lecture, on manifeste l'impression que la France laissera pour le moment tout .rrétexte de complications sans renoncer toutefois à ses projets pour l'avenir.

101

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 314. Roma, 9 marzo 1884.

Ringrazio V.E. per il suo rapporto confidenziale del 5 marzo scorso (5) relativo alla conversazione che lord Granville ha avuta col signor Waddington circa ai maneggi del ministro francese a Tangeri ed alle complicazioni a cui essi potrebbero dar luogo.

Non posso esimermi dall'osservare che la risposta del signor Waddington a Sua Signoria non implica se non una sua opinione personale, e che essa non avrebbe potuto essere diversa se egli si fosse proposto di evitare al suo Governo ed a se stesso l'imbarazzo di spiegazioni alquanto più categoriche.

Comunque ciò sia non mancherò, ad una prossima occasione, di tenere, per parte mia, a questo ambasciatore di Francia, un linguaggio analogo a quello del conte Granville tenuto al signor Waddington, e mi riservo di fare conoscere a V.E. l'impressione che mi avrà lasciato la risposta del signor Decrais (1).

(l) -Non pubblicato. (2) -T. 224 del 6 marzo 1884, non pubbUcato. (3) -Per la risposta cfr. n. 102. (4) -Cfr. n. 89. (5) -R. 315/532, non pubbllcato.
102

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 1626. Roma, 10 marzo 1884.

Con rapporto del 6 marzo (2) l'E. V. si compiaceva di darmi notizia delle pratiche fatte da monsignor Vannutelli presso il Gabinetto di Vienna per ottenere la sua intromissione nell'affare della Propaganda, e della risposta del conte Kalnoky, il quale avrebbe promesso i suoi buoni offici affine di ottenere alla Santa Sede la desiderata soddisfazione.

La ringrazio, signor conte, per queste informazioni, e mi riferisco, per parte mia, ai dispacci che già ebbi l'onore di dirigerle sull'argomento. Aggiungerò che questo problema, sorto per la causa promossa dalla suddetta Congregazione, e risoluto ormai, in quanto concerne l'esecuzione della legge del 1873, dal giudicato inappellabile della Corte Suprema, forma nondimeno oggetto di preoccupazione e di studio per quanto riflette i modi e le cautele acciò la Propaganda possa avere, osservate sempre le leggi dello Stato, una piena e giusta disponibilità del suo patrimonio, tosto che siasi integralmente operata la conversione in titoli mobiliari.

È evidente però che questo studio, a cui ci accingeremo con animo sereno e pacato, e col proposito di preservare ogni legittima ragione di un grande istituto civile ed umanitario, il quale ha tutte le simpatie nostre, sarebbe necesseriamente turbato e distolto dal fine cui sinceramente miriamo, se la intromissione, anche solo officiosa, di Potenze straniere venisse a sollevare intempestivamente, e senza ragione, una delicata questione di autonomia e di dignità nazionale, circa la quale niun governo in Italia si indurrebbe mai a transigere.

Trattasi invero di argomento assai spinoso, ma mi affido intieramente nel tatto e nel senno di V.E., acciò pervenga al conte Kalnoky, in tempo utile ed in modo acconcio, una parola amichevole di avvertimento. Se le eventuali dichiarazioni del ministro imperiale in seno alle delegazioni fossero tali che ne apparisse la volontà del Governo austro-ungarico d'astenersi da ogni ingerenza, e di lasciare alla libera iniziativa del Governo italiano la cura di conciliare l'osservanza delle nostre leggi coi riguardi cui la Propaganda, per unanime consenso, ha diritto, noi non avremmo nulla a ridire e potremmo

proseguire serenamente il compito nostro. Ma, se invece le parole di S.E. menomamente suonassero nel senso di una ingerenza internazionale in una questione la quale, in quanto si connette colla legge nostra del 1873 e con la sentenza della Corte di cassazione, noi reputiamo spettare esclusivamente al nostro diritto interno, è manifesto che ogni buon volere si troverebbe paralizzato, ed il dubbio solo di una nostra condiscendenza verso estere pressioni ci imporrebbe la necessità assoluta dell'astensione da ogni atto o provvedimento che non sia la rigida applicazione della legge.

Quantunque non si tratti di identica materia, non è tuttavia fuori di luogo considerare come, nell'ipotesi di una dichiarazione meno corretta del conte Kalnoky su quest'argomento, si riprodurrebbe una situazione analoga a quella di cui furono cagione le sue intempestive dichiarazioni circa la restituzione della visita ai nostri Sovrani. In seguito ad esse rimase esclusa ogni possibile ricerca di altre combinazioni di mutuo gradimento, e fu imposta al Governo italiano, per tale restituzione, la formala irrevocabile che V.E. ben conosce.

Né gioverebbe dissimulare che, qualora simile situazione avesse a riprodursi per l'affare di Propaganda, gli effetti politici, che già una prima volta derivarono da una manifestazione di cui certo non si calcolarono a Vienna tutte le conseguenze, sarebbero, e presso il Parlamento e presso l'opinione pubbiica, gravissimi e forse disastrosi ed irrimediabili, mentre con tanta fatica si poté a mala pena attenuare nell'anzidetta circostanza l.'impressione sfavorevole prodotta dal linguaggio poco misurato del ministro imperiale.

(1) -Il contenuto del presente dispaccio venne trasmesso alle ambasciate a Berlino ed a Parigi con DD. 1512 e 275, pari data. (2) -ctr. n. 99.
103

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 125. Roma, 11 marzo 1884, ore 17,30.

Je remercie V.E. des informations qu'elle m'a transmises sur les personnes désignées pour faire partie de la commission mixte. Le nombre de six me parait excessif, si on ne veut point donner à la commission une importance supérieure à son but. Je pense qu'il faut nous tenir de part et d'autre au nombre déjà indiqué par le Gouvernement austro-hongrois lui-m~me. En restrignant à trois ou quatre les délégués on est mieux en mesure d'exclure les personnes qui, s'étant prononcé à l'avance d'une manière trop explicite contre l'accord à intervenir, ne paraissent point pouvoir ~tre nouvellement appelées à siéger dans la commission. Cette considération s'applique au doctenr Steindachner aussi bien qu'à M. Renier, que pour les raisons indiquées, nous voulions laisser à l'écart, malgré la compétence indiscutable. Veuillez porter amicalement ce qui précède à la connaissance du comte Kalnoky, et nous f::nre savoir, pour notre règle la décision qu'on prendra (1).

r1) T. 250 del 13 marzo 1884, non pubblicato.

104

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3424. Berlino, 11 marzo 1884 (per. il 18).

Je me suis empressé de télégraphier à V.E. un passage du discours d'ouverture du Reichstag concernant la politique étrangère. II avait produ!t une heureuse impression en Italie, à en juger par les articles publiés à ce sujet par les organes les mieux accrédités de notre presse. Le secrétaire d'Etat l'apprenait avec satisfaction. Je lui disais à ce propos que l'opinion publique chez nous avait montré une fois de plus avec quel bon sens elle sait apprécier le!> choses. De prime abord, elle aurait pu cependant se laisser dérouter par de~ appréhensions qui se manifestaient en d'autres Pays, en présence de l'évolution récemment accomplie dans les rapports entre l'Allemagne et la Russie. En outre, il fallait y réfléchir pour se rendre compte pourquoi l'Italie implicitement comprise, comme l'Angleterre parmi les Puissances amies, n'était expl!citement nommée qu'à coté de I'Espagne dont les conditions sont tout autres. Le motif d'association d'idées, répondait le comte de Hatzfeldt, provenait tout naturellement du parfait accueil reçu par le prince impérial dans son dernier voyage. Son Excellence ne pouvait que répéter et confirmer ce qu'il m'avait déjà dit dans un précédent entretien (rapport n 3419 (l) sur le caractère d11 rapprochement avec la Russie, et des relations entre l'Italie, l'Allemagne et l'Autriche qui conservent le mème degré d'intimité et de solidité dans un but essentiellement pacifique.

105

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

H. CONFIDENZIALE 3425. Berlino, 11 marzo 1884 (per. il 18).

II y avait longtemps que l'empereur Guillaume n'avait manifesté aussi nettement sa confiance dans le développement pacifique des affaires européennes. Les graves soucis de ses conditions intérieures, les appréhensions que devait inspirer le langage du général de Schweinitz demandant à plusieurs reprises des explications sur les armements vers la Vistule, ses relations assez tendues avec les deux Empires voisins durant l'automne dernier, sans aucun espoir, à moins de se livrer aux plus décevantes illusions, de trouver un contrepoids en France, imposaient à la Russie la nécessité de sortir d'un isolement qui ne pouvait profiter qu'à ses adversaires du dedans et du dehors. De là, ses avances. ses déclarations qui ont fini par ètre accueillies favorablement à

Berlin, de se rallier au programme de l'Allemagne, lequel est en mème temps celui de l'Italie et de l'Autriche-Hongrie. Il est évident que de si tòt le Cabinet de St. Pétersbourg ne se laissera pas entrainer dans une voie opposée au but de l'alliance conclue entre les Etats de l'Europe centrale.

Voici quelques détails confidentiels qui viennent à l'appui de l'assertion que l'initiative partait de la Russie. La Cour de Berlin n'a pas demandé, mais elle a pleinement agréé le choix du prince Orlov. Et cela dans les circonstances suivantes. M. de Giers s'apercevait, déjà vers l'époque du couronnement à Moscou, que M. de Sabourov, poussé par convinction ou par ambition, cherchait, tandis qu'il faisait le bon apòtre à Berlin en se montrant chaud partisan de l'amitié de l'Allemagne, à influencer l'empereur Alexandre pour adopter une politique nationale en opposition à celle du ministre des affaires étrangères. M. de Giers, à sa dernière visite à Friedrichsruhe, s'en expliquait ouvertement avec le prince de Bismarck. On ne pouvait laisser à Berlin un représentant qui soufflait le froid et le chaud, quand son Gouvernement s'appliquait précisément à se rapprocher davantage de l'Allemagne. Le chanc:elier se rendait à ces raisons et acceptait la candidature du prince Orlcv, un ami éprouvé de longue date. Quant on procéda au dernier mouvement diplomati.que, il fut dit à M. de Sabourov qu'on pensait à le destiner à Rome dans le cas où le choix du baron d'Uxkull pour le poste de Londres serait agréé par la reine d'Angleterre. Cette offre faite conditionnellement à M. de Sabourov n'a pas été de son gout et il l'a déclinée.

Je tiens en partie ces détails, sous forme tout-à-fait réservée, d'un de mes collègues.

V.E. aura vu, par le discours du trone, que l'Italie est placée sur la meme ligne que l'Espagne. De son còté l'Autriche range dans le meme groupe que la Russi€.. Sans doute il eut mieux valu employer une rédaction plus précise et plus conforme à la vérité des situations réciproques. Au reste, de tels discours ne font qu'esquisser les lignes générales de la politique sans entrer dans des distinctions ou définitions de droit public. L'ambassadeur d'Autriche assure savoir pertinemment qu'à Vienne, comme à Berlin, on se rend parfaitement compte de la différence des situations pour ce qui regarde la Russie.

Il est vrai que le revirement s'opère au bruit de la grosse caisse; mais souvent, moins l'amitié est vive, et plus on cherche à en rendre les manifestations, bruyantes et emphatiques comme si l'on voulait de part et d'autre s'étourdir et se donner le change. Le fait est qu'en dehors de la cordialité personnelle entre les deux Cours, la situation ne reste pas moins avec ses complications d'intérets, de passions et d'ambitions. Il n'est point douteux qu'en Russie le sentiment national est peu favorable aux Allemands. L'Allemagne aussi ne voit pas sans défiance les agissements des partis en Russie. Mais pour le moment il ne s'agit ni de destinées nouvelles pour l'Autriche et la Russie en Orient, ni de nouvelles révolutions d'équilibre par des remaniements terntoriaux provisoirement laissés sous le voile. Tout cela est un peu en dehors de cette vie réelle où les plus puissants eux-meme ne font pas toujours tout ce qu'ils veulent, où ils risquent de se heurter contre l'invisible nature des choses. En attendant, on peut admettre que les mouvements dangereux qui amènent un choc entre les Nations sont enrayés et que la paix, selon les prévisions humaines, est assurée pour un certain temps. Mais cette sécurité tient uniquement à ce que la ligue des Puissances intéressées au maintien de la tranquillité générale soit assez forte pour imposer, au besoin, la paix. Le rapprochement de la Russie a été une conséquence de cette entente, car cette Puissance a dft se convaincre de l'inutilité de ses efforts pour rompre le faisceau. Certains journaux parlent de projets de désarmement. Ce serait donner gain de cause à ceux qui ne guettent que l'occasion de se ruer sur les Etats dont ils ne redouteraient plus la résistance.

(l) Cfr. n. 98.

106

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3428. Berlino, 12 marzo 1884 (per. il 18).

D'après des renseignements que je me suis procurés en voie très indirecte, car j'evite de faire toute interpellation pour ne pas m'exposer à en recevoir, la circulaire du secrétaire d'Etat de Sa Sainteté sur la question de la Propagande n'était pas encore parvenue au Cabinet de Berlin. Celui-ci n'avait dane pas é1é jusqu'ici dans le cas de se prononcer. Ainsi que j'en ai déjà exprimé l'avis, je crois qu'il se tiendra sur la réserve en attendant de connaitre ce que ferant les Puissances catholiques.

J'estime également qu'il ne se départira pas de cette attitude si quelque g01wernement s'avisait de s'immiscer d'une manière quelcanque. La Congrégat.ion dont il s'agit passe à tort ou à raison pour etre saus l'influence des jesuites. On craint si fort san action en Allemagne, qu'en suite d'une des mesures prises durant la période aigue du KulturKampf et qu'on applique toujours avec sévérité, l'ordre de la Société de Jésus et toutes les congrégations affiliées sont exclus du territoire de l'Empire. Il n'est dane pas à supposer que le Gouvernement impérial veuille preter assistance à l'institut de la Propagande. Il ne faut pas oublier néanmoins que le prince de Bismarck ne cannait palitiquement ni liberaux ni canservateurs, ni pratestants ni catholiques dans le sens strict du mot. Il ne connait que des auxiliaires. Il se sert de tout le monde. Il est avant tout l'homme de l'Empire qu'il est chargé de gouverner, après l'avoir crée. Dans les Chambres il prend les majorités où il les trouve, pourvu qu'elles ne constituent pas de danger pour l'intéret ex

térieur et intérieur de l'Etat monarchique. Or, dans cet ordre d'idées, le jour pourrait arriver où il devrait recourir à l'appui du centre catholique, et lui faire quelques cancessions en échange de son appui pour avoir gain de cause dans les réformes sociales et économiques. Sous ce rapport, il vient de se produire un fait qui n'est pas sans quelque importance. Les progressistes et les sécessionistes dans le Reichstag se sont fusionnés en une seule fraction désignée sous le nom de <1: parti libéral allemand l) qui compte environ 110 députés. Leur fusion donnera plus d'unité à l'action du libéralisme avancé, et s'il parvìent à s'entendre avec le centre, l'opposition disposera de la majorité.

Le chancelier va évidemment travailler de son mieux à amadouer le centre pour l'empecher de faire cause commune avec le nouveau parti. S'il y réussit, nous aurons une maivaise carte entre nos mains. Il faudrait de toute façon éviter de favoriser le jeu de nos adversaires.

107

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2068. Vienna, 14 marzo 1884 (per. il 18).

Il riavvicinamento della Russia alla Germania, e di conseguenza all'Austria-Ungheria, continua come di ragione a formar principalissimo soggetto di conversazione nei circoli politici della Monarchia, ed essenzialmente in quelli ungheresi, poiché i magiari memori dell'intervento russo nel 1849 male si piegano al ristabilimento di cordiali relazioni con quell'Impero, la rivincita in quella direzione continuando ad essere fra le più care aspirazioni di un forte partito al di là della Leitha.

Non è quindi da meravigliarsi se il Parlamento di Pest ebbe ad accogliere con soddisfazione l'annuncio fatto nella seduta dell'8 corrente dal deputato Helfy dell'estrema sinistra, di un'interpellanza al presidente del Consiglio conl!epita nei seguenti termini.

«Secondo partecipazioni di giornali esteri e del Paese subentrò un importante cambiamento nella lega austro-ungarica-germanica. La natura e le modalità di questo cambiamento vengono date in vario modo; secondo una versione la lega non verrebbe alterata ma solo allargata, imperocché oltre l'Italia si sarebbe unita alla stessa anche la Russia. Secondo un'altra versione non si tratterebbe soltanto dell'avvicinamento della Russia alla lega, ma bensì d'una alleanza scritta e formale, che i tre imperatori avrebbero conchiuso per un determinato lasso dì tempo dicesi per cinque anni. Ma la stampa ufficiosa russa presenta la nuova conformazione politica come una vittoria della diplomazia russa sulla Monarchia austro-ungarica, quasi che questa conformazione sia diretta contro la nostra Monarchia e rispettivamente a voler far perdere a questa 11 posto che le spetta. In vista di queste notizie mi permetto di interrogare il presidente dei ministri, se abbia cognizione di ciò che ultimamente successe in proposito. E se egli come suppongo ne è a cognizione, chiedo se è propenso di informare la Camera dei deputati su quello che c'è di vero o di falso nella suddetta notizia, e specialmente se è vero che fra l'Impero ger-' manico e la Russia sia stata conchiusa un'alleanza oppure una convenzione simile ad un'alleanza alla quale s'unì anche la nostra Monarchia.

Se ciò è vero: successe questa adesione colla scienza ed approvazione del signor presidente dei ministri rispettivamente del Governo ungherese? In che consistono l'essenza e la meta della nuova convenzione? Qual vantaggio aspetta per la nostra patria il presidente dei ministri da questa nuova formazione? E non ritiene egli fondato il timore che con questo intromettersi della Russia nella lega non venga indebolita l'intima amicizia esistente fra noi e l'Impero germanico, senza che vengano minimamente migliorate le nostre relazioni colla Russia'? :..

Il signor Tisza dopo essersi procurato dal ministro imperiale degli affari esteri le opportune direzioni rispondeva a quell'interpellanza nella seduta di ieri nei termini seguenti:

«Io posso dare l'assicurazione all'onorevole Camera che nessun fatto è avvenuto che menomamente porti alterazione all'intima alleanza che esisteva ed attualmente esiste fra la Monarchia austro-ungarica e la Germania, e ciò òanto più in ordine alla sua natura come in riguardo dei suoi scopi e della sua intensità.

È noto che quest'alleanza fu conchiusa pel mantenimento e la protezione dei vigenti trattati e della pace.

Se a quest'alleanza altre Potenze si avvicinano senza però minimamente alterarla, e senza potersi cacciar di mezzo a mo' di cuneo fra i due alleati, io cre(lo elle da una parte ciò sia un successo dell'alleanza, e d'altra parte si abbia a trarne nuova guarentigia di ciò che ognuno desidera in Ungheria, che cioè la pace non venga distrutta.

Non è mia intenzione di prendere in considerazione ogni notizia di giornale; ciò però che posso assicurare alla Camera si è: che qualunque notizia che si spinga oltre al fatto che la Russia stessa, ispirata dal desiderio di pace, llrmna conservare le relazioni amichevoli colla Germania, e con la nostra Monarchia senza però in nulla alterare l'alleanza austro-ungarica-tedesca, è a considerarsi come una completa invenzione.

Aggiungo ancora, che questa alleanza di cui tutti si rallegrano in Ungheria è mantenuta intatta, e se aggiungo inoltre che i nuovi riavvicinamenti che ebbero testé luogo, non fanno che accrescere le guarentigie di pace, ho così indh::ato il punto di vista da cui io aspetto da quel fatto un vantaggio per la Monarchia ed in particolare per l'Ungheria :..

L'interpellante e la Camera prendono atto della risposta che venne accolta con vive acclamazioni.

Indubbiamente il Ministero imperiale degli affari esteri non ha detto gran cosa per bocca del signor Tisza, ma ciò che ha detto è inteso ad eliminare l'ipotesi di una rinnovazione dell'alleanza dei tre imperatori, e conferma anche che se il Governo austro-ungarico ha fiducia che l'avvicinamento della Russia alla Germania avrà pure buoni risultati per l'Austria-Ungheria, ciò nondimeno non mancherà di tenere gli occhi aperti, affinché non abbia ad intromettersi in quell'alleanza che continua a formare la base essenziale della politica della Monarchia, quel tal cuneo a cui il Tisza accennò.

Per intanto è incontestabile, che nell'accaduto il Governo imperiale vede una sicura guarentigia di pace per alcuni anni, il di cui numero mi fu precisato con una conformità degna di nota col numero di tre o quattro dai due personaggi dell'Impero più altamente autorizzati a pronunciare un apprezz9mento in proposito.

Noterò a questo riguardo, che il secondo di detti personaggi, il conte Kalnoky, nel mostrarmi nei termini i più precisi la sua fiducia negl'attuali intendimenti della Russia, aggiungevami tosto: che ad ogni modo eragli riuscito assai confortante il fatto, che il Parlamento ungherese aveva testé votato la costruzione di quelle strade ferrate strategiche nella direzione della Galizia, al cui riguardo egli non aveva cessato da alcuni anni di far insistenze presso il Governo di Pest, costruzioni per cui occorrono tre anni almeno, e che in tal maniera potranno essere compiute in tempo da guarentire la Monarchia contro la eventualità dell'avvenire (1).

108

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2073. Vienna, 15 marzo 1884 (per. il 19).

Non per l'importanza della cosa ma bensì siccome espressione di una situazione, pregiomi richiamare l'attenzione dell'E.V. sul linguaggio tenuto dal deputato slavo Vitezich nella seduta della Camera di Vienna ieri nella circostanza in cui discutevasi il titolo 4° del bilancio dell'Interno relativo all'amministrazione politica nei singoli Paesi della Monarchia. Quell'onorevole rappresentante degli slavi dell'Istria, siccome l'E.V. vedrà dal qui unito estratto di giornale (2), prendendo le mosse dal libro pubblicato dal Fambri tre anni sono sotto il titolo La Venezia Giulia con poca opportunità a vero dire da parte di un uomo che sempre appartenne al partito moderatissimo, agitò dinanzi alla Camera lo spauracchio dell'irredentismo sia rivoluzionario che colla veste della diplomazia, per dimostrare che il solo modo di assicurare all'Austria il mantenimento dì Trieste e del litorale, si è di dare in quei Paesi l'assoluta preponderanza agli slavi che questi ntengono a loro dovuta anche per ragione di maggioranza di popolazione.

Le passionate elucubrazioni del Vitezich non ebbero in verità grande eco nella Camera ed anzi la maggior parte dei giornali a cominciare dalla Wiener Zeitung non fecero menomamente cenno di quell'incidente nel rendiconto della seduta.

Il linguaggio del signor Vitezich è però chiara novella prova del sistema sempre prevalente presso gli slavi dell'Istria e della Dalmazia, di trarre in ballo ad ogni momento le pretese cupidigie dell'Italia e di farne una questione politica internazionale colto qualunque più futile pretesto, pur di contribuire a raggiungere il loro scopo, che si è di schiacciare in quei Paesi l'elemento italiano per stabilirvi il loro esclusivo dominio. Questo loro giuoco riesce perfettamente in Dalmazia e nell'Istria dove le due razze si trovano sole a fronte l'una dell'altra, mentre che il successo non è così completo a Trieste essendovi

12 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XVII-XVIII

di mezzo i tedeschi che se non vogliono gli italiani non si piegano neppure al giogo degli slavi.

Dal fin qui esposto si trae pure un altro ammaestramento assai utile a meditarsi da quanti in !talLa giudicano le cose col solo criterio sentimentale. Questi infatti avranno così mezzo di convincersi, che poco desiderabile regalo si farebbe all'Italia felicemente abitata tutta da italiani, ove per un istante ammettasi, le si volesse far dono dell'Istria e della Dalmazia la cui popolazione è la più eterogenea che mente umana possa immaginare.

(l) -Per la risposta cfr. n. 115. (2) -Non pubblicato.
109

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2074. Vienna, 16 marzo 1884 (per. il 20).

Facendo seguito al mio rapporto in data di ieri (l) relativo al discorso cosi poco amichevole per l'Italia tenuto dal deputato Vitezic pregiomi riferirle che nella seduta di ieri il presidente del Consiglio conte Taaffe si limitò a rispondere dal punto di vista puramente amministrativo senza menomamente rilevarne il carattere tendenzioso a riguardo dello Stato vicino.

Un ben diverso contegno però ebbe a tenere il deputato Edmond Suess, che dopo aver polemizzato sulla questione del principio della nazionalità pronunciò le parole seguenti:

«Il deputato Vitezic ha anche parlato di un opuscolo del signor Fambri, che dovrebbe contenere il programma dell'Italia irredenta, e disse che gli stessi conservatori in Italia tendono a quella meta. Noi non possiamo sopportare che di continuo si riapra la ferita sul corpo del nostro Stato. Noi vogliamo vivere e restare in pace coll'Italia (applausi a sinistra). Il grande ed importante uomo di Stato, la di cui morte mette in questo momento in lutto l'Italia, quello che più degli altri va annoverato fra gli uomini di Stato conservatori, teneva fermo con tutto il cuore e con grande sincerità alla pace coll'Austria, e ciò in verità poiché egli era abbastanza accorto per sapere che la pace all'estero è la prima condizione pel consolidamento dello Stato. Conseguentemente io deploro profondamente le parole del deputato Vitezic. Fu poi anche accennato ad una lettera di uno uomo di Stato berlinese che conterrebbe delle promesse che qui non intendo richiamare. Sì miei signori, dove ci troviamo noi dunque? Noi siamo qui in un Parlamento austriaco, noi viviamo in pace coi nostri vicini, la Germania ci stima, l'Italia ci stima, e noi ci stimiamo noi stessi, e più ci stimeremo noi medesimi, più la pace sarà sicura nell'intiera Europa (applausi a sinistra) ».

Anche delle cose dette in questa seduta ci conviene prender nota, poiché in ·essa infatti si è visto il presidente del Consiglio astenersi intieramente dal

fare rilevare la sconvenienza di parlare di un vicino, amico ed alleato, come se si trattasse di un aperto nemico.

Dichiarazioni molto amichevoli per l'Italia furono bensì fatte da un deputato che è una della più eminenti personalità dell'Austria, ma conviene osservare ch'egli siede all'opposizione e che da quella parte soltanto le sue parole che suonarono pace ed amicizia per l'Italia riscossero applausi: la destra, che è la maggioranza su cui il Governo appoggia, restò completamente muta. Anche questo fatto assai significante molte cose spiega.

(l) Cfr. n. 108.

110

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 318. Parigi, 17 marzo 1884 (per. il 22).

In seguito ad invito fattomi dal signor Ferry, mi recai ieri mattina a vederlo al Ministero degli affari esteri. Egli mi disse che desiderava portare la mia attenzione sulle dichiarazioni di lord Hartington al Parlamento inglese, dalle quali sembrava apparire assai chiaramente che la permanenza indefinita delle truppe britanniche in Egitto era, nel pensiero del Governo della regina, cosa stabilita, come pure la occupazione per parte di quella Potenza dei porti del Mar Rosso che finora erano sotto il dominio diretto del Governo egiziano. Quest'ultima dichiarazione venne però ulteriormente attenuata colla interpretazione data alle parole di lord Hartington, nel senso che quei porti dovessero essere nelle mani di una Potenza incivilita, senza accennarne alcuna.

Il signor Ferry, che, da principio, temeva che l'Inghilterra volesse contestare alla Francia la occupazione di Obock, mi esponeva che, visti i nostri diritti sopra Assab, l'Italia avrebbe un uguale interesse ad opporsi in tal caso alle . pretese che a quel riguardo volessero innalzare gli inglesi. Non credei di dover entrare in molti particolari su quell'argomento e mi limitai a fare osservare che i nostri diritti sopra Assab, come quelli emergenti dal nostro protettorato sul vicino territorio di Raheita e di Damakil erano ben definiti, per cui speravamo che da nessuno sarebbero contestati. Intanto il signor Ferry mi disse che reputava opportuno che i nostri due Governi agissero di concerto per tutelare gli interessi che abbiamo comuni in Egitto, fra i quali quelli relativi alla libertà di navig·azione attraverso la via marittima che comprende non solo il canale di Suez, ma anche il Mar Rosso, ed a questo riguardo egli pensava che sarebbe opportuno di sancire la libertà assoluta di quella comunicazione indispensabile alla Francia ed alle altre Potenze quanto all'Inghilterra stessa. Io notai al signor Ferry che il Governo del re si era già preoccupato di quella questione e che non si era finora dato seguito alle entrature fatte in proposito.

n signor Ferry continuò la conversazione lamentandosi del predominio che gli inglesi tendono ad esercitare in Egitto: mi parlò della Commissione sanitaria internazionale (che già fece oggetto del mio rapporto di serie politica

n. 314 del 12 corrente) (l) alla presidenza della quale venne chiamato il console inglese stesso, che è propugnatore dell'abolizione parziale della quarantena, almeno per le provenienze da Bombay, a vantaggio del commercio inglese.

n ministro accennò poscia all'intenzione che aveva il Governo inglese di modificare le condizioni del debito egiziano, non rispetto alla quota dell'interesse portato dai titoli che rimarrebbe inalterato, ma rispetto all'ammortamento che si tratterebbe di ridurre onde far fronte agli interessi del nuovo prestito di duecento milioni di franchi, che si sta combinando per saldare le spese di indennità e di guerra, cui deve sottostare l'infelice Governo egiziano. Si tratterebbe eziandio di ridurre la quota d'indennità ai danneggiati di Alessandria.

Tutte queste cose, mi diceva il signor Ferry, non possono essere fatte dall'Inghilterra senza il concorso delle altre Potenze; epperciò è d'uopo prepararsi a discuterle quando verrà il momento. Ed intanto egli ripeteva il desiderio che Francia ed Italia si concertassero a quel riguardo, attesa la similitudine dei rispettivi interessi.

Prendendo in seguito questa occasione per parlarmi della Tripolitania, il signor Ferry mi disse che alcuni giornali italiani, fra i quali il Diritto, si erano commossi a torto della notizia sparsa della destinazione di un capo militare al posto di console di Francia a Tripoli; si era bensì trattato di nominare a quel posto un comandante (maggiore) giubilato che, avendo per lunghi anni vissuto in Algeria, conosceva perfettamente la lingua araba ed era molto adatto a coprire la detta carica; ma che, per il momento, vi si era rinunziato e si manteneva a Tripoli il console attuale, il quale è meglio in grado di sorvegliare le mene del Mahdi, che sembra minacciare la Reggenza, coll'intendimento forse di spingere più oltre, verso ponente, i suoi ulteriori tentativi. Intorno a queste comunicazioni risposi al signor Ferry che ne avrei riferito all'E.V., che certamente vi avrebbe portato la massima attenzione.

Da tutto ciò si scorge che, in vista della posizione predominante che l'Inghilterra prende in Egitto, è desiderio della Francia di avvicinarsi a noi. Tali entrature non sono certo da disdegnarsi, prendendo però le debite precauzioni, perché non bisogna dimenticare che fu la Francia che eliminò l'Italia dall'amministrazione dell'Egitto, allorché all'epoca dell'accomodamento delle cose di quel Paese il Governo francese ci abbandonò mentre ci aveva precedentemente distolti dall'unirei a quest'ultima, la quale aveva da principio fatto assegnamento sul nostro concorso. Intanto pare che in Parigi si senta il bisogno di un elemento modemtore fra le due grandi rivali, la Francia e l'Inghilterra; spetta a noi di saperci valere di quella posizione, non fosse che per cogliere questa opportunità per provocare una spiegazione, da parte del Governo della Repubblica, intorno alle altre questioni, che anche all'infuori dell'Egitto riflettono il litorale Mediterraneo (2).

(l) -Non pubbllcato. (2) -Per la risposta cfr. n. 124.
111

IL COMMISSARIO CIVILE AD ASSAB, BRANCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 348. Assab, 17 marzo 1884 (per. il 7 aprile).

Delle due notizie trasmesse all'E.V. dal nostro agente e console generale in Egitto, la prima, quella che concerne il figlio di Berehan, non è vera. Tanto i figli di tutti di Berehan, che secondo il costume dancalo reggono il sultanato nell'anno del lutto, quanto l'oasir o successore di lui (nipote) sono al momento in cui scrivo in Assab con numero non indifferente di seguaci e di aderenti. Nessuno di loro ha da anni lasciato il Paese dancalo. L'altra, quella della delimitazione del territorio di Obock, è vera. Sembra infatti che il Governo egiziano non abbia per Obock tutte quelle pretese che altre volte accampò per Assab, giacché accettò, a quanto pare, senza discussione la nomina di una commissione mista per la semplice delimitazione dei confini. A questo proposito riferirò anzi che secondo dichiarazioni dell'oasir i comandanti dei legni 1francesi che pochi giorni or sono si trovavano in Obock hanno accampato pretese su tutta la costa fino a Dumeira, pretese che l'altro s·i è naturalmente rifiutato di riconoscere. Non sarebbe anzi male che nell'interesse della colonia, il R. Governo sorvegliasse in Francia l'esito di queste domande che io ritengo assolutamente infondate.

112

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 271. Vienna, 18 marzo 1884, ore 15,30 (per. ore 16,15).

Chaque fois que je vois Kalnoky il me questionne amicalement sur notre situation parlementaire. Aujourd'hui il est revenu là-dessus ayant reçu rapport de Ludolf à ce sujet qu'il résumait ainsi: «il n'y a aucune grave question, il n'y a pas de crise, mais il y a un état de choses qui commence à porter atteinte au prestige et à la force du Gouvernement ~-Il est de fait que ce jugement est partagé ici par les journaux et par l'opinion publique. Je me permets donc de dire qu'au point de vue de notre prestige et de notre force vis-à-vis de l'étranger, il est urgent que nous sortions de la situation parlementaire indécise qui, il n'y a de doute, paralyse, aux yeux de l'étranger, la force de notre Gouvernement et f·ait du tort à sa considération.

(1) Ed. 1n L'Ita!la tn Atrtca, Ettopta -Mar Rosso, tomo III, cit., p. 41.

113

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 360/551. Londra, 18 marzo 1884 (per il 21).

Jeri sera, nella Camera dei Comuni, il barone di Worms, riferendosi alle dichiarazioni fatte da lord Hartington il 15 corrente, chiese se il Governo della regina avesse l'intenzione di non ritenere alcuno dei porti del Sudan nel Mar Rosso, eccetto quello di Suakim; e se fosse vera la voce sparsa che il Governo inglese avesse l'intenzione di mettere le coste del Sudan nel Mar Rosso in mano della Turchia.

In risposta, il marchese di Hartington disse ch'egli non credeva aver dichiarato che il Governo inglese si proponesse di ritenere alcuni dei porti del Sudan nel Mar Rosso, incluso Suakim, né tampoco che si proponeva di abbandonare quei porti ad eccezione di Suakim.

«Ciò ch'io dissi :1' (fece notare lord Hartington), «o ad ogni modo ciò che avrei dovuto dire, è che il Governo inglese aveva sempre, sin dal principio della questione egiziana, manifestato l'intenzione di aiutare il Governo egiziano a difendere i porti del Mar Rosso.

«Il Governo inglese » soggiunse quindi Sua Signoria, « non ha fatto alcuna proposta di mettere i porti del Mar Rosso in mano della Turchia, comecché una tale proposta sia stata naturalmente discussa. Io non credo però», conchiuse lord Hartington, « che sarebbe opportuno, od a me conveniente, nel momento attuale, di fare alcuna dichiarazione sulle intenzioni del Governo circa qualsiasi proposta che possa essere stata fatta ».

114

IL COMMISSARIO CIVILE AD ASSAB, BRANCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 349. Assab, 18 marzo 1884 (per. il 7 aprile).

La visita del sultano di Gobat Hummed Loeita, che io aveva già annunziata in altra mia, ha avuto luogo in questi giorni. Egli giunse al 15 ed al momento in cui scrivo è ancora in Assab. Con lui vennero pure i figli di Berehan, l'oasir di Raheita ed una quantità non indifferente di seguaci. Lo ricevemmo con tutti gli onori che potevamo usargli e in questi giorni, tanto io che il conte Antonelli ci siamo sforzati di propiziarlo in nostro favore. Infatti si è mostrato a.ssai ben disposto ed ha ripetutamente offerto di far passare pel suo Paese quelle carovane che transitassero fra Assab e lo Scioa. Per dar più solennità a queste sue dichiarazioni credemmo bene di far firmare anche a lui una convenzione simile a quelle che il conte Antonelli stipulò con l'Anfari. Qui unito ne invio l'originale italiano (2). Naturalmente a tutte queste con

venzioni non devesi dare più valore di quel che non meritano, ma anche presso i danakil la promessa scritta ha un certo valore, anche indipendentemente dalla possibilità che a noi sempre rimane di rinfacciargli l'ineseguito contratto. Non potendo la colonia in questo momento sottoporsi a troppe spese, lo misi in questa circostanza a disposizione del conte Antonelli talleri 200 sul nostro bilancio. A questi egli ne aggiunse altri 300 in modo che la distribuzione fatta fu di 300 al sultano, 100 all'oasir, e 100 al seguito. Egli del resto renderà conto a parte di queste sue spese.

(l) Ed. in L'Italia tn Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III, cit., p. 42.

(2) ~:on ei pubblica. ·

115

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 1629 Roma, 19 marzo 1884.

Ringrazio V.E. per le informazioni contenute nel dispaccio di questa serie 2068, del 14 corrente (l) relativamente alle interpellanze mosse nel Parlamento ungherese, circa al riavvicinamento deUa Russia alla Germania.

Le dichiarazioni del ministro Tisza in quell'occasione sono state accolte anche in Italia, per quanto concerne le assicurazioni pacifiche e le spiegazioni date circa il carattere e le conseguenze del riavvicinamento della Russia alla Germania, in senso ,assai favorevole ed il R. Governo si compiace sinceramente di vedere aumentate le garanzie della pace generale.

Certo è però che non sarebbe sembrato fuori di luogo, agli occhi nostri, almeno un accenno alla situazione speciale dell'Italia nel concerto delle Potenze che hanno fatto del mantenimento della pace la base fondamentale delle loro politica comune.

116

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 325. Roma, 20 marzo 1884.

Gli avvenimenti del Sudan ed il proclama del generale Gordon hanno destato anche presso di noi gravi timori, circa una possibile recrudescenza della tratta degli schiavi.

Interprete del sentimento generale, il Governo ha esplicitamente confermato ai comandanti dei regi legni, che già sono o devono recarsi nel Mar Rosso, le istruzioni di cui essi sono in ogni tempo in possesso per la polizia e la sorveglianza del mare in quanto riguarda la tratta. Se non che tale sorveglianza non potrà, per ora, esercitarsi che sui legni nazionali, poiché né le coste del Mar Rosso, né in generale la costa orientale d'Africa, ad eccezione dell'isola di Madagascar, sono dall'art. 1° della convenzione del 30 novembre 1831 (tuttora in vigore fra l'Italia e la Gran Bretagna) comprese fra i luoghi ove si possa esercitare il diritto di visita.

Così ristretta, l'azione della nostra marina militare non potrebbe se non riescire poco efficace; epperò il Governo del re, mosso da un sentimento umanitario, e sicuro dell'appoggio dell'opinione pubblica in Italia, sarebbe disposto ad estendere l'esercizio di tale diritto ai luoghi ave si teme che l'infame traffico possa ora aver nuova vita.

Mi pregio di trasmettere a V.E. un breve pro memoria (l) ove è riassunto il 'nostro diritto convenzionale circa questa materia, ed un progetto di protocollo che dovrebbe venir sottoposto all'approvazione del Governo britannico. Ammesso H principio, saremmo naturalmente disposti ad esaminare colla massima condiscendenza quelle modificazioni riguardo ai particolari che ci fossero suggerite dal Gabinetto di Londra come più adatte a raggiungere lo scopo umanitario cui tendono gli sforzi dei due Governi.

Con un telegramma d'oggi (2) le diedi un cenno dei nostri intendimenti, e la pregai di indagare tosto quali fossero le disposizioni del Governo della regina. Le soggiunsi come mi sembrasse che dovesse venir apprezzata costi l'occasione da noi offerta all'attuale Gabinetto di affermare la sua risoluzione di non allontanarsi dal programma umanitario e civile di cui la Gran Brettagna va giustamente superba. Le accennai infine come essendo stato avvertito che, in occasione della prossima discussione del bilancio, mi sarebbe diretta un'interrogazione su quest'affare della tratta, una risposta immediata di lord Granville, favorevole in massima all'accordo da noi proposto, mi sarebbe riescita gradita.

(l) Cfr. n. 107.

117

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 321. Parigi, 20 marzo (per. il 23).

Ieri ebbi l'occasione di intrattenermi con questo nuovo ambasciatore di Spagna, signor Silvela, della questione del Rif nel Marocco. S.E. mi disse che anni sono la Francia aveva chiesto al Governo marocchino l'autorizzazione di costrurre una ferrovia in quelle regioni. Il signor Silvela, allora ministro degli affari esteri in !spagna, chiese tosto una simile concessione non per una sola, ma per due ferrovie, senza intendimento però di costruirle, ma bensì nella persuasione che l'imperatore, il quale era stato messo in sospetto dalla domanda francese, avrebbe colto l'occasione per rifiutare la concessione ad ambedue le Potenze richiedenti, evitando così di dare motivo alla Francia di lamentarsi del rifiuto che le era dato, giacché un simile trattamento aveva avuto la Spagna.

Dopo quell'epoca le viste della Francia non hanno cessato di volgersi verso il Rif dove, a quanto pare, essa desidererebbe possedere qualche porto. Siccome le popolazioni di quelle provincie sono di spiriti indipendenti e briganteschi, e di animo altrettanto coraggioso quanto feroce, si sospetta che i francesi cerchino di provocare qualche violenza per parte di quella gente, onde avere un pretesto

per intervenire ed occupare qualche punto di quel territorio. Intanto non si saprebbe spiegare la missione 'che fu data al signor di Chavagnac (o che egli si è fatta dare), di percorrere il Rif esponendosi a non pochi pericoli; per la qual ragione l'imperatore del Marocco gli somministrò una scorta assai numerosa, onde farlo rispettare e togliere in tal modo alla Francia ogni motivo di intervenire.

A questo proposito non è inopportuno ricordare che alcuni anni sono un nostro diplomatico, che ravvisava utile per il commercio italiano di avere un porto sulla costa del Rif, proponeva di fare investire sopra qualche punto di essa una nostra nave di commercio (di poco valore, s'intende), la quale non avrebbe mancato di essere assalita e depredata dagli abitanti, il che ci avrebbe così somministrato la opportunità di mandarvi qualche nave da guerra e di piantarvi la bandiera italiana in segno di possesso.

Intanto sembra che la Spagna sia alquanto impensierita per la politica coloniale della Francia, che sembra cercare un nuovo teatro nell'Impero del Marocco.

(l) -Non si pubblica. (2) -T. 141, non pubblicato.
118

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 278. Berlino, 21 marzo 1884, ore 12,48 (per. ore 15,10).

Il est évident, au point de vue de nos rapports avec l'étranger et surtout avec l'Allemagne et l'Autriche, que la base de notre politique ne saurait subir de changements. Je remercie V.E. de m'en donner confirmation par son télégramme de ce soir (1). Gazette de l'Allemagne du Nord en parlant hier des efforts de l'opposition pour ébranler le Cabinet de Sa Majesté faisait remarquer que dans les données actuelles des motifs très-sérieux existeraient contre une crise ministérielle. Je suis bien aise d'apprendre qu'il ne s'agit que d'une modification partielle rendue nécessaire par un manque de cohésion dans les rangs de la majorité. L'important c'est que le président du Conseil et le ministre des affaires étrangères conservent leur ancienne position dans un ministère, si possible, plus homogène et qu'ils continuent à mettre toutes leurs forces pour donner à l'Italie une direction qui seule peut lui ménager en Europe les conditions de véritable grande Puissance.

119

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 282. Vienna, 21 marzo 1884, ore 18,25 (per. ore 18,50).

Je viens du Ministère, et j'ai le regret de devoir annoncer à V.E. que le choix fait de nos délégués à la commission pour la peche a produit ici la

plus fàcheuse impression. Les délégués autrichiens, étant tous des fonctionnaires, on se croyait assuré qu'il en aurait été de mème de notre part. On m'a dit que si notre liste devait ètre maintenue, on destinerait de ce còté, au lieu des délégués déjà indiqués, quatre députés dalmates des plus intransigeants sur la pèche. La répugnance absolue du Gouvernement austro-hongrois à avoir à faire à des hommes politiques est telle que, pour mon compte, je me sens impuissant à la vaincre. Le comte Ludolf sera chargé parler à V.E. à ce propos, mais je doute fort que l'entente se rétablisse.

(l) T. 143 del 20 marzo, non pubblicato.

120

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 145. Roma, 22 marzo 1884, ore 16.

Votre télégramme (l) concernant la commission mixte me cause pénible étonnement. Si dans le choix de nos délégués nous avons donné une large part à l'élément parlementaire, c'est qu'il nous a paru utile, dans l'intérèt commun, de coYntéresser dans la solution de la question ceux qui pourront, le cas échéant, se joindre au Gouvernement pour défendre notre ceuvre devant la Chambre. Loin d'ètre guidés par un sentiment de nature à justifier la menace d'une représailles par la nomination, du còté de l'Autriche-Hongrie, de députés dalmates intransigeants, nous avons cru et nous croyons encore que notre choix va faciliter le succès. Il est à remarquer que nous nous sommes précisément abstenus, par un esprit de conciliation, de prendre nos délégués dans les éléments locaux, ou parmi les personnes connues par leur opinion hostile ou répandue dans le public. M. Berin est un député ligurien qui ne saurait ,apporter au travail de la commission qu'un concours impartial et désintéressé. M. Cappelli ancien secrétaire de legation, membre du Conseil du contentieux diplomatique, rapporteur de notre budget, aura, plus spécialement, la facilité d'éclairer la Chambre sur l'arrangement que nous souhaitons. Enfin la nomination de M. Luzzatti était toute indiquée par sa compétence incontestable en pareille matière, et par la part qu'il a prise aux négociations commerciales entre les deux Pays, qu'il s'agit d'interpréter. Le professeur Giglioli est précisément le savant agréé et demandé à Vienne pour le prochain congrès.

V.E. voit qu'on ne saurait sérieusement objecter contre le choix que nous avons fait. Ce serait pousser bien loin la répugnance contre le parlementarisme, que de considérer la qualité de député comme constituant un titre d'exclusion. De ma part, je respecte le choix jugé convenable par le Cabinet de Vienne, quoiqu'en vérité, des employés de Ministère se trouvent dans la situation moins propre à accepter ou formuler, avec une opinion indépendante, des propositions non conformes à la volonté et au désir du Ministère dont ils relèvent. Ludolf a passé hier la soirée chez moi, mais n'a pas soufflé mot sur cet argument. Je prie V.E. de s'employer auprès du comte Ludolf pour dissiper

une impression dénouée de tout fondement, et pour lui donner la conviction de notre désir si:ncère, de notre ferme volonté d'aboutir à un arrangement satisfaisant et amical.

(l) Cfr. n. 119.

121

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA (l)

D. 329. Roma, 22 marzo 1884.

La commissione internazionale per le indennità egiziane avendo posto termine ai suoi lavori, è sembrato conveniente al rappresentante di Sua Maestà al Cairo, d'accordo con l'agente della Repubblica francese, che i rappresentanti delle grandi Potenze invitassero il Governo del kedivè a prendere le misure necessarie pel pronto pagamento delle indennità agli aventi diritto (2).

Dopo una riunione tenuta coi rappresentanti di Austria-Ungheria, Germania e Russia fu deciso di dirigere sull'argomento una nota identica a Nubar pa:scià, avendo cura in pari tempo di prevenirne il rappresentante inglese, allo scopo di rimuovere ogni lontana idea di animosità verso l'Inghilterra.

Come l'E.V. vedrà chiaramente, la pratica, di cui i rappresentanti di Italia e di Francia hanno preso l'iniziativa, non ha altro scopo all'infuori di quello di mostrare alle colonie l'interesse che i rispettivi governi prendono al pagamento delle indennità loro dovute.

Ho stimato opportuno tenere informato di quanto precede l'E.V. per porla in grado, ove ne sia il caso, di dare alla cosa quel carattere retto e quella giusta interpretazione che le spetta.

122

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 284. Vienna, 23 marzo 1884, ore 16,40 (per. ore 17,15).

Je me suis acquitté de la manière la plus complète de la commission dont

V. E. m'a chargé par son télégramme d'hier au soir (3), et j'ai réussi j'espère, à persuader que l'intention bien sincère de V.E. en composant la commission, comme elle l'a fait, est d'aboutir à un arrangement satisfaisant et amica!. Je crois qu'on n'insistera plus pour que de notre part aussi tous les ìdélégués soient des fonctionnaires, mais il y a des questions de personnes sur lesquelles on ne transigera pas, et si de notre còté on se refusait aux désirs que le comte Ludolf a reçu ordre d'exprimer, nous compromettrions irrévocablement

(3J Cfr. n. 120.

le résultat de la ,commLss1on sans pour cela obtenir puis l'arbitrage; après si j'avais été pressenti avant sur le choix que le Gouvernement du roi entendait faire j'aurais prévenu de l'impression qu'il aurait produit ici et qu'on ne peut apprécier en Italie, où l'on juge toute chose à des points de vue diamétralement opposés à ceux de l'Autriche; à l'heure qu'il est il faut, au moins tàcher d'y remédier le mieux que possible, ce qui ne peut dépendre que des décisions que le Gouvernement du roi prendra quand Ludolf aura fait sa communication.

(l) -Ed. con alcune varianti in LV 44, pp. 37-38. (2) -Tale capoverso fu inviato all'ambasciata a Vienna con D. 1633, pari data.
123

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. PARTICOLARE CONFIDENZIALE 149. Roma, 23 marzo 1884, ore 23.

Vos rapports concernant la singulière attitude du ministre Taaffe à l'occasion des allusions faites à l'irrédentisme italien, dont les manifestations ont, grace à notre fermeté, complètement cessé, révèlent une situation qui ne nous était pas, à vrai dire, inconnue mais qui n'en est pas moins, pour moi, un sujet de vif segret et d'amertume. Il est de fait que notre alliance est loin à Vienne, dans plusieurs des hauts cercles officiels, d'etre envisagée et pratiquée comme elle l'est de notre part et il continue pour moi d'étre tout à fait incompréhensible qu'on ne voie pas à Vienne l'utilité, dans l'intérét méme de l'AutricheHongrie, de travailler en toute circostance pour la fortifier en amenant l'esprit public en Italie à coincider avec le sentiment et les convictions du Gouvernement du roi quant à la base de notre politique. On dirait qu'on se plait à Vienne à entraver et à décourager en Italie l'oeuvre des amis dévoués de la Triple Alliance et qu'on y a presque l'air de vouloir dissimuler les rapports intimes qui se sont établis entre l'Empire et le Royaume. Ainsi alors que toute occasion est bonne à Vienne et à Boudha-Pesth pour des manifestations qui nous causent de l'ennui et de l'embarras, nous venons d'assister aux Chambres hongroises à un débat où il était tout nature! de la part de M. Tisza de mentionner les rapports avec l'Italie et où ces rapports ont été, au contraire, scrupuleusement passés sous silence. Il ne s'agit évidemment pas d'un fait isolé, car V. E. connait la série des incidents que je pourrais rappeller à commencer par la visite des souverains non rendue, jusqu'à l'affaire de la péche, où nos meilleures intentions sont méconnues. Le Cabinet de Berlin, de son còté, ne nous a jamais accordé le moindre appui dans J:es questions où nos intéréts sont engagés, et dans lesquelles l'assistance mutuelle serait obligatoire tant qu'il n'y a pas conflit entre les intéréts respectifs. V.E. connait ma manière de vo,ir. ainsi que les obstacles que j'ai du vaincre pour faire triompher, dans les conseils de Sa Majesté, une politique qui est à mes yeux la seule salutaire, et à laquelle j'ai eu conscience d'étre inébranlablement fidèle. Ainsi je dois vous dire avec une entière franchise, que je me sens découragé de voir si mal payés de retour mes efforts constamment dirigés à rendre plus solide et plus féconde l'alliance avec les deux Monarchies du centre. C'est un sentiment qui pourra exercer une influen

ce décisive sur mes résolutions, maintenant que la crise ministerielle est venue me poser le grave problème de savoir si ma présence dans le Cabinet a bien réellement les effets utiles que je voudrais pour l'intérét du roi et du Pays. J'ai tenu à vous ouvrir, général, toute ma pensée, car le moment actuel est de ceux, où toute réticence cesse d'étre possible, et il pourrait se produire, de ma part, une résolution, dont je tacherais naturellement, le cas échéant, de donner au public une explication bien différente, mais que je désire voir exactement appréciée et saisie par V.E., dont le jugement a pour moi une valeur toute particulière.

Tout ceci n'est que pour vous et pour votre règle.

124

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

D. 289. Roma, 23 marzo 1884.

Ho letto con vivo interessamento il rapporto di V.E. in data del 17 marzo (1), relativo ad un colloquio che ella ebbe col signor Ferry sugli affari d'Egitto e sulle intenzioni della Francia rispetto alla Tripolitania.

Riguardo al primo argomento, pel quale il signor Ferry accennò ad un accordo fra i nostri due Governi che potesse in certo qual modo controbilanciare il predominio dell'Inghilterra nel Vicereame, osservò come sino ad ora nulla autorizzi a credere che il Governo britannico voglia abbandonare il programma altamente annunciato rispetto all'Egitto, o mediti alcuna modificazione all'assetto yolitico di quel Paese senza avere prima ricercato ed ottenuto il consenso delle Potenze. Le dichiarazioni di lord Hartington che, in sulle prime, hanno potuto essere interpretate come implicanti l'affermazione della liberata occupazione indefinita del Paese, o quanto meno degli scali sul Mar Rosso, sono state indi spiegate dallo stesso oratore come riferentisi solo alla protezione ed ialla difesa di quei porti fino a che ne occorra il bisogno.

Noi pensiamo quindi doversi scrupolosamente evitare tutto ciò che possa suonare diffidenza verso l'Inghilterra, od accrescere le difficoltà gravissime attorno a cui si travaglia. Tuttavia accoglieremo sempre con piacere quelle comunicazioni che in forma amichevole e nell'interesse comune piacesse al Governo francese di farci pervenire in proposito con reciprocanza altrettanto amichevole.

Per quanto poi si attiene in genere all'assetto politico del Mediterraneo, noi ci compiacciamo delle spiegazioni del signor Ferry. Il Governo della Repubblica sa che noi siamo fermi nel desiderare una cosa soltanto, il mantenimento dello statu quo, e ciò sia a Tripoli, sia anche al Marocco. Una esplicita dichiaraZJione, un positivo impegno anche da parte del Governo francese rispetto a quelle due regioni, gioverebbe alla mutua fiducia fra i due Stati, e non parrebbe neppure inopportuno di fronte alle voci, che in questi ultimi tempi

117 si sono fatte più insistenti, circa supposti disegni della Francia, specialme:1te verso il Marocco.

Epperò prego V.E., quando se ne presenti propizia l'occasione, di esprimersi in questi termini col signor Ferry, conducendolo ad enunciare, in proposito, precise dichiarazioni.

(l) Cfr. n. 110.

125

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 148. Roma, 24 marzo 1884, ore 19,15.

Je remercie V.E. de ce qu'elle a fait, et j'attendrai les communications de Ludolf. Mais, en vérité si on demandera changement dans Ies personnes désignées, je ne vois pas comment ce choix, déjà connu ici, et notifié aux délégués choisis, pourrait etre changé, sans prouver à tout le monde que, mème dans ce qui exige pleine indépendance c'est à dire le choix de mandataires et personnes de confi:ance, nos rapports avec l'Autriche-Hongrie consistent dans l'exigence arbitraire de l'un des còtés, et la faiblesse servile de l'autre. L'effet moral de l'arrangement serait inévitablement compromis, toute solution d'avance discréditée.

126

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 396/560. Londra, 24 marzo 1884 (per. il 28).

Musurus pascià ha comunicato recentemente a lord Granville un altro dispaccio, nel quale si esprime ancora il desiderio del Governo ottomano di procedere ad un accordo coll'Inghilterra intorno agli affari d'Egitto ed a quelli del Sudan, che devono considerarsi, secondo il dispaccio, come inseparabili. Però il dispaccio non contiene nessuna determinata proposizione. Lord Granville ha risposto esprimendo un egual desiderio, per parte del Governo britannico, di intendersi colla Turchia su questo argomento, ma si astenne egli pure di formulare una qualsiasi proposta.

127

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. PARTICOLARE S.N. Vienna, 25 marzo 1884, ore 16,15 (per. ore 16,35).

V.E. doit se rappeler que lors de l'échange des dépeches qui a précédé les négociations du traité d'alliance, je témoignais une répugnance extreme à !es

entreprendre, précisant dès lors très nettement l'impossibilité dans nos circonstances, d'un sérieux rapprochement avec l'Autriche. J'ai obéi aux ordres insistants qui m'ont été donnés et je me plais à constater que nous avons conclu un traité qui malgré toutes ses lacunes, a eu l'avantage de donner une base stable à notre politique étrangère, contribuant notablement par contrecoup à donner de la force au Governement à l'intérieur. Tant que l'on avait la Russie hostile, on pouvait avoir besoin de nous à Berlin et à Vienne; aujourd'hui que ce danger n'existe plus, on ne se soucie plus de nous. Il n'y a là rien qui ne soit bien nature!; néanmoins je ne suis nullement surpris de l'amertume et du découragement que V.E. éprouve; car, pour mon compte, vous savez qu'il y a longtemps que je serais charmé de laisser mon poste à un autre, las comme je le suis, des efforts inutiles que je fais depuis tant d'années pour maintenir l'accord entre les deux Pays qui ne réussissent meme pas à se comprendre l'un ·l'autre tant est grand la distance qui les sépare sur tous les terrains. Je remercie V.E. de m'avoir, dans les graves circonstance actuelles, exprimé si nettement tsa pensée; mais elle me permettra de lui dire que je ne doute pas qu'en tout cas ses résolutions s'inspireront uniquement et toujours aux intérets du roi et de l'Italie, abstraction faite de toute cons~dération personnelle.

128

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3439. Berlino, 26 marzo 1884 (per. il 3 aprile).

J'ai l'honneur d'accuser réception des dépeches de V.E. des 8, 9, 16 et 19 mars numéros 1508 (1), 1512 (2), 1513, 1518 et 1519 (1), contenant vos instructions, ainsi que maintes données intéressantes sur les affaires du Maroc. Je trouvais en meme temps bien des indications utiles à ce sujet parmi les documents diplomatiques (série XL) qui me parvenaient en date du 20 de ce mois.

Dans l'intervalle qui s'est écoulé depuis l'envoi de mon rapport n. 3429 du 13 mars (1), le comte de Benomar a reçu Ies dépeches qu'il attendait de Madrid. Elles lui prescrivaient d'attirer la plus sérieuse attention du Cabinet de Berlin et de sonder ses dispositions sur la situation inquiétante au Maroc, en suite des agissements de la France. L'Espagne ne visait qu'au maintien du status quo. C'était pour elle une question vitale non seulement pour sa position de Puissance méditerranéenne, mais aussi au point de vue monarchique. Une extension de la France dans cette partie de l'Afrique du Nord équivaudrait à un blocus maritime de l'Espagne. Or, si elle peut vivre dans ses conditions actuelles, c'est sous la réserve de ne souffrir aucun dommage. Aucun ministère ne resterait de bout s'il se laissait surprendre par des événements qui, en se résolvant dans ces parages, comme à Tunis, entameraient les prestige de Nation, enlèveraient

en quelque sorte un fleuron à la Couronne. M. de Benomar ayant résidé durant plusieurs années à Tanger et connaissant tous les détails de cette question, il lui ét.ait laissé une certaine latitude dans ses entretiens avec la Chancellerie imperiale.

Il faisait, il y a huit jours, sa première demarche. J'arrivais après lui à l'audience chez le secrétaire d'Etat, et voulant mettre ·ce dernier sur la vaie des confidences j'amenais d'une manière detournée la conversation sur le Maroc. Il se bornait à quelques généralités, et ne me soufflait mot sur les ouvertures faites par mon collègue d'Espagne. Mais j'apprenais par celui-ci ce qui s'était passé dans ce premier entretien.

Après avoir mentionné différents détails démontrant le bien fondé des préoccupations existantes à Madrid, détails assez conformes à ceux signalés dans les dépeches de V.E., il espérait que le Gouvernement impérial saurait tenir compte du désir du Cabinet espagnol pour la conservation du statut-quo territorial et que dans aucun cas des changements ne devraient avoir lieu sans une entente préalable entre les Puissances, l'Espagne y comprise.

Il ne demandait point que l'Allemagne prit une initiative pour une déclaration à faire à Paris dans ce sens, mais qu'au besoin elle s'employat camme «honnete courtier » à l'effet de prévenir un conflit qui pourrait naitre, entre autres, des concessions obtenues par le comte Chavagnac et de ses prétentions.

Le comte de Hatzfeldt se réservait de répondre après avoir pris les ordres du chancelier. Pour rendre plus évident son exposé de motifs, M. de Benomar s'engageait à remettre une carte géographique sur laquelle il suffirait de jeter un regard pour se convaincre de l'impossibilité absolue pour l'Espagne de permettre qu'une Grande Puissance maritime occupàt dans le Maroc des positions qui constitueraient entre ses mains un danger permanent pour l'Espagne et ses colonies.

C'est avant-hier qu'il consignait ce travail au secrétaire d'Etat. Dans le but de m'assurer si le prince de Bismarck avait été déjà mis en demeure de se prononcer, je me rendais hier chez le comte de Hatzfeldt. Je lui parlais de ce qui se passait au Maroc, des mesures prises par la France pour renforcer ses g'arnisons dans l'Algerie et à Tunis, etc. Il est vrai que M. Ferry donne les meilleures assurances. Ses prédécesseurs ne parlaient pas autrement quand ils méditaient et accomplissai·ent leur desseins de protectorat ou d'annexion de la Hégence de Tunis. Nous ne voulons laisser planer aucun doute sur notre manière d'envisager les choses. L'occupation de Tunis faite à notre détriment prendrait, si possible, un caractère plus grave encore si la France voulait étendre davantage ses conquetes dans l'Afrique septentrionale. Nous sommes parfaitement résolus à nous employer loyalement et ouvertement pour paralyser une tentative quelconque de modifier le status quo territorial au Maroc ... A cet effet nous désirons établir avec le Cabinet de Berlin un échange de vues, en ocmpant éventuellement sur son bon vouloir. Je ne parlais que sous forme académique. Alors le comte de Hatzfeldt se prit à sourire, en me disant qu'il savait d'autant mieux pénétrer notre pensée, qu'il était informé des pourparlers en cours. Je remarque en passant que le comte de Benomar ne

lui avait pas caché que le chargé d'affaires d'Italie et le ministre d'Angleterre à Madrid avaient été tenus au courant des intentions du Gouvernement espagnol. Il m'a paru que dès lors je pouvais m'expliquer avec moins de retenue.

J'avouais qu'ayant pris connaissance de divers documents diplomatiques, je m'étais permis d'énoncer à V.E. l'avis que dans les conjonctures actuelles, et après l'expérience faite à propos de Tunis et de nos pourparlers sur Tripoli, il vaudrait peut-étre mieux rester sur une réserve attentive. Puisque le Gouvernement impérial a eu vent des entretiens qui ont eu lieu à Madrid, je croyais pouvoir accentuer plus mon langage et confirmer ce que j'avai:s déjà exposé. Je savais que le Cabinet de Berlin montrait un certain désintéressement pour les ,aspirations coloniales de la France. S'il ne s'agissait que du Tonkin ou de Madagascar, nous penserions de méme. Mais, pour ce qui touche au Nord de l'Afrique -c'est tout autre chose. Nous avons là des convenances de premier ordre à sauvegarder pour nous-méme et pour nos alliés. Le jours où la France occuperait les points et les ports principaux de la cote de Tripoli à Tanger, nous nous trouverions paralysés, tenus en échec dans la Méditerranée, et pour protéger notre frontière maritime contre les flottes ennemies qui se concentreraient, se ravitailleraient, et auraient une nouvelle base d'opération, nous devrlons distraire bon nombre des troupes appelées, en cas de besoin, à opérer vers les Apennins ou vers les Alpes pour la défense ou l'attaque. Notre concours perdrait alors beaucoup de son efficacité envers nos amis parmi lesquels l'Allemagne range en première ligne. A cette occasion, je ne dissimulais pas que si les sympathies chez nous se portaient de préference vers l'Allemagne et l'Autriche, des organes sérieux de la presse, subissant à leur insu des influences d'outre-monts, élevaient des doutes sur les avantages réels d'une alliance qui semblait se dérober chaque fois qu'il s'agissait de la voir à l'ceuvre sur un terrain pratique.

Le secrétaire d'Etat répliquait qu'il ne serait pas exact d'affirmer le désintéressement de l'Allemagne dans les questions africaines. Seulement elle n'y a pas des intérets directs. Elle s'explique parfaitement qu'il n'en soit pas de meme pour nous, et que nous attachons un grand prix à ce que rien dans ces régions ne soit résolu à notre détriment. Preuve en était que lorsque nous faisions des ouvertures confidentielles à propos de Tripoli, on nous laissait entendre que si les conditions devaient y devenir menaçantes, le Cabinet de Berlin serait le premier à nous en avertir. Quant au Maroc, il ne résultait pas des rapports parvenus jusqu'ici directement à la Chancellerie, que la situation impliquàt de véritables dangers. Cependant, M. de Hatzfeldt rendrait compte de notre entretien au prince de Bismarck, auquel il n'avait pas fait visite depuis quelques jours, et il me demandait si je me croyais autorisé à formuler une proposition.

J'ai répondu que sans faire une proposition formelle, je croyais me conformer à l'esprit général de mes instructions, en demandant, de mon propre mouvement, si le Cabinet de Berlin se montrerait favorable et preterait éventuellement son appui moral à une communication ou collective ou séparée que les Puissances les plus intéressées feraient à Paris, dans les termes les plus adoucis, pour le maintien du status quo au Maroc. L'action de l'Allemagne aurait

13 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XVII-XVIII

essentiellement pour but de concilier les vues divergentes, si elles se produisaient.

Le secrétaire d'Etat me disait, sans rien dévoiler sur la démarche de mon collègue l'Espagne, qu'il ne manquerait pas d'interpeller le prince de Bismarck. Mais en mème temps le comte de Hatzfeldt ajoutait que le Cabinet de Berlin, fidèle à son programme d'éviter tou ce qui pourrait ressembler de près ou de loin à une provocation, s'appliquait à ne porter aucun ombrage à la France. La susceptibilité est extrème à Paris. On y suspecte tout ce qui vient de Berlin. On attribue à l'Allemagne les calculs les plus perfides, les pensées les plus machiavéliques. « Dans ces conditions, nous devons autant que possible nous tenir sur nos gardes, en cherchant surtout à préserver de toute atteinte les intérèts de la paix générale. En restant dans oe ròle, nous avons le sentiment de servir aussi des intérèts importants de l'Italie ».

Comme de raison, j'ai observé le secret sur la communication échangée entre lord Granville et l'ambassadeur du roi à Londres (document diplomatique n. 152 série XL) (1).

Il ne faut faire aucune illusion sur le sens de la réponse que nous recevrons du chancelier. Elle sera bienveillante dans la forme, et probablement dilatoire. A son point de vue, il estime n'avoir aucun motif de se mettre en travers du cours nature! des choses qui dans le bassin de la Méditerranée amène une lutte entre tant d'intérèts divergents. L'Italie et l'Espagne se détacheront toujours plus de la France. Or, c'est là tout profit pour l'Allemagne. Je me réfère au reste à ce que j'ai mandé par mes rapports N. 3412 (2) et 3429 (3) du 27 février et du 13 mars, notamment sur le jeu de l'Espagne qu'il convient de surveiller de très près. Elle cherche évidemment à se réserver le lot du Maroc, et à tirer pour son compte les marrons du feu avec l'aide d'autres Puissances.

En vous retournant, ci-joint dument signées les récépissés des documents diplomatiques en date du 15 du 22 courant...

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 101, nota l.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3441. Berlino, 27 marzo 1884 (per. il 3 aprile).

Soit avec le prince de Bismarck qui recevait le corps diplomatique pour le 87.ème anniversaire de la naissance de l'empereur Guillaume, soit avec le comte de Hatzfeldt, j'ai eu l'occasion de m'exprimer dans le sens des télégrammes de V.E. du 20 mars (4). Je voyais parfaitement que ni l'un ni l'autre ne savaient s'expliquer les véritables raisons de notre crise ministerielle.

C'est qu'ils entendent d'une manière bien différente que la nòtre l'application du système constitutionnel. Le chancelier veut que le Parlement soit réduit à une assemblée de contròle et que le Gouvernement proprement dit appartienne au souverain qui nomme et congédie les ministres à son gré. Ceux-ci doivent rester indépendants du jeu des partis, et leur sort n'est pas subordonné aux votes des Chambres. Quand une loi, meme importante, est rejetée, les conseillers de la Couronne conservent leurs portefeuilles et cette meme loi, après avoir subi quelques amendements de manière à la rendre plus acceptable, est nouvellement soumise aux délibérations. Des modifications partielles de Cabinet se produisent de temps à autre, mais elles sont le résultat de divergences de vues dans le sein du ministère, et non de l'attitude du Landtag. ·.Le président du Conseil qui jouit de toute la confiance du souverain, reste ferme au poste, et Sa Majesté lui laisse plein pouvoir de s'entourer d'hommes d'Etats entièrement à sa convenance, en dehors de toute préoccupation parlementaire. Dans le Reichstag régi par une institution sui generis, le chancelier ne relève que de l'empereur, et les commissaires fédéraux, désignés par chacun des Gouvernements respectifs en Allemagne, discutent entre eux les projets de loi à soumettre à l'assemblée, en référent à leurs Gouvernements dont ils reçoivent un mandat impératif. Ainsi, à plus fort raison, ne sont-ils pas exposés aux contrecoups des majorités et des minorités.

Quoiqu'il en soit, j'ai constaté que le chancelier et le secrétaire d'Etat ont appris avec satisfaction que rien ne serait changé à la base politique adoptée par l'ancienne administration qui se survivra dans les personnes de ses membres les plus éminents. Je n'ai pas besoin de citer S.E. M. le chevalier Depretis et V.E.

J'ajouterai que le prince de Bismarck partageait les regrets de notre Pays pour la mort prematurée de M. Quintino Sella qui avait aussi eu lui l'étoffe d'un véritable homme d'Etat. Il en possédait le coup d'rei! silr, la résolution prompte, l'action énergique et ce qui est plus rare encore le courage d'affronter l'impopularité quand il y a un devoir ingrat à accomplir. On n'a pas oublié ici qu'il se trouvait au pouvoir précisément en 1870, époque où il luttait avec succès avec ceux qui s'opposaient à une alliance avec la France. Je me suis félicité d'avoir travaillé de mon mieux dans le meme ordre d'idées.

(l) -Cfr. n. 79. (2) -Cfr. n. 83. (3) -Non pubblicato. (4) -T. 143 del 20 marzo 1884, non pubbllcato.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 414/564. Londra, 28 marzo 1884 (per. il 31).

• Mi pregio di segnar ricevimento del dispaccio del 20 corrente n. 325 serie politica (2) col quale l'E.V., esponendomi la sua intenzione di proporre al Governo inglese d'estendere al Mar Rosso e alle acque circostanti gli effetti della

Convenzione del 1834 relativa alla repressione della tratta degli schiavi, mi diede incarico d'indagare quali fossero le disposizioni del Gabinetto di Londra a questo riguardo. •

lo aveva ricevuto di già, fino dal 20 corrente, il telegramma dell'E.V. (l) riassuntivo di questo dispaccio, e con mio telegramma della stessa data (2) presi la libertà d'esporre all'E.V. alcune considerazioni sulla materia prima di dar corso alle istruzioni ch'ella mi aveva impartito. Espressi il timore che, in mezzo alle difficoltà presenti, il Gabinetto di Londra potesse considerare la proposta dell'E.V. come poco opportuna al suo punto di vista, e tale da poter forse creargli imbarazzi.

Suggerii perciò all'E.V. di concedermi di chiedere anzitutto confidenzialmente a lord Granville se non vedesse ostacoli, se anzi non trovasse convenienza· in una nostra iniziativa a questo soggetto, la quale nell'opinione del Governo del re aveva anche per iscopo di fornire al Governo britannico un'occasione di affermar di nuovo i suoi provati principii umanitarii. Nel far una tale domanda .al capo del Foreign Office, io doveva aggiungere che nel caso contrario, se cioè esso scorgeva inconvenienti nel metter ora innanzi questa proposta, il Governo del re s'asterrebbe dal farla, confidando pur sempre nel mantenimento per parte dell'Inghilterra di quei principii ch'essa aveva cosi potentemente contribuito a far riconoscere ed applicare.

L'E.V. mi rispondeva il 22 corrente con un telegramma (3) che recava quanto segue:

il Governo italiano desiderando di non far cosa sgradevole, ora soprattutto, al Governo britannico, l'E.V. m'autorizzava a far precedere la proposta da una diligenza confidenziale presso lord Granville, la quale dovesse fargli comprendere lo scopo amichevole della proposta stessa, e dalla quale dovesse uscir la certezza che la nostra iniziativa sarebbe, all'occorrenza, accolta favorevolmente.

In seguito a questo telegramma * mi recai il giorno seguente da lord Granville e gli feci verbalmente una comunicazione nel senso prescrittomi dai due telegrammi dell'E.V. Sua Signoria m'ascoltò attentamente, e mi disse che mi farebbe risposta al più presto che potrebbe. * Ma non diede segno alcuno, né profferì parola, che possa farmi prevedere il senso di tale risposta, intorno alla quale necessariamente egli dovrà conferire col signor Gladstone, che sta indisposto alla campagna, e probabilmente cogli altri membri del Gabinetto.

• La questione non è semplice in sé stessa; ed è poi una di quelle che, come ogni cosa che tocchi il passaggio alle Indie, eccita la particolare diffidenza degli uomini di Stato e dell'opinione pubblica di questo Paese. Non stupirei quindi se la risposta non venisse immediata ed affermativa, quantunque si tratti dell'applicazione di principii predicati da un pezzo dagli inglesi e ad essi singolarmente prediletti. Convien di fatti considerare che un atto prematuro od una dichiarazione affrettata del Governo inglese possono equivalere ad una condanna a morte immediata del generale Gordon.

Esaminando la cosa da un altro lato, non voglio dar molto peso ·alla supposi

zione che il Governo inglese si diffidi dell'Italia, ed esiti a dare con un qual

siasi atto una maggiore consacrazione alla nostra sovranità su Assab. Ma alla

Italia posson venir dietro altre Potenze, delle quali l'Inghilterra deve essere con

più fondamento gelosa e diffidente.

Ciò nondimeno, se la risposta di lord Granville si farà troppo aspettare,

avrò cura di sollecitarla con insistenza, ed userò ogni diligenza nel senso delle

istruzioni impartitemi dall'E.V.

(l) -I brani tra asterischi sono editi 1n LV 67, p. 8. (2) -Cfr. n. 116. (l) -T. 141 del 20 marzo 1884, non pubbllcato. (2) -T. 280 del 21 marzo 1884, non pubbllcato. (3) -T. 146 del 23 marzo 1884, non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. RISERVATO S.N. Vienna, 28 marzo 1884 (1).

Ben a ragione l'E.V. lamenta nel suo dispaccio delli 19 marzo corrente

n. 1629 (2) che il ministro Tisza nella risposta fatta alla interpellanza Elfy sul riavvicinamento della Russia alla Germania ed all'Austria-Ungheria abbia taciuto completamente dell'Italia quasi che non esistesse fra questa ed i due precitati Imperi legami speciali di sorta.

La situazione che rin quella circostanza apparì esserci fatta nella contratta alleanza non è nuova ma di necessità giova constatare esserci resa più grave dapoché la Russia si avvicinò essa pure ai due Imperi dando loro da parte sua quella sicurezza che fin allora aveva fatto difetto.

Gli intervenuti accordi fra i Gabinetti di Roma, Berlino e Vienna miravano, all'epoca in cui furono stretti, ad obiettivi ben determinati, corrispondenti a speciali circostanze di quel momento. Quelle circostanze essendo notevolmente modificate poiché sia la Germania che l'Austria-Ungheria sono per intanto rassicurate sugli intendimenti del loro potente vicino, l'accordo con noi stretto resta quindi si può dire quasi lettera morta, visto che all'infuori ;di spe.ciali accennati obiettivi essa. nulla conteneva se non generalità che se avrebbero un qualche valore fra Stati naturalmente uniti da comunanza di principi e d'indirizzo politico interno a nulla valgono ',per noi che camminiamo su di una via direttamente opposta a quella che con molta tenacità battono gli altri due nostri alleati. Ciò io vedevo con perfetta chiarezza prima di incominciare le trattative che condussero ai summentovati accordi e tutta la mia ·corrispondenza di quell'epoca ne fa fede. Convenendo però allora coll'E.V. sulla assoluta necessità per noi di uscire dall'isolamento in cui ci troviamo e d'impegnarci in una politica estera che imprimesse contemporaneamente alla nostra politica interna quel carattere di fermezza e di serietà che pur troppo gli faceva difetto con tanto pericolo per la nostra sicurezza interna ed estera non ·esitai ad adoprarmi con tutte le mie forze affinché gli accordi desiderati

dall'E.V. avessero a stringersi come difatti avvenne. In qualunque maniera quindi io consideri la nostra attuale situazione trovo che essa non è quale la desidererei, pure essa è assai migliore di quel che era prima che si addivenisse a quegli accordi poiché in oggi l'indirizzo che dovremmo seguire nel caso pur sempre possibile di una conflagrazione europea ci è nettamente tracciato e conseguentemente cessano per noi quelle situazioni che ingenerano diffidenze in tutti i vicini senza realmente amicarne nessuno.

Con spirito tranquillo dobbiamo per intanto considerare l'avvenire senza dimostrare inquietudine od anche un semplice malumore per la menomata posizione che gli avvenimenti ebbero a farci poiché ciò sarebbe mancanza di dignità da parte nostra locché non potrebbe se non peggiorare ancora la nostra posizione. Aumentando sempre man mano, come facciamo, le nostre forze militari senza ben inteso dissertare le nostre finanze e dimostrando coi fatti che il partito, che mentre amoreggia con gli anarchici in Francia, pur accarezza la Germania sperando di averla in una qualche eventualità a fianco contro all'Austria, non ha possibilità di sorta di prendere il sopravvento, i nostri alleati comprenderanno tutto l'alto valore della nostra amicizia e quindi si studieranno di coltivarla meglio che non fanno oggi. Ma se invece cl vedessero strisciare per mendicare i loro sorrisi, ovvero se li accordassimo delle nostre doglianze perché le loro grazie ci vengono meno, con ragione quei Gabinetti direbbero che manchiamo interamente di quella forza che un grande Stato trae anzitutto dalla coscienza della sua propria intrinseca potenza ed il loro modo di agire a nostro riguardo sarebbe sempre meno riguardoso con immenso nostro danno morale e materiale tanto all'estero come all'interno.

Per intanto il caso di provocazione da parte nostra siamo assicurati

per tre anni ancora ,contro qualsia;si estera aggressione; mettiamo a profitto

questo tempo, ed allorché sarà per spirare, ove la costellazione di allora neces

siti ancora speciali alleanze, saremo in grado di contrarle essendo ricercati:

locché ci procurerà ben altri patti di quelli che potremmo ottenere allorché toccò

a noi ricercare chi di noi poco si curasse.

(l) -Manca !"Indicazione del giorno d'arrivo. (2) -Cfr. n. 115.
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IL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 308. Tarija, 30 marzo 1884, ore 13 (per. ore 17,50).

Le ministre de France continue à accorder protections à tous les parents, adhérents, et amis du chérif de Uazzan de manière que dans un mois moitiée du Maroc sera protégée par la France, camme plusieurs tribus de la ville meme de Uazzan le sont déjà. L'attitude du chérif est de plus en plus ménaçante ... (l) il n'est plus qu'un rebelle appuyé par la France. La commission

française envoyée à Uazzan par le ministre plénipotentiaire de France parait vouloir se constituer en tribuna! sur les questions entre le Gouvernement ....

(l) Gruppo indecifrato.

(l) ville de Uazzan. Aussitòt arrivée à Uazzan la commission a fait appeler le gouverneur mais celui-ci envoya un de ses employés qui n'a pas été reçu. Le gouverneur a été appelé de nouveau et il n'a pas voulu se présenter. Alors douze chérifs et le magistrat de Uazzan se rendirent à Mekines auprès du sultan pour réclamer contre la désobeissance du gouverneur et demander sa destitution. On écrit de Fez qu'à Ain Safinita les français réunissent un armas de troupes considérables. J'observe beaucoup de mouvement à la légation de France; presque tous les jours le ministre a de longs entretiens avec le chérif. Les choses semblent prendre mauvaise tournure pour le sultan.

133

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 306. Berlino, 30 marzo 1884, ore 16 (per. ore 16,30).

Dans sa revue hébdomadaire la Gazzette Générale de l'Allemagne du Nord du 29 courant annonce la recomposition de notre Cabinet d'après les nouvelles publiées dernièrement par les journaux de Rome. A ce propos le journal allemand dit que le Cabinet italien a acquis par suite de cette ·\recomposition une homogénéité tellement complète que sa stabilité parait désormais assurée pour autant que la situation politique le permet. Il ajoute que M. Depretis, en s'as3urant le concours de ses collègues les plus habiles dans la nouvelle combinaison a completé son Cabinet d'une manière qui rencontre l'approbation de la majorité de la Chambre. Il termine enfin son article par ces mots: «De cette manière la continuité de la politique italienne est assurée dans toutes les directions et le Gouvernement se trouve en état de poursuivre la voie dans laquelle il a su jusqu'ici sauvegarder les intérets du Pays avec tant des succès 1i.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO DELL'AGRICOLTURA E COMMERCIO, GRIMALDI

NOTA S. N. Roma, 30 marzo 1884.

Il sottoscritto è ben grato all'onorevole collega di avergli comunicato, con nota del 27 corrente n. 2920 (2), copia d'una relazione del cavalier Colaci, delegato di cotesto Ministero nella missione in Abissinia, relazione nella quale si tratta anche dell'avvenire della colonia d'Assab.

Le notizie mandate dal cavaliere Colaci coincidono con quelle somministrateci dal cavalier Gustavo Bianchi.

Non v'è dubbio che se Massaua fosse per divenire porto abissino o quanto meno a libera disposizione dell'Abissinia, sarebbe diminuita, se non tolta affatto, la possibilità che l'Abissinia si valga anche d'Assab come di luogo di transito.

Come non è in nostro potere d'intrometterei nei negoziati tra l'Inghilterra e l'Abissinia riflettenti questa questione, il nostro compito è pur sempre quello di stabilire, se possibile, amichevoli rapporti e facili comunicazioni col terntorio abissinico, acciò la nostra colonia possa almeno giovare per la parte più meridionale del territorio stesso.

(l) -Gruppo lndec1trato. (2) -Non pubbllcato.
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IL MINISTRO A SHANGAI, DE LUCA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 84. Shangai, 31 marzo 1884 (per. il 10 aprile).

Mi affretto porgerle in succinto alcune informazioni principali sulle attuali condizioni politiche di questo Impero.

Ritiensi qui da tutti che la Francia, dopo la presa di Bachnin abbia intenzione di chiedere al Governo cinese un forte indennizzo di guerra, ed occupare anche a titoli di garanzia qualche porto o territorio cinese. Parlasi già di Amoy, o dell'isola di Hai-nan attigua al Tonkino, o di Formosa. Sarebbe da desiderarsi vivamente che tutte le Potenze occidentali, che hanno trattati con la Cina e interessi in questo Paese, interpongano i loro buoni uffici, perché la Francia desista da siffatte pretese. Il mandarle ad atto potrebbe dar luogo a gravi disturbi in questo Paese, pei quali non era a preoccuparsi sinora, sinché il conflitto era localizzato nel Tonkino. Ciò che renderebbe la posizione tesa e non scevra di pericoli pei forestieri, anche neutri, non è tanto un conflitto diretto e non impossibile ora tra la Francia e la Cina, quanto l'agitazione sovversiva e antidinastica che da più mesi a questa parte comincia a manifestarsi in varii punti dell'Impero, per opera delle molte società segrete esistenti nei principali centri. Nella provincia di Kuang-tung, ave trovasi Canton, sonosi già avverate vere sommosse, accompagnate da massacri e più di una autorità governativa indigena ne è già stata vittima. Senza essere pessimista, si può prevedere l'eventualità di una nuova grande ribellione provocata dal famoso gran partito Tai-ping antidinastico. Questa semplice previsione potrebbe divenire una certezza, al primo momento che il Governo cinese distratto da una guerra estera, si trovasse obbligato a concentrare e ad impegnare in essa le

sue forze militari. È di questo stato turbolento nell'interno dell'Impero, più che 'del contegno della Francia che si preoccupano ora tutti gli altri funzionari serii e di buon senso, come il principe Kung e il vice-re Li Hung-ciang. Ma disgraziatamente i loro consigli non prevalgono sempre in Pekino, ove

il solito partito fanatico conservatore, ostile sempre agli esteri, è tuttavia potente e potrebbe far prevalere l'avviso che si rifiuti ricisamente la domanda della Francia e si faccia la guerra.

Se ciò avviene sarà uopo tutelrure fortemente la proprietà e le persone degli esteri nei porti aperti e più specialmente in Shangai, il cui pericolo non sarebbe meno grande per fatto dei ribelli, che hanno molti proseliti in Shangai stessa, che per fatto della stessa soldatesca regolare cinese, aquartierata probabilmente nelle sue vicinanze.

Intanto due ·bastimenti da guerra francesi sono già giunti in questo porto da Hong-Kong ed altri vi si aspettano. Sono stato informato che lo stesso nuovo ammiraglio francese Lespès è per giungere qui fra pochi giorni. Tutto ciò accenna ad un movimento simultaneo della flotta francese verso il nord.

Mi affretto i:n questa occasione a informare V.E. che il comandante Accinni dell'incrociatore Cristoforo Colombo attualmente in Hong-Kong dietro il ricevimento del dispaccio che gli diressi e di cui trasmetto copia a V.E. col mio rapporto di questa serie n. 83 in data del 19 marzo (1), mi ha telegrafato che prima del 17 del prossimo mese sarebbe in Shangai. Sono assai lieto di questa sua 1decisione, e in attesa di lui, come benanche della risposta ai miei telegrammi in data del 25 marzo (2) e di oggi differirò di alcune settimane la

mia trasferta a Pekino.

136

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 318. Vienna, 1° aprile 1884, ore 16,40 (per. ore 17,10).

Je me suis acquitté auprès du conte Kalnoky de la commission sur la question du Maroc dont V.E. m'a chargé par son télégramme d'hier (3). Il m·a dit que ses nouvelles à lui correspondent assez exactement avec les informations parvenues à V.E. Il a prété la plus grande attention à la demande que je lui ai faite de l'éventuel appui du Cabinet de Vienne dans les termes indiqués par le télégramme de V.E. d'hier. Il s'est montré peu persuadé que l'Angleterre, dans l es circonstances actuelles veuille prendre une part active à cette question. Il m'a dit que connaissant fort peu les questions qui ont trait au Maroc il devait avant tout s'en instruire et voir aussi quelles sont les instructions des autres Cabinets, et notamment de celui de Berlin. Sur le point de vue de considèrer les affaires du Maroc comme de compétence européenne, quand il aura recueilli toutes ses informations, H me fera une réponse. Son

(21 Non rinvenuti nel registro del telegrammi.

langage à ce sujet a été amicai, mais je crois fort difficile que nous trouvions ici un appui quelconque dans cette question, à moins qu'on veuille nous le donner à Berlin ce qui me parait encore plus difficile.

(l) -Non pubblicato. (3) -T. 159, non pubblicato.
137

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A MADRID, BLANC

T. 167. Roma. 1° aprile 1884, ore 17,15.

Pour que nous pmss10ns régler notre langage avec Londres, il nous est indispensable et urgent de savoir si le Cabinet de Madrid a fait auprès du Cabinet britannique quelque démarche au sujet du Maroc, en quels termes. et avec quel résultat.

138

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, E A VIENNA, DI ROBILANT

D. Roma, 1° aprile 1884.

Mi pregio di far pervenire qui unito a V.E. una copia di un rapporto direttomi, il 13 marzo scorso (1), dal r. ministro a Tangeri, e concernente le mene del rappresentante francese al Marocco.

Per la stessa occasione le confermo il telegramma inviatole il 31 marzo (2), nel quale, dopo averle fatto conoscere le preoccupazioni del Gabinetto di Madrid, le cui informazioni coincidono con le nostre, la pregavo di portare i fatti a conoscenza confidenziale di codesto Governo. Se, in presenza delle circostanze inquietanti in cui si trova il Marocco, i tre Gabinetti più direttamente interessati pensavano giunto il momento di far pratiche formali a Parigi, mi riservavo di darne avviso a V.E. Ci crederemmo, in tal caso, autorizzati a far conto che la nostra azione conservatrice fosse appoggiata dalla Germania e dall'Austria nella forma che sarebbe giudicata la più opportuna. Codesto Gabinetto sa che non si tratta al riguardo di mera fiducia, ma per quanto ci concerne di un appello all'assistenza diplomatica reciprocamente promessa fra 1 tre Gabinetti alleati. Se spiacevoli avvenimenti si producessero al Marocco, l'inazione completa dei Gabinetti di Berlino e di Vienna solleverebbe in Italia, nelle presenti circostanze, un malcontento generale ed un vero scoraggiamento circa ai nostri rapporti con le due Potenze centrali (3).

(1) R. 329, non pubblicato.

(2) -T. 159, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 139.
139

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 337. Roma, 1° aprile 1884.

Mi pregio di far pervenire qui unito a V.E. copia a stampa di un rapporto del r. ministro a Tangeri, in data del 13 marzo scorso e concernente le mene del rappresentante francese al Marocco (1).

Per la stessa occasione confermo all'E.V. il telegramma inviatole il 31 marzo (2) in cui le facevo conoscere le preoccupazioni del Gabinetto di Madrid, le cui informazioni coincidono con le nostre.

Presumendo 'POi dell'interesse, almeno uguale al nostro, che la Gran Bretagna prende in quella questione, la invito a volere, col tatto che la caratterizza, mettersi in comunicazione col conte Granville su questo argomento. La nostra situazione verso la Francia, io soggiungevo, ci fa preferire che la iniziativa di qualsiasi pratica venga dall'Inghilterra, ma siamo pronti ad unirei ai Gabinetti di Londra e di Madrid se il momento fosse venuto di prendere un atteggiamento che non lasci alla Francia illusioni sulle complicazioni e sui pericoli ai quali, si' espone con l'adottare al Marocco una politica invadente e lesiva dello statu quo, e di provocare da lei una dichiarazione espU.cita circa ,alle sue intenzioni, dichiarazione che non sarebbe in fondo che la conferma dell'assicurazione data testé, benché in termini generali e senza speciali istruzioni del suo governo, dal signor Waddington a lord Granville (3).

140

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2078. Vienna, 1° aprile 1884 (per. il 5).

Pervennemi ieri sera il telegramma dell'E.V. del pomeriggio (4) contenente la conversazione avuta dal ministro di Stato di Spagna col barone Blanc sugli affari del Marocco che terminavasi colla preghiera fatta al nostro ministro a Madrid di far conoscere a V.E. che il Governo spagnuolo, ad evitare una sorpresa come quella di Tunisi, crederebbe giunto il momento che l'Inghilterra, l'Italia e la Spagna si concertassero per affermare:

primo -il mantenimento dello statu quo al Marocco; secondo -la competenza dell'Europa negli affari del Marocco allorché lo statu quo vi sarebbe minacciato.

(31 Cfr. n. 138.

A senso delle impartitemi istruzioni diedi di ciò confidenziale conoscenza oggi al conte Kalnoky soggiungendogli: che, mentre l'E.V. riservavasi di avvisarmi ove ravvisasse il caso di fare uffici formali a Parigi, ritenevasi in tal evenienza fondato a far assegno sull'appoggio del Governo imperiale in quella forma che sarebbe giudicata più opportuna.

Non omettevo poi ancora di dire che, per quanto ci concerna, non trattasi in questo caso di una semplice espressione di fiducia negli amichevoli sentimenti del Governo imperiale e reale a nostro riguardo, ma di un appello a quel mutuo appoggio che forma oggetto di speciali patti fra l'Italia e i due Governi imperiali; ed a questo proposito faceva esplicitamente notare siccome mi era stato ordinato, che nelle condizioni attuali dell'opinione pubblica in Italia l'inazione completa dei Gabinetti di Berlino e di Vienna in un affare di tanto momento per noi, non mancherebbe di eccitare un grave malcontento ed un notevole sfiduciamento a riguardo delle nostre relazioni coi due Imperi.

II conte Kalnoky dopo che ebbe ad ascoltare la mia comunicazione colla massima attenzione dissemi che le notizie ch'egli riceveva da Madrid confermavano quelle avute dall'E.V. Egli però osservami tosto che l'Austria-Ungheria non aveva interessi di sorta al Marocco, che quindi l'opinione pubblica si mostrerebbe assolutamente contraria a qualsiasi immissione della Monarchia in simile vertenza, ed aggiungevami che d'altronde il Marocco è troppo lontano dalle coste austriache perché il Gabinetto di Vienna possa farvi giungere la sua azione.

A ciò io risposi che, ove si trattasse di far giungere il braccio dell'AustriaUngheria fino al Marocco, potevasi ammettere l'osservazione da lui fattami, ma che ciò che da noi gli si chiede si è di fare eventualmente giungere la sua parola a Parigi locché non presenta difficoltà materiali di sorta e ci sarebbe all'uopo di grande giovamento poiché la Francia non si lancierebbe facilmente in un avventura al Marocco ove i nostri alleati, intervenendo a tempo con opportuna ed anche limitatissima azione diplomatica, la lasciassero nel dubbio dei limiti a cui potrebb€ giungere l'appoggio che intenderebbero di dare all'Italia in questa vertenza.

S. E. mostrommi apprezzare questo mio ragionamento ma al tempo stesso, come per trovare una scappatoja all'appello fattogli al fra noi stipulato mutuo appoggio entro certi limiti, dissemi che in fin dei conti neppur l'Italia ha veri interessi al Marocco.

Non mancai, come di ragione, di rilevare quell'osservazione dicendo che oltre agl'interessi commerciali non indifferenti che abbiamo in quelle regioni conveniva por mente che l'Italia, che si bagna tutt'intiera nel Mediterraneo, non può essere indifferente ai mutamenti che possono verificarsi lungo le sue sponde.

Il conte Kalnoky volle però ancora farmi notare che assai poco probabile egli ritiene che l'Inghilterra si accinga ad un'azione di qualsiasi natura che la metterebbe in urto colla Francia sulle coste del Marocco, mentre ha tanto interesse acché il Gabinetto di Parigi non esca dalla sua riserva a fronte della questione d'Egitto.

Dopo d'aver cosi discorso in tesi generale su quella vertenza di cui pure non disconosceva la gravità, dissemi di avere in verità assai superficiale conoscenza di tutto ciò che ha tratto al Marocco nei riguardi internazionali; che quindi anzitutto gli conveniva informarsi con precisione al riguardo. Che ciò fatto si sarebbe posto in relazione con altri Gabinetti ed essenzialmente con quello di Berlino, onde conoscerne le intenzioni, nonché essenzialmente il modo di vedere intorno al fatto di considerare gli affari del Marocco siccome di competenza europea.

Promisemi di occuparsi tosto di tutto ciò, onde porsi in grado di far pervenire conveniente risposta all'E.V.

In attesa che il conte Kalnoky mi faccia conoscere l'accoglienza ch'egli fa alle nostre entrature, non posso a meno di manifestare all'E.V. che le mie previs10ni sono che il Gabinetto di Vienna declinerà cortesemente ma con precisione di darci il suo appoggio osservando che questo per quanto limitato sul principio, potrebbe in seguito trascinarlo oltre quei limiti consen~iti dai propri interessi.

Del resto in questo caso come sempre, la risposta del conte Kalnoky dipenderà dalle decisioni di Berlino intorno alle quali non saprei per conto mio farmi illusioni di sorta (1).

(l) -R. 329, non pubblicato. (2) -T. 159, non pubbllcato. (4) -T. 159, del 31 marzo 1884, non pubbllcato.
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IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 325. Madrid, 2 aprile 1884, ore 11,10 (per. ore 15,30).

Le ministre d'Etat a tenu au ministre d'Angleterre ·le méme langage qu'à moi. Je télégraphierai (2) sans retard à V.E. ce que M. le ministre d'Etat m'apprendra du résultat encore attendu de ses ouvertures. Le ministre d'Angleterre, parti hier en congé, m'a dit que son Gouvernement n'est pas disposé plus que nous à prendre l'initiative des démarches collectives, il a ajouté confidentiellement que d'après son impression personnelle l'attitude passive des Puissances, dument constatée par l'Espagne en présence des entreprises désormais évidentes de la France au Maroc, pourra amener bientòt, peut-etre le Cabine t de Madrid, à transiger isolément · avec la France.

«Approva il linguaggic tenuto. Ciò che da noi si desidera altro non è tranne questo:che quando i tre Governi principalmente interessati stimino venuto il momento di fare a Parigi, circa il mantenimento dello statu quo nel Marocco, una amichevole dichiarazione, questa sia suffragata anche da una analoga manifestazione di opinione da parte dei due Gabinetti centrall in quella forma che sembri più conveniente. Acciò Robilant possa porgere un aperçu riassuntivo della situazione al Marocco, gli si acchiude copia di una breve memoria ove sono notati i principali fatti e sintomi che caratterizzano la presente situazione ». In base a tali istruzioni venne redatto il D. 1644 del 6 aprile 1884, indirizzato all'ambasciata a Vienna, non pubblicato.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:

(2) T. 337 del 3 aprile 1884, non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. RISERVATO S.N. Vienna, 2 aprile 1884 (1).

Ebbi ieri occasione nella mia ,conversazione col conte Kalnoky intorno alla questione del Marocco di richiamarmi alle stipulazioni del patto di Triplice Alleanza facendogli rilevare a seconda delle istruzioni impartitemi dall'E.V., il latente malcontento e sfiduciamento che serpeggia in Italia. a riguardo delle relazioni coi due Imperi a fronte dell'astensione ben si può dir completa che essi osservano in tutte quelle questioni che sono per noi di vitale interesse.

S.E. rilevando queste mie espressioni dissemi che le mie parole erano conseguenza dello stato d'eccitazione in cui presentemente l'E.V. si trova in ordine all'alleanza stipulata due anni or sono e ch'ella avrebbe chiaramente manifestato in una sua recente conversazione di carattere confidenziale col conte Ludolf.

Il conte Kalnoky studiassi dapprima di confutare gli apprezzamenti farmolati dalla E.V. in quella circostanza intorno al silenzio sulle relazioni coll'Italia serbato dal ministro Tisza nel rispondere all'interpellanza Helfy, nonché sull'attitudine del tutto passiva osservata dal ministro conte Taaffe nel Parlamento austriaco a fronte del linguaggio offensivo per l'Italia tenuto recentemente in una discussione sul budget da un deputato dalmata di razza slava. Le ragioni da lui svolte a difesa di questi due suoi colleghi sono le solite che si !danno in simili circostanze e che quindi non franca la spesa ch'io ripeta qui.

S.E. aggiungeva poi tosto in molto amichevole maniera che conveniva aver presente le difficoltà somme che si erano incontrate per far accettare sì in Austria che in Ungheria gli intimi rapporti colla Germania, difficoltà che col tempo e colla calma si riuscì a superare, che quindi non doveva far meraviglia se sì da una parte che dall'altra le nuove relazioni create coll'Italia incontrano ancora talvolta diffidenze ed ostacoli di varia natura a farsi accettare dalle contrarie correnti dell'opinione pubblica. Egli studiavasi però di dimostrarmi e di persuadermi che, questa opposizione si spiega ben altrimenti gagliarda in Italia che non in Austria ed in Ungheria, dovendo a suo dire apparir chiaro ed evidente a me, che ·meglio di qualunque altro italiano conosco il Paese in cui risiedo da tanti anni, il grande cammino che si è fatto nel suespresso senso.

Trovandomi così direttamente richiamato ai miei personali apprezzamenti, non credetti potermi esimere dal rispondere che, se dovevo constatare pienamente e con viva ;soddisfazione i leali ed amichevoli intendimenti del Governo imperiale verso l'Italia, precisamente perché ho fondatissima conoscenza del Paese che mi ospita da ormai tredici anni, dovevo con mio . riscrescimento costatare che le diffidenze ed il mal volere a nostro riguardo nelle classi

P,irigenti vi si mantiene tuttora gagliardo e non tralascia occasioni dal manifestarsi nella men dubbia maniera.

Questo mio apprezzamento che duolmi il dire è frutto di un assoluto convincimento poggiato in indiscutibili fatti, e che non è suscettibile di essere coscienziosamente confutato, fece perdere alquanto la calma al mio nobile interlocutore, che pure restando sempre cortesissimo nella forma, com'è l'indole sua, si fece piuttosto acerbo nella sostanza dei suoi ragionamenti.

Infatti scordandosi delle sue prime ottimistiche allegazioni si studiò anzitutto di mettere in evidenza che se in Italia i ·circoli dirigenti mostrano com:prendere i vantaggi per noi di avere buoni rapporti coll'Austria, la massa, eccitata da una stampa che non ha ritegno, non nasconde menomamente i suoi intendimenti ostilissimi alla Monarchia austro-ungarica; ed a provare la cosa rimontò alle dimostrazioni per Oberdan e successivamente menzionò le clamorose manifestazioni che sempre, ed un po' ovunque, vanno producendosi, cogliendo occasione da patriottiche commemorazioni. Riuscire quindi assai giustificabile se l'opinione pubblica nella Monarchia non si mostra insensibile a questi scoppi d'ira!

Come di ragione non mancai di rilevare con calma ma con fermezza l'ingiustizia di quegli apprezzamenti, facendo notare che il giudizio da lui portato sulla nostra stampa, se può colpire giornaletti di provincia senza importanza di sorta, non può ferire i nostri maggiori periodici che, a qualunque colore appartengano, tengono sempre un linguaggio dignitoso e riguardoso a fronte dell'Austria-Ungheria. Posi poi essenzialmente in sodo l'energia colla quale il R. Governo ebbe costantemente a procedere in ogni occasione in cui in pubbliche riunioni ebbero a prodursi gridi e manifestazioni ostili all'Austria e conchiusi col dire che se le accuse che si vuol lanciare all'Italia si possono applicare in questa questione alle infime classi, quelle da noi formolate a riguardo dell'Austria si riferiscono ai più alti strati della popolazione, ai circoli che sono l'espressione della maggioranza parlamentare che oggi governa. A questo proposito citai un telegramma sommamente per noi ingiurioso spedito il giorno prima al Santo Padre dalla Michaeler Bruderschatt di Praga in una riunione a cui presero parte le più alte notabilità dell'aristocrazia feudale clericale di quella provincia, che è oggi ben si può dire la base su cui il Governo austriaco si appoggia esclusivamente.

S.E. scivolò su quei miei apprezzamenti nonché sul fatto da me citatogli, negando, come sempre si usa qui, ogni influenza ai circoli aristocratici clericali, mentre è incontestabile la loro immensa azione oggi sull'andamento della cosa pubblica, ma col seguito del suo discorso quasi si direbbe volesse darmi ragione, poiché richiamandosi al nostro trattato d'alleanza dissemi le seguenti parole:

«Allorché stipulammo l'alleanza fu chiaramente espresso, siccome emerge anche dal testo stesso del Trattato, ch'essa aveva per scopo non solo obbiettivi riferentesi alle relazioni coll'estero, ma intendevasi del pari nel vostro ben inteso interesse di fortificare il principio monarchico e di assicurare in tal maniera il mantenimento intatto dell'ordine sociale. Or bene, da quell'epoca in poi l'Italia invece di compiere un evoluzione in senso conservativo, altro non fece se non progredire sempre maggiormente verso il radicalismo! Che ciò abbia a dispiacerci è chiaro; ma sono in grado di dirvi che questo fatto urta ancora maggiormente i !nervi a Berlino e quindi se voi vi !agnate, come so che il fate, del nessun appoggio che il Governo germanico vi dà e dell'attitudine malvolente che osserva a vostro riguardo il principe di Bismarck, la cagione di quel contegno del cancelliere a vostro riguardo è quello che vengo di precisarvi ).

Nulla di nuovo per me contenevano queste parole ·poiché fin da prima che si conchiudesse il Trattato non ho mai dubitato che la completa dissonanza fra il modo di governarsi all'interno dell'Italia con quello troppo chiaramente indicato in vigore a Berlino ed a Vienna avrebbe per conseguenza, salvo circostanze in cui tornasse conto al principe · di Bismarck il volersi della nostra cooperazione armata, non avressimo tratto alcun frutto dai patti conchiusi.

Evidentemente però non mi tacqui a fronte di sì ·esplicita manifestazione di una inammessibile ingerenza nei nostri affari interni, e sempre con calma ma con precisione cominciai col ·respingere energicamente l'accusa lanciata al Governo del mio Paese di sempre più radicaleggiare (radicaliser espressione testuale adoperata dal conte Kalnoky). Dimostrai coll'appoggio di moltissimi fatti. l'insussistenza di quell'accusa, e conchiusi col porre in sodo che ogni Paese si governa, sì e come le sue speciali circostanze lo esigono, tenuto conto nei paesi sinceramente costituzionali, come l'Italia, delle sue particolari condizioni parlamentari.

Il conte Kalnoky che pure si era accorto di essere andato alquanto oltre il conveniente nell'esprimermi i suoi intimi sentimenti dissemi non voler contrastare. ciò che gli dicevo, ma non essere men vero che le impressioni a Berlino ed a Vienna sono quelle da lui tracciatemi. Volendo poi troncare questo discorso entrò a parlarmi della questione di Propaganda che pur è evidente non è indifferente causa del malvolere che attualmente qui regna contro di noi. Ma su quanto ha tratto a questa speciale questione mi riservo di rivolgere all'E.V. un distinto rapporto, non essendo cosa da confondere in maniera assoluta coll'argomento principale a cui si riferisce la presente mia relazione.

V.E. converrà meco che assai poco sorridente si è il quadro che si para a noi dinnanzi contemplando il risultato a cui siamo giunti due anni dopo che furono scambiate le ratifiche della Triplice Alleanza. Meglio però certamente è , il sapere con precisione a cosa tenersene, ed oggi non possiamo più ignorarlo perché il linguaggio del conte Kalnoky fu abbastanza esplicito per toglierei ogni ragione di equivoco.

Intorno a ciò· che ci tocca fare nella situazione in cui ci troviamo, parmi di aver espresso in anticipazione abbastanza nettamente il mio modo di vedere col mio precedente rapporto riservato del 28 marzo (l) di cui sarei grato all'E.V. di ben volere al pari che del presente dare anche conoscenza a Sua Maestà ed al presidente del Consiglio; e ciò affinché sì il re che S.E. il cavaliere Depretis che ebbero fin qui a dimostrarmi quella stessa fiducia di cui mi compiaccio costatare l'E.V. mi fu sempre, proprio deve dire, incondizionatamente largo, possano giudicare con piena conoscenza di causa la nostra situa

zione quale a me si mostra, e farsi anche un nuovo preciso criterio intorno alla continuazione o meno della fiducia che merita chi ha l'onore di rappresentare l'Italia alla Corte di Vienna.

Non avendo propizia occasione di spedire per corriere il presente rapporto lo .affido senz'altro alla posta, poco importandomi d'altronde che il Governo imperiale ne prenda conoscenza, limitandomi in esso unicamente a riferire una conversazione, , di cui la scrupolosa esattezza non può essere contestata.

(l) Manca l'indkazione del giorno di arrivo.

(l) Cfr. n. 131.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3446. Berlino, 3 aprile 1884 (per. l'8).

Je me réfère à mon rapport n. 3439 du 26 mars échu (1).

Le comte de Benomar consignait deux jours avant à la chancellerie impériale un pro-memoria confidentiel accompagné d'une carte géographique pour bien établir l'importance que l'Espagne doit attacher à maintenir relativement au Maroc une tradition constante depuis quatre siècles. La cote nord de l'Empire marocain s'étend parellèlement à la cote méridionale de l'Espagne. Il y a si peu de distance entre elles, que de Tanger et du Cap Espartel on distingue les maisons de Tarifa, la cote de Malaga et ·les hauteurs de Trafalgar. Et Arisch est le seui passage de Oadix aux Canaries et aux Antilles. Une Puissance maritime établie au nord du Maroc tiendrait en blocus perpétuel le passage vers ces colonies, ainsi que les deux grands arsenaux de Cadix et de Carthagène, les p laces, ports de Cadix et de Tarifa, , les positions de Malaga et Almeria. L'Espagne perdrait tous les avantages de Puissance péninsulaire. Cette tradition de maintenir et d'assurer sa domination sur la partie septentrionale du Maroc est tellement vive chez le peuple espagnol, que toute menace de la détruire porterait au comble l'indignation publique et aucun gouvernement ne pourrait résister au déchainement d'une opinion aussi fortement enracinée.

L'occupation de Ceuta, de · Melilla, de Penon de Velez de la Gomera, de Alhucemas et de las Chafarinas a été dictée par ce meme sentiment national.

Les obligations que le sultan du Maroc a contractées ·Pour protéger les sujets des Puissances chrétiennes sont illusoires, parce qu'il n'exerce aucune autorité sur les tribus indomptées qui habitent dans ces parages.

Toute réclamation contient dès lors le germe d'un conflit et d'un casus belli. Si l'on ajoute à cela que la. dissolution de l'administration de ce Pays augmente de jour en jour et est irrémédiable, on comprendra les dangers, les éventualités qui peuvent naitre d'une telle situation.

La question du Maroc surgit par la force des circonstances et contre la volonté de l'Espagne. Son Gouvernement estime que, du moment où cette que

H -Documenti dtplomattct -Serle II -Vol. XVII-XVIII

stion 1se présente, le plus convenable et le plus prudent est de l'aborder dans un esprit de modération et de · conciliation, et qu'un accord commun et amicai offrirait le moyen de prévenir qu'elle ne soit l'origine de graves difficultés pour les Nations intéressées. Le Cabinet de Madrid désire le maintien du status quo.

Il désire en outre que si ce status quo devait étre modifié, qu'il soit procédé à toute modification · avec l'accord de l'Europe, et qu'en méme temps que l'on tiendrait compte des intéréts vitaux de l'Espagne, on respectat les droits et les intérets commerciaux des autres Puissances.

Il voudrait savoir si le Cabinet de Berlin accueillerait favorablement une proposition que l'Espagne présenterait d'elle-méme ou en concours avec d'autres Etats, à l'effet d'obtenir que les Puissances reconnaissent et consignent dans un protocole, ou dans tout autre document, la convenance de conserver le statu quo territorial et s'engagent, dans le cas où les circonstances exigeraient d'en venir à quelque modification, que celle-ci soit discutée et résolue .d'un commun accord par les Puissances signataires du protocole, en tenant compte des propres intéréts de l'Espagne.

Telle est la partie principale de ce pro-memoria dont le comte de Benomar m'a laissé prendre copie. En le remettant au comte de Hatzfeldt, il s'appliquait à bien piacer en relief la considération qu'au point de vue monarchique il résulterait un dommage très considérable pour le roi Alphonse XII, si les affaires du Maroc prenaient une tournure contraire à une politique séculaire à laquelle se rattacherait les glorieux souvenirs d'Isabelle-la-Catholique et de CharlesQuint.

En date du 29 mars, le secrétaire d'Etat communiquait à ce diplomate dans quel sens le prince de Bismarck s'était prononcé sur de semblables ouvertures. L'Espagne connaissait les sentiments de sincère amitié de l'Allemagne. Il serait superflu d'en renouveler l'assurance. L'Allemagne n'ayant pas des intéréts directs au Maroc, ne saurait se mettre en avant, toute immixtion de sa part donnerait lieu en France à des soupçons, à des fausses suppositions. Une telle immixtion pourrait donc susciter des difficultés qui ne seraient pas en harmonie avec le programme pacifique de l'Empire. D'ailleurs la situation diplomatique de l'Espagne, en posant la question du Maroc dans les termes indiqués, est bonne du moment où l'Italie et l'Angleterre qui ont des intérets analogues se rangeraient à còté d'elle. Cette situation est également bonne en ce que l'Espagne peut etre sure que l'Allemagne ne lui serait pas contraire. Dans l'éventualité où l'Espagne, l'Italie et l'Angleterre agiraient à Paris dans le sens indiqué, il est à croire que l'affaire ne rencontrerait pas des obstacles sérieux. Si cet accord devait s'étendre à d'autres Puissances, il trouverait ici aussi des facilités. L'Allemagne dans l'intéret d'une solution satisfaisante désire qu'on la laisse pour le moment en dehors de la question (1).

«Segnar ricevuta, ringraziare, approvare il linguaggio tenuto sia con il sie:nor Benomar, sia col conte Hatzfeldt. Gll si risponderà in modo più compiuto tosto che avremo sotto gllocchi il rapporto con il quale il conte Launay avrà confermato il telegramma del 6 aprile ove è riassunta la risposta del principe d1 Bismark. In base a tali istruzioni venne redatto Il D. 1537 del 9 aprile, diretto all'ambasciata a Berlino, non pubblicato.

(l) Cfr. n. 128.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3447. Berlino, 3 aprile 1884 (per. l'8).

Hier seulement j'ai pu m'acquitter des instructions contenues dans les télégrammes de V.E. du 31 mars (1). J'en donnais lecture au secrétaire d'Etat, en insistant vivement dans le sens de notre désir, et en invoquant à l'appui les motifs qui me semblaient les mieux appropriés.

Depuis notre dernier entretien (rapport n. 3439) (2), il était à meme, aprés avoir pris les ordres du prince de Bismarck, de me communiquer la réponse de Son Altesse à la question que j'avais posée.

La voici en substance.

L'Allemagne n'a pas d'intérets directs au Maroc. Les renseignement arrivés ici sont trop incomplets pour apprécier la veritable situation. ,Nul besoin de répéter .que la politique de l'Empire vise avant tout à la conservation de la paix en Euwpe. Par une semblable attitude, le Cabinet de Berlin sert aussi nos propres convenances, celles du moins qui rangent en première ligne. Nous nous trouverions d'ailleurs dans une bonne position en suite d'un accord avec l'Espagne et l'Angleterre visant à une démar.che à Paris pour le maintien du statu quo territorial, et pour qu'aucune modification ne se produise en dehors d'un concert européen. On s'exposerait à rendre cette situation moins favorable, si l'Allemagne appuyait notre action diplomatique éventuelle. La France Y verrait des arriére-pensées dirigées contre elle. On n'est que trop disposé à Paris à suspecter le Cabinet de Berlin, qui évite pourtant avec tant de soin de fournir le moindre prétexte à une extréme défiance. Une immixtion quelconque de sa part donnerait à cette affaire un caractére des plus acrimonieux, et provoquerait peut-etre une de ces crises aigues qu'il importe à chacun d'écarter. Mais tout en gardant une attitude expectante, l'Allemagne ne nous est pas contraire. Nos relations mutuelles l'indiquent assez.

Je faisais remarquer que nous n'invoquions qu'un simple appui moral sous une forme qui serait jugée la plus opportune. Je demandais, dans le cas où un accord s'établirait, entre les trois Puissances, et qu'il s'•agit de l'étendre à d'autres Etats, s'il rencontrerait aussi un bon accueil et des facilités à Berlin. Le secrétaire d'Etat évitait de se prononcer là-dessus, en me disant toutefois itérativement que l'attitude de l'Allemagne restait expectante et à la fois blenveillante pour l'Italie.

Ce langage ressemble assez à celui tenu à mon collègue d'Espagne qui se déclarait néanmoins satisfait et remerciait. Il avait voulu, me disait-il, laisser sousentendre par là un sentiment de confiance envers l'Allemagne si la France,

mise par trois Puissances en demeure de se, prononcer, venait ici pour sonder le terrain. Mon collègue espagnol croyait, quand il lui a été parlé des facilités que l'accord à trois rencontrerait, à Berlin s'il s'agissait de l'étendre à d'autr·es Puissances, que dans sa pensée le secrétaire d'Etat impliquait une adhésion de la France. Si tel était le cas, la condescendance du Cabinet de Berlin n'aurait certes pas un aspect bien compromettant.

Quoiqu'il en soit, je me suis abstenu, pour mon compte d'exprimer, sans y ètre autorisé remerciements et satisfaction. Et mème, en me prévalant d'un des télégramme de V. E., j'ai signalé quelques indices d'un mouvement de recul dans l'opinion publique en Italie, de certains symptòmes de déception sur nos rapports avec l'Allemagne et l'Autriche dont l'inertie, dans des affaires qui nous touchent de si près, semblait inexplicable. Je mentionnais nos engagements de procéder à échange d'idées sur les questions qui pourraient se présenter et la promesse d'un appui mutue!, quoique cet argument dut sembler faible à mon interlocuteur s'il se souvenait des restrictions apportées à ces engagements. Je disais en outre que j'avais entendu, comme maintenant pour le Maroc, un langage assez conforme avant le Congrès de Berlin pour Tunis et l'Albanie, et depuis lors pour Tripoli. J'appréciais dans une certaine mesure les motifs qui inspiraient la condu1te du Cabinet impérial, mais tous ces ménagements pour la Puissance dont il se défie le plus s'équivalaient en quelque sorte à lui laisser les coudées franches dans toutes les directions où l'Allemagne n'était pas directement intéressée, que ce fflt ou non au détriment d'un ami et d'un allié. Or la France a déjà largement profité de ce laissez-passer. Sous le manteau de la civilisation, elle invente les kroumirs; elle a découvert les pavillons noirs; elle mène de front ses empiétements au Madagascar; elle agite le Maroc. Son ministre à Tanger emboite le pas de M. Roustan. Il s'agit du mème M. Ordega qui a été refusé comme consul de France à Breslau à cause de son origine polonaise. Si le Gouvernement de la République ne le rappelle pas à l'ordre en présence des faits allégués à sa charge, entre autres d'une violation flagrante de la Convention de Madrid de juillet 1880, cela prouverait qu'il suit ses instructions. Or il est en train d'établir, si non avec éclat et en bloc, du moins en détail et à la sourdine le protectorat français.

M. Ferry, lui-mème tout en s'appliquant à modérer les ardeurs belliqueuses de la Chambre des députés échauffée par les faciles succès au Tonkin et à calmer quelques orateurs qui demandaient l'annexion de l'ile de Madagascar, parlait en faveur d'une politique qui procéderait par étapes et par séries. Il semble que le tour du Maroc est arrivé.

Le secrétaire d'Etat m'assurait qu'il se rendait parfaitement compte de nos préoccupations comme Puissance maritime; mais si nous voulions nous mettre en lieu et p l ace de l' Allemagne, nous comprendrions que celle-ci ai t grand souci, au point de vue de la paix générale, de ne pas se départir d'une sage réserve dont nous profitions aussi, car nous subirions le contre-coup d'une rupture entre l'Empire et la France. Il serait regrettable que l'opinion publique en Italie fit fausse route. Mais, en ce qui concerne l'Allemagne, l'opinion publique se retournerait contre le Cabinet de Berlin s'il faisait mine de s'immiscer. On ne manque

rait pas de lui reprocher sur tous les tons d'aigrir une question toute spéciale, de lui imprimer un caractère général, lorsque ses propres convenances ne sont nullement en jeu. On irait jusqu'à l'accuser de risquer de mettre le repos du monde en danger pour tirer les marrons du feu au bénéfice d'autrui (kastanien aus den Feuer holen). Quant aux engagements pris avec nous, on s'appliquait ici aussi à les respecter, mais il s'agissait d'échange de vues sur des questions générales, et la promesse d'appui mutuel n'avait été énoncée que dans la limite des propres intérèts, etc.

Il devenait superflu de prolonger cette conversation. A titre de réciprocité, j'en ai résumé quelques détails au comte de Benomar. Il pensait, camme mai, que l'Angleterre accentuerait sa répugnance à nous seconder dans les conjonctures actuelles. Elle n'a déjà que trop de peine à trainer le boulet qu'elle s'est attaché dans la galère d'Egypte. L'Italie et l'Espagne sont un peu beaucoup abandonnées à elles-mèmes. Raison de plus pour se concerter dans un intérèt commun. A ce propos, il me confiait que vu l'absence de M. le baron Blanc, son ministre des affaires étrangères manifestait dans une lettre particulière le désir que V.E. fut renseignée par mon entremise, et avant de faire une démarche formelle à Rome, il aurait attaché du prix à s'assurer par le canal de cette ambassade, si nous serions disposés à bien l'accueillir. Cela se passait avant la réception du télégramme de V.E. du 31 mars. Je n'hésitais pas à répondre que notre représentant près Sa Majesté catholique étant revenu dans l'intervalle à son poste, et les journaux annonçant la très prochaine arrivée du nouveau ministre d'Espagne à Rome, il serait régulier de nous faire pressentir par l'un ou l'autre de ces diplomates. Au reste, le Cabinet de Madrid ne saurait douter de toute notre sollicitude dans cette affaire. Nous avions mème pris les devants dans les entretiens de cette année avec la chancellerie impériale.

Le comte de Benomar n'ajoutait pas une grande valeur pratique aux pourparlers avec d'autres Puissances. En voie privée, il énonçait mème l'opinion que ce que l'Espagne aurait de mieux à faire, serait d'engager la question en occupant militairement quelques autres points de la còte du Maroc, en déclarant leur neutralité, en respectant l'administration du souverain territorial et les traités de commerce. L'Italie pourra;it tailler sa part dans la Tripolitaine. Tout cela n'est pas sérieux. Aussi ce diplomate s'énonçait-il sur le ton de la plaisanterie.

En attendant, ainsi que je le prévoyais, nos démarches n'ont pas sensiblement modifié les dispositions du Cabinet de Berlin. San attitude reste expectante, d'une bienveillance platonique. Elle est subordonné à un accord entre l'Italie, l'Espagne et l'Angleterre, et à l'éventualité que cette entente comprenne mème la France si le comte de Benomar a bien saisi la pensée du comte de Hatzfeldt. De son còté, l'Angleterre se résoudra difficilement à assumer des engagements. Je persiste donc à me prononcer pour une politique vigilante, mais à la fois très circonspecte, à moins que nous ne nous sentions assez 1forts pour proportionner les moyens au but, pour pousser notre politique jusqu'aux dernières conséquences.

Le secrétaire l'Etat, m'ayant prié de lui remettre par écrit les indications que le ministre du roi à Tanger vient de télégraphier à V.E., je n'ai vu aucun inconvénient à condescendre à ce désir.

En me référant à mes télégrammes du premier avril et d'aujourd'hui (1), j'ai l'honneur ...

(l) -T. 159 e 162, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 128.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2079. Vienna, 3 aprile 1884 (per. il 6).

Sul finire di una conversazione ch'io ebbi col conte Kalnoky intorno all'attuale stato delle relazioni fra l'Austria-Ungheria e l'Italia, che a causa di molti piccoli incidenti non sono così pienamente soddisfacenti come dovrebbero esserlo tenuto conto degli accordi esistenti tra noi ed i due Gabinetti imperiali, S.E. come per volermi dimostrare che se vi sono torti da una delle' due parti, questi non gli si possono imputare, dissemi tutto ad un tratto:

«Dei buoni sentimenti che professiamo a vostro riguardo ne avete una prova nell'affare di Propaganda di cui non vi parlo ufficialmente ma solo in via del tutto particolare ».

A 'queste parole mi alzai dicendo che faceva egregiamente a non parlarmi ufficialmente di quella questione, e che anzi preferivo che se ne astenesse anche in forma particolare.

Insistendo però egli ad accentuare il carattere del tutto personale con me

di ciò che voleva dirmi, credetti conveniente non rifiutarmi più esplicitamente di

ascoltarlo, ma però il feci stando in piedi ed avviandomi verso la porta.

S.E. -'allora dissemi che devesi unicamente alla sua intromissione se il cardinale Schwarzenberg arcivescovo di Praga non ebbe a dirigere una circolare al suo clero su quell'argomento e se non vi fu come già era progettata un'interpellanza alla Camera dei signori di Vienna. - S.E. -nel ciò sentire mi espresse parimenti la speranza che avremmo di nostra iniziativa preso un provvedimento del suespresso genere; ed aggiunse che se aveva differito fin qui dal dirigerci una comunicazione in proposito, si fu tanto per !asciarci il tempo di prendere noi l'iniziativa dei necessari provvedimenti quanto perché non volle disturbare il R. Governo durante la recente crisi ministeriale; ma che però non potrebbe più a lungo aspettare, anche perché è sollecitato da parecchi altri Gabinetti a non frapporre maggiori indugi.

La conversazione avendo cosi forzatamente preso un carattere pm preciso, non esitai a dire che tanto quegl'intendimenti suoi, come di auegli altri Gabinetti mancavano di praticità; poichè la sola speranza che si potrebbe nutrire, che il Governo italiano con opportuni provvedimenti vada all'incontro dei desideri della Propaganda che saranno giudicati ragionevoli, poggia intieramente sul silenzio assoluto da parte dei Gabinetti amici nonché sulle dichiarazioni ch'essi eventualmente farebbero, di non volersi intromettere in quella questione tutta d'ordine interno nostro, mentre che, se menomamente avesse a prodursi un'estera intromissione, non vi sarebbe uomo di governo in Italia che si acconcierebbe a piegarvisi.

Come me l'aspettavo il conte Kalnoky non si tacque, e mi osservò che in quanto al lato pratico della cosa non vi ha molto da discutere, visto che la Propaganda ha già trovato modo, prevedendo ciò che ora le tocca, di alienare in tempo la massima parte delle sue proprietà, ma che trattasi di una questione di principio che gli Stati cattolici non possono trascurare e qui ripeterò le sue parole:

«In quanto alla vendita forzata delle proprietà immobiliari della Propaganda, è questa una cosa di cui nessuno ha il diritto d'immischiarsi, e non ho mancato di dichiararlo già esplicitamente. L'Italia come ogni altro Stato essendo in piena facoltà di non ammettere sul suo territorio la manomorta.

Ma altra cosa si è la libera amministrazione delle convertite proprietà a cui la Propaganda, siccome istituto di carattere internazionale e diretta emanazione dell'autorità spirituale del Santo Padre, ha assoluto diritto, e ciò voi dovete ammettere e così regolare, se non volete che altri se ne interessino:..

Di ripicco ripetei ciò che già avevo detto che se vi ha speranza di un equo componimento, questo può unicamente sussistere ove non abbia a prodursi intromissione qualsiasi di estero governo; e ciò detto presi commiato; ma

S.E. mi accompagnò fino alla porta, dicendomi ancora le seguenti precise parole: « Si vous voulez faire de vous mème faite vite, car si vous ne faite pas vite je parlerai :t.

Qualunque sia stata la forma di questa conversazione, non la si può considerare molto diversamente da una vera e precisa dichiarazione che il Gabinetto di Vienna ci fa dell'appoggio che intende dare al Santo Padre in questa vertenza.

L'E.V. sa che la cosa era pienamente da me preveduta, solo che avrei creduto che i primi ufficiosi passi sarebbero stati fatti a Roma a mezzo del conte Ludolf, mentre che anche in questa circostanza toccò a me H disaggradevole ufficio di portavoce. Non parmi poi sia il caso che accompagni questa relazione coi miei personali apprezzamenti, poiché il conte Kalnoky fu troppo esplicito in questa circostanza perché il suo linguaggio abbia d'uopo di commenti. Dirò solo che a mio avviso il miglior partito a prendersi sarebbe quello di fare come se quella conversazione non fosse avvenuta (1).

(l) T. 321 e T. 339, non pubbllcatl.

(l) Per la risposta cfr. n. 154.

146

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2080. Vienna, 3 aprile 1884 (per. il 6).

Durante la .conversazione ch'io ebbi il lo corrente col conte Kalnoky in cui discutemmo assieme in verità in assai poco grata maniera, su varii argomenti che hanno stretti legami colle relazioni fra i due Stati, S.E. fece pur cenno della questione del cittadino italiano Vigna condannato dal Tribunale di Trieste al carcere ed alla successiva espulsione.

Parvemi comprendere che il conte Kalnoky volesse riferirsi a qualche parola 1che l'E.V. avrebbe detto a riguardo di quell'incidente in una sua conversazione col conte Ludolf.

Certo si è che S.E. mostr:avami non comprendere affatto, come da parte nostra si voglia dare importanza di sorta all'arresto e condanna «de ce fripon de parruquier qui faisait la propagande athéiste » così egli esprimevasi, ed aggiungeva ,che il solo sbaglio che forse fu commesso, si è di averlo sottoposto a procedimento mentre lo si doveva immediatamente espellere dagli Stati imperiali, sistema che di tutti è sempre, diceva egli, il migliore in simili casi.

Nel ciò sentire io risposi che, lasciando momentaneamente da parte la questione che provocò la condanna, non poteva se non dissentire dal parere da lui espresso, poiché se non si può sollevare obbiezioni ad un procedimento giudiziario, all'opposto non è ammissibile che si addivenga per semplice misura di polizia all'espulsione di sudditi esteri, che non abbiano in maniera alcuna recato turbamento all'ordine pubblico.

La conversazione su quest'argomento non ebbe altro seguito, avendo essa tosto preso una piega più generale, parmi però che le poche parole dettemi bastino a constatare il proposito determinato del Governo imperiale di sbarazzarsi per jas et nejas di tutti gl'italiani che abitano a Trieste.

Il solo mezzo d'mpedire l'attuazione di quel sistema su vasta scala sarebbe quello di usare dal canto nostro rappresaglie d'analoga natura; ed a malgrado, lo credo, che il R. Governo difficilmente si porrà in questa via così diametralmente contraria ad ogni principio di libertà, ho però creduto conveniente di far comprendere al conte Kalnoky che pur ci potressimo risolvere ad imitare a riguardo degl'austriaci che risiedono e viaggiano in Italia il mal esempio che ci vien dato, solo che assai probabilmente chi ne sopporterebbe le conseguenze non sarebbero poveri parrucchieri, ma personaggi di ben altro bordo (1).

<<Approvare il linguaggio tenuto, compresa l'allusione a possibili espulsioni, la q unle però. di fronte allo spirito liberale delle nostre istituzioni, non avrà guarì probabilità di tradursi in atto:.. In base a taU istruzioni venne redatto U D. 1645 del 7 a prUe 1884, indirizzato all'ambasciata a Vienna, non pubblicato.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:

147

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 21. Madrid, 3 aprile 1884 (per. l'8).

Ebbi oggi col ministro di Stato un colloquio in cui cercai di accertare con la massima precisione possibile i termini usati ed i risultati ottenuti dal Governo spagnolo nella sue comunicazioni a Londra per un accordo deUe tre Potenze circa la questione del Marocco, essendo ciò indispensabile ed urgente, secondo

V.E. mi telegrafò (1), perché possiamo regolare il nostro linguaggio col Governo della regina.

Il ministro di Stato mi disse che da sei anni vi è continuo scambio di notizie e di concordi apprezzamenti tra Madrid e Londra sulla questione del Marocco; che negli ultimi mesi quello scambio fu più attivo che mai in ragione della crescente gravità della situazione; avere sir R. Morier in un recente memorandum al suo Governo esposto e motivato i suggerimenti stessi ch'io ebbi a ricevere ed a trasmettere a V.E. col mio telegramma del 30 marzo u. s. (2) ; non aver mai il Governo spagnuolo dubitato che l'iniziativa di domande di schiarimento da farsi alla Francia o di proposte da sottoporsi alle altre Potenze dovesse essel"e lasciata all'Inghilterra che ha il potere di dare efficacia pratica a quelle eventuali domande e proposte; avere egli intanto creduto necessario, in presenza d'un pericolo imminente, di chiamarci a manifestare semplicemente a Londra la nostra non dubbia comunanza d'interessi coll'Inghilterra e con la Spagna, e la nostra adesione al desiderio della Spagna che si affermi dalle tre Potenze il programma della conservazione dello statu quo nel Marocco e della competenza dell'Europa a prevenire, o almeno regolare, le alternazioni che sopravvenissero nelle condizioni di quel territorio che solo rimane alla Francia da appropriarsi perché l'impero africano francese si estende dalla Tunisia al littorale dell'Atlantico; dipende in fine evidentemente dall'Inghilterra se questa comunanza di programma che si vorrebbe ora intimamente accertata tra le tre Potenze si possa tradurre in un'azione o identica o collettiva conforme, i mezzi da determinare di comune accordo, solo mezzo per prevenire, se è ancora possibile, il compimento di quello che il ministro di Stato chiamò lo spartimento del Mediterraneo tollerato fin'ora dalle altre Potenze con danno dell'Italia e della Spagna.

Domandai al ministro di Stato se egli aspettasse da Londra un riscontro così sollecito alle ultime sue comunicazioni come sembrerebbe desiderabile stante l'apparente urgenza delle circostanze. Egli si limitò a rispondere che vorrebbe sperarlo; che egli aveva posto ogni impegno e sollecitudine nel promuovere in tempo opportuno per gl'interessi spagnuoli un pieno e pratico accordo con l'Inghilterra circa il Marocco ed eventualmente circa le questioni mediterranee, le quali da qualche anno han preso aspetto tanto grave; che ci aveva invitati

e c'invitava, se lo credevamo conforme agl'interessi italiani, a fare a Londra comunicazioni più o meno analoghe allo scopo di tradurre la comunanza d'interessi in una eventuale comunanza di negoziati e di azione delle tre Potenze; che spettava a noi prendere consiglio dai nostri interessi e dalle nostre convenienze; che ad ogni modo la Spagna poteva rendersi testimonianza di avere coscienziosamente chiamato l'Inghilterra e l'Italia alla tutela dei comuni interessi, con intiera lealtà e sincero desiderio che quella tutela possa ancora diventare concorde ed efficace. Colla stessa lealtà, soggiunse il ministro di Stato, debbo avvertire che se lo statu quo viene turbato nel Marocco senza che un accordo pratico si fosse stabilito in proposito fra le tre Potenze, in allora la Spagna, riconoscendo agli altri governi la piena libertà di provvedere ai loro rispettivi interessi, userebbe del diritto di agire isolatamente essa stessa per la tutela degl'interessi propri che sono considerevoli nel Marocco.

(l) -T. 157 del 31 marzo 1884, non pubbllcato. (2) -T. 305, non pubblicato.
148

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 169. Roma, 4 aprile 1884, ore 16,15.

J'autorise V.E. à dire à lord Granville qu'en égard de ses considérations et désirant avec nos sentiments constants d'amitié lui éviter toute espèce d'embarras, je renonce en ce moment, à lui adresser ma proposition à l'égard des accords à prendre entre les deux Etats pour la répression de la traite dans la Mer Rouge. Je me limiterai à déclarer à la Chambre que quand les événements actuels feront piace à un état normal dans les coté de la Mer Rouge nous examinerons d'accord avec l'Angleterre s'il y a utilité à étendre la convention de 1834 aussi à ces parages.

149

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 347. Londra, 4 aprile 1884, ore 22,10 (per. ore 2 del 5).

J'ai déjà déclaré à Granville d'après le télégramme de V. E. du 22 mars (l), que la proposition concernante l'esclavage dans la Mer Rouge ne serait pas faite si elle déplaisait au Cabinet de Londres. Je ne lui parlerai donc plus de cette affaire pour ne pas renouveler une impression facheuse. Je suis persuadé que la déclaration que V.E. se propose de faire à la Chambre, tout mitigée qu'elle puisse étre, sera désagréable au Gouvernement anglais, qui n'est pas

disposé à admettre l'initiative d'autres Puissances dans la Mer Rouge. Pensez a Assab! Je crois rendre service au Gouvernement du roi en vous prévenant à temps: si V.E. est dans la nécessité de faire une déclaration à ce sujet, je crois qu'il faudrait se borner à dire que l'Angleterre tiendra certainement à honneur de prendre en temps opportun l'initiative de ce qu'il y à faire dans la Mer Rouge.

(l) T. 146 del 23 marzo 1884, non pubblicato.

150

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. CONFIDENZIALE 456/577. Londra, 4 aprile 1884 (per. l'8).

* -Jeri, all'occasione di un convegno che ebbi al Foreign Office con lord Granville gli chiesi che cosa pensava dell'idea suggerita dall'E.V. d'estendere ai porti •del Mar Rosso ed alle acque vicine la convenzione del 1834 sulla repressione della tratta degli schiavi, al quale oggetto si riferiscono il dispaccio dell'E. V. -del 20 marzo, n. 325 di serie politica (2) e la mia risposta del 28 dello stesso mese * n. 564 di uguale serie (3), nonché i telegrammi dell'E.V. del 20 e 22 marzo (4) e quelli di questa r. ambasciata del 20 e 24 del mese scorso n. -253 e 254 nonché quello del 3 corrente n. 264 (5). * -Lord Granville mi disse schiettamente che una tale proposizione, ove fosse fatta, avrebbe per effetto di creare imbarazzi al Gabinetto inglese, sia nel Parlamento, sia nella stampa, e sarebbe interpretata come un atto di diffidenza

o per lo meno come un atto poco amichevole. Lord Granville aggiunse che non si può dubitare dei principii professati dal Governo inglese su questa materia, principii che debbono principalmente all'Inghilterra la loro applicazione nel mondo. ma che nuovi atti convenzionali riflettenti la applicazione di essi nel Mar Rosso per parte della Marina italiana od altre Marine estere erano considerati da lui, nello stato presente delle cose, come assolutamente inopportuni *.

Ricordai a lord Granville che, nel parlargli di ciò, io avevo avuto cura di ben dichiarare che il pensiero che aveva ispirato l'E.V. nell'ordinarmi di fare questa entratura era del tutto amichevole, e che ella mi aveva espressamente incaricato di dire a Sua Signoria che se la proposta non piaceva, non sarebbe fatta. Lord Granville fu lieto di ascoltare la conferma di queste dichiarazioni. Ma non mi fu difficile l'accorgermi che la impressione, prodotta da queste comunicazioni sopra di lui e sopra il signor Gladstone ed in generale sul Gabinetto, non fu buona; è mio dovere d'informarne V.E.

Devo aggiungere un'altra indicazione. Io non ho mancato, secondo le istruzioni della E.V. (dispaccio ministeriale del 22 marzo n. 329) (6) di dire a lord Granville, senza annettere al fatto una speciale importanza, che il Governo del re s'era indotto a far fare un ufficio comune colla Francia presso il Go

verno egizi:ano per sollecitare il regolamento ed il pagamento delle indennità dovute ai sudditi italiani, animato unicamente dal pensiero dell'obbligo che gli incombeva di tutelare gl'interessi dei regii sudditi. Lord Granville non sollevò in proposito né obiezione né discussione. Ma da qualche parola sfuggitagli nella conversazione potei argomentare, che non tanto l'ufficio diretto al Governo egiziano dal nostro agente al Cairo, quanto il fatto del nostro accordo colla Francia su questo soggetto aveva spiaciuto, principalmente dopo le nostre reiterate proferte d'amichevoli disposizioni verso l'Inghilterra nelle cose d'Egitto.

In tutto questo, per buona ventura, non v'è ancora nulla che possa compromettere minimamente le relazioni tra l'Italia e l'Inghilterra. Ma mi permetto di pregare l'E.V. di riflettere a questi indizii. Il Gabinetto inglese è in mezzo a gravi difficoltà e questa cit~costanza, per legge dell'umana natura, lo rende più sensibile ai modi di procedere che si usano verso di esso (1).

(l) -I brani tra asterischi sono editi in LV 67, pp. 8-9. (2) -Cfr. n. 116. (3) -Cfr. n. 130. (4) -T. 141 e 146, ln realtà del 23 marzo 1884, non pubblicati. (5) -T. 280 cJel 21 marzo, T. 286 e T. 338, non pubblicati. (6) -Cfr. n. 121.
151

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 459/580. Londra, 4 aprile 1884 (per. l'8).

Ieri sera nella Camera dei Comuni sir Stafford Northcote, Mr. Baxton e Mr. O'Connor interrogarono il ministero intorno alla sua politica in Egitto, specialmente riguardo al Sudan ed alla posizione del generale Got~don a Kartum.

Il signor Gladstone rispose che il Governo sentiva tutta la sua responsabilità negli avvenimenti che si vanno svolgendo nel Sudan.

Disse che il generale Gordon aveva ricevuto l'incarico di studiare il modo migliore d'abbandonare la maggior parte di quella regione !asciandola nelle mani delle tribù che la possedevano prima della conquista egiziana.

Disse che H ministero lo richiamerebbe se lo credesse in grave pericolo; ma ciò non risultava dalle informazioni ricevute finora. Il generale Gordon aveva accettato quella missione contando sugli appoggi che avrebbe trovato sul luogo, 'e non aveva mai domandato truppe in suo aiuto. Aveva del resto piena facoltà di ritirarsi qualora lo giudicasse opportuno.

Il marchese di Hartington rispondendo alla parte militare dell'interrogazione del capo dell'opposizione disse che il Governo inglese non aveva creduto di acconsentire alla nomina di Zebehr pascià a governatore del Sudan orientale, che era stata consigliata dal generale Gordon come il mezzo migliore di vincere il Mahdi. Il Governo non riteneva necessaria una guerra contro il così detto falso profeta, e si era giustamente preoccupato dei cattivi precedenti di Zebehr.

Disse poi che era stata abbandonata l'idea di mandare a Berber una parte delle truppe del generale Graham, attesa la stagione avanzata ed il pochissimo aiuto che ,esse avrebbero potuto dare a Kartum.

Aggiunse che a Suakim resterebbe una guarnigione inglese fino all'arrivo delle truppe egiziane, destinate ad occupare quel porto nell'avvenire.

Più tardi nella serata sir Stafford Northcote mosse una nuova interrogazione al Governo sull'Egitto e sul generale Gordon, chiedendo l'aggiornamento delle questioni che si stanno discutendo. Il signor Gladstone rispose deplorando queste continue interpellanze sulla politica egiziana, e disse che il Governo non poteva fare altre comunicazioni. Parlando delle finanze egiziane fece notare che bisognava tener conto in quella questione dei diritti del sultano e dei diritti delle Potenze.

Lord John Wanners e Mr. Chaphri insistettero sulla necessità di queste discussioni e non si dichiararono soddisfatti delle spiegazioni date dal ministero. Il dibattimento non ebbe altro seguito.

(6) Per la risposta cfr. n. 157.

152

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 350. Londra, 5 aprile 1884, ore 2,25 (per. ore 15,30).

J'ai déjà exposé à Granville notre programme du maintien du statu quo au sujet du Maroc. Il me parait absolument indigné par toute sorte de raisons que nous devons attendre avant de faire nouvelles démarches que l'Epagne ait aussi fait connaitre son programme au Cabinet de Londres. Jusqu'ici Granville n'a reçu aucune communication du Cabinet de Madr,id. Il me l'a affirmé hier ·encore. J'ai besoin de savoir si la nouvelle déclaration que je dois faire, bien entendu après celle de l'Espagne, doit ètre écrite et dépouillée du caractère absolument confidentiel que j'ai donné jusqu'ici à mes démarches. Dès lors il faudra s'attendre à ce que le Gouvernement français soit immédiatement informé. :Il me serait aussi utile de savoir si V.E. a parlé de cette question à l'ambassadeur d'Angleterre à Rome. Enfin dans le cas au Granville me demande si nous sommes prèts à donner une sanction, je tranche le mot, à faire la guerre avec ou sans entente à trois, je désirais savoir ce que j'ai à répondre.

153

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3449. Berlino, 6 aprile 1884 (per. il 10).

J'ai eu hier la visite du secrétaire d'Etat. Il venait me dire qu'il avait rendu compte au chancelier de notre dernier entretten résumé dans mon télégramme du 3 avril (l) et exposé plus en détail dans mon rapport de la mème date n. 3447 (2). Le prince de Bismarck avait été un peu désagréé par l'insistence de V.E. au sujet du Maroc. Les faits allégués, lors mème qu'ils placent

sous un jour défavorable la conduite du ministre plénipotentiaire de France à Tanger, ne revètent pas néanmoins un caractère suffissant de certitude pour en faire remonter la responsabilité au Gouvernement de la Republique, et surtout pour en induire de sa part des aspirations de conquéte ou de protectorat. D'un autre còté, la démarche, dont il s'agirait à Paris des trois Puissances placées aux premières loges, n'est pas sortie de la phase préparatoire.

L'Allemagne, en ce qui la concerne, n'a pas de propres intéréts à faire prévaloir..Elle ne saurait se méler de la question, surtout quand ces Etats, qui devraient s'aider eux-mémes, ne se sont pas encore mis d'accord. Une immixtion de l'Allemagne, en suite des motifs qui nous ont été déjà indiqués, n'offrirait que des inconvénients, et nuirait plutòt, que de profiter à la situation. Il existe des intéréts allemands, comme des intéréts italiens, engagés dans maintes directions. Que penserait-on de chez nous si de Berlin on invoquait sur ces divers points notre concours, notre appui moral au bénéfice de telle ou telle autre combinaison? S'il s'agissait de l'Italie proprement dite ou de l'Allemagne dans la véritable acception devant l'une ou l'autre repousser une agression non provoquée, le cas serait différent, et chacun aviserait selon ses engagements. Dans le cas spécial du Maroc, il appartient à l'Italie, à l' Angleterre et à l'Espagne de procéder selon leurs convenances. L'Allemagne attendra de voir . la marche et le développement que prendra la question. Le Cabinet de Berlin ne nous est pas contraire, mais dans l'intérét de la paix générale, il doit s'en tenir à une attitude réservée et expectante.

M. de Keudell recevra une dépéche dans le sens des considérations ci-dessus, et le comte de Hatzfeldt avait voulu m'en informer.

Je le remerciais de cet avis. Je rappelais en méme temps que nous n'avions pas demandé à l'Allemagne de s'immiscer hic et nunc, mais une simple assistence diplomatique éventuelle, et des facilités lorsque les trois Puissances se seraient concentrées entre elles. J'ajoutais qu'il n'y avait pas eu insistance de V.E. qui ne connaissait pas encore à la date de ses télégrammes du 31 mars (l) la réponse faite le 2 avril par la Chancellerie impériale à la question que j'avais posée en interprétant mes instructions générales. D'ailleurs en me chargeant de pourparlers confidentiels et de communiquer les ouvertures reçues de Madrid, vous aviez voulu, M. le ministre, témoigner de votre confiance envers le Cabinet de Berlin, et le mettre sans tarder au courant de cette affaire. En gardant le silence avec lui, nous aurions cru méconnaitre ce que comportent nos rapports d'amitié et d'alliance.

Je me permettais aussi de rappeler les considérations que j'avais émises sur l'importance de premier ordre que tous 'les points principaux de Tripoli à Tanger ne passent pas sous la domination française. C'est là non seulement un intérét itaUen dans un sens général, mais un intérét vital de l'Italie. Si nous le négligions nous manquerions à nous-mémes et à nos alliés.

Ces còtes d'Afrique sont tellement rapprochées qu'elles peuvent etre envisagées si non comme une continuation de notre territoire, du moins comme une espèce de contre-forts.

(l} T. 159, 162 e 163, non pubblicati.

(l) -T. 339, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 144.
154

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 1647. Roma, 7 aprile 1884.

Rispondendo al rapporto, di singolare interesse, che l'E.V. mi ha scritto il 3 di questo mese (1), circa alcune parole a lei dette, in forma strettamente personale, dal conte Kalnoky rispetto alla questione di Propaganda, desidero anzitutto dichiarare che anche nella presente cir·costanza il linguaggio di V.E. fu per ogni rispetto degno e corretto. Mi associo poi interamente al pensiero da lei espresso in fine di quel rapporto, che, cioè, miglior partito per noi sia quello di considerare l'occorso colloquio, che fu, del resto, affatto incidentale, e senza carattere ufficiale, come se non fosse avvenuto.

Mi preme però che l'E.V. abbia esatta conoscenza d'ogni particolare rela tivo alla presente questione; imperocché se il riserbo, impostaci da alte e manifeste ragioni, ci vieta di contraddire apertamente alle erronee affermazioni, può avvenire che le si offra indiretta e propizia opportunità di contrapporre ad esse la giusta realtà delle cose.

In primo luogo, mal comprendo come il conte Kalnoky abbia potuto affermare che H Gabinetto di Vienna è spinto da altri Gabinetti ad intromettersi in questo affare; le nostre informazioni sono da ogni lato concordi nello affermare il proposito di astensione in cui stanno anche i governi più devoti alla causa del pontificato spirituale. Il solo indizio di reciproca azione tra Gabinetto e Gabinetto nella presente materia è quello, additatoci dal r. ministro all'Aja, di offici probabilmente fatti di sua propria iniziativa dal rappresentante austroungarico presso il Governo neerlandese. Non uno solo tra i governi stranieri ci ha rivolto osservazione o raccomandazione alcuna circa la questione di Propaganda. E poiché, argomentando da taluna notizia di giornali, vedo che si vorrebbe far credere ad un'azione diplomatica degli Stati Uniti, soggiungerò ancora, quantunque già la cosa si tragga dai documenti diplomatici che le si vengono comunicando, essersi solo fatta, a titolo amichevole e non ufficiale, dal ministro degli Stati Uniti, senza accompagnamento di officio qualsiasi, la rimessione dei documenti atti a chiarire la condizione del collegio nord-americano; la semplice lettura di quei documenti fece convinti me e il collega guardasigilli di non potersi in alcuna guisa confondere la residenza di quel collegio con gli immobili patrimoniali di Propaganda, e dover quindi, in forza dell'art. 18 della legge 7 luglio 1866, andare immune dalla ·conversione.

Al conte Kalnoky è stato fatto credere, come scorgo dal rapporto di lei, che Propaganda, prevedendo ciò che ora accade, ha già provveduto alienando la massima parte delle sue proprietà. Non so davvero dove simili notizie abbiano potuto essere attinte; certo sono del tutto opposte al vero. Il valore complessivo del

patrimonio immobiliare di Propaganda, secondo valutazione fattane fin dal primo momento in base al reddito, non sarebbe asceso che a circa quattro milioni; se nel fatto, mercé la conversione, si otterrà somma maggiore, cioè di poco inferiore ai cinque milioni, la cosa dipende dagli aumenti di prezzo conseguiti negli incanti. Le sole alienazioni volontarie di stabili operate da Propaganda furono due per somma non eccedente, complessivamente, le lire trentamila. Furono invece, senza contrasto da parte di Propaganda, la quale abbandonò l'opposizione mossa in sulle prime, operate, tra gli anni 1874 e 1880, dalla Giunta liquidatrice, tante vendite per una somma totale di oltre due milioni ottocentomila lire; di guisa che, quando le alienazioni, per ì'opposizione rinnovata da Propaganda nel 1880, e per il procedimento giudiziario che ne segui fino alla recente sentenza della Corte di cassazione, si trovarono sospese, oltre la metà del patrimonio immobiliare della Congregazione già ·era venduto e convertito per effetto ed applicazione della legge del 1873.

Breve cenno aggiungerò, infine, circa quello che, agli occhi del conte Kalnoky, apparisce il punto più delicato ed importante della controversia; quello cioè che concerne la libera disponibilità del patrimonio, quando sia convertito in rendita od altri titoli nominativi. Intorno a questo punto, come pure intorno agli altri attinenti all'argomento, sto compilando apposita memoria che le sarà tra poco comunicata. Però, fino da ora, e ripetendo ciò che altra volta le dissi, mi giova dichiarare che la sentenza recente della Corte di cassazione non ha connessione alcuna colla disponibilità patrimoniale di Propaganda; la quale disponibilità è ora e in avvenire quella precisamente che fu per il passato, senza che la Congregazione abbia mai avuto ragione di muoverne osservazione o lamento. Tutto si riduce alla formalità dell'autorizzazione governativa; formalità che ha solo per intento di assicurare la legittimità e la regolarità d'ogni singola operazione, senza proposito alcuno d'intromissione nella gestione di Propaganda. La sola differenza consisterà in ciò che, mentre in passato l'autorizzazione veniva chiesta dal segretario della Congregazione, a volta a volta, o per alienazione di stabili, o per alienazione di rendita (questi ultimi furono i casi più frequenti, la cifra totale della rendita alienata, previa autorizzazione, ascendendo a 630 mila lire), in avvenire invece l'autorizzazione avrà costantemente a chiedersi per alienazione di rendita o di titoli fondiari. Questa identità tra la situazione attuale e la situazione preesistente alla sentenza della Corte di cassazione costituisce, non lo nascondo, una difficoltà nello studio di quelle maggiori agevolezze che sieno attuabili a viemmeglio dimostrare la rettitudine e la benevolenza dei nostri intendimenti verso Propaganda. Imperocché tutto riducendosi a una formalità semplicissima, scevra d'ogni molestia od indebita ingerenza, e soddisfacentemente sperimentata dalla Congregazione stessa per un decennio, mal si scorge quali facilitazioni ulteriori siano ancora possibili, beninteso entro i limiti consentiti dalla legge. Nondimeno confermo che questo studio sarà da noi lealmente proseguito, purché intromissioni di Potenze straniere non vengano a turbarlo, imponendoci una rigorosa astensione da ogni novità, la quale possa apparire effetto di pressione non compatibile con la dignità nostra.

(l) Cfr. n. !45.

155

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 23. Madrid, 7 aprile 1884 (per. il 13).

In conformità alle istruzioni telegrafiche che V.E. mi fece l'onore di dirigermi l'altro ieri (1), espressi oggi a questo ministro di Stato l'assicurazione che la Spagna poteva fare assegnamento sul concorso amichevole e premuroso dell'Italia per una nuova e formale affermazione, a Londra, del programma comune circa il Marocco, quello cioè del mantenimento dello statu quo, e della competenza europea sulle eventuali modificazioni allo statu quo. Il ministro mi pregò di ringraziare V.E. per tale comunicazione.

Secondo rapporti dei quali egli mi diede parziale lettura, il Gabinetto di St. James non si preoccupa del Marocco al punto di far cosa alcuna che possa dispiacere alla Francia, con la quale tanto i liberali che i conservatori e la Corte stessa desiderano di mantenere ottime relazioni. Il signor E1duayen ha motivi di ritenere che il nuovo passo fatto a Londra dalla Spagna e dall'Italia sarà pel Governo della regina occasione a far sentire a Parigi amichevoli consigli, e pel Governo della Repubblica materia a riflettere se gli convenga, nelle presenti condizioni interne, di aprire nel Marocco la via ad eventuali complicazioni diplomatiche.

Ho evitato, nei vari miei colloqui col ministro di Stato, di seguire il mio interlocutore negli argomenti da lui tratteggiati con eloquenza tutta castigliana, del progressivo spartimento del Mediterraneo, dell'accrescersi dell'impero africano della Francia e della possibilità che una vera lega si formi tra l'Inghilterra, la Spagna e l'Italia per i loro comuni interessi nel Mediterraneo.

O si consideri tardiva o prematura l'idea d'una tale lega con cosi vasti obbiettivi, essa manca per ora di base. In quanto concerne specialmente la Spagna questa, per varie ragioni ben note, è lontana dall'ardito concetto di considerare francamente l'Inghilterra come alleata naturale e di riguardare la preponderanza inglese nel canale di Suez e nello stretto di Gibilterra come la più efficace guarentigia per la libera navigazione e per gli altri interessi della Spagna sulle coste africane e nell'estremo Oriente. Fra l'incubo di siffatta preponderanza e quello della preponderanza francese dalla Tripolitania al Marocco, la Spagna, non matura ad un sistema coerente di alleanze marittime, sembra tuttavia oscillante; e V.E. ha potuto scorgere dai rapporti di questa legazione, che in varie circostanze apparve evidente nel Governo spagnuolo il bisogno di opporre alternativamente l'una all'altra, a seconda dei casi, le due maggiori Potenze marittime. Talché l'ambasciatore di Francia alludeva testé (non però con me che non ebbi colloquio di sorta col barone des Michels sul delicato argomento) alle eventualità che il programma dello statu quo e della competenza europea affermato già dall'Europa riguardo all'Egitto, possa, applicato al Marocco, diventare una guarentigia per le potenze latine contro una

tS -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XVII-XVIII

occupazione inglese a Tangeri che compirebbe la padronanza sui due sbocchi del Mediterraneo.

In una posizione tanto equivoca della questione mediterranea presa nel suo complesso, le solidarietà apparendo così variabili ed anzi contraddittorie, secondo che si tratti dell'una o dell'altra delle vertenze sorte negli ultimi anni, il Governo spagnuolo apprezza altamente il concorso prudente ed indubbiamente disinteressato che l'Italia gli presta nella questione speciale del Marocco ad uno scopo di conservazione, di pace, di equilibrio. Il Gabinetto di Madrid in qualche modo confida che, dai passi comuni e dalla influenza ch'essi potranno esercitare sulle comunicazioni amichevoli del Gabinetto di St. James a quello di Parigi, si possa sperare se non la consolidazione della situazione piuttosto precaria dell'impero del Marocco, almeno una continuazione dello statu quo fino a che le circostanze permettano modificazioni più vantaggiose agl'interessi spagnuoli e conseguentemente ad una bilancia meno anormale di forze tra i vari occupanti delle coste settentrionali dell'Africa.

(l) T. 170, del 4 aprile 1884, non pubblicato.

156

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A MADRID, BLANC

T. 188. Roma, 8 aprile 1884, ore 16.

J'ai, fd'après le sage avis du comte Nigra, autorisé ce dernier à «afférer » le renouvellement de ses démarches auprès de lord Granville, au sujet du Maroc, jusqu'à ce que le Cabinet britannique ait reçu une communication analogue de la part de l'Espagne. C'est, me dites-vous, M. Morier lui-meme qui doit la porter. Le comte Nigra me fait cependant remarquer avec raison, qu'une communication faite ainsi, n'a pas la meme valeur qu'une déclaration dont le représentant d'Espagne à Londres serait l'organe. Il ne nous appartient pas de donner des conseils en matière de méthode, mais vous pourriez, si l'occasion s'en présente, faire sur ce point, une simple remarque justifiée, entre autres, par l'utilité d'une conformité d'action entre nos deux Cabinets.

157

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA (l)

D. 345. Roma, 8 aprile 1884.

Con rapporto 4 aprile (2), V.E. si è compiaciuta d'informarmi che la proposta di estendere alle coste del Mar Rosso l'esercizio del reeiproco diritto

di visita sarebbe riescita poco gradita al Governo della regina, • il quale già aveva avuto una sfavorevole impressione dagli uffici dal regio agente in Cairo in unione al suo collega di Francia per sollecitare il pagamento delle indennità egiziane.

Desidero anzitutto manifestare la mia gratitudine a V. E. per la franchezza delle informazioni e suggerimenti contenuti nel suddetto rapporto, ed assicurarla che ella interpretò esattamente le istruzioni che da me le erano state impartite.

L'E.V. potrà rinnovare a lord Granville l'espressione del nostro vivo desiderio di non suscitare imbarazzi al Governo britannico; la nostra proposta~,1per l'estensione del diritto di v.tsita alle coste del Mar Rosso ci era dettata da un sentimento amichevole v,erso l'Inghilterra, e ne abbandoniamo di buon grado il progetto fino a momento più opportuno. Mi riferisco, a questo riguardo, alle dichiarazioni da me fatte alla Camera in occasione della discussione del bilancio, delle quali già le diedi per telegrafo un cenno sommario, e di cui le trasmetterò il testo tosto che sia stampato *.

Quanto alla nota diretta dal commendator De Martino al Governo egiziano, d'accordo coll'agente francese, per sollecitare il pagamento delle indennità, era riescita poco gradita al Governo britannico. A tale riguardo mi onoro di pregare V.E. di far notare a lord Granville come tale atto, cui il r. agente d'altronde s'indusse di propria iniziativa e non per istruzioni del R. Governo, sia giustificato da un sentimento di benevolenza per i nostri connazionali del quali la tutela gli è commessa. Ciò nulla toglie al proposito nostro di mantenere!, anche per questo particolare, in pieno accordo col Governo della regina, del quale aspettiamo fiduciosi le decisioni.

(l) -I brani tra asterischi sono editi in LV 67, p. 9. (2) -Cfr. n. 150.
158

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL COMMISSARIO CIVILE AD ASSAB, BRANCHI

D. 258. Roma, 8 aprile 1884.

Prenderò nella maggior constderazione quanto ella raccomanda nel rapporto n. 950 (l) per sviluppare le relazioni della nostra colonia coll'interno: dare cioè una qualche soddisfazione ai danakil, giustamente irritati contro il pascià di Zeila ed autorizzare il conte Antonelli ad intraprendere un secondo viaggio allo Scioa. D'accordo con lo stesso conte Antonelli si cercherà di tradurre in atto, nel modo migliore, le proposte di V.E.

(l) Non pubbllcato.

159

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. RISERVATO 2086. Vienna, 8 aprile 1884 (per. il 19).

Nella conversazione ch'io ebbi col conte Kalnoky sull'argomento della Propaganda Fide, ed a cui S.E. volle dare un carattere del tutto particolare ed extra-ufficiale sebbene quel genere di discorso sia pur sempre un primo passo di cui si tiene conto, e che viene poscia ufficialmente menzionato allorché la trattazione di una questione passa allo stadio di effettivi negoziati, il ministro imperiale per dar maggior peso al suggerimento ch'egli ci faceva di regolare la vertenza in modo soddisfacente dal punto di vista internazionale metteva in campo il pericolo della partenza del Santo Padre da Roma.

A ciò io risposi col motto attribuito a Pio IX che < a bove vecchio non si cambio la stalla:. aggiungendo che d'altronde l'opinione pubblica non si preoccupava affatto di quell'eventualità, tanto più che è troppo chiaro che nessun Stato ambisce l'onore di ospitare il Santo Padre, ove emigrasse da Roma, a cominciare dall'Austria! Il conte Kalnoky non esitò a confermare questo mio apprezzamento ma ciò non di meno volle ancora una volta dire che a malgrado tutto l'eventualità in questione non è affatto esclusa e che il Governo italiano non deve perderla di vista.

Sebbene io sia pure persuasissimo che come stanno oggi le cose, Sua Santità non pensa seriamente a cercare altrove quella maggior libertà ed indipendenza che nessun altro Stato che l'Italia potrebbe dargli, pur non è men vero che la possibilità dell'emigrazione della Santa Sede da Roma non si può escludere in maniera assoluta; poiché non v'ha dubbio ch'essa produrrebbe una scossa nel mondo cattoUco che ad ogni modo creerebbe non lievi imbarazzi al Governo italiano, risultato questo che potrebbe farsi preponderante nelle decisioni del pontefice.

Ma non è roio intento il discorrere quì di ciò che si dovrebbe fare per allontanare l'eventualità di cui è caso, né di enumerare le conseguenze che potrebbero scaturire da quel fatto.

Leggo nel Fremden Blatt una notizia non a caso tratta dal Times in cui è detto che fin d'ora il Santo Padre fece procedere ad un minuto inventario di tutti gli oggetti d'arte ed altri tesori per la scienza e la storia che il Vaticano racchiude, e che copia di esso venne consegnata non solo alle missioni estere accreditate presso la Santa Sede, ma anche a quelle accreditate presso il Quirinale. La cosa sarà vera o falsa io lo ignoro, ma certo il R. Governo ha sopra luogo il mezzo di assicurarsi dell'attendibilità del fatto. Ciò però che per conto mio( credo fuori d'ogni dubbio si è, che il Santo Padre non avrà già a quest'ora mancato d'intavolar negoziati colle Potenze cattoliche e con le altre forse anche, affinché ove si allontanasse da Roma, esse abbiano al momento stesso ad assumere la protezione dei Palazzi Vaticani.

Ove ciò si dovesse verificare costituirebbe ai miei occhi il più grave pericolo che ci sovrasterebbe per la partenza del papa, ed il pericolo mi pare di tale importanza, ·che crederei necessario il R. Governo trovasse m!liniera di manifestare in anticipazione, con indiretta ma non dubbia maniera, il suo reciso intendimento di non ammettere in modo alcuno quell'eventuale estero intervento in casa ·nostra. Converrebbe del pari essere ben preparati sul da farsi nel 1caso che il papa venendo a lasciar Roma improvvisamente, il protettorato delle Potenze si manifestasse inaspettatamente al momento stesso con l'innalzamento di estere bandiere sul Vaticano, o sotto altra del pari esplicita forma. Non ho d'uopo di dire che ove si trattasse dell'innalzamento di estere bandiere queste dovrebbero a parer mio farsi calare senza neppure un istante d'esitazione poiché se dessimo tempo acché ci venissero dirette ufficiali comunicazioni in proposito, sarebbe già troppo tardi per agire.

Non dubito che il R. Governo avrà già preso in considerazione le eventualità da me accennate, ma pur non di meno credetti doverne tenere parola all'E.V. poiché mi risulta che ripetutamente esse ebbero a formar oggetto di ·conversazione nei circoli influenti di questa capitale (1).

160

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 373. Vienna, 9 aprile 1884, ore 15,15 (per. ore 18,10).

Dans la conversation que j'ai eu hier avec Kalnoky je suis revenu sur le langage qu'il m'avait tenu, il y a huit jours, au sujet de la marche que le Gouvernement du roi suit à l'intérieur. Je me suis servi des articles par lesquels la Tribune et la Rétorme l'attaquent d'une manière inouie pour démontrer combien ses appréciations étaient mal fondées, ainsi que pour mettre en évidence les difficultés contre lesquelles le Gouvernement du roi, comme tout autre gouvernement, doit lutter, prouvant ainsi que chaque Pays doit suivre, à l'intérieur, la ligne politique qui correspond le mieux à sa situation spéciale. Kalnoky a montré apprécier tout-à-fait les considérations que je lui avais développées; après avoir dit que, pour ce qui regarde notre politique étrangère, il ne serait pas possible de mantenir constamment avec plus de loyauté et de fermeté que ne l'a fait V.E. les engagements pris, il a encore voulu se rebattre un moment sur la politique intérieure, qu'il disait étre quelque fois oscillante, mais il a aussitòt ajouté qu'il se rendait, du reste, parfaitement compte des difficultés de la situation. Enfin je me plais à constater que je l'ai trouvé

si terrà Il debito conto quantunque tutti gli indizi concorrano ora a dimostrare imnrobab!le l'eventualità della partenza del papa da Roma •· In base a tall istruzioni venne redatto U D. 1669

del 27 aprile 1884, indirizzato all'ambasciata a Vienna, non pubblicato.

tout-à-fait autre à notre égard qu'il y a huit jours. Serait-ce là une conséquence de l'attitude peu st'l.re de la Russie ces jours derniers dans la question de la Roumelie orientale, ou bien l'effet du discours de V. E.? Je ne saurais le préciser. Pour le moment j'ajouterai que, pour mieux démontrer que chaque Pays se gouverne selon ses exigences spéciales, j'ai cité la Hongrie, où certes les choses ne vont pas comme à Vienne quoique les deux Ètats ne forment qu'une seule monarchie, et cependant le souverain montre comprendre comme roi de Hongrie, les nécessités de la situation intérieure de ce Royaume, et salt s'y plier de la meilleure gràce possible.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione: «Ringraziare particolarmente per questo rapporto e per i suggerimenti contenutevi, di cui

161

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI

D. CIRCOLARE. Roma, 9 aprile 1884.

Il mio precedente dispaccio del 20 febbraio scorso (1), relativo alla questione di Propaganda, anch'esso come il presente esclusivamente destinato ad informazione e norma dei rappresentanti di S.M. all'estero, mirava a dimostrare assul.'de e contrarie alla verità le voci che in sul principio si sarebbero volute accreditare; trattarsi poco meno che di confisca o spogliazione; la Congregazione soggiacere a grave danno; il patrimonio suo essere oramai nelle mani del Governo italiano. Il vero ha efficacia incontrastabile; epperò fu tosto chiarito che la conversione, a cui la Corte di cassazione sentenziò soggetto il patrimonio immobiliare di Propaganda, è tale provvedimento che punto non nuoce alla Congregazione ed anzi le giova, mentre il Governo italiano, né ricava da esso il benché menomo profitto, né acquista ingerenza maggiore.

Senonché, come codeste prime affermazioni si trovarono tosto contraddet

te dall'evidenza dei fatti, si volle indi recare la questione sopra altro terreno,

facendo tema di querela la pretesa novità di un provvedimento che si affermò

restrittivo, a danno della Congregazione, della libertà di acquistare e della

disponibilità patrimoniale.

Mi sembra utile che anche a questo riguardo i rappresentanti di S.M.

abbiano precisa e sicura nozione dei fatti; non già perché abbiano a trame

argomento di discussione coi governi presso i quali sono accreditati, sibbene

perché siano in grado, ad ogni occasione opportuna, di correggere erronei

giudizi ed inesatti apprezzamenti.

La deficienza in generale di giuste notizie intorno a questa materia e

l'opera perseverante di coloro cui giova di far apparire sotto men favorevole

luce gli atti del Governo italiano hanno avuto questo singolare effetto, che

anche tra le persone di ottima fede alcune hanno potuto indursi a credere in

qualche parte fondate le aspre doglianze che si sono levate in questa circo

stanza. Costoro, che non vogliamo per certo confondere con gli avversari si

stematici d'ogni provvedimento dell'amministrazione italiana, saranno lieti di

Illuminarsi e di potersi convincere così deHa insussistenza delle accuse.

La memoria qui acchiusa (l) pone sostanzialmente in sodo con la citazione

di fatti positivi e di agevole accertamento:

a) che la conversione del patrimonio immobiliare di Propaganda, interrotta dal 1880 in poi per solo effetto del procedimento giudiziario iniziato dalla Congregazione, è tale operazione la quale non solo è obbligatoria, come la Corte di cassazione ha ora riconfermato, in virtù delle leggi del 1866 e del 1873, ma trovavasi già nel 1880 rego,larmente eseguita per oltre la metà dell'asse immobiliare di Propaganda (circa 2,800,00 lire, contro una cifra complessiva inferiore ai cinque milioni), con volontario abbandono di un primo tentativo di opposizione del 1874, anzi con la continua acquiescenza e con notevole lucro pecuniario della medesima Congregazione;

b) che ferma la sola incapacità di possedere stabili, la Congregazione continua ad essere sempre libera di fare acquisto di qualunque proprietà a titolo oneroso o gratuito, e in questo secondo caso soltanto ha bisogno, come tutti indistintamente l corpi morali, e come lo ebbe sempre in passato, dell'autorizzazione prescritta dal codice civile a tutela delle famiglie;

c) che la disponibilità del patrimonio non è in essa menomamente scemata per effetto della recente sentenza della Corte di cassazione, la quale non tocca affatto codesto punto, e si riferisce esclusivamente all'obbligo della conversione de' buoni immobili. La disponibilità patrimoniale rimane esattamente quale fu sino 'ad ora, e quale fu senza difficoltà esercitata mediante un'autorizzazione governativa di mera formalità. Alla memoria va unito un elenco delle autorizzazioni chieste dalla stessa Congregazione ed a lei concesse fino a tutto lo scorso febbraio; sono notevoli quelle ottenute, sopra istanza dei successivi monsignori segretari di Propaganda, per alienazione di rendita nominativa, ascendendo complessivamente le partite di rendita alienata a ben 630 mila lire; l'ultima di esse partite fu alienata in lire 96 mila sopra istanza 4 settembre 1883 di monsignor Jacobini, attuale segretario della Congregazione. Le formalità da osservarsi in avvenire saranno né più né meno di quelle che in occasione di quelle alienazioni furono sempre, fino ad ora, senza verun lamento osservate, e si trovarono consentanee alla dignità ed ai legittimi interessi dell'Istituto;

d) che le formalità stesse, di che si tratta, sono quanto più semplici immaginare si possano; stanno a cautela dell'Istituto medesimo, non già a suo danno o a indebita restrizione della sua libertà, né infine implicano la benché menoma immistione del Governo nella gestione di Propaganda. A questo riguardo giova anche notare come con l'assoggettare, fin dai primi tempi dopo il 1870, la Congregazione di Propaganda alla osservanza di quelle formalità, non siasi menomamente voluto disconoscere la missione internazionale e mondiale dell'Istituto; imperocché, quale che sia la sfera d'azione d'un corpo morale, e quando pure gli scopi suoi si estendano oltre i limiti d'uno Stato, è certo che le sue condizioni giuridiche di esistenza debbonsi necessariamente regolare seconto le

leggi del luogo ove ha sede. Di questo principio, universalmente ammesso e riconosciuto, si è fatta, senza contrasto alcuno da parte delle Potenze interessate, l'applicazione anche a tutti, senza eccezione, gli enti morali esistenti in Roma a beneficio esclusivo di stranieri; i quali enti dalla legge del 1873 (art. 23 e 24) non solo furono assoggettati, se appartenenti alla categoria degli enti conservati, all'obbligo della conversione, ma dovettero trasformarsi, previa approvazione del R. Governo, in modo che le norme regolatrici della loro via fossero conformi alle leggi ed al diritto pubblico del Regno d'Italia;

e) che infine, qualora per semplice ipotesi l'amministrazione di Propaganda si trasferisse parzialmente in altri Paesi, ivi troverebbe obblighi e formalità non guarì dissimili da quelle vigenti in Italia, anzi in molti luoghi più tassativo bisogno d'autorizzazione governativa, e vincoli più rigorosi.

Dopo questo rapido riassunto di ciò che nella acchiusa memoria travasi più minutamente esposto e chiarito, ·nulla mi rimane ad aggiungere acciò ella abbia !intera conoscenza dei fatti. Bensì mi piace di notare che, anche nella presente circostanza, la fedele osservanza ed attuazione della legge non reca sfregio o nocumento alcuno, da qualunque punto di vista si esamini la questione, a tale istituzione che ha giustamente le simpatie del mondo civile e dal R. Governo otterrà sempre, come sempre ha ottenuto per quanto stava in noi, assistenza e favore, con tutte quelle facilità ed agevolezze al compimento della sua missione, -che siano compatibili co' principi di diritto pubblico in vigore nel nostro Paese.

(l) Cfr. n. 72.

(l) Non sl pubblica.

162

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALLA PRESIDENZA DELLA SOCIETA' DI ESPLORAZIONE IN AFRICA

D. s.n. Roma, 9 aprile 1884.

II ;sottoscritto ha ricevuto la lettera del 19 marzo (1), con cui gli si annunzia la costituzione d'un comitato, per iniziativa del noto viaggiatore signor Benzi, con lo scopo di promuovere l'esplorazione geografica e commerciale delle regioni circostanti ad Assab e lo sviluppo dei loro rapporti con la nostra colonia.

II sottoscritto applaude a questa utile iniziativa, ed assicura che quando l'intrapresa sia saviamente ordinata, e fornita dei mezzi sufficienti non le mancherà certo il favore del Governo.

Non è nostra intenzione di ingerirei in intraprese d'indole privata; però questo ministero crede suo debito di richiamare in modo speciale l'attenzione di codesto comitato sulle difficoltà della intrapresa stessa, quando dovesse includere anche la creazione di stazioni nell'Aussa e nei Paesi Galla e Somali.

Quanto alla chiesta riduzione sui diritti d'importazione per i prodotti che da Assab verranno in Italia, la cosa non sarebbe possibile, non essendo in

facoltà del potere esecutivo di ridurre la misura dei dazi stabilita per legge. Si sta però esaminando la questione promossa da un'altra associazione, se i prodotti d'Assab, come provenienti da territorio italiano, debbano essere in Italia immuni ida ogni dazio. Su questo punto ancora in esame, non si potrebbe per ora dare una definitiva risposta.

(l) Non pubbllcata.

163

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 478/384. Londra, 9 aprile 1884 (per. il 12).

Rispondendo al telegramma dell'E.V. del 31 marzo scorso (l) e al suo dispaccio del 1° aprile corrente, n. 337 di serie politica (2), relativi al Marocco, mi pregio di qui riferirle quanto ebbi già cura di mandarle per telegrafo fin dal 3 di questo mese (3).

Ho recato, confidenzialmente, a notizia di lord Granville i fatti e le considerazioni che la E.V. mi trasmise relativamente all'attitudine del rappresentante francese al Marocco. Lord Granville mi disse che egli inclinava a credere che vi fosse qualche esagerazione nelle relazioni dei ministri d'Italia e di Spagna a Tangeri. Sua Signoria aggiunse che, nello stato di tensione che esiste ora, non già tra i Governi d'Inghilterra e di Francia, ma nella stampa dei due Paesi, era a lui difficile il prendere l'iniziativa d'un ufficio diretto verso n Governo francese o l'unirsi ad una dichiarazione collettiva nello scopo d'avvertire n Gabinetto di Parigi delle complicazioni a cui può dar luogo la condotta degli agenti francesi nell'Impero marocchino. Lord Granville prese però nota dei fatti da me segnalatigli a nome dell'E.V. e delle di lei osservazioni. Egli chiederà, mi disse, al signor Waddington quale risposta gli abbia fatto il suo Governo relativamente alla conversazione passata fra loro due, e nella quale lord Granville aveva esposto all'ambasciatore di Francia le sue inquietudini intorno a questo soggetto.

Ho domandato a lord Granville se il Governo spagnuolo gli aveva fatto qualche comunicazione recente rispetto al Marocco. Mi disse che il Governo spagnuolo gli aveva fatto parlare, tempo fa, di queste cose, ma che non aveva avuto in proposito nessuna comunicazione recente di Madrid. Chiamo la speciale attenzione dell'E.V. su questo fatto.

Io ebbi cura di ben marcare a lord Granville, che le comunicazioni ch'io gli faceva sul Marocco, per ordine della E.V. erano e dovevano rimanere confidenziali. Ho poi espressamente stabilito che in queste nostre diligenze egli non doveva vedere alcun pensiero meno amichevole ver,so la Francia, essendo le medesime principalmente dirette ad evitare complicazioni internazionali.

Devo aggiungere che la opinione pubblica inglese, cioè la stampa inglese, finora non s'è molto preoccupata del Marocco. In un Paese, come questo, ove il Governo ordinariamente non agisce che spinto dalla opinione pubblica, questa specie d'indifferenza della stampa sulla questione speciale che ci occupa spiega la riserva di lord Granville, massimamente se si tien conto dei gravi imbarazzi in cui il Gabinetto di Londra si trova, pel momento, implicato in seguito degli eventi d'Egitto e del Sudan (1).

(l) -T. 159, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 139. (3) -T. 340, non pubblicato.
164

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2088. Vienna, 9 aprile 1884 (per. il 19).

Conversando questi giorni col mio collega di Germania intorno alla voce corsa che alla prossima riunione della Commissione danubiana abbia ad essere messa di nuovo in campo dalla Francia e da altre Potenze la questione del Trattato di Londra, egli dissemi che la Romania si era commossa di quella diceria ma che aveva ricevuto a Vienna l'assicuranza che da parte del Gabinetto imperiale non si pensava a riaprire per intanto quella questione. II principe Reuss aggiungevami che anzi dal suo Governo erano state date istruzioni al rappresentante germanico nella Commissione, di lasciar cadere la discussione su quell'argomento ove venisse ad essere sollevata da qualche Potenza, non prendendovi parte affatto. Confidenzialmente poi mi diceva ancora, che la dichiarazione d'astensione che il conte Kalnoky aveva fatta, eragli stata consigliata dal Gabinetto di Berlino sulla considerazione che all'Austria-Ungheria deve anzitutto interessare di consolidare le amichevoli disposizioni che manifestamente dimostrò oggi a riguardo del Gabinetto di Vienna il Gabinetto di Bucarest, sentimenti che potrebbero alterarsi ove si volesse rimettere in campo l'attuazione delle stipulazioni di Londra di cui d'altronde non si fa per ora menomamente sentire il bisogno.

Così stando le cose, quel famoso Trattato che fece consumare tant'inchiostro alle varie cancellerie si limiterà a restare una spada di Damocle nelle mani dell'Austria; che ove non sorgano circostanze straordinarie o speciali incidenti, servirà unicamente a consolidare le buone relazioni fra la Monarchia austro-ungarica e la Rumania.

«Ringraziare, approvare il linguaggio tenuto come pure l'atteggiamento che si P"oponcd! tenere ancora. Riferirsi alle !struz!onl già lmpartltegll. Conviene ora attendere l'effetto dee:li u!f!cl che la Spagna ha ratto pervenire a Londra per mezzo del signor Morier e d! quegli altri che pct ::wVc·ntura si inducesse a far fare dal suo rappresentante, Intorno a che converrà d!ra quello che cl ha da ultimo telegrafato Blanc ~. In base a tal! lstruz!on! venne redatto 11 D. 351 del 13 aprile 1834, !ndlr!zzato alla ambasciata a Londra, non pubblic!Lto.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:

165

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2091. Vienna, 10 aprile 1884 (per. il 19).

Il conte Kalnoky chiedevami ieri l'altro se avevo conoscenza del risultato dei passi fatti a Londra dal Gabinetto di Madrid, per richiamare l'attenzione di lord Granville sulle mene del rappresentante francese al Marocco, e sulla convenienza che i tre Gabinetti più interessati Londra, Madrid e Roma avessero a fare di comune accordo formali pratiche a Parigi.

Alla mia risposta negativa S. E. mi ripeté le osservazioni già fattemi intorno alla poco probabilità che n Governo britannico allo stringer dei conti s'impegni nelle attuali circostanze in un'azione di quella natura, e mentre otto giorni prima mi aveva assicurato che si sarebbe tosto messo in comunicazione con altri Gabinetti onde conoscere n loro modo di vedere intorno alla questione del Marocco, egli dicevami non aver ancora avuto tempo di occuparsi di quest'affare.

Quest'attitudine manifestamente passiva del Gabinetto di Vienna di fronte all'appello che ero stato incaricato di fare alla sua eventuale assistenza diplomatica, la di cui reciprocità i tre Gabinetti alleati ebbero a ripromettersi, mi fa sempre più persuaso che anche nel caso attuale nulla, ma assolutamente nulla, abbiamo da attendere dal Gabinetto di Vienn9., cosa che d'altronde mi pare non sia neppure menomamente dubbia per quanto riguarda il Gabinetto di Berlino.

Così stando le cose, sembrami che sarebbe per noi pericolosissimo giuoco il continuare trattative del di cui insuccesso la Francia avrebbe assai facilmente conoscenza, e che quindi le servirebbero d'incitamento a spingere le cose nel Marocco sino all'estremo limite.

A mio avviso dunque ritenuto che sarebbe poco conveniente il lanciare! in una azione diplomatica uniti alla Spagna, e magari anche all'Inghilterra1 che indubbiamente si arresterebbe al momento decisivo, i suoi interessi essendo sufficientemente tutelati da Gibilterra, trovo che assai meglio potremo, nelle circostanze quali si presentano, provvedere ai nostri interessi, osservando un contegno dignitosamente amir.hevole verso la Francia, e tale da ispirarle fiducia sui nostri intendimenti a suo riguardo; attitudine ch'essa non potrà a meno di contraccambiare non procedendo a fatti che aggravando i già esistenti rancori le farebbero dell'Italia un'irreconciliabile nemica.

Certamente questa politica non è fatta per soddisfare grandemente il nostro amor proprio nazionale né per darci sicura guarentigia che i nostri interessi non saranno lesi dalla Francia, ma non ne vedo altra possibile a fronte della completa astensione che i Gabinetti di Berlino e Vienna manifestano in tutte le questioni che si svolgono nel Mediterraneo (1).

«Ringraziare. Terremo conto, seconùo le circostanze, del suggerimento. Già fin d'ora, del resto, ci siamo sempre studiati di tenere! verso la Francia nel più amichevole atteggiamento pur non dec!lnando l'iniziativa venuta da Madrid per eventuali off!ci, anche essi amichevoli, presso 11 Gabinetto di Parigi per meglio assicurare 11 mantenimento dello statu quo al Marocco. L'azione diplomatica Iniziata dal Gabinetto di Madrid è rimasta stazionara, né è animo nostro di pigliare ora, noi stessi l'iniziativa di un nuovo impulso :o>. In base a tal! Istruzioni venne redatto il D. 130 del 20 aprile 1884, indirizzato all'ambascieta a Vienna, non pubblicato.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione:

166

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3461. Berlino, 12 aprile 1884 (per. il 18).

J'avais jugé à propos d'écrire au chancelier pour lui transmettre une copie du télégramme en clair de V.E. du 6 avrll au soir (1). Je me bornais à .dire que j'aimais à croire que votre langage à la Chambre sur les rapports entre l'Italie, l'Allemagne et l'Autriche-Hongrie produisait une impression favorable sur l'esprit de Son Altesse.

Je transmets ci-joint l'originai m~me de sa réponse dont j'ai fait prendre copie pour les archives de cette ambassade.

Il est rendu pleine justice à votre éloquence et à votre tact dans la tàche épineuse de parler en public des rapports intimes entre les trois Puissances, tout en faisant une juste part aux relations améliorées avec la France. La dernière partie de cette lettre est une confirmation très significative du programme politique du Gouvernement impérial envers cette m~me Puissance.

Les explications fournies par V. E. au Parlement corncidaient presque avec l'evoi de mon rapport n. 3449 (2), dans lequel je rendais compte d'un entretien que l'avais eu le 5 avril avec le secrétaire d'Etat. Le prince de Bismarck avait été désagréé (wer stimmt) par notre insistance au sujet du Maroc. Il pensait que nous visions à mettre l'Allemagne en avant dans une question qui ne touchait pas directement ses intér~ts, et cela au risque, si le secret était mal gardé sur nos ouvertures à Berlin, de mettre le Cabinet de Berlin en suspicion auprès du Gouvernement français et de compromettre des relations au maintien desquelles on s'emploie ici de toute manière au point de vue de la paix générale. Je n'avais pas manqué cependant d'établir de mon mieux que nous attachions tout autant de prix que l'Allemagne à conserver de bons rapports avec la France et d'éviter m~me l'apparence d'une provocation. En ce qui concernait le Maroc, nos pourparlers confidentiels n'étaient pas sortis d'une phase préparatoire. Nous avions renseigné en toute confiance le Cabinet de Berlin sur un échange d'idées avec l'Espagne. L'appui moral de l'Allemagne restait à l'arrière-plan, et subordonné à un projet d'accord préalable avec les Puissances les plus intéressées. Le mobile principal de notre conduite avait été précisément de chercher à prévenir des embarras et des complications. Rien n'y faisait pour effacer le pli d'une impression pénible, quoique si peu justiflée. On craignait ici que dans l'exposé à la Chambre de notre politique étrangère, il ne se trouvàt l'empreinte de quelque ressentiment contre l'attitude de la France au Maroc, et que l'évéil ne ffit donné sur un recours nommément à Berlin.

Au grand contentement du prince de Bismarck, le discours de V.E. a mis un terme à ses préoccupations.

n n'est pas moins curieux et utile à ·la fois de constater à quel degré le chancelier tient non seulement à user lui-meme de ménagements envers la France, mais à ce que les autres Puissances adoptent un égal procédé. Ses regardes se dirigent de préférence vers la Rhin et les Vosges, position d'où il a le sentiment de sauvegarder la paix en tenant la France en échec sur le continent, sauf à la laisser s'engager dans des expéditions lointaines. Il lui faut aussi la paix pour se débrouiller au milieu de ses réformes sociales et économiques. Absorbé dans ses études et ses calculs, il serait tenté de crier comme Archimède aux importuns: ne dérangez pas mon cercle.

S'il preche l'amitié avec ses voisins de l'Ouest, il ne recommande pas, comme de raison, une alliance puisqu'il veut au contraire les isoler. On le sent si bien à Paris que les journaux les plus autorisés ne négligent aucune occasion de nous mettre en défiance contre l'Allemagne. De son còté, M. Jules Ferry, président du Conseil, fait un appel à la vieille fraternité d'armes et de civilisation qui est le profond et indestructible ciment de l'amitié de deux grands peuples. Et tout ce fatras de paroles pour faire sonner bien haut «une concession aux scrupules législatifs, aux doctrines pénales dont s'inspirent les détenteurs actuels du pouvoir en Italie ~. Comme si dans l'affaire de la suspension de la jurtdiction consulaire en Tunisie, la France n'était pas au premier chef notre obligée ... (l) quand meme.

n est vrai que le Gouvernement de la République vise en meme temps à nous attirer dans ses rangs pour la campagne qu'il médite à l'effet de combattre l'influence de l'Angleterre en Egypte ou d'y partager un condominium sauf à nous fausser compagnie comme une fois déjà sur ce meme terrain, ainsi qu'à Tunis. Nous ne saurions donc nous tenir trop sur nos gardes. Sous ce rapport, j'ai lu avec un vif intéret dans le n. 1842 (XXX) (2) des documents diplomatiques transmises le 31 mars échu, le récit d'un entretien entre notre ambassadeur à Paris et M. Ferry, et les justes observations faites à ce sujet par S.E. le général Menabrea.

En retournant ci-joint, dftment signé, le récépissé des documents diplomatiques du 8 courant, je saisis cette occasion ... (3).

.ALLEGATO

IL CANCELLIERE DI GERMANIA, BISMARCK, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

Berlino, 8 aprile 1884.

Je remercle v. E. de son aimable communlcatlon d'hler. Les extralts donnés pa.r nos journaux m'avaient déjà mis à mème d'apprécier le tact et l'éloquence que M. Man

«Segnar ricevuta e ringraziare. Ci associamo agli apprezzamenti del conte Launay rispettoal riserbo da osservarsi verso la Francia. Il qual riserbo punto non contraddice al nostro fermo proposito di avere con la Francia stessa amichevoli e pacifici rapporti. A questo riguardo ci giova ancora ripetere che l'avere assecondato l'iniziativa della Spagna per un intento di conservazione e di tranquillità nel Marocco ci era sembrato e tuttora ci sembra conciliabile con quel nostro proposito.

Gli officll da farsi avrebbero sempre dovuto, secondo Il nostro criterio, avere un carattere amichevole, e in tal pensiero ci trovammo concordi, fin dal principio, con l'Inghilterra, delle

disposizioni benevoli delle quali verso la Francia nluno è che possa dubitare».

cini a apportés à la tàche épineuse d'exposer en public les rapports intimes de l'Italie avec l'Allemagne et l'Autriche-Hongrie tout en faisant la juste part a.ux relations améliorées avec la France.

Si les derniers échanges d'idées relatifs au Maroc avaient pu me faire craindre que le Gouvernement italien n'attache pas le meme prix que nous au maintien des bonnes relations avec la France, je constate avec plaisir que cette préoccupation a disparu après 1a lecture du discours de M. Mancini.

(l) -Non rinvenuto nel registro dei telegrammi. (2) -Cfr. n. 153. (l) -Gruppo !ndec!frato. (2) -Cfr. n. 110. (3) -Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:
167

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1079. Cairo, 13 aprile 1884 (per. il 21).

Ho letto con la massima attenzione il rapporto importante del r. ambasciatore a Parigi in data del 17 marzo scorso, col quale riferisce all'E.V. il discorso tenutogli dal signor Ferry per un'azione concorde dell'Italia e della Francia nella questione egiziana, e spiegazioni relative alla Tripolitania (documento 1842 XXX) (1).

L'antagonismo tra la Francia e l'Inghilterra per la questione egiziana è qui pronunciato al massimo grado, apertamente dalla colonia francese, mascherato dal rappresentante della Repubblica.

L'elemento francese lo manifesta con violenza ed invettive nel suo organo, il giornale Bosphore égyptien, e si vuole che in alcune evenienze fosse inspirato dallo stesso signor Barrère. Le accuse e le insolenze contro l'agente ed i funzionari inglesi presero tali proporzioni, che ne fu decretata dal kedivè la soppressione. Il consolato di Francia si oppose all'esecuzione di questa misura, dichiarando di non aver mai accettata la legge turca sulla stampa; il decreto kediviale restò lettera morta a discredito dell'autorità del Governo, ed il Bosphore égyptien continua le sue virulenti pubblicazioni, ed il signor Barrère se n'è fatto apertamente vanto.

Dal signor Baring, agente britannico, si salvano con molto tatto le apparenze, ma predomina in lui una grande diffidenza, e si attribuiscono a mene francesi tutti i tentativi a discreditare e contrariare l'azione politica, amministrativa e militare dell'Inghilterra.

Fin dal suo giungere in Egitto, mi avvidi da vaghi discorsi, che il signor Barrère aspirava ad attirarmi nel suo campo, ed a misura che si stabilivano buoni rapporti tra noi, la di lui tattica in questo senso si accentuava più, al punto che, in tutte le occasioni da poter far nascere un partito di opposizione, ha tentato spinger me a mettermi in evidenza, e restar egli nelle quinte. Seppi inoltre da confidenze fattemi dal signor de Derenthall che gli stessi tentativi si facevan con lui.

Non dipartendomi mai da quella prudenza, e linea di condotta che mi è prescritta dalle istruzioni dell'E.V. senza offuscare i buoni rapporti esistenti tra noi, non mi sono lasciato prendere al laccio. Ed in tutte le occasioni che uno scambio d'tdee con i miei colleghi si è creduto necessario, ho raggiunto sempre l'intento d'un accordo con i miei colleghi di Austria e di Germania.

Abituato in tutto il corso della mia lunga carriera, all'antagonismo proverbiale dei due agenti francesi ed inglese in Barberia e nel Levante, non tenni di tutto ciò parola all'E.V., ma il discorso del signor Ferry a S.E. il generale Menabrea potendo far supporre che la condotta del signor Barrère gli sia dettata da istruzioni superiori, non potrei !asciarlo ignorare all'E.V.

La questione egiziana, tanto complicata e difficile, parmi sia giunta al punto culminante e che in un modo o in un altro, debba esser risolta. Importantissima per noi, parmi non esser nostro interesse di associarci ad avventure francesi, e non dobbiamo far nascere la diffidenza nell'Inghilterra, tanto che non accenni a voler abbandonare il programma altamente annunciato rispetto all'Egitto. Invariabilmente in tutti i miei discorsi col signor Baring mi son sempre spiegato ad assicurargli il mio concorso a secondario perché l'Inghilterra riesca con ampio successo a riorganizzare l'Egitto, e dotarlo di un governo forte ed indipendente. In questo modo le mie relazioni col signor Baring e con tutte le autorità civili e militari inglesi hanno un carattere marcato di simpatia e di fiducia.

Certamente non posso lodarmi che le mie opinioni, quando chiestemi, abbiano avuto qualche valore sia presso lord Dufferin, che questi signori che lo hanno succeduto a riformare l'Egitto. Fu falsissima la strada presa fin da principio, e non potevo perciò ingannarmi nelle mie previsioni, e senza entrare 'in particolari, posso assicurare, ed essi stessi ora lo riconoscono, che quella che doveva essere unll riorganizzazione, è giunta ad una tale disorganizzazione, .che non si può comprendere da ·chi non è sui luoghi, e che può definirsi come lo sfacelo di ogni ordine governativo.

Le stesse operazioni militari non hanno ottenuto altro risultato che provare il valore delle truppe britanniche.

Il Governo britannico dovrà pur convincersi a cambiare radicalmente di sistema. Non posso prevedere da qual altro farà succedere quello che ha dato sì triste pruove. Egli però, avendo altamente annunziato alle Potenze il suo programma rispetto l'Egitto, si troverà di fronte al dilemma, o di mutarlo a fondo da sé sola, o d'invitare le Potenze a concorrere alla riorganizzazione di questo disgraziato Paese. Nel primo caso l'E.V. sola, che con tanta maestria dirige IJ.a nostra politica, saprà quel che spetti di fare all'Italia. Nel secondo caso parmi indubbiamente che, non avendo mostrata nessuna diffidenza alle ripetute dichiarazioni dei ministri inglesi, la voce dell'Italia potrà avere un gran peso per riparare l'insuccesso della prima pruova di riorganizzazione fatta dall'Inghilterra isolatamente.

L'E.V. vorrà essere indulgente se ho oltrepassato le mie attribuzioni sottomettendole queste mie opinioni, dettate esclusivamente dall'impulso del dovere.

(l) Cfr. n. 110.

168

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 394. Londra, 14 aprile 1884, ore 12,18 (per. ore 14,30).

Dans le dernier Conseil des ministres on a decidé de convoquer une conférence à Londres pour régler question finacière Egypte. Toutefois il Y a quelques tiraillements encore au sein du Cabinet à ce sujet. Musurus a reçu nouvelle dépeche proposant pour base des accords à intervenir avec Angleterre circulaire de Granville de janvier 1883.

169

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 26. Madrid, 14 aprile 1884 (per. il 18).

Il silenzio osservato dal Governo di Madrid circa gli affari della Propaganda non deve essere interpretato nel senso che si dissimulino qui tendenze a noi avverse. Come V.E. ben sa, alcuni anni or sono il Gabinetto del quale faceva parte lo stesso marchese del Pazo de la Merced tentava, in via riservata presso il Governo del re e presso il Vaticano, di promuovere una conversione spontanea dei beni della Propaganda per prevenire la questione esosa che ora è sorta. Il Simeoni si rifiutò a qualsiasi concessione in tale senso, mentre ne fece poi una più importante coll'invocare la competenza dei tribunali ,nostri, salvo a cadere nella inconseguenza di contrastarne il giudicato. Quel tentativo era stato inspirato dal concetto che è interesse del partito conservatore liberale che vengano attenuati i segni visibili del conflitto italo-papale a beneficio della pace pubblica in !spagna.

Non mancano altri esempi di queste tendenze del Gabinetto Canovas. Quando, a proposito della visita dei principi di Baviera al Quirinale, il Vaticano dichiarò di non poter ammetterli ai ricevimenti concessi a principi non cattolici, il Governo spagnuolo osservò alla Santa Sede che con ciò si dà un premio a chi non è cattolico e si fa l'interesse del protestantesimo; che un principe ~cattolico arrivando in Italia non può non corrispondere alle cortesie che solo la famiglia reale e non il papa può usar loro, per esempio nel porto di sbarco o alla stazione, mentre la precedenza di visite in Roma può essere invece oggetto di negoziati. Non si può ignorare al Vaticano che i signor Canovas ed Elduayen dichiarano volentieri che la prima visita del re Alfonso all'estero sarà quella al re d'Italia, e che il progetto di tale visita non è punto abbandonato dal re Alfonso né dai suoi consiglieri.

Così pure, alle ripetute istanze del nunzio perché la Spagna facesse sen

tire la sua voce a favore della Propaganda, questo Gabinetto non rispose se

non assicurandolo in termini generici che al Governo spagnuolo stanno molto a cuore i veri interessi della Santa Sede, i quali, secondo la sua opinione ben nota al Vaticano, sono tutt'altro che quelli del partito dell'intrasigenza.

La questione suscitata circa la Propaganda è diversa per la Spagna che non sia per le altre Potenze. Mentre, secondo che questo Gabinetto fu informato, l'Inghilterra fu la prima a commuoversi, spinta dal cattoli:cismo inglese che vorrebbe tirare a sé parte di quell'amministrazione; mentre la Francia vorrebbe trasferirne la sede principale a Lione, ove è già costituita una nota e potente agenzia di missioni; mentre l'Austria, sia per la forza delle influenze cattoliche all'interno, sia pe' bisogni della propria espansione orientale, nella quale la Curia romana non le diede fin'ora tutti i desiderati aiuti, sembra voler cogliere l'occasione per ingerirsi nell'avvenire della pia istituzione, la Spagna non ha nessuna simile tendenza. E' antica tradizione della Monarchia spagnuola rendere indipendente dalla Propaganda romana e difendere, contro le pretese di questa, gli istituti di missioni che esistono in questo Regno, ritenuti più sicuri per i propri interessi di Stato specialmente nelle Filippine e nell'Africa; la pochissima parte in proporzione delle altre Potenze cattoliche, nella Congregazione suddetta, considerata quasi come rivale degl'istituti medesimi; e di quella parte non si cura se non come d'un interesse :affatto secondario. Non è dubbia per me la diffidenza di questo Governo verso le tendenze della Francia e dell'Inghilterra ad ingerirsi negli affari della Propaganda romana a scopi non estranei alle loro temute imprese in Africa; e le sue informazioni da Vienna che accennerebbero a qualche velleità inquietante da quella parte, accrescono qui il timore che tale vertenza

si faccia più incomoda di quanto si crede generalmente.

Vengo assicurato dal ministro di Stato che, se al diplomatico di sensi notoriamente liberali che va ora a rappresentare la Spagna presso il Governo del re, V.E. vorrà accordare la stessa fiducia colla quale onorò il di lui predecessore, non verrà discontinuata l'usanza d'intime comunicazioni a comune vantaggio circa i rispettivi interessi verso il Vaticano. Non offrirà al Governo del re, del quale loda le disposizioni ed opportuni temperamenti, un aiuto che potesse mai aver aspetto d'intromissione, ma ho ragione di ritenere che in quella questione, come in quella delle visite sovrane, il Governo spagnuolo, libero dalle complicazioni in cui versano al riguardo altri Governi, non sarebbe insensibile alla ambizione di promuovere, come Potenza disinteressata, soluzioni soddisfacenti per l'Italia, la quale, a parer suo, potrebbe trovare vantaggio a:d essere in grado di opporre alle difficoltà incontrate presso altre Potenze il fatto che tali difficoltà non esistono tra noi e la più schiettamente cattolica delle Potenze europee.

Debbo aggiungere espressamente che rilevai gli apprezzamenti contenuti in questo rapporto da una conversazione privata col signor Elduayen nella quale non solo non presi l'iniziativa di simile argomento ma mi astenni assolutamente dall'esprimere un parere qualsiasi (1).

16 -Documenti dlplomatlcf -Berle II -Vol. XVII-XVIII

(l) Per la risposta cfr. n. 174.

170

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. PARTICOLARE CONFIDENZIALE S.N. Roma, 15 aprile 1884.

Benché il telegramma del 9 di questo mese (1), col quale V.E. mi ha riferito un suo più recente colloquio col conte Kalnoky, abbia alquanto scemato la dura ed incresciosa impressione che io avevo riportato nel ricevere dapprima il telegramma e indi il rapporto, entrambi del 2 aprile {2), non per questo posso tacerle che le parole del ministro austro-ungarico degli affari esteri, e più ancora il sentimento intimo chiaramente rivelatosi in quelle parole stesse, mi furono cagione di grande tristezza. Bensì debbo tosto, questa volta come già in ogni altra consimile circostanza, manifestarle compiacimento e piena approvazione per l'opportuno e fermo linguaggio, nonché per l'abilità con la quale V.E. ha saputo trarre occasione dalle operazioni stesse del conte Kalnoky per manifestargli schiettamente il nostro pensiero circa delicatissimi argomenti attinenti ai nostri rapporti con la Monarchia.

Certo, se imprendessi a rilevare ad una ad una le cose che le furono dette dal conte Kalnoky, e circa ognuna di esse mi facessi a svolgere le considerazioni che spontanee ne sorgono nell'animo nostro, non farei che ripetere ciò che a V.E. è ben noto, essendo stato soggetto, assai più d'una volta, dei nostri carteggi confidenziali e segnatamente delle conversazioni che, trovandosi ella meco a Roma, a Capodimonte, o a Monza, potemmo avere assieme. Mi asterrò quindi dal seguire, punto per punto, l'importante lettera nella quale V.E. ha riassunto il suo colloquio, e mi limiterò invece, unicamente per istudio di maggior chiarezza, ad esporre brevi concetti intorno a questi tre temi che mi paiono oramai i più salienti e di più concreta rilevanza: obblighi reciproci tra gli alleati rispetto alle questioni spettanti ai parttcolari interessi di ognuno; nesso tra la politica estera e la politica interna, dal punto di vista dell'alleanza; questione di Propaganda.

Ormai è anche troppo manifesto che all'articolo 2 del nostro Trattato si attribuisce a Vienna e a Berlino un significato notevolmente diverso e molto più ristretto, in confronto di quello che noi abbiamo creduto e tuttora crediamo essergli proprio. Sono, evidentemente, due concetti, l'uno all'altro contrapposti. Noi stimiamo doversi estendere l'obbligo della assistenza fin là dove cominci per avventura il conflitto d'interessi tra l'uno e gli altri alleati; a Berlino e a Vienna, invece, stimarsi tale obbligo esistere solo in quanto già vi sia conformità di interessi tra gli alleati. Non vorrò certamente impigliarmi, a questo riguardo, in una disputa teorica e d'indole generale, quantunque sia agevole argomentare con efficacia, a favore della nostra tesi, sia dai termini ~della stipulazione, sia soprattutto da questa ovvia ed elementare considerazione che il patto riuscirebbe affatto superfluo là dove l'impulso alla

mutua assistenza e cooperazione già fosse per venire dalla comunanza e coincidenza dei rispettivi interessi. Mi sembra invece più pratico e più istruttivo, anche in vista di ogni contingenza futura, mettere in sodo che la nostra interpretazione non fu, in quanto poteva riuscirei onerosa, da parte nostra una mera enunciazione astratta; sibbene una norma positiva e costante di azione. Con V.E. non è mestieri che io mi faccia a ricordare i singoli incidenti, nei quali ella ebbe sempre parte notevole ed operosa. Basterà che io accenni come, mentre faticosamente da noi si otteneva non più di un meno precipitoso abbandono nella questione tunisina, ed il concorso ci veniva apertamente negato negli affari del Cile-Perù, noi, a nostra volta, fummo sempre pronti e volenterosi ausiliatori anche là dove una sottile indagine avrebbe per avventura potuto indurci a discernere una divergenza di interessi. I consigli nostri, i nostri oHicii hanno fedelmente fatto eco agli adoperamenti ed alle esortazioni della Cancelleria viennese in Montenegro, in Serbia, in Bulgaria, in Rumelia orientale, in ogni luogo insomma dove spuntasse o si svolgesse alcuno dei multiformi fattori della politica balcanica dell'AustriaUngheria; eppure non mancava talvolta, tosto vinta e repressa però, la ripugnanza nascente da antiche tradizioni di particolare benevolenza verso quelle nazionalità lungamente incerte nella ricerca di un centro sicuro di attrazione. Né a Vienna possono aver dimenticato il segnalato servizio che al no;stro alleato rendemmo quando, col nostro atteggiamento nella questione

danubiana, abbiamo contribuito a costituire la Rumania in quella condizione d'isolamento che, se non valse finora ad assicurare la effettiva soluzione del problema fluviale, ebbe, però, per l'Austria-Ungheria, un ben più importante risultato, il radicale mutamento dei rapporti suoi col giovane Regno. Qualora l'Italia avesse risposto agli inviti di Vienna così come ci sì rispose da Vienna per Tunisi, per gli affari cileni, e soprattutto ci si risponde ora per il Marocco, io non so davvero se avrebbe potuto essere altrettanto spedita e feconda, come in realtà lo fu, la azione diplomatica del Gabinetto austro-ungarico a Cettinie, a Belgrado, a Sofia, a Filippopoli, e segnatamente a Bukarest. Nostro ideale (né ci parrebbe avventata presunzione, o soverchio ottimismo) sarebbe che nelle questioni d'interesse italiano, i due Gabinetti fossero accanto a noi così come il Gabinetto di Berlino suole essere accanto a quello di Vienna nelle questioni d'interesse austro-ungarico. Ma anche senza giungere tanto oltre, ci sembra che i due Gabinetti possano, senza grande disagio o sacrificio loro, ·aiutarci nelle questioni che davvicino ci toccano e non implichino pur essi alcun impegno diretto.

Questa nostra invocazione ad una più efficace assistenza non muove soltanto dal desiderio, che sarebbe legittimo, di meglio assicurare la efficacia diplomatica della nostra azione, soprattutto ancora dal convincimento che questo ,sia il migliore, il solo mezzo di ottenere che fra noi si facciano sempre più salde e profonde le radici dell'alleanza. A differenza della Germania e dell'Austria-Ungheria ove i Governi procedono innanzi quasi esclusivamente per volontà propria, e senza che quasi influisca sui loro procedimenti la pubblica opinione o la azione parlamentare, è invece mestieri in Italia che ogni sforzo del Governo si rivolga a conseguire favore e solidarietà presso le po

polazioni stesse e segnatamente presso il Parlamento. Non può quindi essere indifferente per i Gabinetti di Vienna e di Berlino, in correlazione precisamente con lo scopo fondamentale dell'alleanza, che questa sia, presso la pubblica opinione e presso le Camere italiane, considerata con occhio più o meno benevolo, e sia soggetto di più o meno favorevoli giudizi. Di guisa che quella che noi patrociniamo nel fare appello di quando in quando alla promessaci cooperazione dei due alleati, non è solo causa nostra, ma è anche causa ed interesse comune alle tre Monarchie.

Vengo ora al nesso tra la politica esterna e la politica interna, cosi come ha potuto questo argomento considerarsi nello stringere i reciproci patti dell'alleanza. La politica interna è stata, come V.E. ben ricorda, espressamente esclusa (ed era naturale) dai vincoli convenzionali che, quando negoziavamo, stavano per assumersi. Ammetto però l'esistenza, indipendentemente da ogni accordo diplomatico, di tale un nesso tra la politica interna e la politl.ca esterna, da essere inevitabile la reciproca influenza dell'una sopra l'altra, donde sorge l'interesse, per ciascuno degli alleati, che anche la politica interna degli altri due sia consona coll'indirizzo e cogli scopi sostanziali dell'alleanza. Questo deve essere, e non altro, il concetto che il conte Kalnoky ha voluto esprimere, ,ed io aggiungo tosto che da parte nostra abbiamo fino da principio, e senza aspettare eccitamento veruno, adottato per la nostra politica interna, e fermamente professato, con programma altrettanto conservatore, nel giusto senso della parola, quanto è conservatore, con analoga significazione, il programma di politica esteriore che è comune dei tre alleati. Mirano i Gabinetti di Berlino e di Vienna a premunire l'ordine sociale ed a rincalzare le fondamenta delle loro istituzioni monarchiche; e noi miriamo, con pari devozione e con non minor costanza, agli identici scopi. Solo variano, per le 'Circostanze diverse, i mezzi; e, come noi credemmo di recare avventato giudizio, se ci facessimo a criticare in questa ardua materia l'opera degli uomini di Stato di Vienna e di Berlino, così noi siamo intimamente consci e convinti che in Italia i procedimenti di cauto liberalismo, aventi per norma indeclinabile l'osservanza e il rispetto della legge, sono la più salda garantia dell'ordine pubblico, la più sicura base della Monarchia, forte per gloriose tradizioni, come per splendide manifestazioni di volontà popolare, che regge i destini del Paese. La legge scenderà sempre severa sovra chi attenti a questi, che sono beneficii troppo lungamente e faticosamente conseguiti perché se ne possa fare l'abbandono. Ed a questo riguardo deve pure riuscire, agli occhi del conte Kalnoky, sicuro pegno della energia e della lealtà nostra nell'opera di repressione, quante volte fosse necessario, il sapere che coloro i quali, con le incomposte grida in piazza, o con le velenose invettive sopra oscuri giornali di provincia, imprecano alla vicina Monarchia, sono quegli stessi, insignificante minoranza, che si atteggiano nemici della Monarchia sabauda, e solo allora si manifestano aperti avversari dell'alleanza quando questa entrò a far parte del nostro programma fondamentale di politica esteriore.

Non mi rimane che ad aggiungere poche parole circa l'affare di Propaganda, rispetto al quale oramai ho espresso tutto il nostro pensiero ed ogni

particolare della controversia nei dispacci ufficiali di questi ultimi giorni. Eliminata la più grossolana delle insinuazioni, che cioè si trattasse di spogliazione o confisca, dimostrato non essere punto vera la pretesa novità del provvedimento essendosi attuato già fino al 1880 per oltre la metà del patrimonio di Propaganda, accertata falsa altresì la supposizione che nella Congregazione ne fosse venuta meno o scemata la facoltà di acquistare a titolo gratuito' od oneroso secondo il dettato delle patrie leggi, non restava 'Che un ultimo punto a chiarirsi, quello relativo alla disponibilità del patrimonio convertito. A questo riguardo dai documenti che le furono comunicati, non solo apparisce che la situazione è ora precisamente quella che fu in passato con piena soddisfazione di Propaganda stessa, ma apparisce altresì che tutto si riduce a una mera autorizzazione, formalità non meno rigidamente in uso, e sovente più rigidamente ancora, presso altri paesi, la quale, presso di noi, ha (come il mio collega guardasigilli dichiara categoricamente nella sua recente nota) questo solo obiettivo: accertare che la domanda di autorizzazione proceda realmente da chi ha potere di disporre del patrimonio di Propaganda, e ne esprima realmente la volontà. Di guisa che, mentre confermo quanto affermai, circa questo punto, sia nei miei dispacci sia nel mio discorso alla Camera, essere cioè nostro preciso proposito di usare, verso Propaganda nella esecuzione della legge, tutti quei riguardi che siano compatibili con la legge stessa, non posso tacere che in certa guisa ci riesce di impaccio alla attuazione pratica di tale nostro proponimento, la circostanza stessa che mal si possano ancora escogitare altre maggiori agevolezze oltre quelle che già sono effetto della esatta osservanza delle leggi vigenti nella presente materia. Nondimeno la sollecitudine nostra è pur sempre rivolta in particolar modo sopra questo lato della questione, e solo dobbiamo augurarci che una intempestiva ,intromissione di estera Potenza non venga a turbare il compito nostro. Se alcun dubbio intorno ai disastrosi effetti di una simile intromissione poteva ancora rimanere, esso si è ora dileguato dopo che vedemmo, in questi giorni, la pubblica opinione in Italia commuoversi ed agitarsi all'erroneo annuncio che fosse indefinita sospensione, consigliata da esterne influenze, quella che era solo, in realtà, la puntuale osservanza del termine di tre mesi concesso agli enti ecclesiastici in Roma acciò possano, se lo vogliono, provvedere essi stessi alla conversione del loro patrimonio. La prego, illustre conte, di non lasciare, per questo rispetto, sussistere nell'animo del conte Kalnoky, se mai il discorso tornasse opportuno, illusione alcuna. Un suo ufficio per Propaganda, per quanto la forma ne fosse amichevole e riguardosa, non gioverebbe .all'Istituto, anzi gli nuocerebbe, paralizzando la nostra buona volontà, e creerebbe tra i due Governi, se mai nulla ne trapelasse, un ambiente ben

poco propizio al mantenimento di quegli intimi e cordiali rapporti che ci stanno sommamente a cuore.

Ed ho finito; imperocché sarebbe superfluo che io mi facessi ancora a trarre dalle considerazioni ed avvertenze contenute in questa mia lettera i corollarii che spontaneamente già ne emergono. Bensì mi .associo senza riserva alle conclusioni stesse enunciate nella lettera di lei, a cui rispondo. Il nostro programma è tale che, fondandosi sostanzialmente sopra le esigenze

dei nostri interessi vitali di pace e di conservazione, non può mutare per più

o meno esatta corrispondenza e reciprocanza di sentimenti o di atti da parte dei nostri alleati. Esso è e rimane costantemente lo stesso. Intanto un atteggiamento degno, una condotta inappuntabile e rigidamente leale, l'opera perseverante del ·nostro riordinamento finanziario e militare, saranno i migliori ausiliari della politica a cui rimarremo costantemente fedeli.

(l) -Cfr. n. 160. (2) -T. 38, non pubblicato, ma ctr. n. 142.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2092. Vienna, 15 aprile 1884 (per. il 19).

Le LL. AA. II, l'arciduca Rodolfo e l'arciduchessa Stefania partivano ieri per quel viaggio d'Oriente di cui la stampa austriaca ha in prevenzione menato tanto rumore, quasiché si trattasse di un avvenimento di un'importanza mondiale.

L'assenza da Vienna della coppia ereditaria non dovrebbe dai fatti progetti oltrepassare i quindici giorni; ma in quel tempo essa visiterà il sultano, la corte di Rumania e quella di Serbia e s'incontrerà anche col principe di Bulgaria.

Mille incidenti possono prodursi durante quel breve viaggio, molti discorsi saranno pronunciati, e le dimostrazioni talvolta clamorose non faranno difetto di quelle eventualità mi risulta si preoccupino con ragione al Ministero degli affari esteri, ricordando forse che al viaggio imperiale in Dalmazia effettuatosi contrariamente ai suggerimenti del conte Andrassy tenne dietro l'insurrezione nell'Erzegovina con tutte le sue conseguenze.

La prima idea l'ebbe l'arciduca Rodolfo, che desiderava far vedere Costantinopoli e l'Oriente alla sua giovane sposa. Quel pensiero venne accolto con favore dall'imperatore e dal suo primo ministro forse in conseguenza dell'impressione prodotta dal viaggio compiuto in Spagna ed in Italia dal principe ereditario di Germania. Piacque mostrare così che l'erede degli Asburgo raccoglierebbe trionfi in Oriente pari a quelli a cui era andato incontro in Occidente l'erede degli Hohenzollern. Al tempo stesso si volle indubbiamente affermare con solennità quel preponderante ascendente sulla penisola dei Balcani che in oggi costituisce il programma di politica estera del sovrano austriaco.

L'intonazione in tal senso fu data alla stampa, che messasi su quella via gonfiò la cosa con quello zelo che non fa mai difetto qui allorché trattasi del sovrano e dei principi imperiali, senza prendere abbastanza seriamente in considerazione le conseguenze di tutto quel rumore preparatorio.

E' da sperare che le cose passeranno liscie, e che quel viaggio non segnarà una data storica; ad ogni modo però parvemi conveniente di richiamare su quest'avvenimento l'attenzione dell'E.V. che non dubito riceverà dai rappresentanti di S.M. nelle varie capitali visitate dai principi imperiali quelle maggiori informazioni atte ad illuminare il di lei giudizio sulla portata che potrà avere.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

L. PERSONALE. Vienna, 16 aprile 1884.

Davvero che hai la iettatura nei tuoi dipendenti e per naturale conseguenguenza resta imprevedibile l'epoca in cui potrò avere il promessomi Gallina. Non è il caso che io faccia passi per farmi destinare il Franchetti, avendo già dovuto prima ch'egli fosse destinato a Costantinopoli spiegare la più energica azione per farlo destinare altrove, mentre che Mancini gli aveva formalmente promesso il posto di Vienna. Lasciando anche da parte l'ebreo che proprio capiterebbe malissimo quì colla corrente anti-semitica che domina in Austria-Ungheria vi ha il fatto della troppo stretta parentela colla Casa Rotschild, che sarebbe una vera impossibilità, poiché è evidente che i suoi astuti parenti saprebbero cavare al giovane addetto tutti i vermi possibili. Sono poi persuaso che per quella ragione precisamente tal destinazione garberebbe assai poco anche al Governo imperiale.

Ti ringrazio per la tua lettera del 7 corrente (l) che contiene interessanti ed utili informazioni. Per conto mio non ho granché da raccontarti trovandomi in questo momento assai poco a giorno delle segrete cose.

Non è da dissimularsi, e l'avrai chiaramente capito leggendo fra le righe dei miei rapporti che si pubblicano poiché come ben puoi immaginarti la metà almeno della mia corrispondenza ed anzi la parte più interessante non figura nella raccolta, che le nostre relazioni coll'Austria vanno di giorno in giorno maggiormente raffreddandosi!

Qualsiasi temperamento per la restituzione della visita essendosi reso impossibile a causa di quelle intempestive dichiarazioni tratte al riguardo da Kalnoky alle delegazioni un anno e mezzo fa ne venne di conseguenza che un muro di ghiaccio si è interposto fra di noi, e che, malgrado non si ammetta di praticarvi opportune aperture onde mantenere libera comunicazione di idee fra i due Governi, le conversazioni, che passano attraverso quel diaframma di ghiaccio, si mantengono alla temperatura di zero gradi. La questione della Propaganda non contribuì certamente a migliorare questa situazione, poiché, se non vennero da qui fatti passi ufficiali in proposito, gli ufficiosi ed anche assai insistenti non fecero diffetto. In quel malaugurato affare il Governo nostro altro non fa se non accumulare sofismi giuridici perdendo intieramente di vista il lato politico della questione. L'accordo poi ristabilito colla Russia rende inutile tanto a Berlino quanto a Vienna i patti stretti coll'Italia, e quindi a malgrado tutto ci troviamo più che mai per aria, l'indirizzo che seguiamo all'interno essendo in assoluta opposizione con quello che prevale sia a Vienna che a Berlino.

La conseguenza di tutto ciò si è che io sono più che mai stuffo del mestiere da trappista che faccio, costretto a riempire continuamente una secchia che perde l'acqua da ogni parte. Su tutti i tuoni ripeto continuamente a

Roma l'invito, la preghiera anzi, di darmi un successore più di me capace o fortunato; per ora non mi si vuoi dare ascolto, ma verrà il giorno e questo sarà quello 'del trionfo da noi dei Pentarchi, in cui mi incaricherò io di risolvere definitivamente la questione. Del resto se le circostanze non vi si oppongono, conterei di andare in Italia alla fin di maggio e lì procurarmi un'occasione di far meglio sentir le mie ragioni.

(l) Non pubblicata.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2095. Vienna, 17 aprile 1884 (per. il 20).

Chiesi ieri al conte Kalnoky se qualche intelligenza fosse corsa in questi giorni fra le Potenze intorno alla scelta del governatore generale della Rumelia orientale.

S.E. risposemi che l'iniziativa in proposito spetta alla Porta a cui tocca indicare il candidato di suo gradimento, non intendere egli quindi darsi pensiero alcuno di ricercarlo.

Egli lodava poi il sistema seguito dal Governo turco di dichiarare fin d'ora ultimato il periodo legale delle funzioni di Aleko pacha, ordinandogli al tempo stesso di conservare interinamente le sue funzioni: partito questo che toglie la possibilità ai Gabinetti d'invitare la Porta a farsi innanzi colle sue proposte a termine fisso e stabilisce un provvisorio d'interminata durata che dà campo a negoziare tranquillamente.

Il conte Kalnoky esprimevasi d'altronde in maniera da mostrare ch'egli non annette grande importanza a quest'affare, che attrae egli diceva l'attenzione unicamente perché collegasi colle dimostrazioni unioniste testé avvenute in Rumelia e Bulgaria, manifestazioni che d'altronde a suo dire non rivestono gravità di sorta, e ciò tanto meno ch'esse furono immediatamente disapprovate nel modo il più esplicito da tutti i Gabinetti. A questo riguardo S.E. citava in prima linea il Governo russo, che per bocca del signor de Giers, mentre aveva fatto chiaramente esprimere a Sofia ed a Filippopoli la sua più completa disapprovazione per simili tendenze, aveva declinato ogni qualsiasi parte<:ipazione ·dei suoi agenti alla preparazione di quel movimento, assicurazione questa ch'egli però lasciavami trasparire non ritenere del tutto incontestabile.

Il conte Kalnoky aggiungeva che quelle manifestazioni sono opera di pochi sobillatori che più che altro tengono a crear precedenti di natura ad essere invocati più tardi a tempo opportuno. Egli non tralasciava però di osservare che, se quelle tendenze venissero a trovar soddisfazione, il contraccolpo ne sarebbe risentito in tutta la penisola dei Balcani.

Non avendo ragioni di sorta per confermare o discutere quegli apprezzamenti, mi limitai ad ascoltarli senza interloquire in maniera alcuna; ben persuaso per conto mio che tardi o tosto l'unione della Bulgaria orientale avrà a compiersi.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A MADRID, BLANC

D. 38. Roma, 19 aprile 1884.

Mi pregio di segnar ricevuta a Vossignoria del rapporto in data del 14 aprile n. 26 di questa serie (l), ed ho letto con vivo interessamento le informazioni che ella si è compiaciuta di fornirmi circa la posizione speciale che il Governo spagnuolo ha di fronte alla Propaganda, e le ragioni per cui non è a temersi che il Gabinetto di Madrid dia alcun appoggio alle pretese sollevate dalla pia Congregazione. Tale atteggiamento della Spagna in questa vertenza gioverà certo al consolidamento dei buoni rapporti che felicemente esistono fra i due Stati. D'altronde Vossignoria ben sa che qualunque intervento, fatto pure con intento amichevole e carattere officioso, sarebbe stato respinto. È questo argomento rispetto a cui la Nazione è gelosissima dei suoi diritti, né alcun Governo in Italia potrebbe considerare altrimenti che come materia di diritto pubblico interno quanto si riferisce alle nostre relazioni con la Santa Sede.

Nello stesso rapporto Vossignoria mi dava un cenno degli amichevoli intendimenti che a riguardo nostro le furono dimostrati dal segretario di Stato, ed io la prego di assicurare S.E. della piena corrispondenza, per parte nostra, di sentimenti e di propositi. Siamo anche noi persuasi che questi cordiali rapporti giovano moltissimo ai due Stati, ed il signor Mendez de Vigo, del quale ci sono note le qualità eminenti, ci troverà disposti ad avere con lui quelle fiduciose ed intime relazioni che il Governo del re coltivò sempre con i suoi predecessori.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2099. Vienna, 23 aprile 1884 (per. il26).

Trovandomi ieri al ricevimento ebdomadario del conte Kalnoky la conversazione cadde sulla notizia data dai giornali che il Gabinetto di Saint James già abbia spedito ai suoi rappresentanti presso le grandi Potenze la circolare con cui propone la riunione di una conferenza avente per mandato di modificare la legge di liquidazione in Egitto.

S.E. ignorava ancora a quell'ora che la circolare di cui è caso fosse già stata effettivamente spedita, ed io non avevo ancora ricevuto il telegramma dell'E.V. (2) pervenutomi soltanto la sera che mi annunciava la comunicazione confidenziale fatta al riguardo da lord Granville al conte Nigra. Il discorso si mantenne dunque in termini generali ragionando su delle ipotesi.

Il ministro imperiale dicevami che, giungendole la circolare di cui è caso, l'avrebbe esaminata e quindi riservavasi il suo giudizio; mostravasi però disposto a fare buona accoglienza ad ogni proposta intesa a fornire i mezzi all'Egitto di uscire dalla grave situazione finanziaria in cui si trova, ed essenzialmente a metterlo in grado di addivenire al pagamento delle liquidate indennità.

S.E. osservava che la Porta solleverebbe assai probabilmente opposizione a quell'immissione delle Potenze negli affari interni dell'Egitto, ma conveniva però meco nell'opinione che si passerebbe oltre alle opposizioni della Porta, tanto più non trattandosi che di una questione che si può a buon diritto considerare siccome all'infuori intieramente della sfera d'azione di qualsiasi diritto d'alta sovranità del Sultano sull'Egitto.

Il conte Kalnoky continuando a discorrere delle cose del Vice-Reame diceva: che non vi ha dubbio che nessuna Potenza vorrà in occasione della prossima conferenza allargare la cerchia della discussione, fino a toccare per ora dell'attuale situazione di quell'infelice Paese; ma in marcata maniera, aggiungeva che vi ha ogni ragione di ritenere che, durante la prossima estate, gli affari d'Egitto dovranno forzatamente formar argomento di trattazione fra le Potenze, poiché l'inconcepibile politica, che sta seguendo il Governo britannico in quella regione, vi ha condotto le cose ad un punto che necessiterà fra breve il concorso delle Potenze onde riuscire a tutelare ancora per quanto possibile i molteplici loro interessi colà.

Parvemi più prudente nelle attuali circostanze non interloquire su questo argomento, quindi non potei assicurarmi se l'idea messa innanzi dal conte Kalnoky sia intieramente sua, o se, come parmi più probabile, essa fosse conseguenza di un primo scambio di vedute che su quella questione già sia avvenuto fra i <'lue Gabinetti di Berlino e di Vienna. Ciò si rileverà forse senza che accorrano :•neciali investigazioni tostoché la conferenza indetta dall'Inghilterra si riunirà.

(l) -Cfr. n. 169. (2) -T. 231 del 22 aprile 1884, non pubblicato.
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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 344. Parigi, 24 aprile 1884 (per. il 27).

Lord Lyons rimise ieri l'altro al ministro degli affari esteri della Repubblica la circolare, in data del 19 corrente, colla quale lord Granville propone di convocare una conferenza a Londra o a Costantinopoli allo scopo di modificare la legge di liquidazione in Egitto. Essendomi recato ieri all'udienza settimanale del ministro, S.E. mi disse a questo proposito che non sapeva ancora a quali Potenze la circolare fosse stata indirizzata, e quali il Gabinetto inglese intendesse convocare. Lord Lyons non era stato in grado di informarnelo.

Le parole del signor Ferry lasciavano comprendere che egli non vedeva quella nroposta di buon occhio e che, quand'anche si decidesse ad ·accettarla, farebbe riserve o porrebbe condizioni. Difatti, egli insistette meco molto sull'osserva?:ione che in primo luogo sarebbe pure necessario di sapere quali Potenze si vogliono convocare, essendo molto diversi gli interessi delle une o delle altre in Egitto, ove finanziariamente primeggiano gli interessi francesi, ove vengono secondi gli interessi italiani, ed ove, per esempio, la Russia non ha interessi rli sorta. Poi S.E. notò che gli accordi per la legge di liquidazione in Egitto essendo stati presi col mezzo della corrispondenza diplomatica, non pareva esservi plausibile motivo di valersi ora di un'apposita conferenza per modificare quella legge. D'altronde, mi diss'egli, una conferenza poco giova quando i governi rappresentàtivi non si siano già previamente concertati sui punti da trattarvisi e sulla loro soluzione.

Ho ragione di credere che per ora, nella conversazione che lord Lyons ebbe rli nuovo ieri col signor Ferry, questi siasi limitato a domandare schiarimenti sulle precise intenzioni del Governo britannico. In un precedente colloquio puramente privato, il presidente del Consiglio, parlandomi della prevista eventualità di una conferenza per discutere la situazione finanziaria egiziana, mi aveva detto che anzitutto le Potenze dovrebbero prendere formalmente atto delle intenzioni più volte manifestate dal ministero Gladstone circa la natura e durata dell'azione inglese in Egitto. In quello stesso incontro il signor Ferry, come già l'aveva detto al r. ambasciatore, mi ripeteva che sarebbe stato lieto d'intendersi con noi circa le questioni egiziane.

In sostanza mi pare che il vero sentimento del Governo francese rispetto lllla proposta di lord Granville sia molto accuratamente espresso dal signor F. Charmes in un articolo del Journal des Débats di oggi, che chiude colle seguenti parole: «L'Inghilterra ci domanderà essa di consentire a sacrifizi? Nulla è meno dubbio: gli è troppo certo che le finanze egiziane non possono più a lungo andare come vanno. L'Inghilterra ci farà proposte; ci basta d'aspettarle; la sola questione è di sapere se le discuteremo da Gabinetto a Gabinetto, oppure in una conferenza europea. Già si sa ciò che noi pensiamo dell'uno e dell'altro metodo; aggiungiamo che la riunione della conferenza dipende dal Governo francese, giacché non può esservi conferenza senza di noi. Si comprenderebbe una conferenza per l'assetto delle finanze egiziane, nella quale la Francia non figurerebbe? I nostri nazionali sono portatori di più della metà del debito; sarebbe possibile trattarli come una quantità da negligersi? Certo che no. E' certo pure che la conferenza non si riunirà che noi volendolo. Lo vorremo? Una grave responsabilità si impone per ciò al nostro Governo. Sarebbe troppo assoluto il dire che la conferenza non può volgere a nostro profitto, ma vi sono certamente più rischi da quel lato che in trattative dirette, le quali non escludono ben inteso, le quali anzi esigono uno scambio di vedute ed un accordo con tutte le Potenze. Perché non si userebbe, a rivedere la legge di liquidazione, la stessa procedura colla quale essa fu fatta? Noi non chiediamo altro».

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R 3469. Berlino, 25 aprile 1884 (per. il 3 maggio).

J'ai lu avec un vif intérét les dépéches et documents diplomatiques arrivés !'>UCcessivement depuis mes rapports n. 3414 (l) et 3428 (2). Je suis nanti de t.outes les données nécessaires pour expliquer et rectifier, au besoin, les fausses appréciations ou accusations concernant l'arret rendu en dernier ressort par la Cour supreme de cassation dans la controverse au sujet des biens de la Congrégation de Propaganda Fide. Mais ni le secrétaire d'Etat, ni aucun autre fonctionnaire n'y ont fait aucune allusion. Conformément à vos instructions qui répondent à ce qui comporte notre dignité, je me suis soigneusement abstenu de prendre une initiative quelconque, méme en voie particulière.

J'avais prié confidentiellement mon collègue d'Angleterre de pressentir, comme de lui-meme, la manière de voir du comte de Hatzfeldt ou de M. le docteur Busch, sur la note adressée à cet égard par le Saint-Siège à ses représentant à l'étranger. Lord Ampthil interpellait à deux reprises, sans rien apprendre de ses interlocuteurs qui semblaient plutéìt vouloir déturner la conversation. Le mot d'ordre est donc de garder le silence. Les journaux officieux évitent également de toucher à cette question. La presse catholique seule continue ses attaques violents.

Si le Gouvernement du roi avait pu d'une manière quelconque, exercer à temps une influence sur le jugement de la magistrature, il n'aurait certes pas manqué d'enlever à nos adversaires une arme dont ils se servent non sans quelque habileté. Mais comme il s'agit d'une institution qui avec le bien de l'Eglise concilie celui de la civilisation et de l'humanité dans des contrées où l'Italie a aussi des intéréts à sauvegarder, il serait très à désirer que le Gouvernement de Sa Majesté, comme il en énonce l'intention, cherche à introduire le plus téìt possible dans l'exécution de la sentence tous les adoucissements et tempéraments, de nature à prévenir que tel ou tel autre Cabinet étranger ne prenne envers nous une attitude que nous ne saurions admettre, mais qui ne nous susciterait pas moins de graves embarras. A ce propos j'ai lu dans un des documents diplomatiques n. 893 VI (3) un entretien, entre le comte Kalnoky et le comte de Robilant, qui donne beaucoup a réfléchir. Autant le langage de notre ambassadeur a été plein de mesure et de dignité, autant celui du minlstre des affaires étrangères austro-hongrois laissait clairement entrevoir un appui éventuel en faveur du Saint Père, si nous n'agissions pas de notre propre mouvement pour accorder à la Congrégation de la Propagande, des facilités estimées compatibles avec les principes du droit public en vigueur en Italie.

En suivant une ligne de conduite qui prouve que nous partageons les sympathies du monde civilisé pour l'institution sus-mentionnée, nous ferons acte de

bonne politique. C'est une institution que les peuples vénèrent et respectent quelque soient leurs croyances religieuses. En tout cas, nous devons savoir gré à l'Allemagne de son attitude jusqu'ici si circonspecte et reservée dans cette affaire comme si elle s'attendait à ce que nous saurions nous montrer condescendants dans une mesure qui écarte une ingérence quelconque.

(l) -Cfr. n. 85. (2) -Cfr. n. 106. (3) -Cfr. n. 145.
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IL CONSOLE GENERALE A SHANGAI, DE LUCA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 87. Shangai, 25 aprile 1884 (per. il 3 giugno).

È mio dovere manifestarle che, dopo i precisi impegni assunti dall'Italia di mandare due navi nei mari di Cina, per la protezione dei neutri, e dai Ministeri di marina in Londra, Berlino e Washington comunicati ai rispettivi capi di queste loro squadre, il richiamo della r. nave « Caracciolo:. ha fatto una cattiva impressione. Al comandante Accinni del «Cristoforo Colombo » ed a me stesso si fanno continue domande in proposito, alle quali ci troviamo imbarazzati a rispondere. Se si sapesse dello invio già ordinato d'un'altra nave in rimpiazzo della «Caracciolo », la nostra posizione sarebbe pienamente corretta rimpetto alle altre Potenze neutre; ma da quanto è a mia notizia, e credo anche del comandante Accinni, nessun provvedimento è stato sinora preso per tale rimpiazzo.

V.E. sa che io non ho mai avuto alcuna preoccupazione seria circa le cose di Cina sinché il conflitto era localizzato nel Tonkino. Questo convincimento manifestai in varii colloqui ch'ebbi l'onore di avere con lei e col commendatore Malvano durante il mio congedo in Italia, aggiungendo però allo stesso tempo che, se la Francia avesse reclamato indennizzi di guerra, potrebbero avvenire serie perturbazioni. Questa eventualità accenna ora a verificarsi, e la grave crisi politica che ora succede in Pekino, e che forma oggetto d'altri miei rapporti, n'è la prova. In aggiunta a quanto manifestai con essi havvi la notizia, non ancora ufficiale però, che il principe Kung destituito testé da tutte le sue alte funzioni, sia morto, ma di qual morte s'ignora tuttavia.

Ad ovviare ai mali che possono derivare da questo stato di cose niente varrà meglio che un grande sfoggio di forze navali da parte delle Potenze neutre. Questa considerazione d'indole generale già basterebbe per se stessa a consigliare l'invio immediato d'un'altra r. nave in questi paraggi. Ma vi sono anche ragioni di carattere più speciale. Finché l'Italia avrà qui il solo incrociatore «Cristoforo Colombo » esso dovrà stazionare a Shangai, ove soltanto abbiamo

persone e proprietà di nazionali a tutelare, intendo dire di nazionali laici. L'Italia dunque potrà bensì dire di aver protetto i suoi cittadini in Cina, ma non di aver concorso all'azione solidale per la protezione di tutti i neutri in generale che era lo scopo dello accordo internazionale fatto coi Gabinetti di Londra, Berlino e Washington e che aveva per obiettivo non solo Shangai, :aa eventualmente anche altri porti di Cina. Inoltre, con la presenza qui d'un altro nostro legno da guerra si potrebbe facilmente conseguire assieme allo scopo suddetto anche un altro, cui l'Italia non può rimanere indifferente. La nave potrebbe essere destinata a Hankow sul fiume Yangtze, ove oltre all'esservi molti residenti e stabilimenti commerciali inglesi, russi e alemanni si trovano un vescovo e missionari italiani e una ventina di suore italiane canossiane, cUrigenti la stupenda instituzione che è l'orfelinato cattolico di Hankow. In presenza delle attuali complicazioni niente mi preoccupa tanto, quanto la sorte di quelle povere nostre concittadine, sì benemerite della umanità; e questa preoccupazione aumenta pel fatto che in caso d'ugenza non potrebbe neppure essere spedito colà il <<Colombo» il cui tirante d'acqua renderebbe assai difficile la sua navigazione nel Yangtze sino ad Hankow, cioè sino a 600 miglia dal mare. Intanto si è già verificato colà, in questi ultimi giorni, qualche sintomo di sommossa, che ha reso necessario lo sbarco di marinai e di mitragliatrici da una cannoniera inglese, il solo legno da guerra estero che si trovasse allora in quel porto.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3472. Berlino, 27 aprile 1884 (per. il 3 maggio).

Ainsi que je le télégraphiais à V.E. (1), lord Ampthil a communiqué, le 23 avril, au secrétaire d'Etat, la circulaire dont le comte Nigra signalait le prochain envoi. Le comte de Hatzfeldt se réservait de prendre Ies ordres du chancelier.

Le surlendemain il a été répondu que le Cabinet de Berlin serait disposé à adhérer à la proposition d'une conférence à Londres ou à Constatinople avec mandant de modifier la loi de liquidation en Egypte, si les autres Puissances déclarent aussi leur adhésion. Au point de vue financier, l'Allemagne n'est engagée que pour un milion environ de mark. Au point de vue politique, elle n'a pas de propres et directs intérèts à sauvegarder. Son programme est celui, dans ces régions aussi, de se conformer autant que possible à l'attitude de l'Autriche.

II faut bien rendre à l'Allemagne la justice qu'elle se conforme scrupuleusement au protocole de désintéressement signé en 1882 à Constantinople. C'est le mème système que celui appliqué au Maroc, entre autres. Jusqu'ici le prince de Bismarck laissait entendre qu'il accordait presque carte bianche à l'Angleterre en Egypte. II se montre aujourd'hui plus réservé, peut-ètre parce que ni son tempérament, ni ses allures hardies, Iorsque les convenances de son Pays sont en jeu, ne se concilient pas avec les hésitations et les scrupules de M.

Gladstone. Le fait est que Son Altesse ne comprend pas pourquoi la GrandeBretagne a laissé aller les choses à un point qui semble presque une déroute. Il estime que de la part de cet Etat c'est une faute de convoquer une conférence. Selon une locution allemande -man soll den Teujel nicht an die Wand malen -le diable dans ce cas se personnifie dans la France dont l'Angleterre avait écarté le condominium, et maintenant on parait rouvrir une porte qu'il convenait de tenir soigneusement fermée. Son Altesse trouve du moins que l'appel à une conférence est prématuré, lorsqu'on a négligé de préparer suffisamment le terrain. Bref il se manifeste chez le chancelier un certain sentiment de déception à l'égard de l'Angleterre qui tourne un peu au profit de la France.

Le baron de Courcel a cherché à en tirer parti. Il méditait depuis quelque temps une course à Paris. Il en a fait donner avis au prince de Bismarck pour le cas où celui-ci aurait quelque message à transmettre au Gouvernement français. Le chancelier le priait de passer chez lui. L'entretien ayant porté sur les affaires d'Egypte, il a manifesté sa surprise de la proposition anglaise d'une conférence qu'il jugeait prématurée; que l'Allemagne s'abstiendrait de toute initiative, et serait heureuse si l'Angleterre et la France parvenaient à se mettre d'accord. Tout cela n'est guères compromettant.

Si je suis bien informé, le jugement émis par le prince de Bismarck serait assez conforme à celui de lord Granville et d'un de ses collègues au ministère, qui combattaient l'idée d'une conférence, et qui ne cédaient qu'à la dernière heure aux insistances de M. Gladstone. Le premier lord de la trésorerie ne voulait pas démordre de son programme de procéder d'accord avec l'Europe, en s'abstenant d'établir des faits accomplis, sauf à en demander ensuite la sanction.

Le grand inconvénient de la proposition anglaise c'est qu'en l'acceptant, o'n ne sait trop dans quelle voie on s'engage. Il est à supposer que la France

l '

manceuvrera pour rentrer sur une scène où elle regrette si vivement de ne plus jouer un ròle au moins égal à celui de sa rivale. La Turquie s'évertuera à mettre en avant ses droits de souveraineté. A ce titre elle demandera, si non dans la conférence dont le mandat est limité, du moins dans les pourparlers en dehors des séances, que la pacification du Soudan soit confiée à ses troupes.

Nous connaissons déjà les dispositions de l'Allemagne. Il appartient au Gouvernement du roi quand il sera également édifié sur celles des autres Puissances, de combiner son plan de conduite. Il m'est avis que notre intéret nous prescrit de marcher jusqu'au bout et quand mème en parfaite intelligence avec le Cabinet de Londres, sans nous laisser séduire par des protestations de bon vouloir du còté de la France. Nous savons par expérience combien en vaut l'aune. L'Angleterre avec le temps parviendra à relever en Egypte un édifice lors meme qu'il semble crouler aujourd'hui. On ne saurait admettre qu'elle veuille ressusciter l'ancien condominium condamné par l'opinion publique. Mais si, contre toute attente, on imaginait quelque combinaison dans laquelle la France obtiendrait quelque satisfaction d'amour propre, notre attitude franchement sympathique envers l'Angleterre la prédisposerait à tenir éga

lement compte de nos convenances. Tandis que la France nous promettrait monts et merveilles si nous la secondions, et nous abandonnerait en suite, en riant sous cape de nous avoir joués.

(l) T. (·:2 dc: 23 aprile, non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3476. Berlino, 27 aprile 1884 (per. il 3 maggio).

Les démonstrations d'amitié continuent entre la Russie et l'Allemagne. Le Cabinet de Berlin sait gré à celui de St. Pétersbourg de prendre des mesures afin de combattre les espérances secrètes des polonais qui auraient tra

vaillé, pour les besoins de leur cause, à envénimer les rapports entre les deux Empires voisins. Le général Gourko a l'instruction de prouver par son attitude que la Pologne ne doit plus compter sur une guerre entre ces Empires. Il lui a été prescrit de ne rien négliger pour la russiHcation du Royaume, en pratiquant un système inverse de celui adopté par l' Autriche obligée par sa position à user de plus de ménagement en Galicie.

On se montre extremement satisfait ici de ce que l'impulsion contraire aux agissements polonais parte de St. Pétersbourg, car le contre-coup s'en fera sentir de lui-meme dans le Gran-duché de Posen, sans qu'il soit nécessaire que le Cabinet de Berlin endosse pour son compte l'odieux d'un mouvement de réaction, et use des memes sévérités.

Cette circonstance ainsi que les déclarations pacifiques de la Russie ont amené un rapprochement très marqué entre les deux Cours. Rien ne caractérise mieux le changement de situation, que la confiance avec laquelle a été accueillie la grande opération financière russe pour un emprunt de 15 millions de livres sterling, dont 10 millions seront émis à Berlin par la Seehandlung et par la maison S. Bleichroder, emprunt favorisé par le Gouvernement allemand et qu'il eut été impossible de contracter durant l'automne dernier, époque où les relations avaient un caractère assez tendu.

Cependant il ne s'agit point encore d'une alliance, autrement on aurait opéré une dislocation des rég1ments échelonnés de part et d'autre vers les frontières. En ce qui concerne spécialement la Prusse, les dispositions ordonnées en 1883 pour avancer des troupes vers l'Est ont été ponctuellement exécutées, et cela dans un but défensif. Un bataillon s'est porté de Bromberg à Allenstein, deux bataillons du 45èmc régiment à Lyk, et un bataillon du 21éme régiment à Thorn. Le tout avec un renfort de cavalerie et d'artillerie. Il est vrai que les officiers des deux Pays, en garnison vers les frontières échangent des visites, s'adressent des invitations à des repas de corps connus ici sous le nom de Liebesmahl, comme s'ils voulaient donner à entendre qu'ils sont prets à fraterniser. lls ne se permettraient certainement pas ces démonstrations si elles n'étaient pas autorisées par leurs gouvernements.

Les journaux annoncent que le tsar aurait manifesté le désir d'avoir une entrevue dans le courant de cette année avec les empereurs d'Allemagne

et d'Autrkhe. La nouvelle n'a pas été démentie. J'ignore si elle a quelque fondement. Tout en se rapprochant de la Russie, le chancelier reste fidèle à l'Autriche. Il lui prete son appui, en tout ce qui a trait à la politique de cet Etat vers le Danube et la péninsule des Balkans. Si les conditions se sont améliorées en sa faveur en Roumanie, dans la Bulgarie, en Serbie et à Constantinople, le Cabinet de Vienne sait que le prince de Bismarck a fait jouer son influence dans ce but. Aussi le voyage récent de l'archiduc Rodolphe ne pouvait ,s'accomplir dans des conjonctures plus propi:ces. Non pas qu'il eftt une mission •politique déterminée; mais évidemment par le fait seul qu'il se présentait dans toutes les cours d'orient, il contribuait à resserrer les liens qui les unissent actuellement à la Monarchie des Habsbourg. Le prince de Bismarck ,comparait cette excursion à celle du prince impérial d'Allemagne en décembre dernier à Rome et à Madrid.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, NIGRA, E A PARIGI, MENABREA

T. 250. Roma, 28 aprile 1884, ore 14,12.

Hier M. Decrais est venu m'entretenir au sujet des affaires égyptiennes. Il me renouvelait au nom de son Gouvernement l'expression du désir d'eng,ager à ce sujet un échange d'idées avec moi et d'aboutir à une entente préalable entre les deux Pays. Je lui a répondu que nous avions cru ne pas devoir hésiter à accepter la conférence pour le remaniement éventuel de la loi de liquidation en Egypte, les différents Cabinets paraissant également disposés à adhérer. La demande actuelle de l'Angleterre manquant d'ailleurs de sa part l'intention de rester ftdèle à son programme touchant la compétence du concert européen pour règlement des affaires du Vice-royaume, l'assentiment des Puissances nous semble tout naturel et logique. Une attitude bienveillante envers l'Angleterre est à nos yeux particulièrement indiquée pour la France et pour l'Italie, qui, à l'occasion des événements de 1880 ont préféré lui laisser charge et responsabilité d'une entreprise dont les difficultés n'ont fait qu'augmenter. Nous pensons, en ce qui nous concerne, qu'il est de notre devoir de nous obtenir de tout ce qui pourrait troubler l'oeuvre qui incombe à l'Angleterre et d'attendre avec confiance que le Cabinet de Londres fasse lui-meme au moment opportun, ainsi qu'il l'a formellement promis, un appel au concours des Puissances, leur soumettant camme il le fait à présent pour la question financière des propositions précises et concrètes. Apres avoir ainsi marqué notre point de vue, j'ai dit à l'ambassadeur de France qui me demandait encore si un échange d'Ldées serais par moi accepté, que nous serions toujours heureux de recevoir de son Gouvernement toute commun~cation rentrant dans l'orbite d'idées ci-dessus indiquée qu'il lui semblerait utile dans un intéret commun de nous adresser et que nous ne manquerions pas de répondre à une pareille communicaton avec la franchise la plus amicale.

17 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XVII-XVIII

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 477. Londra, 29 aprile 1884, ore 22,34 (per. ore 22,45).

Le Foreign Office a reçu avis de l'acceptation de la conférence par l'Autriche, Allemagne, et Russie. Les deux premières ont accepté purement et simplement d'après le programme anglais: Gouvernement russe a pris acte de cette espèce de reconnaissance de l'Angleterre de la compétence européenne pour les affairs d'Egypte et a fait ne allusion à la connexion de la question financière avec la question politique. Gouvernement turc n'a encore rien dit, mais d'après ce qu'on me dit il insisterait pour que la conférence soit reunie à Constantinople qu'il considère comme le for légal. Je ne sais rien de la France. Si la conférence se réunit à Londres je crois que V.E. devrait m'envoyer quelqu'un soit au courant de la question financière égyptienne et qui connaisse l'Egypte.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

D. 322. Roma, 30 aprile 1884.

Ho ricevuto il rapporto del 24 corrente, n. 345 (1), col quale, rispondendo ad un mio telegramma (2), ella mi riferisce averle il signor Ferry affermato che gli riusciva nuova e che credeva una pretta invenzione la lettera pubblicata recentemente dal giornale Le Matin e riprodotta da altri, secondo la quale il sultano Anfari avrebbe chiesto il protettorato francese.

Mi fa piacere che non vi sia nulla di vero in quella notizia, la quale non poteva non fissare la nostra attenzione in questo momento in cui, ottenuta dal sultano Anfari, mercé le pratiche di un nostro intelligente esploratore, il conte Antonelli, la formale promessa d'aprire sul suo territorio una via al commercio fra lo Scioa e la nostra colonia d'Assab, si tratta per noi d'assicurarci i vantaggi che possiamo ricavare da quella concessione.

L'avvenire della nostra colonia, dove ci siamo pacificamente ma stabilmente impiantati, dipende dal farne una via ai prodotti da e per l'interno dell'altipiano abissinico, e ci obbliga di tenere più occhi aperti sopratutto dal lato della Francia, che col vicino possedimento di Obock minaccia di farci concorrenza e di sviare, a spese di Assab, le simpatie e gli scambi degl'indigeni.

Sarò grato a codesto R. ambasciata se vorrà tener presente questo nostro interesse e tenermi informato di quanto possa ad esso riferirsi. Da qualche

tempo non sono infrequenti nei giornali notizie come quella data dall'agenzia Stefani negli scorsi giorni, la quale annunziava con un telegramma da Aden del 26 che il Governo francese aveva stabilito ~n Obock un deposito di carbone.

(l) -R. 345 del 24 aprile 1884, non pubbllcato. (2) -T. 229 del 21 aprile 1884, non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. RISERVATO 2104. Vienna, 30 aprile 1884 (per. il 3 maggio).

Una recente notizia .a sensazione pubbUcata dall'organo massimo del partito clericale in Germania che ebbe a provocare le più autorevoli smentite per quanto ha tratto a circostanze di fatto, ha fornito occasione alla stampa italiana di discorrere intorno agl'intrighi a danno del Paese nostro, di cui si sarebbe fatto centro la Nunziatura apostolica in questa capitale.

Ciò stante reputo non inutile il porre sott'occhio all'E.V. come stiano effettivamente le cose; ed anzi tutto parmi conveniente a meglio chiarire la situazione, di far precedere tali informazioni da un breve cenno intorno alla persona del nunzio apostolico presso la Corte di Vienna che sarebbe l'anima di quegli intrighi di cui parlano i giornali.

Monsignor Serafino Vannutelli, arcivescovo di Nicea, trovasi da oltre tre anni accreditato presso la Corte imperiale. Egli venne a prendervi il posto lasciato da Sua Eminenza il cardinale Jacobini chiamato alle più alte funzioni di segretario di Stato.

Ardua successione fu quella che toccò al Vannutelli raccogliere; anzitutto perché il Jacobini si era fatto qui grandemente a.pprezzare tanto dalla Corte come dal Governo e dall'alta società, per le sue tendenze naturalmente concilianti, pel suo prudente tatto, e forse più ancora, pel suo carattere onestamente gioviale. Cardinale più politico che santo secondo la locuzione usata, il Jacobini era l'uomo fatto per eccellenza per la Nunziatura di Vienna. Il suo successore fu più santo che politico, non riuscì quì a crearsi un ambiente molto favorevole né a Corte né nell'alta società. Egli è rispettato, ma non ricercato.

La sua azione poi presso il Governo imperiale per gli affari religiosi interni che sono di sua spettanza è assai limitata nei suoi effetti; e ciò essenzialmente perché egli giunse quì colla riputazione acquistatasi al Messico prima e nel Belgio poscia, di essere più atto a guastare le relazioni colla Santa Sede degli Stati presso i quali è accreditato, che non .a migliorarle, locché gli nuoce non poco essendo l'Austria-Ungheria lo Stato che più d'ogni altro rifugge dalle lotte ecclesiastiche.

Come l'E.V. vede da quanto precede monsignor Serafino Vannutelli non è affatto l'uomo indicato per essere a Vienna centro efficace d'intrighi a favore della Santa Sede, e ciò egli mostra di comprendere; quindi la sua attività a prò della lcausa ch'egli ha mandato di difendere si spiega soltanto in quei circoli poco influenti che, per riveren2la al suo ,carattere episcopale ed alle alte funzioni di cui è investito, accettano i suoi suggerimenti ed apprezzamenti senza discuterli.

Per conto mio non esito dunque ad escludere quasi intieramente l'efficacia degl'intrighi della Nunziatura di Vienna; ma con ciò non intendo certamente escludere che, l'Austria-Ungheria essendo al giorno d'oggi lo Stato che più fortemente parteggia pel Papa contro l'Italia, gl'intrighi a nostro danno facciano difetto a Vienna. A malgrado lo stragrande numero di ·Confessioni legalmente autorizzate ·che esistono nella Monarchia, e che vi esercitano la loro attività in ·piena libertà e con completa uguaglianza di diritto e doveri, la religione cattolica vi gode un prestigio ed un ascendente che non ha pari in nessun altro Stato d'Europa.

In tutto ciò che non lede direttamente i diritti del sovrano e dello Stato si va con premura all'incontro dei desiderii del Santo Padre e quindi ben si capisce come la Corte ed il Governo si studino di dimostrargli la più simpatica deferenza nell'accogliere i suoi continui lamenti contro l'Italia ed il suo Governo.

In questo momento poi in cul la tendenza alla reazione si accentua sempre più sì in Austria che in Ungheria, col concorso, conviene dirlo, della maggioranza della popolazione, è chiaro che lo stesso Governo trova non ingiustificato pretesto per manifestare ancora maggiormente le sue simpatie al Santo Padre, dimostrandosi intenzionato per quanto le circostanze generali politiche il ,consentono, di dargli tutto il ·possibile appoggio almeno morale.

Fino acché durano i dissensi fra Berlino ed il Vaticano non abbiamo da impensierirci molto di quelle tendenze a noi ostili che, tutt'al più, si traducono in sterili assicuranze di simpatica deferenza pel Santo Padre e per la sua causa; ma ben diversamente procederebbe la causa se un'effettiva riconciliazione s'effettuasse fra la Prussia e la Santa Sede, e se a Berlino menomamente si accennasse di voler uscire dalla neutralità fino ad ora osservata a riguardo della questione romana. Ove ciò avesse a verificarsi, non v'ha a dubitare che l'Austria non esiterebbe a schierarsi in prima linea fra i difensori del pontefice. A riguardo dunque di questa questione come di ogni altra, ben più dobbiamo tenere l'occhio fisso a Berlino che non a Vienna dove nulla si fa ne si farà per assai tempo, senza essersi prima assicurati di non correr rischio di procedere in disaccordo colle vedute del Governo germanico.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2105. Vienna, 30 aprile 1884 (per. il 3 maggio).

Dal solerte reggente il r. consolato generale in Pest che mi compiaccio dire m'informa, con sommo zelo e giusto criterio, di tutto ciò che succede nel Regno d'Ungheria di speciale interesse per noi, ebbi stamane notizia che il deputato Helfy si propone ad interpellare il signor Tisza sulle voci corse che il papa lasci Roma, nonché intorno alla questione della Propaganda Fide; e ciò allo scopo di far fare ai deputati oltramontani delle esplicite dichiarazioni prima delle elezioni.

Essendomi incontrato poco dopo di aver ricevuto quella notizia col signor Szegony, gliene tenni parola, dicendogli che evidentemente non faceva cenno della cosa al capo sezione del Ministero ma bensì all'amico ungherese; persuaso ch'egli converrebbe meco nella convenzione di evitare che, ove quell'interpellanza avesse a prodursi, la risposta del ministro fosse di natura a recar nocumento alle relazioni fra la Monarchia austro-ungarica e l'Italia.

S.E. risposemi nulla aver inteso dire intorno ai da me riferitigli intendimenti del signor Helfy, ma però ritenere probabilissimo che le informazioni da me avute sieno esattissime. Egli mi ringraziò grandemente di averlo prevenuto della cosa, e dissemi che ne parlerebbe col signor Tisza a Pest dove si reca domani.

Il suo linguaggio non mi lasciò dubbio sugl'intendimenti amichevoli a nostro riguardo del prefetto capo sezione, di cui d'altronde egli ebbe già a darmi molte prove, ma egli mi fece pure comprendere che il suo modo di vedere sulla questione di Propaganda non è preponderante al Ministero imperiale.

Trovandomi poco dopo dal ,conte Kalnoky che aveva poco prima ricevuto il testo ufficiale dei discorsi pronunciati dall'E.V. alla Camera dei deputati in occasione della discussione del bilancio degli affari esteri, la Propaganda venne nuovamente a cadere incidentalmente nel discorso nostro; e la speciale questione della libera disposizione patrimoniale da parte di quel pio Istituto formò anche questa volta il tema delle nostre discussioni in forma extraufficiale. Avendo io posto in sodo colla massima precisione che qualsiasi intromissione del Governo imperiale in questa questione, oltre a raggiungere l'effetto diametralmente opposto a quello sperato dal conte Kalnoky, avrebbe irremissibilmente nociuto alle relazioni fra i due Stati, S.E. dissemi, non potersi ammettere che l'Austria-Ungheria non possa prendere la parola a favore dell'indipendenza dell'azione spirituale della Santa Sede, senza che le sue relazioni coll'Italia ne vadano di mezzo. Egli mi fece notare la condotta sommamente riservata ed amichevole osservata dal Gabinetto di Vienna a riguardo dell'Italia, in tutto ciò che tocca alle nostre relazioni colla Santa Sede.

Egli mi accennò a numerose a suo dire ufficiali assicuranze, che il Gabinetto di .IVienna ;aveva da noi ricevuto in passato, di rispettare il potere spirituale; osservando che, se quel potere spirituale cessasse di essere rispettato nell'esercizio della sua azione pienamente indipendente, l'Austria si troverebbe in dovere di far sentire la sua voce, e non tacerebbe.

Mi compiacqui a mia volta di constatare il prudente contegno sempre osservato in passato a nostro riguardo dal Governo imperiale, ma ripetei l'osservazione ,che se in oggi a proposito della questione di Propaganda che altro non è, così mi espressi, se non un pretesto, l'Austria facesse passi di qualsiasi natura che mostrassero che la Santa Sede seppe ottenerne l'appoggio, l'opinione pubblica in Italia da cui solo il nostro Governo trae il suo appoggio si pronuncierebbe in sì precisa maniera da compromettere, come già gli avevo detto, irrimediabilmente le nostre relazioni. Fate ciò che credete, conchiusi, a me spettava il chiarirvi la vera situazione quale essa è; a voi tocca il fare la

somma dei vostri interessi e vedere il partito a cui meglio vi conviene appigliarvi.

Mi lusingo che il mio linguaggio, calmo ma precisissimo, abbia esercitato una certa impressione sull'animo del conte Kalnoky, impressione che sarà spero fortificata dalla relazione che il signor Szegèinyi gli farà senza dubbio della conversazione che abbiamo avuto insieme, in cui evidentemente mi servii, per avvalorare il mio dire, di argomenti ancora assai più espliciti.

Non è però men vero che la necessità ed anzi l'urgenza di trovar da parte nostra una soddisfacente soluzione alla questione, nel senso da me indicato in altro mio rapporto, si fa ognora più sentire.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2106. Vienna, 1° maggio 1884 (per. il 4).

Parlando ieri col conte Kalnoky della questione della nomina di un nuovo governatore generale della Rumelia Orientale, S.E. dissemi non aver più inteso parlare di quell'affare che d'altronde potrà risolversi con tutto comodo, visto che per intanto il signor Krestovic regge il Governo della provincia come già ebbe a farlo altre volte.

Venendo poi a parlare di Aleko pacha il conte Kalnoky dissemi risultargll ch'egli ora sta lavorando presso l'ambasciatore russo a Costantinopoli onde cattivarsene l'appoggio ed ottenere cosi che la Russia più non si opponga alla sua rielezione.

Questo fatto fa sì, soggiungevami egli, che non posso più desiderare la riconferma di Aleko pacha, poiché, se egli dovesse riprendere la sua posizione mercé impegni da lui assunti verso la Russia, non sarebbe più affatto quel candidato indipendente dalle mene di Pietroburgo che le Potenze devono desiderare, e quindi meglio si è che non torni più a quel posto.

Quel ragionamento non ha d'uopo di dilucidazioni e parmi anche faccia chiaramente comprendere che l'Austria a malgrado l'avvenuto suo riavvicinamento alla Russia, non si è spogliata delle passate sue diffidenze.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. RISERVATISSIMO 493. Pera, 2 maggio 1884, ore 11,30 (per. ore 22,15).

Je viens de recevoir la visite de Aleko pacha. II a vu hier le sultan qui ne lui a pas parlé de la Roumélie orientale. L'impression de S.E. est que la Russie s'est entendue avec le sultan, auquel ella a peut-étre promis son appui dans la question égyptienne et que Sa Majesté proposera probablement Crestowich, mais aucune communication nous a été faite jusqu'ici par la Porte. Aucun de mes collégues ne fait signe de vouloir s'opposer à cette candidature.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 603/609. Londra, 2 maggio 1884 (per. il 7).

Ho l'onore di trasmettere qui accluso a V. E. due Blue-Books testé pubblicati (Egypt nn. 11 e 14, 1884) (1) sugli impegni del Governo inglese verso l'Egitto.

Questa corrispondenza diplomatica ha dato luogo ieri sera nella Camera dei lord ad una interpellanza del marchese di Salisbury. Sua Signoria riferendosi al suo dispaccio al signor Malet del 19 settembre 1879 ed all'interpretazione datagli dal Ministero, disse che chiamava sopra di esso l'attenzione della Camera, in seguito alle recenti dichiarazioni del signor Gladstone, che il Gabinetto attuale si considerava legato nella politica egiziana da una convenzione del Governo passato. Ora nella prima pubblicazione di quel dispaccio era stata omessa la conversazione ch'egli aveva avuto col signor Waddington, nella quale gli aveva detto, fra le altre cose, che era impossibile di-ritornare al sistema dei ministri europei in Egitto; inoltre bisognava tener conto che gli impegni ivi riferiti erano stati presi col Governo francese e non col kedivè, ed il Ministero non sosterrà certamente d'essere andato in Egitto per far cosa grata al Governo della Repubblica. Cosicché viste le circostanze assolutamente mutate, era una derisione più che un sofisma il voler dire che la politica del Gabinetto dal bombardamento d'Alessandria in poi abbia avuto qualche relazione con quel documento.

Lord Granville rispose che la pubblicazione omessa, nel dispaccio summenzionato, della conversazione di carattere privato tra il marchese di Salisbury ed il signor Waddington non modificava il tenore degli impegni presi. Ma oltre ad essi esisteva il fatto che il Ministero passato aveva provocato il ritiro del kedivè Ismail, e lo stesso lord Salisbury aveva sostenuto in alcuni dei suoi precedenti discorsi che l'Inghilterra doveva considerarsi legata da obblighi speciali verso l'Egitto. Egli poi riteneva, come il signor Gladstone, che il Gabinetto attuale debba appoggiare il Governo del kedivè in forza degli impegni che ha assunto e di quelli che ha ereditato dal Gabinetto passato.

La discussione non provocò alcuna espressione d'opinione per parte della Camera. Credo però utile di segnalare il dispaccio suddetto, nonché lo scambio di queste dichiarazioni all'attenzione di V. E.

(l) Non pubblicati.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. CONFIDENZIALE 260. Roma, 3 maggio 1884, ore 11,55.

J'ai reçu à Turin votre importante lettre particulière (l) et je vous en remercie. Vous connaissez désormais notre attitude dans l'affaire égyptienne. Nous tenons avant tout à ne rien faire ni projeter qui puisse créer à l'Angleterre de nouvelles difficultés, mais nous ne déclinons pas non plus l'échange d'idées que la France nous propose. Cependant, puisque M. Ferry nous donne, par les déclarations consignées dans votre lettre, l'exemple d'une franchise que nous ne demandons pas mieux que de vouloir imiter, je crois que vous devriez vous ménager, sans trop tarder, l'occasion de faire comprendre qu'un échange d'idées entre la France et nous au sujet de l'Egypte ne peut etre, selon nous, utilement entrepris si des assurances formelles par communication officielle, dont l'ambassadeur de la République à Rome pourrait etre chargé, n'écartent pas auparavant l'incertitude, tranchons le mot, les supçons légitimes que les agissements de certains agents français autorisent amplement. C'était naguère du còté de Tripoli; c'est aujourd'hui du còté du Maroc que des symptòmes graves, des symptòmes ayant une trop grande analogie avec ceux qui ont précédé l'entreprise tunisienne, excitent des appréhensions qu'il est au contraire absolument indispensable d'éliminer si la France veut que nous considérions avec calme et avec pleine liberté d'esprit les points de vue touchant l'Egypte et se rattachant par conséquent à la question méditerranéenne en général, qu'elle vuet bien nous soumettre. Ce que nous voulons pour la Méditerranée, la France le sait, c'est le respect du statu quo. Une déclaration explicite, officielle de la France en ce meme sens, pour ce qui touche notamment au Maroc est, à nos yeux, en quelque sorte, la condition préliminaire sans laquelle il est impossible d'espérer qu'une confiance mutuelle préside à l'échange d'idées dont la France a exprimé le désir. J'ajoute encore qu'une assurance absolue et catégorique, à cet égard, peut devenir strictement nécessaire pour moi, si, à l'occasion de la prochaine discussion à la Chambre, du projet de loi concernant la juridiction à Tunis, j'allais etre interrogé au sujet des intentions ultérieures de la France dans le bassin de la Méditerranée. Une réponse évasive, ou meme seulement pas assez affirmative de ma part, pourrait avoir, sur I'issue de la discussion, une influence des plus fàcheuses. Je recommande d'une manière toute spéciale à votre tact et à votre prudence l'objet de cette dépeche. Votre langage doit surtout etre la juste expression de la situation. Si nous souhaitons de voir se dissiper des nuages qui jettent une ombre sur les rapports réciproques des deux Gouvernements, c'est autant dans l'intérét de la France que dans le nòtre; car, en ce qui nous concerne notre position actuelle en Europe nous garantit assez contre le renouvellement, à Tripoli ou ailleurs, de ce qui s'est passé en 1881 à Tunis.

(l) Non pubblicata.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 505. Parigi, 3 maggio 1884, ore 19 (per. ore 21,40).

Reçu les deux télégrammes d'hier (l) et de ce matin (2) touchant le Maroc. Les déclarations amicales de M. Ferry que j'ai relaté à V.E. dans ma lettre particulière du ... avril (3) me font encore dubiter que les alarmes de M. Scovasso soient tout-à-fait fondées. Dans un entretien que je viens d'avoir à ce sujet avec Lyons, il m'a dit que M. Waddington a par deux fois, en dernier lieu, peu avant son dernier voyage à Paris, donné à Granville assurance formelle que la France ne cherche au Maroc ni annexion ni protectorat. Lyons pense que telles peuvent bien réellement etre les intentions du Gouvernement français, mais il considère M. Ordega comme fort dangereux et craint que cet agent ne trouve le moyen de mettre en jeu une question de drapeau qui entrainerait l'opinion et le Gouvernement. Aussi voudrait-il le voir envoyer à une autre destination. Cependant il croit possible que M. Ferry ait appelé M. Ordega à Paris pour l'inviter à mettre de l'eau dans son vin, et, quant à moi je ne serais point éloigné de l'admettre, car dans son entretien particulier avec moi M. Ferry se montrait disposé à faire quelque chose pour nous rassurer. Si le sentiment de Lyons est celui de son Gouvernement, j'hésite beaucoup à croire que le ministre d'Angleterre à Tanger puisse avoir pris l'attitude que M. Scovasso signale, bien que Lyons reconnaisse qu'à cause de l'Egypte son Gouvernement se trouve vis-à-vis de la France, dans une situation délicate au Maroc. Il dit que l'Angleterre pousserait les cris si la France y touchait, d'ailleurs je ne pense pas que le Cabinet français veuille, surtout en ce moment, pousser plus loin ses entreprises au Maroc, car sa situation à la conférence pour les affaires égyptiennes deviendrait évidemment plus difficile, et il est certain que ce qui lui tient à cette heure le plus à coeur, c'est de ressaisir sa position d'influence en Egypte. Une démarche immédiate de ma part auprès de M. Ferry pour lui causer spécialement du Maroc me paraitrait opportune, mais je prie V. E. de me télégraphier si elle m'autorise à lui en parler ouvertement dans la prochaine audience ordinaire du mercredi. Comme le comte de Robilant je suis d'avis qu'une attitude amicale envers la France et une franche explication ici servirait mieux que tout autre moyen. Un échange de vues à propos de la conférence pour l'Egypte nous en fournit, selon moi, une excellente occasion. Lyons constate aussi que l'Epagne ne laisse rien percer ici de ses inquiétudes au sujet du Maroc, parce qu'elle tient à l'amitié de la France et voudrait faire tirer les marrons du feu aux autres.

(l) -T. 254 del 2 maggio 1884, non pubblicato. (2) -T. 257 del 3 maggio 1884, non pubblicato. (3) -Non pubblicata.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 1673. Roma, 4 maggio 1884.

Mi pregio di segnar ricevuta a V. E. dei rapporti in data 29 (l) e 30 aprile (2), e la ringrazio delle notizie in essi contenute circa il profitto che il partito clericale nell'Austria-Ungheria vorrebbe trarre a danno nostro dalla questione di Propaganda.

Approvo il linguaggio determinato che a tale riguardo ella teneva col conte Szegonyi e col conte Kalnoky; e giova sperare che gli amichevoli avvertimenti di lei verranno a prevenire qualsiasi imprudente dichiarazione, la quale sarebbe di grave e forse assoluto impedimento allo svolgersi delle amichevoli relazioni che, con non lievi difficoltà, si sono stabilite fra i due Stati.

Provvederò, seguendo il suo suggerimento, acciò, per mezzo della stampa, estera, sieno maggiormente diffuse le dichiarazioni da me fatte alla Camera circa questo argomento, e darò la mia più seria attenzione alle considerazioni svolte da V. E. circa la convenienza di togliere ai nostri avversari anche ogni più lieve ombra di pretesto nella questione speciale della libera disponibilità dei beni di Propaganda. La ricerca d'una formola che stabilisca a questo riguardo un'assoluta certezza che non vi sarà mai un'intromissione indebita da parte del Governo sarà fatta da noi oggetto di ulteriore studio.

P.S. Già un riconoscimento di quella disponibilità, della sistematica astensione del Governo da qualunque indagine o sindacato circa l'uso che la Congregazione di Propaganda intenda fare delle somme ad essa occorrenti, ha formato oggetto di una dichiarazione di massima del competente ministro guardasigilli contenuta in un dispaccio ministeriale comunicato con mia circolare a V. E.

Vedremo sotto quale forma d'incontrastabile efficacia tale massima possa venire confermata.

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IL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 516. Gibilterra, 5 maggio 1884, ore ... (per. ore 11,30) (3).

Ici c'est l'usage de tous les représentants de hisser le dimanche le pavillon de leur Nation. Aujourd'hui dimanche le pavillon français a été hissé, peu après a été baissé. C'est ainsi qu'on fait toujours lorsqu'on interrompt les rélations officielles. Le ministre des affaires étrangères n'avait reçu aucune communication de la part de la légation de France à ce sujet.

Le chargé d'affaires d'Espagne a été à la légation de France pour demander si les rélations officielles avec le Maroc étaient vraiment interrompues car le pavillon était baissé et qu'une nouvelle lettre du grand-visir avait été réfusée hier; et le chargé d'affaires de France a répondu que les rélations ne sont pas interrompues et que la lettre a été refusée car le ministre est absent. Je crois inutile tout commentaire. Le ministre anglais m'a lu les deux dépeches qu'il a écrites à son Gouvernement dans lesquels il raconte les choses telles qu'elles sont et juje la situation actuelle assez critique. Je sais de source certaine que le bruit qu'il avait conseillé le Gouvernement du Maroc à céder à toutes les exigences françaises n'est pas fondé. Je me suis convaincu qu'il a toujours informé son Gouvernement avec la plus grande exactitude. En ce moment le ministre anglais vient de me dire qu'il a reçu à l'instant un télégramme de son ministre des affaires étrangères qu'ambassadeur de France lui a déclaré que les meilleurs rélations existent actuellement entre la France et le Maroc, et M. Ordega est parti pour Paris en congé.

(l) -R. 2109, non pubblicato. (2) -Cfr. nn. 184. 185. (3) -Manca l'!nd!caz!one dell'ora d! partenza.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 614/610. Londra, 5 maggio 1884 (per. il 9).

Lord Granville mi ha informato oggi che il signor Waddington, di ritorno da Parigi, gli ha dato l'assicurazione, per parte del signor Ferry che il Governo francese non ha assolutamente alcuna intenzione di tentare di modificare lo statu quo territoriale e politico al Marocco, col quale la Francia non ha a regolare che una questione insignificante di frontiera interna (non marittima).

Ho avuto cura di portare quanto sopra a notizia dell'E. V. con telegramma d'oggi (n. 293) (1).

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 615/611. Londra, 5 maggio 1884 (per. il 9).

Ho chiesto oggi a lord Granville se era in misura di farmi conoscere la sostanza delle comunicazioni fattegli dal signor Waddington a nome del Governo

Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:

« Ringrazii lord Granville. Questa dichiarazione del signor Ferry ha certo importanza e giova a p\gl\arne atto. Non sembra però agevole di conciliarla con l'atteggiamPnto del rappresentanti di l''rancia al Marocco, con la simultanea presenza a Parigi dell'Ordega venuto in congedo e del ministro marocchlno Bargash che affermavasi trattenuto a Marsiglia per curarsi gli occhi, infine con la notizia che si viene confermando di un trattato che la Francia vorrebbe stipulare col Marocco e del quale non si Intende bene lo scopo e la portata. Certo è che in tal stato di cose, ci conviene di essere vigili per non trovare! esposti a spiacevoli sorprese ». In ba~e a tali Istruzioni venne redatto il D. 375 del 10 maggio 1884, indirizzato all'ambasciata a Londra, non pubblicato.

francese, relativamente alla proposta conferenza sulla quistione finanziaria egiziana.

Sua Signoria m'incaricò anzitutto di far pervenire all'E. V. i suoi ringraziamenti per l'attitudine veramente amichevole verso l'Inghilterra, che il Governo del re aveva tenuto in questa circostanza.

Mi disse poi che il signor Waddington, il 2 corrente, aveva fatto, a nome del Governo francese, alcune comunicazioni che oggi soltanto dovevano essere esaminate dal Consiglio plenario dei ministri della regina, e che quell'ambasciatore aveva chiesto per ora il secreto sulle comunicazioni medesime. Lord Granville non poteva quindi farmele conoscere in questo momento. Ma mi disse che intendeva, in tempo debito, portarle a notizia del Governo del re, insieme colle risposte che avrebbero provocato dal Governo della regina.

Non posso quindi ufficialmente informare l'E. V. intorno a tali comunicazioni. Ho però ragione di credere che il Governo francese esclude anzitutto ogni idea di condominio anglo-francese, o di controllo anglo-francese in Egitto. Poi chiede assicurazioni di disinteressamento per parte dell'Inghilterra e la fissazione di un limite di tempo per l'occupazione inglese. Quanto all'amministrazione finanziaria e politica, la Francia domanderebbe guarentigie pel futuro, e mi si afferma che essa si pronunzierebbe per una specie d'internazionalizzazione dell'amministrazione egiziana, nella quale prenderebbero parte, oltre l'Inghilterra, anche la Francia, l'Italia e forse anche altre Potenze.

Ma questi ragguagli non hanno alcun carattere ufficiale, lord Granville avendo, come dissi, promesso il secreto sulle comunicazioni francesi pel momento.

(l) T. 518/293, non pubblicato.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 529. Parigi, 7 maggio 1884, ore 5,20 (per. ore 7,35).

M. Ferry vient de m'affirmer de la manière la plus formelle qu'à la suite de la conversation confidentielle qu'il a eue avec moi et dont j'ai informé V. E. par ma lettre particulière du 29 avril (1), il a donné à M. Decrais l'instruction de vous faire des déclarations rassurantes et catégoriques à l'égard de l'intention de la France au Maroc. Sur ma demande M. Ferry m'à répondu affermativement que M. Decrais avait déjà parlé à V. E. dans ce sens, en me disant que cela lui résultait de la réponse faite par Decrais à sa communication et il paraissait surpris de ce que je n'en eusse pas été informé. Après déclarations de M. Ferry, si V. E. entretenait M. Decrais du contenu de ce télégramme, ce dernier ne pourrait pas, je pense, ne pas le lui répéter de façon à ce que vous puissez en

prendre acte, pour vous en servir, le cas échéant, devant le Parlement. M. Ferry attribue l'agitation qui s'est faite au sujet du Maroc au ministre d'Angleterre à Tanger, qui, dit-il, étant depuis 30 ans dans le pays dont il parle la langue, prend facilement ombrage de tout ce qui se fait en dehors de lui. Il convient de noter que des télégrammes de source officieuse publiées par l'agence Havas continuent à démentir les bruits allarmants touchant l'action française au Maroc. Le Figaro publie, à ce sujet, aujourd'hui un article également rassurant auquel une inspiration ministérielle parait ne pas etre étrangère, car dans les grandes occasions on sait se servir aussi de ce terrain hostile comme nous l'avons vu souvent. A l'égard de la conférence pour l'Egypte, j'ai trouvé M. Ferry très réservé; il m'a seulement di t que ses pourparles avec Londres n'avaient pas encore abouti. Il considère comme secondaire la question du siège de la conférence, tandis qu'il se préoccupe toujours du còté politique de la discussion projetée.

(l) Non pubblicata.

196

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3482. Berlino, 7 maggio 1884 (per. l' 11).

Il me revient, en voie indirecte, que le prince de Bismarck, sans vouloir désagréer en rien l'Angleterre, ni lui créer des obstacles, car bien loin de là il s'est empressé d'accepter en premier les ouvertures pour une consultation sur l'état financier de l'Egypte, apprécie les motifs qui ont induit la France à provoquer un échange de vues avec le Cabinet de Londres, sur divers points se rattachant étroitement à la question financière.

Si les pourparlers sur ces préliminaires obtiennent le résultat désiré, et que la Conférence se rassemble, le chancelier doute fort du succès de cette réunion. Il faudrait du motns que M. Gladstone, ce qui n'est guère à présumer, modifiàt ses allures inexplicables à quelque point de vue que l'on veuille se placer. Il n'y a pas d'exemple de telles irrésolutions, de telles contradictions dans la conduite des affaires étrangères d'un Pays. Si ce n'est pas là un danger pour la paix de l'Europe, c'est du moins une triste perspective pour la réussite de la conférence. Si elle n'est pas dirigée par une main ferme, s'il manque un programme bien défini en suite d'une entente préalable entre les Puissances les plus intéressées, on risque , d'aUer au devant de bien des déceptions et qui pis est de se trouver en rprésence d'une situation où les dissentiments s'accentueront davantage. Il faudrait alors de la part des autres Puissances, sans s'attribuer un ròle d'arbitres dont personne ne se soucie, un surcrolt d'efforts pour détourner les mauvais effets d'un redoublement de mésintelligence.

En trasmettant ci-joint les récépissés des documents diplomatiques qui m'ont été expédiés en date des 26, 30 avril et du 4 mai et en accusant réception des dépeches ministérielle de cette série jusqu'au n. 1556, je saisis ..

197

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2109. Vienna, 7 maggio 1884 (per. il 10).

Il conte Kalnoky dicevami ieri, che a quanto pare la Porta annuirebbe al desiderio della Russia proponendo come candidato pel posto di governatore generale della Rumelia orientale il signor Krestovich che già attualmente regge interinalmente quella carica.

S.E. aggiungevami che se effettivamente la Porta avanzasse una proposta in tal senso, egli non avrebbe difficoltà ad accettarla, non essendovi ormai altro candidato possibile per quel posto.

Il conte Kalnoky osservava però, che se il Krestovich diede prova della sua imparzialità ed attitudine ad amministrare, non è però vero ch'egli non ha in Paese una posizione sufficientemente elevata per parlo in condizione di Jsignoreggiare i partiti, locché in un momento di crisi potrà rendere la sua situazione assai poco solida. «Ma », soggiungevami egli tosto dopo, «è evidente che l'unione fra la Bulgaria e la Romelia orientale, è un'inevitablile eventualità, la divisione di quelle due Provincie essendo stata un errore del Trattato di Berlino, poiché i Balcani non possono essere sufficiente barriera per separare l'una dall'altra quelle due Provincie abitate da popoli della stessa razza. Ciò però che devesi evitare si è, che l'unione si faccia in circostanze e modi che non siena di natura a compromettere la situazione esistente nella penisola Balcanica. L'avvenire di quelle due provincie è nelle loro mani, si ordinino dunque convenientemente, e facciano si, che la loro unione si possa effettuare a suo tempo con comune loro vantaggio e senza scosse ».

Questo linguaggio sebbene non rivestisse carattere che quello di una conversazione affatto particolare, non merita però meno di essere preso ln considerazione, e ciò tanto più ch'esso conferma un'analoga dichiarazione già altra volta fattami.

Dalle citate parole emerge chiaramente, che il Gabinetto di Vienna non opporrà ostacoli alla costituzione di una grande Bulgaria, il giorno in cui potrà essere assicurato che quello Stato non sottosterà alle influenze della Russia, e che invece troverà le sue convenienze ad accettare quella preponderanza austriaca, che costituisce il programma dell'attuale politica orientale della Monarchia degli Absburgo. Allorché il Gabinetto di Vienna si sarà solidamente stabilito nella Bosnia ed Erzegovina, ed avrà acquistato la certezza, che tanto al di qua come al di là dei Balcani le cose sono giunte al punto ch'esso desidera, ed a cui tutti i suoi sforzi potentemente secondati dalla Germania tendono, non esito a credere che prenderà esso stesso l'iniziativa della riunione della Rumella orientale alla Bulgaria.

Se quell'eventualità cosi pr,eparata, ed i fatti che devono condurvi, siano

o non nell'interesse di altre Potenze e dell'Italia in particolare, è questione che merita di essere presa in massima considerazione facendo astrazione da principi che poggiano su teorie generali.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2111. Vienna, 7 maggio 1884 (per. il 10).

Ho chiesto al conte Kalnoky alla sua settimanale udienza, se l'ambasciatore di Francia, testé tornato da Parigi, avessegli fatto qualche comunicazione per parte del suo Governo intorno alla risposta data all'invito, diretto da quello di St. James alle Potenze, di riunirsi in conferenza per prendere ad esame la situazione finanziaria dell'Egitto.

S. E. risposemi che il conte Foucher de Careil avevagli bensì tenuto parola di quella questione, ma senza dare al suo linguaggo il carattere di un'ufficiale comunica:?Jione; che ciò non di meno egli aveva esplicitamente dichiarato che il Governo francese non aspira al condominio in Egitto e neppure desiderai1il ritorno al passato stato di cose in quel Paese, ma che vuole unicamente che l'Inghilterra non resti assoluta padrona dell'Egitto, e che al concerto europeo sia assicurata quell'alta influenza che gli spetta sull'andamento degli affari del Vicereame. Il conte Foucher aveva conchiuso che tali desideri della Francia non possono a meno di essere divisi dalle altre Potenze poiché corrispondono agrinteressi di tutte.

Il conte Kalnoky nel ciò dirmi osservava che per intanto non si comprende ancora bene ciò che la Francia intende chiedere all'Inghilterra, né ciò che l'Inghilterra potrà risponderle in proposito nelle attuali contingenze.

S.E. soggiungevami, che chiaro apparisce che non si potrà discorrere delle finanze egiziane senza estendere alquanto la discussione fino a toccare la questione generale politica, ma ch'egli aveva fatto sentire, nella sua risposta adesiva all'invito alla conferenza, che le deliberazioni dovranno limitarsi alla questione finanziaria.

Per intanto quindi parmi che nulla si farà prima che la Francia e l'Inghilterra si sieno poste d'accordo sulle questioni generali meglio precisando cosi il programma della conferenza, locché se non erro sarebbe nei desiderii del Gabinetti di Berlino e di Vienna.

199

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 351. Parigi, 7 maggio 1884 (per. il 10).

Col dispaccio di questa serie n. 321 in data del 28 aprile ultimo (l) l'E.V. mi confermava il telegramma dello stesso giorno (2) col quale le era piaciuto rendermi consapevole della sua risposta a codesto ambasciatore di Francia,

quando venne a tenerle discorso degli affari di Egitto ed a manifestarle in nome del suo Governo il desiderio di avere con lei uno scambio di idee su quella questione.

In appresso, col suo telegramma confidenziale del 4 corrente (1), l'E.V., precisando di nuovo l'atteggiamento del R. Governo nella questione egiziana rimpetto all'Inghilterra ed alla recente proposta di lord Granville, mi incaricava di cogliere qui una prossima opportunità per far comprendere che lo scambio d'idee statale proposto dal signor Decrais non potrebbe essere da lei utilmente intrapreso se non lo precedessero formali assicurazioni del Governo della Repubblica, che esso intende rispettare lo statu quo nel Mediterraneo, ed in ispecie al Marocco, ove l'azione della Francia provocava da qualche tempo legittimi sospetti.

Aspettai l'occasione del ricevimento settimanale ordinario del signor Ferry, che oggi ricorreva, per toccare questo argomento delicato. Fino dal 29 aprile ultimo, io aveva informato l'E.V., in via strettamente confidenziale, di una mia conversazione privata con questo signor ministro degli affari esteri nella quale egli mi aveva date le più tranquillanti assicurazioni nel senso suddetto. Ora il signor Ferry mi ha formalmente affermato che in seguito di quella conversazione egli diede al signor Decrais esplicite istruzioni affinché facesse a V.E. spontaneamente dichiarazioni rassicuranti e categoriche circa le intenzioni della Francia al Marocco. Domandai al signor Ferry se il signor Decrais ne avesse veramente già parlato aU'E.V. Egli mi disse che così era e che ciò gli risultava dalla risposta che codesto ambasciatore di Francia gli aveva data, mostrandosi anzi sorpreso che io lo ignorassi.

L'affermazione del signor Ferry a tale riguardo, mi giova ripeterlo, fu precisa e chiara, né mi permetteva una maggiore insistenza. E però io non dubito che, se di ciò all'E.V. piacesse di far menzione col signor Decrais, questi non potrebbe a meno, seppure non lo farà nuovamente da sé, di ripeterle le dichiarazioni del ministro per modo che ella possa prenderne atto e servirsene anche occorrendo nanti il Parlamento.

II signor Ferry, in progresso del nostro colloquio, mi disse che egli attribuiva l'agitazione sollevata a proposito del Marocco in gran parte al ministro d'Inghilterra a Tangeri signor Drummond Hay, che essendo in quel Paese da trenta anni e parlandone la lingua vi si considera quasi a casa sua e s'adombra f,acilmente d'ogni cosa che vi si faccia all'infuori di lui. Notò pure il signor Ferry che egli non troppo si spiegherebbe la vivacità delle nostre preoccupazioni in quella direzione, attesochè l'Italia non ha al Marocco che interessi irrilevanti. Sul quale punto non esitai a rispondere al signor Ferry che le nostre preoccupazioni si spiegherebbero dall'aspetto generale della questione mediterranea e dal sommo interesse di eliminare nuove cause di irritazione per l'opinione pubblica in Italia.

D'altronde, mentre l'E.V., col suo telegramma di ieri, mi ragguagliava delle ·'dichiarazioni che a proposito del Marocco furono trasmesse di nuovo dal signor Ferry a lord Granville, giova osservare che telegrammi di sorgente

officiosa pubblicati dalla agenzia Havans continuano a smentire le notizie di dissensi tra la legazione di Francia a Tangeri ed il Governo del sultano. Oltre a cenni rassicuranti che si succedono in giornali come il Temps, o il Journal des Débats, devo pure segnalare all'E.V. un articolo del Figaro d'oggi, al quale non mi sembra estraneo un suggerimento ministeriale. Difatti il Governo sa in certe occasioni valersi di quel terreno ostile, in ispecie per questioni di politica estera.

Nel colloquio che ho avuto poc'anzi con lui, il signor Ferry si è mostrato al quanto riservato nel discorso sulla progettata conferenza per l'Egitto. Egli mi disse soltanto che uno scambio d'idee col Gabinetto britannico era tuttora in corso, senza accennare alla piega che prendeva la discussione fra i due Gabinetti. La questione della sede della conferenza gli pare di secondaria importanza: egli si preoccupa invece sempre dei lato politico della discussione che gli sembra necessario ed inevitabile di chiarire (1).

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 181.

(l) T. 260, non pubblicato.

200

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, NIGRA, A PARIGI, MENABREA, A PIETROBURGO, GREPPI, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 275. Roma, 9 maggio 1884, ore 13,05.

L'ambassadeur de Turquie m'a communiqué confidentiellement le texte du télégramme en date 7 mai courant par lequel la Sublime Porte répond à Ja proposition de l'Angleterre pour une conférence. Après avoir constaté l'étroite connexité en Egypte entre la question financière et la question administrative, ·et fait ressortir que la question des finances se relie aux mesures suggérées par la circulaire anglaise du 3 janvier 1883, mesures qui impliquent, sur la base des droits de souveraineté du sultan, l'amélioration des services publics dans le vice-royaume et la fixation du terme de l'occupation anglaise, la circulaire conclut ainsi: «Ces appréciations suffisent à démontrer que pour arriver à un résultat efficace et satisfaisant la conférence proposée ne devra pas se borner à examiner la situation financière mais bien toute la question égyptienne. Dès lors le Gouvernement impériale se déclare pret à accepter la réunion d'une conférence ayant pour mandat de délibérer sur la base de la note circulaire anglaise du 3 janvier 1883 :.. Quant au lieu de réunion la Sublime Porte préfère Constantinople.

a Gr~nville e"iste1·e realmente tra la Francia e il Marocco una controversia per la frontiera •· In base a tall istruzioni venne redatto 11 dispaccio ed. al n. 203.

18 -Docu.mentt diplomatfct -Serle II -Vol. XVII-XVIII

(l) Allegata al presente rapporto sl trova la seguente annotazione dl Malvano: «Ringraziare (scrivendo a Menabrea) 11 cavaller Ressman di questo interessante rapporto e cogliere l'occasione per porgergli lode ed approvazione per la reggenza dell'ambasciata durante l'assenza del titolare. Confermare intanto 11 telegramma che qui fu spedito a Parigi circa questo argomento, accennando espressamente, in luogo opportuno, alla dichiarazione fatta da Waddington

201

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 30. Pietroburgo, 9 maggio 1884 (per. il 18).

L'ultima mia conversazione col signor de Giers s'aggirò di preferenza sul tema della conferenza finanziaria egiziana che in oggi preoccupa più particolarmente le Grandi Potenze. Mi confermò quanto ebbi l'onore di riferire all'E. V. col mio rapporto delli 17/29 aprile n. 26 di quella serie (1), circa il contegno che serberà la Russia nella progettata conferenza. La Russia, se non ha un interesse diretto nella questione finanziaria egiziana, ne ha però uno a vegliare che non si turbi l'assetto presente politico e che una Potenza od alcune Potenze sole non s'arrocchino vantaggi ed ingrandimenti speciali, e quindi richiamerà certamente l'attenzione nei limiti dei trattati esistenti.

Quindi il signor de Giers mi parlò delle notizie che il console generale russo al Cairo gli trasmetteva con molta cura e precisione sugli affari egiziani. Tra le altre cose da lui narrate fermava specialmente la sua attenzione il fatto d'una missione inglese spedita al re Giovanni d'Abissinia per trascinarlo nell'orbita degli interessi inglesi. Il re Giovanni già agognando da tempo d'avere un porto di mare si crederà di allettarlo all'alleanza inglese colla offerta del porto di Massaua. Però d'altra parte si sa che il Mahdi fa larghe promesse al re Giovanni per trascinarlo dal suo lato. Sarà quindi interessante lo scoprire a qual partito inclinerà quel sovrano che ambisce uscire dal montuoso suo Regno.

Rimanendo sempre sul terreno delle cose egiziane mi raccontò il signor de Giers alcuni fatti che, benché riflettano cose trascorse, pure servono a dilucidare le inclinazioni personali dei due imperatori di Russia e di Germania.

Allorché avvenne il bombardamento di Alessandria per opera della flotta inglese, e ciò mentre stava riunita la Conferenza in Costantinopoli, l'imperatore di Russia fu invaso da tanto sdegno che disse al signor de Giers: «Bisogna senza indugio dar ordine al rappresentante russo di ritirarsi dalla conferenza :t. A stento il signor de Giers ricondusse la calma nell'animo di Alessandro III, esponendogli le funeste conseguenze che cosifatta risoluzione avrebbe potuto provocare.

Né altrimenti passarono le cose a Berlino, continuò a raccontarmi il signor de Giers, giacché avendo egli nell'ultimo suo incontro col principe di Bismarck discorso secolui del contegno dell'Inghilterra nell'Egitto e dell'impressione provata dal suo sovrano al seguito del bombardamento d'Alessandria, 11 cancelliere germanico dissegli che egli pure ebbe molto a fare per vincere la risoluzione dell'imperatore Guglielmo di richiamare il suo rappresentante dalla Conferenza.

(l) Non pubbllcato.

202

IL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. RISERVATO S.N. Tangeri, 9 maggio 1884 (per. il 29).

Nei miei precedenti rapporti ebbi l'onore di riferire all'E.V. che le relazioni officiali fra questo ministro plenipotenziario di Inghilterra, sir John Hay Drummond Hay, e quello di Francia signor Ordega, erano da parecchi mesi molto fredde e quelle personali cessate affatto, e la informai, col mio telegramma del 1° andante {1), che da diversi giorni il detto ministro inglese si studiava di occultare, più di quello che non faceva prima, l'ajuto ch'egli presta al Governo sceriffiano coi suoi consigli, e si diceva che per meglio allontanare il sospetto che osteggia i maneggi del signor Ordega abbia fatto spargere la voce che consigliava il Governo sceriffiano di cedere a tutte le esigenze del ministro francese.

Difatti questa voce corse in Tangeri, ma non mi consta d'un modo preciso chi la fece spargere, senonché apparentemente sembrava che il signor Hay non si preoccupasse più con lo stesso calore di prima delle mene del signor Ordega.

Mi permetta, Eccellenza, un breve cenno sull'origine dell'influenza di cui gode presso il sultano questo energico avversario di tutte le influenze straniere nel Marocco, e specie delle ambizioni della Francia.

Il signor John Hay Drummond Hay rimpiazzò nel 1844 suo padre morto in quell'anno in Tangeri, dopo d'aver rappresentato durante sedici anni nella qualità di agente e console generale il Governo britannico in questo Paese, ed ereditò da lui l'influenza che si era acquistata presso il Governo marocchino; uomo intelligente, leale, ed accorto, l'ha accresciuta in guisa che divenne, si può dire, il consigliere intimo di tutti gli imperatori sceriffiani che si succedettero da quarant'anni in qua.

La Francia le cui ambizioni sul Marocco non erano in quel tempo cosi palesi come lo sono attualmente si preoccupava sin d'allora dell'influenza inglese in questo Paese, ed i suoi rappresentanti pare avessero per istruzione di combatterla perché tutti quelli che il Governo francese inviò in cosi lungo lasso di tempo la osteggiarono in tutti i modi.

Quando il signor Ordega arrivò in Tangeri non fece mistero a nessuno della determinazione in cui era di combattere a oltranza l'influenza del suo collega d'Inghilterra, e mi parve di intravedere che si lusingava d'essere da me secondato poiché egli aveva saputo che in diverse occasioni avevo combattuto con successo certe idee del signor Hay ch'io consideravo ,contrarie agli interessi italiani. Ma né come amico del signor Hay, né come collega mi era lecito partecipare agli astii politici dei rappresentanti francesi, e meno ancora a quelli del signor Ordega, e le cose fra loro due giunsero al punto che le relazioni officiali divennero freddissime, e quelle personali cessarono completamente

come ho più sopra riferito. Però tutti gli sforzi fatti finora dal signor Ordega non giunsero a scuotere menomamente la fiducia che il sultano ha riposta nel signor Hay, né la influenza che da essa ne ritrae.

Nelle questioni attuali fra il Governo sceriffiano ed il signor ministro Ordega il signor Hay raddoppiò di zelo nel dirigere coi suoi consigli il Governo suddetto, onde evitargli possibilmente maggiori dispiaceri, e credo che si deve anche ai suoi consigli la comunicazione fatta del memorandum alla Germania, all'Austria-Ungheria, all'Inghilterra, alla Spagna, ed al R. Governo, nonché quella della nota dal signor Ordega rifiutata (vedi mio rapporto del 4 andante di n. 342 serie politica) (1).

Questo mio collega britannico conosce perfettamente l'attitudine se non passiva assai fredda presa dal suo Governo rispetto agli affari del Marocco, e se ne mostra alquanto contrariato. Egli sperava che il suo Governo si sarebbe pronunziato energicamente contro i maneggi della Francia. Egli capisce che se in conseguenza di questo atteggiamento privasse il sultano dei suoi consigli, oltre di lasciare libero campo all'azione del suo antagonista, rovinerebbe la sua influenza presso il sultano, della quale, com'è naturale, è molto geloso, e vorrebbe conservare intatta; pertanto continua con molta cautela i suoi consigli a Sua Maestà Sceriffiana che ha in lui un amico sincero, e più caldo del Governo che rappresenta ammenoché sull'amicizia di esso Governo, il sultano abbia fatto, e credo faccia tuttavia grande assegnamento in questa circostanza, ma forse s'illude.

Il signor Hay mi ha confidato che il signor Weber aveva biasimato il contegno insolente ed aggressivo, e non giustificato, dal signor Ordega osservato in tutto quest'affare verso il Governo marocchino, e gli disse essere sua opinione che il signor Ordega ha oltrepassato coi suoi maneggi le istruzioni del suo Governo. È da notare che il ministro di Germania ha istruzioni di non porre intoppi alla politica della Francia in Marocco. Vuoi dire che non vi è nessuno fra questi rappresentanti che non veda e non biasimi le mene francesi.

Mi ha anche detto che il sultano gli ha fatto scrivere una lettera dal gran visir per pregarlo a volergli dire s'egli crede che realmente la Francia si prepara a muovergli la guerra come tutti dicono onde poter fare i necessari preparativi per difendersi, e sono informato che effettivamente raduna soldati.

Questo prova Io stato d'allarme in cui si trova questo Paese a causa degli imbrogli del signor Ordega, e del suo protetto Io sceriffo.

Il gran visir d'ordine di Sua Maestà sceriffiana gli ha anche scritto altra lettera partecipandogli che la missione militare che la Francia impose al sultano ha esternato il desiderio di abbandonare il servizio di Sua Maestà sceriffiana, e ritornare in Algeria stante lo stato attuale delle relazioni fra i due Paesi, e Sua Maestò sceriffiana lo richiede del suo consiglio. Il signor Hay rispose al gran visir di dire al sultano che profitti senza perdita di tempo di queste buone disposizioni per liberarsene congedandola. Si dice che sia l'au

torità militare d'Algeria che ha scritto ai detti ufficiali di tenersi preparati a partire immediatamente appena ne riceveranno l'ordine. Sembra che anche i sudditi e protetti francesi dell'interno siano stati avvertiti di tenersi preparati a lasciare il Paese al primo cenno. Queste sono le relazioni cordiali che i francesi dicono esistere fra la Francia ed il Marocco. Le notizie che ebbi l'onore di comunicare all'E.V. col mio telegramma del 6 (l) che il sultano era sul punto di cedere alla Germania Hom Aggiroud

o Axrod che si trova sulla costa del Riffi, fra la frontiera francese dell'Algeria, ed il Mulouya, presso le isole Chafarinas, non si è ancora confermata. Fra non molto spero di avere informazioni più esatte su quest'affare.

Io non consiglio il Governo né a cedere alle ingiustissime esigenze francesi, né a resistere, mi limito ad osservare attentamente quel che succede, e ne informo l'E.V.

Non è possibile ch'io possa continuare in amichevoli relazioni col signor Ordega, come l'E.V. mi consiglia di fare col telegramma che mi fece l'onore d'inviarmi il 4 andante, perché è un impertinente e senza educazione, ma ho il mezzo di sapere tutto quello che fa.

(l) T. 491, non pubbllcato.

(1) Non pubbUcato.

203

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

D. 332. Roma, 10 maggio 1884.

Con rapporto del 7 maggio corrente (2) il commendatore Ressman mi avvertiva che il signor Decrais aveva avuto istruzioni di farmi dichiarazioni rassicuranti e categoriche circa le intenzioni della Francia sul Marocco. Difatti, l'ambasciatore di Francia mi ha parlato a Torino, nel corso di una conversazione, fra altre cose, della situazione del Marocco, secondo un telegramma direttogli dal signor Ferry in termini molto generici. Il signor Ferry si limitava a ripudiare ogni idea di conquista, di protettorato o d'invasione armata, sebbene mantenendo la protezione della Francia concessa allo sceriffo di Uazzan e giustificando, nella misura del possibile, l'operato del signor Ordega. Ho riveduto ultimamente il signor Decrais ma questi non era in grado di aggiungere alcun che alle precedenti dichiarazioni le quali, mi è forza constatarlo, sono lungi dall'essere rassicuranti e dal potere essere, in caso di necessità, presentate come tali al nostro Parlamento. Acciocché noi possiamo trovarci colla Francia in piena tranquillità d'animo, è d'uopo che il Governo francese ci dia

l'assicurazione assoluta che lo statu quo attuale al Marocco sarà da esso scrupolosamente rispettato. Né può questo statu quo essere turbato soltanto dall'annessione, dal protettorato o dall'occupazione militare. Si parla, ed anche uno degli ultimi telegrammi del commendatore Ressman conferma quella voce, di un trattato che la Francia si propone di stipulare col Marocco a vantaggio, dicesi, di tutti gli stranieri. Una coincidenza che non ci sembra guari fortuita fa si che oggi si trovino riuniti a Parigi i due viaggiatori. il signor Bargash ed il signor Ordega. A ciò si aggiunge che in un recente abboccamento con

lord Granville il signor Waddington veniva indotto a riconoscere che tra la Repubblica e l'Impero sceriffiano trovavansi pendenti delle questioni di frontiera. Tutto ciò manca di chiarezza, e ci fa pensare a Tunisi dove, ufficialmente, non vi è stato fin qui né annessione, né protettorato francese, ma un semplice trattato, il Trattato del Bardo.

Se dunque il signor Ferry vuole, con le spiegazioni di cui ha preso l'iniziativa, realmente raggiungere Io scopo, che è, presumiamo, il rendere possibile tra la Francia e l'Italia uno scambio di idee, ispirato da reciproca fiducia, al riguardo di questioni che hanno per le due Potenze un eguale interesse, è indispensabile che le sue assicurazioni prendano forma più positiva, più specifica e più completa. Senza darle pertanto istruzione di fare pel momento, all'uopo, nuove pratiche, auguro che la E.V. abbia quanto prima occasione di tenere col signor Ferry un linguaggio conforme al contenuto del presente dispaccio.

Confermandole, per tal modo, il telegramma diretto ieri a codesta ambasciata, ... (1).

(l) -T. 523, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 199.
204

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, NIGRA, A PARIGI, MENABREA, A PIETROBURGO, GREPPI, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 280. Roma, 11 maggio 1884, ore 11,30.

L'ambassadeur de Turquie désirant avoir une réponse au sujet de la proposition de la Sublime Porte touchant la Conférence, je lui ai dit qu'ayant déja accepté la proposition anglaise pour une conférence purement financière nous devions nécessairement attendre avant tout de connaltre l'appréciation du Cabinet de Londres à l'égard de la .communication ottomane.

(Per Londra) Vous pouvez communiquer ce qui précède à Iord Granville et me renseigner sur les déterminations du Gouvernement brltannique.

(l) T. 278 del 10 maggio, non pubblicato.

205

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 551. Londra, 11 maggio 1884, ore 22,50 (per. ore 0,30 del 12).

Cabinet se tient assuré à une majorité pour la votation de la motion de censure. Il est possible qu'il annonce l'intention d'envoyer une expédition à Kartoum en automne.

206

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. S.N. Parigi, 11 maggio 1884 (1).

Enfin M. Ferry a conclu la conversation en disant que la France avait assez d'annexions et de protectorats dans la Méditerranée, qu'elle ne désire que lo statu quo en Maroc comme à Tripoli; et que mème quant à cette Régence, si l'Italie aspirait à l'occuper, il ne s'y opposerait pas. Cette dernière déclaration ne m'a été faite naturellement que d'une manière tout-à-fait confidentielle.

207

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 355. Parigi, 12 maggio 1884 (per. il 16).

Confermando il mio telegramma n. 248 in data di ieri (2), ho l'onore di partecipare all'E. V. che in quel giorno io feci la mia prima visita al signor Ferry dopo il mio ritorno da Roma. Colsi quell'opportunità per portare la conversazione sulle questione del Marocco, che forma oggetto del telegramma di V. E. in data del 10 corrente (3). Mi valsi del contenuto di quel telegramma, colle cautele da esso raccomandate per provocare dal signor Ferry dichiarazioni più esplicite di quelle che egli aveva precedentemente fatte al signor Decrais circa i disegni della Francia rispetto al Marocco.

Il signor Ferry protestò che le voci che si facevano circolare a quel riguardo erano senza fondamento; egli mi autorizzò a dichiarare all'E. V. nel modo più esplicito che il Governo della Republica non mirava in alcun modo né ad annessione né a protettorato nel Marocco; che anzi non desiderava che il mantenimento dello statu quo, senza però escludere il miglioramento delle condizioni fatte agli stranieri delle diverse nazioni nei l Jro rapporti con quel Paese. Il signor

Ferry soggiunse che il trattato, che si dice in via di negoziazione in Parigi tra la Francia ed il Marocco, per l'intermediario del signor Ordega, ministro di Francia, da una parte e di Sidi-Bargash, ministro degli affari esteri del Marocco, dall'altra, è del tutto immaginario; anzi egli non vide ancora quest'ultimo, che giunse or ora in Parigi. In quanto alla riputazione di intrigante che si è fatta al signor Ordega egli ne attribuisce l'origine al ministro d'Inghilterra a Tangeri, la cui pacatezza troverebbesi in contrasto colla attività del signor Ordega, questa non dovrebbe però essergli rimproverata, poiché é in grazia di essa che le regioni inospitali del Riff furono testé rese accessibili agli europei. La protezione accordata dalla Francia allo sceriffo di Uazan, e che diede luogo a tanti sospetti, era diventata una necessità, poiché era da molto tempo e con insistenza chiesta da quello sceriffo che è capo d'una delle associazioni religiose più potenti dell'Algeria; ma quel protettorato non avrebbe alcun carattere minaccioso contro il Marocco.

Infine il signor Ferry conchiuse la sua conversazione sul Marocco, dicendo che la Francia ne aveva a sufficienza di annessione e di protettorati nel Mediterraneo, che non aspirava ad altri, e non desiderava per parte sua che Io statu quo attuale tanto al Marocco che nella Tripolitania.

Tali sono le dichiarazioni bene esplicite che mi fece il signor Ferry; ho ragione di presumere che, se per avventura il pensiero di questo Governo non vi fu per l'addietro conforme, esso ora vi si acconcia. Si scorge che, di fronte agli avvenimenti d'Egitto, la Francia evita di complicare ulteriormente la sua situazione all'estero, che poteva essere alquanto compromessa dalla politica coloniale finora seguita. Essa, per buona fortuna sua, è ora liberata dall'affare del Tonchino, mercé il trattato di pace testé firmato dalla Cina, che vi riconosce il protettorato della Francia, mentre questa da parte sua, non senza sorpresa di molti, rinunzia a qualsiasi indennità, benché le spese finora incontrate per la spedizione tonkinese superino i cento milioni di franchi. Si vede che questo Governo vuole concentrare tutta la sua azione verso l'Egitto per sottrarre, per quanto possibile, quel Paese alla dominazione assoluta dell'Inghilterra, che si mostra poco arrendevole ai suggerimenti della Francia, la quale, al dire del suo ministro degli affari esteri, non chiede per se stessa alcuna posizione privilegiata.

(l) -Manca l'indicazione del giorno e dell'ora di arrivo. (2) -T. 544, non pubblicato. (3) -T. 2'18 del 10 maggio, non pubblicato, ma cfr. 203.
208

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Berlino, 12 maggio 1884.

Merci de votre intéressante lettre du 4 mai (1). Camme vous j'ai des phases de découragement et de lassitude en voyant comment marchent nos affaires à l'intérieur et à l'étranger. Mais je cherche à me convaincre, au risque de me Iaisser séduire par quelques illusions, que Ies idées que je crois justes et que nous soutenons vous et moi se frayeront peu à peu une voie, lors mème que

le résultat visible se fasse diantrement attendre. Il faudrait vraiment que nous fussions abandonnés par Dieu et par les hommes pour nous réveiller un beau matin avec M. Crispi comme ministre des affaires étrangères. Il existe à la Cour une forte répugnance contre lui et bien à juste titre, car il ferait une politique de casse-cou. Si M. Depretis venait à manquer, on pensera probablement à M. Mancini pour lui confier la Présidence tout en le conservant aux relations extérieures. Il est de fait que pour longtemps encore le parti de la gauche restera probablement au pouvoir, car un vrai parti de la droite n'existe pas chez nous, et que nous navigons toujours plus dans les eaux de ce parlementarisme outré si proche parent du républicanisme. Pauvre Maison de Savoie si elle devait subir une crise fatale pour la dynastie et pour le Pays! Continuons à lutter de notre mieux en signalant les dangers. C'est d'autant plus nécessaire que rien ne me prouve que nos collègues se risquent camme nous à parler avec une rude et patriotlque franchise.

A propos de la Propaganda Fide, vous avez diì joliment interloquer Kalnoky par votre déclaration péremptoire. Cela n'empeche pas que si on donnait le branle d'ici, il partirait de son pied léger pour pérorer officiellement la cause du Vatican. Ici on continue à garder un silence absolu vis-à-vis de moi. et la presse officieuse se tient aussi sur la réserve. Mais il ne faudrait pas exciter la mauvaise humeur du chancelier, si notre presse suivait l'exemple du Diritto qui dans un article de fond signalé par le télégraphe se livre à de violentes critiques sur les derniers discours du prince de Bismarck au Reichstag. C'est, affirme ce journal qu'on s'obstlne à qualifier mlnistériel et organe de M. Mancini. du terrorisme gouvernemental, on veut étouffer la llberté, cela pourrait atteindre les institutions d'autres Pays. Si tel est le but, l'alliance allemande perd tout son prix pour l'Italie qui ne laisserait pas de telles doctrines passer à travers les Alpes. Voilà bien des fanfaronades et un manque de mesure et de tact des plug complets. Le chancelier n'attaquait pas le libéralisme, les institutions constitutionnelles, mals le parlementarisme et l'esprit de parti dont les tendences ne sauralent certalnement produire aucun effet salutalre. Il est vrai que che?. nous ces termes hélas sont synonimes, et qu'on se sent atteint auand quelqu'un a le courage de mettre en garde contre cette promiscuité d'idées. Le parlementarisme pratlqué tout-à-falt en dehors des us et coutumes de l'Angleterre, consacre chez nous la dominatlon de la bourgeoisle et des avocats, je n'ose dire leurs trlpotages, et ils s'overtuent à le tenlr à flot au détriment des véritables intérets de la Monarchie et de la Nation. Vous voyez que moi aussi j'envisage les choses sous des couleurs assez sombres. Je reviens à la Propaganda. J'avais insistè auprès de M. Mancini sur la nécessité d'user de temoéraments. Il m'a répondu qu'il en reconnaissait lui aussl la convenance. Il recberche une formule établlssant aussi en principe la libre disposition des biens de cet institut, laquelle en fait n'a jamais été contestée. Je viens de répliquer que c'était hien cela à quoi s'attendaient certains Cabinets étrangers dans leur réponse dilatoire aux réclamations du Vatican, et que tratner les choses en longueur nous créerait de graves embarras et pourrait faire suspecter notre bonne volonté.

L'affaire de la Conférence reste en suspens jusqu'au moment où l'on connaitra le résultat des négociations qui se poursuivent entre Londres et Paris.

Ici on se renferme dans un mutisme absolu, mais d'après maints indices il transpire que sans vouloir approuver ni blàmer, on comprend parfaitement que la France n'a pas tort de demander préalablement certaines garanties dans Ies affaires d'Egypte. Si la Conférence se réunit, notre plénipotentiaire sera fort à plaindre. Nous élevons maintes prétentions, et nous ne sommes ni assez forts par nous mémes ni assez bien épaulés pour les faire prévaloir. Au Congrès de Berlin il en étatt de meme et pire encore, car notre isolement, comme je l'avais prévu et déclaré à plusieurs reprises, devait nous ménager de fortes déceptions. Il ne nous restait qu'à sauver tant bien que mal les apparences, et on y aurait réussi sans les criailleries de notre presse si indisciplinée, et les clameurs de la piace publique. Ce Congrès a été pour moi, lors méme que je ne russe en rien responsable, un des épisodes les plus pénibles de ma vie diplomatlque. Je ne souhaite à personne de jouer ce role de sentinelle perdue.

Le bruit court ici, je ne sais trop s'il est exact, que le prince de Bulgarie reluque la main de la princesse Victoria fille du prince impérial. L'exemple de son frère, qui vient d'épouser une nièce de la reine d'Angleterre, l'aurait encoragé à se mettre lui aussi en avant. Mais on ajoute que l'empereur, le prince impérial et le chancelier se montreraient contraires à confier la sorte d'une princesse de Prusse à un prince dont l'avenir n'offre guère de sécurité.

Comme vous l'aviez prévu, vous avez été chargé de représenter notre Cour aux funérailles de l'impératrlce Marie-Anne. Il était évident qu'on n'aurait pas envoyé un des nos princes. Le manque de restitution de visite de la part de l'empereur François Joseph est aussi, d'après ce que disait M. Mancini au baron Galvagna, la pierre d'achoppement pour une visite du roi à Berlin. Je le comprends jusqu'à un certain point seulement parce que la situation est toute autre à l'égard de Berlin qu'à l'égard de Vienne. Mais pour le moment je ne vois pas d'inconvénient à ce que le roi ajourne son projet de venir ici. Il n'en serait pas de méme s'il survenait un changement de règne. Alors il faudrait s'exécuter en y mettant toute la gràce possible.

L'affaire de la Reichsbank m'a donné bien des tracas et nous n'on serions pas venus à bout sans l'intervention du prince de Bismarck. J'ai demandé à le voir pour le remercier. J'attends sa réponse.

(l) Non pubbllcata.

209

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 557. Pera, 13 maggio 1884, ore 7,20 (per. ore 19).

Sublime Porte a reçu les réponses suivantes au sujet de Conférence égyptienne: Gouvernement français a fait connaitre qu'il n'y prendra part, que si programme était étendu; celui d'Allemagne a dit qu'il avait accepté, mais que si quelque Puissance soulève des questions autres que financières son représentant n'y ferait aucune opposition; Autriche et Russie ont fait des réponses conformes à celles de l'Italie.

210

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE PERSONALE S. N. Parigi, 13 maggio 1884.

Nel mio rapporto politico in data di ieri, relativo al Marocco (1), che io ebbi l'onore di rivolgerle in conferma del mio telegramma n. 248 (2), non credei opportuno d'inserirvi alcun cenno del suggerimento riferitovi, che mi venne fatto verbalmente dal signor Ferry nella sua conversazione dell'undici corrente, circa una eventuale occupazione della Tripolitania per parte della Italia la quale non vi avrebbe incontrato difficoltà dal lato della Francia. Siccome quel mio rapporto potrebbe essere compreso nelle raccolta stampata de' documenti diplomatici destinati alle r. rappresentanze all'estero, e siccome da un altro canto, le parole del signor Ferry in proposito, avevano un carattere meramente privato, mi parve conveniente di tenere al riguardo la medesima riserva avuta dal commendatore Ressman, poiché, alcuni giorni or sono, un simile suggerimento gli era già stato fatto dal signor Ferry, in un colloquio privato del quale la E. V. venne anche privatamente informata.

La quistione essendo delicata assai, ho pensato che prima di farne oggetto di comunicazione officiale ai nostri agenti diplomatici e di abbandonarla ai loro commenti, codesto Ministero vorrebbe forse ponderare la importanza che le si deve attribuire e meditare la risposta, ove occorra, da fare a tale apertura di questo Ministero degli affari esteri.

211

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 288. Roma, 14 maggio 1884, ore 23,55.

Le comte Ludolf est venu m'exprimer au nom du comte Kalnoky tonte la satisfaction que le Gouvernement impérial et royal a éprouvée pour l'heureuse issue de la négociation de Goritz. Je l'ai remercié et prié de dire au comte Kalnoky que notre satisfaction n'est pas moindre; en vue surtout de l'appréciation favorable que les intéressés portent sur le résultat du travail de la commission mixte. Le marquis Cappelli, venu à Vienne, a sans doute fourni à V. E. tous les détails de l'arrangement. Si vous le jugez opportun et si le marquis le désire, vous pouvez le présenter au comte Kalnoky.

(1) -Cfr. n. 207. (2) -Non pubblicato.
212

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 565. Vienna, 15 maggio 1884, ore 18,35 (per. ore 19,45).

Le comte Kalnoky m'a parlé du discours solenne! du président du Sénat sans avoir encore reçu le rapport de Ludolf sur la conversation qu'il a eue avec V. E. à ce sujet. Au premier mot qu'il m'a dit, j'ai répondu ainsi qu'il suit: «Si l'incident dont vous me parlez vous est desagréable, je n'ai pas besoin de vous dire que je le regrette dix fois plus encore. Tout ce que vous pourriez me dire à ce sujet, je le reconnais juste d'avance. Ce qui est arrivé f'St d'autant plus déplorable que nous ne pourrions vous donner une satisfaction quelconque, vu que le Gouvernement ne peut d'aucune manière porter un jugement ou émettre une simple appréciation sur un fait qui s'est produit dans une assemblée parlementaire. La seule issue que je vois c'est que vu la vieillesse avancée du président du Sénat, vous ne teniez pas compte de son langage en cette circostance, langage que je n'entends nullement attenuer ni discuter, car les mots dont il s'est servi sont trop clairs pour qu'ils puissent se preter à double interprétation. Mon langage, on ne peut plus explicite, allant au dévant de tout ce que Kalnoky aurait pu me dire, l'a complètement désarmé. Il m'a répondu qu'il ne doute pas de l'impression que cet incident m'a causé, qu'il comprend et admet la portée que le Gouvernement italien ne peut en aucune manière prendre une attitude quelconque en face de ce qui s'est passé au Sénat, qu'il n'entend pas par consequent relever l'incident ou autrement une discussion quelconque à ce sujet. Il espère que les journaux étrangers ne relèveront pas le fait et ne provoqueront pas ainsi une exitation dans la presse autrichienne. Si ceci ne se vérifie pas, l'incident est, j'espère moi aussi, pour le moment aplani, mais il n'est pas moins vrai que le Iangage tenu par le président du Sénat est une énormi.té injustifiable qul nous sera à toute occasion reprochée et qui embarassera toujours davantage nos relations déjà si difficiles avec l'Autriche-Hongrie, nous mettant du coté du tort chaque fois qué les nouvelles difficultés se soulèveront.

213

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 289. Roma, 15 maggio 1884, ore 23,55.

Le comte Ludolf est venu m'entretenir au sujet de la commémoration du sénateur Prati faite avant-hier au Sénat par le président M. Tecchio. Il m'a dit qu'il avait du signaler ce discours à son Gouvernement et qu'il ne pouvait pas douter de la pénible impression que les paroles du président du Sénat avaient nécessairement produit à Vienne. L'ambassadeur d'Autriche-Hongrie me demandait si le Gouvernement du roi ne croyait pas devoir manifester da désapprobation envers le langage tenu en cette circonstance par le président du Sénat. J'ai immédiatement répondu au comte Ludolf qu'il m'était absolument défendu d'emettre camme ministre des affaires étrangères et camme membre du Cabinet, une appréciation quelconque au sujet du discours de M. Tecchio. C'est pour nous une règle de droit public qu'il appartient aux Chambres de juger les actes des ministres et non pas aux ministres de juger ceux des membres du Parlement. Une autre règle de droit public, chez nous, est que sauf le jugement souverain des Chambres elles-mèmes, tout ce qui se dit dans l'enceinte parlementaire jouit d'une irresponsabilité absolue. Ceci bien établi, et avec la réserve expresse que je ne faisais que énoncer une appréciation purement personnelle et non officielle, j'ai franchement admis que certaines expressions contenues dans le discours de M. Tecchio avaient été pour moi l'objet d'une désagréable surprise. Il fallait cependant, à mon avis, ne pas trop exagérer la portée de ces expressions. Des deux points où ces expression se trouvent, le premier n'est, au fond, que le souvenir d'un malheureux état de guerre et d'hostilité entre nos deux Pays dans une époque antérieure au traité de paix, et c'est à cette époque qu'on doit reporter ce qui pourrait, d'après la situation actuelle, paraitre singulier et peu correct dans le langage de M. Tecchio. L'autre point est celui qui termine le discours, où il n'y a, à vrai dire, qu'un mot fugitif, vague et susceptible de différentes interprétations, le mot « toute notre » qui pourrait avoir eu, dans la pensée de M. Tecchio lui-mème, une signification purement morale. Notre entretien a fini ainsi, et nous nous sommes quittés, le comte Ludolf et moi, dans les meilleurs termes. Je crois utile que V.E. soit informée de ce qui précède pour le cas où le comte Kalnoky ferait également mention avec elle de ce regrettable incident, que les adversaires de l'alliance ont tout l'intéret de reveler et d'exagérer.

214

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL COMMISSARIO CIVILE AD ASSAB, BRANCHI (l)

D. 275. Roma, 15 maggio 1884.

Le è noto che Abd el-Rahman venne in Italia con pieni poteri dei capi indigeni circostanti ad Assab per accomodare amichevolmente la questione di Margable. Il conte Pietro Antonelli mi ha riferito intorno a questa speciale questione, insistendo sulla necessità per la sicurezza della colonia e per la continuazione dei buoni rapporti coll'interno, che i danakil di Raheita e quelli di Margable ci siena sinceramente amici e che si tolga loro ogni sospetto d'occupazione del loro territorio o d'offesa alla loro indipendenza.

Si è concluso con Abd el-Rahman l'accordo risultante dalla lettera, di cui qui è acchiusa copia, diretta collettivamente al sultano, ad Hummed Loeita, al Wazir e ad Abu Bekr di Raheita. Esso accordo si fonda sul mantenimento dei patti conclusi in passato e della legge circa la sovranità sul territorio di Assab;

solo si dichiara, da parte nostra, il proposito di rispettare le proprietà private a Margable, e di concedere una autonomia amministrativa al villaggio. Abd elRahman ha rilasciato in nome proprio e dei suoi committenti formale gradita accettazione dell'accordo secondo che risulta dalla dichiarazione apposta alla mia lettera, e riprodotta nella copia qui unita.

ALLEGATO

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL SULTANO DELL'AUSSA, MOHAMMED IBN ANFARI, AL SULTANO DI GOBAD, HUMMED LOEITA, AL REGGENTE IL SULTANATO DI RAHEITA, ABU BEKR, AL VISIR DI RAHEITA, HUMMED

L. Roma, 17 maggio 1884.

Vi presentiamo i nostri cordiali ed amichevoli saluti e preghiamo Dio vi conceda ogni bene e prospel'iltà in questa vita e nell'altra.

Dal vostro inviato Abd el Rahman e dal conte Antonelli abbiamo appreso tutti i vostri desideri per oiò che riguarda Wl definitivo ed amichevole componimento per la questione del villaggio di Margable, acquistato dal professar Sapeto al nostro defunto amico sultano Berehan, come risulta da Wl regolare contratto. Noi abbiamo attentamente studiato il modo di mostrarvi ancom Wla volta la nostra sincera amicizia e le nostre buone intenzioni a vostro riguardo senza però alterare o compromettere quanto fra noi e voi fu già pattuito.

Oi piace oggi di dichiararvi che abbiamo approvati gli ultimi accordi con voi stabiliti dal nostro r. commissario in Assab pel buon andamento del villaggio di Margable e per maggiormente tranquillizzare i vostri animi vi ripettamo che è ferma iintenzione del Governo di S. M. il Re d'Italia che le vostre proprietà sieno rispettate e che abbiate piena libertà di amministrare e di:rtgere le cose vostre a seconda delle vostre tradizioni e consuetudini.

Le case ed i tel'Teni di Margable dei vari abitanti restano proprietà assoluta di ciilascuno fra i danakil che ne hanno U diritto, col divieto però di vendere ad altri europei o estranei che non sia il rappresentante del Governo di s. M. il Re d'Italia.

ll capo del villaggio dovrà aver cura di assecondare e serviire il nostro r. commissa.rio ad Assab nei suoi provvedimenti per il mantenimento dell'ordine pubblico e per il sempre maggiore sv1luppo della prosperiltà del villaggio.

Come fu gli.à stabilito, le carovane non pagheranno in MargabJe, al pari che nel resto del territorio di Assab, nessun dazio di entrata o di uscita, o tributi di qualWlque natura.

Questo non esclude però che fuori delle capanne indigene ora esistenti noi possiamo costruire delle case per uso nostro e deii nostri commercianti, e che in questo nuovo quartiere l'autorità italiana avrà pienezza di poteri senza estranea ingerenza.

Tutto questo fu da noi stabilito col vostro rappresentante Abd el Rahman e col conte Antonelli, il primo munito dei vostri pieni poteri per trattare gli affari a voi riguardanti. E perché questo accordo sia completo abbiamo invitato lo sceik Abd el Rahman di rilasciarci a nome vostro una dichiaramone che approva e ratifica quanto qui sopra è

stato scritto.

Vogliamo poi in questa occasione nuovamente dichiararvi il nostro interessamento, la nostra amicizia e la nostra protezione ed assistenza per tutto il vostro Paese, colla fiducia che abbiamo nel vostro efficace concorso affinché U commercio e le industrie abbiano uno sviluppo vantaggioso ai vost:rt ed ai nostra. interessi.

Come drui. nostri rappresentanti vi fu già ampiamente spiegato, ora vi ripetiamo che ll Governo italiano acquistò con regolari contratti la baja d'Assab ed adiacenza al solo scopo di favorire e potentemente proteggere i reciproci ,traffici fm gli itaJ.iani e i danakil e non mai divenire conquistatori e dominatori delle vostre terre.

Questi accordi, ben lo sapete, sono stati graditi e conferma;ti anche dal nostro e vostro amico Menelik II, re dello Scioa.

Preghiamo Dio che vl abbia nella sua custodia e che la. nostra amicizia cresca sempre più, e che la pace e la tranquillità siano perfette e durature.

Vogllamo che questa lettera sia fatta leggere a.l sultano Hummed Loeita di Gobhad, ad Abu Bekr figlio del defunto sultano Berehan ed al Oa.sir di Rahelta e poi che resti affidata nelle mani del sultano Moha.mmed Anfart di Aussa affinché tutto sia bene eseguito.

DICHIARAZIONE

Io sottoscritto Abd el Rehman, sceik, dopo avere, tanto in nome mio proprio, quanto come mandatario munito di regolare procura del sultani Moha.mmed Anfarl e Hummed Loeita, dell'Oa.sir di Rahelta e di Abu Bekr figlio del sultano Berehan, stabilito i patti qUi sopra espressi col mindstro degli affari esteri di S. M. il re d'Italia, ho preso esatta conoscenza di questo scritto che contiene la enumerazione di quei patti, e dichiaro di accettarlo e di prestare il mio pieno consenso alle cose come sopll"a stabilite, promettendo leale ,adempimento anche in nome dei dettil miei committenti. A tale effetto, ho firmato la presente dichiarazione, apponendo anche il sigillo del sultano Mohammed Anfari, ed ho rilasciato al predetto signor ministro i documenti che giustificano iJ. mio mandato.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo III, cit., pp. 50-52.

215

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL COMANDANTE “LA CASTELFIDARDO”, TRUCCO

D. S.N. Roma, 15 maggio 1884.

Fra le istruzioni che le furono impartite dal Ministero della marina, allorquando la corazzata sotto i suoi ordini fu inviata nel Mar Rosso, eravi pur quella di apparire a Zeila per far comprendere a quel pascià egiziano, Abu Bekr, i suoi doveri verso i cittadini e gli agenti d'una Potenza amica come l'Italia. Il Ministero di marina le deve avere esposto le ragioni delle nostre lagnanze: la costante ostilità di Abu Bekr verso il conte Pietro Antonelli, allorché questi intraprese il suo viaggio d'esplorazione allo Scioa, fino a destare il sospetto che avesse voluto farlo assassinare; gl'imbarazzi suscitati al sultano dell'Aussa che aveva aperto il suo territorio al commercio fra Assab e lo Scioa; l'arresto e la detenzione arbitraria della famiglia dello sceik Abd el-Rahman che fu compagno e guida fedele del conte Antonelli in quella esplorazione; il contegno tenuto verso il comandante della r. cannoniera c Cariddi ,, ed altri fatti minori che sarebbe superfluo enunciare.

Posteriormente a queste prime istruzioni, il Ministero di marina, a mia richiesta, le trasmise per telegrafo, per mezzo del r. consolato in Aden, essendo ella già partito da Suakim, l'ordine di non approdare a Zeila sino al ricevimento di nuove istruzioni. Queste si contengono nella mia presente lettera che le spedisco direttamente ad Assab dopo averne comunicato copia all'onorevole collega per la marina.

Dopo la partenza della «Castelfidardo , per Mar Rosso, ci giunse dal Cairo la notizia che Nubar pascià, presidente del Consiglio dei ministri d'Egitto aveva egli stesso, in seguito alle rimostranze del nostro agente commendator De Martino, spedito l'ordine al pascià di Zeila di rimettere subito in libertà la famiglia di Abd el-Rahman. Questi, che si trova tuttora in Italia, si recherà in persona a ritirarla. Egli partirà per Assab il 18 di questo mese in compagnia del conte Antonelli, facendo breve sosta al Cairo, dove il commendator De Martino

cercherà di procurargli una lettera ministeriale che prescriva ad Abu Bekr di consegnare ad Abd el-Rahman, latore del documento, la famiglia di lui. Ad Assab, la S.V., preso ogni opportuno concerto col r. commissariato, imbarcherà sulla «Castelfidardo» lo sceik Abd el-Rahman col conte Antonelli, se questi lo desidera, si recherà quindi a Zeila, ritirerà a bordo la famiglia dello sceik e la ricondurrà ad Assab. Spero che, quand'anche Abu Bekr accampasse qualche altra difficoltà, l'esibizione d'un ordine del suo Governo basterà a rimuoverla; in ogni modo ed in qualsivoglia ipotesi V.S. ha il preciso mandato d'esigere la restitlì.zione della famiglia di Abd el-Rahman. La V.S. illustrissima vorrà pure assistere in ogni miglior maniera lo sceik Abd el-Rahman, nella definizione di varie vertenze sue col pascià egiziano, intorno a che ogni opportuna informazione le sarà fornita dallo sceik stesso e dal conte Antonelli.

Potendo poi darsi il caso che il pascià Abu Bekr, costretto ora a cedere, concepisca il disegno di vendicarsi più tardi, la S.V. dovrà aggiungere l'avvertenza formale che Abd el-Rahman, cui ci legano vincoli di riconoscenza, è nostro protetto e che noi intendiamo sia rispettato come sieno rispettate le sue proprietà.

Altro argomento di grave lagnanza ci offrono gli sforzi che fa il governatore di Zeila di rendere mal sicura la via per l'Aussa felicemente aperta al commercio fra Assab e lo Scioa, e di rendere quindi impossibili i vantaggi che ci ripromettiamo per la nostra colonia. Dal giorno che partì da Assab la prima carovana per lo Scioa, sono state continue le contese fra gl'isa somali e i danakil dell'Aussa, ed è notorio in quelle regioni che tali contese sono suscitate dalla autorità egiziana di Zeila.

Nella sosta che la «Castelfidardo» farà in quel porto, ella dovrà pure far presente ad Abu Bekr l'obbligo di rispettare i cittadini, i protetti e gl'interessi italiani, e le gravi conseguenze che ne deriverebbero se persistesse nella sua ostile condotta. Le rimostranze di V.E. a questo proposito avranno tanta maggiore efficacia, se mediante le medesime ella potrà ottenere qualche atto o manifestazione pubblica che sia parte di Abu-ekr come il pegno della sua intenzione di tenere in debito conto le nostre avvertenze.

Nou sarà inutile di aggiungere che il Governo egiziano è informato del presente incarico che viene affidato a V.S. A compierlo felicemente è necessaria avvedutezza, prudenza ed energia ad un tempo. Faccio assegnamento su queste doti di lei per raggiungere pienamente l'intento che ci proponiamo.

La prego di comunicare queste istruzioni al r. commissario in Assab, e di prendere con esso ogni opportuno accordo, con facoltà altresì di adottare, secondo il consiglio suo, alle circostanze del momento la puntuale esecuzione delle istruzioni stesse.

216

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 570. Vienna, 17 maggio 1884, ore 14,45 (per. ore 17,05).

Il me résulte que rapport de Ludolf sur le discours du président du Sénat et sur sa conversation avec V.E. que le comte Kalnoky a reçu hier a donné

216 une nouvelle gravité à si déplorable incident; que, cependant fait tout le possible ici pour qu'il ne soit pas rélevé par les journaux que en effet n'en ont pas dit mot aujourd'hui. Je me réserve d'entretenir la semaine prochaine de vive voix V.E. sur ce grave sujet qui pourrait encore avoir les conséquences les plus facheuses.

217

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 299. Roma, 18 maggio 1884, ore 16,40.

Les délégués autrichiens à Goritz ont assuré que nouvelle ordonnance sur péche suivant entente intervenue serait incessament publiée. De notre còté on est également préts à prendre dispositions convenues et les publier en méme temps. Pour éviter cependant tout malentendu au sujet d'une question qu'on a pu heureusement régler avec tout de cordialité et de bonne volonté de part et d'autre je prie V.E. de faire présent comme il serait à désirer qu'on se communiquat à l'avance confidentiellement les règlement à publier afin que s'il en est le cas on puisse appeler l'attention de l'autre partie sur prescriptions qui donneraient lieu à des observations ou à des doutes.

218

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3495. Berlino, 18 maggio 1884 (per. il 22).

D'après des nouvelles récemment parvenues ici, lord Granville serait plutòt enclin à tenir compte dans une certaine mesure des observations présentées par le Gouvernement français en suite des ouvertures pour la réunion d'une conférenc·e en vue de remédier au facheux état des finances égyptiennes. Mais les dispositions conciliantes du chef du Foreign Office ne seraient pas encore partagées par quelques membres du Cabinet, ou du moins, il y aurait eu des contre-propositions, ce qui expliquerait que les choses trainent en longueur. D'un autre còté, il me résulte que M. Waddington se montre fort préoccupé de la situation, et des obstacles nombreux à un accord.

Si je suis bien informé, la France prenant aujourd'hui le rebours de son ancienne attitude lorsqu'elle exerçait le condominium dans la vallée du Nil, se 'donne les airs de marcher en communauté d'idées avec rEurope. Elle voudrait se ménager une rentrée en arborant le drapeu des intéréts généraux des Puissances sauf à les méconnaitre quand elle aurait nouvellement mis le pied dans la piace. Il serait donc plus question d'un condominium à deux. Elle éviterait méme la désignation d'un contròle. Elle marquerait ses préférences pour une réviviscence, une extension des pouvoirs de la commission financière

19 -Documenti dfpZomatfcf -serle II -Vol. XVII-XVIII

européenne comme supréme instance pour une meilleure direction à imprimer aux affaires égyptiennes. Elle aurait aussi demandé de connaitre approximativement à quelle époque cesserait l'occupation militaire de l'Angleterre.

Le Cabinet de Berlin continue à observer une extreme réserve, et cela pour deux motifs: l'un parce que ses intérets ne sont que d'une nature fort secondaire en Egypte, l'autre parce qu'il se rend parfaitement compte que la balance pencherait du còté où l'Allemagne mettrait son polds. Elle préfère, pour le moment du moins, laisser à d'autres Puissances le soin de dévider, si possible, un écheveau aussi emmélé. En attendant, il se manifeste quelque mécontement contre l' Angleterre qui cherche à faire valoir une priorité de droits sur une partie des établissements allemands dans la baie d'Angra-Pequefia.

Le Gouvernement impérial est également peu édifié de la conduite de cette Puissance vers le Congo. Si cette dernière n'accorde pas quelque satisfaction ,aux intérets de l'Allemagne engagés dans ces contrées, il se pourrait que la France en profitàt pour s'assurer si non le concours du Cabinet de Berlin, du moins sa neutralité bienveillante au sujet de l'Egypte.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3496. Berlino, 18 maggio 1884 (per. il 22).

J'apprends par lord Ampthill que, d'après le langage tenu par M. Ferry à lord Lyons, et par M. Waddington à lord Granville, le Cabinet de Paris ne viserait à aucun changement du status quo au Maroc, et que si la protection française a été accordée au shérif de Uazan, c'est uniquement en récompense des services rendus à la France et qu'il peut rendre encore. Mais les rapports de sir Drummond Hay sont en opposition complète avec ces assurances. Il serait évident, à son avis, que le Gouvernement de la République s'occupe à poser des jalons pour une extension de territoire vers la Province d'Oran.

En attendant, il faut bien que le ministre français à Tanger, dans son étrange conduite, compte sur l'indulgence, je n'ose dire la complicité, de son Gouvernement, pour qu'il mette le comble à la mesure en lançant contre ses collégues les accusations publiées par le Gaulois. Ce journal a été sommé de les retirer en partie, en suite d'une démarche faite par un ami du ministre d'Espagne. Si après un tel scandale, M. Ordega retourne à son poste, il sera plus que jamais permis de porter sur le Gouvernement qu'il représente un jugement sévère.

Lord Ampthill, se trouvant indisposé, a fait recemment interpeller par son premier secrétaire le comte de Hatzfeldt sur les affaires du Maroc. Il lui a été répondu que l'Allemagne ne s'occupait pas d'une question où ses intérets n'étaient engagés d'aucune manière. Le secrétaire d'Etat ne pouvait s'exprimer autrement, à moins de manquer au secret des pourparlers préliminaires qui ont eu Ueu, sans trop de succès il est vrai, de notre part et de celle de l'Espagne avec le Cabinet impérial.

220

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 590. Vienna, 20 maggio 1884, ore 16,55 (1).

Voici l'idée que j'ai mise en avant personnellement pour l'arrangement relatif à la peche: échange de notes des deux Gouvernement par lequel on s'engage, dans un terme fixe, à promulguer respectivement chaque état un règlement contenant les dispositions convenues par la conférence de Goritz. On se communiquerait d'avance ces projets de règlement pour s'assurer qu'ils ne donnerait pas lieu après à des objections. Le ministre des affaires étrangères impérial est tout pret à accepter ce système, si, comme il a lieu de croire, les Gouvernement autrichien et hongrois ne feront pas des difficultés.

221

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 592. Madrid, 20 maggio 1884, ore 17,50 (per. ore 24).

Discours du tròne après avoir longuement insistè sur les périls d'ordre public que le Gouvernement conjurera avec la légalité existente, annonce création ambassades entre Espagne et Allemagne, conclusion du traité de commerce avec l'Angleterre. Il exprime des préoccupations sur l'avenir du Maroc, annonce des mesures pour fortifications des còtes et des frontières pour artillerie des places, pour une plus grande mobilisation de l'armée, pour le commande à l'étranger de préparer constructions de matériel flottant, et déclare qu'il est raisonnable d'etre dorénavant mieux préparés à la défense éventuelle du Pays.

222

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 596. Pera, 21 maggio 1884, ore 17,05 (per. ore 18,10).

L'ambassadeur d' Angleterre vient de notifier à la Sublime Porte en réponse à sa communication rélative à la Conférence égyptienne que le Gouvernement anglais regrette de ne pas pouvoir adhérer aux modifications proposées, mais que il expère que, vu l'urgence de l'affaire, elle voudra bien accepter le programme précédemment communiqué et participer à la conférence.

(l) Manca l'indicazione dell'ora dl arrivo.

223

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO DELL'INTERNO, DEPRETIS, E AL MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA E DEI CULTI, FERRACCIU'

D. CONFIDENZIALE S. N. Roma, 22 maggio 1884.

Senza che ci siano state mosse doglianze od enunciate particolari avvertenze, è un fatto che esiste ora in alcuni circoli l'impressione che da alcun tempo si venga manifestando in Italia una certa recrudescenza di dimostrazioni irredentiste. Importa che le autorità amministrative e giudiziarie, mercé opportuno ricordo delle istruzioni ad esse impartite, sappiano essere sempre fermo, a tale riguardo, il proposito nostro di provvedere con tutta l'efficacia dei mezzi legali che sono a nostra disposizione.

Trattandosi di argomento che implica non lieve e delicata responsabilità, il sottoscritto deve sul medesimo richiamare in ispecial modo la sollecitudine dei suoi colleghi competenti.

Sembra che si abbiano più particolari preoccupazioni e timori per le contingenze di dimostrazioni ostili alle ambasciate d'Austria-Ungheria nella prossima ricorrenza dell'anniversario della morte di Garibaldi. Quantunque si tratti solo di dubbio, è indispensabile che si sorvegli attentamente e si provveda, eventualmente, con tutta la desiderabile energia.

224

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 370. Parigi, 22 maggio 1884 (per. il 26).

Nel corso della conversazione che ebbi ieri col signor Ferry, domandai incidentalmente degli affari di Egitto. Egli mi rispose in modo assai evasivo; però lasciò trapelare che l'accordo della Francia coll'Inghilterra non è ancora stabilito. I due telegrammi di V. E. di ieri sera (1), che ricevo in questo momento, mi sembrano confermare questa interpretazione. Gli insuccessi dell'Inghilterra nel Sudan, il disordine che regna in Egitto sotto l'attuale direzione degli inglesi, avevano fatto sperare al Governo francese che il Governo britannico si sarebbe facilmente arreso alle condizioni da esso poste per la riunione della conferenza relativa al debito egiziano, e che intanto la Francia avrebbe potuto più agevolmente proseguire la sua politica coloniale. Si faceva anche alquanto assegnamento sull'arrendevolezza dell'an. signor Gladstone, ma ora si scorge che si incontra dovunque da parte dell'Inghilterra una resistenza che non sembra

facile a vincere, ed il malumore dal due lati si manifesta assai apertamente col tono alquanto aggressivo della stampa dei due Paesi.

Non bisogna però conchiudere che ciò debba condurre a contestazioni pericolose per la pace; sarebbe però fortuna se, come conclusione di questi dissidii, quelle due Potenze fossero indotte a persuadersi che il loro predominio non può oramai essere esclusivo, e che la migliore politica per esse è quella di lasciare che ogni Nazione goda, per la parte che le compete, dei benefizi che le offre il mondo.

(l) T. 302 e 303 del 21 maggio con cui Mancini trasmetteva all'ambasciata a Parigi il T. 505, non pubblicato, ed il n. 222.

225

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 604. Londra, 23 maggio 1884, ore 15,07 (per. ore 18).

Il parait que le Cabinet de Saint James a décidé une expédition pour secourir Gordon, du moins il laisse le bruit s'accréditer. Expédition, si elle a Ueu se ferait en ao1ìt pour arriver à Khartoum en octobre.

226

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 608. Madrid, 23 maggio 1884, ore 18,35 (per. ore 23,25).

Le Cabinet de Madrid fera répondre au sultan du Maroc que c'est à Sa Majesté chérifienne de constater les infractions réelles qui auraient lieu contre la convention de 1880 et de se prononcer, en ce cas, sur l'opportunité de réunir une nouvelle conférence. Aujourd'hui M. Silvela a eu une entrevue avec M. Grévy et l'ambassadeur de France avec Canovas del Castillo pour explications directes sur l'affaire du Maroc sur lesquelles ils auraient fait des déclarations les plus rassurantes.

227

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 308. Roma, 24 maggio 1884, ore 16.

Ludolf m'a parlé avant-hier dans le meme sens de la communication que

M. Szogenyi vous a faite au nom du comte Kalnoky. Je lui ai renouvelé d'abord au sujet du discours de M. Tecchio ma déclaration précédente, à savoir qu'il ne serait au point de vue constitutionnel impossible d'énoncer à l'égàrd de ce discours une appréciation quelconque. Quant aux appréciations du comte Kalnoky au sujet d'une recrudescence irrédentiste, j'ai dit au comte Ludolf que les instructions de nos autorités sont en cette matière péremptoires et formelles, mais que j'allais à toute bonne fin les faire confirmer par mes collègues de l'intérieur et de la justice. C'est ce que j'ai fait immédiatement après la visite du comte Ludolf. Veuillez, le cas échéant, tenir le mème language avec le comte Kalnoky.

228

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

D. 372. Roma, 27 maggio 1884.

Segno a V. E. ricevuta del suo pregiato rapporto del 22 maggio corrente (l) e ne la ringrazio.

Limitandomi qui a quanto concerne il Marocco, osservo che, se le informazioni dell'ufficioso Temps sono esatte, la rettificazione di frontiere, protraendosi sino al mare e tagliando fuori dall'impero marocchino una zona di territorio che in certi punti toccherebbe la larghezza di centotrenta chilometri, sarebbe ben diversa da quella petite rectijication de jrontière à l'intérieur, di cui il signor Waddington ha parlato a lord Granville. A noi non conviene oramai insistere nella nostra amichevole avvertenza, ma non possiamo trattenerci da una ben legittima inquietudine, vedendo la Francia perserevare in una via piena di pericoli e di avventure, esponendo sè e le altre Potenze a ben maggiori complicazioni.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 374. Parigi, 29 maggio 1884 (per. il 2 giugno).

Ho l'onore di confermare il mio telegramma di ieri, n. 257 (2), col quale io partecipava alla E.V. che ieri, in conformità ai suoi telegrammi dei 25 e 26 corrente (3), io aveva consegnato al signor Ferry una nota verbale relativa all'articolo del giornale Le Gaulois, che riferiva una conversazione che il signor Ordega, ministro di Francia al Marocco, avrebbe avuta col signor Ferry, e nella quale egli avrebbe tenuto gli apprezzamenti più oltraggiosi riguardo a parecchi suoi colleghi a Tangeri, fra i quali, oltre il ministro d'Inghilterra signor J. Hay, era specialmente designato anche il nostro r. rappresentante signor Scovasso.

(ll Cfr. n. 224.

Dalla copia di detta nota annessa a questo rapporto (1), l'E. V. rileverà che ho dichiarato (nei modi però più cortesi), che il signor Scovasso non poteva rimanere, né il r. Governo poteva !asciarlo sotto il peso di tali imputazioni che avevano prodotto vivissima impressione a Tangeri. In conseguenza, benché io amassi credere che il racconto del Gaulois fosse infondato, tuttavia il signor Ordega, rappresentante della Francia, essendovi impegnato, non si poteva rifiutare di smentire ufficialmente la narrazione suddetta, od a ritrarre le asserzioni ingiuriose contenutevi, ove fossero state effettivamente emesse. Lord Lyons avendomi fatto conoscere verbalmente il tenore della nota che, in seguito ad invito di lord Grandville, egli aveva dovuto rimetter per lo stesso motivo al signor Ferry, io credetti opportuno di non uniformare, la mia alla sua, affinchè non avessero il carattere di una nota identica, il che avrebbe forse potuto rendere meno facile la chiesta soddisfazione.

Sulle prime il signor Ferry mi disse che non credeva opportuno che si rispondesse al Gaulois, giornale solito ad inventare storie fantastiche senza alcun fondamento per soddisfare gli appettiti di un pubblico bramoso di scandali; poi soggiunse che il signor Ordega gli aveva dichiarato che non aveva avuto nessuna relazione con alcun redattore del Gaulois. L'articolo segnalato era quindi una falsità, ed il signor Ordega aveva tenuto, rispetto a' suoi colleghi, un linguaggio del tutto diverso da quello che gli si attribuiva.

Risposi al signor Ferry che la sua dichiarazione era per sè una soddisfazione; ma che non bastava, poiché l'effetto dell'articolo si era prodotto a Tangeri, e feci sentire che il signor Ordega non avrebbe potuto presentarsi in mezzo ai suoi colleghi senza prima ripudiare in modo esplicito quanto gli si era attribuito a loro riguardo.

Il signor Ferry sembrò arrendersi. a questa considerazione; mi disse che il signor Ordega era già partito e che intanto avrebbe avvisato al miglior modo di sciogliere la questione con soddisfazione. Ho saputo poi che egli aveva telegrafato al signor Ordega per comunicargli il mio reclamo e senza dubbio anche quello di lord Lyons, che aveva già inoltrato la sua nota e che dovette dopo di me conferire in proposito col signor Ferry.

(2) -T. 630/257, non pubblicato. (3) -T. 312, 313 e 314, non pubblicati.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 375. Parigi, 29 maggio 1884 (per. il 3 giugno).

S. E. il signor Ferry che interrogai ieri sulla questione egiziana mi lasciò intendere che la Francia e l'Inghilterra erano quasi d'accordo intorno alla sistemazione finanziaria dell'Egitto, ma che sussistevano tuttora difficoltà rispetto alla più o meno prolungata permanenza delle truppe inglesi in quel Paese. Queste difficoltà sembravano provenire non tanto dal ministero britannico quanto dalle esigenze che si manifestano nel Parlamento e sono in parte sostenute dall'opinione pubblica.

Dal breve discorso che mi tenne il signor Ferry credo di poter indurre che la Francia non sembra voler insistere per avere una posizione privilegiata in Egitto, ma farà di tutto affinché una simile posizione non rimanga alla Inghilterra.

(1) Non pubblicata.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3508. Berlino, 30 maggio 1884 (per. il 6 giugno).

Dans ses dépeches n. 1569 et 1573 des 20 et 24 mai (1), en réponse à quelques observations que je m'étais permis de soumettre, V. E., conformément à des déclarations faites au Parlement renouvelle l'assurance que nous n'entendons aucunement, par une immixtion indue, diminuer la pleine et intière disponibilité du patrimoine immobilier de la Propagande converti en titres de rente mobiliaire. Vous ajoutez que vous ne pouvez cependant vous dissimuler que les difficultés se sont accrues depuis que le Vatican a nettement déclaré par sa dernière circulaire de repousser tout arrangement, et de vouloir pour cet institut une situation inconciliable avec notre législation.

Cette remarque est de toute justesse; mais quelles que soient les dispositions que le Saint-Siège croit devoir manifester à son point de vue, V. E. saura, je n'en doute pas, dans la longue et glorieuse pratique des affaires, trouver une formule qui lors meme qu'elle ne satisferait pas la Curie pontificale, lui ouvrirait la voie, si non pour l'adopter, du moins pour s'y adapter peu à peu. L'essentiel, en ce moment, est de rassurer certaines Puissances qui, se fiant à nos intentions, évitent de soulever une question aussi délicate. La loi dite des Garanties nous a beaucoup aidé à traverser jusqu'ici, sans trop d'encombres, une crise qui se présentait tout d'abord, entourée de tant de difficultés. Par un compromis équitable, ne serait-ce qu'aux yeux de l'étranger, nous parviendrions aussi à écarter toute ingérence dans la controversie de Propaganda Fide (2).

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L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI,

R. CONFIDENZIALE 35. Pietroburgo, 2 giugno 1884 (per. l'8).

Durante un nuovo colloquio che ebbi col signor de Giers cadde altra volta il discorso sopra la deputazione della Rumelia orientale, argomento sul quale

«Ringraziare. Il conte Launay vedrà che, nella misura del possibile e del conveniente, Il suggerimento suo è stato In certo modo anticipatamente accolto. Il pensiero dello scrivente risulta, anche a questo riguardo, dal discorso pronunciato !n Senato di eu! riceverà In breve copia :t. In base a tal! lstruzlonl venne redatto U D. 1576 del 7 giugno 1884, Indirizzato all'ambasciata a Berlino, non pubblicato.

s'aggira il rapporto di questa serie n. 33 che mi procurai l'onore di dirigere

all'E. V. in data de 25/13 maggio (1). Al tempo stesso in cui il ministro imperiale replicavami di ignorare tuttora quanto si riferisce a quella missione dichiaravami con accento sincero che in ogni caso quella deputazione non troverebbe qui ascolto; però se fra i componenti suoi si trovasse qualche suo antico conoscente certamente non sarebbesi ricusato di conversare isolatamente con lui. Persistette sempre il signor de Giers a rifiutare al movimento iniziato nella Rumelia orientale, ed assecondato dalla Bulgaria, ogni carattere di spontaneità giudicandolo esclusivamente quale effetto d'un intrigo e per conseguenza degno di condanna.

Senza allontanarmi da questo argomento mi permetto segnalare all'E. V. quanto rimanessi colpito dal contenuto del documento diplomatico n. 45 serie LXXVI (2). In quel documento il r. ambasciatore in Vienna riferisce una sua conversazione col conte Kalnoky durante la quale quest'ultimo, senza però dare alle sue parole un carattere ufficiale, esponeva la sua opinione circa la probabilità che in un dato tempo la Rumelia orientale effettuerebbe la sua unione col principato di Bulgaria senza che per questo fatto l'Austria abbia a provare turbamento nella sua politica. L'atteggiamento dei due Imperi reali tende a porre ogni giorno più in evidenza che sullo scacchiere orientale non v'ha per essi possibilità d'accordo. Questi contrasti possono in un dato momento assumere carattere assai più acuto. All'invero per ora un conflitto non è a tenersi perdurando la temperanza, che più per ragione che per istinto distingue l'imperatore Alessandro III e l'oculata prudenza del principale suo consigliere il signor de Giers il quale pone a capo della sua politica di mantenersi nell'atteggiamento di una vegliante aspettazione.

Cosi da quanto mi venne fatto sapere, le frontiere germaniche, e specialmente quelle austriache, rimangono sempre ben guarnite di truppe e si completano le fortificazioni che circondano Varsavia.

(l) -Non pubblicati. (2) -Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:
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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

L. PARTICOLARE. Cairo, 2 giugno 1884.

Non è certamente con animo lieto che rimetto all'E.V. le due sentenze delle commissioni speciali che chiudono il triste incidente di Beilul. Non posso dirne nulla, e non posso credere che se ne possa fare a me rimprovero. Entrati nel terreno giudiziario, io scomparivo dalla scena.

Dirò però, non per esprimere un giudizio nelle due sentenze, ma per informazione di V. E. che, dopo il dibattimento nella seconda commissione, l'avvocato Figari si disse convinto che lo sciek Saad non è colpevole, che il cavalier Moriondo disse impossibile di poterlo condannare, e quindi il conte Antonelli,

e lo stesso sciek Abd el-Rahman si pronunciarono chiaramente sulla di lui innocenza incontestabile. E lo sciek Abd el-Rahman, scolpando anche l'Atrito ed il Rutinia, defunti, promette che non si tarderà a conoscere la verità.

Ma tronco questo preambolo, ed entro nel soggetto per cui mi permetto diriggere all'E. V. questa lettera particolare. Nubar pascià implora da V. E. la grazia allo sciek Saad di poter ritornare a casa sua. Non si svincola dalla promessa di tenerlo lontano da Beilul; ma egli fa appello al sommo magistrato ed ai sentimenti di giustizia di V.E. per ottenere questa grazia, ch'egli definisce come atto eminentemente politico, poiché ritiene di poter assicurare che lo sciek Saad, non perché assolto dalle commissioni, ma perché graziato dall'Italia, sarà utilissimo intermediario per far cessare ogni ostilità da parte degli indigeni, e stabilire invece amichevoli relazioni tra l'interno e la colonia di Assab. E per la sua esperienza, egli dice, che con la magnanimità, con conciliazione, con prudenza, si vincono quei selvaggi più che con le minacce e la forza, che si possono esercitare sulla costa, ma inutili e dannose a pochi chilometri dell'interno, da dove può nascere il pericolo.

L'avvocato Figari, che è stato durante il giudizio in continuo contatto con lo sciek Saad, sostiene queste opinioni con altrettanto calore che Nubar pascià. Egli ritiene come certo che, concessagli la grazia, lo sciek sarebbe l'unico per esercitare una forte e salutare influenza sulle tribù interne per renderle a noi fidenti ed amiche. Mi riferl che lo sciek è pronto a prendere qualsiasi impegno morale e materiale e che perfino gli disse, che non potendo ritornare al suo Paese, non lo si abbandoni in Egitto, e lo si prenda piuttosto in Italia. L'avvocato poi ritiene che ricorrendo egli ai tribunali potrebbe ottenere per diritto, ciò che si chiede per grazia.

Mi trattengo di riferire l'opinione su di ciò del conte Antonelli, e dello sciek Abd el-Rahman poiché il conte lo farà egli stesso, che più di me è nel caso di svolgere le convenienze locali in favore della grazia chiesta da Nubar pascià.

Non conosco quei Paesi, ma passata tutta la mia vita in Africa, non credo vi sia grande dissimiglianza da un Paese all'altro. Non mi è permesso pronunciarmi, e non mi sono mai pronunciato, su ciò che non mi appartiene; ma non posso trattenermi in questa circostanza, di esprimere il convincimento che fin da principio si è sbagliato in Assab l'indirizzo per renderei amiche quelle tribù selvagge. E detto ciò, appartiene esclusivamente a V.E. di giudicare l'accoglimento che debba farsi alla preghiera di Nubar pasclà.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 197.
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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 660. Vienna, 4 giugno 1884, ore 16,40 (per. ore 18,45).

Dans ma récente visite au comte Kalnoky ce dernier m'ayant parlé de ses appréhensions au sujet de la propagande lrrédentiste en Italie, j'avais eu soin de conformer mon langage aux instructlon contenues dans le télégramme de V.E. du 24 mai dernier (1). Hier Kalnoky dans une conversation qui n'avait aucun caractère officiel est revenu sur le mème sujet en me disant qu'il ne pouvait ne pas se préoccuper du p li hostile à l' Autriche-Hongrie que l es esprits prennent en Italie et dont le Gouvernement du roi ne semblait pas mesurer toute la gravité. J'ai réfuté ce jugement en rappellant les assurances que V.E. a données dernièrement à Ludolf et plus encore le langage très-ferme et très explicite qu'elle a tenu récemment au Sénat. Le ministre n'a pas hésité à faire l'éloge des déclarations si cathégoriques de V.E. dans son discours au Sénat, mais à còté des ces déclarations il voit se produire des faits qui sont loin de le tranquilliser. M'ayant signalé une partie de la presse italienne qui ne cesse de se livrer à des attaques violents contre l'Autriche-Hongrie, je lui ai fait observer qu'il ne s'agit que de quelques journaux radicaux qui n'ont qu'une importance secondaire en Italie; mais S.E. m'a repliqué que se sont justement ces journaux-là qui sont lus de préférence par le peuple; leurs élucubrations passionées finissent par exercer une influence pernicieuse sur les masses et par provoquer des manifestations ou des actes qui sont contraires à l'entente qui règne sur le terrain politique entre les deux Gouvernements à l'appui de ce qu'il avançait il m'a dit qu'à l'exposition de Turin il y a le tempie Risorgimento dont l'intérieur n'est certes pas de nature à consolider l'amitié entre l'Italie et l' Autriche. J'ignore ce qu'on a exposé dans ce tempie, et le com te Kalnoky a jugé inutile de me le dire; je dois ajouter que le langage de S.E. a toujours conservé un caractère amicai et ce n'est qu'en me citant le détail du tempie que le comte Kalnoky m'a paru quitter un peu de son calme habituel. Je ne saurais dissimuler à V.E. que le ministre m'a semblé en proie à une vive inquiétude sur les conséquences de cet état de choses.

235

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. 330. Roma, 4 giugno 1884, ore 23,30.

Je vois que les journaux à Paris ne se gènent maintenant plus de parler d'une rectification de frontière au Maroc, qui, par son étendue, aurait toute la portée d'une annexion partielle. Si la nouvelle se confirme, il n'est vraiment pas facile de la concilier avec les déclarations catégoriques que M. Ferry nous a faites, par votre entremise et par celle de M. Decrais, au sujet du respect du statu quo absolu sans réserve ni restriction. Il n'est pas non plus facile de concilier une pareille rectification, telle que les journaux français la décrivent, avec la déclaration faite par Waddington à Granville au sujet d'une questlon insignifiante de frontière intérieure non maritime. Voyez la pièce n. 234 du dossier XL (2). Une interpellation m'est annoncée à la Chambre sur le Maroc. C'était inévitable après les nouvelles d'hier et d'aujourd'hui. Je ferai

01 Cfr. n. 227.

usage naturellement des assurances explicites et formelles du Gouvernement français. Mais comme je ne puis pas non plus accepter de paraitre trop crédule, je devrai nécessairement ne pas cacher mes préoccupations en présence de la situation qui se déroule devant nos yeux. Si M. Ferry nous met en mesure de dire que ces préoccupations ne sont pas fondées, et de démentir Ies desseins qu'on attribue à la France et Ies nouvelles d'une cession territoriale quelconque, il rendra un grand service à la cause des bons rapports entre Ies deux Pays. Qu'il ne se fasse pas d'illusion. Tout ce qui se rattache à la Mediterranée fait, chez nous, vibrer la corde sensible. Si le retour de ce mème Ordéga à Tanger, l'apparition d'une escadre française et d'autres symptòmes indiquent, de la part de la France, l'intention de poursuivre au Maroc l'reuvre d'envahissement et d'empiétements qu'elle a inaugurée à Tunis, tout le travail d'apaisement et de rapprochement auquel nous nous sommes voués depuis trois ans avec une persévérance qui paraissalt au dessus de la possibilité, tout ce travail sera perdu, et je ne pense pas qu'on trouve en Italie l'homme capable de reprendre une pareille besogne. C'est pour nous un devoir de loyauté de faire en sorte que M. Ferry n'ignare pas la vérité. V.E. doit lui tenir le langage amicai, mais ferme et énergique que les circonstances comportent. Je tàcherai de renvoyer ma ré ponse à la Chambre jusqu'à Iundi, si des événements lmprévus ne surviennent, et avant cette date je voudrais me trouver en mesure, par vos informations, de donner à mes réponses la mesure convenable.

(2) Cfr. n. 193.

236

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AI MINISTRI A MADRID, BLANC, E A TANGERI, SCOVASSO

T. 335. Roma, 5 giugno 1884, ore 12,59.

Je dois pour votre règle, ajouté à mon télégramme d'hier (1) qu'un télégramme du général Menabrea arrivé en ce moment (2) porte que Ferry lui a formellement déclaré que les nouvelles concernant une grande rectification de frontière sont fausses et que la rectification se borne à un petit district à l'Ouest. J'attendrai encore vos renseignement pour apprécier ce dont il s'agit.

237

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 673. Parigi, 6 giugno 1884, ore 16,15 (per. ore 18,25).

D'après les renseigments que j'ai pu recueillir, il s'agirait de rectifier vers l'Ouest la frontière entre l' Algérie et le Maroc en la fixant au fleuve Mahala.

Ayant demandé à M. Ferry si la France avait l'intention d'occuper aussi FigUlg, il s'est recrié en protestant contre un tel projet. Je pense que cette question se règle en ce moment avec l'envoyé marocain qui est arrivé à Paris sous prétexte de faire soigner ses yeux malades. Il ne s'est pas agi, que je sache, de l'occupation par la France d'aucune station sur le littoral marocain. En attendant, je pense qu'il faut s'en remettre aux déclarations bien explicites de

M. Ferry, savoir que la France n'a d'autre but qu'une rectification Hmitée de frontière en respectant le statu quo au Maroc (1).

(l) -T. 331, 332 e 333, non pubblicati. (2) -T. 668 del 5 giugno 1884, non pubblicato.
238

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A MADRID, BLANC

D. 49. Roma, 7 giugno 1884.

Ringrazio V.S. Ill.ma dell'interessante rapporto del 1° corrente n. 36 (2), e rinnovo l'espressione del nostro compiacimento nello scorgere che è comune alla Spagna come all'Italia il desiderio di procedere d'accordo in ogni questione, sia nel Mediterraneo sia !in America. Questo comune proposito accresce certo l'efficacia dell'azione eventuale d'entrambe le Potenze.

Circa l'ultima parte dello stesso rapporto relativa all'elevazione delle rispettive legazioni al rango d'ambasciate, approvo il riserbo tenuto da V.S. Fino ad ora non ci fu tenuto, da nessuna parte, parola di tal progetto ed anche per quanto concerne la Germania non sappiamo altro che quello ,che fu detto da

S.M. il Re Alfonso nel suo discorso d'apertura delle Cortes. Ignoriamo completamente gl'intendimenti dell'Austria-Ungheria e ci riesce affatto nuovo che nel convegno di Amburgo siasi parlato dell'Italia come di Paese con cui la Spagna intendesse scambiare una speciale dimostrazione di considerazione e d'amicizia.

In tale stato di cose, ci sembra preferibile di aspettare che il signor Mendez Vigo ci faccia quelle entrature che al Gabinetto di Madrid sembrino più acconcie, e ciò tanto più in quanto ci parrebbe, giudicandone a priori, che una simile risoluzione per essere convenientemente apprezzata dalla pubblica opinione dovrebbe essere, come è avvenuto per la Germania, quasi un corol

lario di altre dimostrazioni di simpatia fra le Case sovrane. L'argomento dell'elevazione delle rispettive legazioni ad ambasciate si connette per tal guisa all'altro delle visite sovrane, rispetto al quale, per considerazioni d'alta deHcatezza a lei ben note, noi desideriamo che l'iniziativa venga esclusivamente dalla Spagna.

(l) -Il contenuto di tale telegramma venne trasmesso da Mancini all'ambasciata a Londra e alle legazioni a Madrid e a Tangerl con T. 340 del 7 giugno. (2) -Non pubblicato.
239

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 377. Parigi, 7 giugno 1884 (per. il 10).

Coi miei telegrammi n. 262, 263 (l) e 265 (2) dei 4, 5 e 6 corrente, ho già risposto a quelli di V. E., che insisteva per avere informazioni, per quanto possibile precise, circa le intenzioni della Francia rispetto al Marocco e sull'estensione del territorio che essa si proponeva di annettersi, dando per motivo di determinare esattamente la frontiera dell'Algeria, che tuttora rimane incerta.

Confermando quanto io ebbi l'onore di esporre a V.E., il signor Ferry mi ripeté nel modo più positivo che la Francia non desidera che lo statu quo al Marocco; che essa non vuole alcun ingrandimento di territorio da quel lato, ad eccezione di quello sovraccennato, relativamente ristretto, che trovasi sotto un dominio incerto ed è percorso da tribù indisciplinate ed ostili, le quali perturbano la quiete delle popolazioni tranquille tanto in Algeria che nel Marocco; per cui è indispensabile che una delle due autorità o la francese o la marocchina vi sia riconosciuta senza contestazione. La Francia, potendo più facilmente che il Marocco farsi ubbidire, reclama per sé l'annessione di quel territorio, che è limitato naturalmente all'ovest del fiume Mahala. Non pare che la linea di confine sia ancora tutta tracciata; ma essa non dovrebbe certamente comprendere tutto il territorio accennato da alcuni giornali, poiché, avendo io chiesto al signor Ferry se la Francia, come si diceva, volesse spingersi sino a Figuig, che trovasi al sud a circa mille chilometri dal mare, egli protestò contro tale supposta intenzione, dichiarando che il Governo francese non farebbe la follia di tentare una spedizione per occupare quel punto del deserto.

La missione marocchina trovasi tuttora in Parigi, e mentre l'inviato di S.M. Sceriffiana si fa curare la sua malattia d'occhi, non è improbabile che egli si occupi anche della delimitazione di cui si tratta.

Il signor Ferry mi disse che, giusta la fattami promessa, egli aveva telegrafato al signor Ordega a proposito dell'articolo pubblicato dal Gaulois nel numero dell'8 maggio ultimo, consigliandogli ad un tempo di agire con moderazione; questi protestava contro la narrazione contenuta in quell'articolo e si proponeva di scrivere per ismentirlo.

Tale è la situazione attuale delle cose al Marocco, quale risulta dalle mie conversazioni col signor Ferry. Pare che la Spagna abbia anch'essa avuto risposte rassicuranti dalla Francia, poiché l'agitazione per le cose marocchine vi è alquanto sedata. Quanto all'Inghilterra ad essa basterà che la Francia non tocchi il litorale mediterraneo del Marocco, affinché non sia compromessa la posizione di Gibilterra, e messa in pericolo la libertà di transito dello stretto. Se poi la Francia vorrà in avvenire estendersi nel continente africano a spese del Marocco, non è probabile che il Governo inglese si impegnerebbe in un'azione militare per distarla da una simile impresa. La questione interes

serebbe maggiormente la Spagna, che senza dubbio protesterebbe, ammenoché venisse a patti colla Francia per trarre profitto dell'avventura, come è più probabile. Non credo che l'Italia, che ha potuto lasciare la Tunisia in mano della Francia, avrebbe altrimenti motivi molto perentori da addurre per opporsi ad un'estensione dei possessi algerini nel sud del Marocco, purché non sì tocchi il litorale. La Francia invece potrebbe avervi qualche ragione per dare sfogo al suo commercio nell'Africa occidentale; ma questo vantaggio essa l'otterebbe con non poche spese o destinando, per conservare tali nuove conquiste, un buon numero di truppe a detrimento dell'esercito disponibile in Europa.

(l) -T. 661 e T. 668, non pubbl!cat!. (2) -Cfr. n. 673.
240

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 688. Londra, 8 giugno 1884, ore 19,25 (per. ore 21,10).

Granville me fait savoir par un billet privé que les Cabinets de Londres et de Paris sont arrivés à un accord en substance relativement à l'échange d'idées sur l'Egypte. Sa Seigneurie me dit que aussitòt cet accord sera rédigé, il me &era communiqué afin que le Gouvernement du roi soit consulté sur la matière.

241

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBA:SCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

'l'. 350. Roma, 8 giugno 1884, ore 22,45.

V.E. sait que j'ai pris l'engagement de répondre mercredi à une interpellatìon concernant le Maroc. On va sans doute me demander entr'autre, si nous avons à ce sujet échangé des communications avec le Cabinet de Berlin et queì accueil nos ouvertures y ont trouvé. Ce sera, je ne me fais pas d'illusion, le point le plus scabreux. Si je devais dire purement et simplement les réponses que nous avons reçues à Berlin, les conséquences de ma déclaration seraient des plus désastreuses. La France qui hésite peut-etre encore, n'aurait plus ni crainte ni scrupule à poursuivre jusqu'au bout son entreprise marocaine. L'Allemagne a jusqu'ici persistè devant une pareille éventualité, dans son attitude de désintéressement et d'indifférence. Mais sans avoir la prétention de juger la politique autrui, je ne réussis pas à me convaincre que l'Allemagne puisse tirer avantage d'une situation où la France regagnera rapidement tout son ancien prestige et la confiance en ses propres forces, et où l'Espagne ne tarderait pas à se trouver entrainée dans l'orbite française par une politique de partage et de compensations territoriales au Maroc. Ce n'est cependant pas encore là le còté le plus grave de la question. Ce que je redoute le plus c'est le coup funeste et peut-etre irréparable que la confession de mon insuccès à Berlin porterait à la cause de notre alliance. V.E. connalt, à cet égard, toute ma pensée. Camme je tiens surtout à remplir envers l'Allemagne un devoir de loyauté, je vous prie d'appeler ancore une fois sur ce grave sujet l'attention du secrétaire d'Etat. Ce que nous demandons en ce moment à Berlin, ce n'est ni aide, ni une démarche diplomatique quelconque. Nous demandons que, dans l'intéret commun des deux Pays et de l'alliance qui les unit, le secrétaire d'Etat se prete à concerter avec V.E., à l'égard de l'attitude de l'Allemagne dans l'affaire marocaine, une formule qui, sans l'engager à une action quelconque, nous mette en mesure de couper le double et grave danger que je viens de vous signaler. Cette formule pourrait meme avoir la valeur d'une énonciation d'opinion amicale pour la France et avantageuse à ses intérets. Je prie V.E. d'employer en cette circostance toutes les ressources de son tact, de son autorité incontestable, et surtout de son patriotisme. C'est pour l'alliance, c'est-à-dire pour la base de notre politique, une rude épreuve à surmonter. Votre réponse devrait naturellemente m'arriver au plus tard dans la journée de mardi.

242

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 37. Madrid, 8 giugno 1884 (per. il 14).

Con telegramma dei 4 corrente (l) V.E. facevami l'onore di significarmi che i giornali di Parigi parlavano oramai apertamente d'una rettificazione di frontiera per la quale il Marocco e la Francia si sarebbero già intesi; la frontiera d'Algeria sarebbe portata alla Maluja; la Spagna si sarebbe disinteressata con compensi. V. E. pertanto davami istruzione di domandare al ministro di Stato se e quale parte il Gabinetto di Madrid avesse presa o si proponesse di prendere ad una tale soluzione. L'E. V. soggiungeva come questa sarebbe stata per me occasione per rammentare al ministro di Stato la cordialità e la buona amicizia con la quale noi ci siamo prestati finora a cooperare con la Spagna per affari che le interessano più che a noi stessi, considerazione questa che dovrebbe inspirarle verso di noi una intiera fiducia per l'avvenire. Ignorare noi con quali vantaggi la Francia avrebbe potuto tentare di porre la Spagna dal suo lato; ma gli uomini di Stato attualmente al potere a Madrid essere troppo chiaroveggenti per non comprendere che, permettendo alla Francia di metter piede nel Marocco, la Spagna s'tessa non avrebbe più sicurezza in avvenire; del resto non trattarsi oggi per la Spagna soltanto della questione marocchina; la sua situazione stessa in Europa ne soffrirebbe se essa si lasciasse condurre con vantaggi effimeri a perdere il beneficio d'una solidarietà con le Potenze, che, come l'Italia, restano fedeli al programma del mantenimento dello statu quo e dell'equilibrio nel Mediterraneo; i ministri spagnuoli, infine, non doversi

fare illusioni sulle conseguenze che la partecipazione della Spagna, in una misura qualsiasi, ad una politica di spartimento e d'invasione avrebbe pei rapporti fra i nostri due Paesi.

Con dispaccio del giorno 6 (1), V. E. compiacevasi aggiungere che, secondo un telegramma pervenutole in quel momento, il signor Ferry aveva dichiarato formalmente al generale Menabrea le notizie concernenti una grande rettificazione di frontiera essere false; la rettificazione limitarsi ad un piccolo distretto all'ovest; intanto ella attendeva le mie informazioni per apprezzare esattamente di che si trattava.

La discussione della risposta delle Cortes al messaggio reale ed i relativi consigli di Gabinetto resero impossibile, nei giorni 5 e 6, ch'io conferissi col ministro di Stato, e dovetti aspettare il ricevimento settimanale del 7. Però, in questo intervallo, credetti conveniente di non lasciare senza immediata risposta i dispacci di V. E.; e la mattina del 6 corrente le telegrafai (2) che, in attesa d'un colloquio col ministro di Stato, io sentivo il dovere di rammentare come il linguaggio di questo Gabinetto fosse stato sempre il seguente: la Spagna, avendo proposto indarno alleanze formali per impedire nuove usurpazioni nel Mediterraneo e specialmente al Marocco, ha constatato che nessuna Potenza è disposta a prendere a tale scopo misure effettive. In simile stato di cose, pur facendo assegnamento sui buoni offici dell'Italia per prolungare lo statu quo, al quale la Spagna tiene innanzi tutto, essa si riserbava piena libertà, ove ne fosse il caso, di provvedere, sotto la sua sola responsabilità, agl'interessi affatto speciali che la Nazione spagnuola ha sempre affermati verso il Marocco, e che la Francia stessa riconosce in principio. Intanto essa ha dovuto contentarsi, come noi, delle dichiarazioni officiali con cui il signor Ferry smentisce i comunicati officiosi; ed essa evita, come noi, di discutere quel che il signor Ferry annunziò tempo fa, e che ci fu confermato da lord Granville come una questione insignificante di frontiera interna. Continuavo nel mio telegramma, dicendo che avrei riprodotto, come meglio per me si poteva, facendolo mio proprio, il grave linguaggio di V. E., non senza osservare però che mi sarebbe stato difficile di accennare utilmente all'argomento scottante della situazione estera della Spagna, la quale credesi qui dover restare pel momento nel tradizionale téte-à-tete con la Francia. La stessa Germania differisce, dicesi, l'istituzione dell'ambasciata, e si suppone che ciò sia per meglio far constare della pr.Jpria astensione riguardo alla crisi che sembra vicina nel Marocco.

Con altro mio telegramma del 7 corrente (3) mi recai a premura di avvertire V. E. che il ministro di Stato si scusava di non poter ricevere quel sabato come al solito i ministri esteri. Soggiunsi intanto che il signor Elduayen avea detto il giorno innanzi al ministro di Germania nulla sapere in ordine ai progetti di rettificazione delle frontiere d'Algeria, il suo linguaggio continuando ad escludere qualsiasi facilitazione o partecipazione a tali progetti, ma che la maggior parte dei miei colleghi, al pari di me, aveva avvertito i propri governi, da qualche tempo, della possibilità d'un'intelligenza, almeno tacita, con la

20 -Documenti dtp!omatici -Serie II -Vol. XVII-XVIII

F'rancia, legittimata dalle riserve di libertà d'azione fatte francamente dal ministro di Stato. Terminavo con l'indicare che questi giornali officiosi cominciavano a dichiarare che la Francia aveva promesso di procedere d'accordo con la Spagna riguardo al Marocco. Osavo esprimere intanto la fiducia che i miei precedenti rapporti all'E. V. abbiano detto con la possibile esattezza quel che conviene prevedere senza illusioni di sorta.

Finalmente lo stesso giorno 7 potei procurarmi un colloquio col ministro di Stato, e lo riferii per telegrafo a V. E. (1).

Il signor Elduayen ben volle mostrarmi i rapporti ricevuti la mattina con corriere di Gabinetto da Londra e da Parigi, e da essi risultava quanto segue: sir Robert Morier mostravasi scoraggiato; lord Granville sacrificava il Marocco alla necessità di scambiare con la Francia concessioni cui altre Potenze avranno pur parte in Egitto. Il signor Ferry promette di procedere d'accordo con la Spagna nelle cose del Marocco; e, come guarentigia, la Spagna, che si attiene strettamente allo statu quo, ha ottenuto dalla Francia che i signori Ordega e Diosdato, che si trovano in buoni rapporti personali, si comunichino confidenzialmente le proprie istruzioni sopra ogni caso pratico d'applicazione della convenzione dell'BO. La Spagna non volere né negoziati, né schiarimenti con la Francia circa a rettificazioni di frontiere; preferire essa di molto il vicinato delle tribù a quello della Francia; ma se la Francia porta la sua frontiera alla Maluja, la Spagna vedrà se le convenga fare altrettanto. Il ministro di Stato mi disse poi le parole seguenti che misi per iscritto e delle quali egli verificò l'esattezza.

«La Spagna non fa una politica doppia, e mantiene il concerto con l'Italia per tutto ciò che può prolungare lo statu quo. Sventuratamente la solidarietà fra Potenze mediterranee non ha condotto ad impegni né tampoco a risposte concludenti alle entrature discrete ma chiare fatte dalla Spagna per assicurarsi relazioni più efficaci in Europa, una partecipazione alle altre questioni africane ed un'intelligenza pratica per l'equilibrio del Mediterraneo. L'Italia è stata giudice delle iniziative che le conveniva di prendere in questi diversi sensi, in ragione eli una comunanza di interessi conservatori très avouables con la Spagna, per collegare in modo affatto naturale quest'ultima al gruppo centrale di cui fa parte l'Italia, aggiungendo alle guarentigie esistenti per la pace continentale garanzie che mancano tuttavia per l'ordine mediterraneo. La Spagna non può farsi guari illusioni. Le Potenze amiche le più interessate, l'Inghilterra e l'Italia, non llan potuto far altro che rivolgersi amichevolmente alla Francia, ed han così quasi indicato alla Spagna il cammino da seguire. Se i suoi leali sforzi fatti a Parigi per la conservazione dello statu quo falliscono, non bisogna dimenticare che il Marocco è il suo Egitto, e né l'Italia, né l'Europa avranno allora interesse a che essa vi lasci senza contrappeso la preponderanza francese ed abdichi le sue tradizioni nazionali».

È forse superfluo per parte mia osservare che questo linguaggio del ministro di Stato non esclude che siena intervenuti degli accordi, almeno taciti, tra Francia e Spagna, sotto forma di riserva della libertà rispettiva di occupa

zione delle sponde della Maluja, e di concertata osservanza della convenzione dell'SO, il cui regime espressamente confermato può essere inteso a permettere all'Europa di considerare esistente lo statu quo convenzionale e di disinteressarsi rispetto ad avvenimenti che si credono qui prossimi. Intanto emerge dallo stesso linguaggio che, mentre la Spagna ritiene non dover lasciare sacrificare i propri interessi nel Marocco agl'interessi altrui in Egitto, non ha rinunziato alle proprie tendenze di solidarietà con l'Italia e con le Potenze centrali. Non potrei asserire che il contegno passivo di questi rappresentanti di Germania e d'Austria-Ungheria sia prova di una completa soddisfazione in ordine a quanto succede. Certamente sarebbe stato preferibile che la Spagna fosse debitrice all'influenza benevola dell'Europa, anzi che alle imprese coloniali della Francia, d'un ingrandimento che ad ogni modo questo Gabinetto vorrà presentare all'opinione spagnuola come un successo, frutto d'una ardita ed indipendente iniziativa presa di fronte all'azione francese. I nostri amici qui esprimono il desiderio che, poiché la politica del signor Gladstone paralizza ogni resistenza per parte di altre Potenze alle imprese della Francia, l'Italia ed i suoi alleati appaiono alla Nazione spagnuola avere almeno permesso che la Spagna portasse sulla Maluja la sua bandiera col suo motto non plus ultra.

(l) T. 331, non pubblicato.

(l) -Non rinvenuto. (2) -T. 675, non pubbllcato. (3) -T. 682, non pubblicato.

(l) T. 683, del 7 giugno 1884, non pubbllcato.

243

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 692. Vienna, 9 giugno 1884, ore 16,35 (per. ore 17,10).

Je suis en état d'annoncer à V. E. que des pourparlers ne poursuivent secrètement entre Vienne et Pétersbourg en vue d'une prochaine entrevue des deux empereurs. J'ignore la localité choisie; dans tous Jes cas ce ne sera pas Vienne.

244

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 653/776. Londra, 9 giugno 1884 (per. il 12).

Ringrazio V. E. pel dispaccio del 4 corrente, n. 398 serie politica (1), confic1enziale, con cui ella mi partecipa il movimento d'opinione che si fa luogo in Egitto in favore della ristorazione di Ismail pascià. Io avevo di già avuto sentore di questo fatto, che era del resto diventato prevedibile in presenza del cattivo esito della dominazione di Tevfik pascià, attuale kedive. Fin dal primo · momento in cui si trattò della deposizione d'Ismail, ebbi la convinzione che le Potenze occidentali commettevano un grande errore.

Ho ragione di credere che il Governo inglese ne è ora persuaso, e so che non ignora le tendenze favorevoli a Ismail, che si vanno manifestando in Egitto ed altrove. Non so però se e fino a qual punto le divida o le approvi, benché il deposto kedive sia qui oggetto di onorevoli accoglienze anche nei circoli governativi. Comunque sia, terrò come confidenziali le cose dettemi in proposito dall'E. V. nel citato dispaccio, e non me ne varrò che colla debita prudenza e ad indizio sicuro.

(l) Non pubbllcato.

245

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 701. Londra, 10 giugno 1884, ore 16,50 (per. ore 19,10).

Lord Granville m'a dit que le Gouvernement français lni avait fait donner officiellement assurance qu'il n'entendait nullement modifier le statu quo au Maroc et qu'il n·y était question que d'une rectification de frontière de peu d'importance. Quant au dementi de l'artide du Gaulois Iord Granville n'avait pas encore reçu de réponse définitive.

246

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 359. Roma, 11 giugno 1884, ore 14.

Reçu rapport officiel et lettre particulière concernant l'issue du procès de Beilul (1). Veuillez confirmer, à cette occasion, son engagement de ne pas lmsser Saacl rentrer chez lui. Cette mesure n'ayant avec le procès qu'une connexité inclirecte avait été dictée par des considérations se rattachant aux conditions sp~ciales de ces régions et aux conséquences fàcheuses que le retour de Saad semblait pouvoir entrainer. Nous ne nous refusons maintenant pas à reprendre, sous ce méme point de vue, l'examen de la question. Je vous écris là-dessus. Vous pourriez en attendant assurer Nubar pacha de l'esprit bienveillant et impartial que je vais apporter dans cette étude et l'engager à avoir pleine confiance dans les dispositions équitables et humanitaires du Gouvernement du roi. De notre còté, nous comptons que Saad continuera à étre l'objet d'une surveillance attentive jusqu'à décision prise d'accord entre Ies deux Gouvernements.

(lJ Cfi·. n. ~33.

247

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3515. Berlino, 11 giugno 1884 (per. il 19).

Quoique j'eusse le sentiment que j'entendrais ici le méme langage qui plus d'une fois m'avait été tenu à propos du Maroc, .ie ne pouvais me dispenser de revenir sur ce sujet, en suite du télégramme de V. E. lequel m'est parvenu dans la nuit du 8 au 9 juin (1). Je me suis acquitté donc avant-hier de cette tache épineuse, et m'expliquais très nettement dans le sens de vos instructions sans omettre aucun des arguments. Le sous-secrétaire d'Etat remplaçant le comte de Hatzfeldt, qui était à la veille de partir en congé, se réservait d'en référer au chancelier, et de me faire connaitre le lendemain sa manière de voir.

Ainsi que je le télégraphiai hier à V. E. (2), elle n'a pas variée depuis les communications qui m'ont été faites en avril dernier, et qui nous ont été confirmées par M. de Keudell. Le prince de Bismarck estime qu'il ne s'est rien passé au Maroc qui soit de nature à engager l'Allemagne à prendre position. Il décline, en général, de se prononcer à l'égard d'éventualités non nettement définies, de circonstances à l'état nébulex. Il ne croit pas, relativement à cette affaire spéciale, que l'Italie ait lieu de s'en préoccuper, au mème degré du moins que l'Angleterre et l'Espagne. Il ne lui semble méme pas qu'il soit dans l'intérét de V.E. vis-à-vis de l'opinion publique de notre Pays, de faire des déclarations sans une base bien établie. Il conviendrait plutòt au point de vue d'une bonne strategie politique, d'abandonner l'initiative à l' Angleterre qui devra nécessairment l'assumer, si en effet les choses se compliquaient. Notre situation, de méme que celle de l'Espagne, deviendrait alors meilleure. En somme, le Cabinet de Berlin veut bien, dans le cas où de graves et véritables intéréts italiens seraient en danger, seconder l'Italie, mais non la devancer. En attendant, il doit persister dans son attitude réservée et expectante, et se refuse à concerter une formule dont V. E. suggérait l'idée.

Voilà ce qui m'a été dit par M. le docteur Busch. qui adoucissait évidemment le message de son chef, auquel notre insistance, j'en suis sur, portait sur les nerfs. Il faut prendre cet homme rl'Etat tel qu'il est. On ne peut changer son tempérament. Les demi-mesures, ou des pourparlers en prévision de faits qui, à son avis, ne sont pas encore palpables, répugnent à son caractère. D'ailléurs la discussion, et surtout la réplique sont tronquées, quand on reçoit ses réponses par un de ses fonctionnaires qui hésiterait à lui rapporter des objections à ses raisonnements. Le temps manquait, au reste, pour revenir à la charge, puisque V. E. désirait une réponse dans la journée. Je me suis cependant appliqué de mon mieux à redresser auprès de M. Busch le jugement erroné sur la mince ou nulle importance du Maroc pour l'Italie, et j'ai nouvellement constaté quelle était la signification et la portée de vos instructions.

Dans ces appréciations le chancelier laissait entrevoir qu'il nous seconderait, sans nous devancer, si de graves et véritables intéréts italiens se trouvaient en péril. V.E. sait par mon rapport n. 3449 du 6 avril dernier (1), ce qu'on entend ici par intéréts italiens ou allemands respectifs. Le Gouvernement impérial se barricade autant que possible dans la limite des engagements pris sous une forme quelconque. Ce n'est pas seulement à notre égard qu'il manque parfoìs de condescendance. Entre l'Autriche et la Russìe il a surgi bien des incidents dans lesquels il a cru devoir suivre une conduite assez semblable à celle dont nous nous plaignons.

Qu'il me soit permis d'ajouter quelques considérations, lors méme qu'elles aient déjà trouvé piace en grande partie dans mon télégramme précité.

Il n'est pas exacte d'affirmer que mes démarches antérieures aient rencontré ici un insuccès complet. Nous demandions une assistance diplomatique éventuelle et des facilités, et celà après que l'Italie, l'Angleterre, et l'Espagne se seraient mises d'accord entre elles. Il nous a été répondu qu'il appartenait en effet à ces Puissances de procéder selon leurs convenances; que le Cabinet de Berlin attendrait de voir quel serait le développement ultérieur de la question; qu'ii. ne nous était pas contraire, mais qu'au point de vue de la paix générale et pour la réussite méme de la cause que nous cherchions à faire prévaloir, il devait se tenir sur la réserve. Ce n'est point là un refus. Nous ne pouvions prétendre que l'Allemagne modifiàt son attìtude quand les prémisses indiquées par nous-mémes manquaient, !es trois Puissances directement intéressées ne parvenant pas à s'entendre d'une manière pratique. Dans les circonstances actuelles, l'Angleterre ne se soucie pas d'entrer en jeu. L'Espagne, tout en déclarant ne viser qu'au maintien du status quo, se ménage la chance de virer de bord vers la France pour une politique de partage et de compensation. L'Italie trahit quelque hésitation à parler haut et ferme contre toute nouvelle atteinte à ses intéréts dans la Méditerranée.

Dans l'affaire de Tunis, nous avons manqué de prévoyance, malgré le cri d'alarme que j'ai poussé deux fois de Berlin vers l'époque du Congrès en 1878. Pui~< nous avons manqué de résolution. Il aurait fallu, sans ajouter foi à la fable des kroumirs, envoyer sur les còtes de la Régence une escadre avec des troupes de débarquement et faire un appel à l'Europe. La France en voyant la mine éventée ne se serait pas risquée à une guerre en de telles conjonctures. On n'est aidé ici bas, et méme d'en haut que si l'on s'aide soi-méme en exprimant catégoriquement ce que l'on veut, et jusqu'où l'on veut aller.

V. E. suggérait une formule à concerter sur l'attitude de l'Allemagne. Le chancelier n'entre pas dans cet ordre d'idées. Les termes d'une pareille formule seraient en effet difficile à combiner si elle devait avoir la simple valeur d'une énonciation d'opinion amicale envers la France, et méme avantageuse à ses intéréts sans écarter Jes nòtres. D'ailleurs, en ce qui nous concerne, il n'y aurait pas de formule qui vaille à substituer à une action énergique et marchant droit au but. Il ne m'appartient pas de la conseiller. Le Gouvernement

du roi peut lui seul se rendre compte, si nous sommes en mesure de proportionner les moyens à ce but. Il me parait meme que nous ne saurions nous montrer plus zélés, que l'Angleterre et l'Espagne dans une question qui les touche de plus près, et cela lorsqu'elles ne se sont pas émues quand la France, par l'invasion de Tunis, étendait ses conquétes dans l'Afrique septentrionale.

Il me semble, au reste, qu'il eut mieux valu ne pas s'engager à répondre à une interpellation cìu genre de celle qui a été faite par un député qui devrait 2u moins savoir que le ròle meme d'un ex-diplomate n'est pas celui d'interrogar un ministre sur une question aussi delicate. Mais du moment où l'engagement a été pris, je me permettais de dire qu'il suffirait, à mon sens, de déclarer que nous ne cesserons pas de surveiller tout ce qui tient au Maroc, et d'annoncer en meme temps que la France, nous a donné, ainsi qu'à Londres et à Madrid, les assurances les plus explicites, dont nous avions pris acte, de ne viser à aucune altération du status quo dans ces contrées, assurances fournies également à d'autres Cabinets. Entrer dans d'autres détails et notamment sur un échange confidentiel de vues avec Berlin, ce serait aller à l'encontre des règles les plus élementaires de la discrétion, et nous fermer la voie à des pourparlers ultérieurs sur ce sujet ou sur tout autre de quelque importance.

V. E. jouissant à si juste titre de la confiance de la majorité du Parlement, saura tenir à distance tout député qui voudrait empiéter sur les attributions du pouvoir exécutif et vous forcer à sortir de vos retranchement.

Je le répète, il n'y a pas eu. selon la véritable acception du mot, un insuccès dans nos démarches ici. Mais mème si nous avions éprouvé un échec à Berlin, et cela soit dit pour répondre à une autre préoccupation de V. E., l'alliance de l'Italie avec l'Allemagne et l'Autriche-Hongrie est placée trop haut pour en subir un dommage réel. Nous lui devons et nous continuerons à lui devoir la conservation de la paix pour un nombre d'années qui suffira, si nous savons les mettre à profit, à nous mettre en état de compléter nos armements sur terre et sur mer en sorte de rendre nos allures plus libres. Nous avons en mème temps de la marge pour améliorer toujours plus nos finances, et développer nos ressources économiques. Ce sont là des bénéfices qui en valent bien d'autres. Des dangers contre l'alliance surtout quand il s'agirait de la renouveler, si possible avec de meilleures conditions, proviendraient plutòt de certains incidents qui se reproduisent avec trop de fréquence pour qu'on ne cherche pas à les exploiter contre nous auprès des Cabinets étrangers. Je veux parler des cris séditieux, des démonstrations anti-autrichiennes et anarchiques, du déploiement du clrapeau rouge dans quelques unes de nos villes, des vivat à Trente, Trieste, à la République, à la R.évolution sociale, Barsanti, Cipriani et Oberdan. On ne se gene pas de porter là-dessus des jugements sévères, celui entre autres qu'au lieu de serrer les freins, nous les laissons se relàcher au détriment de la Monarchie et des sages institutions libérales. Les personnes les plus indulgentes, pour excuser ces écarts, prétendent que nous ne sommes pas un peuple sérieux. Il est grandement temps de prouver le contraire; autrement à l'échéance de notre alliance, nous retomberions dans l'isolement, à moins de nous rapprocher d'un élémcnt corrupteur et corrompu: la France actuelle.

V. E. excusera la franchise d'un langage dicté par mon attachement profond au roi et au Pays. Il me semble qu'il est le cas de s'approprier un mot de

M. Guizot: «Il y a tant de monde du còté de la liberté, qui n'a pas besoin de défenseurs; aussi je me piace du còté de l'autorité) (1).

(l) -Cfr. n. 241. (2) -T. 706 del 10 giugno 1884, non pubblicato.

(l) Cfr. n. 153.

248

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

L. PARTICOLARE. Cintra, 12 giugno 1884.

Prima di giungere qui ove ho accompagnato la mia famiglia per recarmi quindi ai bagni termali di Caldas de Rainha, i giornali di Lisbona hanno pubblicato un telegramma, sedicente datato da Roma, nel quale è affermata l'intromissione dell'Italia, a richiesta del Portogallo, sulla questione del Congo, ed in quel giorno molti diplomatici sont tombés sur mai per sapere notizie. Ho risposto a tutti che in ogni occasione l'Italia, legata con vincoli speciali al Portogallo, era sempre disposta a prestargli buoni offici, e anche in questa occasione lo farà se sarà utile e conveniente, sempre però sulla base della libertà di commercio e di navigazione per noi e per tutti, base che informa sempre la politica italiana, e la personale di V. E. Nello stesso giorno, avendone propizia occasione, feci nota la mia risposta al signor di Bocage, e S. E. mi disse averla fatta identica al corpo diplomatico il quale erasi pure recato al Ministero in tale intento. Il ministro soggiunse esser stato soltanto più esplicito col ministro di Francia il quale aveva più specialmente insistito circa la nostra azione in Germania ed il signor di Bocage credè non dover negare al signor di Laboulaye

che 1 buoni offici italiani saranno graditi dal Portogallo presso il Governo imperiale, ma nulla erasi pel momento iniziato né concretato.

Il signor di Bocage mi disse puranche aver incaricato il marchese di Penafiel, il quale giungerebbe a giorni a Berlino di provocare una risposta del Governo imperiale circa le critiche e le obiezioni germaniche contro il Trattato del Congo, perché malgrado l'asserzione del signor Bush a S. E. il conte de Launay e la richiesta fatta già al barone di Schmidthals, alcuna notificazione in proposito non era stata fatta fin'ora a Lisbona se non in termini generali, cioè che il trattato non conveniva al commercio germanico.

A tale proposito ho qualche motivo di credere, o almeno di sperare, in seguito di informazioni mie, particolari qui di sorgente germanica, che la folgore, partita da Berlino a priori contro il trattato, fu piuttosto motivata per rassicurare l'elemento commerciale che prendre position anche circa la

«Segnar ricevuta d! questo rapporto e ringraziare degli uffici fatti. In relazione con l'ultima parte, relativa a! procedimenti della nostra politica interna, c! duole che il r. ambasciatore persista, malgrado le precise ed incontestab!I! !nd!caz!on! già a più riprese fornitegli, !n un apprezzamento che si discosta affatto dalla realtà delle cose».

questione d'Angra Pequefia, e che, calmata la prima effervescenza, diverranno più facili i negoziati per un accordo generale. Mi venne pure lasciato supporre che la Germania non prenderà l'iniziativa di una conferenza internazionale ma sarà disposta ad accettarla.

Il signor di Bocage spera che anche in Francia les angles soient moins aigus ed attende con impazienza i rapporti del ministro portoghese a Parigi, signor De Andrade Corvo, già partito da qui ma non peranche giunto.

Ignoro i motivi delle speranze del signor di Bocage circa la Francia, e debbono esservene perché sin ora S. E. si era mostrato quasi allarmato.

La risposta inglese non era peranche giunta quando lasciai Lisbona ma era attesa da un giorno all'altro -e ritornando io tra due o tre giorni a Lisbona per recarmi ai bagni di Caldas sarò in grado di dare più ampie e sicure informazioni officialmente a V. E., poiché quelle contenute nella presente particolare non mi sono sembrate di natura a parteciparle diversamente.

D'altronde V. E. mi ha mostrata sì benevola accoglienza alle mie lettere particolari, che mi incoraggia ad usarne, ma non mai ad abusarne, nell'utilità del regio e nazionale servizio.

(1) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:

(2) Da M.C.R., Carte Mancini.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3518. Berlino, 13 giugno 1884 (per. il 19).

Depuis mon rapport n. 3506 du 29 mai échu (l) Il Diritto poursuit sans garder aucune mesure sa campagne anti-allemande. Dans son numéro du 6 juin, 5e trouve un article cherchant à exciter des soupçons à Vienne à propos du rapprochement entre Berlin et St. Pétersbourg. L'Allemagne convoite des provinces autrichiennes. C'est là un irrédentisme qui s'élève des brouillards de la Sprée, et bien plus dangereux pour l'Autriche que l'irrédentisme italien etc. etc. Ces boutades sont reproduites et commentées par la Germania dans son numéro du 10 juin, et camme d'habitude il est dit que c'est le langage rle l'organe de V. E. Dans un autre article Il Diritto, à l'occasion de la grave maladie du prince héritier des Pays-Bas et de la question déjà discutée d'une successione au tròne ou d'une régence, accuse le prince de Bismarck d'arrière-pensées qui devraient provoquer au plus haut degré la défiance des Pays-Bas et d'autres Puissances. Ce second article est également reproduit avec l'annotation Mancinische-Diritto. La Kreuzzeitung, la feuille lue de préférence dans les cercles de la Cour et de la Société, attribue aussi en quelque sorte la paternité de ces articles à V. E. En présence dc ces écarts qui nous nuisent à l'étranger, et vu que nombre de mais se sont écoulés depuis le dernier démenti imprimé dans la Gazzetta

Ufficiale, Je crois de mon devoir d'insister sur l'opportunité d'y insérer un nouveau démenti, et pour qu'il reçoive à l'extérieur plus de publicité, il conviendrait de la communiquer à l'agence télégraphique Stefani (1).

(l) Non puùbllcato.

250

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3520. Berlino, 13 giugno 1884 (per. il 19).

Je ne m'expliquais pas le désaccord entre ce que je mandais par mon rapport du 9 juin n. 3511 (2) et le télégramme qui me parvenait aujourd'hui de V. E. (3). J'écrivais que le Cabinet de Berlin avait instruit ses agents à Sophia et à Belgrade de s'associer, camme les nòtres, à leurs collègues dans un but de conciliation. Je tenais cette indication du sous-secrétaire d'Etat. Je vois maintenant d'après les nouvelles transmises par le comte de la Tour que l'entente est faite entre les trois Empires.

J'en parlais aujourd'hui à M. le docteur Busch. Il me disait qu'en effet les représentants d'Allemagne, d'Autriche et de Russie, ont l'instruction d'agir pour que les deux Gouvernements en litige s'abstiennent de toute nouvelle démonstration qui pourrait envenimer davantage les choses. Les trois Empires s'interposent eux-mémes pour chercher à amener une solution équitable. Le sous-secrétaire d'Etat croyait que ce mode d'agir de la parts des voisins respectifs et de l'Allemagne exerçant entre eux le ròle d'honnete courtier, produirait peut-étre plus d'impression qu'une action de toutes les Puissances, et faciliterait mieux un arrangement de l'incident serbe-bulgare.

Il y a donc un changement d'attitude depuis le 9 juin. Les trois Empires ont l'air pour le moment de faire bande à part dans cette question, lors meme ainsi qur. me le disait M. Busch que rien n'empècherait les autres Puissances d'appuyer à Ieur tour les démarches des Cabinets de Berlin, de Vienne et de St. Pétersbourg. Peut-ètre ceux-ci ont-ils voulu courir au plus-pressé en coupant court aussitòt que possible au différend entre la Serbie et l,a Bulgarie. Ce n'est, à ce que l'on prétend, qu'une boutade de leur part; mais c'est souvent ainsi qu'en Orlent et meme ailleurs s'annoncent et s'engagent les grosses affaires.

En me référant à mon télégramme de ce jour (4), et en accusant réception de la dépéche de V. E. n. 1549 du 9 juin (2) ....

«Sono dubbioso della opportunità della cosa. Prego S. E. di farmi cnnosrPre le sue Istruzioni :.. In base a tali istruzioni venne redatto 11 D. 1587 del 23 giugno 1884, indirizzato all'ambasciata a Berlino, non pubblicato.

(1) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:

(2) -Non pubblicato. (3) -T. 362 del 12 giugno 1884, non pubblicato. (4) -T. 722 del 13 giugno 1884, non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3523. Berlino, 13 giugno 1884 (per. il 19).

J'ai eu, dans les premiers jours de ce mois, la visite du ministre des affaires étrangères de Roumainie, qui retournait à Bucharest après avoir réglé en France quelques intérets de famille.

Il se louait beaucoup des rapports avec l'Autriche, lesquels portaient ombrage à la Russie qui cherchait à les contrarier de toute manière. Ses agents secrets ou p?.rtisans faisaient une guerre sourde au roi Charles I.er et à son Gouvernemcnt. Des mcmbres de la légation de Russie entretiennent des relations avec certains agitateurs qui conspirent avec un parti d'irrédentistes. Mus par l'arrièrepensée que tot ou tard de nouvelles complications surgiront vers le Danube, les slavophiles cherchent à emptkher que rien de stable ne se fonde dans le jeune Royaume. Le Gouvernement surveille de près ces menées et les combats de son mieux. Il n'aurait aucun profit réel à les seconder, et d'ailleurs la meilleure sauvegarde des Etats secondaires, c'est le respect des traités auxquels se trouve liée leur existence. Ne pouvant se permettre le luxe de complications étrangères, ils doivent s'appliquer soigneusement à se consolider à l'intérieur.

M. Stourdza se montrait aussi préoccupé des projets d'union entre la Roumélie orientale et la Bulgarie. La réalisation de ce plan serait un rude coup porté à la Roumanie, en ce que cela fortifierait davantage la position influente qui la Russie s'est déjà assurée dans la Bulgarie. Ce serait rompre, en faveur de cette Grande Puissance, le certain équilibre établi par le Traité de Berlin dans la péninsule des Balkans.

J'ai dit à M. Stourdza qu'il n'était pas donné de prévoir à long terme le cours des événements. Il fallait du moins bien se persuader que, dans les conjonctures actuelles, la majorité des Puissances n'avait aucun intérèt à en accéler la marche. Ce ne serait pas en tout cas du còté de l'Allemagne qu'on pousserait à la roue. Tant que le prince de Bismarck restera au pouvoir, il ne voudra pas, ne fUt-ce que par amour propre d'auteur, qu'on porte atteinte à une des principales clauses d'un Traité auquel san nom est attaché, et qui a été conclu sous san influence prépondérante. Je pensais, au reste, que mon interlocuteur aurait été satisfait de son entrevue avec le comte Hatzfeldt.

Je sais en effet que M. Stourdza lui a fait visite et qu'il lui a également parlé des agissements de la Russie. Le secrétaire d'Etat demandait si les informations reposaient sur une base officielle. Il lui était répondu que dans ces manreuvres où le fil conducteur échappait parfois aux investigations, on ne distinguait pas toujours nettement entre la partie officielle et celle qu'on pourrait attribuer à la simple initiative des meneurs. Le comte Hatzfeldt disait à son tour que, durant sa mission à Constantinople, il avait pu se rendre compte de la justesse de l'observation qu'il existe en Russie, comme ailleurs, des agents plus zélés que le propre Gouvernement. Il ajoutait au reste, que si jamais l'indépendance de la Roumanie était sérieusement menacée, l'appui de l'Allemagne ne lui ferait pas défaut.

En terminant ce rapport, je ne veux pas oublier de mentionner que le ministre des affaires étrangères de Roumanie m'a parlé dans les termes les plus flatteurs de M. le comte Tornielh, avec lequel S. E. entreténait les meilleures relations.

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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI MANCINI

R. 2130. Vienna, 13 giugno 1884 (per. il 15).

Ringrazio V. E. di avermi col dispaccio n. 1687 dell'8 corrente (l) riferita la notizia data da un giornale di Napoli che il cardinale Simor, primate d'Ungheria, prendendo argomento dall'affare della Propaganda Fide, aveva recentemente pubblicato una pastorale ingiuriosa pel Governo italiano.

Di tale documento io non aveva trovato traccia nella stampa periodica di Vienna, ciononostante appena ricevuto il dispaccio di V. E. mi diedi premura di esaminare nuovamente i principali giornali di qui e poter così accertarmi che nessuno di essi non solo non l'aveva riprodotta, ma nemmeno ne aveva accennata l'esistenza. Pensando allora che il documento poteva forse essere comparso in qualche giornale ungherese, mi rivolsi al r. console a Budapest pregandolo di fare colà le opportune ricerche, e dal conte Sanminiatelli ricevo infatti in questo momento la pastorale del cardinale Simor, inserita nel di lui foglio semi-ufficiale Magyar Korona del 14 maggio. Al testo in lingua ungherese il r. console ha unita la traduzione dei brani più importanti che io mi affretto ad inviare qui compiegata a V. E. (1). Aggiunge il conte Sanminiatelli che il documento del primate passò a Budapest del tutto inosservato, che il pubblico non se n'è punto occupato, e che nessuno degli altri giornali ungheresi ne ha fatto parola.

Questo accordo unanime della stampa periodica austriaca ed ungherese di lasciar passare del tutto sotto silenzio un documento di speciale importanza per la posizione elevata dell'autore e per la forma nel quale esso è concepito, non può, a mio avviso, spiegarsi che come conseguenza di un ordine dato dall'alto a tutti i giornali di non far cenno della pastorale del cardinale Simor. Comunque sia la pastorale è stata fatta di pubblica ragione senza che la sua pubblicazione sia stata in modo palese disapprovata dall'autorità governativa. Conformandomi alle istruzioni di V. E. non terrò parola di questo documf'nto al conte Kalnoky, ma l'avrò presente per valermene in propizia occasione.

(l) Non pubblicato.

253

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

'f. 754. Lisbona, 17 giugno 1884, ore 15,44 (per. ore 21,51).

Je viens de recevoir avec retard le télégramme ministériel d'hier (1). L'escadre française est arrivée hier composée de cinq grands cuirassés et deux avisos.

254

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 753. Berlino, 17 giugno 1884, ore 16,15 (per. ore 18,50).

Le sous-secrétaire d'Etat m'a dit que l'ambassadeur de Turquie vient de lui faire une communication analogue à celle contenue dans le télégramme que

V. E. m'expediait la nuit dernière (2). Le sous-secrétaire sans se prononcer sur le fond de la question se bornait à prendre la chose ad referendum. Il est évident que le Cabinet de Berlin ne se pressera pas de répondre et cela surtout sans connaitre pas encore d'une manière officielle et précise de quelle nature sont les arrangements concertés entre Paris ed Londres à l'occasion de la Conférence. Il m'est d'avis que mutatis mutandis, il observera l'attitude qu'il a gardée dès le commencement dans les affaires d'Egypte. Il penchait alors pour une intervention ottomane, et quand il s'est agi d'une occupation de l'Italie conjointement avec l'Angleterre, le Gouvernement impérial laissait entendre

qu'il se tenait sur la réserve, n'ayant à annoncer ni veto ni approbation dans une question où ses intéréts n'étaient que fort secondaires. Il ne semble guère probable que l'alternative proposée, d'une occupation isolée de la Turquie ou d'une occupation mixte, soit agrée à Londres. Nous ne saurions nous montrer trop circonspects, car s'il nous importe d'un còté de ne pas indisposer l' Angleterre, d'un autre còté dans l'état où en est reduit l'Egypte, je ne sais pas trop qui pourrait nous donner le conseil de mettre le doigt dans le guèpier. Lors meme l'Angleterre aurait préférence pour une occupation militaire mixte, ce serait au point de vue financier une entreprise à fond perdu et, au point de vue politique, les avantages tourneraient peut-ètre au profit d'autres Puissances que l'Italie.

(l) -T. 375. non pubblicato. (2) -T. 378, non pubblicato.
255

IL MINISTRO A BELGRADO, SALLIER DE LA TOUR, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 752. Belgrado, 17 giugno 1884, ore 17 (per. ore 18).

Faisant suite à mon télégramme du 13 juin (l) j'ai l'honneur d'informer

V. E. que le ministre d'Allemagne et le chargé d'affaires d'Autriche ont déclaré l'un à Belgrade, l'autre à Nish, qu'ils offraient leurs bons offices, d'ordre de leurs Gouvernements, pour le retablissement des bonnes relations avec la Bulgarie. Le ministre de Russie a déclaré de son còté que d'après ses instructions il s'agissait d'arbitrage. Le Gouvernement serbe à la suite de cette différence d'instructions a accepté l'offre de bons offices et chargé le gérant du Ministère des affaires étrangères de répondre à M. Persiani que il repousserait l'arbitrage, mais aujourd'hui le ministre d'Allemagne a été informé par son Gouvernement que M. de Giers, ayant demandé que les trois représentants se formassei1t en commission d'enquéte pour étudier la question au point de vue judiciaire et examiner minutieusement ìa question de frontlère, le Gouvernement allemand 11e présente aucune objection; à la suite de ce télégramme le ministre d'Allemagne a invité le chargé d'affaires d'Autriche à venir à Belgrade.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA

D. 1693. Roma, 17 giugno 1884.

Riferendomi al mio telegramma di ieri sera (2), mi pregio di qui acchiudere copia del telegramma (3) che l'ambasciatore di Turchia mi ha consegnato, per istruzione del suo Governo. circa la questione egiziana.

La Sublime Porta, informata dell'accordo intervenuto tra la Francia e l'Inghilterra, e prendendo come punto di partenza la concordata prefissione di un termine per un'occupazione che fino ad ora non appariva limitata, sostiene che, dal momento in cui le Potenze giudicassero opportuno di mantenere provvisoriamente in Egitto una forza armata non indigena, tale compito dovrebbe ,;;pettare alla Potenza sovrana, la quale accetterebbe la prefissione di un termine per la presenza delle sue truppe in Egitto, e provvederebbe a mantenere intatta la situazione che i trattati e i firmani hanno creata a quella provincia privilegiata, a ricondurvi l'ordine e la prosperità, ed a preservarvi, così i diritti del sultano, come gli interessi internazionali. Che se l'esclusivo intervento di truppe ottomane incontrasse alcuna obiezione, la Sublime Porta, per viemmeglio dimostrare la lealtà delle sue intenzioni, accetterebbe che l'occupazione

diventi mista, mercé la partecipazione di truppe inglesi, francesi, italiane c spagnole.

Tale è sostanzialmente la proposta della Sublime Porta. Io mi sono limi..: tato, nel rispondere a Mussurus bei, a ringraziarlo ed a dirgli che l'argomento farebbe oggetto di studio da parte nostra dopo scambio di idee con le altre Potenze interessate.

Col telegramma di ieri sera, la pregai di indagare e di farmi conoscere telegraficamente, il più presto possibile, l'opinione e l'atteggiamento di codesto Governo di fronte alla proposta ottomana.

(1) -T. 732, 1n realtà del 14 giugno 1884, non pubblicato. (2) -T. 378, non pubbllcato. (3) -Non allegato.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 667/828. Londra, 17 giugno 1884 (per. il 20).

Jeri sera ho ricevuto da lord Granville comunicazione privata e confidenziale dell'accordo stabilitosi fra i Governi della Gran Brettagna e di Francia sugli affari d'Egitto in contemplazione della proposta conferenza in Londra.

L'accordo è formolato in una lettera del signor Waddington, ambasciatore di. Francia in Londra, del 15 giugno corrente, ed in una risposta di lord Granville del 16, cioè di jeri.

Mi fo premura di mandare qui uniti all'E. V. questi due documenti, l'uno in copia e l'altro in traduzione (1). Aggiungo, pure in traduzione, la circolare di lord Granville ai rappresentanti britannici a Berlino, Pietroburgo, Vienna e Roma, e la nota verbale a me diretta da Sua Signoria, segnate entrambe colla data di jeri (1). La circolare invita i rappresentanti inglesi a comunicare le due lettere al governo presso cui sono accreditati, esprimendo la speranza che questo consentirà nell'accordo intervenuto.

Ebbi cura di mandar per telegrafo (2) la notte scorsa all'E. V. il sunto di questa importante comunicazione. Lord Granville nella nota verbale a me diretta osserva che tale comunicazione è strettamente confidenziale. Il che, suppongo, non esclude naturalmente l'uso dei documenti che i varii governi potranno fare tra loro allo scopo d'uno scambio reciproco d'idee sul loro contenuto. Ecco ora il sunto dell'accordo:

il governo francese abbandona il duplice controllo, rinunzia all'idea dell'antico condominio, che dichiara morto e che non intende risuscitare. La Francia non considera oramai gli affari d'Egitto che sotto il punto di vista degli interessi collettivi dell'Europa. Respinge l'idea di qualsiasi sostituzione d'una occupazione francese alla britannica.

A questo riguardo il Governo francese prende gl'impegni i più formali. Ma chiede eguali impegni all'Inghilterra per l'evacuazione dell'Egitto ad una epoca fissa. Vi sarebbe adunque un obbligo slnallagmatico, cioè, per parte dell'Inghilterra una clausola d'evacuazione a scadenza determinata, che non potrebbe

O) Non si pubblica.

prolungarsi senza una nuova consultazione delle Potenze, e per parte della Francia l'impegno formale di non procedere in alcun caso ad un intervento armato nel delta del Nilo, senza un previo accordo coll'Inghilterra.

Ho sottolineato questa ultima frase, perché contrasta colla precedente frase parallela, che parla della consultazione delle Potenze, e perché, per parte delle altre Potenze, può con ragione essere contestata.

La lettera del signor Waddington passa quindi alla proposta di estendere i poteri della Commissione del debito, proposta che fu fatta dall'Inghilterra e che è accettata dalla Francia.

Dal suo lato lord Granville nella sua risposta comincia col prender atto, a nome del Governo inglese, delle dichiarazioni francesi di rinunziare al condominium, e di non intervenire militarmente in Egitto senza il consenso dell'Inghilterra. Riconosce poi ì'interesse che ha l'Europa nel buon governo e nella prosperità dell'Egitto.

Intorno alla questione dell'evacuazione, dopo aver accennato che il Governo inglese ebbe sempre l'intenzione di richiam::tr le sue truppe appena le circostanze l'avrebbero permesso, lord Granviìle dichiara che l'Inghilterra è disposta a procedere all'evacuazione al principio del 1888, purché le Potenze siano in allora d'avviso che tale evacuazione può farsi senza pericolo della pace o dell'ordine in Egitto.

Passando alla parte finanziaria, lord Granville dice in sostanza che il Governo inglese è d'avviso che una limitata estensione dei poteri della Commissione della Cassa del debito pubblico può essere vantaggiosa. Esso quindi è disposto a proporre alle Potenze che, entro l'anno dall'entrata in vigore d'una modificazione della legge di liquidazione, le funzioni della Commissione predetta siano estese come segue:

i Commissarii della Cassa saranno consultati per la compilazione del bilancio annuo, a cominciare da quello del 1886 che è in corso di preparazione. Il bilancio sarà possibilmente fondato sul progetto di bilancio normale che il Governo inglese si propone di sottomettere alla conferenza. I commissarii avranno il veto per ogni proposta di spesa eccedente, salvo il caso di rischio pel turbamento della pace e dell'ordine. Questo veto è esteso al bilancio del 1885. Dopo il ritiro delle truppe inglesi, la Cassa avrà inoltre il diritto d'ispezione sui redditi del tesoro, affine d'assicurarsi dell'intero entroito e d'impedirne ogni illegale impiego. Il presidente della Cassa dovrà essere inglese.

Il Governo britannico, prima o al momento dell'evacuazione, proporrà alle Potenze ed alla Sublime Porta un progetto di neutraìizzazione dell'Egitto sulla base dei principii applicati al Belgio; e rispetto al canale di Suez, farà proposte in conformità di quelle che sono contenute nella circolare di lord Granville del 3 gennaio 1883.

Tutti questi accordi sono poi subordinati all'assetto soddisfacente delle combinazioni finanziarie che saranno proposte dal Governo di S.M. Britannica alla Conferenza.

Con altro dispaccio (l) avrò cura d'esporre all'E. V. le considerazioni che mi sono suggerite dalla lettura di questa proposta.

(2) T. 744, non pubbl!cato.

(l) Cfr. n. 264.

258

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, E A LONDRA, NIGRA

T. CONFIDENZIALE 383. Roma, 18 giugno 1884, ore 11,55.

M. de Keudell est venu me communiquer un télégramme par lequel le prince àe Bismarck le chargeait de me demander mon opinion personnelle au sujet de la question suivante: «M. Gladstone s'étant engagé à soumettre lundi prochain aux Chambres les bases de l'accord anglo-français en vue desquelles la conférence devrait étre immédiatement convoquée avec mandat exclusivement financier, et ayant annoncé qu'il veut auparavant obtenir le consentement des Puissances, il y a lieu de se demander si ce consentement préalable peut-ètre donné sur une proposition qui jusqu'au vote du Parlement anglais manque d'une base légale, puisqu'une fois ce consentement donné par les Puissances, le Parlement anglais peut encore désapprouver l'accord obligeant le Cabinet à se retirer ». Le prince de Bismarck suspendait sa réponse à la communication anglaise jusqu'à ce qu'il eut connu mon opinion. J'ai répondu d'abord que je ne connaissais jusqu'ici que la substance de l'accord anglo-français dont Granville nous avait donné connaissance confidentielle par notre ambassadeur à Londres, et que notre appréciacion sur cet accord devait naturellement ètre réservée jusqu'à ce que l'ambassedeur d'Angleterre nous en eut remis le texte. En attendant, et en remerciant Bismarck de ce témoignage de confiance, j'étais d'avis, quant à la question que Son Altesse nous soumettait qu'il fallait également éviter deux inconvénients, l) celui d'un engagement de l'Europe qui serait subordonné au jugement du Parlement d'une seule Nation et pourrait par conséquent devenir inutile et nul, 2) celui de mettre Gladstone dans l'impossibilité d'assurer au Parlement que son vote grace à une entente préalable avec les Puissances ne resterait pas lettre morte. Le meilleur modus procedendi me paraissait donc de mettre M. Gladstone en mesure de déclarer que par son échange d'idées avec les Cabinets il a pu se convaincre que si la proposition anglaise acquiert base légale par le vote du Parlement, aucune des Puissances ne soulèverait, en principe, d'objections ou de question politique, de sorte que rien ne s'opposerait à la prompte convocation de la conférence financière. Ce sera seulement après le vote du Parlement que les Cabinets se réserveraient de donner leur consentement formel. J'ai ajouté que je ne faisais qu'émettre une opinion personnelle, l'avis officiel du Gouvernement du roi devant etre réservé jusqu'à ce que je puisse soumettre à mes collègues des propositions concrétes. En attendant nous allions suspendre, nous aussi notre réponse, jusqu'à ce que le prince de Bismarck nous fasse connaitre, à son tour, sa manière de voir. Nous devons cependant désirer que la réponse de Berlin nous arrive au plus tard vendredi (1). J'ai conclu exprimant l'espoir que la réponse puisse, sans etre identique, étre concrétée en termes équivalents de la part des trois Cabinets alliés, la manière de voir du Cabinet de Vienne n'étant probablement pas différente de celle du Cabinet de Berlin (2).

ll -Documenti dtpZomattct -Serie II -Vol. XVII-XVIII

(1) -T. 765 del 19 giugno 1884, non pubblicato. (2) -C!r. n. 268.
259

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, E A LONDRA, NIGRA

T. CONFIDENZIALE 384. Roma, 18 giugno 1884, ore 23.

L'ambassadeur d'Allemagne m'a également demandé, au nom du prince de Bismarck, si, en présence de la dernière proposition ottomane, la Conférence devrait également se tenir sans la Turquie si celle-ci persistait à ne pas vouloir y prendre part, et si on devait en ce cas passer outre à l'exécution des décisions de la Conférence mème sans le consentement de la Sublime Porte. J'ai répondu qu'il me semblait opportun de suspendre toute réponse à la Sublime Porte, d'autant plus que sa proposition touche à la question politique de l'Egypte en général et n'a aucune connexité avec la question financière dont la Conférence doit ètre exclusivement saisie; 2) que la Conférence de Constantinople de 1882 était en quelque sorte un précédent pour la réunion éventuelle de la conférence sans la partecipation de la Turquie; 3) que quant à l'exécution des décisions de la conférence, il me paraissait impossible de me prononcer jusqu'à ce qu'on connaisse ces décisions ainsi que les difficultés dont leur exécution pourrait former, au cas échéant, l'objet. Ma réponse à M. de Keudell a été donnée avec ces mèmes réserves enoncées dans mon télégramme précédent (l) concernant l'acclue communication de Bismarck.

260

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. CONFIDENZIALE 763. Parigi, 19 giugno 1884, ore 14,55 (per. ore 18,10).

M. Ferry m'a avoué hier que le discours de V. E. sur le Maroc, tel qu'il avait été résumé par l'agence Havas, lui avait causé une pénible impression, car il croyait y découvrir, de la part de V. E., un sentiment de méfiance à son égard. La lecture du texte officiel de ce discours a tempéré cette impression et je crois etre parvenu à l'effacer en le persuadant que vous ne mettiez aucunement en doute la sincerité de ses déclarations, relativement au maintien du statu quo au Maroc. Quant à la délimitation de la frontière entre l'Algerie et le Maroc, M. Ferry m'a donné une explication d'après laquelle la fixation d'une frontière serait d'autant plus inutile que le Gouvernement marocain ne serait pas à meme de la faire respecter par les tribus indépendentes. Il suffit pour

la France qu'on ne lui conteste pas le droit qu'elle croit avoir de poursuivre les pillards partout où elle pourra les attendre dans la zone de terrain dont la possession est indéterminée. Je pense que cela lui laisse plus de latitude qu'une frontière fixe. M. Ferry a convenu néanmoins qu'on avait en plus d'une fols l'idée de porter la frontière au fleuve Malanga. Il m'a ajouté d'autre part que le traité avec le Marce dont on a tout parlé n'existe pas. Toutefois je présume qu'on aura combiné avec le ministre marocain venu à Paris, un modus vivendi permettant à la France d'agir comme elle veut pour contenir les tribus nomades, sant contrédire pourtant la promesse de maintenir le statu quo au Maroc. M. Ferry ne comprend pas l'expression d'intéret négatif dont s'est servie

V. E. dans son discours, en lui faisant comprendre que nos intérets maritimes dans la Méditerranée sont trop importants pour que le Pays ne s'émouve pas de tout ce qui pouvait les compromettre en troublant l'équilibre actuel à notre détriment. J'ai fait part à M. Ferry de la plainte de M. Scovasso à l'égard de

M. Ordega, qui ne lui avait pas fait la visite d'usage; de son còté M. Ferry trouve que V. E. a jugé ce dernier avec trop de sévérité. J'ai rappelé à M. Ferry que V. E. n'était pas le seul à juger ainsi M. Ordéga, puisque la Prusse avait refusé de l'accepter comme consul de France à Breslau à cause de son caractère agitant. Je lui ai fait remarquer qu'on attribue aussi à l'influence de M. Ordéga les articles du journal Le Réveil du Maroc qui ont causé une agitation compromettante dont plusieurs journaux raisonnables comme les Débats ont cru devoir se plaindre. Ferry m'a répondu qu'il avait insistè pour obtenir que ce journal modère son zèle. En attendant il a pris note des plaintes de M. Scovasso et Je pense qu'il avisera.

Je n'ai pas manqué d'insister sur le manque de fondement du bruit répandu que notre escadre devait faire une démonstration au Maroc. Notre escadre ne fait que ses évolutions habituelles de ml\me que celles des autres Puissances. En substance, au bout de ses longues explications, j'ai cru m'apercevoir que

M. Ferry était resté convaincu que V. E. et le Pays avec elle ne nourrissent que des sentiments de bienveillance à l'égard de la France et de confiance envers lui.

(l) Cfr. n. 258.

261

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 764. Londra, 19 giugno 1884, ore 16,40 (per. ore 18,46).

Il me revient de très bonne source que les ministres ne s'attendent pas à avoir une réponse des Puissances avant lundi et qu'ils feront tout-de meme leur communication au Parlement; ainsi, V. E. a tout le temps pour se concerter avec les autres Cabinets. Quant à la participation de la Turquie je sais que intention du Gouvernement anglais est de faire tout le possible pour l'obtenir, mais en cas de non réussite Granville semble décidé à passer autre.

262

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, E A LONDRA, NIGRA

T. 388. Roma, 19 giugno 1884, ore 18,15.

Greppi télégraphie que Giers ne lui a pas caché, au sujet des bases de l'arrangement anglo-français, les premières impressions personnelles qui ne sont pas complètement favorables, surtout pour ce qui se réfère à la combinaison de créer pour l'Egypte une situation se rapprochant de celle de la Belgique. Notre chargé d'affaires à Vienne télégraphie que, vu la possibilité du rejet ou tout au moins la possibilité de l'arrangement par le Parlement anglais, le comte Kalnoky pense que les Cabinets n'auraient à se prononcer qu'après les discussions des Chambres à Londres. En cet état de choses il me parait de plus en plus évident que, dans l'hypothèse bien entendu où le texte de l'arrangement ne soulèverait pas d'objection, ce qu'il y a de mieux à faire est de nous borner à mettre le Cabinet anglais en mesure à'annoncer au Parlement que son échange de vues avec les autres Cabinets lui donne la conviction qu'il n'y aura pas des leur part, en principe, de difficulte à adhérer à l'arrangement. L'adhésion formelle serait donnée après le vote des Chambres, et ce sera alors, selon moi, le moment opportun pour arréter aussi la forme de l'adhésion.

263

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO

D. 131. Roma, 19 giugno 1884.

Mi pregio di segnar ricevuta del rapporto della S. V. in data del 10 corrente (1). ~1"1

La S. V. riceverà, nella serie XL dei documenti diplomatici, comunicazione della corrispondenza scambiata fra la r. ambasciata a Parigi ed il ministro degli affari esteri della Repubblica circa alle allegazioni verso i suoi colleghi attribuite dal Gaulois al signor Ordega. Il signor Ferry avendo espresso l'opinione che la pubblicazione del telegramma di smentita del signor Ordega possa risvegliare una spiacevole polemica, ho risposto al r. ambasciatore che facesse noto al ministro degli affari esteri della Repubblica che il signor Ordega non le aveva ancora fatto visita, ed essere nell'interesse comune che egli riceva istruzione di fare un passo presso i suoi colleghi messi in causa nell'articolo del Gaulois.

Esistendo oramai, benché non ancora pubblicata, una smentita formale del signor Ordega da lui firmata e confermata dal ministro francese degli affari esteri, sarei d'avviso, che se egli si reca a fare una visita ufficiale alla S. V.,

ella debba accoglierlo correttamente ed accettare l'espressione del suo rincrescimento. Quali si siano i sentimenti che l'occorso può avere suscitato nell'animo della

S. V., ella dovrà col senno e col patriottismo, che sono di lei precipua dote, comprendere, come salva ogni considerazione di dignità, sia supremo nostro interesse che questioni personali non vengano ad aggravare questioni d'indole politica già troppo gravi e delicate.

Faccio quindi pieno assegnamento in questa circostanza sul di lei tatto e prudenza.

(l) R. 349, non pubblicato.

264

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. CONFIDENZIALE 670/839. Londra, 19 giugno 1884 (per. il 24).

Col dispaccio di ieri l'altro n. 667 di questa serie (1), ebbi l'onore di trasmettere all'E. V. i documenti comunicatimi confidenzialmente da lord Granville, nei quali è formolato l'accordo fattosi tra la Francia e l'Inghilterra relativamente agli affari di Egitto. Una copia di questi documenti sarà pure stata rimessa all'E. V. dall'ambasciatore d'Inghilterra presso la Real Corte. Le osservazioni che mi permetto di sottomettere era all'E. V. sull'argomento mi sono dettate da un primo esame dei documenti stessi. Io considero qui l'accordo anglo-francese dal punto di vista degli interessi dell'Italia, all'infuori da ogni questione connessa colla sorte che può toccare a questo accordo in seno al Parlamento britannico. Accennerò soltanto di volo che l'accordo stesso si presenterà sotto un aspetto diverso, dinanzi alle Camere inglesi, secondo che i ministri della regina potranno o non potranno dichiarare che esso ha ottenuto l'assenso delle Potenze.

L'E. V. avrà notato che la circolare inglese è diretta soltanto agli ambasciatori britannici a Roma, Vienna, Berlino e Pietroburgo. La Turchia non vi è annoverata. Ma anche al Governo ottomano fu fatta su questo soggetto una comunicazione alla quale furono annessi in copia i documenti medesimi.

Non mi fermerò sulla questione di forma, benché questa, negli impegni internazionali, come nei privati, abbia molta importanza. Si esaminerà quindi l'accordo così com'è formolato, risultante cioè da due lettere, una del signor Waddington. scritta a nome del Governo francese, l'altra da lord Granville, a nome del Governo inglese. È però da notarsi che il contenuto di quest'ultima non è esplicitamente dichiarato come approvato dal Governo francese. Questa esplicita approvazione sarà data con una lettera ulteriore del signor Waddington al conte Granville.

La questione che si presenta più ovvia si è di sapere quale specie di concorso o di consenso si chiede alle altre Potenze. La frase della circolare inglese

non è ben chiara. Il Governo inglese, nell'ordinarie la comunicazione dell'accordo alle Potenze, fa loro esprimere la sua speranza che i disegni ivi esposti possano incontrare il loro concorso (and will express the hope of Her Majesty's Government that the views therein set forth may meet with the concurrence ot Italy, Germany, etc., etc.). In che deve consistere questo concorso? Si chiede alle Potenze di dare all'accordo il loro semplice assenso, la loro semplice approvazione? Ovvero si chiede loro un vero atto d'accessione, col quale esse diventino parti contraenti? Dovranno le Potenze limitarsi a dare il loro consenso ed a prendere atto dell'accordo, ovvero, come partecipi, dovranno, al bisogno, concorrere alla sanzione di esso? Io mi propongo di interrogare in proposito il conte Granville, e farò conoscere all'E. V. la risposta appena mi sarà giunta.

L'adesione delle Potenze, nel caso che sia data, suppongo sarebbe data colla stessa forma, cioè con lettera del ministro degli affari esteri rispettivo. Ma in tal caso occorrerebbe il determinare se l'accordo convenuto tra l'Inghilterra e la Francia, e consentito dalle Potenze, dovrà o non dovrà essere prodotto dinanzi alla conferenza ed inserito a protocollo. Sono indotto a credere che il Governo inglese considera quest'atto come non appartenente alla competenza della conferenza, la quale è convocata per una determinata questione finanziaria.

Ma importa principalmente l'esaminare le questioni di fondo risolte nell'accordo.

La Francia rinunzia ad ogni idea di condominio e di doppio controllo, e s'impegna a non intervenire colle armi in Egitto, senza il consenso dell'Inghilterra. II Governo francese, con queste dichiarazioni, agisce nobilmente ed abilmente. L'Italia, per parte sua, non ha che a r?.llegrarsene, ed a prenderne atto. Rimarrebbe tuttavia a sapere se, nel caso in cui le Potenze aderiscano all'accordo anglo-francese, l'impegno della Francia di non intervenire militarmente in Egitto debba intendersi come preso, non solo verso l'Inghilterra, ma verso ciascuna di esse.

L'Inghilterra, dal suo canto, promette di ritirare le sue truppe dall'Egitto al principio del 1888, cioè fra tre anni e mezzo. Ma se, allo spirare di questo termine, l'ordine di cose in Egitto non fosse soddisfacente, e «se il Governo britannico (così la lettera di lord Granville) fosse allora d'opinione che qualche proroga dell'occupazione sarebbe necessaria, non è da supporsi che le Potenze europee si unirebbero per opporsi ad un provvedimento richiesto dalla salvezza dell'Egitto, che è un interesse comune in vario grado a tutte ». Da questa dizione si dedurrebbe che per impedire la proroga dell'occupazione le Potenze dovrebbero unirsi, che è quanto a dire, essere unanimi. Questa interpretazione sarebbe pure appoggiata da una frase precedente della lettera di lord Granvill, ove è detto che il ritiro delle truppe inglesi dall'Egitto avrà luogo al principio del 1888, «purché le Potenze siano in allora d'avviso che tale ritiro può aver luogo senza pericolo per la pace e per l'ordine». Basterebbe adunque che una o due Potenze non fossero di quell'avviso perché l'Inghilterra si potesse considerare in diritto di mantenere l'occupazione. Ad ogni modo, se si deve ammettere, come ammetto senza il menomo dubbio, che in tutto ciò il Governo inglese agisce in perfetta buona fede, e che perciò ritirerà le sue truppe dall'Egitto nel termine fissato, a meno d'evidente e giustificato impedimento, la questione non

ha per l'Italia, a mio avviso, che un'importanza relativa, e non è certo tale da ritardare, soltanto per ciò, il nostro consenso. L'Italia non vede con gelosia l'occupazione inglese in Egitto, quando sia giustificata dalla necessità e tenda allo scopo di assicurarsi la tranquillità ed il buon governo del paese, e lo eguale ed imparziale trattamento di tutti gli stranieri che vi risiedono.

L'estensione, entro certi limiti, dei poteri della Commissione della Cassa del debito pubblico incontrerà, suppongo, l'approvazione del Governo del re, che vi è rappresentato. Lo scopo di questa istituzione è specialmente finanziario, e non dovrebbe estendersi all'amministrazione politica se non in quanto la finanza d'uno Stato non può interamente scindersi da ogni altra parte della pubblica amministrazione. Una delle cure principali della commissione è di tutelare gl'interessi dei creditori europei dell'Egitto. Questi interessi, per quanto si riferisce all'Italia, non occorre indagare se per sua buona o cattiva fortuna, sono assai ristretti in paragone dell'ingente mass?. di creditori inglesi e francesi. Che i creditori italiani, per inferiore che sia il numero e l'importanza loro, siano tutelati al pari degl'inglesi e dei francesi, è quanto al Governo del re si appartiene d'assicurare. E questo è assicurato. La lettera di lord Granville pone ufficialmente la grossa questione della neutralizzazione dell'Egitto sulle basi della neutralità del Belgio. È questa la parte la più inaspettata e la non meno importante del programma inglese, accettato dalla Francia. La questione è talmente grave, talmente complessa, che non può essere trattata qui da me per incidente. L'E. V. avrà campo d'esaminarla, colla sua nota competenza, sotto tutti gli aspetti, prima che il Governo britannico ne faccia oggetto di formale proposta, come ha promesso. Fin d'ora però si possono prevedere le opposizioni che per ragioni diverse il progetto incontrerà nei consigli d'alcune Potenze. Così, è più che probabile che la Potenza sovrana, la Turchia, avverserà il progetto. E non lo favorirà la Russia, a cui non può convenire un precedente che potrebbe essere esteso ad altre parti dell'Impero turco; né forse la Germania la quale non potrebbe vedere con indifferenza che, a scapito della sovranità ottomana, la Francia possa ripigliare, all'ombra della neutralità, per la forza delle cose e per la virtù del suo genio espansivo, un'autorità preponderante nella valle del Nilo. L'Italia non ha viste d'ambizioso egoismo sull'Egitto; ma

vorrebbe essere assicurata contro le ambizioni altrui. Rimane a sapere se la neutralizzazione, nelle presenti condizioni dell'Europa, offra questa sicurtà.

Per contro la promessa relativa al canale di Suez non troverà, spero, che applausi. All'E.V. che mantenne con insistenza il concetto della libertà, pienam€nte assicurata, di questa grande via di navigazione, tornerà in ispecial modo gradito l'annunzio, dato da lord Granville nella sua lettera, che il Governo inglese si riserva di far proposte, rispetto al canale, conformi al contenuto della circolare inglese del 3 gennaio 1883.

Le proposte finanziarie, che saranno l'oggetto speciale delle decisioni della conferenza, non sono ancora state comunicate dal Governo britannico. Esse sono finora troppo imperfettamente note perchè si possano qui utilmente commentare.

In conclusione, sembra a me, se pur non m'inganno a partito, che la svstanza di quest'accordo meriti che il Governo del re vi dia la sua appro

va..:ione, riservando però di pronunziarsi sulla questione della neutralizzazione déll'Egitto dopo che avrà potuto farne oggetto di maturo esame ed avrà avuto agio a consultarsi cogli altri Gabinetti.

(l) Cfr. n. 257.

265

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 391. Roma, 20 giugno 1884, ore 12,30.

L'ambassadeur d'Allemagne m'a communiqué le télégramme de Bismarck, en réponse au mien, dont V. E. vient de me télégraphier un résumé (1). Le chancelier ne disant cependgnt pas d'une manière explicite s'il s'abstiendra jusqu'après le vote des Chambres anglaises de répondre à la communication de Granville ou bien s'il adopte la formule de réponse préliminaire qui m'avait paru etre pour le moment la seule possible, j'ai prié l'ambassadeur de demander à Berlin un éclaircissement lmmédiat sur ce point. Je tiens en un mot à savoir pour notre règle en temps utile si Bismarck ne fait avant lundi aucune réponse ou bien s'il fait une réponse préalable et laquelle. Veuillez vous employer, vous aussi, afin que ce reinsegnement ne tarde pas à m'arriver.

266

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 390. Roma, 20 giugno 1884, ore 15,15.

Pour me mettre en mesure de donner le plus t6t possible une réponse à la communication de lord Granville, je dois prier V. E. de me procurer des éclaircissements sur les deux points suivants: l) d'après la note Granville, le président de la Caisse pour la dette serait un anglais. S'agit-il, camme nous le supposons, du commissaire anglais lui-meme, qui assumerait la présidence, où bien il y aurait un président anglais outre le commissaire anglais? 2) La France s'engage «à ne procéder en aucun cfl.s à une intervention armée dans le delta du Nil sans une entente préalable avec l'Angleterre ». Cette formule, prise à la lettre, laisserait subsister l'hypothèse d'une intervention française se produisant avec le seui consentement de l'Angleterre. Ce point doit dane etre éclairci et nous devons demander à lord Granville de vouloir bien nous déclarer si, camme nous le pensons, l'engagement pris réciproquement, à cet égard, entre l'Angleterre et la France implique, quel que soient les termes employés dans les deux notes, l'abandon absolu de toute idée d'occupation

militaire en Egypte qui ne serait pas expressément consenti par toutes les Puissances. Si V. E. n'y voit pas d'inconvénient, le préférerais qu'elle voulut bien se procurer une réponse écrite contenant ces deux éclaircissements.

(l) T. 774 del 20 giugno, non pubblicato.

267

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 773. Londra, 20 giugno 1884, ore 16,30 (per. ore 19,10).

Je pense que votre manière de voir est sage, la meilleure solution serait sans doute si on pouvait s'entendre avec l'Allemagne pour une réponse préliminaire affirm::\tive. A notre point de vue le programme de l'accord anglofrançais me semble acceptable. La seule question pour laquelle on pouvait faire des réserves pour le moment est celle de la neutralisation de l'Egypte, qui rencontrera sans doute opposition à Constantinople, Pétersbourg et Berlin.

268

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 671/841. Londra, 20 giugno 1884 (per. il 24).

Ho creduto utile il chiedere a lord Granville qualche schiarimento su certi punti dell'accordo anglo-francese. S. E., colla solita cortesia, s'affrettò a soddisfare alla mia domanda, ed io mi pregio ora di ragguagliarne l'E.V.

I. -Alla domanda, se si chiedesse alle Potenze un semplice assentimento,

o un atto d'accessione, lord Granville rispose che si desiderava un semplice assentimento.

II. -Sua Signoria ritiene che la proroga dell'occupazione inglese, quando sia giudicata indispensabile dal Governo britannico, non potrebbe essere contrastata che per unanime opposizione di tutte le Potenze.

III. -L'accordo anglo-francese non farebbe oggetto di protocollo alla conferenza, il cui scopo non si vorrebbe estendere al di là dei limiti indicati nell'invito preliminare.

Chiesi nel tempo stesso a lord Granville che cosa il Governo britannico pensasse della proposta fatta dalla Turchia di surrogare l'occupazione inglese con un'occupazione turca, o anche con un'occupazione mista di truppe turche, inglesi, francesi, italiane e spagnuole. Sua Signoria rispose che tale suggerimento non sembrava avere un carattere pratico.

Ho poi saputo, ma non dalla bocca di lord Granville, che il Governo inglese farà cigni possibile ufficio per ottenere l'adesione della Turchia. Ma se questa non si potesse ottenere, il Gabinetto di Londra sarebbe deciso a procedere alla riunione della conferenza anche in assenza di plenipotenziari ottomani.

269

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 672/842. Londra, 20 giugno 1994 (per. il 24).

Una interpellanza ebbe luogo ieri sera nella Camera dei lordi relativamente agli affari del Marocco. Riferendosi alle notizie pubblicate in questi ultimi giorni dai giornali, il conte de La Warr chiese al conte Granville se il Governo era in grado di dare informazioni circa la proposta di rettificare la frontiera fra l'Algeria ed il Marocco, circa la protezione accordata dalla Francia allo sceriffo di Uazan, e circa le sollecitazioni fatte da altri sceriffi marocchini per ottenere altresì la protezione francese. Il conte de La Warr non tralasciò, nel suo discorso, di mettere in rilievo la recente condotta della Francia relativamente alla Tunisia.

Lord Granville rispose nel modo seguente. Non havvi dubbio, disse Sua Signoria, che le notizie relative alle intenzioni minacciose del francesi verso il Marocco hanno destato non poco interesse e non piccola agitazione nel Marocco stesso, in !spagna ed in Italia. Lagnanze sono state fatte eziandio dal sultano del Marocco in riguardo alla protezione accordata dalla Francia allo sceriffo di Uazan. Ma il Governo inglese non ha ricevuto informazioni ufficiali che altri sceriffi cerchino la protezione francese, né intorno al modo in cui tali domande siano state ricevute dai francesi. «Ho ricevuto però :», dichiarò Sua Signoria, « da Iord Lyons e dal signor Waddington le più formali assicurazioni in nome del Governo francese, che non v'è alcun fondamento nella notizia di una intenzione

o desiderio da parte sua o di annettersi o di proteggere il Marocco o di cagionare, in modo qualsiasi, disturbi colà. Il Governo francese desidera il mantenimento dello statu quo e le sole negoziazioni che hanno luogo in questo momento fra la Francia ed il Marocco concernono taluni affari nell'interno del

Paese~.

« Queste assicurazioni ~. concluse Sua Signoria, «sono esattamente conformi a quelle che lo aveva previamente ricevute dal signor Barthelemy Saint Hllaire, dal signor Gambetta e dal signor Freycinet. Ho ragione di credere che sono anche state date, nella maniera più formale, all'Italia ed alla Spagna. E noi cl siamo messi in comunicazione col nostro ministro a Tangeri, incaricandolo di comunicare le suddette assicurazioni al sultano del Marocco~.

270

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 784. Londra, 21 giugno 1884, ore 18,20 (per. ore 20).

Voici la réponse de lord Granville. l) Il n'y aura pas un membre anglais de plus dans la commission, mais le commissaire anglais aura la précedence et le vote décisif; 2) l'assurance du Gouvernement français est négative et le Gouvernement anglais ne l'interprète pas comme affectant les relations de la France avec les autres Puissances. Plus tard je télégraphierai la réponse entière (l) et textuelle de lord Granville, mais le sens est celui que je viens de marquer.

271

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA

T. 396. Roma, 21 giugno 1884, ore 22.

L'ambassadeur d'Allemagne me communique en ce moment un télégramme de Bismarck. Le chancelier dit qu'il diffère sa réponse à la communication anglaise. Il ne pense pas etre en mcsure de se prononcer au sujet des propositions qui dépendent encore du vote du Parlement anglais. Il ajoute que le Cabinet de Vienne agit de meme. Le prince de Bismarck déclarant connaitre notre décision à cet égard, j'ai répondu que vu la nécessité d'un échange d'idées sur le fond de la proposition britannique, nous ne nous trouvons, nous aussi, pas en mesure de donner avant Iundi notre réponse. Nous devons naturellement ajourner aussi jusqu'après lundi notre réponse à l'autre télegramme circulaire de Granville proposant dès ce moment la réunion de la conférence à jour fixe.

(Per Londra) V. E. peut cependant assurer confidentiellement Granville que nous sommes, pour notre part, disposés à ne pas soulever d'objection pour la réunion de la conférence samedi prochain, si cette date est acceptée par les autres Puissances.

272

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3530. Berlino, 21 giugno 1884 (per. il 25).

Selon un télégramme expédié aujourd'hui par le Départment impérial après la réception du télégramme attendu de M. de Keudell, celui-ci a été chargé d'informer V. E. que le Cabinet de Berlin différera sa réponse à la communication anglaise sur l'accord anglo-français, tant qu'il ne connaitra pas le résultat des discussions au Parlement britannique dont on ne peut prévoir l'attitude à l'égard de cet arrangement. Telle sera aussi la façon d'agir du Cabinet de Vienne.

Ces détails m'étaient fournis par le sous-secrétaire d'Etat.

Le prince de Bismarck, avec lèquel j'avais eu . peu avant un entretien, s'expliquait d'une manière plus positive encore. Du moment où M. Gladstone s'était engagé à présenter aux Chambres l'accord anglo-français pour les mettre à meme de se prononcer pour ou contre, Son Altesse estimait qu'il ne serait pas de la dignité des Puissances interpellées d'avoir l'air, si elles adhéraient préalablement aux propositions qui leur ont été faites, de connaitre en quelque sorte comme un tribuna! de seconde instance un Parlement qui pourrait modifier ou rejeter les propositions. La France et la Russie, lors meme qu'il s'agisse d'un Etat dont la rivalité est traditionnelle, manifestent en suite de motifs faciles à déviner des preférences pour le ministère Gladstone, et voudralent prolonger son existence. L'Allemagne ne vise pas non plus à créer des embarras à cette administration. Mais il ne saurait convenir à l'aréopage européen de se donner l'apparence de subordonner une question de politique intérieure de la Grande-Bretagne. Le chancelier, dans son exposé à l'empereur actuellement à Ems, exprimait clone l'avis que mieux valait s'abstenir de répondre avant lundi. Si on insistait dans l'intervalle pour avoir du moins une réponse préalable,

S. A. se bornerait à dire qu'elle en avait référé a son souverain qui ne s'était pas

encore prononcé.

Il est évident que S. M. se rangera à l'opinion de son premier ministre.

Dans le cours de cet entretien, je réglais mon langage sur vos instructions. De son còté, le prince de Bismarck se référait, en y ajoutant quelque développement, aux télégrammes transmis à l'ambassade d'Allemagne à Rome. Je cherchais à l'amener à énoncer un .iugement sur !es affaires d'Egypte en général et spécialement sur les pourparlers entre l'Angleterre et la France qui ont aboutl aux notes échangées le 15 et le 16 de ce mois. Les chauvinistes ont si bien travaillé l'opinion politique en Angleterre. que l'idée de renoncer à l'Egypte soulève des protestations nombreuses. Tel est le sentiment aujourd'hui. Il ne fera que grandir et devenir irrésistible si, conformément aux arrangements concertés entre Londres et Paris, l'occupation militaire devait se prolonger pour ouelques années encore. D'ailleurs d'ici là une crise ministérielle peut conduire au pouvoir les tories qui se trouvent à la tete du mouvement en faveur d'une annexion. Ils l'ont élevée à la hauteur d'un dogme politique. Les combinaisons financières contribuent à augmenter les intérets matériels de cette Puissance dans la vallée du Nil, et ne seront qu'un nouvel acheminement vers une prise de possession. Je voudrais me tromper. mDis il paraissait, sans que je voulusse attribuer des arriére-pensées au Cabinet Gladstone, que je croyais, au contraire, parfaitement de bonne foi, que ce Gouvernement sans s'en rendre compte glissait sur une pente qui tòt ou tard conduirait l'Angleterre à un domicile fixe. Dans ce cas, la diplomatie européenne aurait versé des flots d'encre pour aboutir à une grande mystification.

Le chancelier ne contredisait pas mon Iangage qu'il paraissait meme approuver, à en juger par l'ex!')ression de sa physionomie. Mais il évitait de me suivre avec la parole sur le terrain où je m'étudiais à l'engager, en exagerant à dessein mes arguments ne fllt-ce que pour provoquer une rectification qui me permettrait de mieux pénétrer le fond de sa pensée. Néanmoins, par quelques mots qui lui échappaient, j'ai pu m'apercevoir que les propositions anglaises ont été froidement accueillies à Berlin. Il ne comprenait pas que le Gouvernement britannique etlt gardé si longtemps le silence sur ses négociations avec Paris, .et recourut à des subterfuges pour s'assurer, à la dernière heure, l'assentiment des autres Puissances. Une semblable politique n'était certainement pas celle du Gouvernement de l'Allemagne.

Je me réserve de transmettre dans un rapport ultérieur, sur l'entretien dont je viens de rendre compte, quelques autres détails se rattachant à des sujets en dehors de l'affaire d'Egypte.

En me référant à mon télégramme de ce jour (1), je saisis l'occasion pour ...

(l) T. 790, pari data, non pubblicato.

273

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 789. Therapia, 22 giugno 1884, ore 2,23.

Sultan m'a envoyé ce soir son secrétaire pour exprimer pénible étonnement qui lui cause arrangement intérvenu entre la France et l'Angleterre sur les affaires égyptiennes. Sa Majesté n'approuve point les conditions convenues, et se plaint surtout de ce que Sa Souveraineté n'ait pas été mentionnée. Une communication semblable a été faite à l'ambassadeur de France, qui a repondu que son Gouvernement a obtenu les meilleures conditions possibles, et qu'il serait hereux d'adhérer à des concessions plus larges si les représentants de Turquie étaient à méme de lss obtenir. De mon coté jé l'ai assuré que la souveraineté du sultan n'est contestée par personne et que le représentant italien dans la conférence serait toujours disposé à la reconnaitre. Je crois que, malgré tout, la Sublime Porte prendra part à la conférence dont la convocation lui a été annoncée aujourd'hui.

274

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A MADRID, BLANC

T. 401. Roma, 22 giugno 1884, ore 17.

Faisant confusion entre le fleuve Muluja et la fleuve Mahala certains journaux italiens me reprochent d'avoir en quelque sorte admis dans mon discours une rectification qui porterait la frontière française rien moins que jusqu'au Muluja. Pour couper court aux commentaires de ces jornaux, je vous prie de tàcher d'obtenir prompte insertlon, dans un journal autorisé de Madrid, de l'entrefilet suivant que vous devrez me télégraphier en clair aussitot publié avec l'indication du journal. Voici l'entrefilet: « Des éclaircissements, parvenus ici au sujet des déclarations faites par M. Mancini à la Chambre italienne sur

(lJ T. 783, non pubblicato.

les intentions du Gouvernement français, établissent que la rectification éventuelle de la frontière algérienne se serait bornée à une zone restreinte de territoir intérieur, circonscrite par le fleuve Mahala qui caule tout près de la frontière actuelle. Cette rectification n'aurait rien à faire avec le projet tout autrement important par lequel la frontière étant portée jusqu'au Muluja, une partie de la cote marocaine et un vaste territoire à l'intérieur seraient incorporés à l'Algeri. Les Cabinets de Madrid et de Rome s'accordent à constater l'inadmissibilité d'un pareil projet. Une ressemblance entre les deux noms Mahala et Mulusa a pu donner lieu à une confusion qu'il est bon de dissiper ,,

275

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA

D. 1695. Roma, 22 giugno 1884.

L'ambasciatore d'Inghilterra è venuto a comunicarmi un telegramma ricevuto da lord Granville e concepito in questi termini: «Sembra al Governo della regina essere giunto il momento di convocare la conferenza proposta nella circolare del 19 aprile. Voglia assicurarsi al più presto possibile se conviene al Governo del re d'inviare un plenipotenziario ad assistere a questa conferenza sabato, 28 corrente l),

Io la prego, a conferma del mio telegramma d'ieri (1), di volermi far conoscere la risposta che si propone di dare codesto Gabinetto a tale comunicazione.

276

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. RISERVATISSIMO 386. Parigi, 22 giugno 1884 (per. il 27).

Col mio telegramma n. 273 del 19 corrente (confidenziale) (2) ho reso conto all'E. V. della lunga conversazione che mercoledì ultimo io ebbi col signor Ferry intorno alla questione del Marocco. Credo utile di confermarlo con questo mio rapporto, aggiungendovi alcune considerazioni che mi sembrano emergere dal complesso di quella vertenza.

Come lo notai nel mio telegramma, il signor Ferry mi confessò di aver ricevuto una penosa impressione dal sunto del discorso di V. E. alla Camera dei deputati, quale fu riferito dall'agenzia Havas, in cui gli sembrava travedere un sentimento di sfiducia a suo riguardo. Ma la lettura del testo ufficiale del discorso, che gli pervenne ulteriormente, aveva alquanto scemata quella prima impressione, e credo di essere riuscito a cancellarla del tutto col persuaderlo

che l'E. V. non metteva menomamente in dubbio la sincerità delle sue dichiarazioni circa il mantenimento dello statu quo nel Marocco.

In quanto alla nuova delimitazione della frontiera algerina, il signor Ferry mi diede a suo modo una spiegazione che si scosta alquanto da ciò che prima mi era sembrato d'intendere, quando gli domandai se fosse vero che la Francia volesse estendere i suoi possessi sino a Figuig. Egli mi aveva allora risposto che non si voleva fare una simile follia, ma che vi era bensì qualche cosa da regolare all'ovest, in un territorio di spettanza incerta ed in balia alle scorrerie di tribù dedite al ladroneccio. Il limita indicato di quel territorio era il fiume Mahula, ma nulla era ancora deciso in proposito. Ora, secondo l'opinione del signor Ferry una delimitazione qualunque sarebbe del tutto inutile, poiché il Governo marocchino non sarebbe in grado di far rispettare la sua frontiera. Alla Francia basta che non sia contestato il diritto, al quale essa pretende, d'inseguire le tribù indisciplinate sul territorio di cui si tratta. Il signor Ferry non contesta d'altronde che più volte si è trattato di stabilire la delimitazione tra l'Algeria ed il Marocco.

In un mio precedente telegramma io accennava all'E. V. che il fiume Mahala era stato dal maresciallo Bugeaud indicato come il limite naturale dei due Stati; so poi che in questi ultimi tempi rilevamenti molto precisi di quei territori furono eseguiti da ufficiali di stato maggiore e potei avere conoscenza di alcuni dei fogli rilevati.

Il signor Ferry mi diede di nuovo l'assicurazione che non si era ora stipulato alcun trattato col Marocco, checché ne abbiano detto i giornali. Tuttavia non si può mettere in dubbio che, durante il soggiorno a Parigi del ministro marocchino, si sia combinato fra i due Governi qualche modus vivendi, atto a dare soddisfazione alle esigenze della Francia senza contraddire, almeno apparentemente, alla promessa di mantenere lo statu quo. Soggiungerò che l'abbandono dell'idea di fissare una frontiera determinata torna in sostanza a vantaggio della libertà d'azione della Francia che, sotto pretesto di respingere 1 predatori, potrà esercitare il suo potere sopra un territorio indefinito, anziché limitato da una frontiera fissa.

Il signor Ferry non comprendeva il significato delle parole relative all'interesse negativo dell'Italia, usate da V. E. Io ne diedi la spiegazione, valendomi delle considerazioni svolte da V. E. nel suo discorso stesso, e le giustificai soggiungendo che il nostro Paese, benché non nutrisca pensieri di conquista, ha però nel Mediterraneo troppi importanti interessi, per non commuoversi di tutto ciò che li può compromettere, turbando-le condizioni attuali.

Partecipai al signor Ferry i lamenti del commendator Scovasso, al quale il signor Ordega non aveva fatto la visita d'uso. Il signor Ferry prese nota di quei lamenti, e mi disse intanto che l'E. V. aveva giudicato quel signor Ordega con troppa severità, alla qual cosa io risposi che quel diplomatico provocava egli stesso tali giudizi per il suo modo alquanto intemperante di agire. Rammentai che la Prussia aveva rifiutato di accettare il signor Ordega come console francese a Breslau, perché di carattere agitato; il signor Ferry attribuiva invece quel rifiuto all'origine polacca del signor Ordega. Notai che una gran parte dell'agitazione e dei sospetti creati rispetto al Marocco era dovuta al giornale francese Le Réveil du M aroc che passa per ricevere le ispirazioni del signor Ordega stesso. Il signor Ferry aveva rilevato le esagerazioni di quel giornale, ed aveva scritto affinché in qualche modo ne fosse moderato il linguaggio.

Mi avvalsi di questa opportunità per ismentire i rumori sparsi di una dimostrazione della nostra squadra al Marocco. Dissi al signor Ferry che la nostra squadra, al pari di quelle delle altre Nazioni, non faceva altro che le sue solite evoluzioni per mantenersi in esercizio.

Dal complesso di questa mia conversazione col signor Ferry io credo di poter indurre che egli sia rimasto persuaso, che l'E. V. non metteva in dubbio la sincerità delle sue promesse e che l'Italia nutre per la Francia i sentimenti più pacifici ed amichevoli.

Ciò detto l'E. V. ml chiederà forse la mia opinione circa il contegno futuro della Francia rispetto al Marocco. Io credo che per il momento essa rispetterà lo statu quo almeno apparente, che cioè essa non farà annessioni né all'interno né sul litorale. Il protettorato che essa ora esercita sullo sceriffo d'Uazan le assicura gi.à un predominio sulle potenti tribù, ligie a quel capo religioso che è anche un competitore al trono del Marocco. Per effetto stesso di quel protettorato, che sta come una permanente minaccia sul capo dell'imperatore del Marocco, la Francia si assicura anche un'influenza preponderante in quell'Impero. Il diritto poi che essa si attribuisce, d'inseguire le tribù depredatrici sopra territori indefiniti all'occidente, autorizza in certo modo le truppe francesi a penetrare nel territorio marocchino stesso. Una tale situazione dà certamente alla Francia vantaggi considerevoli rispetto a' suoi competitori. Se poi abbandonandosi, come vi è spinta, all'ambizione di crearsi un impero nel nord dell'Africa, la Repubblica volesse effettivamente annettere il Marocco all'Algeria, oppure semplicemente estendervi il suo protettorato in modo ufficiale, essa incontrerebbe, nell'occupazione di un punto qualsiasi del litorale Mediterraneo in vicinanza clello stretto. di Gibilterra una opposizione decisa per parte dell'Inghilterra, la quale opposizione però, è d'uopo non dissimularlo, non andrebbe probabilmente fino alla guerra. Per contro io stimo che l'Inghilterra non contrasterebbe troppo alla Francia l'annessione della parte continentale dell'Impero marocchino, ed anche delle sponde del Rif sull'Atlantico, in compenso della posizione che la Francia verrebbe a perdere in Egitto.

La Spagna senza dubbio protesterebbe, ma siccome essa non è abbastanza forte per opporsi con efficacia alle voglie francesi, è probabile che verrebbe a qualche accomodamento per migliorare la propria condizione nel Marocco.

Queste sono le eventualità che rispetto al Marocco si affacciano come conseguenze della tendenza, oramai manifesta, della Francia a crearsi una posizione predomi11ante nel Mediterraneo. Di fronte a simili tendenze, tanto della Francia come dell'Inghilterra, sembra che per parte delle altre Potenze marittime del Mediterraneo, fra le quali primeggia l'Italia, sarebbe cosa utile il cogliere una occasione per regolare le questioni riflettenti il Mediterraneo allo scopo di assicurarvi un giusto equilibrio di diritti e di influenze, atto a rimuovere complicazioni, c11e possono gravemente compromettere la pace del mondo.

La riunione della Conferenza per l'Egitto offrirà forse questa opportunità, e sarà venuto il momento di presentarvisi con un programma ben definito per trattare, ove ne fosse il caso, gli argomenti che si riferiscono al Mediterraneo, tenendo anche conto delle entrature relative alla Tripolitania che io ebbi l'onore di rassegnare all'E. V. per parte clel s1gnor Ferry, e sulle quali ella non mi espresse finora la sua opinione. Questo momento non bisognerebbe !asciarlo sfuggire, come avvenne al Congresso di Berlino, e l'Italia potrà portare una voce tanto più autorevole che dessa finora si mostrò in fatto più disinteressata e meno egoista.

(l) -T. 394, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 260.
277

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA

T. 403. Roma, 23 giugno 1884, ore 12.

L'ambassadeur d'Autriche m'écrit que le comte Kalnoky a fait hier répondre par le comte Karoly au Cabinet anglais qu'il le remerciait de la communication de l'accord intervenu avec la France dont le contenu, pour le moment, ne lui paraissait pas donner lieu à des objections et puisque le résultat des négociations anglo-françaises doit etre d'abord soumis à la discussion parlementaire tant à Paris qu'à Londres et de plus dépend de l'acceptation des projets financiers devant etre soumis à la conférence, les Cabinets trouveront bien encore l'occasion de se prononcer sur les propositions combinées avec la France. Cette démarche, que l'ambassadeur d'Autriche à Londres a reçu hier instructìon de faire auprès de Granville, ne diffère guère de la réponse préliminaire qui m'avait d'abord paru opportune et me semble difficile à concilier avec la déclaration très nette du prince de Bismarck qu'il valait mieux s'abstenir de toute réponse jusqu'après le vote des Chambres anglaises et que le Cabinet de Vienne en ferait de méme. Maintenant notre attitude envers le Cabinet britannique ne pouvant évidemment pas etre moins bienveillante que celle de l'Autriche-Hongrie, j'autorise V. E. (l'ambassadeur du roi à Londres) à faire dès aujourd'hui entendre à lord Granville, si elle (s'il) a l'occasion de le voir, que nous n'avons pas non plus pour le moment et en principe des objections contre les propositions anglaises. Quant à la convocations de la conférence pour samedi 28 le comte Kalnoky a répondu au Cabinet anglais qu'il autoriserait le comte Karoly à assister l:e jour désigné à la conférence pourvu que les représentants des autres Puissances invitées s'y présentent de leur còté.

278

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 404. Roma, 23 giugno 1884, ore 13,45.

Tout ceci est très confidentiel et pour vous seul.

Dans l'accord anglo-français ce qui doit appeler tout particulièrement notre attention est la condition du concours unanime des Puissances en 1888 nécessaire non pas pour prolonger le séjour des troupes anglaises en Egypte, ainsi

22 -Documentt dtplomattct -serle II -Vol. XVII-XVIII

qu'on l'avait d'abord annoncé, mais au contraire pour les retirer. Il semble qu'à la dernière heure le Cabinet anglais, pour parer aux dangers parlementaires, ait obtenu du Gouvernement français cette concession dont l'importance est evidente car elle, dans son effet pratique, assure presque le permanence indéfinie de roccupation anglaise en Egypte. Il est difficile de croire que le prix de cette concession n'ait pas été, de la part de l'Angleterre, une réciprocité de concessions, soit dans la question égyptienne, soit dans quelques autres. Je désire l'avis de V. E. en réponse aux questions suivantes.

l) Croyez-vous à la probabilité de l'existence de quelque clause secrète que par sa nature ou à cause de l'éventualité incertaine de sa realisation on n'aurait pas jugé nécessaire de communiquer aux Puissances'? Ce soupçon est logique; mais pouvez-vous recueillir quelque indice pour le confirmer?

2) Croyez-vous à la possibilité d'une clause par laquelle l'Angleterre, dans la prévision de s'associer à une autre Puissance pour l'intervention militaire en Egypte, se serait engagée vis-à-vis de la France, à s'adresser d'abord à elle, et dans le cas d'une intervention mixte de ne s'adresser qu'à telle autre Puissance dont le concours serait agréé par la France?

3) Croyez-vous qu'il serait convenable, sans méconnaitre le caractère amicai de nos rapport avec l'Angleterre, de demander, à un moment donné, avant la conférence, aux Cabinets de Paris et de Londres, ou bien seulement à ce dernier, si en dehors des conditions renfermées dans les notes du 15 et du 16 juin, il n'existe entre eux aucune autre promesse ou engagement particulier sur la question égyptienne, ou sur d'autres, qu'on aura jugé, par sa nature, ne pas devoir etre communiqué aux Puissances?

Je comprends que dans de telles matières il est plus que difficile de découvrir la vérité, mais V. E. est par les lieux et en mesure de connaitre les moindres détails et de les apprécier et j'attache un grand prix à connaitre son jugement.

Je n'ai pas besoin de répéter que tout ceci est très confidentiel et pour vous seui (1).

279

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 806. Madrid, 23 giugno 1884, ore 23 (per. ore 15,40 del 24).

Epoca publie entrefilet suivant. Les éclaircissements parvenus au sujet des déclarations faites par M. Mancini à la Chambre des députés italienne sur Ies intentions du Gouvernement français au sujet du Maroc établissent que la rectification de la frontière algérienne se serait bornée à une zone restreinte de territoire intérieur circonscrite par le fleuve Mahala qui coule tout près de la frontière actuelle; cette rectification n'aurait rien de commun avec le projet tout autrement important par lequel la frontière étant portée jusqu'au Moluja une partie de la cote marocaine et un vaste territoire à l'intérieur

seraient incorporés à l'Algerie. Une ressemblance entre les deux noms Mahala et Moluja a pu donner lieu à une confusion qu'il est bon de dissiper, d'autant plus que le Gouvernement espagnol de meme que ceux de Berlin, de Londres et d'Italie ont reçu cles assurances que la frontière d'Algerie ne subira aucune modification.

(l) Per la risposta dr. n. 280.

280

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 811. Londra, 24 giugno 1884, ore 16,22 (per. ore 20,25).

Je n'ai aucun indice pour croire à des engagements secrets entre la France et l'Angleterre (1). Mon collègue d'Allemagne a la meme impression qui nous est confirmée d'ailleurs par le caractère personnel de M. Gladstone. Une intervention franç_aise en Egypte soit conjointement avec l'Angleterre, soit sans elle, mais avec le consentement de celle-ci, résulte comme possible d'après le texte de documents et d'après la réponse qui m'a P.té donnée par lord Granville au sujet de l'engagement de la France. Pour cela il n'y a pas besoin de pacte secret, mais le projet dc ncutralisation semble exclure toute intention dans ce sens. Maintenant je crois que V. E., dans la réponse qu'elle fera à la communication anglaise, est parf~itement justifiée à dire, si elle le juge convenable, qu'elle pense que tous les engagements par les deux Puissances sont consignés dans les dits documents; mais que peut-étre le Gouvernement anglais serait bien aise de lui en donner spontanément l'assurance. Je dois pourtant faire remarquer que s'il y avait ctes pactes secrets, ce que je suis loin de croire, on ne nous le dirait pas.

281

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 812. Vienna, 24 giugno 1884, ore 17,36 (per. ore 20,55).

Le comte Kalnoky vient de me dire qu'en faisant faire la communication à Londres au sujet de la conférence, il avait voulu remplir un acte de convenance envers le Cabinet anglais dont la communication avait droit à une réponse, mais il s'est toutefois abstenu de se prononcer d'une manière formelle sur l'accord anglo-français qui doit étre l'objet de miìr examen de la part des Puissances. Il m'a dlt que le Gouvernement prussien en agira de méme; il m'a ajouté qu'il a accepté rénnion de la conférence au jour indiqué, vu que les travaux de celle-ci sont indépendents de l'arrangement anglo-français. S. E. espère que la Sublime Porte acceptera d'intervenir à la Conférence, et qu'on fera des recommandations dans ce sens à Constantinople.

(l) Cfr. n. 278

282

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 810. Berlino, 24 giugno 1884, ore 17,45 (per. ore 19,38).

Ce n'est qu'aujourd'hui que le chancelier a reçu de Ems approbation de l'empereur sur l'attitude au sujet de la communication anglaise. Le Cabinet de Berlin s'est abstenu et continue à s'abstenir, pour le moment, de répondre soit sur l'accord anglo-français, soit sur les mesures financières à discuter par la conférence. Il se déclare seulement prèt à s'y faire représenter au jour fixé si les autres Puissances donnent la mème instruction à leurs représentants.

M. Derenthal, consul général au Caire, est désigné pour aider le comte Miinster. La situation ne sera pas davantage éclaircie. Son ambassadeur à Londres devra autant que possible prendre ad référendum. J'ai lu au soussecrétaire d'Etat le télégramme de V. E. du 23 (1), après lui avoir rappelé qu'il m'avait dit, lui-mème, que l'Autriche marcherait d'accord avec ·l'Allemagne. Il trouvait que la réponse de l'Autriche était conçue en termes plus vagues que la ... (2); celle-ci impliquant déjà l'acceptation en principe.

283

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA

T. 410. Roma, 24 giugno 1884, ore 23,55.

Le moment me paralt venu de répondre à la communication de lord Granville. Mon intention est de dire que, sauf à examiner au sein de la prochaine conférence les questions se rattachant au sujet dont celle-ci va ètre saisie, nous sommes dès aujourd'hui en mesure de constater qu'il n'y a, dans les notes échangées entre Granville et Waddington, rien qui soit de nature à devoir ètre l'objet d'objections de notre part. Nous déclarerions en mème temps que nous acceptons de faire assister, le 28 de ce mais, notre plénipotentiaire à la conférence si les autres Puissances acceptent également la convocation pour cette date. Veuillez me téléfraphier le plus tòt possible quelle est, sur ces deux points, l'intention du Cabinet près lequel vous ètes accrédité (3). Si je ne reçois de vous demain mercredi dans la journée des observations qui puissent appeler de ma part examen ultérieur j'enverrai à l'ambassadeur d'Angleterre réponse conçue dans le sens ci-dessus.

(l) -Cfr. n. 277. (2) -Gruppo indecifrato. (3) -Cfr. nn. 281 e 287.
284

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 817. Parigi, 25 giugno 1884, ore 16,20 (per. ore 18,40).

M. Ferry que je viens de voir en ce moment, confirme l'appréciation contenue dans mon précédent télégramme (l) et m'a dit que Granville s'était montré fort contrarié qu'on eO.t interprété autrement sa circulaire. En meme temps M. Ferry a ajouté que, contrairement aux bruits répandus, il n'avait pris aucun engagement au sujet de la rente égyptienne, qu'une telle mesure ne pouvait etre que la conséquence de l'impossibilité démontrée de pourvoir autrement aux finances égyptiennes, ce dont il doutait encore. Je ne lui ai point parlé du dernier télégramme de V.E. (2), relatif à la dette, mais il m'a dit n'avoir encore reçu de l'Angleterre aucune proposition explicite à ce sujet, qui, d'ailleurs, doit etre de la compétence de la conférence.

285

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 418. Roma, 25 giugno 1884.

Questo mio dispaccio sarà consegnato a V. E. dal commendatore Paolo Baravelli, antico ispettore generale nel R. Ministero delle finanze, presentemente commissario italiano presso la Cassa del debito pubblico in Egitto. Aderendo alla mia preghiera, il commendatore Baravelli ha accettato, come già le telegrafai, l'incarico di assistere, in qualità di delegato o commissario ad latus, il plenipotenziario di Sua Maestà nella conferenza che sta per riunirsi in Londra per la trattazione della quistione finanziaria egiziana. Una incontrastabile competenza nella materia ed una illimitata devozione per tutto quello che giovi agli interessi nazionali, additavano al Governo la scelta del commendatore Baravelli, il quale le riescirà indubbiamente prezioso collaboratore.

V. E. vorrà presentare il commendatore Baravelli, nella qualità che gli spetta, sia al primo segretario britannico per gli affari esteri, sia ai colleghi plenipotenziari, adoperandosi acciò gli sia assicurata perfetta parità di trattamento e di riguardi in confronto coi delegati o commissari delle altre Potenze, rivestiti di identiche funzioni.

L'E. v. è autorizzata a fornire al commendatore Baravelli, mediante prelevamento sul credito aperto all'ambasciata presso la banca di Hambro, ogni somma che potesse occorrergli durante la sua permanenza a Londra.

Con la certezza che il commendatore Baravelli saprà pienamente corrispondere alla fiducia del R. Governo ed alla aspettazione dell'E. V., mi valgo...

(l) -T. 792 del 22 giugno 1884. non pubblicato. (2) -T. 411 del 25 giugno 1884, non pubblicato.
286

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, LUMLEY

D. S.N. Roma, 25 giugno 1884.

Per istruzione avutane dal suo Governo, V. E. mi fece l'onore di comunicarmi, con lettere in data del 19 e del 22 di questo mese (1), le note scambiate circa la questione egiziana, il 15, il 16 e il 17 giugno corrente, tra il primo segretario della regina per gli affari esteri e l'ambasciatore di Francia in Londra. Nel rimettermi questi documenti V. E. esprimeva, in nome del suo Governo, la speranza che gli intendimenti in essi esposti fossero per incontrare l'adesione del Governo italiano.

Prego, anzitutto, l'E. V. di volere in mio nome ringraziare lord Granville per questa importante comunicazione.

V. E. mi ha pure chiesto, per istruzione del suo Governo, se il Governo del re sarebbe disposto a farsi rappresentare da un suo plenipotenziario nella conferenza che, per l'oggetto indicato da lord Granville nella sua circolare del 19 aprile scorso, ci si propone di riunire a Londra il 28 di questo mese.

Ben rammenta V. E. come, appena mi giunse il primo invito alla conferenza, contenuto nella sua nota del 24 aprile (1), io tosto le rispondessi, con nota del 26 aprile (1), dichiarando che il R. Governo, desideroso di porgere anche in questa occasione un pegno dei suoi amichevoli sentimenti verso il Governo della regina, accettava la proposta della divisata conferenza. Non fu poscia guarì dissimile, secondo le nostre informazioni, la risposta dei Gabinetti di Berlino, di Pietroburgo e di Vienna.

Il Governo francese avendo desiderato, prima di significare la sua definitiva accettazione, uno scambio preliminare di idee, le conclusioni del quale sarebbero indi state sottoposte alle Potenze, trovo ora riassunte siffatte conclusioni nelle anzidette note scambiate tra lord Granville e il signor Waddington, e da

V. E. cortesemente a me comunicate. Codeste conclusioni, nelle quali, come lord Granville avverte, si contiene tutto ciò che in questa occasione è stato consentito tra i due Gabinetti, si riferiscono, per una parte, al modo della ingerenza collettiva delle Potenze nella gestione finanziaria del Vicereame, e per altra parte, ad alcune intelligenze d'ordine politico.

Sono lieto di poterle oggi confermare, in quanto ci concerne, la accettazione della conferenza. Accettiamo del pari la fissazione del giorno 28 di questo mese per la sua prima convocazione. Il Governo di S. M. ha designato come suo plenipotenziario il r. ambasciatore conte Nigra, autorizzandolo ad assistere nel detto giorno alla conferenza, se vi si troveranno egualmente presenti i plenipotenziari delle altre grandi Potenze.

Disposti, come siamo, a pronunciarci con intendimenti benevoli e concilianti, in seno alla conferenza, circa il programma finanziario che le verrà sottoposto, possiamo intanto dichiararci fin da ora assenzienti ai concetti espressi, su questo

argomento, da lord Granville nella nota del 16 giugno, salvo l'esame delle quistioni speciali che, in attinenza con quei concetti, potessero sorgere nel corso dei lavori della conferenza medesima.

Per quanto, poi, spetta agli intendimenti d'indole politica esposti nelle note da V. E. comunicatemi, sono in grado altresì di riconoscere che, allo stato attuale delle cose, il R. Governo non ha, in massima, a sollevare obiezioni. Un migliore esame potrà farsene quando siano per essere tradotti in forma più concreta. Intanto essi ci sembrano mantenere alla quistione egiziana e al suo definitivo regolamento un carattere europeo, ferma rimanendo l'osservanza dei trattati costituenti la base del diritto pubblico in Egitto, in conformità delle deliberazioni della Conferenza di Costantinopoli e delle costanti assicurazioni del Gabinetto britannico. Ed i provvedimenti annunciati per la libera e sicura navigazione, in ogni tempo, nel canale di Suez, si rannodano ad una proposizione del Governo italiano sullo stesso grave argomento, la quale ottenne, nella Conferenza di Costantinopoli, l'assenso delle Potenze (1).

Prego V. E. di voler recare quanto precede a notizia del suo Governo, lusingandomi che siano per tornargli gradite le presenti nostre dichiarazioni.

(l) Non pubblicata.

287

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3534. Berlino, 25 giugno 1884 (per. il 29).

Je n'ai pu donner connaissance au sous-secrétaire d'Etat du télégramme de

V. E. (2), arrivé ici ce matin vers cinq heures, que vers 3 heures et demie de l'après midi, et mon télégramme (3), vu le temps matériel pour le composer et le chiffrer, n'a été expédié que deux heures plus tard. Je croyais que mon télégramme d'hier (4) aurait suffi pour vous renseigner sur les dispositions du Gouvernement impérial.

Elles n'ont pas varié. En effet, M. le docteur Busch, qui sortait d'une audience chez le chancelier, me déclare que le Cabinet de Berlin maintient son attitude expectante. Il a simplement répondu que l'Allemagne se ferait représenter le 28 juin à la conférence si les autres Puissances agissent de méme. Du reste, pas un mot sur l'accord anglo-français, et le comte de Miinster a l'instruction de prendre ad referendum toute proposition relativement aux mesures financières.

Je ne m'explique pas pourquoi nous répondrions à l'ambassadeur d'Angleterre, en constant dès aujourd'hui que les notes échangées entre lord Granville et M. Waddington ne contiennent rien qui soit de nature à provoquer des object10ns de notre part. Cela équivaudrait à un engagement; nous tirerions, en quelque sorte, notre poudre avant le temps voulu. car la situation n'est

encore éclaircie ni au Parlement à Londres, ni à celui de Paris. D'ailleurs, soit au point de vue politique, soit au point de vue financier, une solution est subordonnée au cours ultérieur d'événements sur lesquels on ne saurait établir des prévisions avec quelque certitude. La voie reste ouverte aux équivoques sur la durée de la occupation, sur l'évacuation de l'Egypte. Les promesses sont à longue échéance. Si M. Gladstone est personnellement et de bonne foi contraire à une occupation permanente, à une prise de possession, il n'a pas compromis l'avenir, et a ménagé à son Pays la possibilité de préparer une annexion, si le vent le pousse d'une manière irresistible dans cette voie. Il aura beau jeu, s'il le veut, pour faire naitre tels incidents qui justifieraient, à un certain point de vue, une pareille politique. De son còté, la France n'a obtenu qu'un minimum de ses désirs à tel point qu'on suppose que sa condescendance en Egypte sera compensée par l'Angleterre au moyen de concessions, notamment dans d'autres parties de l'Afrique. Dans ces conjonctures où la verité est encore si difficile à démeler, je ne pense pas qu'il nous convienne de fortifier l'entente entre ces deux Puissances. Le moment viendra peut-etre, et nous aurions tort de ne pas nous en ménager !es chances, où nous devrions nous rapprocher davantage de l'Angleterre que de la France. Sur ce point je n'ai jamais caché mes préférences; si l'Angleterre a pour nous une bienveillance d'ordinaire assez platonique, nous n'avons rien à attendre de bon de la France. Or, en prenant dès maintenant une position accentuée dan,s Ies affaires égyptiennes, nous nous exposerions, au lieu d'entretenir la rivalité entre ces deux Puissances, à ce que les Cabinets de Paris et de Londres, certains désormais de notre appui, l'accepteraient, pour ainsi dire, comme chose due à aucun titre rémunératoire, et sans nous en tenir aucun compte. Mieux vaut nous faire désirer à Londres, que de nous livrer au premier appel. Agir autrement et en présence d'une situation si peu nette, ce serait faire un saut dans l'obscurité.

Il me semble que si nous ne nous contentons pas de la réponse déjà faite, et a mon avis suffisante, par l'entremise du comte Nigra, nous devrions nous en tenir à répondre à sir John Savile Lumley que l'ambassadeur du roi à Londres a l'instruction de se joindre à ses collègues pour prendre part à la conférence, à l'effet de s'entendre sur Ies mesures financières dont elle sera saisie, et que quant aux questions qui se rattachent, dans !es notes échangées entre lord Granville et M. Waddington, au còté politique des affaires égyptiennes, le Gouvernement britannique connait assez nos sentiments pour etre convaincu que nous Ies examinerons avec cet esprit d'amitié sincère et traditionnelle dans nos rapports avec l'Angleterre.

(l) -I precedenti tre capoversi furono trasmessi, per conoscenza, alle ambasciate a Berlino, Costantinopoli, Londra, Par1g1, P1etroburgo e Vtenna, con T. 419 del 26 giugno 1884. (2) -Cfr. n. 283. (3) -T. 820, non pubblicato. (4) -Cfr. n. 282.
288

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2136. Vienna, 25 giugno 1884 (per. il 27).

L'ambasciatore di Turchia ha ieri domandato a questo ministro degli affari esteri una risposta al telegramma col quale la S. Porta proponeva o di sosti

tuirsi all'Inghilterra nell'occupazione dell'Egitto, o di dare all'occupazione un carattere internazionale col far partecipare ad essa oltre alla Turchia, l'Inghilterra, la Francia, l'Italia e la Spagna. Il conte Kalnoky gli ha risposto ch'egli non credeva attuabile né l'una né l'altra delle due proposte; non la singola occupazione perché la Turchia non si trova in condizioni militari e finanziarie tali da poter accingersi a siffatta impresa; non l'occupazione internazionale, perché la Spagna non è in grado di poter mandare una parte delle sue truppe fuori dello Stato, l'Italia ha già altra volta respinto la proposta di partecipare ad un'occupazione dell'Egitto ed assai probabilmente la respingerebbe pur ora, la Francia ha testé assunto verso l'Inghilterra l'impegno di non intervenire militarmente in Egitto senza il consenso della Gran Brettagna. Esclusa la cooperazione di queste tre Potenze, il progetto di un'occupazione internazionale si trasformerebbe in un'occupazione mista anglo-turca, ed allora la Sublime Porta anziché indirizzarsi alle varie Potenze dovrebbe rivolgersi al Gabinetto di Londra per trattare e regolare con esso la questione.

289

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 420. Roma, 26 giugno 1884, ore 18,35.

Je viens de transmettre à V. E. la partie essentielle de ma note à l'ambassadeur d'Angleterre. Me référant à votre télégramme d'hier soir (1), je dois prier V. E. de vouloir bien remarquer que, l'ambassadeur d'Angleterre m'ayant adressé des notes officielles, je ne pouvais pas, d'après l'usage, me dispenser de lui répondre dans la méme forme. V. E. voit d'ailleurs que ma réponse ne contient guère d'engagement absolu et qu'elle ne diffère pas sensiblement à cet égard de la réponse autrichienne. Il est évident que nous ne pouvions pas, en cette circonstance, rester en arrière du langage de l'Autriche-Hongrie dont l'intérét à se ménager la bienveillance de l'Angleterre est bien moindre du nòtre et qui n'attache pas autant de prix que nous à renforcer la situation du Cabinet libéral en Angleterre. Nous tenons aujourd'hui camme toujours à nous maìntenir sur le méme alignement que nos deux alliés, mais nous ne saurions abdiquer une légitime liberté d'allures quand à Vienne on n'a pas scrupule de s'écarter de la méthode indiquée de Berlin, et alors surtout que nous ne pouvons guère compter que sur nous-méme pour la sauvegarde de nos intéréts dans la Méditerranée.

(l) T. 820 del 25 giugno, non pubblicato.

290

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2138. Vienna, 26 giugno 1884 (per. il 29).

Ho ricevuto iermattina il telegramma (l) col quale l'E. V. mi faceva conoscere il tenore della risposta ch'ella intendeva fare alla comunicazione di lord Granville, relativa alla Conferenza di Londra, e mi ordinava di telegrafarle in giornata quali decisioni avesse preso in proposito il Gabinetto di Vienna.

Quantunque dal colloquio che avevo avuto il giorno innanzi con questo ministro degli affari esteri, e del quale avevo mandato un sunto per telegrafo (2) a V. E., mi risultasse che la risposta data dal conte Kalnoky a lord Granville non differiva da quella che si proponeva di dare l'E. V., ciononostante ho creduto opportuno di abboccarmi nuovamente col ministro imperiale per conoscere se nel frattempo nulla fosse avvenuto di natura a modificare le decisioni prese dal Governo del re.

Il conte Kalnoky, dal quale mi sono recato ieri, mi ha confermato quanto egli mi aveva detto il giorno prima, e la risposta da lui data a lord Granville circa all'accordo anglo--francese, e le istruzioni trasmesse al conte Karoly relativamente alla convocazione della conferenza pel 28 di questo mese.

Avendogli io dato confidenzialmente conoscenza della risposta che l'E. V. aveva intenzione di fare alla comunicazione inglese, il conte Kalnoky constatò con piacere che essa era pienamente conforme alla sua. S. E riteneva che nello stesso senso sarebbe concepita la risposta del Gabinetto di Berlino, ma fino allora nulla eragli stato detto in modo positivo. In quanto alla Turchia, il conte Kalnoky mi ripeteva che teneva assai acché il plenipotenziario ottomano assist::t alla conferenza, sia per la questione di principio trattandosi di adottare dei provvedimenti in una provincia che è sotto la sovranità della Porta, sia per le difficoltà che a causa dell'astensione del plenipotenziario ottomano potrebbero essere più tardi sollevate nell'esecuzione delle deliberazioni della conferenza.

Ragionando poscia sull'insieme delle proposte inglesi, il ministro imperiale esprimevami la persuasione che l'accordo anglo-francese otterrà l'approvazione tanto delle Camere inglesi che delle francesi, e che i Gabinetti saranno così posti in grado di procedere ad uno scambio d'idee sui patti in esso stipulati.

Le basi di quell'accordo richiedono un attento esame da parte delle Potenze e S. E. indicavami tra gli altri come specialmente degno di maturo studio l'articolo relativo a11a neutralizzazione dell'Egitto.

Del progetto finanziario che dovrà essere argomento delle deliberazioni della conferenza qui nulla ancora si sapeva; e sarebbe stato opportuno che il Governo brittannico ne avesse data previa comunicazione ai Gabinetti per dar loro il tempo di studiarlo.

Il Gabinetto di Londra erasi durante le trattative con la Francia fermamente opposto ad estendere le attribuzioni della conferenza al di là della questione puramente finanziaria. Ora però dalle notizie qui avute. sembrerebbe

(ll Cfr. n. 283.

ch'esso abbia mutato avviso manifestando il desiderio che fosse data maggior latitudine ai lavori della conferenza.

Avendo a deliberare sullo assetto delle finanze egiziane i plenipotenziarii dovranno evidentemente occuparsi dei poteri di cui sarà a suo tempo investita la Commissione della cassa del debito pubblico, e perché questa è una delle questioni contemplate nell'accordo anglo-francese, il campo riservato di siffatto accordo dovrà necessariamente essere invaso almeno in parte dalla conferenza.

Il barone Vetsera, delegato austro-ungarico alla Commissione della cassa del debito pubblico egiziano, è stato scelto dal Governo imperiale e reale come secondo plenipotenziario alla conferenza. Egli è partito iersera da qui alla volta di ~ondra.

Confermo a V. E. il telegramma che ho avuto l'onore di spedirle ieri.

(2) T. 816 del 25 giugno 1884, non pubblicato.

291

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3536. Berlino, 27 giugno 1884 (per. il 30).

Nella seduta di ieri durante la discussione del trattato di commercio testé stipulato tra la Germania e lo Stato di Corea, di cui è cenno in un mio rapporto commerciale, ebbe luogo al Reichstag uno scambio d'idee circa il disegno di legge relativo alla sovvenzione di fondi da concedersi in favore della navigazione tedesca transatlantica (mio rapporto commerciale n. 1698) (1). L'Assemblea non parve punto disposta a votare senz'altro i fondi necessarii, poiché gli oratori delle varie frazioni han manifestato il desiderio di studiare maturamente e senza precipitazione una questione che diventa ancora più grave dopo che il principe di Bismarck la considerò in certo modo come connessa con la quistione della politica coloniale della Germania.

In questa occasione il cancelliere dell'Impero ha ripetuto ciò che aveva esposto in seno alla commissione del bilancio a riguardo della sua politica coloniale e che io ebbi l'onore di riferire col mio rapporto n. 3533 di questa serie (l). Ma oltre a ciò, rispondendo ad una osservazione fatta dal deputato Richter ci.rca l'insufficienza della marina da guerra tedesca, il principe di Bismarck aveva fatto notare nella commissione del bilancio, che gli interessi tedeschi si possono difendere pure sul continente, per esempio dinanzi a Metz. Ora ri\,ornando su questo argomento egli ha creduto utile di dichiarare al Reichstag con una certa insistenza che la Germania si trova in amichevoli relazioni con la Francia. Non la Germania soltanto, ma egli specialmente è in buoni rapporti con quella Potenza, rapporti che non possono soffrire danno dalle parole altrui. Immediatamente dopo la pace di Francoforte sul Meno si supponeva da varie parti che la Germania avrebbe fatto ben presto un'altra guerra alla Francia. Nel 1875 il partito del centro affermò che esso aveva in mano la pace e la guerra: infine da tutta intera la situazione si aveva l'impressione come se, al pari di Federico II dopo la prima guerra silesiana, si dovesse attendere ad un.a seconda guerra con la Francia. Né mancarono coloro che cercavano

recare in atto una simile eventualità; non solo in Francia ma anche presso le altre Nazioni vi era questa tendenza. Ebbene, dopo quasi 14 anni scorsi dal tempo in cui si credeva prossima una guerra con la Francia, si deve riconoscere che la politica è oggi tanto pacifica da essere assolutamente inverosimile che sia prossima una guerra. Con tutti i governi francesi, con l'attuale e coi passati, la Germania ha avuto tali relazioni di fiducia che è bastato in ogni tempo la personale parola del cancelliere dell'Impero per rassicurare la Francia circa le intenzioni del governo tedesco. Dopo una inimicizia storica e secolare è molto che esista e si mantenga intatta attraverso tanti mutamenti di governi una tale misura di fiducia. Il principe di Bismarck dichiarò inoltre di potere rassicurare l'Assemblea che anche oggi esiste tale fiducia in sommo grado; e che i rapporti della Germania con la Francia, cioè col Governo francese, sono appunto tanto amichevoli quanto con qualsivoglia altra Potenza europea. Non è probabile che per via dell'opposizione di un deputato possano sorgere tali difficoltà con la Francia da mettere in campo la possibilità di una guerra fra i due Stati. Fra il Governo tedesco ed il Governo francese regna oggi una piena fiducia sul mantenimento dei reciproci buoni rapporti. Ogni mira della Francia, che non sia diretta al ripristinamento dell'antico ed anormale stato di cose del tempv di Luigi XIV è accolta con benevolenza dalla Germania. «Posso dunque, conchiuse cosi il suo dire il principe di Bismarck, rassicurare l'Assemblea non solo, ma altresì tutti quanti, su i timori di una guerra con la Francia, almeno secondo che è dato all'umana previdenza ».

Le dichiarazioni che precedono sono tanto esplicite da non avere bisogno di commenti. Di rado il principe di Bismarck si esprime sulla situazione politica estera e sullo stato dei rapporti fra la Germania e la Francia con un tuono così marcato di ottimismo.

Se è lecito dubitare che il cancelliere dell'Impero abbia poi in realtà una così fatta fiducia nella Francia (e si potrebbe aggiungere nella Russia) ciò nondimeno avrebbe un interesse positivo a mostrare al pubblico che egli la possiede, tanto per tenere lontana ogni minaccia di guerra. In questo caso sarebbe stato calcolo da parte sua l'adoperare un linguaggio ripieno di sensi cosi confidenti, non fosse altro per non commuovere l'opinione pubblica.

(l) Non pubblicato.

292

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 844. Londra, 28 giugno 1884, ore 11,59 (per. ore 15,50).

Les commissaires égyptiens qui assisteront à la Conférence sont Blum-pacha et Tigrané-pacha; !es autres commissaires présents à la séance d'aujourd'hui sont pour l'Angleterre, sir E. Baring; pour la France M. Blignières; pour l'Autriche M. baron Vetsera, pour l'Allemagne M. Derenthal. J'ai annoncé arrivée de M. Baravelli pour lundi. La lutte entre l'Angleterre et la France sur Ies questions financières sera très vive et on ne peut pas prévoir l'issue. La théorie des français est que l'Egypte, si elle est bien administrée, a de quoi payer ses créanciers sans réduction. Ils s'opposeront par conséquent, à toute réduction de la dette égyptienne. D'autre part, le Gouvernement anglais semble décidé à maintenir ses propositions; mais je crois qu'il fera des concessions; par exemple je pense qu'il consentira à trois pour cent d'intéret de ses actions du canal; mais tout ceci n'est qu'une supposition. J'espère que V. E. aura donné des instructions claires et précises à M. Baravelli, qui de son còté se sera procuré toutes les données à l'égard des intérets financiers de nos nationaux en Egypte. D'après ce que je vois, la conférence pourrait bien durer plus longtemps qu'on ne 1croit et je n'ai pas la certitude qu'elle aboutisse à une entente.

293

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO DELLA GUERRA, FERRERO

D. S.N. Roma, 28 giugno 1884.

Sull'argomento delle manovre militari che si stanno facendo presso la nostra frontiera da truppe francesi, scrive il r. console generale a Nizza che dette manovre assumono in quest'anno un'importanza maggiore che negli anni passati, in cui lo scopo limitato alla difensiva era specialmente diretto a risolvere il problema dell'approvvigionamento nell'ipotesi di irruzione dell'esercito italiano.

Da quanto venne assicurato allo stesso r. console generale, lo Stato Maggiore francese, tenendosi per sicuro di aver risolto questo problema dell'approvvigionamento, si sarebbe ora proposto di imprimere alle manovre un carattere offensivo. A tale scopo un numero considerevole di ufficiali, più di quanto richiegga il limitato numero di truppe impegnato nelle manovre, venne destinato a studiare le posizioni e preparare i movimenti eventuali per una invasione.

Il 24 giugno giungevano da Parigi 26 ufficiali appartenenti alla scuola di guerra, i quali dovevano recarsi alla frontiera l'indomani stesso. Tanto pregiasi il sottoscritto comunicare a codesto onorevole Ministero per sua opportuna informazione.

294

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3540. Berlino, 29 giugno 1884 (per. il 6 luglio).

En suite du télégramme de V. E. du 5 mai (1), confirmé par la dépeche affari in genere n. 2969/6393, du 7 du meme mois (2), je m'empresse ainsi que j'en avais suggéré l'idée, de demander une audience au prince de Bismarck per l'entremise du comte Hatzfeld. J'avais soin d'en indiquer le seul et unique motif, car je savais que le chancelier décline des entrevues où l'on voudrait l'amener à s'énoncer sur des affaires politiques à l'ordre du jour. Dans le cours de cette année, il a vu une seule fois les ambassadeurs d' Angleterre et de Fran

ce, et ce dernier parce qu'il allait se rendre à Paris et se mettait à la disposition de Son Altesse dans le cas où il y aurait quelque message à transmettre à son Gouvernement.

Le prince de Bismarck se montrait disposé à me recevoir aussitòt que ses occupations le lui permettraient. Son temps ayant été pris par les travaux parlementaires, et l'état de sa santé l'ayant obligé à s'absenter pour trois semaines, ce ne fut qu'après son retour de Friederichsruhe qu'il me priait de venir chez lui.

Je me bornais à le remercier, au nom du Gouvernement du roi et nommément de la part de V. E., de son intervention décisive pour l'admission de nos titres de rente parmi les valeurs sur lesquelles la banque impériale accorde des avances en espèces. Le Gouvernement de Sa Majesté lui devait gré d'avoir bien voulu par sa haute autorité assurer à nos démarches un accueil favorable. Le chancelier me chargeait de me rendre à Rome l'interprète de sa reconnaissance pour ce message. Il était au reste indiqué qu'il fut tenu compte de notre désir, vu l'état florissant (blUhend) de nos finances. L'Italie a été vraiment privilégiée de compter parmi ses hommes d'Etats des ministres aussi bien doués pour accroitre les revenus du budget, et pour développer les ressources économiques du Pays. La Prusse n'a pas eu la mème bonne fortune dans les années qui ont précédé l'avénément au pouvoir du ministre actuel des finances qui se montre à la hauteur de sa position.

J'allais me congédier puisque je savais que Son Altesse était attendue au Reichstag. Mais il se mit à parler de l'Egypte. Par mon rapport n. 3530 du 21 juin (l) auquel je ne puis que me référer, j'ai déjà rendu compte de son langage. Il s'est abstenu de toute allusion au Maroc, à la Propaganda Fide, aux relations avec les Puissances notamment, avec l'Italie. Il a pour habitude de se dérober à toute discussion dont il n'a pas lui-mème fourni le thème. J'ai donc évité toute interpellation.

J'ai seulement profité de la circostance pour le féliciter de ses succès au Reichstag, pour la loi relative à l'assurance contre les accidents (umfall versicherungs Gesets). Il s'en montrait satisfait. Cette loi malgré certaines imperfections constituait un progrès. Il avait cru devoir s'abstenir de prendre la parole dans les dernières discussions à ce sujet; ses discours auraient pu froisser l'un ou l'autre des partis qui forment une majorité de coalition. Parmi ces partis il s'en trouve un qu"il n'a pas autrement désigné, mais il évident qu'il s'agissait de la fraction du centre avec lequel il se souciait peu de marcher, mais il le fallait pour obtenir des votes suffisants aux réformes sociales dérivant de l'obligation de l'Etat de garantir, dans une certaine mesure, l'existence matérielle des classes qui ne peuvent défendre elle-mème leurs intérèts. On lui avait attribué, d'autre part, un pian arrèté de combattre le libéralisme en Allemagne et ailleurs. Mais ce à quoi il travaille dans son propre Pays, c'est de le mettre en garde contre les excès du parlementarisme qui conduisent tòt ou tard à l'anarchie à l'intérieur, et à l'impuissance vis-à-vis de l'étranger.

En vous transmettant ci-joint dument signés récepissés des documents diplomatiques, 15, 17 et 24 courant, ...

(l) -T. 266 del 3 maggio 1884, non pubblicato. (2) -Non pubblicato.

(l) Cfr. n. 272.

295

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 430. Roma, 30 giugno 1884, ore 18,30.

Les données que nous possédons étant encore assez vagues et notre attitude devant aussi se régler d'après les dispositions que les autres Puissances vont manifester, il ne nous a été possible de donner à M. Baravelli que des instructions verbales conçues en termes généraux et susceptibles de modifications ultérieures. Les deux points principaux sont la réduction de l'intéret pour tous les emprunts actuels et la garantie de l'Angleterre pour le nouvel emprunt. Quant à la réduction nous serions naturellement portés à l'écarter, soit parce que notre ròle doit etre surtout de plaider la cause des porteurs, soit parce que des hommes compétents, M. Baravelli lui-méme entr'autres, pensent qu'une pareille mesure n'est pas nécessaire pour mettre l'Egypte en mesure de se procurer le nouvel emprunt. Mais il est clair que si, comme il est probable, la France, plus interessée que nous à cet égard, se charge de l'initiative d'une opposition il nous convient d'en profiter sans trop nous engager nous-meme dans le cas nommément où les autres Puissances se montreraient de leur còté plus ou moins indifférents. Quant à la garantie anglaise, dont l'avantage est appréciable au point de vue strictement financier, les objections seraient plutòt d'un caractère politique. Il nous importe donc de voir d'abord quelle va etre, sur ce poìnt aussi, l'attitude des autres Puissances et de chercher à connaitre si et dans quelle mesure le Gouvernement anglais tient au maintien de ses propositions à cet égard. Il est évident, d'ailleurs, que si autre la réduction générale du taux d'intéret, on attribue pour le nouvel emprunt les privilèges et la précédence absolue que l'Angleterre propose, la garantie pour le trésor britannique ne serait plus que nominale. Je renouvelle à V. E., soit pour les deux points indiqués dans ce télégramme, soit pour toute autre sujet se rattachant à la conférence, prière de me tenir au courant de tout ce qui pourrait m'etre utile pour l'appreciation de la situation et pour la fixation de nos propres idées.

296

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 1591. Roma, 30 giugno 1884.

Ho l'onore di segnar ricevuta del rapporto di V. E. in data del 25 corrente (1).

Confermando il telegramma che ebbi l'onore di spedire a V. E. il 26 corrente (2) per informarla del tenore della nota da me diretta a sir John Savile Lumley in risposta alle comunicazioni da essa fattemi relativamente alla riunione della conferenza, la prego di osservare che in questa circostanza l'am

basciatore d'Inghilterra avendomi diretto delle comunicazioni ufficiali, non potevo, correttamente, fare a meno di rispondergli nella stessa forma. V. E. d'altronde vedrà che la nostra risposta non contiene un'accettazione assoluta dell'accordo anglo-francese, e non differisce sostanzialmente a questo riguardo dalla risposta fatta dal Governo austro-ungarico. Era inoltre evidente che in questa circostanza l'Italia non poteva tenere un linguaggio meno esplicito dell'Austria, la quale ha un minore interesse di non alienarsi la benevolenza dell'Inghilterra, e che non annette la stessa importanza a consolidare il Gabinetto liberale.

Noi desideriamo oggi, come sempre, di mantenere la stessa linea di condotta che i nostri due alleati, ma con ciò non intendiamo di abdicare la nostra legittima libertà d'azione in questa circostanza, che il Gabinetto di Vienna stesso ha stimato conveniente di allontanarsi dal metodo dapprima adottato a Berlino, sovrattutto quando sappiamo di non poter contare su di noi stessi per la tutela dei nostri interessi nel Mediterraneo.

In un rapporto del r. incaricato d'affari a Vienna in data del 26 corrente, che sarà comunicato a V. E. nella serie XXX dei Documenti Diplomatici (1), è riferita la dichiarazione del conte Kalnoky, il quale considera la nostra risposta, come pienamente conforme alla sua, e ritenere egli che la risposta del Gabinetto di Berlino sarebbe concepita nello stesso senso.

(l) -Cfr. n. 287. (2) -Cfr. n. 289.
297

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 858. Londra, 1° luglio 1884, ore 15,30 (per. ore 17,40).

Baravelli est arnve ce matin et j'ai conféré avec lui. J'ai aussi reçu le télégramme de V. E. contenant les instructions génériques (2). Je les trouve sages, et telles que le comporte une situation encore mal définie sur tout en ce qui concerne la majorité des Puissances. Il est évident que nous devons laisser à la France en ce qui concerne intéret de la dette, initiative qu'elle a prise et qui lui est due comme représentant de la plus grande part des intérets. Baravelli et moi nous vous tiendrons au courant de tout.

298

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3543. Berlino, 1° luglio 1884 (per. il 5).

Il n'en est pas de l'accord anglo-français comme d'une belle peinture; plus cn le considère et moins on l'admire. On ne pouvait, il est vrai, s'attendre à

un chef-d'reuvre, lorsque les préoccupations des auteurs on été moins d'assurer en première ligne les intérets de l'Egypte, que de se tirer, par un compromis, du mauvais pas où l'on s'était placé de part et d'autre.

Telle est l'impression que je viens de recueillir d'un entretien avec le secrétaire d'Etat, de retour depuis avant-hier d'un congé. Sans aborder le còté politique de la question dans ses détails, il énonçait sur l'ensemble un jugement peu favorable. Mais c'était surtout relativement aux affaires financières que des critiques perçaient dans son langage. Les diplomates réunis au Foreign Office ont la perspective de voir leur oeuvre soumise à la décision de la Chambre des Communes avec la possibilité de la voir anéantie par un refus. Il ne serait guère admisible que l'aréopage européen se prétàt à une telle éventualité. D'ailleurs, est-il bien prouvé que la conférence parviendra à une entente? On prétend que les conseillers financiers adjoints à M. Waddington prendront une attitude qui les mettra dans une situation non pas assurément d'hostilité, mais de discussion permanente avec le Gouvernement anglais. Le Cabinet de Paris, sous la pression de l'opinion publique, ne semble nullement disposé à consentir à une réduction de la dette égyptienne ni à l'emprunt, du moins dans sa totalité, de 200 millions, sous la garantic de l'Angleterre. Le comte Munster a l'instruction de prendre ad referendum. Son collègue d'Autriche agira vraisemblablement de meme.

Le comte de Hatzfeldt avait lu un extrait télégraphique du discours de V. E. à la Chambre des députés (sé ance du 30 juin). Il en résultait que nous nous proposions d'agir à la conférence dans un esprit de conciliation. Ce ròle, disaitil, sera assez malaisé à remplir. Je laissais comprendre que ce ròle répondait cependant aux intérets généraux de l'Europe, et aux intérets particuliers de l'ltalie, car pour la sauvegarde de ceux-ci dans la Méditerranée, l'Allemagne et l'Autriche se tiennent sur la réserve, et la France certainement ne se prononcera pas en notre faveur. Dans ces conjonctures, nous devions nous appliquer, comme V. E, l'indiquait, à soutenir les intérets de l'Europe et de l'Italie, sans accroltre les embarras de l'Angleterre, et chercher plutòt à l'appuyer dans sa tàche difficile.

C'était mon devoir de parler ainsi, malgré quelques divergences de vues, entre la manière de voir de V. E. et la mienne. L'opposition est de mise avant l'adoption d'un programme de Gouvernement, mais du moment où il a été fixé il ne reste qu'à s'y conformer.

Par mon rapport n. 3536 du 27 juin échu (1), je me suis permis de réduire certaines déclarations du prince de Bismarck, à ce que je croyais leur juste valeur. V. E. se souviendra qu'à une séance de la commission du budget (rapport n. 3533) (2) il répondait à M. Bamberger, lequel exprimait des craintes, qu'en formant des établissements au delà des mers, l'Allemagne ne s'exposàt à recevoir des «chiquenaudes » sans avoir toujours, pour les rendre, des forces navales suffisantes sur place: «Vous oubliez que l'amitié de l'Allemagne a une grande valeur pour l'Angleterre, et quant à la France, celle ci s'étend devant les portes d'attaque de Metz ». Les journaux de l'opposition ayant donné à ces paroles une signification hostile, en chargeant meme les couleurs, le chancelier

23 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XVII-XVIIJ;

deux jours plus tard s'en expliquait au Reichstag dans des termes où, à son tour, il dépassait le but, en plaçant les relations de confiance avec le Gouvernement français sur la meme ligne que s'il s'agissait de l'un ou l'autre de ses alliés.

Pour démontrer combien nous devions nous tenir sur nos gardes en tout ce qui touche le bassin de la Méditerranée où l'Allemagne ne se dit intéressée que très secondairement, et pour vérifier l'exactitude de mon interprétation du discours du prince de Bismarck, j'en rappelais ce passage: « Nous envisageons avec bienveillance toute tendance (Bestrebung) française qui ne serait pas dirigée à retablir l'ancien et anormal état de choses lequel datait de Louis XIV:..

Le secrétaire d'Etat répliquait qu'il convenait en effet d'accueillir cum grano salis cette déclaration, faite surtout dans un but parlementaire.

Je n'ai pas insisté. Mais lors meme que le chancelier n'ait pas entendu par la accorder pleins-pouvoirs aux français pour tout ce qui se passerait au delà des Vosges et du Rhin, il est é·;ident que ses assurances ne sont pas de nature à calmer le Cabinet de Paris dans sa politique d'expansion coloniale (1).

(l) -Cfr. n. 290. (2) -Cfr. n. 295. (l) -Cfr. n. 291. (2) -Non pubblicato.
299

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. 442. Roma, 4 luglio 1884, ore 19,15.

Si vous avez l'occasion de voir M. Ferry veuillez l'assurer que nous ferons tous nos efforts pour que le projet concernant la juridiction à Tunis puisse etre voté par scrutin secret au Sénat qui s'est malheureusement trouvé deux fois ne pas etre en nombre légal. Nous l'avons fait convoquer tout exprès pour demain, espérant qu'il sera cette fois en nombre. J'ai à cet effet télégraphié moi-meme à un nombre considérable de sénateurs absents.

300

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 874. Londra, 5 luglio 1884, ore 22,20 (per. ore 1 del 6).

J'ai lieu de croire que la Russie et l'Allemagne se proposent de demander d'etre représentées éventuellement dans la Commission de la caisse de la dette

«Segnar ricevuta e ringraziare. Riserbandoci di tornare ancora più diffusamente, al momento opportuno, circa la questione oramai d'interesse retrospettivo a cui il conte de Launay nuovamente allude in questo rapporto, dobbiamo intanto notare come dal contenuto del rapporto stesso sempre più manifesta si faccia la convenienza, per l'Italia, di ricercare nell'amicizia dell'Inghilterra e nella reciproca cordialità di rapporti, la garantia per la preservazione e 11 riconoscimento delle importanti ragioni che cl spettano in ogni eventuale regolamento delle cose egiziane ». In base a tale annotazione venne redatto 11 D. 1593 del 6 luglio 1884 diretto all'ambasciata a Berlino, non pubblicato.

publique égyptienne du moment qu'on place les affaires d'Egypte sur le terrain international. Je crois que la demande de ces Puissances ne saurait ètre rejetée, je ne pense pas que la question soit passé devant la conférence. Toutefois j'aimerais avoir des instructions là-dessus. La réunion des délégués financiers a eu lieu hier, mais on n'y a rien proposé. Outre les délégués dont j'ai envoyé le nom dans ma dépèche du 29 juin (1), un nouveau délégué français, M. Barrère, assistait à cette réunion et il assistera aux suivantes. La prochaine réunion des délégués aura lieu lundi. On s'attend à ce que M. de Blignières y fasse ses propositions tendantes à demontrer que la réduction de l'intérèt des dettes n'est pas nécessaire pour faire face aux besoins du budget égyptien.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:

301

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A MADRID, BLANC

D. 60.

Roma, 7 Zuglio 1884.

Stimo utile di riferire la sostanza di una conversazione confidenziale che io ebbi parecchi giorni or sono col ministro di Spagna.

Preoccupandosi della contingenza che le questioni connesse con la libera navigazione nel canale di Suez abbiano a formare il tema di deliberazioni tra le Potenze, o nella Conferenza di Londra, o in altra prossima occasione, il Gabinetto di Madrid desidererebbe che il Governo italiano prendesse, eventualmente, l'iniziativa di proporre che la Spagna, come Potenza mediterranea, e come Potenza avente oltre il canale, nell'estremo Oriente, vasti dominii con notevolissima somma d'interessi, sia ammessa a partecipare alla discussione e a qualsivoglia accordo che fosse per seguirne.

n signor Mendez de Vigo aggiungeva che in seguito a prime indagini già fatte, il Gabinetto di Madrid ha ragione di credere che i Gabinetti di Berlino, di Vienna e di Parigi non siano alieni dall'accogliere la proposta quando questa fosse fatta da altra Potenza amica della Spagna; ond'era naturale che il pensiero del suo Governo si volgesse, in questa circostanza, al Governo del re, l'Italia e la Spagna essendo reciprocamente legate dal duplice vincolo di un'intima amicizia e d'una evidente identità d'interessi nelle quistioni attinenti al Mediterraneo, manifestatasi già nella Conferenza di Costantinopoli del 1882 appunto in relazione a proposta riflettente il canale di Suez.

Rispondendo al ministro di Spagna, gli dissi anzitutto quanto ci riuscisse grata e lusinghiera questa nuova dimostrazione della cordialità dei sentimenti che la Spagna nutre verso l'Italia, sentimenti che sono, da parte nostra, contraccambiati con egual cordialità. Ricordai al signor Mendez de Vigo i particolari del negoziato del 1882, quando fu soprattutto mercé gli offici del R. Governo, che la Spagna vide riconosciuto concordemente da tutte le Potenze il diritto suo di prender parte al divisato servizio di polizia internazionale e di sorve

glianza nel canale di Suez. Né può dubitarsi che ciò costituisca un precedente in favore dell'attuale domanda del Gabinetto di Madrid qualora (come per il momento non sembra probabile) la questione relativa al regime internazionale del canale di Suez dovesse formare ora soggetto di deliberazione tra le Potenze. Però, ora, come già in quella circostanza, al Governo spagnuolo non meno che al Governo italiano, deve stare a cuore che, prima della enunciazione di una proposta qualsiasi, sia acquisita, mediante acconcia investigazione, la certezza d'un favorevole accoglimento della proposta stessa da parte di tutte le Potenze. Se voglionsi eliminare eventuali suscettibilità e se vuolsi soprattutto evitare che la quistione si complichi per considerazioni attinenti ai rapporti tra le altre Potenze, tale investigazione ci parrebbe dover essere fatta dalla Spagna stessa, la quale ha facile modo di manifestare la sua opinione ai varii gabinetti e di provocarne una dichiarazione, meglio ancora se per iscritto, dei loro intendimenti a codesto riguardo. Dal canto nostro, qualora il Gabinetto di Madrid si trovasse in grado di fornirci la dimostrazione delle buone disposizioni delle Potenze, e l'occasione propizia fosse per presentarsi, noi non avremmo difficoltà a prendere la desiderata iniziativa ed a patrocinare la risposta con tutta l'efficacia d'azione che per noi si possa.

II signor Mendez de Vigo mi sembrò soddisfatto della mia dichiarazione che mi disse indi d'aver fedelmente riferito al suo Governo.

Le indicazioni contenute in questo mio dispaccio sono per semplice informazione di lei, per il caso che dello stesso argomento le fosse tenuta parola dal signor ministro di Stato, non essendo naturalmente opportuno che ella si faccia a discorrerne spontaneamente con S. E. Dal canto mio, mi asterrò dal tornare su questo delicato soggetto, a meno che il signor Mendez de Vigo riceva, a suo tempo, incarico di porgermi a tale riguardo ulteriori comunicazioni dal suo Governo.

(l) R. 637/892, non pubblicato.

302

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2738. Therapia, 7 luglio 1884 (per. il 15).

L'E. V. conosce come la quistione della frontiera turco-montenegrina non ricevesse mai una soluzione definitiva. Era, invero, stata definita la linea nella valle della Zeta che in ailtri tempi aveva costituito la maggior difficoltà. Rimaneva tuttavia in discussione la parte che sta verso il Lim, dove, essendosi convenuto per qual valle dovesse passare la frontiera, la Turchia pretendeva ritenere i villaggi turchi che si trovavano al di là di essa, dimodoché rendevasi impossibile di tracciare la relativa linea. Ed alcuni mesi sono, il principe di Montenegro mandava qui un incaricato di affari colla missione speciale di condurre a buon fine questa pendenza. Egli finiva, infatti per intendersi colla Sublime Porta sopra la linea a seguire e l'idonea comunicazione iva a palazzo dove rimaneva per alcune settimane.

Il signor Wucowitch venne ora a significarmi essere stato emanato da

S. M. il Sultano l'iradè che approva quel componimento ed ordina di impartire <'i commissari di delimitazione l'istruzione di tracciare la linea a secondo di esso di modo che, se ulteriori difficoltà non vengono sollevate da parte di questi, può sperare che la interminabile questione della frontiera turco-montenegrina sia per essere definitivamente sciolta.

Ho l'onor di segnare a V. E. ricevuta dei suoi riveriti dispacci del 22, 23, 26, e 28 giugno e 3 luglio, n. 1671 e 1674 (1) e mi valgo di questa occasione per rinnovarle ...

303

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. 449. Roma, 8 luglio 1884, ore 16,30.

La loi concernant juridiction à Tunis va ~tre incessamment promulguée. Le moment est dane venu de nous mettre d'accord avec le Gouvernement français pour la mise à exécution de nouveau régime. Je vais soumettre à cet effet à la signature du roi un décret statuant la date à partir de laquelle le régime actuel sera remplacé à Tunis envers les italiens par celui dont le protocole 25 janvier énumère les conditions et les modalités. Nous admettrions à cet effet soit le premier aoftt, soit le premier septembre, soit toute autre date que le Gouvernement français préférerait en vue de faire coincider la cessation de toutes les juridictions consulaires qui subsistent encore à Tunis. Peut-~tre ne sarait-il pas impossible de faire également coincider avec l'inauguration du nouveau régime la promulgation du décret beylical qu'on nous a déjà annoncé camme étant préparé, et qui étendrait la nouvelle juridiction aussi aux indigènes pour les actions personnelles et mobilières. Je prie V. E. d'en conférer avec

M. Ferry et de me faire connaitre son avis le plus tot possible (2).

304

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA

T. 451. Roma, 8 luglio 1884, ore 19.

Notre ambassadeur à Londres télégraphie (3) que le plénipotentiaire turc a l'ordre de présenter à la conférence une protestation contre l'abandon du Soudan résultant du projet de budjet égyptien, et que d'après ses renseignements

le plénipotentiaire austro-hongrois, en mème temps qu'il fera une déclaration pour reconnaitre les droits du sultan sur l'Egypte, s'exprimera de façon à laisser la question de Soudan en dehors des discussions de la conférence. Sans faire allusion à la deuxième partie du télégramme du comte Nigra, tachez de savoir me dire le plus tòt possible quel est le langage que le plénipotentiaire autrichien à Londres a effectivement instruction de tenir en présence de la déclaration du plénipotentiaire ottoman (1).

(l) -Non nubblicat!. (2) -T. 1110 del 12 lugUo 1884, non pubblicato. (3) -T. 882 del 'l luglio 1884, non pubblicato.
305

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 452. Roma, 8 luglio 1884, ore 19,15.

J'ai télégraphié à Vienne (2) chargeant Galvagna de prendre des renseignements, bien entendu sans vous citer. En attendant, si le plénipotentiaire ottoman faisait la déclaration annoncée concernant le Soudan, V. E., devant prendre la parole, pourrait dire qu'elle n'a pas sur ce point d'instructions spéciales, mais qu'elle connait assez les vues du Gouvernement du roi pour ètre en mesure de constater que l'Italie n'a jamais admis qu'on put porter atteinte aux droits du sultan en Egypte tels qu'ils résultent des traités.

306

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 888. Vienna, 9 luglio 1884, ore 17 (per. ore 17,55).

Le Cabinet autrichien ne sait rien de la protestation que le plénipotentiaire ottoman aurait l'ordre de présenter à la conférence contre l'abandon du Soudan. Le comte Karoli n'a rien télégraphié à ce sujet. L'ambassadeur de Turquie a prévenu avant-hier le comte Kalnoky d'avoir reçu de Constantinople avis que les instructions, envoyées à Musurus et dont le texte avait été communiqué ici le 27 juin, auraient été modifiées dans la partie qui a trait à l'arrangement anglaisfrançais. L'ambassadeur de Turquie n'ayant pas précisé ces modifications, le Cabinet de Vienne n'est pas en mesure de se prononcer là-dessus (3).

dra con T. 4!06, pari data.

(l) -Cfr. n. 306. (2) -Cfr. n. 304. (3) -I prlml due capoversi del presente telegramma vennero trasmessi all'ambasciata a Lon
307

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 1677. Roma, 9 luglio 1884.

Il r. ministro al Montenegro m'informa che la questione della delimitazione dei confin~ tra il Principato e la Turchia rimane sempre in discussione fra i commissari dei due Stati.

I delegati ottomani sollevano continue difficoltà e pretese contrastando ogni palmo di territorio al Montenegro. La Sublime Porta, non tenendo conto delle ispezioni !atte sui luoghi stessi, persiste nel voler ottenere una linea di frontiera non corrispondente alla reale condizione del Paese e continua a temporeggiare, non tenendo conto che il Montenegro ha subordinato al componimento di questa vertenza, l'esame di tutte le altre questioni esistenti fra i due Stati.

In questa condizione di cose i delegati montenegrini si sono ritirati a Cettigne, disposti di riprendere i loro lavori quando i delegati ottomani saranno muniti di istruzioni necessarie per ottenere il compimento della loro missione.

Il R. Governo deplora questo atteggiamento della Turchia che ritarda la soluzione di una vertenza la quale è nel suo interesse di veder prontamente definita.

308

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A MADRID, BLANC

T. 459. Roma, 10 luglio 1884, ore 19.

Votre télégramme (l) n'indique pas l'époque ni le texte de l'amendement Canovas. Pidal rappelé dans la récente discussion. Veuillez me le télégraphier, m'envoyant par poste compte rendu de toute la discussion qu'eut lieu à cette occasion. Ici les journaux excitent vivement l'opinion publique et exigent satisfaction pour langage incompatible avec la qualité de membre d'un gouvernement ami. Une réflexion calme reconnait dans les paroles de M. Pl:dal une déclaration et un fait qui ne peuvent pas nous laisser indifférent. La déclaration faite selon toute vraisemblance à la présence et sous la moindre observation du chef de Cabinet, M. Canovas, est que la politique de M. Pidal ministre et que celui-ci dit représenter encore aujourd'hui sur le banc du Gouvernement, est celle du respect forcé de la chute du pouvoir temporal, c'est-à-dire d'une simple tolérance de la Monarchie italienne telle qu'elle est aujourd'hui constituée et reconnue par l'Espagne comme par toutes les Puissances du monde. Le fait absolument inventé, n'importe si par M. Pidal ou par M. Canovas, est l'existence des félicitations de l'Italie au Cabinet espagnol pour le paragraphe du message royal relatif au Saint Siège; ces félicitations qui n'ont jamais eu lieu, comme vous le savez très bien, de la part de l'Italie seraient une telle absurdité,

et nous ne pouvons pas permettre qu'il reste le moindre doute à cet égard. Vous connaissez maintenant l'état des esprits en Italie et les intentions du Gouvernement du roi. Nous avons assez donné les meilleures preuves de confiance et d'amitié au nouveau Cabinet espagnol pour nous croire en droit d'obtenir le désaveu explicite d'une opinion inadmissible dans la bouche d'un ministre siegeant au banc du Gouvernement, quelle que soit la liberté d'opinion rétrospective dans la bouche de simples députés; et d'obtenir en meme temps un dementi formel des prétendues félicitations italiennes. Le désaveu et le démenti, dont les termes devront etre concertés d'avance, devraient etre énoncés dans une pièce écrite adressée à vous ou à M. Mendez Vigo pour m'etre communiquée avec pleine liberté dans les deux cas d'en faire usage. Il faut surtout que cet incident soit immédiatement épuisé pour éviter des plus facheuses conséquences. Je compte sur votre tact et sur votre fermelé pour le succès de vos démarches. Je dois ne pas vous cacher qu'en cas d'insuccès j pourrais, malgré moi, me trouver dans

la necessité de vous inviter à prendre un congé.

(l) T. 896 d.el 9 luglio 1884, non pubblicato.

309

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 701/958. Londra, 11 luglio 1884 (per. il 15).

Ho l'onore di segnar ricevimento del dispaccio dell'E. V. del 30 giugno scorso n. 425 serie politica (l) col quale confermando il suo telegramma dello stesso giorno (2), ella mi impartisce alcune istruzioni generali per la Conferenza ora riunita in Londra allo scopo di esaminare le proposte finanziarie dell'Inghilterra rispetto all'Egitto. Al dispaccio dell'E. V. vanno unite due memorie, una del commendator Baravelli sulla condizione delle finanze egiziane e segnatamente sui debiti dell'Egitto, l'altra, confidenziale, contenente un estratto di appunti di Blum pascià sullo stesso argomento.

Mi conformerò naturalmente alle istruzioni dell'E. V., avendo però cura di

interrogare il R. Ministro per ogni questione degna di speciale riguardo, a misura

che essa si presenterà.

Ho poi preso notizia, con tutto l'interesse richiesto dall'argomento, de!le

due memorie sopra citate, e me ne varrò secondo il bisogno.

Ho preso nota particolarmente della fine della memoria del commendator

Baravelli che si riferisce agli interessi dei sudditi italiani nella questione finan

ziaria egiziana. Il commendator Baravelli dichiara «che in tutta l'attuale que

stione finanziaria egiziana non sembra che esistano interessi italiani speciali,

ossia differenti da quelli delle altre Nazioni, essendo, per gli italiani, come per

tutti, urgente e di vivissimo interesse che vengano pagate subito le indennità

dovute per i danni prodotti dalla rivolta militare del 1882, che continuino ad

esser pagati regolarmente gl'interessi dei debiti pubblici, e che l'amministra

zione pubblica possa camminare regolarmente in guisa che siano protetti e

garantiti i loro commerci, ora ridotti quasi a nulla~.

Nessuno, meglio del commendator Baravelli, è in grado di conoscere gli interessi dei sudditi italiani nella questione finanziaria egiziana. Ringrazio l'E. V. di avermi comunicato quest'autorevole opinione, che importa sia bene constatata al momento in cui la questione finanziaria egiziana è portata dinanzi alla Conferenza di Londra.

(l) -Non pubbllcato. (2) -Cfr. n. 295.
310

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 908. Cairo, 12 luglio 1884, ore 11,55 (per. ore 00,50 del 13).

Je viens de voir le colonel Mason, americain, gouverneur à Massaua, arrivé hier au soir ici, qui a accompagné la mission anglaise en Abyssinie. Il m'a dit que lorsqu'ils sont arrivé à Aden à la fin d'avril, Bianchi était au camp du roi, pour lui demander la permission et une escorte pour descendre à la plaine du sel, pour atteindre Anfila sur la cote, et que le roi refusa, parce que personne n'oserait traverser cette région, à cause du manque absolu d'eau. Il ignare si Bianchi, malgré le refus, a pris cette route, où le disastre serait certain. Il a quitté Massaua le 24 juin. Il n'y avait rien entendu.

311

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3547. Berlino, 12 luglio 1884 (per. il 20).

Bon nombre de Chambres de commerce, maintes associations en Allemagne, envoient au chancelier des adresses de félicitation et d'encouragement pour la politique coloniale qu'il entend suivre et dont il a tracé les grandes lignes dans un discours récent au Reichstag. Après avoir reçu la première impulsion dans un temps non encore éloigné où il se raidissait contre de telles tendances, c'est lui-meme maintenant qui imprime la direction au mouvement, pour le contenir dans des limites raisonnables. Du meme coup, il accroit sa popularité et prépare un terrain favorable aux prochaines élections. Il lui importe d'en finir avec des majorités de coalition qui l'obligent à recourir trop souvent à un système de compromis. Gràce aux suffrages acquis dans les classes ouvrières, dans le monde commerciale et industrie!, et en ménageant un rapprochement entre les conservateurs et les libéraux modérés, il espère parvenir à former un parti vraiment gouvernemental. Il voudrait en méme temps s'affranchir, autant que possible, de l'appui de la fraction catholique du centre avec laquelle, comme il me le disait dernièrement, il n'aime pas à marcher de concert.

Dans un de ses derniers discours au Parlement, le prince de Bismarck faisait quelques allusions dont on pourrait induire qu'il ne s'agissait pas seulement de la protection à accorder à l'établissement Lll.deritz à Angra Pequena. n avait un secret en réserve qui serait probablement divulgué avant la réunion du nouveau Reichstag. Sur ce point on est donc réduit aux conjectures. Les uns parlent de la République de Transwaal, de la Nouvelle-Guinée; d'autres supposent une expansione vers les régions du Congo, en échange du bon voulolr dont le Cabinet de Berlin fait preuve envers la Société internationale africaine, placée sous le haut patronage du roi des Belges. D'un autre coté, la mission du docteur Nachtigal, ainsi que le projet de créer des Iignes de navigation subventionnées par l'Etat entre les ports d'Allemagne et l'Asie Orientale et l'Australie, visent évidemment à ouvrir de nouveaux débouchés au commerce et à l'industrie.

Le prince de Bismarck persiste cependant à déclarer qu'il n'entend pas, pour autant, vouloir s'emparer de territoires au nom de l'Etat, y attirer les émigrants, y nommer des fonctionnalres, y établir des garnisons ou y construlre des forts. Seulement, il envisage comme un devoir de ne pas refuser appui et protection aux nationaux allemands quand leurs entreprises auront été démontrées utiles et durables. Si les émigrants allemands vont de préference aux Etats-Unls, on les rencontre sur tous les polnts du globe, entre autres en Australie, dans les Ues du Paclfique, sur la coté occidentale de l'Afrlque, au Japon, dans la Corée, etc. etc. Leurs stations commerciales, leurs établissements agricoles sont autant de jalons pour l'avenir. Néanmoins, dans les conditions actuelles de l'Allemagne, le courant de cette émigration se détournerait plutot qu'il ne se rapprocherait d'une colonie dans la véritable acception du mot, de crainte de retomber sous les prescriptions du servlce milltaire obligatoire auquel la plupart des émigrants cherchent précisément à se soustralre, et cela lndépendamment des chances de s'assurer une existence meilleure que dans la mère-patrle.

Je lis dans les documents diplomatiques qu'à Lisbone on se fait encore l'illusion de rarement le Cabinet de Berlin à mieux tenir compte des droits ou prétentions du Portugal dans le Bas-Congo.

On continue à invoquer nos bons offices. Je ne puis que me référer à mes rapports précédents. Notre intervention n'est plus de mise, en présence du volteface du Gouvernement impérial. Pour lui, il s'agit d'une question internatlonale à régler par une conférence où il compte se faire représenter, et où le Portugal flgurerait au méme titre et sur le méme pled que les autres Puissances. En joignant ici le récépissé des documents diplomatiques transmis en date du 8 de ce mois ... (1).

312

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 398. Parigi, 12 luglio 1884 (per. il 15).

Col mio telegramma del 9 corrente (n. 292) (2), io ebbi l'onore di far conoscere all'E. V. che avevo dato partecipazione al signor ministro degli affari esteri della Repubblica del telegramma che ella mi aveva diretto il giorno prece

{l) Per la risposta ctr. n. 322.

dente (1), relativamente alla abolizione della giurisdizione consolare italiana in Tunisia. Il signor Ferry mi aveva fino d'allora espresso verbalmente il desiderio che la legge di abolizione fosse messa in vigore al più presto possibile, aggiungendo però che prima di indicarmi una data egli avrebbe interpellato in proposito il ministro di Francia a Tunisi.

Ricevo oggi dal ministro degli affari esteri una nota verbale, della quale mi pregio di trasmettere qui acchiusa una copia all'E. V. (2). In essa viene dichiarato che il Governo della Repubblica accetta volentieri di fissare al 1° agosto la data a partire dalla quale sarà sospesa la giurisdizione consolare italiana in Tunisia, e che spera che verso quell'epoca potrà pure aver luogo la promulgazione del decreto, che deve estendere la giurisdizione dei tribunali francesi agl'indigeni, per tutte le azioni mobiliari e commerciali nelle quali hanno un europeo come parte.

(2) T. 891 del 9 luglio 1884, non pubblicato.

313

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1119. Cairo, 13 luglio 1884 (per. il 19).

Della mia conversazione col colonnello Mason governatore di Massaua, oltre quanto concerne le tristi voci sulla sorte di Bianchi, credo rapportare all'E. V. alcuni ragguagli che possono avere qualche interesse.

Il trattato tra l'Inghilterra e l'Abissinia è stato firmato. Senza averne potuto saperne i dettagli, la parte più importante si è che il re Giovanni si è impegnato a difendere le province di Cassala e Gallabat contro le orde ribelli del Mahdy, e che, quando sarà ristabilita l'autorità dell'Egitto su tutto il Sudan, ne avrà in compenso la cessione della provincia di Sanhit. Ho potuto però comprendere che il colonnello Mason non ha gran fiducia sulla buona fede del re abissino, e che, quand'anche scenderà dal suoi monti per difendere quelle province, non è punto sicuro se lo farebbe per conto dell'Egitto, o per conto suo proprio.

A darmi un'idea dell'albagia, e nello stesso tempo dell'astuzia del negus, per darsi sotto un punto di vista favorevole all'ammiraglio Hewett, il colonnello Mason mi raccontò che nelle prime negoziazioni egli disse all'inviato britannico: «vedete, l'Italia si è impossessata di una parte del mio regno; ma siccome è Nazione cristiana che l'ha tolta ai turchi, non ho protestato, non l'ho difesa, e gliela abbandono :..

Vengo ora ad un'ultima informazione che attirerà certamente tutta l'attenzione di V. E. La primitiva missione del colonnello Mason fu un'ispezione su tutta la costa del Mar Rosso, per riferire su i mezzi di difesa contro l'insurrezione, e sul traffico degli schiavi? Egli fu anche ad Assab ed Obock. Sulla

seconda parte della sua missione, egli mi ha riferito di aver constatato che tutti gli schiavi che vengono dai Gallas, dall'Harar, e dallo Scioa, in piccola parte sono imbarcati sulla costa di Obock, ed in massima parte da Raheita, e trasportati nell'Yemen, e nell'Hedgiaz. Relata retero, e ritengo superfluo che io mi dilunghi su questo soggetto.

(1) -ctr. n. 303. (2) -Non pubblicata.
314

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 925. Vienna, 15 luglio 1884, ore 16,35 (per. ore 17,50).

J'ai de noveau interrogé le comte Kalnoky au sujet de la protestation que le plénipotentiaire ottoman aurait ordre de présenter à la Conference contre l'abandon du Soudan. S. E. m'a répondu que cette nouvelle lui a été dernièrement confirmée de Londres, mais qu'il parait que la protestation ne sera que de pure forme. Le ministre pense que la souveraineté du sultan sur l'Egypte étant reconnue par les traités et par les firmans il n'y a pas lieu de faire de nouvelles déclarations là-dessus. C'est pourquoi lorsque la protestation sera présentée le plénipotentiaire autrichien devra la recevoir ad referendum.

315

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 708/975. Londra, 15 luglio 1884 (per. il 18).

Ringrazio l'E. V. del dispaccio del 9 corrente, n. 430, serie politica (1), nel quale ella mi comunica un rapporto del r. ambasciatore a Parigi circa gl'intendimenti della Francia nelle cose di Egitto. L'E. V., nel farmi questa comunicazione, mi fa sapere che il Governo del re, benché risolto a prestare all'Inghilterra una costante e benevola cooperazione nella questione egiziana, non sarebbe mai disposto ad accettare in Egitto una situazione inferiore a quella di qualunque altra Potenza, salvo, ben inteso, l'Inghilterra.

Prendo nota di questa dichiarazione, e posso assicurare l'E. V. che, anche senza di essa, io non avrei mai consentito ad approvare una soluzione qualsiasi che implichi un'inferiorità dell'Italia rispetto ad altre Potenze, tranne l'Inghilterra, in Egitto.

Quanto alla corsa recente che il signor Waddington fece a Parigi, questo ambasciatore mi disse che ciò che l'aveva determinato ad intraprenderlo era stata la necessità in cui s'era trovato d'andare a moderare i suoi amici personali, membri del Parlamento francese, ed a persuaderli che se i creditori francesi

dell'Egitto non si disponevano a qualche concessione, per esempio a quella della sospensione dell'ammortizzazione del debito egiziano, non era possibile un accordo coll'Inghilterra, la quale per conseguenza, falliti i negoziati della Conferenza, avrebbe ripreso la sua libertà d'azione in Egitto e ne avrebbe usato senza controllo europeo.

Ma sembra che il Governo inglese non si contenti della sospensione dell'ammortizzazione e persista nel chiedere la riduzione dei debiti. I delegati francesi si oppongono a questo provvedimento, e tentano dimostrare che si può far senza di esso. Questa è la grossa questione che si sta ora discutendo nella commissione dei delegati.

Lord Granville s'è lagnato con me e coi miei colleghi d'Austria e di Germania, perché i nostri delegati sembrano sostenere le idee francesi. Io dissi a Sua Signoria che il signor Baravelli aveva istruzione di riservare in ogni questione l'opinione del Governo del re e di riferire a me che avrei avuto cura di chiedere questa opinione all'E. V. Ora però è venuto il tempo di pronunziarsi, ed io prego l'E. V. di farmi sapere quale è positivamente la risoluzione del Governo di S. M. È certamente fra le cose possibili che, se il Governo inglese si vede abbandonato da tutti gli altri governi, venga a patto colla Francia, sostenuta dalla Russia. Ma comunque sia, è necessario di pronunziarsi. Io ho quindi preso la libertà di pregare l'E. V., con telegramma d'oggi (1), di inviarmi istruzioni precise dopo essersi intesa, se lo credeva conveniente, coi Gabinetti di Berlino e di Vienna, coi quali mi sembra che il Governo del re intenda camminare possibilmente d'accordo anche in questa occasione.

(l) Non pubblicato.

316

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 54. Sant' Idelfonso, 16 luglio 1884 (per. il 21).

La redazione concertata d'una dichiarazione, ch'io mi assunsi la responsabilità di sottoporre alla approvazione dell'E. V. non fosse altro che per fornire una base di più autorevole concerto tra V. E. e codesto ministro di Spagna, durò l'intera giornata di ieri per la difficoltà dl conciliare le posizioni contrarie, anzi le attitudini minacciose per le stesse relazioni dei due Paesi, rispettivamente prese fin dal principio. Quelle parti degli schemi, mio e del ministro di Stato, alle quali ciascuno per la nostra parte non credemmo di poter rinunziare, furono finalmente combinate nel testo alquanto prolisso che qui unisco in copia e che mi affrettai di telegrafarle in chiaro (2) senza intitolazione né commento che ne indicasse il vero carattere, segnalatole invece con mio telegramma cifrato. Se V. E. approverà quel risultato, non ideale di certo, ma forse non inaccettabile, degli sforzi che feci e di quelli che fece sinceramente, ne sono convinto, 11

ministro di Stato per risolvere il conflitto senza compromissioni di dignità che non potevamo né concedere né esigere, V. E. potrà con piena libertà far uso di quel documento. Se invece non sarà giudicato soddisfacente pel Governo del Re, confesso non vedere via di mezzo tra il mio richiamo in congedo o la finale presentazione per parte dell'E. V. di un ultimatum preciso. Non mi muoverò di qui, come le telegrafai prima che V. E. mi abbia notificato la chiusura qualsiasi dell'incidente.

In questo rapporto, che perverrà a V. E. quando il penoso incidente sarà esaurito, forse col mio richiamo, voglia l'E. V. permettermi di esporre qui le impressioni che esso mi ha lasciate.

Fu facile, purtroppo, l'opera di discordia cui si accinse, nel caso presente, la stampa avversa ai due Gabinetti, con lo spingerli ad un conflitto per evidenti scopi di partito, movendo contro di ambedue davanti al tribunale assai eccitabile dell'opinione pubblica quel che fu qualificato qui un procès de tendances, e trasformando, come ne accusano qui il primo telegramma spedito dall'Havas, ili offese e provocazioni dirette all'Italia, le teorie storiche, i sentimenti accademici che in !spagna sono le vane insegne sotto le quali combattono, senza preoccupaziolie di politica estera, le rivalità elettorali e parlamentari. E se fu facile l'opera di discordia, si fu perché né i signori Pidal e Castelar, né la nostra stampa di opposizione intesero essere impolitico, illegittimo e dannoso ai progressi delle relazioni internazionali, suscitare tra Nazione e Nazione, senza alcun possibile vantaggio, quelle insolubili difficoltà che nascono dalla reciproca intimidazione di contrarie credenze politiche, e provocare tra governi il ritorno alle sterili ed aspre lotte della teologia e della scolastica circa l'insieme di tradizlo11i e di sentimenti intimi, diverso fra Stato e Stato, che costituisce il distintivo di ciascuna coscienza nazionale, la tacita base di fatto di ciascun patto sociale, in una parola l'arcanum imperii che la saggezza antica voleva rispettato. A quel rispetto mancarono i signor Pidal e Castelar, ambedue attaccando in queste ed altre giostre parlamentari gli atti coi quali si compì a Roma l'unità d'Italia, cui suonano divisione e servaggio le rivendicazioni del papato e dell'Impero, d'una dominazione cioè politica cosmopolita, sia essa clericale, cesarea o democratica. E quel rispetto è pur disconosciuto da quella nostra stampa d'opposizione che, imitando il malo esempio anzi che correggerlo e discostandosi da quella serenità con cui la stampa inglese lascia cadere le allusioni fatte qui a Gibilterra, pregiudica nel pubblico ogni illuminato apprezzamento di espressioni che, legittimo oggetto di reclamo quando emesse da ministri, son pur qui scusate da liberali, anzi da repubblicani, dimostrando ognuno di non sperare che alcuna forma di governo possa sostenersi, nelle presenti condizioni di Spagna, contro l'inimicizia del clero, il quale è rimasto la sola forza sociale organizzata e popolare dopo tante rivoluzioni; espressioni che, malgrado tante aspirazioni individuali verso più alti principii, emergono purtroppo dal fondo della oscura coscienza delle masse, quale l'hanno formata secolari tradizioni, essendosi il sentimento nazionale ed il sentimento cattolico fusi insieme in lotte d'indipendenza antiche e moderne, dalla scacciata dei mori alla scacciata dei francesi. Nello stesso modo che sarebbe vano e pericoloso per gli Stati in cui il patto sociale si fonda sulla convivenza politica di razze diverse, chiedere ragione all'Italia del principio di nazionalità sul quale si

fonda la nostra esistenza, cosi è vano e pericoloso che Spagna e Italia si rinfaccino le rispettive situazioni verso il papato, in nome del quale per tanti secoli si consolidò l'esistenza dell'una e s'impedì il rinascimento dell'altra.

Le opinioni d'altronde espresse sul potere temporale alla tribuna spagnuola sono innanzi tutto un'eco patente del dottrinarismo francese, un effetto dell'isolamento in cui l'Europa ha lasciato questa Spagna, ove lo spirito pubblico si è abituato a non interessarsi che alle cose di Francia e del Vaticano.

V. E., con l'applaudire alla tendenza di questo stesso Gabinetto ad entrare nel campo più fecondo delle solidarietà positive dei due Paesi, avrà deplorato, come vidi questi uomini di Stato deplorare sinceramente, che eccitazioni, in gran parte artificiali, della pubblica opinione vengano a porre inciampo all'opera, già bene avviata, dei due Governi per una pratica e fruttuosa cooperazione. Meglio illuminata, l'opinione pubblica in Italia piuttosto che sentirsi punta da scorrette:.~ze che spettava al Governo, giudice e guardiano della dignità nazio

nale, apprezzare con piena libertà, potrebbe più utilmente appoggiare il Governo in altri argomenti d'indole più pratica e più realmente importanti per gli interessi italiani e pei progressi stessi della civiltà in !spagna. Lo stato anormale delle comunicazioni, sia terrestri che marittime, sia intellettuali che materiali, che fra i due Paesi vengono intercettate o monopolizzate dalla Francia; la vertenza importante per la nostra colonia in Madrid ed intralciata da più di dieci anni dalla Nunziatura, in passate occasioni favorevoli più assai della presente, relativa all'ospedale italiano, e che può prendere un carattere acuto in caso di epidemia; i segni manifesti delle poche illusioni che hanno questi uomini politici che all'Italia veramente prema essere madrina della Spagna quale Grande Potenza solidale dell'Italia nel Mediterraneo ed in Africa; le ben note conclusioni che trae qui il sentimento pubblico dal fatto che nelle relazioni diplomatiche tra Spagna e Italia, a Roma e a Madrid, il Vaticano apparisce superiore al Quirinale, questione questa la cui soluzione potrà venir facilitata dal mio richiamo; tutti questi sono argomenti pubblicamente discussi qui, trascurati invece dalla stampa italiana, la quale invero avrebbe potuto meglio assecondare le disposizioni dell'E. V. a promuovere soluzioni vantaggiose all'incremento dell'influenza italiana in !spagna.

V. E. vorrà spero, accogliere con indulgenza queste espressioni, ad ogni modo innocue, d'ingenui miei convincimenti, quale testimonianze, forse ultima, della profonda sincerità con la quale mi dedicai completamente a studiare e promuovere, quanto n'ero capace, gli alti interessi che la fiducia dell'E. V. mi fece l'onore di affidarmi in questa r. legazione.

P.S. -Come stavo chiudendo il presente rapporto ricevetti la visita del ministro di Stato, il quale in una conversazione, la quale d'altronde fu estranea ad argomenti politici, mi narrò che il giorno stesso in cui egli ed il signor Canovas s'informarono presso il signor Pidal, dietro il primo nostro avviso di reclamazione, delle parole precise da lui dette, il signor Pidal volle immediatamente che il testo stenografico ne fosse custodito senza alcuna alterazione alla Presidenza della Camera fino a che potesse venir pubblicato nel Diario. Il ritardo consta cagionato, come già S. E. m'aveva scritto in sua, dalla laboriosa correzione del discorso del signor Castelar, ma il signor Pidal non intende modificar per nulla il proprio, neppur se lo rendesse conveniente la correzione del suo interlocutore.

Aggiungo al presente il brano, ora pervenutomi, dell'Imparcial citato nel mio ultimo rapporto (1).

(l) -T. 924 del 15 lugUo 1884, non pubbUcato. (2) -T. 927 del 15 lugUo 1884, non pubbUcato.
317

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. CONFIDENZIALISSIMO 937. Londra, 17 luglio 1884, ore 13,46 (per. ore 15,15)

Préoccupé avant tout du còté politique de la question, je crois devoir conseil· ler à V. E. de se prononcer résolument en faveur des propositions anglaises. y compris la réduction des intérèts de la dette qui est la plus contestée. Je ne vois dans cette résolution que des avantages pour l'Italie. En effet, ou ces propositions seront aussi acceptées par les autres et en ce cas notre responsabilité vis-à-vis des créanciers est partagée par toutes les Puissances, ou bien elles seront repoussées par une ou plusieures Puissances et alors rien ne sera fait. La Conference avortira, mais l'Italie aura donné à l'Angleterre une preuve d'amitié dont celle-ci pourra en tenir compte pour l'avenir. La question est grave et mérite toute l'attention du Gouvernement du roi. Il y a une situation à prendre, prenez-là.

318

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 945. Londra, 17 luglio 1884, ore 23 (per. ore 1,40 del 18).

M. Baravelli m'a dit que la question capitale est de savoir si on doit réduire les dettes ou non. Les anglais persistent dans leurs propositions; les français soutiennent que la réduction n'est pas nécessaire. La question sera portée devant la Conférence; les délégués autrichiens et allemands sont plutòt favorables à la proposition française, mais les plénipotentiaires réservent expressément l'opinion de leurs gouvernements. La Conference se réunira probablement la semaine prochaine.

(l) Non pubblicato.

319

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 709/980. Londra, 17 luglio 1884 (per. il 20).

Lord Granville mi ha comunicato jeri sera in via strettamente confidenziale la copia di un dispaccio da lui diretto, in data del 16 corrente, agli ambasciatori britannici presso le Grandi Potenze e presso il sultano, nel quale Sua Signoria li incarica di chiamare l'attenzione dei giovani presso cui sono accreditati sulle conseguenze che può avere l'abortimento della Conferenza, il quale è a prevedersi se l'attitudine dei delegati finanziari delle varie Potenze, quale s'è mostrata finora, dovesse essere la regola di condotta dei plenipotenziarii.

Mi fo premura di mandar qui unita all'E. V. la traduzione del detto dispaccio (1), pregando di tenere questa comunicazione come confidenziale, com'è richiesto da lord Granville. La previsione dell'abortimento della Conferenza non è piacevole, ma purtroppo essa s'impone alla meditazione delle Potenze. Per ora non aggiungo altro a questa grave comunicazione, e mi riferisco puramente ai telegrammi che le ho spedito questa mattina (2). Ho chiesto al signor Baravelli un rapporto sui punti contestati in seno alla commissione dei delegati, ed avrò cura di mandarne un sunto all'E. V. per telegrafo (3), trasmettendo il rapporto per intiero colla posta (4).

320

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3552. Berlino, 18 luglio 1884 (per. il 22).

Le comte de Benomar m'a donné, sur les pourparlers qui ont eu lieu entre l'Espagne et la France, des indications analogues à celles contenues dans l'intéressante correspondance du baron Blanc. M. de Benomar ajoutait que le Cabinet de Madrid avait fermé l'oreille aux offres séduisantes qui lui étaient faites dans un but facile à deviner. Il se serait bien gardé de tomber dans le piège. M. Elduayen a seulement pris acte des engagements énoncés par le Gouvernement français et résumés dans les instructions destinées au représentant de la République, M. Ordega, à savoir: conservation du statu quo; maintien de la convention de 1880; accord des ministres d'Espagne et de France à Tanger pour l'interprétation de cette convention. Il a été déclaré à Madrid que la France n'aspire à aucune protection sur le Maroc, ni à une occupation de territoire, pas meme sous le titre modeste d'une rectification de frontières, si défectueuses que soient les frontières actuelles.

(-4) Per la risposta cfr. n. 323.

24 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XVII-XVIII

Reste à savolr si l'Espagne et surtout la France ne cherchent pas à jouer au plus fin. La conversion de la France a été trop subite pour qu'on puisse croire à sa durée.

(1) -Non si pubblica. (2) -T. 936, non pubblicato; cfr. n. 317. (3) -Cfr. n. 318.
321

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2145. Vienna, 20 luglio 1884 (per. il 23).

Le grandi manovre navali ch'ebbero luogo ultimamente nelle acque dell'Istria e della Dalmazia hanno destato non poco rumore nella stampa periodica sì in Austria che in Italia. Da molti anni la marina imperiale non erasi data a siffatte esercitazioni, e sia per la novità della cosa, sia per la presenza dell'imperatore e del principe ereditario recatisi a Pola espressamente, quelle manovre hanno preso agli occhi del pubblico le proporzioni di un avvenimento.

Se l'importanza del fatto fu esagerata dalla stampa locale, lo fu ancor più dalla stampa italiana. Questa trascinata, come pur troppo spesso le succede, dalla passione, non si peritò di attribuire a quelle manovre navali perfino l'mtenzione di recar offesa ai sentimenti patriottici degli italiani. Non ho d'uopo di dimostrare a V. E. l'erroneità di siffatto giudizio che rivela in una parte almeno della nostra stampa periodica un acciecamento deplorevolissimo.

Le recenti manovre della flotta austriaca non hanno avuto altro scopo che quello comune alle manovre navali di tutte le altre Nazioni, l'addestramento cioè degli equipaggi negli esercizi marinereschi ed in quelli di combattimento. L'amministrazione della marina imperiale aveva subito l'influenza del carattere fiacco ed indolente del vice-ammiraglio von Poeck che da parecchi anni la dirigeva. Il barone di Sterneck, succedendo or fa un anno al Poeck, di tutt'altra tempra del suo predecessore, mutò del tutto l'indirizzo dell'amministrazione e le di:ede un vigoroso impulso. Volendo ora mettere alla prova il nuovo avviamento dato al servizio navale fu deliberato il concentramento di tutte le navi da guerra nelle acque di Pola per procedere a manovre d'insieme. Queste manovre, come V. E. vede, non avevano adunque che un carattere esclusivamente militare che i giornali d'Italia avrebbero dovuto riconoscere e rispettare.

322

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 1604. Roma, 21 luglio 1884.

Ringrazio V. E. per il pregiato suo rapporto del 12 luglio (l) relativo alla politica coloniale inaugurata dal principe di Bismarck, e dalla quale egli spera rinforzata la sua situazione parlamentare.

In riguardo alle considerazioni con cui ella lo chiude soggiungo che, dal canto nostro, non desideriamo meglio di collaborare, venuto il momento opportuno, alla ricerca di accordi generali, fatta anche astrazione dagli accordi speciali che possono essere intervenuti tra singole Potenze, il che non esclude che i nostri buoni uffici possano, anche in occasione di trattazioni d'indole più generica, giovare al Portogallo in quanto le sue ragioni possano essere legittime e conciliabili cogli interessi delle altre Potenze.

(l) Cfr. n. 311.

323

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 438. Roma, 21 luglio 1884.

Uol suo pregiato rapporto del 17 luglio corrente (1), V. E. mi ha comunicato confidenzialmente la copia di un dispaccio diretto da lord Granville, il 16 di questo mese, agli ambasciatori britannici presso le grandi Potenze, per incaricarli di richiamare l'attenzione dei governi presso cui sono accreditati sulle conseguenze che può avere l'abortimento della Conferenza, se, come è a prevedersi, i plenipotenziari conformeranno il loro atteggiamento su quello dei delegati finanziari.

Quel medesimo documento mi era pure stato comunicato confidenzialmente da sir J. Savile Lumley e l'avevo preso nella più attenta considerazione.

Sull'esame fattone ed in presenza della situazione che quel documento rivela, non esito ad adottare per noi l'atteggiamento che V. E. suggerisce. Noi dividiamo con tutte le Potenze, non esclusa l'Inghilterra, l'opinione che la ridu.<:ione dell'interesse dei debiti egiziani non deve essere considerata se non come una penosa necessità per il caso in cui non potesse assolutamente essere evitata. Una divergenza di apprezzamenti essendosi prodotta al riguardo, non sapremmo non dissimularci che l'Inghilterra, meglio di ogni altra Potenza, è al caso di valutare le risorse ed i bisogni del bilancio egiziano, preso nel suo complesso ed in correlazione con ciascuno dei servigi. È questo il motivo per cui, se i plenipotenziari inglesi persistono, dopo esaurite le discussioni, a pensare che una riduzione è indispensabile, non potremmo essere, per quanto ci concerne, di an parere diverso, il còmpito della conferenza essendo, agli occhi nostri, non solo di proteggere gli interessi dei creditori dell'Egitto, ma anche e soprattutto di dotare il Vice-reame di un regime amministrativo e finanziario che tutte le Potenze si accordino a considerare come perfettamente solido.

Tali sono i concetti che ebbi ad esprimere sommariamente a V. E. col telegramma inviatole il 20 corrente (2).

In questo medesimo telegramma, toccando di una questione strettamente affine alla precedente, le feci conoscere un pensiero suggeritomi dall'esame dell'emendamento proposto dal signor Waddington, sebbene non in modo formale, al signor Childers, e che V. E. mi ha segnalato con telegramma del 18 luglio (1). Mi pare, difatti, che, nel caso in cui l'emendamento in parola non potesse essere accettato tale quale dall'Inghilterra, si potrebbe renderlo accettabile completandolo con la dichiarazione che le Potenze s'impegnano sin da oggi ad ammettere la riduzione dell'interesse se l'esperimento di due esercizi ne provasse l'assoluta necessità. Questo è per ora un semplice concetto che consegno all'apprezzamento di V. E. e del signor Baravelli, non senza soggiungere però che l'ambasciatore d'Inghilterra, con cui ne ho conversato accademicamente, non ha esitato a riconoscerne il carattere pratico e conciliante.

Confermandole per tal modo anche la seconda parte dell'accennato telegramma del 20 corrente ...

(l) -Cfr. n. 319. (2) -T. 487, non pubblicato.
324

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Berlino, 22 luglio 1884.

Merci de votre lettre du 6 juillet (2) et des détails intéressants que vous me donnez, entre autres, sur votre nouvelle dignité de sénateur qui a eu lieu dans des circonstances où l'acceptation était assez indiquée. Un des motifs pour lesquels j'ai préféré rester en dehors de l'arène parlementaire, c'est celui de continuer à servir le roi et le Pays sans qu'on puisse me ranger dans un parti quelconque qu'il s'appelle droite, gauche, centre droite, centre gauche. J'estime que, tour à tour, ils ont commis une masse d'erreurs. Ils nous ont poussé, sciemment ou à leur insu, dans les eaux troubles du parlementarisme; ils ont travaillé à réduire la Monarchie à un simple decor, à une simple ornamentation de notre édifice constitutionnel. Ils ont faussé l'esprit et la lettre des institutions octroyées par le roi Charles Albert. Il faudrait remonter la pente, regagner en détails, ce qui a été perdu. Je ne m'en sens pas les talent. Absent depuis une quarantaine d'années de nos Etats, je ne connais pas, ou du moins fort peu, mes contemporains; par conséquent mon influence serait réduite presque à zero, surtout quand je ne pourrais faire à Rome que de rares apparitions et meme à des époques où les Chambres ne siègent pas. Votre position est toute autre. Vous avez, bien après moi, pris votre vol au delà des Alpes. Vous avez conservé de nombreux aboutissants qui pour mon compte ont disparu pour la plus part avec la cession de la Savoie. Vous avez rempli à l'intérieur du Pays des fonctions importantes qui vous ont mis en contact avec beaucoup

de monde, et dans un monde qui a su apprécier votre caractère et vos services. Là où mon r6le serait inutile, le v6tre peut etre profitable.

J'aurais voulu que durant votre séjour à Rome vous eussiez pris lecture de ma correspondance confidentielle sur le Maroc. On s'est abstenu et pour cause de la reproduire dans les documents diplomatiques. Pour les affaires d'Egypte également, il me semblait que M. Mancini aurait trop écrit à Londres, et trop parlé à la Chambre. Pour l'affaire Pidal nous avons aussi, à mon sens, mal manreuvré. Il eut fallu montrer les dents quand au Sénat à Madrid

M. Posada Herrera appliquait au roi Amédée la qualification de roi iptrus sans que le président rappelàt l'orateur à l'ordre, sans qu'aucun membre du Ministère prit la parole, sans qu'il s'élevàt aucune protestation de la part d'anciens ministres de ce souverain. Si nous avions relevé l'inconvenance et la fausseté de ce langage, M. Pidal se serait sans doute exprimé avec plus de mesure à la Chambre des députés, et se serait meme peut-etre complètement abstenu de sa digression pleine d'équivoques sur la question du pouvoir temporel. Vous verrez qu'on passera l'éponge là-dessus; que nous prodiguerons nos amitiés à la Nazione sorella, que nous mettrons de l'empressement à nous faire le parrain de l"Espagne pour son admission dans l'aréopage des Puissances; et qu'à son avantage nous aiderons à tirer les marrons de feu au Maroc. Et en outre nous n'attendrons pas, comme nous le devrions, à etre les derniers à élever notre mission au rang d'ambassade. Et cependant l'Espagne a été l'une des dernières à reconna1tre l'Italie. Il parait que les coups de pied d'une Nazione sorella ne sont que des caresses. J'ai compii deux fois des missions à Madrid. Le peuple espagnol ne sera jamais franchement l'ami de l'Italie moderne.

Jai lu avec satisfaction dans nos journaux que M. Tecchio renonce à la Présidence du Sénat. C'est ce qu'il avait de mieux à faire après son incartade au sujet de la mort de Prati. Espérons que le successeur sera plus à la hauteur de cette dignité.

Vous me demandez si Ferrara est juif. Je ne le crois pas, car sous l'ancienne domination à Naples, comme en Espagne, les istraélites ont été expulsés. Il est ~'rai que je ne me souviens pas de l'avoir vu à l'Eglise, mais le M. de Gregorio me dit qu'il l'y a conduit le jour où il recevait la nouvelle de la mort du père.

M. Ferrara a petite mine; à cause de la disposition de ses dents il parle indistinctement. Il sait bien l'aHemand, écrit correctement l'italien. Il est précieux pour le travail de chancellerie. Le chevalier Tosi l'appréciait. Seulement il est un peu lent dans ses compositions. Le bruit a couru qu'il se livrait un peu au jeu au Club. Si s'est vrai, il faudrait chercher à l'arreter sur cette pente dangereuse, surtout quand on ne roule pas sur l'or et qu'on s'expose ainsi aux dettes. Je vois sur le bollettino que M. Fossati a été transféré de Paris à Vienne. C'est un bon garçon, un peu lustaberlu le genre du monsù de Turin. Mais au demeurant facile, piocheur, aimé par ses collègues. Il a été avec moi, presque pendant une· année. Je n'a eu qu'à me louer de lui. Au reste par les temps qui courent où notre personnel diplomatique est si étrangement recruté, il faut s'armer de patience et de beaucoup d'indulgence. Je ne sais encore quand je partirai en congé. Pour le moment mon premier secrétaire est absent.

(l) -T. 950, non pubbllcato. (2) -Non pubblicata.
325

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. CONFIDENZIALE 981. Londra, 23 luglio 1884, ore 18 (per. ore 20,15).

M. Waddington m'a communiqué confidentiellement la proposition qu'il fera demaln à la Conférence. En voi ci le résumé: prendre pour base le budget proposé par les délégués français, mesurer l'applicable pendant deux ans, conséquemment:

l) maintien du taux actuel de l'impòt foncier, et des non valeurs telles qu'elles résultent d es derniers exercises; 2) maintien du taux actuel des l'intérét des dettes; 3) suspension de l'amortissement; 4) malntlen du chiffre des dépenses d'adminlstration et de occupation telles qu'elles ont été évaluées dans le budget présenté par le Gouvemement anglais;

5) le nouveau budget laisse un marge de plus de six cent mille livres. Le Gouvernement anglais ferait une enquéte avec le concours des Puissances sur les questions de l'assiette et de la péréquation de l'impòt foncier. La Conférence se réunirait en temps utile pour statuer sur le budget égyptien de 1887. L~s Puissances seraient invitées à participer à la garantie de l'emprunt égyptien, dont l'intérét figurerait en première ligne parmi les dépenses.

Je prie V. E. de me faire connaitre ses instructions à ce sujet (1). L'Allema

gne et la Russie n'accepteront pas, pour leur compte, la charge d'une garantie

collective, mais cela n'empécherait pas la solution si elle est acceptée par les

autres Puissances. Dans le fait le risque de la garantie est absolument nul. On

demandera demain à la Conférence que pour la séance successive, qui sera lundi,

les plénipotentiaires soient en mesure de se prononcer et ne se retranchent pas

derrière une demande ad référendum.

326

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2147. Vienna, 23 luglio 1884 (per. il 26).

Col telegramma del 17 corrente (2) V. E. m'informava in via confidenzialissima che lord Granville aveva spedito agli ambasciatori della regina un

dispaccio per incaricarli di chiamare l'attenzione dei varii Gabinetti sulle gravi conseguenze che avrebbe un insuccesso della Conferenza di Londra, insuccesso che sarebbe inevitabile qualora la maggioranza dei plenipotenziarii si pronunciasse contro le proposte finanziarie inglesi.

Il conte Kalnoky che ho veduto ieri aveva già avuto comunicazione di questo dispaccio. La possibilità in esso accennata che la Conferenza vada a vuoto non mi sembra averlo molto impressionato, come se in tale minaccia egli scorgesse 'più che un pericolo reale, il proposito del Governo inglese di esercitare una pressione sugli altri Gabinetti. S. E. dicevami difatti di avere avuto notizia che, in seguito al contro-progetto finanziario elaborato dai delegati francesi, il Gabinetto britannico aveva introdotto nel proprio progetto alcune modificazioni che sarebbero presentate alla Conferenza nella seduta di ieri. Ciò indicherebbe che il Governo inglese è meno fermo nelle sue proposte di quanto vuol farlo credere lord Granville nell'ultimo suo dispaccio. Ad ogni modo queste modificazioni dovrebbero essere argomento di nuovo esame per parte dei delegati, e non è improbabile che dalle discussioni che ne seguiranno esca un nuovo progetto che concilii le viste del Governo inglese con quelle del Governo francese.

Il Gabinetto di Londra, soggiungevami il conte Kalnoky, ha escogitato un progetto finanziario che non ha incontrato favore presso alcun altro governo; sia perché ha voluto stabilire un bilancio normale su dati che, per le circostanze eccezionali in cui versa l'Egitto, non, panno che risultare erronei; sia perché in luogo tdi ricercare nelle risorse interne del Paese il mezzo di ristabilire l'equilibrio tra le entrate e le spese, ha voluto addossare il disavanzo ai creditori dell'Egitto.

A questo progetto i delegati francesi ne hanno contrapposto uno che sembra più esatto nei calcoli e che è meno oneroso pei detentori di titoli egiziani. Nulla di più naturale che i plenipotenziarii delle altre Potenze meno interessate nella questione, ed aventi in vista uno scopo puramente obbiettivo, dieno la preferenza al progetto francese, meglio ideato dell'inglese. Però il voto dato dai plenipotenziarii neutri in favore dell'uno o dell'altro progetto non potrà avere alcuna influenza sul regolamento definitivo della questione fino a tanto che i Governi d'Inghilterra e di Francia non si siano accordati su un progetto unico.

Questo accordo, che per il conte Kalnoky è la chiave di volta della Conferenza, potrà esso stabilirsi? S. E. lo spera ad onta della divergenza che esiste tra i due progetti attuali; lo spera perchè nessuna delle due Potenze ha interessi acché la Conferenza vada a vuoto. Qualora ciò accadesse, due vie di soluzione si presenterebbero al Governo inglese: o l'annessione pura e semplice dell'Egitto od il suo fallimento. Dell'annessione il Gabinetto di Londra non vuole in alcun modo sapere; lo ha sempre formalmente dichiarato ed in questi giorni ancor2t lord Granville lo ha ripetuto al conte Karoly. Rimarrebbe dunque il fallimento; partito che non sarebbe di vantaggio ad alcuna Potenza, e danneggierebbe gravemente e precipuamente gli interessi inglesi e francesi. A buona ragione devesi quindi ritenere che i Gabinetti di Londra e di Parigi finiranno per intendersi su un progetto finanziario unico, a meno che non preferiscano di lasciare per ora la questione in sospeso, limitandosi a fissare un bilancio provvisorio valevole per un anno o due.

È quest'ultima soluzione che, secondo il conte Kalnoky, ha forse oggigiorno maggior probabilità di essere adottata. Di quanto ho l'onore di qui riferire ho spedito ieri un sunto per telegrafo a V.E. (1).

(l) -T. 499, del 24 luglio 1884, non pubblicato. (2) -T. 936, non pubblicato, ma cfr. n. 319.
327

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 62. Sant' Ildefonso, 23 luglio 1884 (per. il 28).

La redazione definitiva dell'annunziata nota della quale s'incaricò il 'presidente del Consiglio, il ministro di Stato essendo indisposto, non fu tanto facile da potere ess·ere finita nella giornata di ieri. La principale difficoltà era l'inesattezza delle asserzioni ministeriali sulle felicitazioni. Il fatto genuino è che una affermazione verbale di solidarietà, fatta quando importava alle stesse relazioni amichevoli dei due Paesi, come mi significava l'E. V., di tenere vincolata all'Italia la Spagna impegnata in negoziati colla Francia dal Marocco, fu poi adoperato dal ministero per fini parlamentari contro i suoi avversari di sinistra, e ciò avevamo il diritto di non permettere tanto meno con inesattezze di fatto. Ciò non potendo essere spiegato al volgo, è forza conchiuderne all'incompetenza dell'opinione pubblica, davanti alla quale nessuno dei due Governi può apparire come un accusato che si deve giustificare. Eppure le asserzioni inesatte si possono smentire a Roma nonostante che si faccia constare qui che le dimostra~ioni di simpatia erano dirette alla Nazione e non al Gabinetto. Questioni di partiti, da me gelosamente evitate, erano, se sono bene informato, trattate dal consiglio a proposito di alcune espressioni della dichiarazione concertata; si osservava come nello stesso modo che il nostro Governo ha interesse a non alienare dalla monarchia elementi che in altri tempi erano propensi alla repubblica, il Governo del re Alfonso ha interesse a non respingere verso il carlismo i cattolici cui la presenza del signor Pidal nel Gabinetto prova che si può essere cattolici ed alfonsisti ad un tempo; essendo anzi più temuto il clericalismo carlista in Spagna che non il radicalismo in Italia. Il ripiego poi di riferirsi quasi unicamente nella nota al testo dei discors•i ministeriali si seppe non essere ammesso dal r. rappresentante. Aspetto da un momento all'altro la consegna della nota, avendo io dovuto per finirla dirigere al ministro di Stato la nota qui acchiusa anzi datata del 20 nella quale mi riferisco alla comunicazione confidenziale, anzi qualificata di verbale, nella quale, come riferisco a V. E., facevo constare delle nostre insistenze sulla sostanza almeno della dichiarazione concertata; sembrandomi questo il mezzo più acconcio di riservare piena libertà di apprezzamento al R. Governo.

(l) T. 970 del 22 luglio 1884, non pubblicato.

328

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A PARIGI, MENABREA, A PIETROBURGO, GREPPI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA

T. 500. Roma, 24 luglio 1884, ore 13.

Le plénlpotentlalre françals présente aujourd'hui à la Conference de Londres une proposition dont la substance consiste à établir un budget provisoire pour deux ans sans réductlon de l'intéret, avec réserve de reconvoquer la conférence pour statuer sur le budget de 1887. Les Puissances seraient en outre invitées à parteciper à la garantie du nouvel emprunt.

(A tutti meno Parigi) Veuillez me télégraphier le plut tot possible l'avis du Cabinet près duquel vous etes accrédité (1).

329

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 988. Londra, 24 luglio 1884, ore 19 (per. ore 21).

Le Gouvernement anglais repousse le contre-projet françruis et il est contraire à l'idée d'une garantie collective. De son coté, M. Waddington se montre opposé au projet et au contre-projet anglais. Les autres plénipotentiaires ne se sont pas prononcés. La prochaine séanc-e a été fixée à lundi et on a exprimé l'espoir qu'à cette époque les plénipotentiaires seront en mesure de donner un vote. Je prie V. E. de me télégraphier ses instructions définitives (2). La question de la garantie collective étant écartée, nous sommes d'avis, M. Baravelli et moi, que nous pourrions etre autorisés à nous prononcer pour la solution qui serait concordée entre la France et l'Angleterre. En cas de désaccord et si un vote explicite m'était demandé, je me croirais déjà autorisé par les instructions précédentes de V. E. (3) à me prononcer en faveur des propositions anglaises.

330

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 991. Londra, 24 luglio 1884, ore 19,38 (per. ore 22).

Dans la réunlon d'aujourd'hui Waddington a déposé son contre-projet, dont j'ai envoyé résumé télégraphique à V. E. (4). Ce contre-projet a été objec

(-4) Cfr. n. 325.

té par les plénipotentiaires anglais qui ont présenté, de leur còté un contreprojet qui peut se résumer ainsi: l) l'emprunt avec premier privilège sera fait sans garantie, les titres serviront à payer les indemnités; 2) la première charge sur les revenus, après le service du dit emprunt, sera la dépense pour l'administration et l'occupation; 3) la troisième charge sera le payement des emprunts privilégiés, unifiés et Suez Domain -et Daira Sanieh; 4) excédant, s'il y a, sera partagé entre fond d'amortissement et Gouvernement égyptien;

5) en cas de déficit, les intérets des emprunts subiront une diminution.

Ensuite le chancelier de l'Echiquier a présenté une troisième proposition modifiant la première du 24 juin. Cette troisième proposition porte: l) la diminution de l'intéret cessera après dix ans, une nouvelle conférence sera alors convoquée pour un nouvel examen; 2) le Gouvernement angla:is garantira seulement la partie de l'emprunt qui ne servira pas à payer; les indemnités seraient payées avec les titres non garantls de l'emprunt nouveau.

(l) -Per la risposta da Pietroburgo e da Vienna, cfr. nn. 332 e 333, la risposta da Berlino è contenuta nel T. 996 del 25 luglio 1884, non pubblicato; la risposta da Costantinopoli non è contenuta nel registro dei telegrammi. (2) -T. 505 del 26 luglio 1884, non pubblicato. (3) -T. 495 del 23 luglio 1884, non pubblicato.
331

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 1608. Roma, 24 luglio 1884.

Ringrazio V. E. per il pregiato suo rapporto del 19 luglio volgente (1).

In relazione alle assennate considerazioni svolte nell'ultima parte di esso, le fo noto che, in presenza della circolare di lord Granville e della situazione che essa rivela, non possiamo disconoscere che l'Inghilterra è più in grado di qualsiasi altra Potenza di valutare i mezzi ed i bisogni dell'Egitto e del suo bilancio; e che, pertanto, se i plenipotenziari inglesi persistono, dopo esauriti i dibattimenti, a riputare indispensabile una riduzione, non potranno essere di un altro avviso, dal momento che, agli occhi nostri, il compito della Conferenza è non solo di proteggere gli interessi dei creditori dell'Egitto, ma anche e sovratutto di dotare il Vicereame di un assetto amministrativo e finanziario che tutte le Potenze si accordino a considerare come perfettamente solido.

Nel far conoscere al conte Nigra questo nostro modo di vedere, esprimevo il concetto che, se l'emendamento Waddington non fosse accettato tale e quale era proposto, si potrebbe forse renderlo accettabile all'Inghilterra completandolo colla dichiara~ione che le Potenze s'impegnano sin d'ora ad ammettere la riduzione dell'interesse, qualora l'esperimento di due esercizi ne provasse la necessità assoluta.

Questo concetto di cui l'ambasciatore della Gran Bretagna a Roma ha meco riconosciuto il carattere pratico, aveva, da quanto ci risulta, probabilità di essere accettato dal Governo britannico, salvo lievi differenze.

(l) Non pubblicato.

332

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 999. Pietroburgo, 26 luglio 1884, ore 11,30 (per. ore 23,45).

Giers considère le projet des plénipotentiaires français à la Conférence de Londres comme assez satisfaisant, sauf cependant participation des Puissances à la garantie de l'emprunt. La Russie, n'ayant pas intéréts financiers en Egypte, appuyera volontiers tout compromis qui amène entente qu'elle désire beaucoup voir s'établir.

333

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1004. Vienna, 26 luglio 1884, ore 17,50 (per. ore 19,15).

J'ai demandé au comte Kalnoky son avis sur proposition qu'a du presenter le plénipotentiaire français à la Conférence du 24 de Londres. S. E. m'a répondu que d'après ses renseignements quatre projets se trouveraient actuellement en présence: l) le premier anglais; 2) le français; 3) et 4) deux projets alternatifs anglais. Les deux premiers étant déjà écartés, l'un par la France et l'autre par l'Angleterre, il ne resterait à examiner que les deux derniers dont les délégues français ne semblent pas vouloir. Somme toute, il y aura beaucoup de difficultés à s'entendre et il ne sait pas trop comment on en sortirait. Quant à son avis, il m'a répété ce qu'H m'avait déjà dit dernièrement, à savoir qu'il considère le vote des plénipotentiaires neutres comme tout-à-fait inutiles tant que les Cabinets de Saint James et de Paris ne se seront pas entendus. En tout cas le projet de faire participer toutes les Puissances à la garantie du nouvel emprunt n'aurait pas son assentiment.

334

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 512. Roma, 27 luglio 1884, ore 17,10.

Voici pour la séance de demain les instructions qu'après consultation avec le président du Conseil et le ministre des flnances je suis nìalntenant en mesure de télégraphier à V. E. Une prem1ere hypothèse est que l'Angleterre et la France se mettent d'accord pour une proposition unique. En ce cas notre occupation ne saurait étre douteuse, sauf le cas où elle s'écarterait totalement des bases qui ont formé jusqu'ici l'objet de nos pourparlers? L'autre hypothèse est celle du désaccord persistant entre la France et l'Angleterre. En ce cas, je présume, d'après votre télégramme d'hier (1), soit que la Conférence ne sera formellement appelée à se prononcer que sur la proposition anglaise n. 2, dont les points fondamentaux sont l) l'emprunt sans garantie; 2) la réduction éventuelle de l'intérét dans le cas seulement où l'exercice du budget se fermeralt en fait avec un déficit. Si cette proposition est mise en délibération, j'autorise V. E. à se prononcer dans un sens favorable. Notre assentiment se justifie en effet sur la considération que dans l'hypothèse où le déficit se produirait, nous nous trouverions en présence du cas de nécessité absolue qui, sans contradiction de la France méme, légitime la réduction de l'intérét, tandis que dans l'hypothèse contraire, qui est conforme aux premières prévisions de notre délégué technique, il n'y aurait ni déficit ni réduction et la proposition anglaise équivaudrait de fait à la proposition française. Je crois cependant que, sans en faire une condition sine qua non et en cherchant plutot à vous mettre au préalable d'accord là-dessus · avec les plénipotentiaires britanniques, vous devriez les amener, ainsi qu'au cas écnéant les autres collègues, à accepter les deux amendements suivants à la proposition anglaise n. 2, à savoir: l) la réduction éventuelle de l'intérét ne devrait en aucun cas frapper le nouvel emprunt, car une pareille incertitude exercerait sur son émission une influence des plus fàcheuses; 2) en cas de déficit la réduction de l'intérét ne devrait en aucune hypothèse dépasser la limite du demi pour cent. Je m'en remets pour les détails à votre tact et à votre expérience consommée. Je désire seulement ajouter que V. E. ne doit énoncer un vote forme! que dans le cas seulement où conformément à la délibération prise dans la dernière séance, on n'admette pas demain le référendum. Dans le cas, au contraire, où un ou plusieurs plénipotentiaires se retrancheraient derrière le référendum, V. E. devrait se borner à l'énonciation de son opinion dans le sens je lui ai ci-dessus indiqué, réservant au Gouvernement la décision définitive après connaissance de tous les autres votes.

335

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1010. Londra, 27 luglio 1884, ore 23,10 (per. ore 1,10 del 28).

Je remercie V. E. de son télégramme contenant les instructions (2). Il n'a jamais été question de réduire l'intérét du nouvel emprunt. Je vois du rest qu'il y a eu erreur dans mes télégrammes. La seconde proposition anglaise à

Iaquelle se réfère le télégramme de V. E. du ... (l) est absolument repoussée .par la France. Le · seule proposition qui demeure intacte et sur laquelle je demande instructions, est la derhière. proposition anglaise, c'est-à-dire celle qui limiterait la réduction à dix ans.

(l) -T. 1005, non pubbllcato. (2) -Cfr. n. 334.
336

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. URGENTISSIMO 517. Roma, 28 luglio 1884, ore 9,45.

Je vous confirme instructions contenues dans mon télégramme d'hier (2), mais je vous autorise également à mettre en avant, au cas échéant, la combibinaison indiquée dans votre télégramme d'hier soir si elle a chance de succés et avant tout si elle est agréé par les plénipotentiaires anglais.

337

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA

'I'. 516. Roma, 29 luglio 1884, ore 23,45.

Les démissions de M. Tecchio de président du Sénat ont été acceptées par Sa Majesté sur l'avis unanime du Conseil des ministres. Vous n'etes pas chargé d'en donner communication au comte Kalnoky; mais, comme il est utile que le fait ne soit pas ignoré par lui pour prévenir toute interrogation ou discussion inopportune, vous pourrez saisir à cette fin l'occasione de sa prochaine audience hebdomada,ire. Il serait méme très utile que vous en donniez connaissance à

M. Pasetti, afin que le ministre en soit informé un jour avant. Il faudrait cependant que vous preniez un autre prétexte quelconque pour vous rendre chez le chef de section, car il est bien entendu que vous n'étes pas chargé d'une participation officielle. Camme il est probable qu'en cette circonstance on vous parle de la lettre particulière de M. Depretis à M. Tecchio qui a précedé l'acceptation des démissions et à laquelle le comte Ludolf, à la veille de quitter Rome, paraissait attribuer une portée qui lui faisait totalement défaut, vous devrez dire que cette lettre a été uniquement inspirée par les égards qui sont dus au Sénat, le premier Corps de l'Etat. On n'aurait pu accepter les démissions du président qui a présidé le Sénat pendartt huit sessions sans de phrases préalables de courtoisie, dont le défaut aurait inévitablement blessé la haute assemblée, qui, quelles que soient les appréciations qu'elle ait pu porter elle-méme sur les paroles prononcées par son président dans la séance du 4 mai, n'aurait pas admis qu'on s'abstienne à son égard de èes marques de consideration qui

sont dues aux plus hauts fonctionnaires de l'Etat. Tout ceci également, vous le direz comme appréciation entièrement à vous personnelle, vous vous tenant cependant strictement à la lettre de la susdite appréciation sans y rien ajouter ni enlever. Vour pouvez conclure en témoignant votre satisfaction de ce que les démissions offertes par M. Tecchio spontanément, et acceptées purement et simplement par Sa Majesté, aient éliminé toute occasion de nous occuper de ce sujet.

(l) -Gruppo lndeclfrato. (2) -Cfr. n. 334.
338

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3560. Berlino, 29 luglio 1884 (per. il 2 agosto) (1).

Je remercie V. E. du télégramme du 27 courant (l) par lequel elle a bien voulu me communiquer pour mon information particulière et confidentielle les instructions transmises à l'ambassadeur de Sa Majesté à Londres pour la séance d'hier de la Conférence. Ainsi je n'ai pas soufflé mot au comte de Hatzfeldt aujourd'hui à sa récéption hebdomadaire. Je lui ai seulement demandé s'il avait reçu quelques détails sur cette séance. Il m'a dit que des propositions et contropropositions anglaises et françaises ayant été soumises à l'assemblée, la divergence de vues, loin de cesser, s'était accentuée davantage et que le comte Nigra, entre autres, avait dù se convaincre que des idées de conciliation ne trouvaient, jusqu'ici du moins, aucun terrain favorable. On ne comprenait pas que la France et l'Angleterre dans leurs longs pourparlers préliminaires à la Conférence et qui ont abouti à un accord sur les questions d'ordre essentiellement politique ne se fussent pas entendues aussi sur la situation financière de l'Egypte, de manière à faciliter la tache des autres Puissances pour l'examen d'un règlement définitif. Quelque retrospectif que ce soit ce regret, il n'est pas moins vrai que, depuis lors, l'écart se fait toujours plus grand entre Paris et Londres.

J'ai pu remarquer dans cet entretien que, pour le fond de cette question financière, le Cabinet de Berlin penche toujours du còté de la France invoquant des motifs dont on reconnait ici le bien fondé.

Ce qui diete aussi cette attitude de l'Allemagne, c'est peut-~tre son désir d'épargner au Gouvernement actuel de la Répubblique un échec qui affaiblirait sa position et pourrait amener sa chute. Or le ministère Ferry a donné des gages de modération dans ses rapports avec Berlin, et il venait à disparaitre ou courrait la chance que les successeurs ne seraient pas animés des memes sentiments.

Les ménagements pour la France sont ici à l'ordre du jour, à la seule condian qu'elle respecte les clauses du Traité de paix de 1871. Quoiqu'il en soit, il est vraiment dommage, à notre point de vue, que les circonstances ne semblent guères propices actuellement à notre action visant

à la conciliation et à d'équitables transactions. Il importe du moins que l'Angleterre conserve la conviction qu'il n'a pas dépendu de nous qu'il en fiì.t autrement. En accusant réception de la dépéche de V. E. n. 1608 du 24 juillet (1), je

saisis cette occasion pour vous ...

(l) T. 513, non pubblicato, ma cfr. n. 334.

339

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 44. Pietroburgo, 29 luglio 1884 (per. il 5 agosto).

In questi ultimi giorni avendo assunto un carattere più preciso la voce corsa di un prossimo viaggio dell'imperatore Alessandro in Polonia giudicai che non sarebbesi più indiscrezione da parte mia, se ne avessi fatto argomento di domanda al signor de Giers presso il quale mi recai ieri nell'occasione del consueto ritrovo settimanale.

II signor de Giers assai cortesemente mi disse che infatti esisteva il progetto d'una prossima visita dell'imperatore in Polonia. L'epoca tuttavia non era ancora bene determinata ma probabilmente si effettuerebbe nel corrente del prossimo agosto e che l'imperatrice e fors'anche il granduca ereditario l'accompagnerebbero.

Il soggiorno della famiglia imperiale in Polonia, mi sembra in ogni caso sarà di breve durata ma però sufficiente per dare luogo ad un incontro con !',imperatore d'Austria in un punto sulla frontiera da determinare.

Il signor de Giers mi disse che quest'incontro era possibile, senza però potermi per anco asserire se fosse probabile. Dal suo modo d'esprimersi, parvemi che il ministro desiderasse assai quest'avvenimento. Lo richiesi se accompagnerebbe l'imperatore nel viaggio; mi rispose che ciò dipendeva dalla estensione che questo prenderebbe. Il signor de Giers ebbe però cura d'insistere sull'antica amicizia personale da cui erano legati i due sovrani, i quali trattansi assai famigliarmente la persona dell'imperatore Alessandro avendo sempre ispirato viva simpatia nell'imperatore Francesco Giuseppe.

Lo ripeto, nulla di preciso è peranco stabilito, tutto dovendo dipendere dalla situazione politica che l'esito più o meno felice della Conferenza di Londra potrà produrre.

Scabroso intento sarebbe il mio se mi accingessi ad apprezzare la portata politica d'un incontro dei due imperatori.

Il siguor de Giers avendo totalmente esclusa la probabilità di un incontro, almeno per ora, dei tre imperatori, il convegno di quello di Russia con quello d'Austria non può avere che uno scopo assai ristretto, cioè di tentare un accordo su alcuni punti della rispettiva politica orientale. L'accordo che a mio avviso presenta maggiori difficoltà, quello sarebbe sulla politica da seguirsi da entrambi i sovrani sulle rispettive provincie polacche. Su questo terreno esiste una rivalità a spegnere la quale non basta l'amicizia personale dei due imperatori.

(l) Cfr. n. 331.

340

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A PARIGI, MENABREA, A PIETROBURGO, GREPPI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA

T. 524. Roma, 30 luglio 1884, ore 16,30.

Plusieurs plénipotentiaires s'étant hier déclarés sans instructions, la Conférence a été ajournée à demain jeudi. Elle devra se prononcer sur un projet anglais dont voici les points essentiels: l) emprunt sans garantie; 2) réduction ne dépassant pas le demi pour cent sur les intérèts des dettes actuelles pour le cas où il se produirait en fait un déficit dans le budget; 3) cet arrangement serait valable pour trois ans. Dans la séance d'hier les plénipotentiaires d'Allemagne, de Russie et de Turquie ont démandé pour leurs gouvernements la partecipation à la Commission pour la caisse de la dette publique.

341

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1031. Vienna, 30 luglio 1884, ore 18,55 (per. ore 19,20).

J'ai été aujourd'hui chez le comte Kalnoky. Après avoir parlé de plusieurs affaires, étant ensuite venu sur le comte Ludolf, arrivé hier de Rome, il m'a dit que l'acceptation de la démission de M. Tecchio avait fait disparaitre l'homme, mais n'avait pas résolu l'incident d'une manière satisfaisante pour le Cabinet de Vienne. Les phrases de régret et d'éloge pour Tecchio contenues dans la lettre du président du Conseil, inopportunes après le discours tenu le 12 mai par le président du Sénat, ont été interprétées par la presse italienne comme une approbation de son langage; elles ont l'air d'un acquiescement aux idées irrédentistes énoncées par Tecchio. J'ai demandé au comte Kalnoky la permission de lui dire que mes appréciations personnelles sur la lettre de

M. Depretis étaient tout-à-fait opposées aux siennes, qu'à mon avis, cette lettre n'a été inspirée que par les égards dus au Sénat, dont Tecchio a été président pendant huit sessions; l'acceptation de sa démission, sans quelques phrases préalables de courtoisie, n'aurait pu que blesser la haute Assemblée, qui, en dehors de toute appreciation sur les paroles prononcées par Tecchio, n'aurait pas admis l'absence des marques de considération à son propre égard dans la personne de son président. J'ai conclui en disant que je me réjouissais de voir, par la démission offerte spontanément par M. Tecchio et acceptée purement par le roi, éliminée l'occasion de revenir sur ce sujet. Kalnoky m'a répliqué que le Sénat n'a rien à voir dans cette affaire, qu'il comprend parfaitement que, par égard au premier Corps de l'Etat, le président du Conseil ait pu adresser à son président quelques paroles courtoises, mais, de là à exprimer une douloureuse surprise et à déclarer que la démission serait une calamité pour la nRtion il y a un large espace que M. Depretis n'aurait pas dft franchir, surtout après les explications qui avaient eu lieu entre lui, Kalnoky, et le comte Robilant, et entre V. E. et le comte Ludolf. Les rapports, m'a-t-il ajouté, entre les deux Pays ne sont malheureusement pas sur un pied tel que ces nuances puissent passer inaperçues. Nous avons droit à des égards et on ne peut certainement pas nous accuser de trop de susceptibilité. J'ai repris la parole pour lui répéter, camme appréciation personnelle, ce que j'avais eu l'honneur de lui cUre avant. Oui, m'a-t-il dit, vous pensez ainsi mais, mème si je étais de votre avis cela ne changerait rien à la situation; ce que nous disons ici entre nous est une chose, et ce que pense le public est une autre, et le public, gràce à la lettre de M. Depretis, donne à l'incident un caractère qui n'est pas favorable à l'Autriche. Là-dessus S. E. a changé de conversation et j'ai aussitòt pris congé d'elle. Je tiens à ajouter que je me suis tenu strictement aux instructions de

V. E. sans rien ajouter et rien enlever.

342

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 525. Roma, 31 luglio 1884, ore 2.

La proposition anglaise n. 2 bis ne diffère en substance de la proposition

n. 2 que par l'acceptation implicite de notre amendement limitant la réduction éventuelle au maximum d'un demi pour cent. Je confirme donc à V. E. autorisation d'adhérer conformément aux instructions précédentes. Je désire seulement savoir si les indemnités seront payées avec les nouveaux titres au cours de borse ou bien à la valeur nominale. Veuillez également me dire si après les trois ans une nouvelle conférence devrait se réunir pour aviser à la situation. Quant à la participation de l'Allemagne, de la Russie et de la Turquie à la Commission de la dette, j'autorise V. E. à déclarer que nous n'avons en principe pas d'objections, en ce qui nous concerne, nous réservant de donner à notre consentement une forme définitive quand nous connaitrons le vote des autres Puissances.

343

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 1610. Roma, 31 luglio 1884.

Mi pregio di segnarle ricevuta del rapporto direttomi da V. E. il 25 luglio volgente (l), per il quale la prego a gradire i miei ringraziamenti.

25 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XVII-XVIII

I documenti che vengono man mano comunicati a V. E. le mostrano come il nostro atteggiamento alla Conferenza sia, sopratutto rispetto alla Inghilterra, precisamente quello che a lei sembra opportuno e raccomandabile. Ci pare però, dal citato rapporto, che la Cancelleria germanica non sia stata, a questo riguardo, informata con precisione. Non è esatto che il commendatore Baravelli, nelle adunanze della commissione dei delegati, abbia votato contro la proposta inglese ed in favore della proposta francese, insieme coi delegati tecnici di Austria-Ungheria, Germania e Russia. Naturalmente, finché si trattava dell'accertamento dei fatti, egli avrà con schiettezza esposto il frutto della sua personale esperienza e dei suoi studi. Ma all'atto di deliberare, egli si attenne alle sue istruzioni, che gli prescrivevano di riservare ogni decisione al R. Governo. Dal canto nostro nell'impartire al conte Nigra le istruzioni definitive che

V. E. oramai conosce, non abbiamo punto negletto, anzi abbiamo principalmente considerato il criterio d'ordine politico che ci consigliava e ci consiglia, come avverte V. E., di coadiuvare l'Inghilterra, nell'opera a cui si è accinta, e di ricercare nella reciproca benevolenza, derivante dal nostro leale aiuto, la garantia della nostra partecipazione legittima ad una ragionevole influenza sovra le cose del Vicereame, standoci sopratutto a cuore che a tale riguardo non si attribuisca ad altre Potenze, tranne ben inteso all'Inghilterra, una posizione prevalente alla nostra.

(l) R. 3558. non pubbl!cato.

344

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI MASSIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 897. Tunisi, 1° agosto 1884 (per. l'11).

In rirtù del decreto reale 21 luglio scorso ho notificato a Sua Altezza la sospensione della giurisdizione consolare a decorrere da oggi, lo agosto, nei termini che mi vennero da V. E. prescritti.

Ho quindi immediatamente telegrafato la cessazione della giurisdizione ai regi vice-consoli e agenti consolari in Tunisia, portandola a conoscenza del corpo consolare.

345

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1047. Londra, 2 agosto 1884, ore 16,37 (per. ore 20,15).

La Conférence a complètement avorté. Dans la séance d'aujourd'hui, M. Waddington a présenté un contre-projet camme étant dernière concession.

Ce contre-projet a été rejeté par les plénipotentiaires anglais, et lord Granville a déclaré Conférence close. Waddington a proposé prorogation de la Conférence au mais d'octobre et il a été appuyé par moi et par les autres plénipotentiaires, mais Granville n'a accepté que avec la clause sine die. Sa Seigneurie s'est refusée à laisser discuter une proposition française sur le règlement des indemnités, ainsi que celle de l'adjonction des membres russes, tures et allemands à la Commission de la dette. Avant la clòture de la séance, j'ai cru devoir déclarer que je réservais dans le cas de nouvelles négociations ou de conférences futures, la pleine liberté d'action du Gouvernement du roi, qui par conséquent, n'entendait pas etre lié, dans l'avenir et dans d'autres conditions, par les opinions qu'il a fait exprimer dans la présente Conférence. Plénipotentiaire allemand n'a pas soumis à la Conférence les propositions sanitaires dont V. E m'a parlé dans son dernier télégramme (1).

346

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2154. Vienna, 2 agosto 1884 (per. il 4).

Con telegramma del 9 giugno scorso (2) avevo l'onore d'informare V. E. che delle trattative correvano segretamente tra Pietroburgo e Vienna allo scopo di combinare un'intervista tra i due sovrani di Russia e d'Austria-Ungheria.

L'iniziativa del negoziato venne naturalmente da Pietroburgo, ed è il barone Kaulbars, addetto militare a quest'ambasciata di Russia, che fu incaricato, or son tre mesi, di accennare in alto luogo al desiderio dello czar d'incontrarsi prossimamente con l'imperatore Francesco Giuseppe.

Essendosi qui fatto buon viso alla proposta, fu data istruzione al principe Lobanov di entrare ufficialmente in discorso per combinare il modo, la località e l'epoca del convegno.

Le informazioni che ho potuto ora confidenzialmente procurarmi da quest'ambasciata di Russia vengono a conferma di quanto il signor Giers ebbe a dire di recente a S. E. il conte Greppi e che dall'E. V. mi è stato comunicato col telegramma del 29 luglio (3).

L'idea dell'intervista è stata da una parte e dall'altra accettata senza che però nulla sia stato ancora definitivamente stabilito per la sua attuazione.

Il signor Giers ha detto che il convegno è subordinato alle eventualità della situazione politica, ma è evidente che, anche allorquando tutto sarà fissato, si cercherà di tener la cosa segreta o per lo meno incerta sino all'ultimo momento per tema di qualche atto criminoso delle sette anarchiche.

(l) -T. 531 del 2 agosto 1884, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 243. (3) -T. 521, non pubblicato.
347

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 539. Roma, 3 agosto 1884, ore 24.

Par votre télégramme de cette nuit (1), j'apprends avec regret, mais sans surprise, l'avortement de la Conférence. Du moins, nous avons eu l'occasion de témoigner au Gouvernement britannique qu'il pouvait et peut compter sur un appui cordial du Gouvernement italien, en ce qui le concerne, dans les difficultés de la question égyptienne. V. E., j'en suis sur, saisira l'occasion pour le lui faire reconnaitre. La Conférence étant close, je tiens, non seulement à vous approuver et remercier au nom du Gouvernement du roi pour la part que vous avez prise à ses travaux, mais aussi à constater que V. E., en cette occasion ainsi qu'en tant d'autres, a déployé les rares qualités de l'intelligence et de l'expérience qu'elle met au service du roi et du Pays. Maintenant je vous demande: l) le texte du dernier contre-projet Waddington avec l'indication des points qui ont été jugés inadmissibles par Granville; 2) la formule précise de votre dernière importante déclaration pour sauvegarder à l'avenir au Gouvernement du roi toute liberté d'opinion et d'action; 3) un rapport détaillé de M. Baravelli pour exposer les études financières faites au sein de la commission technique, les phases des différents projets et les objections soulevées contre chacun d'eux, enfin, la part prise par lui individuellement dans ces études. 4) Je désire aussi connaitre confidentiellement si le rejet du dernier contre-projet Waddington et l'abandon de la Conférence, à votre avis, a peu etre l'effet, plu

tòt que d'un simple dissentiment financier, d'un changement survenu dans la situation du Cabinet anglais à l'intérieur, ou vis-à-vis de la France, ou dans ses iclées sur l'administration de l'Egypte, ou d'autres circonstances ayant un caractère politique comme, par exemple, le désir de faire tomber l'accord anglofrançais en Egypte, qui était mal reçu par le Parlement et l'opinion publique en Angleterre. Tàchez enfin de découvrir le plan arreté ou probable de lord Granville en rapport à l'Egypte et aux nécessités urgentes du trésor égyptien. On comprend que, en écartant des projets de la Conférence toute condition de garantie d'un nouvel emprunt et de réduction des intérets sur les dettes antérieures, Granville ne peat pas se soucier de la limitation du projet et des dépenses, et peut meme préférer d'avoir la main libre, mais pour effectuer le nouvel emprunt, il faudrait du moins le consentement des Puissances pour assurer aux services de ses intérets un privilège de précédence. Croyez-vous que le Cabinet anglais, déjà disposé à garantir tout seui un nouvel emprunt, voudra aussi le faire et en subir les chances pour se créer un titre de plus à l'administration de l'Egypte? V. E. connait le prix que j'attache à son opinion

éclairée et il nous est nécessaire d'apprécier exactement la situation nouvelle, qui va se produire, pour la ligne de conduit à adopter au point de vue de l'intèret italien.

(l) Cfr. n. 345.

348

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 65. S. Ildefonso, 3 agosto 1884 (per il 7 ).

La pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del 25 luglio della dichiarazione offertaci il 16, insieme alla nota spagnuola del 22, produsse in questi circoli governativi grave e penosa impressione. Il Gabinetto decise che la Gaceta de Madrid serbasse il silenzio, e che l'Epoca pubblicasse una traduzione della mia nota del 20, col testo della nota anzidetta del 22; osservando l'organo ufficioso essere queste due comunicazioni le sole aventi carattere ufficiale che fossero intervenute tra i due Governi, e l'incidente rimanere così terminato decorosamente.

I giornali d'opposizione anche avanzata non solo biasimano il ministero Cànovas di aver fatto concessioni da essi dichiarate esorbitanti, ma affettano di considerare le esigenze dell'Italia come eccessive ed offensive alla dignità della Nazione spagnuola.

In questa stampa repubblicana si rilevarono di recente varie allusioni a relazioni misteriose tra l'incidente sollevatosi a proposito del discorso Pidal e l'accordo che si diceva esistere tra Spagna e Italia per il Marocco: secondo quei giornali, l'accordo accennato non sarebbe più possibile.

L'Iberta poi, organo del signor Sagasta, annunzia un altro di quei conflitti, (che, le replica l'Epoca, i repubblicani dei due Paesi si sforzano di creare), impegnando l'lberia la dignità del Gabinetto Cànovas contro le pressioni italiane per la quistione dell'ospedale, pendente da tanti anni.

Non posso dissimulare a V. E. che regnano generalmente qui risentimenti che senza dubbio il tempo calmerà, ma che per il momento richieggono qualche cautela da parte nostra nei varii affari finora trattati con piena confidenza tra questa legazione ed il Ministero di Stato, e non senza favorevoli risultati, come riferisco a V. E. con rapporto speciale in quanto concerne l'ospedale, e come emergeva dai miei rapporti politici circa le cose del Marocco.

V. E. vorrà, spero, illuminarmi colle sue direzioni per l'azione che il R. Governo aspetta da me, riguardo a tali questioni, nelle presenti circostanze (1).

«Riferimento al telegramma del 3 d! questo mese. con la speranza che gli schiariment! forniti abbiano dissipato ogni men favorevole impressione. Quanto alle questioni concrete cui accenna il barone B!anc, ed al metodo da seguirs! per le ulteriori loro trattazioni, c! r!serb!amo d! passargl! concrete e precise istruzioni secondo le particolarità delle singole materie; intanto però sarà sempre fedele interprete del R. Governo assicurando !l Governo spagnolo del nostro vivo desiderio che si mantenga tra i due Stati quella schietta ed intima cooperazione da eu! possono ricavare preziosissimi vantaggi ». In base a tal! istruzioni venne redatto !l D. 69 del 9 agosto 1884 indirizzato alla legazione a Madrid, non pubbl!cato.

(l) Allegate, al presente rapporto si trova la seguente annotazione d! Malvano:

349

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1055. Londra, 4 agosto 1884, ore 15,50 (per. ore 18,10).

Je remercie V. E. pour san télégramme (1). J'ai envoyé à V. E. texte du dernier contre-projet français, ainsi que la formule de ma déclaration pour réserver notre liberté d'action pour l'avenir. Quant aux causes du rejet du contre-projet susdit, la principale est qu'il ne contenait, au fond, aucune réduction d'intérets dans les dettes, et qu'il attribuait à la Commission de la dette des pouvoirs que le Gouvernement anglais ne croit pas pouvoir admettre. Il est également certain que l'opinion publique anglaise, meme parmi le parti libéral, était contraire à l'arrangement anglo-français. Les principaux journaux des deux partis saluent avec joie avortement de la Conférence. Nous ne pouvons pas savoir de suite ce que le Gouvernement anglais fera dans la situation actuelle. Gladstone s'est refusé à annoncer à la Chambre un plan quelconque, peut-etre sera-t-il explicite à l'avenir, mais pour le moment, on ne peut rien savoir de précis sur des projets qui, probablement, ne sont pas encore bien arretés dans la pensée du Gouvernement anglais lui-meme. Pour ce qui nous concerne, nous avons fait tout le possible pour que la Conférence aboutisse; j'ai meme fait, par ma proposition non présentée, un essai infructueux de conciliation. Lord Granville l'a reconnu et m'a prié de vous remercier; malheureusement les autres Puissances sont restées spectatrices inertes des débats.

350

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1066. Parigi, 5 agosto 1884, ore 16 (per. ore 18,45).

Il est difficile, en ce moment, de préjuger les conséquences de l'avortement de la Conférence. Ce résultat, toutefois, n'a pas étonné; on s'y attendait, car on sentait que l'Angleterre ne pouvait se soumettre aux exigences de la France. Ces exigences avaient pour but, autant d'entraver les tentatives de l'administration anglaise en Egypte, que de sauvegarder les intérets des porteurs de titres égyptlens. Ces titres sont, en très-grande partie, entre les mains de puissantes maisons financières françaises, qui exercent haute influence sur Gouvernement, et dont effet s'est fait sentir lors de la constitution du double contrale. On suppose que l'Angleterre a voulu, non seulement se délivrer d'un contrale quelconque, mais encore s'assurer, d'une manière absolue, la route des Indes depuis que France cherche à se constituer empire en Orient. Ministère Gladstone obéit ainsi au sentiment le plus général en Angleterre. On a été surpris de la

décision avec laquelle lord Granville a annoncé que la Conférence était suspendue stne die et déclaré Angleterre libre de tout engagement. On soupçonne Allemagne d'avoir cherché à faire avorter Conférence en y introduisant des questions qui n'étaient pas dans le programme anglais et à susciter ainsi des dissentiments entre les deux Nations. Plusieurs journaux français ont pris un ton menaçant contre Angleterre, d'autres, au contraire, pensent que le deux Puissances finiront par s'entendre. Il est bien possible que Angleterre laisse la main libre à la France dans ses tentatives coloniales, pourvu qu'elle mème trempe sa suprématie en Egypte. Proposition conciliatoire de l'Italie n'a pas été ici prise en aussi mauvaise part qu'on aurait pu le craindre. Toutefois on a bien compris que nous cherchions à nous concilier Angleterre. Pour le moment, attitude de la France semble devoir ètre expectante, ainsi que me l'a donné à entendre M. Ferry samedi dernier, avant que fftt arrivée nouvelle officielle de l'avortement de la Conférence qui toutefois était prévu .

(l) Cfr. n. 347.

351

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 456. Roma, 5 agosto 1884.

Segno ricevuta a V. E. dei due pregiati suoi rapporti del 29 e del 30 luglio scorso (l), e ne la ringrazio.

Mi è grato cogliere questa occasione per esternare a V. E. i sentimenti di gratitudine del R. Governo verso di lei, per l'opera spiegata in seno alla Conferenza, confermandole le approvazioni ed i ben meritati elogi che fui sollecito a tributarie col mio telegramma del 3 agosto corrente (2).

Alcuni punti rimanevano da chiarire ed alcuni testi ci facean difetto. Il perché domandai a V. E. l'invio dell'ultimo controprogetto francese e la formala della dichiarazione da lei fatta, alla chiusura dei lavori, per riservarci all'avvenire la nostra libertà d'azione. Ed in pari tempo la pregai di darmi alcuni particolari sui motivi che poterono provocare l'affrettata chiusura della Conferenza, senza che avesse sortito alcuno degli sperati risultati.

Nel mentre aspetto l'invio dei documenti da V. E. già annunciati, la ringrazio degli schiarimenti favoritimi circa il rigetto del controprogetto francese, cagionato dal fatto, principalmente, che esso non conteneva, in fondo, alcuna riduzione d'interesse nei debiti e che attribuiva alla Commissione del debito dei poteri che il Governo inglese non credeva potere ammettere; e da quello altresì che l'opinione pubblica inglese, anche nel partito liberale, era avversa all·accordo anglo-francese, come si ravvisa dalla non celata soddisfazione con cui la stampa dei due partiti accoglie l'insuccesso della Conferenza.

Lieto infine che il Governo inglese abbia debitamente apprezzato il tentativo di conciliazione da noi fatto con la proposizione che V. E. intendeva un momento di porre in mezzo, le rinnovo ...

(l) -R. 732/1042 e R. 734/1047, non pubblicati. (2) -Cfr. n. 347.
352

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 746/1070. Londra, 5 agosto 1884 (per. il 9).

Mi pregio di dare brevemente notizia all'E. V. delle dichiarazioni fatte ieri sera dal Governo inglese nei due rami del Parlamento circa le cose d'Egitto, riferendomi per più ampi ragguagli ai resoconti che ne danno i giornali.

Nella camera dei lordi il conte Granville, dopo aver comunicato un riassunto delle proposte e delle contro proposte che furono fatte nella Conferenza, disse che la Camera sarebbe certo d'avviso che sarebbe stato impossibile al Governo della regina di accedere alle proposte della Francia.

Sua Signoria manifestò quindi la sua gratitudine all'Italia per l'appoggio da essa prestato all'Inghilterra; appoggio, egli disse, che gli sembrava fondato sopra un sentimento di vera amicizia per l'Inghilterra e di perspicace interesse per il benessere dell'Egitto.

Sua Signoria conchiuse nel modo seguente:

«La Conferenza, essendosi aggiornata senza venire ad un accordo, lasciò una grave responsabilità sulle nostre spalle. Noi abbiamo ripigliato la nostra libertà d'azione, ma abbiamo d'uopo di diligente studio per usarne. Il Governo ha in contemplazione provvedimenti preliminari che descriverò nella seduta di domani :.. ·t "'i.'~

La stessa promessa di fare, nella seduta d'oggi, una dichiarazione sulle cose

d'Egitto fu data dal signor Gladstone nella Camera dei Comuni. Egli dichiarò

nello stesso tempo che intendeva chiedere un voto di credito per soccorrere il

generale Gordon.

353

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 748/1079. Londra, 5 agosto 1884 (per. il 9).

Una importante discussione sulla questione dei beni di Propaganda ebbe

luogo ieri sera nella Camera dei Comuni. Nel principio della seduta il signor

O'Donnell, deputato irlandese, chiese se il Governo inglese aveva intenzione di

fare senza indugio i passi necessari per impedire che una parte qualsiasi dei

beni di Propaganda fosse convertita dal Governo italiano, colla forza, ad usi

secolari.

Lord Fitzmaurice rispose che il Governo aveva ripetutamente dichiarato

aver dato istruzioni all'ambasciatore della regina in Roma a prevalersi di ogni

favorevole opportunità per esercitare un'influenza nel senso indicato dal signor

O' Donnell; ma che una tale opportunità non si era presentata ad alcuna

Potenza, parecchie delle quali erano anche più interessate dell'Inghilterra in

quella questione. In seguito a questa risposta, il signor O' Donnell, pigliando occasione dalla discussione del bilancio pel servizio diplomatico, propose di togliere lo stipendio allo ambasciatore d'Inghilterra in Roma, perché non aveva tutelato i diritti dei sudditi cattolici della regina nella progettata «confisca~ (così si espresse) dei beni di Propaganda.

Lord E. Fitzmaurice rispose a ciò che l'ambasciatore non aveva creduto opportuno di pigliare l'iniziativa in quella questione, desiderando piuttosto associarsi a qualsiasi ufficio fatto da una delle Potenze continentali. Un dispaccio era giunto, egli disse al Foreign Office, quello stesso giorno, in cui si adducevano le ragioni per cui l'ambasciatore di Inghilterra in Roma non aveva fatto alcun passo in proposito, ma egli non aveva ancora avuto opportunità di leggerlo.

Riferendosi alla parola di confisca, pronunziata dal signor O' Donne!, lord Fitzmaurice aggiunse che (come egli aveva compresa la questione) non eravi confisca, ma solamente una mutazione d'investimento di fondi; ed era costretto a dichiarare inoltre che non credeva che il collegio di Propaganda ne scapiterebbe, giacché il credito del Governo italiano aveva fermamente migliorato in questi ultimi anni.

In riguardo al preteso carattere internazionale del collegio di Propaganda, egli non pensava potersi asserire con esattezza che fosse incontestato. Da ultimo lord Fitzmaurice si riservò di dare più ampie informazioni dopo aver letto il dispaccio di cui aveva annunziato l'arrivo.

Taluni altri membri della Camera, per la maggiore parte irlandesi, avendo continuata la discussione appoggiando gli argomenti del signor O' Donnell, il primo ministro (signor Gladstone), pronunziò un notevole discorso di cui ho l'onore di riferire i punti principali.

Il signor O' Donnell, egli disse, argomenta che l'Inghilterra come custode dei diritti di corporazioni ecclesiastiche debba ingerirsi nella questione di Propaganda. Ma noi saremmo imbarazzati se il Governo italiano, rispondesse al nostro intervento, dichiarando di volersi ingerire a sua volta nella questione dei beni della Chiesa stabilita irlandese, che noi abbiamo abolito. È stato asserito, continuò il signor Gladstone, che il ministro d'America in Roma s'è ingerito in quella questione, se ciò fosse, sarebbe nostro speciale dovere di esaminare gli argomenti da lui presentati e di farne uso, purché si agisca in conformità dei principii di diritto internazionale.

Io medesimo, proseguì l'oratore, sono stato lodato per avere tentato d'immischiarmi nella questione dei beni di Montecassino. In effetto, io feci rappresentanze su questo argomento al Governo italiano, ma lo feci come privato e fu per favore e per grazia che ricevetti il permesso di farle.

L'ingerenza di un governo ha tutta altra indole di quella di un privato e non può aver luogo se non in forza di un diritto che si abbia, ma io non iscopro la base di questo diritto nei discorsi pronunziati alla Camera, né vedo qual forma l'ingerenza inglese debba assumere, tanto più che uno degli oratori ha detto che non debba assumere quella di minaccia o d'insistenza.

Il signor Gladstone accennò quindi all'origine dei beni di Propaganda, ma fece notare che il fatto che quei beni eran derivati da sottoscrizioni all'estero non dava il diritto di tutelarli, contro la legislazione del paese dove quelle sottoscrizioni erano state impiegate in beni immobili.

Il primo ministro continuò il suo discorso colle parole seguenti: non è stato dimostrato che esista alcun diritto, in qualsiasi luogo, d'ingerirsi nei diritti sovrani dell'Italia relativamente alla legislazione che concerne direttamente i beni temporali dei sudditi italiani. La condotta delle altre Potenze non deve guidarci assolutamente. Ma, se dovrà farsi un reclamo per un diritto esistente, dovrà farsi sopra basi chiare e definite e non sopra argomenti che dopo essere stati eliminati ricadrebbero sopra coloro che li hanno presentati.

La proposta del signor O' Donnell, messa ai voti, fu respinta con una maggioranza di 90 voti contro 26 (1).

354

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2155. Vienna, 5 agosto 1884 (per. l'8).

Col telegramma del 3 corrente (2) l'E. V. m'invitava a farle conoscere al più presto l'atteggiamento che il Gabinetto di Vienna intendeva prendere dopo l'insuccesso della Conferenza di Londra.

Per appagare il desiderio di V. E. mi sono recato ieri al Ministero degli affari esteri ma non mi è stato possibile di conferire col conte Kalnoky, poiché questi era proprio sulle mosse per recarsi ad Ischl ove domani avrà luogo l'incontro dell'imperatore di Germania con quello d'Austria-Ungheria.

Per l'assenza da Vienna del 1° capo di sezione, signor Szogyeny, che travasi in congedo, non ho potuto conferire che col 2° capo di sezione, barone Pasetti. Questi mi disse che il conte Kalnoky, occupato nei preparativi della partenza, non aveva potuto prendere, con la dovuta calma, conoscenza delle notizie che gli erano state trasmesse dal conte Karoly sulle ultime sedute della Conferenza, e che soltanto al ritorno di S. E. da Ischl, egli sarà in grado di dirmi quale concetto il conte Kalnoky si sia formato dell'attuale situazione, e quale contegno egli intenda adottare.

L'assenza del conte Kalnoky da Vienna durando probabilmente fino all'8 od al 9, parecchi giorni dovranno passare prima ch'io possa comunicare a V. E. le informazioni ch'ella desidera.

Frattanto parmi utile che l'E. V. abbia conoscenza d'un articolo di fondo che il Fremden-blatt ha oggi pubblicato sul risultato della Conferenza di Londra. Lo trasmetto qui compiegato (3).

L'organo officioso del Ministero I. degli affari esteri dire che se la Germania, l'Austria-Ungheria e la Russia, fedeli allo spirito della loro politica, hanno osservato un atteggiamento imparziale, ed han ricusato di pronunciarsi in favore dell'uno o dell'altra delle due parti avverse, esse non hanno però inteso rinunciare acché i problemi egiziani, che non sono stati risoluti dalla Conferenza,

abbiano ad essere oggetto di una decisione europea e quindi di deliberazioni tra i vari Gabinetti. Nelle discussioni che seguiranno la parte principale spetterà naturalmente alla Francia, dappoiché se la Conferenza ha subito uno scacco, essa ha però valso a provare in modo indiscutibile che gli affari d'Egitto non si decidono a Londra soltanto ma benanco a Parigi.

Se il Fremden-blatt ha fedelmente interpretato il pensiero del Gabinetto di Vienna, da questo articolo puossi arguire che le tre Potenze del Nord intendono mantenuto il carattere europeo alla questione egiziana, e che nella ricerca di una soluzione esse si schiereranno di preferenza dal lato della Francia.

(l) -Per la risposta cfr. n. 360. (2) -T. 538, non pubblicato. (3) -Non s! pubblica.
355

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 542. Roma, 6 agosto 1884, ore 17.

La déclaration que Nigra a faite avant la clòture de la Conférence n'a rien d'insolite en pareil cas. Elle a été suggérée par notre légitime désir de nous retrouver, après l'insuccès de la Conférence, en conditions égales avec les autres Puissances, car il ne serait pas juste que les opinions émises par notre plénipotentiaire au cours des discussions de la Conférence dussent constituer un engagement à notre charge alors que les autres Puissances s'étant maintenues dans une réserve absolue garderaient intégralement leur liberté d'action. Une déclaration analogue, embrassant aussi l'arrangement préalable avec la France, a été faite par M. Gladstone dans l'intérèt de l'Angleterre, à la Chambre des Communes. La réserve enoncée par Nigra ne concerne pratiquement que notre assentiment à la réduction éventuelle des intérets, suggérée par un but de conciliation et ceci pour le cas où cette question serait reprise à l'occasion de combinaisons futures.

356

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1077. Pietroburgo, 7 agosto 1884, ore 17,06 (per. ore 20).

D'après des informations puisées à bonne source l'empereur Alexandre partira pour la Pologne le 4 septembre, notre style, et se rencontrera avec l'empereur d'Autriche dans une localité qui se trouve à un tiers du chemin de Varsavie à la frontière autrichienne. Les deux souverains passeront ensemble un jour ou deux à la chasse. Giers assistera à l'entrevue, dont l'initiative parait appartenir à l' Autriche.

357

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3570. Berlino, 7 agosto 1884 (per. l'11).

L'attitude passive de l'Allemagne a certainement en partie contribué à l'insuccès de la Conférence de Londres. L'honnète courtier s'est tenu sur l'arrière-plan. II se souvenait peut-ètre qu'un pareil ròle auquel il s'était employé au Congrès de Berlin lui avait valu, de la part de la Puissance qui se croyait frustrée dans ses espérances, il est vrai fort exagérées, des récriminations allant jusqu'à mettre en péril Ies bons rapports entre Ies deux Etats. II a fallu un travail de quelques années pour rapprocher tant bien que mal Ies Cabinets de Berlin et de St. Pétersbourg. D'ailleurs il existait et il existe encore un certain mécontentement contre l'Angleterre qui ne se prete que d'assez mauvaise grace à favoriser les projets coloniaux de l'Allemagne vers l'Afrique occidentale. II faut aussi piacer en ligne de compte une certaine antipathie contre M. Gladstone dont Ies allures hésitantes et pleines de contradiction ont Iaissé aUer l'Egypte complètement à la dérive, Iorsqu'avec un peu plus d'esprit de suite, et d'énergie il aurait réussi à établir dans ces régions le protectorat britannique. Avec son tempérament, le prince de Bismarck ne saurait comprendre que on veuille arriver au but par toutes sortes de détours qui pourraient fort bien

devenir un Iabyrinthe au milieu duquel on perdrait le fil conducteur. La Bosnie

et l'Herzégovine à l'Autriche; la Tunisie à la France; l'Egypte à l'Angleterre.

Tel était son programme dès le Congrès de Berlin, et il s'étonne que celle-ci

fasse tant de simagrées pour prendre sa part dans le partage. Il désirait mème

qu'il en fU.t ainsi pour écarter de l'ordre du jour une question qui en s'envéni

mant trop avec le temps et par l'effet des passions en jeu, pourrait aboutir à

un conflit sérieux entre la France et l'Angleterre et avoir un contre-coup sur

d'autres points en Europe. Or il tient à ce qu'une pareille complication ne

surgisse pas. Il peut seulement lui convenir que les deux Puissances, sans se

prendre corps à corps, se trouvent mutuellement dans de telles condition qu'elles

ne puissent se coaliser contre l'Allemagne.

Sous ce rapport, il est évident que la France et l'Angleterre sont à cent

lieues d'un semblable accord, après ce qui vient de se passer à Londres. C'est

tout profit pour l'Allemagne; et à ce point de vue elle n'avait aucun intérèt à

mettre le doigt entre l'arbre et l'écorce.

Il me revient en voie indirecte que le chancelier, lorsqu'il lui a été fait

rapport sur notre attitude à la Conférence, sur l'appui que nous avions preté à

l'une des propositions des plénipotentiaires anglais, n'a fait aucune sorte de

commentaires. Mais il n'épargnait pas la critique à la Turquie qui s'était mon

trée trop condescendante sans qu'on puisse en découvrir un motif de quelque

valeur.

358

IL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 360. Tangeri, 7 agosto 1884 (per. il 15).

Questo ministro di Francia ha ricevuto, non ha guari, le istruzioni cui accennava il r. ministro a Madrid nel rapporto da lui diretto a V. E. in data del 26 giugno e che travasi inserito fra i documenti diplomatici di questa serie al n. 283 (1). Il signor Ordega ne diede tosto comunicazione al ministro di Spagna, signor Diosdado, il quale però già aveva avuto occasione di conoscerne il tenore a Madrid prima di fare qui ritorno dal suo congedo.

Ebbi questa notizia dallo stesso signor Diosdado, e quanto egll m1 a1sse circa tali istruzioni concorda intieramente con ciò che l'egregio barone Blanc ne scrisse a V. E.

Il signor Diosdado mi soggiungeva che aveva pure ricevuto ordlne d1 man.. tenersi col suo collega di Francia in quegli amichevoli rapporti che rispondevano alla politica comune che, d'or innanzi, le due Potenze intendevano seguire al Marocco. «Ma allora, gli dissi io valendomi dell'intrinsichezza che ci lega, abbiamo finito di lavorare insieme,_ «Au contraire, mi replicò il signor Diosdado, più che mai ci converrà di stare uniti per sorvegliare il lavorio della legazione di Francia l).

Mi è sembrato opportuno di riferire questa conversazione a V. E., mentre non tralascierò di esercitare la massima vigilanza affine di accertarmi della vera portata del recente accordo fra i due Stati circa le cose del Marocco.

359

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. s. N. Napoli, 11 agosto 1884, ore 14,30.

Mi è grato informare confidenzialmente V. E. che S. M. si è degnata di uniformarsi al concorde avviso di Depretis dell'E. V. e mio e che almeno per ora non scriverà alcuna lettera e manterrà il massimo riserbo. L'accettazione pura e semplice fu pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Essa non manca di dar luogo ad attacchi nella stampa di opposizione. Contemporaneamente approva il nostro comune fermo proposito di resistere a qualunque ingerenza o tentativo di Potenze straniere circa questioni ecclesiastiche nei nostri rapporti col Papato.

Non sarà sfuggito all'attenzione di V. E. il linguaggio amichevole per l'Italia tenuto da Gladstone nella Camera de' Comuni sull'ingerenza nella questione di

O) t{. 4ll. non pubblicato.

Propaganda; tale esempio potrebbe forse scoraggiare altri governi da tentativi somigliantL Se stimerà chiedere confidenziali notizie da Galvagna sull'atteggiamento del conte Kalnoky dopo suo ritorno a Vienna compiacciasi parteciparmele.

360

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 462. Roma, 11 agosto 1884.

Ringrazio l'E. V. per il suo pregiato rapporto del 5 corrente mese (1), relativo alla discussione che ebbe luogo il 4 agosto a sera nella Camera dei Comuni, relativamente alla questione dei beni di Propaganda.

Quello che agli occhi nostri apparisce veramente importante in questa discussione, è la dichiarazione del signor Gladstone, specialmente là dove egli afferma «non essere stato dimostrato che esista alcun diritto, da qualsiasi parte, di ingerirsi nei diritti sovrani dell'Italia relativamente alla legislazione che concerne direttamente i beni temporali dei sudditi italiani~. Né può dubitarsi che tale dichiarazione si applicava, nella mente del signor Gladstone, alla Congregazione di Propaganda.

Prendiamo atto con compiacimento di queste dichiarazioni, le quali traggono autorità affatto speciale dal personaggio illustre che le ha enunciate.

361

IL CONSOLE GENERALE A BUDAPEST, SANMINIATELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 29. Budapest, 11 agosto 1884 (per. il 16).

La presenza del ministro presidente ungherese signor Tisza a Ischl durante il convegno dei due imperatori, e l'abboccamento speciale da lui avuto con

S. M. l'Imperatore di Germania, continuano a formare oggetto dei più svariati commenti da parte della opinione pubblica e della stampa magiara. E questi commenti, che abbracciano una lunga serie di ipotesi, dal convincimento che il ministro ungherese sia stato chiamato per discutere alte questioni di politica internazionale fino ad accettare come più verosimile la versione officiosa, che la cosa si riduca cioè al desiderio manifestato da Sua Maestà di conoscere personalmente il signor Tisza, conducono tutti alla conclusione conforme che trattasi di un avvenimento di particolare importanza, risultandone chiaro, in un modo o nell'altro, la parte preponderante che si attribuisce alla Transleitana non solamente nella politica interna, ma anche in quella esteriore della Monar

chia. Gli ungheresi, come è naturale, ne sono lietissimi e non riescono a nascondere la loro compiacenza nel vedere il senso di gelosia e di rammarico che codesto fatto ha destato nella Cisleitana. Ad ogni modo l'andata a Ischl del signor Tisza, per visita d'etichetta o per affari, gioverà a consolidare anche di più la sua posizione nel Parlamento.

La favorevole impressione destata dalle accoglienze cortesi e cordiali fatte alla deputazione di Budapest andata a Praga per assistere alla inaugurazione del nuovo teatro ceco, fu presto cancellata dall'entusiasmo col quale pochi giorni dopo fu ricevuta la deputazione croata. Siamo disposti, si dice qui, ad appoggiare i boemi contro i tedeschi se vorranno ristringersi a fare politica ceca; saremo invece loro avversari implacabili se vorranno fare politica slava, nel quale caso varrebbe ancor meglio per l'Ungheria la germanizzazione della cisleitana.

Desta qualche apprensione l'agitazione tuttora viva tra i rumeni di Transilvania, fomentata dai partiti di opposizione di Bucarest, e la divisata partecipazione dei rumeni ungheresi alle feste che si faranno nel prossimo ottobre nella capitale della Romania, simultaneamente alle elezioni per commemorare i ribelli transilvani Mora e Kloska. Si ha fiducia che il signor Bratiano, al quale non si risparmiano avvertimenti e consigli, vorrà e saprà impedire ogni manifestazione inconsulta di ostilità di cui la Romania dovrebbe rendere ragione al suo potente vicino. Temesi tuttavia che possa nascerne, a malgrado del buon volere del presente Governo rumeno, qualche spiacevole incidente.

Il bano, conte Khuen Hedervary, percorre la Croazia per fare voti al Governo nelle prossime elezioni alla Dieta provinciale. Le calorose accoglienze che riceve non vanno considerate come dimostrazioni di adesione alla politica del Governo di Pest; i croati di ogni colore politico sono devotissimi alla dinastia, e rispettano nella persona del Bascu la rappresentanza dell'autorità sovrana.

(l) Cfr. n. 353.

362

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 551. Roma, 12 agosto 1884, ore 13,30.

Malgré les réponses évasives de M. de Hatzfeldt, je ne puis m'empècher de me préoccuper du fait que l'opinion publique voit dans le langage des organes officieux de Berlin le symptòme d'une prochaine prise de position de la part du Cabinet impérial dans la question égyptienne. On parle déjà, entre autre, d'une démarche que le prince de Bismarck serait à la veille de faire pour le prompt payement des indemnités, nous croyons que notre devoir d'ami et d'allié est de ne pas laisser subsister le moindre doute à Berlin sur notre ferme résolution de continuer dans la question égyptienne comme dans toute autre d'intérét général à marcher d'accord avec le Gouvernement allemand. Dans la Conférence de Londres, des considérations se rattachant à notre situatlon spéciale que le Cabinet impérial lui-mème a ap

preciées nous ont fait jouer un ròle de conciliation qui n'a malheureusement pas abouti, mais qui devait, dans notre esprit, cadrer avec l'attitude des deux Gouvernements alliés, qui attendaient pour se prononcer la réalisation d'une entente entre l'Angleterre et la France, mais nous avons en meme temps témoigné, en appuyant les propositions concernant la question sanitaire et la partecipation de l'Allemagne à la Commission de la dette, de nos sentiments envers le Cabinet impérial, celui-ci sait d'ailleurs maintenant que nous sommes, après l'insuccès de la Conférence, complètement affranchis de tout engagement et que nous sommes tout aussi bien que l'Allemagne en mesure d'envisager avec pleine liberté d'appréciation les problèmes qui se poseraient à l'égard de l'Egypte. Le jour donc où le Cabinet impérial estimerait que le moment fut venu pour lui de sortir de san attitude expectante, nous comptons qu'il s'adressera à nous avec la certitude que toute proposition de sa part sera de notre part l'objet de l'examen le plus bienveillant et le plus empressé. Je tiens à ce que V.E. pour ne laisser prise à aucun malentendu sur ce sujet délicat, cherche à se ménager bientòt l'occasion de s'exprimer avec le secrétaire d'Etat, dans le sens de la présente dépèche. J'attendrai sa réponse avec un intéret tout particulier (l).

363

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. 552. Roma, 12 agosto 1884, ore 20,15.

J'ai pris l'occasion de mon entretien d'hier avec le chargé d'affaires de France pour bien marquer quelle a été notre attitude dans la Conférence de Londres. Nous avions d'abord déclaré que nous n'avions pas, en principe, d'objection contre l'accord préalable entre la France et l'Angleterre. E~suite, une fois la Conférence réunie, nous n'avions cessé d'etre animés envers la France des sentiments les plus amicaux; notre délégué technique n'avait pas dissimulé que son opinion concernant la prévision budgétaire ne s'écartait pas de celle des délegués français; notre ròle a été essentiellement un ròle de conciliation et nous avons appuyé les dernières propositions anglaises, précisément pour qu'elles nous paraissaient opter à mettre d'accord la France avec l'Angleterre. Nous pensions en effet que la réduction de l'intérèt ne devait se faire qu'en cas de déficit constaté. La France n'aurait pas eu une répugnance absolue à accepter la dernière formule qui dans le cas précisément où les prévisions françaises seraient exactes aurait équivalu, en fin, à la proposition française. Quoi qu'il en soit, nous croyons utile qu'on sache, à Paris aussi, qu'ayant repris, après l'insuccès de la Conférenc'e notre pleine liberté d'action, nous sommes à mème de prendre part avec une entière impartialité et indépendence d'esprit à tout examen ultérieur des problèmes se rattachant à la question égyptienne.

(l) T. 1106 del 13 agosto 1884, non pubblicato.

364

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI

D. 51. Roma, 12 Agosto 1884.

Ringrazio V.E. per il rapporto in data del l o agosto corrente (1).

La prego in pari tempo di volere, avendone l'opportunità, fare in modo che il signor de Giers possa giustamente e convenientemente apprezzare il nostro atteggiamento nella Conferenza. I nostri concetti generali sulla questione egiziana non differiscono sostanzialmente da quelli della Russia, come lo prova il fatto delle istruzioni da noi date al r. plenipotenziario rispetto J.lla proposta per cui, aggiungendosi i delegati di Russia, Germania ed AustriaUngheria agli attuali delegati della Cassa del debito pubblico, questa avrebbe viemeglio assunto un carattere europeo. E neppure volemmo contrastare i calcoli finanziarii dei delegati tecnici francesi nella Conferenza. Però, quando !'u venuto il momento di deliberare, e sopratutto quando venne innanzi l'ultima proposta britannica, a noi parve che una attenta considerazione della situazione, presa nel suo assieme, ci dovesse consigliare l'atteggiamento a cui ci attenemmo.

365

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2156. Vienna, 12 agosto 1884 (per. il 15).

L'imperatore d'Austria-Ungheria e quello di Germania si sono incontrati il giorno 6 di questo mese ad Ischl. Quest'avvenimento che va ripetendosi regolarmente ogni anno è entrato talmente nell'ordine naturale delle cose ch'esso non desta più commozione nel pubblico il quale si limita a salutarlo come una prova della continuata intimità di rapporti fra i due Governi e come una nuova garanzia di pace per l'Europa.

L'opinione pubblica è anzi si assuefatta a siffatto incontro dei due sovrani, ch'essa si abbandonerebbe alle più sinistre previsioni qualora per una circostanza qualunque l'incontro non potesse effettuarsi. E nemmanco ha prodotto impressione la circostanza che al convegno di Ischl hanno assistito il conte Kalnoky ed il signor Tisza, recatisi colà, come dalla generalità è creduto, all'unico scopo di ossequiare l'augusto ospite del loro sovrano.

Quantunque, a dir vero, l'opinione pubblica non si fosse slanciata in appassionati ed arrischiati commenti sullo scopo di quest'intervista, ciò nullameno la stampa locale officiosa ha voluto far udire la sua parola in proposito, dichiarando che «il convegno di Ischl aveva un'importanza politica senza avere un'importanza speciale ».

26 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XVII-XVIII

Assai più significativa dell'incontro avvenuto dei due sovrani, è l'imminente visita del conte Kalnoky al principe di Bismarck.

S.E. àa me oggi interpellato su tale argomento, dicevami che assai probabilmente verso la fine di questa settimana egli andrebbe a visitare il cancelliere germanico a Varzin.

Il principe di Bismarck, soggiungeva il ministro, è «una individualità siffattamente individuale» e possiede una mente così elevata che desta interesse e riesce utile di avvicinarlo e di trattare con lui direttamente gli affari; il conte Kalnoky era quindi lieto di poter effettuare questa gita che era già stata progettata sino dallo scorso anno durante il convegno di Salisburgo.

Con un mio telegramma d'oggi ho già dato a V.E. la notizia della prossima andata del conte Kalnoky a Varzin (1).

(l) R. 45, non pubblicato.

366

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3572. Berlino, 13 agosto 1884 (per. il 20).

Préoccupée de certains indices précurseurs d'une prochaine prise de position par le Cablnet de Berlin dans la question d'Egypte, V.E. me chargeait de m'exprimer dans le sense d'un télégramme que je recevais la nuit dernière (2). Je devais m'appliquer à ne pas laisser subsister le moindre doute sur notre ferme résolution de continuer dans les affaires ègyptiennes, camme en toute autre d'intérèt gér:éral, à marcher d'accord avec nos alliés. Vous expliquiez notre attitude à la Conférence de Londres, dont nous sommes sortis avec pleine et entière liberté d'action et d'appréciation. Nous nous retrouvons dans les mèmes conditions que l'Allemagne, et si elle estimait le moment venu de se départir de son attitude expectante, nous comptions qu'elle s'adresserait à nous avec la certitude que toute proposition de sa part serait à Rome l'objet de l'examen le plus amicai et le plus empressé.

Pour ajouter plus de poids à mon langage, il m'a paru à propos de donner lecture au secrétaire d'Etat, du télégramme précité à partir des mots «nous croyons que notre devoir d'ami et d'allié ». Je me suis mème permis d'intercaler, à la piace voulue, la phrase suivante dans le but d'établir une juste réciprocité de bons procédés éventuels:

« Nous avons à notre tour la convinction que, le cas échéant, toute proposition du Cabinet royale sera prise en considération à Berlin avec le mème esprit qui nous anime envers le Gouvernement impérial ~.

Cette adjonction me semblait d'autant plus requise qu'il fallait, à mon sens, éviter mème l'apparence que notre démarche put ètre envisagée comme une avance trop marquée vis-à-vis du Cabinet impérial après que notre plénipontentiaire à la Conférence avait certes et avec raison témoigné plus de bienveillance que celui de l'Allemagne à l'égard de l'Angleterre. M. le conte

{2) Cfr. n. 362.

Nigra ayant énoncé à la dernière séance que le Governement du roi entendait réserver sa pleine liberté d'action en cas de nouvelles négociations ou d'une reprise de la Conférence, le comte de Hatzfeldt avait manifesté quelque surprise de cette déclaration à son avis superflue, du moment où l'assemblée s'était séparée sans prendre de résolution. Je m'étais empressé de lui fournir, en voie confidentielle, les explications contenues dans votre télégramme du 6 aout (1). Il comprenait que nous ayons voulu constater notre position affranchie de tout engagement après l'échec de la Conférence, mais il persistait à croire que la déclaration susdite n'était nullement nécessaire. Il ajoutait qu'entre autres les opinions émises dans le cours des discussions ne constituaient plus, vu la marche des choses, un engagement positif à notre charge. S'il avait eu le sentiment que nous visions à rependre nos coudées franches pour emboiter absolument le méme pas qu'à Berlin et à Vienne, le comte de Hatzfeldt se serait probablement abstenu de laisser entrevoir un étonnement quelconque. Au reste lorsqu'on m'objectait ici que dans nos réponses aux notes de lord Granville pour la convocation de la Conférence, pour l'accord anglo-français, et pour le programme financier, nous n'avions pas observé la méme réserve que les Cabinets de Berlin et de Vienne, je m'en expliquais trè's nettement. Nous avions eu le sentiment d'agir en plein accord avec le comte Kalnoky qui lui-méme s'était évidemment entendu au préalable avec le prince de Bismarck. D'ailleurs nous savions par expérience que nous ne pouvions guères compter sur un appui quelconque de la part de l'Allemagne et de l'Autriche en ce qui touche à nos intéréts dans la Méditerranée. Dans ces conditions, nous devions, tout en cherchant à maintenir l'alignement avec nos alliés, éviter d'indisposer à notre détriment et au profit de la France, l'Angleterre, l'arnie traditionnelle de la maison de Savoie. De là provenait un ròle de conciliation qui, en aboutissant, servirait la cause générale et épargnerait à l'Europe bien des dangers. Ces explications avaient fait leur chemin. Tant il est vrai que lorsque le prince de Bismarck critiquait la conduite de la Turquie à la Conférence, il s'abstenait de tout commentaire sur la nòtre.

Dans ces conjonctures, la démarche dont je recevais l'instruction était-elle bien indiquée?

Nous avions presque l'air, lors mème que telle ne flìt pas notre intention, de jeter par dessus-bord notre attitude aussi habile que circonspecte à Londres, pour nous placer à còté de l'Allemagne qui dissimule si peu aujourd' hui san irritation contre le Gouvernement anglais, et cela peut-étre moins à cause de l'Egypte que de quelques mécomptes dans sa politique coloniale. Loin de ma pensée que nous visions à changer les cartes de notre jeu.

Je me demande seulement comment le Gouvernement anglais apprécierait le langage que nous tenons actuellement à Berlin. Il semblerait dénoter un programme trop variable, des préoccupations qui pouvent aborder l'esprit d'un petit Etat obligé à se garer de tout contre tous, mais dont un grand Etat comme le nòtre doit etre à l'abri. Une fixité de ligne de conduite en impose à une personne du caractère du chancelier, surtout lorsque le programme de marquer, dans

)) Cfr. n. 355.

la juste mesure, nos préférences pour l'Angleterre plutot que pour la France peut se concilier avec les rapports entre l'Italie, l'Allemagne, et l'Autriche. Au reste la bouderie avec l'Angleterre est passagère: celle-ci a en mains, en se montrant moins reveche aux aspirations coloniales de l'Allemagne, le moyen de la ramener à de meilleurs sentiments.

Ces considérations me rendaient un peu perplexe, sans le trahir néanmoins en quoique ce soit, en remplissant les instructions de V.E.

Le secrétaire d'Etat m'a prié de vous remercier, M. le ministre, de cette communication dictée par un sentiment si amicai et qu'il s'empresserait de porter à la connaissance du chancelier. Pour s'en acquitter avec plus d'exactitude, il prenait note par écrit de cette communication conforme aux excellents rapports entre les deux Pays. l'l ne pouvait comme de raison répondre avant d'avoir pris les ordres de son chef (1).

(1) T. 10S7, non pubblicato.

367

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2157. Vienna, 13 agosto 1884 (per. il 16).

Ieri soltanto ho potuto vedere il conte Kalnoky dupo la gita da esso fatta

a:d Ischl; e ne ho profittato per interrogarlo sull'atteggiamento ch'egli intendeva assumere in seguito all'insuccesso della Conferenza di Londra. S.E. mi rispose che quell'insuccesso non lo aveva sopreso, e che appunto perché prevedeva l'impossibilità di un'intesa fra l'Inghilterra e la Francia egli aveva impartito al plenipotenziario austro-ungarico l'istruzione di non impegnare l'opinione del suo Governo fino a tanto che non si fossero accordati fra loro i plenipotenziari inglesi e francesi. La Conferenza essendosi sciolta senza nulla avere conchiuso, la situazione torna ad essere quella che già esh;teva tre mesi or sono, prima che la proposta d'una conferenza fosse formulata dal Gabinetto di Londra. Dal modo nel quale fu, da parte dell'Inghilterra, condotto questo infelice negoziato, chiara apparisce la persuasione del signor Gladstone che il progetto finanziario elaborato dalla commissione inglese non sarebbe stato argomento di discussione alla Conferenza la quale nell'animo suo doveva limitarsi a prendere atto delle misure finanziarie che il Governo britannico intendeva adottare per l'Egitto. Ne son prova il nessun pensiero datosi dal Gabinetto di Londra di far conoscere alle altre Potenze il suo progetto finanziario prima che la Conferenza si riunisse; quindi le lagnanze mosse contro i delegati ad latus che si mostravano favorevoU alle contro-proposte francesi; da ultimo il repentino scioglimento della Conferenza quando le ultime concessioni della Francia rendevano ancora possibile un'intesa coll'Inghilterra. La linea di condotta che sarà adottata dalle Potenze dipende ora dallo svolgimento della politica inglese in Egitto e dalle misure che prenderà il Gabinetto britannico

per parare agli ognor crescenti imbarazzi della situazione. Fino a tanto che non siano noti i propositi del signor Gladstone, sarebbe prematura qualunque deliberazione. Ma v'ha una questione che è indipendente dall'esito della Conferenza e che urge di risolvere: la questione dell'indennità. La Commissione di liquidazione ha da lungo tempo terminato il suo compito; il Governo egiziano ha procrastinato fino ad oggi il pagamento delle indennità; ma il momento è giunto in cui esso, o chi per esso, deve soddisfare agli impegni assunti. I danneggiati hanno sinora pazientato sperando sempre in un prossimo provvedimento; ma la pazienza ha un limite: ed il limite è questa volta tracciato dalla rovina completa e dalla miseria. Le notizie che giungono da Cairo e più ancora da Alessandria fanno temere lo scoppio di qualche grave disordine pel fatto del ritardato pagamento delle indennità. I Governi interessati non dovrebbero indugiare a porsi d'accordo per provocare delle misure in favore dei danneggiati creditori del Governo egiziano.

Di quanto mi tenne parola il conte Kalnoky su tale argomento ho mandato ieri per telegrafo un sunto a V.E. (1). Com'ella vede, ad eccezione della questione delle indennità sulla quale egli si è espresso in modo abbastanza preciso, il ministro imperiale ha evitato di manifestare una opinione qualunque sulla questione principale. Questa sua riserbatezza sarà probabilmente cessata quando il conte Kalnoky ritornerà da Varzin ed avrà conosciuto il pensiero e le intenzioni del principe di Bismarck in ordine allo svolgimento delle questioni egiziane.

(l) Per la risposta cir. n. 381.

368

IL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 363. Tangeri, 13 agosto 1884 (per. il 26).

Col mio rapporto del 7 agosto n. 360 di questa serie (2), riferii a V. E. come il ministro di Francia avesse ricevuto dal suo Governo le istruzioni che gli ingiungono di procedere d'accordo col suo collega di Spagna, avendo i due Stati deciso di fare una politica comune al Marocco. Il signor Diosdado ha ora ricevuto, alla sua volta, dal ministro di Stato un dispaccio che gll conferma le istruzioni verbali che a tale riguardo gli erano state impartite durante il suo soggiorno a Madrid. In questo documento si afferma esplicitamente che i due Governi si sono intesi per il mantenimento dello statu quo al Marocco, e per la stretta applicazione della Convenzione di Madrid. Il signor Diosdado ha comunicato il dispaccio al signor Ordega, il quale lo trovò conforme alle istruzioni da lui ricevute; ed è stato oggetto di compiacimento pel ministro di Spagna di vedere il suo collega di Francia dichiararsi pronto a concorrere con

(ll T. 1095 del 12 agosto 1884, non pubblicato.

lui per la fedele esecuzione di quella convenzione, mentre, a più riprese ed in riunioni ufficiali del corpo diplomatico, il signor Ordega aveva dichiarato di non volerne tenere conto alcuno, e di intendere di dare la protezione francese

à qui bon lui semblerait.

(2) Cfr. n. 358.

369

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3575. Berlino, 14 agosto 1884 (per. il 20).

V. E. aura constaté une fois de plus l'extréme réserve ·au secrétaire d'Etat tant qu'il n'a pas reçu le mot d'ordre. Et méme lorsqu'il est autorisé à parler, il se borne au strict nécessaire, conformément au système qui prévaut ici dans toutes les branches de l'administration et qUI rena s1 araue la tàche du diplomate étranger.

Il est à prevoir que nous n'apprendrons rien de précis sur le voyage du comte Kalnoky à Varzin. Il accompagnait naguères son souverain visitant l'empereur d'Allemagne à Ischl. Il avait l'intention de se rencontrer plus tard a Gastein avec le prince de BismarcK, mms cem1-c1 ayant préféré ne pas s'éloigner de ses terres, c'est là que le rendez-vous à été donné. Le secret de ces entrevues et de ces conférences intimes n'est autre, selon toute apparence, que celui de confirmer toujours plus une alliance qm tend de plus en plus à se resserrer et à devenir sous la main pmssante ae son 1nsp1rateur le grand ressort de la politique européenne. Il aura désiré une échange d'idées avec son principal partner, sur différentes questìons à l'orctre du jour, pour ne parler que de la fatale crise égyptienne qui a pris un caractère plus aigu depuis l'échec de la Conférence. On en rejette la responsabilité sur le Cabinet de Londres. On lui en veut ici, d'avoir opposé des fins de non-recevoir à des motions équitables, d'avoir congedié les représentants des Puissances avec des procédés qui ne sauraient étre reconnus au président d'une telle assemblée. Et camme pour combler la mesure, ce mé:ne Cabinet après s'étre montré, non sans tergiversation, favorable à l'acquisition allemande d'Angra-Pequena, laisse maintenant le Gouvernement du Cap proclamer l'annexion du territoire environnant, ce qui équivaut à condanner la colonie naissante à mourir étouffée de l'enlacement de san puissant voisin. Le Chancelier n'est pas de tempérament à se résigner à une telle prétention. Ce matin méme, le journal officieux la Gazette de l'Allemagne du Nord a publié un article visiblement calculé, plein de violences contre l'Angieterre.

L'année dernière, à peu près vers la méme époque, l'irascible Gazette prenait à parti la France, qu'elle accusait de préméditations belliqueuses, de projets de revanche prochaine, de procédés haineux et hostiles contre l'Allemagne.

Depuis lors l'orage s'est dissipé, et méme, sans que la défiance ait fait piace à une parfaite cordialité, il est de fait que depuis l'avènement au pouvolr de J. Ferry, un rapprochement s'est opéré avec la France. Le prince de Bismarck, je puis l'induire du langage du comte Hatzfeldt, tient à ce que le Cabinet actuel français se consolide; il lui attribue des vues modérées, tandis que les successeurs présumés n'inspirent aucune confiance.

C'est là aussi un point sur le quel il voudra s'entendre avec le comte Kalnoky, de méme que sur les rapport avec la Russie. Là également le chancelier travaille à faciliter la tàche si difficile du tsar et de son ministre des afiaires étrangères dont le maintien dans ses fonctions constitue une garantie de bons rapports avec les deux Empires voisins. La rencontre prochaine de l'empereur François-Joseph et Alexandre rentre peut étre dans cet ordre d'idées, et acquerrait toute son importance si rempereur Guillaume promettait d'y assister.

Il ne manque certes pas matière à entretiens entre bommes d'Etat. Il y a méme piace pour des préoccupations sur la situation générale. Ce n'est point, sans doute, qu'à cette heure précise où nous sommes, il y ait un danger prochaìn, une menace de complications seneuses pour demain. Mais si le Cabinet britannique tendait trop ,la corde dans une question qui au fond n'en vaut pas la peine pour un Pays si riche, et méme trop saturé de colonies, il s'exposerait à tout le mauvais vouloir de l'Allemagne en train de caresser frénétiquement le projet d'ouvrir des débouchès à son commerce et à son industrie. Elle ne pourrait lutter avec la première Puissance navale du monde, mais le Cabinet de Berlin serait en mesure de lui créer de graves difficultés en différentes directions, lorsque surtout il clisposerait à cet effet du concours de la Russie clans l'Asie centrale, de l'Autriche et de la France en Egypte. Il en surgirait un malaise général avant-coureur de maux plus redoutables.

D'un autre còté, si le prince de Bismarck se plait à donner des coups de boutoir, c'est encore après tout un adversaire aussi avisé que puissant, et pour bien des raisons il est admissible qu'il épuisera tous les moyens de son esprit fertile en combinaisons, à l'effet de veiller avant tout au maintien de la paix. Il est, d'ailleurs, plus que douteux que le vieH empereur Guillaume consentit à troubler le calme de ses derniers jours, par une attitude militante. En tout cas, ce ne sera certes pas l'Autriche qui pousserait à des complications. Elle a assez d'embarras intérieurs dans toutes les incohérences et les rivalités de races qui se manifestent à tout bout de champ. Par sa présence à Varzin, le comte Kalnoky ne pourrait, au besoin, qu'exercer une influence modératrice.

Tout en observant avec attention les évolutions de la politique européenne, il est à espérer que l'opinion publique en Italie ne se laissera pas induire à faire fausse route. L'opposition qui fait flèche de tout bois ne manquera pas d'affirmer que nos alliés échangent des politesses, négocient entre eux, en nous tenant en dehors de leurs pourparlers. Elle se livrera méme à des fanfaronades au risque de nous créer des embarras, et en oubliant que c'est en se respectant soi-méme qu'on obtient le respect des autres. Au reste, si camme tout le porte à croire, ces rencontres de souverains et d'homme d'Etat des trois Pays limitrophes ont pour objet essentiel de sauvegarder la paix générale, nous ne pouvons qu'applaudir à une reuvre dont nous sommes un des coefficients en suite d'engagements synallagmatiques.

La Politische Correspondenz de Vienne contenait dans son n. du 12 aoll.t, une lettre de Rome rendant pleine justice à V. E. La Nord Deutsche Allgemeine Zeitung en reproduit la partie essentielle aujourd'hui, c'est-à-dire la veille de l'arrivée du comte Kalnoky, ce qui ajoute encore de la valeur à cette insertion.

370

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2159. Vienna, 14 agosto 1884 (per. il 17).

Col mio rapporto n. 2156 del 12 corrente (l) avevo annunciato a V. E. una prossima intervista del conte Kalnoky col principe di Bismarck. S. E. è partito stamane alla volta di Varzin. È questo, oggi, l'unico argomento dei discorsi in queste sfere ufficiali e nei periodici locali. L'opinione generale è che la intervista non abbia uno scopo speciale determinato, e meno ancora ch'essa sia il precursore di avvenimenti minacciosi per la pace europea. Tutti vedono anzi nel convegno di Varzin i1 consolidamento delle intimissime relazioni esistenti fra i due Governi di Vienna e di Berlino, e quindi una nuova arra di tranquillità per l'Europa. In tal senso si esprimono unanimamente i giornali più accreditati di Vienna, e ne traggono lietissimi auspici. Fra tutti i periodici che si occupano della gita del conte Kalnoky a Varzin merita specialissima attenzione, come di ragione, il Fremdem-blatt. In un lungo articolo, consacrato a questo avvenimento, l'organo ufficioso del Ministero imperiale degli affari esteri comincia col rilevare la reciproca simpatia personale esistente fra il conte Kalnoky ed il principe di Bismarck, ed il naturale desiderio dei due uomini di Stato di procedere di quando in quando ad uno scambio diretto d'idee sulla situazione politica d'Europa. Tale situazione, prosegue a dire il giornale, è del tutto tranquillante, e non v'ha alcuno indizio di future complicazioni. La questione egiziana che, sventuratamente, non ha potuto trovare una soluzione nella Conferenza di Londra, non gravita sulle spalle delle Potenze centrali; ma riguarda in special modo l'Inghilterra e la Francia. Le possibili conseguenze politiche della vertenza d'Egitto potranno essere argomento di discorso a Varzin, ma non hanno certamente provocata l'intervista. Il conte Kalnoky ed il principe di Bismarck, nei loro colloqui, dovranno innanzi tutto constatare i salutari effetti della strettissima alleanza conclusa fra l'Austria-Ungheria e la Germania, alla quale la Europa è debitrice del periodo di calma che attraversa. Il sistema di pace inaugurato da quest'alleanza ha già prodotto copiosi frutti, che la Russia e l'Italia e perfino i piccoli Stati orientali d'Europa hanno aderito alla lega pacifica dei due Imperi; nulla quindi vi ha di più naturale che sì l'AustriaUngheria che la Germania cerchino insieme tutti i modi di rendere ancora più solida quest'unione il cui scopo politico trova un possente appoggio nei sentimenti reciproci delle due Nazioni e nell'amicizia dei due sovrani. L'alleanza

austro-germanica non ha in vista soltanto gli interessi speciali dei due Stati, ma anche gli interessi dell'Europa in generale. Basata su1 rispetto dei diritti di ognuno, essa impedisce che la pace venga turbata e favorisce tutto ciò che può contribuire alla conservazione della tranquillità e dell'ordine in Europa. Ne consegue che qualunque sia lo scopo dell'intervista di Varzin, questa non può che riuscire vantaggiosa alla causa della pace.

(l) Cfr. n. 365.

371

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 69. S. Ildefonso, 14 agosto 1884 (per. il 19).

Il ministro di Stato essendo giunto iersera con S. M. il re da Betelu, per ripartire questa sera colla famiglia reale per Gijon, ebbi con S. E. un colloquio in cui entrò francamente nell'argomento stesso del dispaccio direttomi da V.E. il 31 luglio (1).

Non solo, mi disse egli, vengono chieste dal Vaticano spiegazioni sull'averci egli consentito dichiarazioni che nessun altra Potenza ci fece mai in termini equivalenti, ma l'opposizione di sinistra annunzia interpellanze in proposito per la riapertura delle Cortes. Desideroso di tacere in Parlamento se possibile sul negoziato diplomatico, egli però ritiene avere pieno diritto di difendersi dall'accusa di averci successivamente accordato ripetute riparazioni e di sostenere che le parti impegnate nel negoziato non erano vincolate dalle opinioni emesse né dalle soluzioni tentate nel corso del medesimo, ma unicamente dagli atti conclusivi, cioè dal solo scambio di note del 20 e 22 luglio.

Ritenendo norma del mio linguaggio il suddetto dispaccio dell'E. V., osservai al ministro di Stato quanto superiore fosse l'interesse dei due Governi che non continuassero nella stampa né si rinnovassero nei Parlamenti discussioni di tale indole sopra un incidente considerato dai due Governi come terminato a comune soddisfazione; tali discussioni non potendo che nuocere alla comunanza di programma politico reciprocamente affermato, anteriormente all'incidente, con dichiarazioni delle quali né il Governo intende, né il Governo spagnuolo può desiderare che venga attenuata l'importanza.

Il ministro di Stato mi tenne allora un linguaggio altrettanto preciso quanto amichevole, e che è mio dovere riassumere qui. Il dispaccio del 26 maggio era stato il punto decisivo, assai più delle simpatie retrospettive del ministro di Fomento per il potere temporale. Il Governo italiano non poteva dubitare davvero delle buone disposizioni del Gabinetto di Madrid, anche in questioni che interessano la Chiesa, dopo le prove che ce ne erano date, malgrado gh sforzi della Nunziatura, in argomenti gelosi assai. La gravità e la durata dell'incidente provenivano dal fatto che i nemici di entrambi Governi, i quali avevano serbato un notevole silenzio sul programma di politica estera procla

mato nel discorso del trono, trovarono malignamente nelle così dette felicitazioni italiane l'occasione aspettata per istaccare dalla Monarchia i cattolici corteggiati dal partito repubblicano, e rompere l'incominciato accordo della Spagna coll'Italia e per conseguenza colle Potenze centrali. Perciò l'opposizione in Italia non si contentò che le parole attribuite al signor Pidal, all'insaputa, durante tre giorni, di coloro stessi che avevano assistito alla seduta, fossero smentite, e che fosse attestato non esservi stata né offesa né intenzione di offendere; perciò si voleva che la soddisfazione non fosse spontanea come tra amici, bensì imposta. La dichiarazione del 16 luglio, possibile finché spontanea, era inammissibile da qualsiasi governo in quanto richiesta ed anzi dettata. Perciò infine gli attacchi maggiori furono diretti contro la comunicazione fatta in base al dispaccio ministeriale del 26 maggio (l), a proposito del discorso del trono.

Questa al Gabinetto di Madrid apparì, per le circostanze immediate in cui veniva fatta, quale unica testimonianza per parte dell'Italia d'una identità di programma politico la quale, accertata circa il Marocco, poteva estendersi alla comunanza di interessi pacifici e conservatori colle Potenze centrali. A quest'ultimo riguardo il ministro di Stato mi aveva fatto (14 maggio) dichiarazioni non prive di valore. Circa il Marocco poi la stessa identità di programma aveva già sortito un esito pratico, le imprese incominciate al Marocco essendo state fermate, ed impegni essendo stati presi dalla Francia nei quali l'Italia era testimone e parte ad un tempo (v. mio rapporto del 20 maggio) (2). Il dispaccio ministeriale del 26 maggio, nel quale il R. Governo giudicava stabilita l'identità di programma politico, assunse ag'li occhi di questo Gabinetto il significato che gli davano tante coincidenze di date.

Dal momento invece che il signor Elduayen vide che ripetute e rigorose giustificazioni si dovettero fornire, durante l'incidente Pidal, dell'uso da me fatto del dispaccio del 26 maggio; e che esigevamo, tra le altre correzioni alla dichiarazione concertata a S. rldefonso per la chiusura dell'incidente, la soppressione della citazione del dispaccio ministeriale stesso, citazione che gli era parsa il solo mezzo di far constare del linguaggio tenuto, egli dovette valutare le espressioni di quel dispaccio a norma delle risposte evasive già da noi date alle entrature che la Spagna ci aveva fatte perché le facilitassimo la posizione effettiva di grande Potenza mediterranea; ed il Gabinetto di Madrid poté tanto più legittimamente procedere nello stesso modo per le ardite dichiarazioni che pareggiavano il possesso di Roma a possessi consacrati dai trattati di Utrecht e di Francoforte, inquantoché risultava non aver io avuto né poteri per concertarle, né ratifiche per il concertato.

Il ministro di Stato fece poi alcune avvertenze alquanto minuziose sulla

pubblicazione della Gazzetta Ufficiale, in ordine precisamente alle affermazioni

del 26 maggio. Notò che mentre vi è citata la data della dichiarazione del 16 lu

glio benché espressamente ritirata, non vi è citazione né del dispaccio del 26

maggio, né del mio dispaccio del 20 luglio, e che, mentre la Gazzetta Uffi

ciale riproduce scrupolosamente dalla dichiarazione del 16 luglio, non solo le

espressioni più recise sulla questione pontificia, me le affermazioni testuali di simpatia per il progresso economico della Spagna, omette l'espressione di identità di programma politico.

Finalmente nessun documento è venuto da Roma ad attestare ai nemici di entrambi Governi, dopo la nota spagnuola del 22 luglio, che malgrado gli sforzi coi quali essi continuano a mantenere aperto l'incidente nella stampa e nelle rappresentanze parlamentari, le relazioni tra i Governi stessi sono ritornate al punto in cui erano quando essi si felicitavano della comunanza di programma rimanendo, a comune vantaggio, esclusa ogni discussione sopra equivoci da considerarsi ormai come non avvenuti. Il Gabinetto di Madrid declina la responsabilità di un tale stato di cose.

A questo punto, io osservai, senza pregiudicare le comunicazioni eventuali che V.E. credesse di dirigere a questo Gabinetto, che la nota del 22 luglio essendo una risposta alla mia nota del 20, la situazione di ciascun Governo, riguardo a documenti scritti, sembravami regolare. Dimostrai al mio interlocutore come potessero diventare interminabili le spiegazioni sul negoziato, se alle sue osservazioni contro la pubblicazione della dichiarazione del 16 opponevano altre osservazioni contro le differenze che si osservano tra esse e la nota del 22 luglio. E poiché le affermazioni da me fatte in base al dispaccio del 26 maggio rimanevano il punto praticamente rilevante, di comune consenso, dichiarai non esitare ad assicurarlo, conoscendo i propositi del mio Governo, che le dette mie affermazioni avevano conservato tutta la loro importanza, e che appunto nel desiderio di farne risultare chiaro e palese il valore, il quale non appariva nella nota del 22 luglio, il R. Governo aveva manifestato l'intenzione di pubblicare anche la dichiarazione del 16.

Il ministro di Stato essendo aspettato da S.M. il Re, il colloquio non ebbe altro seguito.

(l) D. 67, non pubbllcato.

(l) -D. 45, non pubblicato. (2) -R. 32, non pubblicato.
372

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 51. Pietroburgo, 16 agosto 1884 (per. il 22 agosto).

Ringrazio l'E.V. del telegramma che in data del 13 agosto corrente (l) si compiacque dirigermi e nel quale erano riprodotte le notizie telegrafiche trasmessele dal r. incaricato d'affari in Vienna circa l'incontro dei due imperatori di Austria e di Russia.

Il signor de Giers mi disse nuovamente che nulla era risoluto, l'imperatore Alessandro non avendo tuttavia fatto conoscere al riguardo le sue intenzioni; che però il progetto dell'incontro offriva quest'anno maggiore probabilità che nello scorso.

Il conte Tolstoy. ministro dell'Interno, il quale è designato per accompagnare l'imperatore in Polonia, avendo fatto ritorno dalla campagna, esaminerà attentamente lo stato delle cose per poi proporre ciò che più converrà fare.

Non credo uscire completamente dall'argomento, nel palesare che il signor de Giers provò qualche sorpresa alla notizia che il conte Kalnoky erasi repentinamente risoluto di visitare il principe Bismarck a Varzin.

(l) T. 556, non pubblicato.

373

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3579. Berlino, 17 agosto 1884 (per. il 21).

Des journaux ici et à l'étranger se prétendent en mesure d'indiquer les points principaux qui se discutent à l'entrevue de Varzin. Il s'agirait, entre autres, de la position de l'Italie dans ses rapports avec les deux Empires, position qui aurait été ébranlée à la Conférence de Londres par la tiédeur de notre attitude envers l'Allemagne et l'Autriche.

J'exprimais aujourd'hui au secrétaire d'Etat, d'une manière toute personnelle, mes regrets de ces insinuations qu'il savait contraires à la verité. Pour s'en convaincre, il suffisait de lire les protocoles de la Conférence où, comme l'Autriche, nous avions appuyé les propositions relatives à la question sanitaire et la participation de l'Allemagne à la Commission de la dette égyptienne. Ces insinuations contrastaient heureusement avec le langage d'une des gazettes les mieux autorisées de Vienne, le Fremden-Blatt.

Le comte de Hatzfeldt disait que l'article de ce journal dont vous aurez,

M. le ministre, certainement connaissance, était celui qui répondait le mieux à la situation. A cela près, faisais-je observer, qu'il parle de notre rapprochement à l'alliance austro-allemande, tandis que l'Italie était devenue partie contractante.

S.E. regrettait aussi les insinuations de certains organes de la presse mais ce n'était là que des divagations de journalistes aux abois.

J'émettais également, en voie privée, l'idée qu'il serait en tout cas désirable, pour prévenir la mauvaise impression que pourrait produire de prime abord ce qu'il appelait des divagations, que, de son còté, la presse officieuse de Berlin s'expliquat dans le sens du Fremdenblatt, et que son langage fiì.t corroboré par celui de l'ambassade impériale à Rome.

Je n'ai pas besoin d'ajouter, en me référant à mon second télégramme de ce jour (1), qu'il importe que le Gouvernement du roi veille, autant que possible, à ce que l'opinion publique en Italie ne fasse pas fausse route, et qu'elle ne se laisse pas égarer par ceux qui voudraient nous mettre en suspicion à Berlin et à Vienne dans un but facile à deviner.

On ne sait encore rien de précis sur les pourparlers entre le prince de Bismarck et le comte Kalnoky. Le mot d'ordre est d'affirmer qu'il ne s'agit que de faciliter, par un échange de vues, la continuation de l'ceuvre de la paix.

(l) T. 1124, non pubblicato.

374

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1135. Pietroburgo, 20 agosto 1884, ore 18,20 (per. ore 20,10).

M. de Giers a accueilli avec la plus vive satisfaction ce que je lui ai dit conformément à la dépeche de V.E., n. 51 politique (1), concernant l'attitude de l'Italie dans la Conférence de Londres. De son còté il m'a prié de faire connaitre à V.E. que les instructions données au plénipotentiaire russe avaient été conçues dans le sens d'accepter tout compromis qui aurait pu réunir le vote de la Conférence et que le dernier projet présenté par le plénipotentiaire de France lui avait paru réunir les élément d'une entente. M. de Giers m'a dit en dernier lieu que, si on allait proposer une démarche pour solliciter le payement des indemnités égyptiennes, la Russie pourrait faire à moins de s'y associer.

375

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 414. Parigi, 20 agosto 1884 (per. il 24).

Domenica 17 corrente ho ragguagliato verbalmente S.E. il signor Ferry del telegramma di V.E. (2) relativo alla conversazione che ella aveva avuta con codesto incaricato d'affari di Francia circa il contegno dell'Italia alla Conferenza di Londra; non ho mancato di far rilevare lo spirito di conciliazione ed il desiderio di giungere ad un risultato pratico e soddisfacente per la Francia stessa, da cui si mostrò animato il Governo del re in quella oc,correnza. Il signor Ferry, ringraziandomi di tale comunicazione, si limitò ad esprimere il suo rincrescimento per l'insuccesso della Conferenza, e si lamentò del modo alquanto aspro con cui essa venne sciolta da lord Granville; egli espresse pure il dubbio che l'Inghilterra possa in due anni riordinare l'amministrazione egiziana, in modo da garantire a quel Paese un buono e regolare governo.

Debbo ora riportarmi al telegramma del 3 corrente (3), col quale l'E.V. mi chiedeva alcuni ragguagli circa l'atteggiamento che prenderà il Gabinetto francese in seguito ai risultato negativo della Conferenza. Col mio telegramma n. 303 del 5 corrente (4), io ebbi l'onore di risponderle che in quel momento le opinioni erano tuttora incerte; ma che si credeva scorgere nel modo d1 comportarsi della Germania una tendenza a rendere più difficile i rapporti tra la Francia e l'Inghilterra, salvo a trarre quindi partito di questa nuova situazione per i proprii fini germanici. Intanto si scorge, se non negli atti,

almeno nel linguaggio degli organi che sono supposti meglio rappresentare l'opinione di questo Governo, un sentimento d'irritazione contro l'Inghilterra, che è ben lungi dallo scemare. Per dirlo incidentalmente, gli elogi ed i ringraziamenti, prodigati dal Governo della regina all'Italia per l'appoggio da essa prestato in quell'occorrenza all'Inghilterra, fecero da principio poca impressione, ma più tardi essendo stati ripetuti, destarono qualche poco le suscettibilità francesi.

Ma ciò che forma oggetto della massima attenzione è il contegno risentito, almeno in apparenza, che la Germania continua a tenere verso l'Inghilterra, mentre si mostra ognora più cortese colla Francia. La proposta fatta dalla Germania, di sottoporre alla Conferenza la questione sanitaria, è considerata come uno stratagemma ideato per suscitare difficoltà e far abortire la Conferenza stessa. Intanto tra il Governo germanico ed il francP-se i rapporti sono meno tesi e quasi amichevoli, e sembra che si passi fra i due qualche intelligenza di cui sarebbe utile ricercare la natura e l'oggetto. L'E. V. non avrà dimenticato che alcuni mesi addietro, io la ragguagliavo delle entrature che una persona bene informata mi aveva assicurato essere state fatte dal Gambetta per avere un abboccamento col principe di Bismarck allo scopo di parlare delle condizioni dell'Alsazia e della Lorena. A queste prime entrature il gran cancelliere non rispondeva; ma dopo la caduta del «Gran Ministero» egli fece dire al Gambetta che avrebbe acconsentito ad un abboccamento in qualche stazione balneare che si sarebbe scelta; che la questione dell'Alsazia e della Lorena avrebbe potuto esservi trattata, ma che nessuno degli accordi che vi si sarebbero presi avrebbe potuto essere mandato ad effetto finché viveva l'imperatore attuale. Gambetta morì, prima di aver potuto rendersi allo invito; ma non è improbabile che il signor Ferry, erede delle idee e della politica del gran tribuno, abbia egli pure cercato di riavvicinarsi alla Germania. Dopo quell'epoca, da conversazioni che ebbi con uomini versati nella politica e negli affari risulterebbe, che il principe di Bismarck, volendo consolidare colla pace l'Impero da lui creato colla guerra, smetterebbe ogni idea di aggressione contro la F'rancia, a condizione che questa rinunzi alle sue rivendicazioni su quelle provincie. Per una tale rinunzia ci vorrebbe un compenso alla Francia: questo si potrebbe trovare in qualche provincia limitrofa d'indipendenza incerta; nell'estensione del suo Impero tonkino-annamita dell'Estremo Oriente, nella quale impresa, anziché osteggiata, essa sarebbe incoraggiata. Un disarmo, almeno parziale, potrebbe essere la conseguenza di questa politica, con grande soddisfazione delle popolazioni e vantaggio delle finanze, specialmente di quelle della Francia, che trovansi in assai mediocri condizioni.

Si suppone d'altra parte che la Germania abbia in mira di indurre l'Inghilterra a non porre ostacolo alle sue velleità di crearsi colonie, o almeno stazioni sotto la diretta protezione imperiale, dove il commercio germanico troverebbe mezzi per liberamente espandersi nelle nuove regioni che si aprano alla attività europea. La questione di Angra-Pequefia nell'Africa del Sud, tuttora pendente tra l'Inghilterra e la Germania, è una prova di questa tendenza. L'impegno che mette il principe di Bismarck a far dichiarare libero il corso del Congo è un altro indizio manifesto della politica semi-coloniale da esso iniziata. A lui si deve la rinunzia fatta dall'Inghilterra e dal Portogallo a quel trattato, che metteva effettivamente nelle loro mani il commercio di quel fiume.

Vi ha poi un'altra questione che alla Germania preme assai di sciogliere, fino da quando essa è diventata Potenza marittima, ed è quella del possesso della isola di Heligoland, che travasi tra le bocche dell'Elba e quelle del Weser, a prossimità del grande arsenale marittimo di Wilhelmshafen, di recente costrutto vicino alla foce del Weser. Quell'isola appartiene all'Inghilterra che non consentì mai a cederla alla Germania, benché non abbia in sé che poca importanza. Ma, valendosi dell'occasione che porge lo scioglimento degli affari di Egitto, le due Potenze potrebbero venire a patti per questa e per le altre questioni anzi accennate; mentre la Germania raggiungerebbe il suo scopo, essa lascierebbe all'Inghilterra facoltà di agire a suo piacimento in Egitto; ed a titolo di compensazione nel Mediterraneo, si permetterebbe alla Francia di estendere il suo protettorato anche sul Marocco.

Queste sono le combinazioni che si vanno fantasticando, ma che hanno certamente qualche base assai fondata di realizzazione.

Sembra, a mio giudizio, che meritino grande attenzione questi tentativi della Germania di liberare dai monopoli di alcune Potenze i territori occupati da razze non incivilite, e di assicurare la libera navigazione dei fiumi che solcano quelle regioni. Anche l'Italia potrebbe trovare in quel sistema un nuovo sforzo per la sua attività; e, se i giornali dicono il vero, ho veduto con piacere annunziato che l'E.V. si associava all'idea di riconoscere la bandiera della spedizione internazionale del Congo, per aprire quel gran fiume al libero commercio di tutte le Nazioni. All'E.V. si deve eziandio di aver avuto alla Conferenza l'iniziativa della neutralità del canale di Suez. È d'uopo sperare che tutte queste idee frutteranno nel senso dell'emancipazione del commercio. Ciò tornerebbe al massimo vantaggio dell'Italia, e la compenserebbe dei vasti e fertili territorii, che alcuni anni addietro essa avrebbe avuto l'opportunità di annettersi nell'Oceania, senza altri contrasti, che forse con alcune tribù selvaggie che le occupano. Noi siamo una Nazione eminentemente marittima; abbiamo più di seimila chilometri di litorale e più di centocinquantamila iscritti marittimi, tutti uomini robusti, sobri, intrepidi ed abili marinai. Dobbiamo quindi volgere le nostre cure a tutto ciò che può dar vita alla nostra industria marittima, che costituisce non solo uno dei nostri più potenti elementi di difesa, ma anche un'importante sorgente di ricchezza.

(l) -Cfr. n. 364. (2) -Cfr. n. 363. (3) -T. 538, non pubblicato. (4) -Cfr. n. 350.
376

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3584. Berlino, 21 agosto 1884 (per. il 25).

Le comte Kalnoky, arrivé à Varzin le 15 aoiì.t, en est reparti le 19 pour ne s'arreter ici que quelques heures avant de prendre le train de Vienne, via Dresde. Il n'a vu personne ici sauf le comte Széchény qui, sans l'attendre, se disposait à quitter Berlin en congé, lorsqu'un télégramme l'a obligé de différer son départ.

Durant ce long séjour à Varzin, le temps n'a certes pas manqué au ministre des affaires étrangères d'Autriche-Hongrie pour un échange de vues avec le prince de Bismarck sur les différentes questions à l'ordre du jour, et pour le maintien d'un accord mutue!. Je n'ai rien négligé pour chercher à pénétrer le mystère dont on entoure ces pourparlers. Sans interpeller directement le secrétaire d'Etat, j'inventais tous les prétextes de m'aboucher avec lui, et de le mettre sur la voie de fournir quelques éclaircissements. Il prétendait ne rien savoir. Il tenait le mème langage à mes collègues, mème à celui d'Autriche qui ne manquait pas de critiquer un pareil mutisme à son égard. Le comte de Hatzfeldt me faisait toutefois la confidence, en ce qui concerne l'Italie représentée comme ayant encouru une sorte de défaveur à Vienne et à Berlin en suite de son attitude à la Conférence de Londres qu'un article, paru dans le Fremdenblatt (rapport n. 3579) (1), répondait le mieux à la situation. C'était donc me laisser entendre que tout ce qui se passait à Varzin laissait intacte notre position dans l'alliance.

J'aurais voulu pénétrer plus au fond des choses, mais il se renfermait dans la plus stricte réserve. Je ne suis pas éloigné de croire qu'un effet il devait forcément conserver bouche close, son chef ne l'ayant point encore initié à ses entretiens avec le comte Kalnoky. Le secrétaire d'Etat déclarait, entre autres, manquer de renseignements sur un projet de rencontre, sur territoire russe, du czar avec l'empereur François Joseph, et mème avec l'empereur Guillaume.

Voici ce que j'ai apprise en voie détournée.

En présence des agissements des partis nihilistes, socialistes, et anarchistes, et dans un but de préservation, le prince de Bismarck est d'avis qu'il importe de rendre toujours plus étroits les liens d'amitié et l'accord entre les trois Empires limitrophes. Une entrevue de leurs souverains rentrerait dans cet ordre d'idées et fournirait en mème temps une garantie de plus d'une entente pour la conservation de la paix générale. Rien ne serait décidé toutefois avant le retour à Vienne du comte Kalnoky qui doit faire un rapport détaillé à san souverain. Il resterait à régler des questions d'étiquette ainsi que d'autres point prélìminaires, y compris les mesures de police pour la sécurité du visité et des visiteurs. D'ailleurs il n'est pas certain que l'empereur d'Allemagne puisse s'engager à faire une pareille course. Les médecins en redoutent les fatigues à cause de son age très avancé. Sa Majesté doit ménager ses forces en vue des prochaines grandes manreuvres militaires, vers le Rhin, des VII.ème et VIII.ème corps d'armée. Elles devaient commencer le 11 de ce mois, mais elles ont été ajournées au 14 ce qui laisse supposer que, sauf contre ordre. l'empereur entreprendrait, entre ces deux dates, le voyage vers la Pologne.

La presse en Europe se livre aux commentaires les plus variés et souvent très hazardés sur les pourparlers de Varzin. Il s'agirait notamment de réunir une conférence à Berlin pour les affaires du Congo, et mème un congrès pour

le règlement de la question égyptienne prise dans son ensemble. Cette conférence et ce congrès seraient convoqués pour l'automne prochain. On s'aventure dans des considérations sur un nouveau groupement des Puissances dans lequel une part serait faite à la France comme contre-poids à l'Angleterre.

Je ne saurais aborder le terrain des conjectures. C'est de Vienne que V. E. recevra quelques éclaircissements. Je vois, d'après la correspondance officielle du comte de Robilant, que le comte Kalnoky se montre plus expansif que le comte de Hatzfeldt. D'ailleurs celui-ci va partir en congé, le prince de Bismarck ne quittera pas pour quelques mois ses terres, et M. Busch qui fait l'interim du secrétaire d'Etat ne se départira pas des habitudes de réserve.

Soit dit en passant, le comte Kalnoky est venu bien moins pour échanger ses propres vues avec le prince de Bismarck, que pour recevoir les directions de ce dernier. L'Autriche dans sa condition actuelle n'a pas le choix de ses alliances. Son point d'appui n'est qu'à Be:rlin. Mais pour sauver les apparences et par courtoisie on lui laisse, en quelque sorte, la primeur de s'exprimer sur certaines questions, notamment en ce qui a trait aux rapports avec l'Italie.

Il me revient aussi indirectement que le motif réel du mouvement très marqué de mauvaise humeur qui se produit actuellement ici contre l'Angleterre est provoqué moins par ses allures en fait de politique coloniale ou par l'insuccès de la Conférence de Londres, que par de graves préoccupations provenant de la présence prolongée au pouvoir de M. Gladstone dont les doctrines idéalistes et ultra-libérales impriment à l'Angleterre une impulsion pleine de dangers, non seulement pour ce Pays, mais pour le continent européen, où l'exemple pourrait devenir contagieux. Camme si le régime existant en France et que d'ici on a l'air d'étayer de son mieux, ne présentait pas de plus grands périls pour le sage développement des idées libérales. D'ailleurs on ne se rend peutetre pas assez compte à Berlin que l'opposition du Cabinet imperia! a pour effet de fortifier davantage à l'intérieur la position du premier lord de la

Trésorerie. En me référant à mon télégramme d'hier (1), et en trasmettant ci-joint le récépissé des documents diplomatiques expédiés de Rome en date du 15 courant...

(l) Cfr. n. 373.

377

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1147. Vienna, 22 agosto 1884, ore 17,25 (per. ore 19,35).

Arrivé hier ici une heure après le retour Kalnoky de Varzin, je lui ai écrit pour lui exprimer désir de le revoir, sans cependant insister. Jusqu'à présent pas de réponse. En attendant, j'ai eu visite ambassadeur d'Allemagne. Je ne l'ai pas questionné. Voici en substance ce qu'il m'a dit. Bismarck et Kalnoky ont constaté leur accord complet sur toutes questions actuelles au point de

27 -Documenti cliplom.atict -Serie II -Vol. XVII-XVIII

vue de la conservation de la paix, point de vue, disait-il, qui est aussi le vòtre. Au sujet de l'entrevue trois empereurs, il m'a dit possibilité que empereur d'Allemagne se trouve aussi à la rencontre des deux autres. Cependant, questions de détail ne se sont pas arrétées. Après il m'a demandé quelle raison nous avait poussé à donner à la Conférence appui si explicite à Gladstone. J'ai répondu disant que, n'ayant plus été à Rome depuis la clòture Conférence, j'étais peu au courant des dernières séances. Question de l'ambassadeur d'Allemagne et de la forme avec laquelle m'a été posée, confirmerait information transmise par le comte de Launay à V. E. au sujet du mobile spécial qui inspirerait à Bismarck son attitude hostile à l'Angleterre qui serait toute personnelle contre Gladstone.

(l) T. 1131 del 19 ago~to 1884, non pubblicato.

378

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. S.N. Napoli, 22 agosto 1884, ore 11,45.

Accolga bene arrivato costà con ottima famiglia. Grazie delle importanti comunicazioni sua lettera che avrò nella maggiore considerazione. V. E. bene fa dubitare in questo momento della esistenza di una lettera del Bismarck a me diretta: durante il mio Ministero ne ho avute diverse, ma per sistema costante furono sempre segrete per tutti fuorché per Sua Maestà e Depretis, ciò credetti necessario per non creare impedimenti a questa intima corrisponàenza in gravi circostanze: la notizia fu data da un giornale solito a fabbricare telegrammi a sensazione, senza colpa od indiscrezione, per quanto io sappia, di persona appartenente al Governo, e poi riprodotta da altro giornale. Una smentita governativa mi parve pericolosa per evitare che altre notizie non smentite si credano vere ed ammesse. Però se comunicazione in forma di lettera privata non esiste, la sostanza della notizia è vera, essendosi dal Ministero esteri di Germania in Berlino ed anche a me direttamente dal gran cancelliere per mezzo dell'ambasciatore a Roma espressa la soddisfazione per l'appoggio da noi dato nel senso della Conferenza di Londra alle due proposte germaniche, né si è fatta la menoma osservazione o riserva per attitudine conciliativa e dentro certi limiti benevola all'Inghilterra da noi presa, riconoscendosi causa sufficiente di tale contegno gli speciali interessi italiani nel Mediterraneo e l'aver noi chiesto invano preventivamente a Berlino quale sarebbe il voto della Germania nella questione finanziaria egiziana. Quanto alla nostra ìinea di ulteriore condotta nella questione egiziana telegrafai già a Galvagna acciò facesse comprendere avere noi voluto riprendere piena libertà d'azione per non essere vincolati da alcun impegno e potere eventualmente consultarci col gran cancelliere e prendere opportuni concerti. Non converrebbe certamente all'Italia di vincolarsi senza grave ragione ad un contegno ostile all'Inghilterra; ma attendo da Baravelli un motivato rapporto sulle fasi intime dei negoziati finanziari e sopra un mezzo a suo avviso preferibile nella presente situazione dell'Egitto; tale rapporto contribuirà a consigliarci il sistema da adottare per procedere possibilmente di accordo colla Germania e coll'Austria, senza però osteggiare apertamente l'ardua missione dell'Inghilterra in Egitto e favorire in quello influenza francese. Del resto il Bismarck è troppo avveduto per assumere una posizione proprio ostile se non ve lo spinge la circostanza ulteriore di cui dobbiamo riserbarci lo apprezzamento. Gradirò conoscere al momento che ella stimerà opportuno sue impressioni, considerazioni, previsioni, sapendo V. E. in quale conto io tenga la sua illuminata esperienza.

379

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1150. Costantinopoli, 23 agosto 1884, ore 14,55 (per. ore 15,35).

Les propositions de l'Angleterre à la Turquie, dont il est question dans mon rapport du 16 courant (1), ne sont ni formelles ni écrites. Des propositions verbales ont eu lieu portant suggestion d'occuper Souakim et Zeila et d'envoyer un navire à Alexandrie. La Sublime Porte vient de répondre que ces suggestions n'ont à ses yeux, qu'une importance secondaire, qu'elle réclame le maintien des firmans établissant sa souveraineté et le retour du statu quo ante. Elle demande à cet effet d'ouvrir des négociations pour fixer le terme de l'évacuation de la part de l'Angleterre, terme qui devrait etre plus court que celui mentionné dans l'accord anglo-français.

380

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1151. Vienna, 23 agosto 1884, ore 16,55 (per. ore 18).

Journaux d'aujourd'hui ont un communiqué officieux annonçant qu'à la fin du mois quatre bàtiments de guerre de la marine impériale vont partir pour voyage de 8 à 15 mois de circumnavigation dans les mers les plus lointaines pour protection commerce et consulats, ainsi que pour chercher des points de conjonction pour le développement du commerce. Cette nouvelle fait ici une certaine impression, rattachée à l'entrevue de Varzin, car il est nature! de croire que la mesure en question a été provoquée par Bismarck, qui veut ainsi engager l'Autriche dans la voie de politique coloniale où il est lancé.

(l) R. ccnfidenzl:lle 2746, non pubblicato.

381

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 1621. Roma, 25 agosto 1884.

Il tenore del rapporto che V. E. mi ha diretto il 13 di questo mese (l) per riferirmi una sua conversazione col conte di Hatzfeldt, mi fa dubitare che non le sia riuscito sufficientemente chiaro l'intimo concetto che c'indusse a far pervenire a codesto Gabinetto l'ufficio confidenziale compendiato nel mio telegramma del 12 (2). Nel rapporto di lei scorgo infatti, a tale riguardo, considerazioni e preoccupazioni che non mi sembrano per verità corrispondere con l'intento e con i termini stessi di quella nostra amichevole comunicazione.

V. E. mostra di credere che, mutando atteggiamento e giovandoci della libertà d'azione ricuperata dopo la chiusura della Conferenza di Londra, noi vogliamo ora collocarci, rispetto alle cose egiziane, puramente e semplicemente accanto alla Germania, la quale non dissimula il suo atteggiamento ostile verso l'Inghilterra; tanto che ella chiede a se stessa come sarebbe giudicato a Londra il linguaggio che noi teniamo presentemente a Berlino, e teme che il nostro programma possa apparire variabile agli occhi stessi del cancelliere, il quale non sa pregi:are altra linea di condotta che non sia fissa e costante.

Nostro scopo nel rimetterei amichevolmente e lealmente, poiché la questione egiziana per l'insuccesso della Conferenza era entrata in una nuova fase, in comunicazione coi Gabinetti di Berlino e di Vienna, non fu quello di far getto dei criteri da cui traemmo finora la norma direttiva, e meno ancora quello di accettare anticipatamente, e quasi ad occhi chiusi, quel programma qualsiasi, rispetto alle cose egiziane, che sia nella mente del cancelliere, e del quale non si ha finora indizio o manifestazione di sorta. Bensì, avendo noi avuto, nella Conferenza di Londra, per considerazioni attinenti ai nostri interessi speciali, ed apprezzate dai nostri alleati, un atteggiamento che, quantunque intrinsecamente punto non discordasse, non fu però interamente conforme a quello dei due Governi centrali, noi abbiamo creduto di porgere a questi la schietta avvertenza che quel nostro atteggiamento non doveva, a nostro giudizio, essere d'impedimento a quelle reciproche comunicazioni ulteriori che, secondo la nostra costante consuetudine, ed anche secondo impegni che non occorre ricordare, noi abbiamo sempre desiderato e desideriamo di mantenere con Berlino e con Vienna, pronti, dal canto nostro, a prendere in benevolo ed attento esame le proposte che dall'uno o dall'altro dei due Gabinetti fossero per pervenirci. Del resto l'estratto del mio telegramma da lei rimesso al conte Hatzfeldt, esprime e definisce esattamente codesto nostro pensiero, il quale, quando pure fosse noto a Londra, non dovrebbe, a mio avviso, cagionarvi meraviglia o spiacevole impressione.

Vedo dal rapporto di lei che, malgrado gli schiarimenti fornitigli, il segretario d1 Stato persisteva nel colloquio con lei avuto, a ritenere superflua la dichiarazione enunciata del conte Nigra, prima che la Conferenza si chiudesse,

per riservare piena libertà di giudizio e di azione al R. Governo in ogni contingenza ulteriore. S. E. il conte di Hatzfeldt stimava che ogni impegno fosse di -pieno diritto venuto meno in seguito all'insuccesso della Conferenza. A noi sembra invece che quella riserva fosse opportuna ed utile; imperocché è bensi vero che ognuna delle singole Potenze è uscita dalla Conferenza libera di ogni impegno formale, nulla essendovisi deliberato; però sta in fatto che, mentre altri plenipotenziari si erano astenuti dal manifestare, circa le questioni finanziarie agitate dalla Conferenza, una opinione qualsiasi, il nostro plenipotènziario ebbe invece più volte l'occasione di enunciare giudizi ed esprimere apprezzamenti, i quali, messi innanzi in diverse circostanze con lo scopo e il desiderio che si riuscisse ad una soluzione conciliativa, avrebbero potuto, se quella riserva non fosse stata espressa, esserci poi ricordati, quasi come costituenti un vincolo morale, quante volte si dovesse, in condizioni ulteriori e diverse, riprendere la trattazione della questione medesima. Con la enunciazione della nostra riserva noi ci siamo invece, secondo che era strettamente equo, ricollocati, anche a questo riguardo, in una situazione pari a quella d'ogni altra Potenza.

Il signor Hatzfeldt avendo riferito, come ella mi accenna nel rapporto suo, la nostra comunicazione al principe di Bismarck, mi sarà grato di conoscere la risposta. del cancelliere, la quale confidiamo sia per essere ispirata da un sentimento di giusta e cordiale reciprocità a nostro riguardo.

(l) -Cfr. n. 366. (2) -Cfr. n. 362.
382

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A MADRID, BLANC

D. 75. Roma, 25 agosto 1884.

Mi pregio di segnalarle ricevuta del suo rapporto n. 69 in data di San Ildefonso 14 agosto corrente (1), e di approvar il linguaggio da V. S. tenuto col signor ministro di Stato nel colloquio di cui ella mi riferisce i particolari.

Il marchese Del Paz de la Merced, che fin da principio ci aveva fatto dichiarare in termini particolarmente amichevoli dal signor Mendez Vigo che circa la menzione fatta nella Gazzetta Ufficiale della dichiarazione del 16 luglio non intendeva muovere vera e propria osservazione, parrebbe avere ora anche apprezzato gli schiarimenti da me forniti, con eguale cordialità di linguaggio, a questo signor ministro di Spagna. Però, nella previsione (che, a dir vero, mi sembra poco probabile) d'interpellanza che al riaprirsi della Cortes gli fosse rivolta dalla sinistra, egli crederebbe d'aver pieno diritto di difendersi dalla accusa di averci successivamente accordato, in occasione dell'incidente Pidal, ripetute riparazioni e di sostenere che le parti impegnate nel negoziato non sono vincolate dalle opinioni emesse né dalle soluzioni tentate nel corso del medesimo, bensì unicamente dagli atti conclusivi cioè dalle sole note scambiate il 20 ed il 22 luglio.

Non ispetta a noi di recare giudizio o dare suggerimenti per quanto l'uno e gli altri possano essere ispirati da sentimenti di cordiale amicizia in materia che abbia in qualche modo attinenza a considerazioni d'indole parlamentare e di politica interna. Però è evidente e crediamo debito di lealtà di non tacerlo, che se mai, in occasione di discussioni parlamentari, che noi persistiamo a credere non desiderabili e pericolose, i ministri del re Alfonso enunciasser? dichiarazioni tali che potessero suonare quasi una ritrattazione od una attenuazione di ciò che in qualsiasi forma, in documenti diplomatici, in semplici schemi o nelle Cortes stesse, è stato detto e dichiarato segnatamente circa la consacrazione, nel diritto europeo, della stato delle cose vigente in Italia, ne sorgerebbe inevitabilmente un incidente assai più grave e delicato in confronto di quello stesso incidente Pidal che, sostanzialmente, si fondava sopra un'erronea versione e sopra la supposizione di frasi in realtà non pronunciate. Nulla avremmo per certo ad obiettare se, dato il caso d'inevitabile interpellanza, il signor ministro di Stato negasse l'asserzione di molteplici soddisfasioni successivamente consentiteci e affermasse che la conclusione del negoziato si riassume nelle note del 20 e del 22 luglio. Però il signor Elduayen non può disconoscere, quale che sia, quasi da un punto di vista tecnico, il valore attuale della dichiarazione a lei rilasciata il 16 luglio, che le affermazioni in essa contenute rappresentavano opinioni da lui formalmente enunciate, né mai ritratte od attenuate; di guisa che la ritrattazione allora soltanto si verificherebbe quando Sua E. si facesse a dichiarare di non stimarsi vincolato alle medesime, ed allora appunto sorgerebbe incidente di gravità cosi manifesta che io preferisco escluderlo addirittura dalle nostre previsioni, siffattamente funeste ed incalcolabili ne sarebbero le conseguenze per la reciproca situazione fra i due Paesi.

Il signor Elduayen le ha manifestato il dubbio che le nostre disposizioni e le nostre convinzioni circa i reciproci rapporti tra l'Italia e la Spagna non siano più quali erano da noi, con grande schiettezza, espressi nel mese di maggio scorso. Mi auguro che ella abbia circostanza per eliminare ogni preoccupazione di tal fatta. Ora come allora noi riteniamo che la cooperazione cordiale ed intima dei due Stati, animati entrambi, per il mantenimento della pace e del presente stato di equilibrio, da intendimenti identici, nei quali consiste la comunanza del programma politico, possa e debba riuscire mutuamente preziosa e pratica nelle questioni europee in genere ed in ispecie nelle questioni mediterranee. Noi persistiamo, per canto nostro, in questi precisi propositi e ci auguriamo di avere frequenti occasioni di manifestarli con la eloquenza dei fatti. Sarebbe veramente da deplorare se interessi di carattere essenzialmente concreto ed una situazione feconda di reciproci vantaggi potessero, da discussioni intempestive e destituite di positiva efficacia, ricevere irreme

diabile jattura.

La contingenza a cui si riferivano le parole del signor Elduayen è fortunatamente abbastanza remota; confido che prima della riapertura delle Cortes le si presenti l'occasione opportuna per tenere al ministro di Stato un linguaggio conforme ai concetti espressi in questo dispaccio, mentre, da parte nostra, il linguaggio stesso si è tenuto e si terrà sempre al signor Mendez Vigo.

(l) Cfr. n. 371.

383

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2162. Vienna, 25 agosto 1884 (per. il 28).

Il 21 corrente giungevo a Vienna di ritorno dal mio congedo un'ora dopo che il conte Kalnoky era parimenti rientrato nella capitale di ritorno da Varzin.

L'indomani nell'annunciare a S.E. il mio arrivo gli esprimevo il desiderio di recarmi a salutarlo senza però insistere per una pronta udienza, ben apprezzando quanto dovesse essere occupato in quei primi giorni. Jeri fui ricevuto e, dopo poche parole di cortesia ed un breve accenno alla abortita Conferenza di Londra, il conte Kalnoky si fece subito a parlarmi della sua visita a Varzin dicendo anzi tutto aver egli trovato il cancelliere in ottime condizioni di salute e molto calmo in tutti i suoi apprezzamenti.

Dopo breve pausa S. E. dissemi che nei suoi colloqui col cancelliere tutte le questioni all'ordine del giorno erano state toccate e compiacevasi constatare nel più perfetto accordo al costante scopo della conservazione della pace e del mantenimento dello statu quo attuale europeo.

Tosto poi soggiunse: che quanto ha tratto più particolarmente ai rapporti fra l'Italia, l'Austria e la Germania, fu del pari preso in attenzione costatandosi che nulla vi ha di cambiato al riguardo.

A questo proposito egli dicevami, che a porre un termine alle insensate insinuazioni a cui la stampa già si era lasciata andare a nostro riguardo, dal suo Ministero durante la sua assenza era stato comunicato un articolo al Fremden Blatt concepito nel suespresso senso e di cui sperava fossimo rimasti soddisfatti. A ciò io risposi d'aver infatti letto quell'articolo mentre già mi trovavo in viaggio, non sapere quindi quale impressione avesse prodotta a Roma.

Dopo ciò il conte Kalnoky mi parlò della necessità riconosciutasi nei colloqui di Varzin di consolidare ancora maggiormente i buoni rapporti già ristabilitisi fra i due Imperi e la Russia, dando così maggior forza al Governo dell'imperatore Alessandro ed agli uomini di Stato russi che professano principi savi. Il proficuo incontro dei due imperatori Francesco Giuseppe ed Alessandro, al quale in un modo o nell'altro si assoderà l'imperatore Guglielmo, così dicevami egli, accentuerà la cosa. Tosto però aggiungeva, che nulla è ancora stabilito a riguardo dell'epoca, località e modalità del convegno, le concrete proposte dovendo per ragioni troppo . concepibili, essere avanzate dallo tzar.

Finalmente il conte Kalnoky dicevami sorridendo, che il mal volere del principe di Bismarck contro l'Inghilterra si pronuncia sempre maggiormente, e, come sempre succede col cancelliere, assume un carattere tutto personale che questa volta si esplica in un vero odio contro il Gladstone.

Nel corso di questa conversazione accennandosi da ambe le parti alle voci sparse dai giornali intorno agli scopi dell'avvenuto convegno, avevo pur fatto allusione in indiretta maniera alla diceria corsa che fossero stati presi accordi onde combattere le mene degli anarchici e di altri partiti rivoluzionari.

S. E. rilevò tale mio accenno, e dissemi che evidentemente si era anche di ciò parlato, ma senza addivenire ad un accordo pel momento perché ciò presenterebbe ancora troppe difficoltà parlamentari ed altre, ma si farà più tardi, soggiungeva egli tosto, e così ebbero termine le comunicazioni che il conte Kalnoky credette farmi a riguardo della sua visita a Varzin, nella naturale forma di una conversazione intorno ad un argomento di cui tutti parlano in questi giorni.

Il saperne di plù non sarà facile taato più che non vi ha luogo ad attendersi a maggiori confidenze; un'attenta osservazione dei successivi fatti che andranno svolgendosi, potrà solo fornirci qualche lume onde scoprire in parte almeno ciò che per ora si tiene segreto.

Credo però di non andare intieramente errato supponendo che: il principe di Bismarck nel chiamare a sé in questo momento il primo ministro austroungarico, ebbe anzi tutto di mira di produrre un colpo ad effetto in Europa, e di impressionare in particolar maniera la Russia, dimostrando nel modo il più solenne, che i legami che al giorno d'oggi uniscono l'Austria-Ungheria alla Germania sono così stretti e potenti che nei riguardi della politica estera i due Imperi non devono ormai più considerarsi che come uno Stato solo. Cosa d'altronde che per conto mio già ritengo da assai tempo come un'assoluta verità di fatto.

Il conte Kalnoky lodandosi meco altamente di un articolo in tal preciso senso comparso ieri nella Neue Freie Presse avvalorava ancora tale mio apprezzamento.

384

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3585. Berlino, 26 agosto 1884 (per. il 1° settembre).

La visite du comte Kalnoky à Varzin continue à servir de théme aux prétendus experts de l'art de la divination politique. Ils nous apprennent avec une gravité qui en impose au gros public que le ministre austro-hongrois et le chancelier d'Allemagne ont diì s'entretenir des affaires générales de l'Europe et peut-etre meme de celles des autres continents. Le ròle du diplomate n'est pas d'écrire des romans, mais celui de chercher à se rapprocher un peu de la vérité avec l'aide du bon sens, lors meme qu'on garde ici le secret le plus absolu. Je me suis voué à cette tàche ingrate dans mes rapports précédents et je ne puis que m'y référer.

On affirme, entre autres, que le tete-à-tete des deux hommes d'Etat succé

dant à la rencontre des empereurs Guillaume et François-Joseph à Ischl, a

eu pour but de débattre les conditions de l'alliance austro-allemande de 1879.

Or voici quelques détails dont je garantis l'authenticité, et qui prouveraient que

tel n'a pas été le cas. En avril dernier, le prince de Bismarck interpellé par

une personne de son intimité s'il se proposait de prolonger les accords répondait que la chose était reglée depuis plusieurs mois et qu'il suffisait maintenant d'établir aussi des rapports de confiance avec la Russie. Il est à supposer que la prolongation a été signée lorsque le comte Kalnoky s'abouchait en 1883 à Gastein avec le prince de Bismarck. Depuis lors le Cabinet de Berlin a lui-meme donné le signal du rapprochement avec la Russie et l'idée inculquée à Vienne a fait son chemin, s'est condensée.

Tout porte à croire qu'on s'est entendu là-dessus à Varzin. Au moment surtout où des dissentiments, si passagers qu'ils fussent, surgissaient entre l'Allemagne et l'Angleterre, il importait de rattacher la Russie aux deux autres Empires. Il est d'ailleurs une question, dont j'ai parlé dans un précédent rapport, qui les préoccupe vivement. Ils veulent se montrer unis pour faire face aux dangers de certains éléments anarchistes qui travaillent à bouleverser la société de fond en comble.

Ces considérations ont amené sur le tapis le projet d'une entrevue entre le czar et l'empereur François-Joseph, à laquelle se joindrait peut-etre l'empereur Guillaume. Des personnes, se croyant bien renseignées, affirment que ce projet se réalisera entre le 12 et le 16 septembre et que les souverains seront accompagnés des ministres respectifs des affaires étrangères. Mais aujourd'hui encore, le secrétaire d'Etat me disait qu'il ne lui résultait pas qu'une résolution définìtive ell.t été déjà prise de la part des souverains de Russie et d'Autriche. Au reste, s'ils doivent se rencontrer, on conservera le plus profond secret sur le jour et l'endroit de la réunion, et cela par mieux assurer les mesures nécessaires de police et de sécurité. M. Busch ignorait si l'empereur d'Allemagne assisterait à l'entrevue, laquelle, en tout cas, semblait ne pas devoir s'effectuer sur territoire prussien, car autrement le Département impérial des affaires étrangères en serait déjà prévenu.

Le rétablissement de l'ancienne intimité entre les trois Empires ou du moins de quelque chose d'approchant, aurait peut-etre dans d'autres circonstances éveillé bien des soupçons au delà des Vosges. Mais on y est si bien convaincu qu'il ne se trame rien contre la France, que les journaux officieux de Paris montrent le plus grand calme. En effet l'Allemagne traite presque ses voisins comme des enfants gàtés, à la seule condition qu'ils mettent une sourdine à leurs idées de revanche. Elle penche visiblement pour eux dans les affaire de l'Egypte qui peu d'années en arrière le prince de Bismarck adjujeait à l'Angleterre. Qui sait si le chancelier ne les aidera pas à se ménager une heurese issue de leurs entreprises en Chine? D'un autre còté, il a l'air de ne pas s'émouvoir quand il cassent un peu trop bruyamment les vitres, comme lors de l'incident des drapeaux allemands arrachés à l'hotel Continental et foulés aux pieds, d'un Wurtembergeois insulté et poursuivi par une foule ameutée. On arrete à Metz deux espions officiers français, et peu après on les relàche sans leur infliger aucune peine. Le prince de Bismarck n'a jamais prononcé à la tribune des mots aussi chaleureux pour ses amis, que ceux dits à l'adresse de la France dans une des dernières discussions au Reichstag. Il se montre aux petits soins, ne serait-ce pour faire pièce à l'Angleterre, qui, il faut bien le reconnaitre, a manqué d'habllité en faisant mine de s'opposer aux premiers essais de politique coloniale allemande. Ou je me trompe fort, ou des pourparlers sont engagés entre Berlin et Paris, peut-etre en ce qui touche la Chine ou l'Egypte. Le fait est 1que le baron de Courcel parti en congé il y a peu de jours est revenu ici hier, sous le prétexte qu'il tenait à ne faire dater son absence que depuis le premier septembre. Il a vu à Paris le président de la République et M. Férry et si les journaux de ce soir disent vrai, l'ambassadeur de France se serait rendu aujourd'hui à Varzin.

Je constate avec satisfaction que la presse sérieuse de notre Pays envisage avec calme ce va-et-vient des souverains et des hommes d'Etat. Il faut lui en savoir gré. Le sentiment de patriotisme nous permet de ressentir qu'on ne nous mette pas ou que du moins on tarde a nous mettre dans la confidence des pourparlers mistérieux, comme si les intéréts de l'Allemagne, de l'Autriche et de la Russie pour la conservation de la paix et de tout ce qui y tend, n'étaient pas aussi des intéréts communs à l'Italie. Mais notre propre dignité doit nous détourner d'étaler aux yeux du public le fond de notre pensée. On nous donne la main, mais on ne la serre pas avec cette cordialité de mise entre amis et alliés. Personne ne le ressent davantage que le diplomate placé aux avant-postes. Mais il est de son devoir de ne trahir aucune impatience, aucun ressentiment.

Moins nous aurons l'air de vouloir rejoindre nos alliés, de sortir d'une certaine réserve, et plus ceux-ci s'apercevront qu'ils auraient tort de ne pas compter davantage avec nous dans leurs combinaisons. La meilleure tactique en ce moment surtout est de nous fortifier de tout manière à l'intérieur on faisant marcher de front les principes d'autorité et de sage liberté et en développant notre armée et notre marine.

En vous retournant ci-joint le récépissé des documents diplomatique du 22 courant...

385

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2751. Therapia, 26 agosto 1884 (per. il 30).

Il recente scambio di comunicazioni fra i Gabinetti di Stambul e di San Giacomo, in ordine alle cose dell'Egitto, costituisce un sì importante stadio nelle relazioni fra i due Stati che stimo prezzo dell'opera di rivenire sull'argomento, affine di meglio chiarirne il carattere e l'entità.

Falllta la Conferenza di Londra, il Governo britannico, sia che preferisse la cooperazione della Turchia a quella di qualche Potenza europea, sia che s'aspettasse di trovare qui un'accoglienza più conforme ai suoi desideri!, sia che volesse semplicemente dare una prova di deferenza a questo Governo, credette opportuno di verificare quali fossero le disposizioni della Sublime Porta in proposito. Esso non fece per tale scopo alcuna formale proposta, né alcuna comunicazione scritta, ma lord Granville si limitò ad invitare in forma particolare lord Dufferin ad esporgli il di lui avviso sulla accoglienza che il Governo ottomano farebbe all'eventuale proposta d'occupare alcuni punti della costa egi:... ziana, come per esempio Zeila e Suakim, e di mandare una nave da guerra nelle acque di Alessandria. Come l'E. V. scorgerà di leggieri, questa suggestione non era

invero che la riproduzione di proposte fatte in altri tempi e declinate dalla Sublime Porta. Però le circostanze essendo mutate, si credette che esse potessero ora fornire la base di nuovi negoziati.

Lord Dufferin, animato dal desiderio di sottomettere al segretario di Stato di S. M. la Regina esatte informazioni sulla materia, ne conferì verbalmente ed in modo eminentemente confidenziale col gran vizir. Said pascià prese nota delle cose dette dall'ambasciatore, le quali erano probabilmente avvalorate da quelle che gli erano trasmesse da Musurus pascià in seguito a colloquii avuti con lord Granville, e ne seguirono le deliberazioni del Consiglio dei ministri che condussero alle conclusioni esposte nelle istruzioni indirizzate a Musurus pascià, e delle quali ebbi l'onore di spedire un riassunto all'E.V. col telegramma del 23 corrente (1).

Per queste istruzioni la Sublime Porta dichiara primieramente considerare come d'importanza secondaria la proposta di procedere all'occupazione di alcuni punti del Vicereame. Il che val quanto dire che essa declina l'offerta. E l'E.V. conosce come io fossi, fin da' primordii della quistione egiziana, d'avviso che il Governo di S.M. il Sultano non si presterebbe a prender parte, come alleato dell'Inghilterra, alle operazioni militari dirette contro l'elemento musulmano in Egitto. Il quale proposito è messo viepiù in chiaro dal seguito della comunicazione ottomana, dove è detto la precipua quistione da trattarsi fra i due Governi essere quella del ristabilimento dello statu quo ante, epperò doversi innanzi tutto fissare un termine all'occupazione inglese, il quale avrebbe ad essere più breve di quello che era stato contemplato dall'accordo anglo-francese. Né della quistione finanziaria si curava il Governo ottomano, ché le misure adottate da questo in ordine al trattamento dei creditori della Turchia propriamente detta, non lo metteva in posizione d'essere severo riguardo all'amministrazione finanziaria di altra parte dell'Impero. E lascio all'E.V. di giudicare dell'effetto che questa comunicazione sarà per produrre a Londra.

386

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2164. Vienna, 27 agosto 1884 (per il 29).

Dalla lettura del mio rapporto del 25 corrente, n. 2162 (2), relativo alle cose dettemi dal conte Kalnoky intorno alla sua visita a Varzin non sarà sfuggito all'E.V. una differenza assai caratteristica nella forma impiegata dal ministro imperiale nel tenermi parola quest'anno delle sue conferenze col cancelliere e quella colla quale l'anno scorso ci ragguagliava parimenti intorno ai suoi colloqui col principe di Bismarck.

Nel 1883, dopo Salisburgo, egli mostrava di adempiere ad un dovere di buon alleato dandoci informazioni.

Questa volta, dopo Varzin, si è unicamente a mo' di discorso su di un fatto di cui tutti parlano ch'egli mi fece sommariamente cenno degli argomenti trattati col principe cancelliere.

Questa differenza di forma costituisce un fatto che, a' miei occhi, caratterizza la mutata nostra situazione dei due Imperi.

(l) -Cfr. n. 379. (2) -ctr. n. 383.
387

IL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1175. Tangeri, 28 agosto 1884, ore 0 (per. ore 1).

Confermo il mio rapporto del 24 corrente (1).

Après un conseil qui a eu lieu le 20 courant à la légation de France entre Ordega et le chérif, celui-ci est parti le 22 avec M. Blondel secrétaire de la légation française et, dit-on, quarante hommes armés de Remingtons, faisant courir le bruit qu'ils allaient chasser et ils se sont rendus sur la partie haute du village de Ainhamra, foyer de l'insurrection dans la Cabile d'Angera. C'est dans cette Cabile que les troupes du sultan agissent depuis environ 20 jours, et presque tous les villages rebelles ont été soumis sans résistence. Il n'en reste que très peu à soumettre et, entr'autres, Ainhamra, que les troupes se préparaient à attaquer, lorsque le chérif et le dit secrétaire de la légation y sont arrivés. Le secrétaire est revenu à Tanger le 24 pour se plaindre à Bargash que le commandant en chef des troupes, qui agissent contre les rebelles, a envoyé des gens lui dire de se retirer d'Ainhamra, car il devait l'attaquer et qu'on a arrété le maréchal ferrant qu'il avait appelé pour ferrer son cheval. Cet individu est, parait-il, un des plus compromis. Il prétendait du ministre des affaires étrangères une lettre ordonnant au dit commandant d'aller personnellement à Ainhamra lui demander excuse. Le ministre des affaires étrangères a refusé résolument étrange demande, et il l'a prié de ne plus aller troubler Ies opérations des troupes du sultan ctmtre les rebelles. Le secrétaire a répondu qu'il voulait y retourner immédiatement pour s'établir au milieu du campement des troupes chériffiennes. Plus tard, M. Ordega a envoyé son interprète demander au ministre des affaires étrangères la lettre que sous secrétaire lui avait demandée, mais le ministre des affaires étrangères n'a pas cédé et est parti le 25 pour rejoindre le chérif. Ordega joue le tout pour le tout; il sait que l'influence du chérif, et mème la sienne, serait ruinée s'il laissait que les troupes du sultan enlèvent les villages d'Ainhamra, foyer de l'insurrection et chatient les rebelles, et il cherche à parer ce coup fatai. S'il réussit, les choses tournerons bien mal pour le sultan et très bien pour le chérif. Le jeu d'Ordega est très dangereux. Il pourrait s'en suivre des complications très graves. La situation est donc pleine de dangers. Le ministre des affaires étrangères m'a fait dire qu'il a écrit directement à M. Ferry, se plaignant de l'inexplicable conduite d'Ordega, et demandant qu'on fasse retirer du théàtre des opérations militaires le secrétaire Blondel et le chérlf, et n

m'a prié d'informer le Gouvernement du roi de la situation et de recommander à V.E. le plus grand secret à Paris sur la lettre qu'il a dirigée à M. Ferry. Mes collègues d'Espagne, d'Allemagne et le chargé d'affaires d'Angleterre blàment sévèrement la conduite d'Ordega. Son Gouvernement l'approuvera-til. J'attends nouvelles d'Ainhamra meme que je transmettrai à V.E. per le courrier.

(l) R. 366, non pubbllcato.

388

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. CONFIDENZIALISSIMO 587. Roma, 28 agosto 1884, ore 11,55.

Le ministre de Chine nous fait sonder confidentiellement pour l'assurer si nous serions disposés le cas échéant, à nous charger de la protection des intérets des chinois établis en France. Je désire connaitre le plus tòt possible là-dessus votre avis (1), en vue surtout de l'impression que notre acceptation pourrait produire en France sur le public et sur le Gouvernement.

389

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 482. Roma, 28 agosto 1884.

Il conte Corti, da me invitato a domandare a lord Dufferin informazioni sulla questione di Berberah e di Harar a cui si riferiva, da ultimo, il dispaccio ministeriale del 19 agosto volgente (2), mi ha fatto ora conoscere di avere avuto una conversazione con Sua Signoria su quell'argomento.

L'ambasciatore di S. M. la Regina gli significò essere stato incaricato, or non ha guari, di far conoscere alla Sublime Porta come il Governo britannico non avesse mai riconosciuto la sovranità del sultano sopra la costa dei Somali, poiché il Governo ottomano aveva sempre declinato di ratificare la convenzione del 1877 nella quale era inserito questo riconoscimento. L'Egitto avendo dovuto abbandonare quelle regioni, il Governo britannico decise di occupare il porto di Berberah, centro di commercio, soprattutto di commestibili, di cui esso aveva d'uopo per l'approvvigionamento di Aden. La Turchia era libera, per conto suo, di occupare qualche posizione più settentrionale, per esempio Zeilah.

Lord Dufferin é poi d'avviso che l'Inghilterra non occuperà la città di Harar, la quale travasi a gran distanza dalla costa, il che permetterà probabilmente a qualche sultano locale di stabilirvi la sua autorità. Né la Sublime

Porta, a suo avviso, si risolverà ad occupare alcun punto isolato e cosi lontano dalla sfera dei suoi interessi. Piuttosto è da credere che l'occupazione di Berberah, per parte degli inglesi, possa servire di incentivo ai francesi per estendere il loro possesso di Obock nella direzione del mezzogiorno verso la baia dì Tagìura. È forse, anzi, per ovviare a questo pericolo che il Governo britannico invitò la Turchia all'occupazione dell'importante regione di Zeilah.

Nell'informarla di quanto precede, per opportuna sua norma,...

(l) -Cfr. n. 390. (2) -D. 4'l7 del 19 agosto, non pubblicato.
390

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1178. Parigi, 29 agosto 1884, ore 17 (per. ore 18,30).

Parmi les grandes Puissances l'Italie est peut-ètre de celles qu'en ce moment a le moins d'ìntérèt direct engagé en Chine et qui, par conséquent, peut assumer avec le plus d'ìmpartialité la protection des intérèts personnels des sujets chinoìs en France. Une telle protectìon peut donner lieu à quelques démarches ennuyeuses, mais c'est un service que les Nations se rendent entr'elle. D'autre part il peut par la suite en dériver pour notre commerce quelques avantages en facilìtant nos rapports avec ce grand Empire. Si nous refusions la Chine en garderait peut-etre rancune et nos populations maritimes pourraient reprocher à notre Gouvernement d'avoìr perdu une occasion de favoriser le développement de leur activité dans l'Extrème Orient. Ces considératìons feraient penser pour acquiescer à la demande de la Chine; toutefoìs il faudrait étre surs que la France n'en prendrait ombrage. C'est pourquoi une détermination du Gouvernement dans ce sens ne devrait pas étre prise à son insu. En conséquence, avant de donner une réponse définitive à la Chine, il faudrait pressentir l'opinion de M. Ferry, et s'assurer qu'il ne verrait pas de mauvais rei! que l'Italie accède aux désirs de la Chine. Cela serait d'autant plus nécessaire que l'opinion publique, si elle n'était pas influencée d'une manière tranquillisante par le Gouvernement français lui-méme, exprimerait son déplaisir de notre condescendance envers la Chine. Il est à présumer que le Gouvernement chinois aura fait préalablement quelque démarche en ce sens auprès du Gouvernement allemand. II serait utile de savoir à quoi s'en tenir à se sujet.

391

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3586. Berlino, 29 agosto 1884 (per. il 2 settembre).

Me trouvant aujourd'hui à la gare du Chemin de fer avec mes collègues du corps dìplomatique -dont, soìt dìt en passant, je deviens le doyen -, pour rendre un dernìer tribut à la memoire de lord Ampthill, dont la dépouille mor~eUe étalt tran:;;portée en Angleterre, je me rencontrais avec le sous-secrétaire de Etat. Je glissais quelques mots sur la course récente du baron de Courcelles à Varzin, et sur les nombreux commentaires de la presse à ce sujet. M. Busch ne relevait que la supposition que ce diplomate aurait été chargé de solliciter la médiation ou les bons offices de l'Allemagne dans le conflit avec la Chine. Le sous-secrétaire d'Etat ne croyait pas que la France, en train de remporter des succès, songeat à une pareille démarche; et quant au Gouvernement chinois, il n'avait lui non plus jusqu'ici manifesté une semblable intention. Mon interlocuteur s'abstenait d'entrer dans d'autres explications.

La version la plus accréditée est celle que le Cabinet de Paris tenait à donner les déclarations les plus positives qu'il ne visait pas à une occupation permanente de Fontschou et de l'ile Formosa, et que les Maisons européennes de commerce y établies, parmi lesquelles se trouvent plusieurs comptoirs allemands, seraient mises à l'abri de tout dommage. Il est probable que le chancelier, en ses dispositions actuelles à l'égard de l'Angleterre, aura fait bon accueil à ces assurances, ce qui constituerait un avantage notable pour la politique française dans l'Asie orientale. Cela impliquerait aussi que la France, à son tour, ne créerait aucune difficulté à l'Allemagne dans ses vues vers les còtes occidentales de l'Afrique.

Par ses bons procédés, le Cabinet de Paris tient également à gagner le bon vouloir de l'Allemagne dans les phases ultérieures de la question égyptienne. En outre, après la visite du comte Kalnoky et à la veille de l'entrevue des trois empereurs, il aura voulu démontrer à l'opinion publique que, sans participer à leur intimité, il n'était pas dans un isolement aussi complet que ses adversaires se plaisaient à le croire. Certains journaux de Paris se livrent à des commentaires pleins de fantaisie sur une alliance franco-allemande, sur des échanges de territoire, etc. C'est au moins aUer vite en besogne. Il est évident que ces deux Etats voisins peuvent, ainsi que le laissent entendre ici des feuilles sérieuses, se rendre dans des cas donnés de services mutuels avec l'arrièrepensée de nuire au ministère Gladstone; mais il y a encore bien loin de là à une alliance qui d'ailleurs devrait comprendre l'Italie, l'Autriche et la Russie.

392

IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 418. Assab, 30 agosto 1884 (per. il 21 settembre).

L'altro ieri 28 corrente faceva ritorno dallo Scioa il corriere speditovi da qui ai primi di luglio; egli aveva fatto il viaggio di ritorno in sedici giorni, partendo da Borou Mieda estremo confine nord-est dello Scioa col territorio dei danakil. Il re Menelik, che trovavasi in quella residenza, scriveva le lettere, che qui acchiudo in copia, al r. commissario cavalier Branchi e al conte Antonelli. Dalle medesime l'E. V. rileverà come le disposizioni di quel re non cessano di

essere favorevoli alla nostra colonia, e come egli si riprometta di mantenere la parola data.

Quelle notizie furono accolte con gran piacere dall'Antonelli, che tanto più volle accelerare la sua partenza, e raggiungere il re a Borou Mieda, per studiare se possibile una nuova strada dall'Aussa all'Abissinia.

Contemporaneamente a quel corriere, il signor Franzoi, cui accenna la corrispondenza dell'Antonelli, arrivava qui in Assab. Egli si presentò a me per chiedermi forse un alloggio che gli indicai indirizzando lo all'albergo; a stento mi riuscì a strappargli qualche parola relativamente al suo viaggio. Seppi che sino all'Aussa era venuto molto lentamente con la carovana del re Menelik, e in compagnia d'un francese, il signor Bremond; quest'ultimo munito di doni per l'Anfari ha potuto vedere quel sultano, mentre al Franzoi, benché italiano, fu .negato quel favore perché senza doni e senza lettere di raccomandazione. Dall'Aussa il Bremond (che a quanto sembra ha avuto qualche alterco con il Franzoi) prese una strada diretta per Obock, praticabile per i soli muli, ma non per una carovana di cammelli. Il viaggio dallo Scioa all'Aussa era stato disastroso per la gran siccità, la quale cagionò una gran mortalità nei cammelli. A due giornate in qua dall'Aussa il Franzoi si era distaccato dalla carovana per venire direttamente e più celermente in Assab; difatti a mulo, con un altro mulo carico di provviste, un servo abissino, una guida dancala ed alcuni altri danakil diretti a questa costa, egli aveva fatto il viaggio in dieci giorni; credo, senza difficoltà e senza opposizione alcuna da parte delle popolazioni; ebbe solo a patire la fame perché scarso di provviste, che aveva dovuto dividere coi suoi compagni, mentre l'acqua, per causa delle ultime pioggie, non gli fece mai difetto.

Il signor Augusto Franzoi non mi disse altro, né mi fece parola delle ossa del compianto ingegnere Chiarini, di cui dovrebbe essere latore; dall'Antonelli però ho saputo che il Franzoi, stanco del lento procedere della carovana, aveva abbandonata alla medesima il suo bagaglio, ed assieme anche le spoglie, mortali del Chiarini; del resto mi tengo in gran riserva con una persona i cui precedenti in questi Paesi sono poco edificanti.

ALLEGATO I

IL RE DELLO SCIOA, MENELIK II, AL COMMISSARIO CIVILE AD ASSAB, BRANCHI

L. Boru Miedà, 9 agosto 1884 (per. il 28).

Comment vous portez-vous? Moi gràce à Dieu je me porte bien et toutes mes armèes aussi.

Le courr.ierr de M. le comte Antonelli m'a remis votre a.i:mable lettre datée du 29 juin 1884 (1). J'a.i été très content en lisant toutes les charmantes paroles que vous m'avez écrites, pour me souhaiter bonne et heureuse année à l'occasion du prochain changement de celle qui court. Que le Seigneur daigne accorder à vous aussi une longue et heureuse vie et vous fasse voir, en b0111Ile et parfaite santé plusieurs années abondantes.

Tout ce que M. le comte Antonelli vous a fait savoir relativement à la caravane et aux cadeaux est vra.i. Cette caravane n'aurait pas tardé jusqu'à ce jour, si au moment

où la nouvelle de l'arrivée a Assab de M. le comte Antonelli et des marchandises est parvenue ,au Choa, je n'avais pas été en expédition.

Je suis en tra.in de faire préparer actuellement la seconde caravane, pour vous faire plaisir, comme vous autres me l'avez fait. J'ai été très content aussi, en apprenant qu'un de vos grands navires de guerre a été jusqu'à Zeyla, et a termi.né l'affwi.re d'intérèt que mon ami Abd el Rahman Jousef avait avec Abu Bekr pacha. Je vous prie, M. le commi.ssaire royal, de vouloir bien faire parvenir à cet effet mes sincères remerciement, tant au Gouvernement itahen, qu'à l'honoral>le comandant du di,t navire, oar ils ont agi en amis, en termi.nant l'affaire de mon serviteur Al>d el Rahman.

J'ai trouvé très dntéressant aussi ce que vous m'avez écrit pour m'informer qu'Abu Bekr pacha a promds solennellement de ne plus attaquer ou déranger la route entre Assab et le Choa.

ALLEGATO II

IL RE DELLO SCIOA, MENELIK II, AL CONTE ANTONELLI

L. Boru Mieda, 9 ago8to 1884 (per. il 28).

Comment vous portez-vous? Moi gràce à Dieu je me porte très bien et toutes mes armées aussi.

C'est avec grand p1aisir que j'ai reçue votre lettre datée d'Assab du 29 juin 1884 (1). J'ai été très content en ,apprenant que vous avez apporté de l'Italie jusqu'à Assab tout ce que je voulais. Quand vous viendrez au Choa avec Gabre Sellassii.é Negousie et Abd el Rahman Jousef en m'apportant toutes ces marchandises, je vous dirai verbalement tous les remerciements que je sens dans mon coeur pour vous et pour le Gouvemement italien.

Je ferai ce qui convient à notre ,amitié et ce qui pourra vous oontenter, car ma parole est une seule. La camvane aussi n'aurait pas tardé jusqu'à maintenant à descendre à Assab, si quand la nouvelle de votre retour est arrivée d'Assab, je n'avais pas été en expédition.

Quant à la caravane que je viens d'expédier avec Gabre Sell.assié, j'ai pris toutes !es dispositions necessaires pour qu'aucune .i.nfluence ne l'arrète en route, ou pour qu'elle n'ai1le point d'un autre coté; soyez dane tranquille. Comme vous l'avez dit vous-mème, aussitòt que Gabre Sellassié sera arrivé à Assab, venez vite avec les marchandises, afin que nous puissions oauser ensemble de toutes nos affad.res. Vous avez bien fait de ne pas confier au courrier la lettre et !es cadeaux qui me sont destinés il vaut mieux que vous les portiez avec vous.

O mon ami, je ferai préparer, en attendant votre arrivée, la seconde caravane, qui doit vous rembourser ce que vous avez dépensé pour me contenter; seulement venez vite avec toutes les marchandises.

Dans le oas qu'il vous serait possible de rentrer ici vers la fète de la Croix, ou bien avant la fin du mais de Maskaram, ce qui coincide au commencement du mois d'octobre, portez !es marchandises vers Borou Mieda par la route de Garfa. Mais envoyez moi en avant un homme exprès, afin que je sache vortre arrivée, pour envoyer un homme au devant de vous. Autrement si vous ne pouvez pas arriver à l'époque sur indiquée, suivez la route du Choa et venez dàrectement à Ankober, car je compte quitter Borou lVlieda après la f!in du mais de Maskaram.

Quant à la question des chameaux, ou que chaque fois que j'envoie d'ici des chameaux, il en meure une quantité, j'ai écrit à Abd el Rahman et au sultan Mohammed Anfari d'en chercher de là bas autanrt qu'il en faut, en leur promettant de leur rembourser aussitòt que les chameaux seront arrivés ici avec !es marchandises, ce qu'ils auront dépensé pour le louage de ces chameaux. Je n'oublierai ni le sultan Mohammed Anfari, ni Abd el Rahman, quand mes marchandises viendront vite et en bon état, je

28 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XVII-XVIII

ferai pour eux ce qui pourra leur faire plaisir. Vous avez bien fait d'écrire aussi de Yotre c6té 8~U dit sultan à propos de la caravane.

Quant à ce qui concerne la station de Let Marefia ne vous inquiétez pas, cax je suis toujours là pour la protéger. Mes sinceres remerciements tant au Gouvemement italien qu'à vous et à la Société de geographie italienne pour la décision que la dite So~ioté a prise d'envoyer au Choa un mèdiein italicen savant et habile.

(l) Ed. ln L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Bosso, tomo III, clt., pp. 60-63.

(l) Ncn si pubblica.

(l) Non pubblicato.

393

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3587. Berlino, 1° settembre 1884 (per. il 5).

Ainsi que je m'empressais de le télégraphier à V. E. (1), mon collègue de Chine également accrédité à Rome et qui vient de remplir à Paris une mission extraordinaire suivie d'une rupture des relations diplomatiques, me faisait visite le 28 aoiìt échu. Il a vai t réçu du Tsoung-li-Yamen l'instruction d'exprimer son propre avis sur le choix d'un représentant étranger à qui pourrait etre confiée la protection des sujets de l'Empire établis ou de passage en France. Il aurait l'intention de proposer notre ambassade à Paris, mais pour ne pas s'exposer à un refus et avant toute démarche formelle, il desirerait savoir si le Gouvernement du roi l'accueillerait favorablement. Il me priait de pressentir confidentiellement V. E. à cet égard.

Je parlais hier au soir au sous-secrétaire d'Etat dans le sens de votre télégramme du 30 aoiìt (2), parvenu à une heure avancée de la nuit. Il me disait qu'aucune ouverture quelconque n'avait été faite ici sur le méme sujet. En ne s'adressant pas au Cabinet impérial, le Gouvernement chinois montrait du tact; car quels que soient les bons rapports entre les Gouvernements en Allemagne et en France, il existe toujours dans ce dcrnier Pays certains courants d'opinion publique qui risqueraient fort de déborder si l'on acceptait à Berlin de telles offres. Une acceptation serait interpretée come dictée par des arrière-pensées, et donnerait lieu à des commentaires irritants qu'il convenait de ne pas laisser se produire.

Le meme raisonnement s'apliquerait à fortiori à une médiation qui ne serait pas sollicitée par chacune des parties en litige. D'ailleurs l'élément principal semblerait faire défaut pour une protection, car il resterait à prouver qu'il existe vraiment des chinois en l<"'rance. Dans le cas affirmatif, le nombre ne saurait etre que très-restreint et ne comprend certainement pas des intéréts industriels, commerciaux, financiers et de propriété qui nécessitent en Pays civilisé la sauvegarde d'une Puissance étrangère. M. Busch rappelait à ce propos un mot bien connu de Louis XVIII « pour faire un civet, il faut un lièvre ».

Le sous-secrétaire d'Etat se reservait conformément à nostre désir de consulter très confidentiellement l'opinion du chancelier et de nous la communiquer. En attendant il me remerciait de nos bons procédés.

Li-Fong-Pao me donnait également, à la meme date d'hier, l'assurance qu'aucm1e démarche semblable n'avait eu lieu à Berlin, S'il nous pressentait de préférence, c'était parce que mon entremise à cet effet lui inspirait pleine confiance. Mais cela ressemble un peu à des arguties de la diplomatle chinoise, à une captatio benevolentiae. Je crois plutòt que ce diplomate se rendait parfaitement compte qu'une telle demande ne serait pas accueillie ici, et qu'il fallait dès lors frapper à une autre porte. Il me confiait qu'avant le désastre de Fontschou et dans le fleuve du Min, les Etats-Unis d'Amérique avaient offert Ieur médiation ou arbitrage (il ne savait pas au juste lequel des deux) que la France déclinait, se déclarant assez forte pour venir à bout de son entreprise. Il ne croyait pas que pour le moment le Gouvernement chinois pourrait songer à une médiation si les circonstances devenaient plus propices à cet effet, S. E. émettait l'opinion tout-à-fait personnelle qu'on recourrait probablement à l'intervention amicale ou de l'Allemagne ou de l'Italie.

Li-Fong-Pao demandait en vaie prinée comment je jugeait la situation..Je ne pouvais lui répondre autrement qu'en exprimant ma propre pensée. On ne saurait que rendre hommage à l'héroi:sme de qui combat une invasion étrangère qu.c elle soit ou non justifiée à titre de représailles. Mais le véritable patrlotisr.ae doit tenir compte non seulement de ses sentiments, mais aussi de la réalité si pénible qu'elle puisse etre. Ainsi une guerre à outrance, quand on n'est point préparé suffisamment à la lutte et incapable de tenir tete sur terres et sur mer à un ennemi mieux outillé et mieux versé dans l'art stratégique, ne sert qu'à accroitre ses exigences et compromet au moins pour de longues années l'avenir du pays qui se défend. Il appartient à la Chine de se rendre compte de sa position. En 1871 la France, pour s'etre obstinée à poursuivre une guerre sans chances de succès, a perdu deux provinces et payé cinq milliards d'indemnité. Tandis que la Sardaigne d'abord, l'Italie ensuite par une conduite audacieuse et prudente à la fois, sont parvenues à ranger notre Monarchie parmi les Grandes Puissances. Ce sont là des enseignements qu'on ne saurait trop méditer.

Je ne sais trop si l'envoyé de Chine a bien saisi ces observations. Il me recommandait seulement de garder le secret sur notre entretien, camme s'il craignait de se voir compromis.

Je ne veux pas préjuger la réponse du prince de Bismarck. Mais camme

V. E. veut bien m'engager à énoncer mon propre avis, il me semble que la meilleure ligne de conduite à suivre est celle de décliner poliment les ouvertures qui nous sont faites pour sonder nos dispositions. Il nous importe de prendre la meme attitude que celle du Cabinet de Berlin qui, pour son compte, evitera, je suppose, tout ce qui pourrait dans cette question froisser de près ou de loin les susceptibilités de la France ou lui susciter des embarras. Il est au rest trop heureux de la voir s'engager toujours plus vers l'extreme Orient, en diminuant ainsi sa liberté d'action dans toutes les affaires qui pourraient surgir dans des centres plus rapprochés et surtout vers les frontières de l'Allemagne. Est-il d'ailleurs à prévoir que la France se preterait à ce que nous placions en son territoire et sous notre protection des sujets de la Chine dont l'isolement complet l'amènera peut-etre bientòt à passer sous les fourches caudines'?

(l) -T. 1170 ccel 28 a,:osto 1884, non pubblicato. (2) -T. é8D. no:1 publl!icato
394

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1185/778. Londra, 2 settembre 1884 (per. il 5).

Mi affretto a segnare ricevimento e a ringraziare l'E. V. della comunicazione fattami col dispaccio del 25 agosto scorso (n. 480) serie politica (l) dei due rapporti dell'ambasciatore a Costantinopoli (2), contenenti la notizia di certe proposte che il Governo inglese avrebbe fatte fare alla Turchia perché questa occupi Suakim e Zeila ed abbia facoltà di mandar qualche nave da guerra ad Alessandria.

Nell'assenza dei ministri della regina da Londra, mi riesce impossibile in questo momento di verificare quella notizia, la quale non mi pare, del resto, aver nulla d'improbabile. Suppongo però che una vera linea di condotta di quanto si avrà a fare in Egitto non sarà adottata dal Governo britannico prima che esso abbia ricevuto le comunicazioni che lord Nortbroock è incaricato di fargli in proposito.

395

IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (3)

R. 422. Assab, 2 settembre 1884 (per. il 21).

Mi pregio di trasmettere all'E. V. copia della lettera (4) che il comandante dello stabilimento francese di Obock mi ha testé indirizzata e della risposta (4) che mi premurai di scrivergli.

L'installazione in Obock di un comandante lo stabilimento, le cui funzioni corrispondono a quelle di commissario governativo, indica il fermo proponimento del Governo francese di utilizzare quella posizione che, sino a pochi mesi addietro, aveva lasciata abbandonata ai tentativi commerciali di società private, senza menomamente ingerirsene. Ora invece i lavori procedono alacremente in Obock e prima cura del Governo è di stabilirvi un deposito di carbone; dicesi che allo scopo duemila tonnellate siano già pronte, e che le misure opportune sono già prese perché la stazione sia sempre regolarmente fornita di combustibile, e di tutti i mezzi necessari al pronto imbarco e sbarco del medesimo.

Spero di trovare un'occasione propizia di fare una visita di complimento e di buon vicinato al comandante d'Obock, e in tal caso terrò informata l'E. V. di quanto avrò potuto accertare.

pubbli~ati.

(l) -Non pubblicato. (2) -R. confidenziale 2746 del 16 agosto 1884, e R. confidenziale 2748 del 19 agosto 1884, non (3) -Ed, in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III, cit., pp. 63-65. (4) -Non si pubbl!ca.
396

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 598. Roma, 5 settembre 1884, ore 19,10.

Merci de votre télégramme concernant la question de la peche (1). Ce qui, à nos yeux, est le plus urgent, c'est d'arreter définitivement l'accord au sujet de la méthode à suivre pour la mise à exécution des arrangements de Gorice. Nos propositions à cet égard sont taxativement formulées dans la dépeche commerciale du 14 aout, n. 1686 (2). C'est là une question purement diplomatique, que le ministre impérial et royal des affaires étrangères a pleine compétence de résoudre sans devoir consulter les départements techniques. Je prie V. E. d'insister pour qu'on aboutisse à un accord immédiat au moins sur cette question de simple procédure. Après cela, on pourra se communiquer les projets de règlement. Nous sommes prets à le faire, dès que la réciprocité est convenue.

397

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3592. Berlino, 5 settembre 1884 (per il 9).

Oggi il sottosegretario di Stato mi ha partecipato che egli si era fatto sollecito di riferire al principe di Bismarck il desiderio manifestato dall'E. V. allo scopo di conoscere il pensiero del cancelliere dell'Impero intorno alle pratiche preliminari fatte da questo rappresentante di Cina relativamente alla protezione eventuale degli interessi cinesi in Francia da affidarsi alla ambasciata in Parigi.

Ecco qui il tenore della risposta data dal principe di Bismarck alla nostra domanda.

Pur ringraziando della cortese deferenza usata a suo riguardo, egli esprimeva il suo rincrescimento di non essere in grado di rispondere alla nostra richiesta, malgrado il suo vivo desiderio di compiacere all'E. V.

Egli non credeva quindi di potersi pronunziare in alcun modo sull'oggetto della nostra domanda. A lui tornava sommamente difficile di formulare qualsiasi giudizio o porgerei alcun suggerimento, che potesse servirei di guida nella scelta delle decisioni da prendere per rispetto all'interrogazione fattaci dal ministro di Cina. A parer suo, non si trattava se non di una faccenda che riguardava esclusivamente l'Italia e che noi eravamo soltanto competenti a definire alla stregua dei nostri interessi impegnati in Cina. Egli non poteva

dunque se non abbandonare a noi medesimi la cura di prendere una determinazione che meglio rispondesse al nostro tornaconto.

Dal modo categorico con cui è stata formulata la risposta e dall'indifferenza ostentata qui a tal riguardo mi pare di scorgere che qui si è voluto evitare di fornirci, anche indirettamente, il menomo appliglio, il quale potesse far supporre esserci noi guidati in questa circostanza, connivente il principe di Bismarck.

Posto ciò in sodo e nella supposizione che in quel lontano Impero l'Italia non vanta interessi di qualche entità, a me sembra che il suggerimento anticipato da S. E. il conte de Launay col suo rapporto n. 3587 di qnest?. serie (del 1° settembre corrente) (l) sia pienamente giustificato. Una risoluzione diversa non potrebbe forse se non dispiacere alla Francia senza alcun utile nostro.

Nel riconfermare così il tenore del mio telegramma d'oggi (2), ...

(l) -T. 1190 del 3 settembre 1884, non pubblicato. (2) -Non pubblicato.
398

L'AMBASCIATORE A VIENNA. DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2167. Vienna, 6 settembre 1884 (per. il10).

Siccome telegrafai jeri l'altro alla E. V. (3), e viene ancor maggiormente confermato oggi, all'incontro degli imperatori d'Austria e di Russia assisterebbe pure quello di Germania; e ad ogni modo v'interverrebbero, oltre il conte Kalnoky ed il signor de Giers, anche il principe di Bismarck. Tali almeno sono le noti.zie ch'ebbi da ottima fonte. Come già ho detto, qui non si è fatto menomament.e questione d'etichetta intorno al luogo dell'incontro ed invece si è lasciato comprendere che si preferirebbe di molto esso avesse luogo nel territorio russo, onde esonerarsi della grave responsabilità delle precauzioni a prendere in simile circostanza.

In generale l'opinione pubblica in Austria annette grandissima importanza a quel convegno in cui si crede di vedere la rinnovazione della alleanza dei tre imperatori, quasi il ristabilimento della Santa Alleanza.

Per conto mio non saprei dare a quel fatto simile portata e vi ravviso più che altro il carattere di una tregua, poiché su di un vero duraturo pacifico accordo fra l'Austria e la Russia non mi pare si possa contare.

Infatti, astrazione fatta dai rispettivi interessi in Oriente che non possono a meno di continuare ad essere divergenti, vi ha la questione dei «polacchi » che non permette un serio e stabile riavvicinamento fra i due Imperi. L'Austria, al giorno d'oggi, salvo un quasi impossibile e radicale cambiamento nella sua politica interna deve contare coi polacchi della Galizia il cui appoggio nel Parlamento gli è tanto più indispensabile ora, che con molta accortezza essi ebbero ad avvicinarsi agli czeky ed anzi a far seco loro causa comune. Ciò

f2) T. 11~9. non pubblicato.

assicura ai polacchi una prevalenza nella Monarchia che ha per conseguenza diretta di rendere sempre più intollerabile ai loro fratelli, sudditi dello czar, il completo schiacciamento che a loro tocca subire.

Non esito anche a credere, che in quel fatto sta il germe di futuri dissidi fra r.AUstria e la Russia questa, dal lato suo ritenendo d~l pari necessario arrivare all'annientamento della nazionalità polacca nei suoi Stati.

Tutto ciò premesso, io non intendo certamente togliere una qualunque notevole importanza a quel convegno dei tre imperatori; perché anche se dovesse soltanto iniziare un periodo di tregua effettiva sicura, questo permetterebbe ai tre imperatori di procedere per intanto in perfetta unione ed accordo in tutte le questioni che non possono essere causa di speciale attrito fra di loro lasciando queste frattanto in disparte: e quel potente fascio sarebbe sorvechiamente in grado di dettare i suoi voleri all'Europa senza aver duo:Jo eli altri alleati. Ciò, tenuto anche conto del ravvicinamento della Francia alla Germania, crea per noi una situazione nuova non scevra di pericoli; poiché se la nostra dignità non ci consente di farsi obbedienti satelliti della potente triade imperiale, d'altra parte nell'isolamento in cui le circostanze ci pongono, non ci può convenire di alienarcene intieramente le simpatie e di averla anzi avversaria, locché facilmente succederebbe ove riuscisse a prendere in Italia il sopravvento quel partito che, più per le sue imprudenze che per la vera sua audacia, ecciterebbe la generale differenza contro di noi.

Più che mai adunque è necessario somma prudenza non disgiunta s'intende, ed è anzi cosa essenzialissim8", da molta fermezza e dignità nel tutelare i nostri indiscutibili diritti.

(l) -Cfr. n. 393. (3) -T. 1195 del 4 settembre 1884, non pubblicato.
399

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2168. Vienna, 6 settembre 1884 (per. il 10).

La Neue Freie Presse del 28 scorso mese conteneva una corrispondenza da Trieste, relativa al console generale cavalier Durando, che varii giornali italiani riproducevano e commentavano, ed a cui il Diritto ebbe a fare osservazioni altrettanto dignitose quanto assennate.

Non tenni parola, prima d'ora, all'E. V. di quel fatto avendo innanzi voluto chiarire da chi provenisse quella corrispondenza e quale ne fosse il vero intento. Venni così a sapere con precisione che il Triester Tagblatt giornale ufficioso del Ministero dell'Interno, che propugna la supremazia della nazionalità slava ed è ostilissimo al governatore de Pretis, non tralascia occasione di denigrare l'egregio cavaliere Durando, ed anzi, per nuocergli, lanciò la notizia del suo possibile richiamo.

A combattere quel giornale ed il partito ch'esso difende, la Neue Freie Presse, che milita nel campo diametralmente opposto, inserì la corrispondenza di cui è parola, allo scopo di difendere il cavaliere Durando degl'ingiusti attacchi della stampa ligia al Governo centrale. Ma, sgraziatamente come soventi avviene colla stampa austriaca che anche allorché vuol accarezzare graffia, la corrispondenza in questione, produsse e doveva diffatti produrre in Italia effetto quasi intieramente contrario.

Avendo io avuto mezzo di far conoscere al detto giornale la spiacevole impressione che quella sua corrispondenza m'aveva causata, la direzione dichiarandosi pronta sempre a difendere il cavaliere Durando, di cui altamente -dice -rispetta le nobilissime doti che lo fanno sì atto e degno di rappresentare il Governo italiano a Trieste, si profferì disposto ad inserire tosto un articolo spiegativo della sua prima corrispondenza; ed infatti jeri pubblicava sotto la rubrica di << Trieste 3 » l'articoletto, che qui unito trasmetto all'E. V. (l) e che spero sarà riprodotto dai nostri giornali.

Con tutto ciò resta il fatto assai strano e poco corretto che i giornali ispirati dal Governo centrale per scopo di partito trascorrono ad insulsi attacchi contro l'onorata persona del cavaliere Durando, andando fino ad esprimere voti pel suo allontanamento da Trieste, e tutto ciò per combattere il governatore, che d'altra parte, se non può a meno di rispettare il degnissimo nostro console generale, non credo però abbia per lui speciale simpatia.

È poi anche assai curioso che i fogli amici del Governo osteggiano acerbamente un governatore imperiale, ma sono cose conseguenza delle aspre gare di nazionalità che travagliano questo Paese e che non fanno meraviglia a chi ha conoscenza del presente stato di cose e degli eccessi a cui strascina i partiti.

Ad ogni modo, anche se il Ministero imperiale degli affari esteri avesse

a fare sue le passioni che eccitano contro il nostro console generale gli amici

del ministro dell'interno, del che però non vedo per intanto il menomo sin

tomo, non dubito punto che il R. Governo non si piegherebbe a cedere a si

ingiuste ed inqualificabili pretese, privandosi dell'efficacissima opera che presta

a Trieste l'eminente funzionario che colà ci rappresenta con grande fermezza

e pari tatto.

400

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3593. Berlino, 6 settembre 1884 (per. il 10).

Ieri conversando con questo sottosegretario di Stato cercai di far cadere

il discorso sul prossimo incontro degli imperatori di Russia e d'Austria-Unghe

ria, che è oggi il tema obbligato della stampa ed al quale sono intenti gli

animi, specialmente in Germania.

I vincoli d'intimità che ci legano cogli Imperi di Germania e d'Austria

Ungheria facevano nascere in noi il legittimo desiderio di conoscere più da

vicino con quali propositi l'imperatore Alessandro e l'imperatore Francesco

Giuseppe si recavano ad un convegno, al quale, come ne correva con insistenza la voce, avrebbe pure assistito l'imperatore Guglielmo. L'Italia non aveva ragione di nutrire alcun senso d'inquietudine in questa circostanza, attesoché la riunione dei suoi amici non poteva se non conferire al consolidamento della conservazione della pace, che è lo scopo costante e diretto, a cui tutti tendiamo. D'altra parte, qualora in quel convegno si fosse trattato di cose, a cui l'Italia, a cagione della sua qualità di Grande Potenza e d'alleata, fosse direttamente interessata, noi eravamo fiduciosi che il Gabinetto di Berlino non tralascerebbe di darcene opportuna notizia, perché all'occorenza la nostra azione potesse svolgersi in consonanza e di conserva coi nostri alleati. Per la qual cosa, pur astenendomi dal rivolgergli un'interrogazione diretta, feci tuttavia intendere al sottosegretario di Stato che la deferenza esistente fra i nostri due Governi, mi dava ragione a sperare che egli mi fornisse da sé, in modo confidenziale, quegli accenni che potessero riuscire utili e graditi.

Dopo qualche esitazione il signor Busch mi confidò che, grazie alle tradizionali relazioni d'amicizia fra le due Corti, l'incontro degli imperatori di Russia e d'Austria-Ungheria era un fatto che si spiegava da sé. Dall'epoca della sua ascensione al trono fin qui, l'imperatore Alessandro III non aveva avuto peranco l'occasione d'incontrarsi con l'imperatore Francesco Giuseppe; e il bisogno di trovarsi insieme era quindi abbastanza naturale. Il medesimo bisogno aveva pure motivato anni sono l'incontro a Danzig dell'imperatore Alessandro coll'imperatore Guglielmo, l'uno e l'altro legati fra loro altresì con vincoli di stretta parentela. E d'altronde se non può negarsi che il prossimo incontro sarà per assumere un'importanza politica, esso non potrebbe aver uno scopo differente da quello che fu attribuito al convegno di Danzig. Esso mostrerebbe infatti che il riavvicinamento della Russia ai due Imperi centrali si mantiene intatto e che questa sarebbe una nuova affermazione dell'accordo che esiste fra gli Imperi nell'esclusivo interesse del mantenimento della pace. Le dubbiezze che di tanto in tanto si manifestano in proposito presso la pubblica opinione e che talvolta influiscono persino sull'andamento delle transazioni di borsa potranno in tal modo scomparire del tutto. Sicché è da presumersi che quel convegno gioverà a fortificare sempre più il sentimento della sicurezza in Europa e ad aumentare le garanzie in prò della tranquillità generale. E di codesto effettivo vantaggio non potranno se non profittare gli alleati e quanti amano la pace.

Il sottosegretario di Stato ha evitato scrupolosamente di fare il menomo accenno al luogo ove seguiva l'incontro, e tanto meno ha creduto di pronunziarsi, anche in modo indeterminato se cioè l'imperatore Guglielmo assisterebbe al convegno. Su questi due punti il signor Busch si è mostrato di una riservatezza assoluta.

Qui si crede frattanto che, se le condizioni di salute gli consentiranno di affrontare i disagi di un viaggio verso la frontiera russo-austriaca, l'imperatore Guglielmo prenderebbe anch'egli parte al convegno. Ho inoltre udito dire (né so se la voce sia fondata) che, dovendo aversi riguardo, l'imperatore Guglielmo vi si farebbe rappresentare dal suo Augusto figlio. In questo come nell'altro caso il principe di Bismarck non mancherebbe di trovarsi presente

alla riunione degli augusti personaggi. Come indizio di ciò si cita la circostanza che il cancelliere dell'Impero interromperà fra giorni la sua dimora a Varzin per recarsi a Berlino.

Debbo da ultimo riferire all'E. V. che la stampa officiosa tedesca ha finora serbato il più assoluto silenzio sul convegno in discorso.

Nel riconfermarle il mio telegramma di ieri sera (l) ...

(l) Non si pubblica.

401

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. RISERVATO 2171. Vienna, 7 settembre 1884 (per. il 10).

Ebbi ieri l'onore di essere ricevuto in udienza da Sua Maestà il Re di Serbia, che, ospite dell'imperatore per la durata delle grandi manovre a cui fu invitato ad assistere, è alloggiato al palazzo imperiale.

Sua Maestà che ho l'onore di conoscere da assai tempo, si compiacque conversare meco per oltre un'ora, parlandomi a lungo delle condizioni interne del suo Paese, ch'egli apprezza con retto ed imparzialissimo criterio, ed essenzialmente intrattenendomi del colloquio da lui avuto coll'ambasciatore di Russia che prima di me era stato da lui ricevuto.

Egli dissemi non aver taciuto al rappresentante dello czar, che le relazioni peggio che fredde completamente nulle, che da assai tempo corrono fra la Russia e la Serbia, gli creano non pochi imbarazzi, poiché il partito d'opposizione si fa un arma contro di lui di quello stato di cose, e quindi egli avevagli chiaramente espresso il desiderio di conoscere i gravami che gli si fanno a Pietroburgo, onde aver modo di dissiparli e di uscir così da sì spiacevole situazione.

A questa sua franca entratura il principe Lobanov rispondeva che il malumore della Russia contro di lui aveva per principale e forse anche unica causa l'avvenuta espulsione del metropolitano. Al che Sua Maestà osservava essere dolente che tale sia la causa del malvolere contro di lui che regna a Pietroburgo, poiché impossibile gli sarebbe revocare quel decreto d'espulsione da lui firmato, essendo ciò anzi tutto una questione di dignità personale intorno alla quale ogni transazione da parte sua sarebbe impossibile.

Il re mi aggiungeva che realmente egli crede che se la Russia non vede di buon occhio le sue intime relazioni coll'Austria e tanto meno la sua presenza attuale nel palazzo imperiale di Vienna, ciò che gli sta più a cuore si è effettivamente l'allontanamento del metropolitano, poiché ciò viene a colpire quell'egemonia che il Governo russo intende conservare intatta, nell'ordine spirituale almeno, su tutti gli ortodossi: questione questa sulla quale il signor di Giers, siccome protestante, può meno di qualsiasi altro ministro transigere. Egli

dunque non spera affatto che dal prossimo convegno imperiale abbia ad uscire una situazione di natura a facilitare migliori suoi rapporti collo czar.

Ciò premesso il re Milano facevami un'esposizione retrospettiva della politica da lui seguita dacché ha assunto il Governo del suo Paese, ed arrivando ai tempi attuali dicevami che la linea di condotta alla quale ore si è appigliato è conseguenza necessaria del trattato di Berlino, e ch'egli vi si manterrà irremovibilmente fedele; anzi tutto perché a Vienna trova una lealtà d'intendimenti e di condotta a suo riguardo, che vano sarebbe sperare dalla Russia, avendo anzi avuto troppe prove in contrario. Egli osservavami bensì che l'Austria-Ungheria invade la Serbia col suo commercio e colle sue imprese ferroviarie ed altre, ma in ciò egli non vede un gran male, poiché nel suo Paese mancherebbero le risorse ed anche lo spirito d'iniziativa necessarii per compiere quelle opere a cui s'accinge l'Austria, e che tanto sono necessarie allo sviluppo morale ed economico di un popolo che in fatto di civiltà ancora può dirsi allo stato d'infanzia. Del resto poi, diceva egli, all'infuori di ciò il Gabinetto di Vienna non cerca d'ingerirsi in maniera alcuna nei nostri affari interni, mentre che la Russia vorrebbe previamente avere l'alta mano sulla politica interna come già lo provò ed il conferma tuttora col suo intervento in favore del metropolitano.

Il re Milano si mostra poi persuaso che un conflitto fra l'Austria e la Russia è tosto o tardi inevitabile ed ha il convincimento che le armi riunite dei due alleati imperatori tedeschi avranno il sopravvento; quindi partendo da quell'ipotesi, ragion vuole nella sua posizione ch'egli si schieri esplicitamente dal lato del più forte.

Sua Maestà nel suo discorso trovò più d'una volta l'occasione per manifestare la riverenza altamente simpatica che quanto lui quanto il suo Paese professano per l'Augusto Nostro Sovrano e per l'Italia, ed ebbe anche parole molto benevoli pel rappresentante a Belgrado ch'egli mi disse apprezzare grandemente.

Ho creduto dovermi alquanto dilungare nel riferire all'E. V. le cose dettemi dal re, sembrandomi ch'esse siano di qualche interesse, non fosse altro che come illustrazione del prossimo convegno di Skierniewice.

(l) T. 1200 del 5 settembre 1884, non pubblicato.

402

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. CONFIDENZIALE 1209. Parigi, 8 settembre 1884, ore 16 (per. ore 18).

D'après une conversation particulière que j'ai eue avec M. Billot, directeur des affaire étrangères, il ne me reste pas le moindre doute qu'il n'y aura pas moyen d'amener M. Ordega à faire la démarche suggérée par le télégramme de V. E. du 31 aoiì.t (l) et que M. Ferry, si je lui en parle, se refusera à la lui conseiller. M. Billot m'a dit que la menace de souffleter M. Ordega à son retour

à Tanger avait été proférée par M. Scovasso en présence de plusieurs membres de la colonie et ne peut par conséquent pas etre niée; que, d'ailleurs, ni M. Ordega, ni M. Ferry, ne pouvaient etre tenus responsables des allégations d'un journal quelconque, et que le premier avait donné toute la satisfaction, qu'en cas pareil il était possible d'exiger de lui, en déclarant à son chef qu'il n'était réellement pour rien dans l'article du Gaulois. S'il fallaìt à M. Scovasso une autre satisfaction, il n'aurait qu'à la demander au journal, seul coupable et responsable. Comme je prévois une réponse analogue de la part de M. Ferry, et que je voudrais éviter tout débat irritant à propos d'une question personnelle et qui a déjà trop trainé, je prie V. E. de voir s'il n'y aurait pas quelque autre moyen de mettre fin à cet incident. Au point de vue pratique, il est certain que tout ce que M. Ordega envisagerait comme une humilation, le pousserait à chercher une revanche allant au dessus de la tete de son collègue italien. Quant à présent, je sais pertinemment que M. Ferry a déclaré à M. Ordega qu'il ne voulait pas d'affaìres au Maroc et j'ai lieu de croìre, par suite, les nouvelles craìntes de M. Scovasso sans fondement sérìeux. Il est encore douteux que M. Ferry soit de retour mercredì, jour de son audience hébdomadaire, cependant, je prìe V. E. de me donner ses instructìons pour le cas où je le verraìs.

(l) T. 530, non pubbllcato.

403

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI

D. 1635. Roma, 12 settembre 1884.

Ricevetti il telegramma e il rapporto in data 5 corrente (1), coi quali codesta ambasciata mi faceva conoscere il pensiero del principe di Bismarck circa le pratiche preliminari fatte dal ministro della Cina per sapere se l'Italia avrebbe assunto, durante l'attuale conflitto franco-cinese, la protezione degl'interessi cinesi in Francia.

Ho risposto ieri sera col telegramma che qui le confermo (2), pregandola dì comunicare verbalmente la nostra risposta al suddetto rappresentante.

Il Governo cinese non può dubitare della nostra amicizia, né del nostro desiderio di fargli cosa gradita in ogni occasione. Non ci sembra per altro che il momento sia venuto per lui d'occuparsi d'affidare ad una Potenza estera la protezione dei sudditi del Celeste Impero in Francia. Il Governo francese non cessa infatti d'affermare che non si considera in stato di guerra dichiarata con la Cina, per cui esso potrebbe trovare come poco amichevole il fatto che una terza Potenza s'incarichi della protezione dei sudditi cinesi, allorché questi non sono considerati né trattati in Francia come appartenenti ad uno Stato nemico.

Non è dunque, a nostro parere, che più tardi e se le circostanze lo esigessero che il Governo cinese potrebbe cercare la protezione d'una Potenza estera per i suoi sudditi. Se qualche passo in questo senso fosse fatto nel momento opportuno al Governo del re, noi prenderemmo certamente in benevola considerazione una tal domanda e la esamineremmo attentamente, tenendo conto delle circostanze del momento. Non possiamo per altro omettere di far notare fin d'oggi al Governo cinese, con la franchezza consentita dalla mutua cordialità, che noi siamo in ogni ipotesi disposti a prestare a lui ed ai suoi sudditi

servizi compatibili con gli obblighi della neutralità; ma che sarebbe forse nell'interesse stesso del Governo cinese di riservare all'Italia come alla Germania una posizione totalmente disinteressata per ogni eventualità nella quale i loro buoni uffici, se le circostanze li rendessero possibili, potrebbero giovare a risolvere l'attuale controversia.

Per l'esercizio effettivo d'un pretettorato formale, noi ci troveremmo del resto in faccia ad una difficoltà pratica derivante dal fatto che i nostri rappresentanti 1n Italia e in Cina non risiedono in modo stabile nella capitale dei due Stati. È questo un punto di vista che il Governo cinese non dovrebbe trascurare nel suo stesso interesse.

(l) -T. 1199, non pubblicato, cfr. n. 397. (2) -T. 604 dell'll settembre 1884, non pubblicato.
404

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2172. Vienna, 12 settembre 1884 (per. il 20).

Recatomi ieri dal conte Kalnoky gli chiesi se potevo, senza indiscrezione, esprimergli il desiderio di conoscere, beninteso quel tanto che vorrebbe dirmi del lungo colloquio che aveva avuto, sul finire della scorsa settimana con lord Nortbroock, al suo passaggio in Vienna per recarsi in Egitto.

S. E. risposemi con molta premura, che era anzi stato suo subito desiderio d'informarmi delle cose dette in quella conversazione, tanto poi più ch'egli è ben persuaso di nulla aver detto che non armonizzi pure colle idee del Gabinetto di Roma: che se non lo aveva fatto prima si era unicamente perché l'occasione d'incontrarci aveva fatto difetto.

Ciò premesso dissemi che lord Nortbroock era passato per Vienna per previo incarico avutone, premendo al Governo inglese di conoscere gl'intendimenti del Gabinetto imperiale e di precisargli i propri.

Il conte Kalnoky non celò all'inviato inglese che la Conferenza di Londra non avendo approdato al risultato pel quale era stata convocata, non poteva più considerarsi se non come un'incidente nella questione d'Egitto, che restava quindi inalterata tale quale era prima e che riassume in questi tre punti:

l) la situazione di diritto dell'Egitto emerge dai trattati e non può essere alterata in maniera alcuna. 2) Deve del pari restare inalterata la legge di liquidazione.

3) I diritti degli indennitari esteri al dovuto risarcimento sono sacri ed è indispensabile trovino pronta soddisfazione e ciò anche nell'interesse dell'Egitto, poiché altrimenti Alessandria più non si rialzerebbe dalle rovine in cui giace.

Lord Nortbroock rispose: che in quanto alla situazione di diritto il Gabinetto britannico ha troppo chiaramente manifestato il suo intendimento di non addivenire ad una annessione né ad un protettorato perché occorra ritornarvi sopra, chè d'altronde la sua stessa nomina a preferenza del signor Dilke, pure stato indicato come candidato per quella missione, era novella testimonianza degli intendimenti di Gladstone, essendo noto che il Dilke è partigiano dell'annessione.

Egli assicurò che il pagamento delle indennità è vivo desiderio del suo Governo, e che anzi egli ha per precipuo incarico di studiare il modo di provvedere a quella misura che a tale effetto egli si studierà di rendersi un esatto conto della situazione finanziaria dell'Egitto, locché egli farà senza idea preconcetta, disposto anche a prendere in considerazione le cifre esposte dal signor Blignière che gli pajono non mancare intieramente di esattezza.

Toccò poi anche la questione militare dicendo a questo riguardo non sapere ancora bene cosa si potrebbe fare per liberare il generale Gordon, tanto più che non sembrerebbe ch'egli intenda di voler essere ajutato, poiché ai successivi messaggi che gli furono fatti pervenire, egli non ha risposto affatto, limitandosi a corrispondere con alcuni suoi amici personali.

Il conte Kalnoky finalmente da me interrogato sull'impressione su di lui prodotta da lord Nortbroock risposemi ch'essa fu buonissima, avendo potuto constatare ch'egli è un uomo serio e dotato di savi e pratici intendimenti. Alla mia domanda se fossero già corse intelligenze fra alcune Potenze, come talun giornale aveva asserito, per stabilire accordi sui passi a farsi pel pagamento delle indennità sui fatti d'Alessandria, risposemi con un no reciso.

Da tutto il suo discorso però mi persuasi che pel momento la a_uestione delle indennità è quella che più converrebbe all'Inghilterra di appianare prontamente se vuole togliere alle Potenze un troppo legittimo pretesto d'immischiarsi nei suoi affari d'Egitto. In tal senso quindi mi espressi anche con sir Augustus Paget in una conversazione ch'ebbi seco lui ieri su quell'argomento, ed egli mi disse di aver di già scritto al suo Governo in tale senso, ed anzi con molta insistenza.

405

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2173. Vienna, 12 settembre 1884 (per. il 20).

Il conte Kalnoky da me interpellato intorno alla conferenza ch'egli ebbe pochi giorni or sono, con lord Nortbroock, oltre a dirmene la parte relativa agli affari d'Egitto, che forma oggetto d'altro mio rapporto d'oggi (n. 2172) (l) mi aggiunse anche che il nobile lord lo intrattenne anche del malumore che la Germania dimostra verso l'Inghilterra, e gli manifestò il vivo desiderio del Gabinetto di Saint James di vedere scomparire i malintesi esistenti, poiché non può trattarsi d'altro fra i due Governi.

Il conte Kalnoky, posto in condizione di poter rispondere su quell'argomento in conseguenza della conversazione da lui avuta, anche a questo riguardo a Varzin disse al suo interlocutore: che infatti il principe di Bismarck si mostrava assai risentito per l'opposizione che l'Inghilterra fa alla sua politica coloniale; e che d'altra parte è ben chiaro e semplice, siccome egli ebbe a dichiararlo dinanzi al Parlamento, non avendo egli affatto l'intenzione di creare delle colonie, intendendo invece di limitarsi a prendere sotto la protezione della Germania quegli stabilimenti che per opera di sudditi tedeschi sorgono nelle lontane regioni.

La distinzione è in verità assai sottile ciò nondimeno lord Nortbroock rispose: che il suo Governo non intendeva affatto di attraversare quegl'intedimenti. Il conte Kalnoky allora osservò poi che l'aver lasciato senza risposta la comunicazione diretta al Gabinetto di Saint James a riguardo di Angra Pequefia aveva offeso il principe, ed inoltre che l'annessione ai possedimenti inglesi pronunciata dal governatore del capo di un tratto quasi indeterminato della costa occidentale africana comprendente tutti quei territori che ancora restavano liberi, accennando all'intendimento di precludere la via ad altre Potenze di stabilirvisi, non è certamente un fatto di natura a persuadere il principe di Bismarck del buon volere del Governo inglese.

Il primo dei due fatti sopracitati venne spiegato da lord Nortbroock siccome conseguenza di una dimenticanza burocratica ed in quanto al secondo lasciò comprendere che vi sarebbe mezzo di aggiustarsi.

Il conte Kalnoky dissegli allora che s'intendessero direttamente a Berlino, essendo quello il miglior partito a prendersi per togliere di mezzo le difficoltà esistenti; non gli lasciò ignorare che in questa come in ogni altra questione i malumori politici del principe di Bismarck ebbero ad assumere un'appassionato carattere che li aggrava.

Queste cosi precise risposte date dal conte Kalnoky su di un argomento che non lo riguarda affatto, mentre sarebbe stato così facile di dire che non aveva dati sufficienti per toccare quella questione a lui assolutamente estranea, lascia travedere quel vincolo di solidarietà che anche a riguardo della politica coloniale sarebbe stato stretto a Varzin e che già fece presentire altri fatti da me accennati all'E. V. in questi ultimi tempi.

Non devo poi ammettere di riferire che il conte Kalnoky osservò anche a lord Nortbroock, che il modo col quale lord Granville aveva eliminato in seno alla Conferenza ogni discussione intorno alle misure sanitarie contro le epidemie a prendersi in Egitto, era pure stato un incidente che era riuscito sommamente spiacevole al cancelliere germanico.

S. -E. dissemi di aver aggiunto che ciò era tanto più un errore che rra evidente che in seno alla Conferenza una discussione particolareggiata in proposito non avrebbe potuto avere luogo per assoluta mancanza di quel consesso di uomini pratici della materia, locché avrebbe fornito il mezzo a lord Granville di uscirne cortesemente accettando una discussione di ordine generale, e riservando la soluzione pratica del problema ad un areopago più competente.

Del resto, diceva il conte Kalnoky, l'occasione non tarderà a presentarsi se l'Italia manterrà la sua proposta di una conferenza a Roma oppure se la proposta verrà ripresa da altra Potenza.

Anche su questo riguardo lord Nortbroock avrebbe dichiarato essere il suo Governo animato dalle migliori disposizioni.

(l) -Cfr. n. 404.
406

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2175. Vienna, 12 settembre 1884 (per. il 20).

Il conte Kalnoky confermavami, jeri, la sua partenza il 14 corrente, per Skierniewice in accompagnamento di S. M. l'Imperatore, se fino allora speciali circostanze non faranno cambiare il luogo del convegno, e ripetevami pure ciò che già telegrafai all'E. V. il 4 corrente (l) e ripetei stamane, che, secondo ogni probabilità, l'imperatore Guglielmo ed il principe di Bismarck si recheranno del pari colà onde incontrarvi l'imperatore di Russia.

Avendo io chiesto se da quell'incontro ne uscirebbe una pace od una tregua,

S. E. mi rispose sorridendo che alle paci eterne più non si pensa ai tempi nostri, ma che ad ogni modo il convegno dei tre imperatori segnerebbe la cessazione delle tensioni della situazione (une détente). Beninteso la base di quel riavvicinamento non potrà essere che lo statu quo creato dai vigenti trattati nella penisola balcanica, locché non esclude che oggettivamente si parlerà anche dell'eventualità possibili per l'avvenire. Il conte Kalnoky nel dirmi ciò, aggiungeva tosto che d'altra parte al suo ritorno mi darebbe conoscenza di ciò che sarà stato detto a Skierniewice. Nel sentire tali parole mi limitai a fare un cenno colla testa, come per prendere atto, e nulla più.

S. E. dicevami poi ancora che personalmente l'imperatore Francesco Giuseppe nutre viva simpatia per l'imperatore Alessandro III, e che lo ritiene animato da sentimenti serii e pacifici; sentimenti che trovano anche eco perfetta nelle tendenze del signor de Giers, ch'egli già aveva chiaramente manifestato fin dall'ultimo suo viaggio a Vienna. Non è però men vero, osservava il conte Kalnoky, che, malgrado tutto ciò, un periodo di non lieve raffreddamento fra i due Imperi si era di nuovo prodotto più tardi, la politica del Gabinetto di Pietroburgo essendo gravemente influenzata sempre dalle con

(l l T. 594. non pubbl!cato.

trarie correnti che alternativamente si producono nelle alte sfere russe, ma precisamente per rimediare a tali inconvenienti ed ai pericoli che ne conseguono, non vi ha miglior mezzo che di affermare solennemente i cordiali intendimenti dei tre sovrani; ciò meglio di tutto servirà a dar peso ai savi consigli di quegli uomini dello Stato russo, che comprendono quanto la pace è necessaria alla prosperità dell'Impero.

A seconda dell'impegno presone dal conte Kalnoky, saremo fra breve in grado di sapere qualche cosa di più intorno ai risultati di quell'incontro dei tre potenti imperatori, beninteso però che assai poco ci si dirà relativamente ai discorsi fatti sulle possibili eventualità dell'avvenire, e che precisamente ciò sarebbe l'interessante a conoscersi. Ove si potesse azzardare pronostici, direi che la definitiva annessione della Bosnia e dell'Erzegovina da parte dell'Austria sarà anche ventilata in quel convegno, ma a dir il vero non vedo troppo quale per ora potrebbe essere il vantaggio equivalente che nella penisola dei Balcani si vorrebbe assicurare alla Russia in conseguenza di questo primo strappo al trattato di Berlino.

407

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3598. Berlino, 13 settembre 1884 (per. il 20).

In conformità delle istruzioni impartitemi dall'E. V. col suo telegramma in data di ieri (1), ebbi cura ieri stesso, di riferire verbalmente a questo ministro di Cina il tenore della risposta da lei formulata per rispetto alle pratiche preliminari che ci furono testé fatte relativamente alla protezione degli interessi cinesi in Francia da affidarsi all'ambasciata di Sua Maestà in Parigi.

Nel riprodurre fedelmente le varie considerazioni svolte dall'E. V. nel precitato telegramma, non mancai di far intendere al rappresentante della Cina che nel suo proprio vantaggio il Governo cinese avrebbe dovuto riserbare all'Italia parimenti che alla Germania una posizione affatto disinteressata per ogni possibile eventualità in cui i loro buoni uffici potessero quandochessia giovare alla soluzione del nroblema, qualora ciò fosse compatibile coi doveri di Potenza neutra. Ed insistetti infatti sulla difficoltà pratica in cui noi ci saremmo trovati, qualora si fosse trattato di esercitare una formale protezione, difficoltà che deriva dalla circostanza di non risiedere stabilmente i nostri rispettivi rappresentanti in Italia ed in Cina nelle capitali dei due Stati.

Tale comunicazione ebbe luogo in presenza e per mezzo dell'interprete della missione cinese.

29 -Documenti diplomatici -Serle Il -Vol. XVII-XVIII

Li-Fong-Pao m'incaricò di porgere all'E. V. i suoi ben sentiti ringraziamenti per le amichevoli disposizioni manifestate da noi in questa circostanza. Egli non avrebbe indugiato a portare a conoscenza del suo Governo il tenore della nostra risposta.

A parer suo, egli riputava ormai inevitabile lo scoppio della guerra fra il suo Paese e la Francia. Le cose si trovavano ormai giunte a tal punto dall'una e dall'altra parte, che non rimaneva altro espediente se non quelle di ricorrere all'ultima ratio.

Mi disse pure che fra non molto egli avrebbe lasciato l'Europa e che il suo successore si trovava già in viaggio. Nell'informare l'E. V. di quanto precede ...

(l) T. 604 dell'll settembre 1884, non pubblicato, ma cfr. n. 403.

408

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI

D. 1637. Roma, 14 settembre 1884.

Il generale conte Menabrea, in un suo recente rapporto, raccomandava all'attenzione del R. Governo il doppio fatto, già avvertito, del contegno risentito della Germania verso l'Inghilterra e dell'arrendevolezza cortese della medesima Potenza verso la Francia.

Gli amichevoli rapporti che intercedono ora fra la Germania e la Francia sarebbero la conseguenza di un concetto politico del signor Gambetta, proseguito poi dal signor Ferry, che tende al riavvicinamento della Francia alla Germania mediante rinuncia di quella alle sue rivendicazioni sulle province perdute e l'appoggio di questa, in compenso, alla politica coloniale della Francia, sia in Africa, sia all'Estremo Oriente. Un disarmo, almeno parziale, delle due Nazioni, molto desiderato dalle popolazioni francesi, consigliato dallo stato di finanze della Repubblica potrebbe essere conseguenza di tale politica, e permettere all'Impero di attuare anch'esso un programma di politica coloniale, di cui si hanno i primi indizi nel fatto di Angra Pequefia, nel viaggio del dottor Nachtigal e nell'interesse che prende la Cancelleria imperiale alla questione del Congo.

Secondo le previsioni politiche segnalate alla mia attenzione, la tensione

constatata nei rapporti fra la Germania e l'Inghilterra non sarebbe tale da

escludere, in date circostanze, un accordo, almeno su talune quistioni parziali.

Questa tensione che, come V. E. notava nel suo telegramma del 21 agosto (1),

è provocata probabilmente meno da contrasto d'interessi che da gravi preoccu

zioni provenienti dalla presenza del signor Gladstone al potere, non impedi

rebbe evidentemente che un accordo potesse stabilirsi su queste basi: cessione

alla Germania dalla Gran Brettagna di Heligoland, vivamente desiderata dal

cancelliere per la vicinanza di quell'isola agli sbocchi di due grandi fiumi

tedeschi ed all'arsenale di Willhelmshaven; libertà d'azione, o completa, o maggiore, lasciata dalla Germania all'Inghilterra in Egitto, compensandosi la Francia, nel Mediterraneo, col permetterle di estendere la sua protezione al Marocco.

Prego V. E. a volermi far conoscere il suo giudizio sulle previsioni accennate, segnatamente per quanto concerne i rapporti tra la Francia e la Germania; ed a fare, occorrendo, discrete indagini per riconoscere il fondamento.

(l) T. 1136, non pubblicato.

409

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3601. Berlino, 14 settembre 1844 (per. il 20).

La tendenza di far sentire la propria azione nelle più remote regioni del mondo si va quotidianamente accrescendo in Germania e spinge il Governo imperiale a prendere provvedimenti che possano renderla feconda in prò degli interessi tedeschi.

In questi giorni l'invio d'una legazione imperiale a Teheran, fornita di un personale diplomatico completo ha riconfermato qui siffatta tendenza. A capo di codesta missione è stato nominato il signor von Braunschweig, già agente diplomatico tedesco in Bulgaria e funzionario che gode la piena fiducia del principe di Bismarck. Fa pure parte della missione il dottor Brugsch, che ha fama di dottissimo orientalista.

Lo scopo immediato di questa missione sarebbe duplice, secondo che ho udito dire; e cioè, riannodare dirette relazioni commerciali fra la Germania e la Persia, e impiantare una legazione tedesca permanente in Teheran. Alla sua volta il Governo persiano si proporrebbe pure di stabilire a Berlino una legazione di Persia; ma codesta circostanza non pare ancora accertata.

A dir vero gli interessi tedeschi impegnati in Persia sono oggi assai scarsi: né potranno essi raggiungere più tardi un grado di sviluppo superiore all'ordinario; quando si pensa che la Germania per trovarsi meno vicina dell'Austria alla Persia, non potrebbe vincere con frutto la naturale concorrenza dei prodotti austriaci sul mercato persiano. Ciò nondimeno il principe di Bismarck, mosso dal pensiero di aprire il maggior numero di sbocchi alla produzione tedesca, crede che nell'interesse commerciale della Germania si debba oggi tentare di assicurarsi anche questo nuovo mercato.

È lecito però presumere che, all'infuori degli interessi economici, la Germania abbia pure in vista di svolgere in Persia, entro certi limiti, la propria azione politica. Sino ad ora l'Inghilterra e la Russia, spinte dalla rivalità dei loro propositi, si sono trovate colà in prima riga per tenersi d'occhio a vicenda e per sorvegliare i loro rispettivi interessi nell'Asia centrale. Certamente la Germania non è chiamata in Persia a tutelare interessi di così alta impor

tanza; ma è vero altresì che essa potrà esercitare colà la propria azione in mezzo alla lotta degli interessi russi ed inglesi per giovarsene all'occorrenza nelle questioni della sua politica in Europa. Oggi specialmente che essa si mostra così poco soddisfatta dell'Inghilterra, è assai probabile che la Germania ostenti a tal modo il valore dell'azione che si accinge ad esercitare in Persia. È codesto un avvertimento all'Inghilterra la quale col suo contegno alla Conferenza di Londra e con le sue gelosie mal dissimulate verso la politica coloniale tedesca ha suscitato un certo malumore nell'animo del cancelliere dell'Impero.

A tutto ciò si aggiunga che la Persia costituisce un eccellente porto di osservazione per invigilare sull'Impero ottomano, al quale la Germania dal Congresso di Berlino in poi non tralascia di tener fisso lo sguardo. Ora è risaputo che se l'Asia Minore e le altre provincie turche professanti l'islamismo dei sunniti gravitano verso Costantinopoli, i musulmani che abitano verso l'Eufrate e che professano l'islamismo degli sciiti gravitano invece verso il Regno dell'Iran. E anche da questo lato l'utilità per la Germania di avere una legazione permanente in Persia appare quindi manifesta.

Né posso spiegarmi, mi sia lecito di osservare, come mai l'Italia che è più direttamente interessata della Germania all'Impero turco, non abbia ancora avvertito l'utilità pratica che avrebbe per noi l'istituzione d'una missione permanente a Teheran.

Se non vado errato, il disegno di spedire colà una missione italiana fu vagheggiato nei primordi della fondazione del Regno d'Italia. Esso fu però abbandonato perché premevano il Governo del re più gravi cure, da cui dipendeva il compimento delle sorti del nostro Paese. Ma oggi che l'Italia ha rivendicato la dignità di Grande Potenza e che le sue finanze possono dirsi avviate a liete speranze, sarebbe tempo ora di ripigliare l'antico disegno d'impiantare in Persia una missione italiana (1).

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IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 77. Sant'Ildefonso, 14 settembre 1844 (per. il 19).

Mi viene confermato da fonte indiretta ma degna di fede, che i reclami del nunzio contro la dichiarazione del 16 luglio si fondarono principalmente sull'abbiezione che nessun'altra Potenza abbia riconosciuto che il possesso di Roma fosse consacrato dal diritto pubblico europeo al pari di possessi

«Ringraziare per questo interessante rapporto. Una missione italiana fu in Persia nel 1862, ma la sce.rsa somma di rapporti con quell'Impero dissuase allora dalla creazione di una stabile rappresentanza diplomatica. Il progetto è stato da ultimo ripreso, e confidiamo che potrà tra non molto, consenziente 11 Parlamento, tradursi in atto "· In base a tali istruzioni venne redatto il D. 1641, indirizzato all'ambasciatore a Berlino del 21 settembre 1884, non pubblicato.

sanciti da trattati. Il nunzio ebbe ordine di chiedere a questo Gabinetto se esso confermasse o sconfessasse le dichiarazioni attribute al Governo spagnuolo dalla Gazzetta ufficiale italiana, e di avvertire che con quella pubblicazione stessa la questione del potere temporale della Santa Sede, oggetto di pubbliche controversie in !spagna, era posta ufficialmente davanti all'Europa, sola competente a determinare lo stato del diritto pubblico europeo.

Il ministro di Stato avrebbe risposto al nunzio e dato istruzioni all'ambasciatore di Spagna presso la Santa Sede nel senso seguente: come già fu officiosamente reso notorio dal silenzio della Gaceta di Madrid e dai giornali che pubblicarono le note scambiatesi il 20 e 22 luglio quali soli documenti riconosciuti ufficiali dalla Spagna, il rimanente della citata pubblicazione fattasi in Italia non ha, per il Governo spagnuolo, autenticità testuale né carattere ufficiale, e perciò non può essere argomento di negoziati diplomatici. Il Governo italiano stesso non ignora tale essere il modo di vedere del Governo spagnuolo verso la detta pubblicazione. Questa Monarchia, restaurata dopo che i fatti compiutasi a Roma erano diventati base regolare delle relazioni dell'Italia con le altre Potenze e parte dello statu quo europeo, ha per ciò stesso ragioni speciali di non pretendere, né consentire più delle Potenze medesime ad entrare, circa quei fatti medesimi, in controversie di principi, in quistioni di diritto internazionale teorico; deve declinare e declina recisamente di discutere sia sul potere temporale con la Santa Sede, sia sul possesso di Roma con l'Italia. Il Governo del re don Alfonso vuol mantenere col Santo Padre le relazioni di rispettosa e devota osservanza, tradizionali per la Spagna; e con l'Italia le relazioni di schietta amicizia pubblicamente affermata dai Gabinetti anteriori verso questa Potenza, come verso le altre la cui situazione territoriale non è ufficialmente oggetto di contestazioni al punto di vista del diritto pubblico pratico; ed il ministero attuale non intende arrecare nessuna innovazione qualsiasi nel contegno osservato a tale riguardo dai suoi predecessori.

Con un tale linguaggio il ministro di Stato sarebbe rimasto coerente al desiderio da lui espressomi, come riferii il 14 agosto, che l'incidente, poiché riconosciuto dalle due parti fondato esclusivamente sopra false notizie, sia considerato come non avvenuto, le note del 20 e del 22 luglio avendo chiarito l'insussistenza dei fatti sui quali esso si fondava, ed esaurita pienamente la questione con l'attestare che non vi era stata né offesa né intenzione di offendere.

Ma l'opposizione spagnuola non intende perdere una tale occasione d'imbarazzare il Gabinetto. I clericali intransigenti ed i carlisti accusano il signor Pidal di diserzione, perché la sua presenza nel Gabinetto significherebbe che, a beneficio dell'Italia, uno dei capi del partito ha fatto adesione al programma d'intima amicizia col Governo italiano. La sinistra poi coopera di fatto con l'esterna destra all'intento di ridurre il ministro di Stato al dilemma di dover prendere un partito o contro la Santa Sede o contro l'Italia. La unanimità con la quale gli organi stessi della opposizione di sinistra applaudirono al liberalismo d'innovazioni recentemente introdotte dal signor Pidal nell'insegnamento femminile, ed attaccarono il marchese del Pazo de la Merced per l'esito del negoziato di luglio, dimostra quale sia la ~attica degli avversari del ministero

nella annunziate interpellanze sull'inciuente con l'Italia. Queste, secondo le persistenti previsioni anche dei miei colleghi, potranno assumere eccezionale gravità.

Gli amici del Gabinetto credono di sapere che esso in quella discussione si sforzerà di trasportare la questione dal terreno pericoloso delle relazioni estere al terreno più pratico delle cose interne, considerata a norma dei principi di libertà religiosa sanciti dalla costituzione del 1876.

È opinione generale che se l'opposizione prevalesse sul ministero, un nuovo Gabinetto non ratificherebbe una dichiarazione quale è quella del 16 luglio; e che, se si riuscisse a produrre una crisi parziale, il signor Pidal non sarebbe probabilmente tra i ministri che si ritirerebbero dal Gabinetto.

Potremmo contemplare con relativa equanimità lo sviluppo di tale situazione parlamentare, se, la dichiarazione concertata qua il 16 luglio essendo stata ratificata, la Potenza più schiettamente cattolica fosse stata formalmente impegnata a comprendere tali affermazioni di diritto pubblico in un programma ugualmente formale di solidarietà tra i due Governi nelle questioni mediterranee e del continente; programma il quale sarebbe apparso come la ragion d'essere del riconoscimento in diritto, per parte della Spagna, della situazione che, secondo afferma il Vaticano, sarebbe dalle altre Potenze riconosciuta solo in linea di fatto. Che risultato tanto importante avrebbe compensato di certo gli inconvenienti segnalati nel mio rapporto del 16 luglio stesso (1), di simili dichiarazioni di principi, che la diplomazia suole evitare, ma che parvero richieste dalla pubblica opinione in Italia.

Come documento invece dichiarato non ufficiale dal Governo spagnuolo,

la dichiarazione, pubblicata, presenta, forse senza pratico compenso per noi,

l'inconveniente di aver dato al Vaticano l'appiglio ad invocare la competenza

dell'Europa in una questione che l'Italia ha sempre considerata come d'ordine

interno, ed a far constare, se ai nunzi riuscirà di ciò ottenere, che a simiìi

dichiarazioni altre Potenze non aderirebbero, oltre che questo ministero ac

cenna poter venir costretto in Parlamento, specialmente se il Governo italiano

persistesse a far uso officialmente della dichiarazione del 16 luglio, a schiarì

menti analoghi al contenuto della lettera a me diretta in nome del ministro

di stato dal signor Ferraz.

Le circostanze sopraccennate mi sembrano potere essere prese in consi

derazione per apprezzare in quale misura convenga al Governo del re, in

presenza della continuazione dell'incidente nelle trattative del Vaticano ed in

questo Parlamento, di assecondare il desiderio del Gabinetto di Madrid che

i due Governi si rifiutino a qualsiasi discussione sui loro rispettivi apprezza

menti circa il valore della dichiarazione del 16 luglio.

Non mancherò, per altro, di conformare il mio linguaggio al contenuto del

dispaccio dell'E. V. n. 75 di questa serie in data del 25 agosto u.s. (2), quando

si presenti da sé una propizia occasione.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:

(1) -Cfr. n. 316. (2) -Cfr.n. 382.
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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 3602. Berlino, 15 settembre 1884 (per. il 20).

La stampa tedesca non tralascia quasi quotidianamente di riferire notizie intorno alle imprese colonizzatrici sulla costa occidentale dell'Africa iniziate dalla ditta Ltideritz di Brema, intorno ad altre simili spedizioni che si vanno organizzando da altre case e associazioni private tedesche, come pure intorno alla missione al dottor Nachtigal affidata dal Governo in quelle regioni. Senza smentirle in modo formale, i giornali ufficiosi hanno però in questi giorni ammonito il pubblico circa l'autenticità di quelle notizie, attesochè qui si spettano ancora le relazioni ufficiali del dottor Nachtigal. È un fatto incontrastabile che le tendenze colonizzatrici incontrano sempre più favore in Germania, ed esse servono anzi, oggi che ci troviamo alla vigilia delle elezioni generali per il Reichstag, come una parte del programma elettorale del Governo. Di fronte alle associazioni private che si costituiscono nell'intento di promuovere e fecondare siffatte tendenze presso la Nazione e colla fiducia di essere coadiuvate dal Governo, questo pur dimostrandosi favorevole continua a procedere assai circospetto e guardingo sulla via che gli si è aperta dinnanzi. Non si mostrerà avaro del suo concorso, ogni volta che gli verrà domandato a vantaggio di scopi ben definiti e di pratica attuazione. È oramai risaputo che il commercio e l'industria della Germania avvertono la necessità di cercare nuovi e più proficui sbocchi ai propri interessi. La crescente densità della popolazione trova è vero un correttivo nell'emigrazione, la quale è stata qui considerata sempre come una valvola di sicurezza e come un male necessario. Ora l'emigrazione tedesca, che suole per la maggior parte rivolgersi verso gli Stati Uniti d'America, costituisce una vera e sensibile perdita nel bilancio delle forze nazionali. In generale i tedeschi emigrano dalla loro patria col proposito di non più Ì'itornarvi. Colà dove giungono si naturalizzano, s'immedesimano colle popolazioni indigene, appunto perché essi sogliano trapiantarsi quasi sempre nelle parti più civili del nuovo mondo cioè negli Stati Uniti d'America. E diventando quindi cittadini americani rinunziano senz'altro alla nazionalità della madre patria. A riparare a codesto danno si è appunto escogitato un sistema di colonizzazione simile a quello praticato dagli inglesi, che, secondo il pensiero del principe di Bismarck, dovrebbe procurare uno sfogo all'esuberanza

della produzione e della popolazione nazionale e trattenere gli emigrati dall'assumere una nazionalità straniera. A tale scopo era necessario di volgere lo sguardo all'Africa Occidentale, cioè a quelle regioni dove non ancora alcun potere sociale civile ed ove nessuna Potenza europea vanta diritti effettivi di sovranità.

L'ultima volta che m'incontrai col sottosegretario di Stato, il discorso si aggirò appunto sulla politica colonizzatrice e sulla missione del dottor Nachtigal. Egli mi disse che il piano colonizzatore può riputarsi essere ancora nel suo primo stadio: esso non è per ora se non un semplice abbozzo. Il tempo e le circostanze potranno meglio definirlo e dargli una forma completa ed organica. I territori di Angra-Pequefia, di Camerum, ecc., sono oggi effettivamente sotto la protezione dell'Impero tedesco appunto perchè non esistendo colà alcuna sovranità di Potenza civile, le case anseatiche che vi hanno fondate fattorie industriali ecc., richiesero ed ottennero il patrocinio del Governo imperiale. Era da prevedersi che coll'andar del tempo altre Potenze avrebbero posto piede in quei territori e che quindi i colonizzatori tedeschi avrebbero cessato di essere sudditi dell'Impero. Codesto seguì ai numerosi tedeschi che si erano stabiliti in Australia, prima che l'Inghilterra vi avesse istituita la sua sovranità.

Come commissario dell'Impero il dottor Nachtigal si limita oggi ad accordare colà la protezione tedesca, attende a far rispettare i vari contratti conchiusi fra i sudditi tedeschi e i capi di quelle tribù, nomina nei vari posti gli agenti che lo coadiuvano e specialmente veglia perché nessun'altra Potenza straniera venga ad esercitarvi diritti di sovranità. Per ora non vi sarà né guarnigione militare, né vi s'impianteranno regolari amministrazioni civili. E qualora occorresse, le navi da guerra dell'Impero possono prestare mano forte, affin di rendere efficace la protezione contro ogni offesa agl'interessi tedeschi ed ai diritti di sovranità dell'Impero in quelle contrade. Ora tutto ciò rassomiglia in certo modo a quello che era in altri tempi la famosa compagnia delle Indie. Secondo mi faceva notare il signor Busch, un simile tentativo di colonizzazione tedesca era stato fatto due secoli sono dal grande elettore, appunto in quelle regioni africane; e pare che colà esista tuttavia una specie di fortino eretto a quel tempo dai colonizzatori tedeschi. Egli aggiungeva inoltre che i territori sottoposti alla protezione tedesca rimanevano però aperti al commercio internazionale e a tutti gli stranieri che volessero stabilirvisi e impiantarvi industrie.

Coloro che pretendono di essere addentro nei segreti della politica cololoniale tedesca, affermano che il dottor Nachtigal ha l'ordine di procedere oltre nei suoi studi di esplorazione africana, e che non trascurerà di visitare il Congo e di riferire a Berlino ogni specie di notizie che gli verrà fatto di raccogliervi.

Ed a questo proposito mi è stato confidato da persona ben informata che finora non hanno approdato ad alcun risultato i passi che continua a fare qui il Portogallo per rispetto alla vertenza del Congo. Il signor Serpa, che è di ritorno a Berlino per coadiuvare il marchese di Penafiel in questo negozio, sarebbe poco soddisfatto dello stato delle cose.

Da ultimo non debbo omettere di menzionare ad ogni buon fine qui non acquistar credenza la voce che il principe di Bismarck si proponga di riunire in Berlino una conferenza internazionale ad hoc per sistemare la questione del Congo.

Nel segnar ricevuta all'E. V. dei suoi dispacci di serie politica sino al n. 1634 ...

(l) Ed. in LV 45, pp. 101-102.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 3603. Berlino, 15 settembre 1884 (per. il 20).

Una persona autorevole che gode la piena fiducia del principe di Bismarck e che ha avuto un colloquio con lui prima che il cancelliere dell'Impero fosse partito per Skierniewice mi ha confidato alcune notizie, che reputo utile di trasmettere all'E. V.

Il principe di Bismarck si mostrava assai soddisfatto di vedere che l'incontro dei tre imperatori era alla vigilia di avverarsi. Il riavvicinamento della Russia ai due Imperi limitrofi, operatosi l'anno scorso, non aveva potuto impedire alcuni attriti che in questo frattempo si erano prodotti fra la Russia e l'Austria-Ungheria a proposito di certa vertenza relativa alla Bulgaria ed alla Rumelia ecc. Allo scopo di far sparire le tracce di siffatti attriti fra le due Potenze e nel medesimo tempo a suggellare l'accordo esistente fra tutti e tre gli Imperi era stato riputato opportuno di procurare che i tre sovrani coi loro rispettivi ministri si recassero a convegno. A Skierniewice non saranno agitate e discusse questioni speciali, bensì ci sarà uno scambio d'idee oramai conformi e forse si sfiorerà (streiten) qualche soggetto particolare, come a dire la questione egiziana: ma l'essenziale sarà di constatare il pieno accordo fra i tre sovrani e i loro ministri per ciò che riguarda la tranquillità generale d'Europa. Oggi si può affermare con sicurezza, avrebbe soggiunto il principe di Bismarck, che la pace è saldamente garantita, almeno per quanto ciò è possibile.

Codesta fede robusta nel mantenimento della pace, se sono esatte le parole attribuite al principe di Bismarck, trova la sua giustificazione nella situazione politica odierna, quando si pensa che la Francia medesima, questa nemica mortale della Germania, è oggi in cordiali relazioni col vincitore del 1870-71. Dalla visita che il barone de Courcel fece testé a Varzin è manifesta la cordialità che intercede fra i due Governi. * Questo ambasciatore di Francia non solo ha conversato col principe di Bismarck venerdì scorso, ma si abboccherà ancora con lui al suo ritorno dal convegno. Ho chiesto al suo interlocutore quale fosse la sua impressione a questo riguardo. Egli mi ha confermato che mai i rapporti fra il Governo tedesco ed il Governo francese, a datare dalla pace di Francoforte, sono stati così cordiali come al dì d'oggi. Gli è che l'accordo fra i due Stati esiste su varie questioni, specialmente per la politica coloniale. E difatti per ciò che concerne la questione del Congo, non si dubita quì che la Germania sia d'accordo colla Francia per riconoscere fra non molto la società africana patrocinata dal re dei belgi. Né l'Inghilterra potrà rimanere a lungo nel suo presente contegno per rispetto a tale questione. Intorno all'accordo concretato oggi fra la Germania e la Francia sarebbe desiderabile una maggior luce. Importerebbe difatti conoscere in modo particolareggiato se tale accordo

si estende e sino a qual punto alle cose del Mediterraneo. Ma più che da Berlino è probabile che da Vienna si potrà sapere qualche cosa in proposito.

Quanto alle relazioni fra la Germania e quest'ultima Potenza esse lasciano a desiderare; e codesto è non solo l'effetto di ciò che occorse alla Conferenza di Londra, ma altresì delle difficoltà e degli inciampi che il Governo inglese cerca di frapporre allo svolgimento dei piani colonizzatori del principe di Bismarck. Se non che è da notarsi che codesti dissapori non si sono punto aggravati: anzi essi accennano a scomparire. E qui non si dubita che l'Inghilterra cercherà di ripristinare con la Germania i suoi antichi ottimi rapporti. Il Governo inglese comprende che alienandosi il Governo imperiale corre il rischio di veder compromessi i suoi interessi in Egitto. * In questa eventualità il principe di Bismarck non si periterebbe di adoperarsi in modo col concorso dell'Europa da costringere l'Inghilterra a lasciar stare quel Vicereame. Qui sono accolte con non poco scetticismo le affermazioni del Gabinetto di Londra sulle disperate condizioni delle finanze egiziane, poiché è stato di recente riferito che ben 12 milioni di franchi esistono tuttavia nel tesoro d'Egitto. Come indizio della premura che l'Inghilterra oggi pone a migliorare le sue relazioni colla Germania si cita la prontezza colla quale è stata fatta la nomina del successore di lord Ampthill. La scelta di sir E. Malet, ministro britannico a Bruxelles, è oggi assicurata. Il principe di Bismarck si è espresso in termini favorevoli sul nuovo ambasciatore, che egli già conosce e che reputa persona capace e di suo gradimento.

Quanto al ritiro del conte Munster dal suo posto, il mio interlocutore opinava che quel diplomatico tedesco non dissimula il suo proposito di lasciar Londra e che il suo richiamo non sarebbe improbabile.

(l) Il brano tra asterischi, con alcune varianti, è ed. In T. FILESI, L'Italia e la conferenza df Berlino ( 1882-1885), Istituto Itaio africano, Roma, 1985, p. 133.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 426. Parigi, 15 settembre 1884 (per. il 19).

Come ebbi l'onore di riferirlo all'E. V. col mio telegramma del 13 corrente (1), io profittai in quel giorno dell'udienza che mi fu accordata dal signor Ferry per additargli l'irregolarità della situazione che perdurava tra i ministri di Italia e di Francia in Tangeri, dappoiché il signor Ordega non aveva fino ad oggi fatto al commendator Scovasso la visita che dopo il suo ritorno a Tangeri egli gli doveva, tanto più in seguito al dissapore nato dalla pubblicazione di un articolo del Gaulois attribuito dapprima alla sua ispirazione.

L'E. V. mi aveva con i suoi due telegrammi del 31 agosto ultimo (2) e dell'H corrente (3) incaricato di tenere ancora discorso di ciò a questo ministro degli affari esteri, il quale nell'ultima conversazione con S. E. il generale

Menabrea aveva pensato ad un riavvicinamento tra ouei due rannresentanti per mezzo del ministro di Spagna a Tangeri signor Diosdado. « Il signor Ferry », così telegrafava all'E. V. il r. ambasciatore in data del 27 agosto ultimo «si mostra desideroso di calmare quella reciproca irritazione, e pensa che il miglior mezzo per ciò sarebbe quello di apprestare tra i due ministri un riavvicinamento che potrebbe farsi coll'intervento di uno dei loro colleghi, del ministro di Spagna tra gli altri ».

Io presi le mosse ricordando questa sua idea al signor Ferry. S. E. non resistette dal riconoscere che difatti lo stato di tensione tra i nostri due rappresentanti al Marocco era deplorevole e lungi dal corrispondere alla reciproca situazione dei loro Governi, e menzionò come sovente l'ostilità degli agenti poteva compromettere gli interessi dei loro Paesi. E tornò a convenire che l'intromissione di un conciliatore, per esempio del ministro di Spagna, potrebbe opportunamente risolvere la difficoltà, ma senza accennarmi come e da chi quest'intromissione dovrebbe essere provocata. Era ovvio che io facessi osservare al signor Ferry che spettava al signor Ordega di prendere presso il signor Diosdado l'iniziativa e di chiedere la sua intercessione, perocché il ministro di Spagna certo non avrebbe avuto da sé il pensiero d'intromettersi, né si poteva chiedere a colui che si considerava come l'offeso di fare il primo passo.

Il signor Ferry mi rispose che le più irrefragabili testimonianze avevano confermato il fatto che il commendator Scovasso, un po' irritabile per natura, proferì gravi minacce contro il suo collega francese, ed aggiunse che dopo ciò gli era impossibile di imporre al signor Ordega, uomo di carattere molto intiero, ciò che egli stesso al suo posto non potrebbe indurci a fare. Nondimeno il ministro degli affari esteri, dopo ripetute mie insistenze, mi promise di scrivere personalmente al signor Ordega per impegnarlo a giovarsi di un collega per apprestare un incontro col commendator Scovasso, nel quale si sarebbe rotto il ghiaccio. Con quale intenzione poi il signor Ferry mi avesse messo in guardia contro la lentezza delle attuali comunicazioni per mezzo di lettera col Marocco, ove sarebbero molti i rigori delle quarantene, io non saprei dirlo.

Avendo letto nel rapporto diretto dal commendator Scovasso all'E. V. in data del 13 agosto ultimo (1), che lord Lyons era stato incaricato dal suo Governo di chiedere al signor Ferry che fosse resa di ragione pubblica la smentita data dal signor Ordega al Ga.ulois, io interrogai il mio collega dell'Inghilterra, sir John Walsham, come fosse stata accolta quella domanda. Egli mi confermò che il capo del Foreign Office aveva impartito quell'istruzione al suo ambasciatore a Parigi, e che difatto lord Lyons fino al 6 agosto aveva chiesto al signor Ferry la pubblicazione della smentita con un'apposita nota verbale. Ma finora questa rimase senza risposta, né lord Granville diede alla ambasciata britannica in Parigi ulteriori ordini in proposito.

Profitto di quest'occasione per segnarle ricevuta del dispaccio di questa serie n. 392 in data 10 settembre corrente (2), col quale l'E. V., confermando un telegramma del commendatore Scovasso del 29 agosto (3) precedentemente comunicatomi, volle parteciparmi un rapporto dello stesso in data del 30 agosto

ultimo, relativo a nuovi maneggi del signor Ordega contro il sultano del Marocco in favore dello sceriffo di Uazzan. Fino dal 25 dello stesso mese l'E. V. aveva segnalato col suo dispaccio

n. 386 (l) i nuovi gridi d'allarmi del r. ministro a Tangeri ed aveva espresso al generale Menabrea il desiderio che, mediante riservate ed indirette indagini, fosse qui appurato il vero stato delle cose in quanto concerne il presente atteggiamento della Francia al Marocco.

Indagini indirette in una questione così delicata non sono generalmente facili. Esse lo sono molto meno laddove un così grave disegno, come sarebbe quello di assicurare il predominio francese del Marocco, trovisi appena nello studio di concetto e di preparazione nella mente di pochissimi, e quando un ministro ardito ed ambizioso non ristà dall'impegnare da sé, colla propria iniziativa, l'azione del Governo e del Paese nelle più arrischiate avventure.

D'altronde il risultato delle indagini indirette fatte sul luogo d'azione, e che sembrerebbero le migliori, fu più volte recisamente contraddetto dalle dichiarazioni ripetute del signor Ferry al r. ambasciatore ed a me stesso. Cosicché persistendo il sospetto malgrado tali esplicite e ripetute dichiarazioni, parmi che altro non resti, ove non si possa parare l'evento con un'azione efficace, che a fidare nel tempo ed in mutate circostanze aspettandolo. Il signor Ferry, lo seppi anche dallo stesso signor Billot, dichiarò più volte al signor Ordega che non voleva une atfaire au Maroc. Anzi, in una recente conversazione privata, il signor Billot si lamentava meco dei continui sospetti manifestati verso il Governo francese per ciò che fa o tollera al Marocco e diceva che dopo tante smentite non restava più al signor Ferry che di lasciar giustificate le sue dichiarazioni dal tempo e dai fatti. Ora l'arte del signor Ordega sembra aver trovato il mezzo di costituire alla propria l'azione dello sceriffo di Uazzan e di farsene uno strumento a' suoi fini: ma finora fu oltre le mie forze lo scoprire un indizio sicuro che l'impulso venga da qui, né vorrei averlo per probabile in un momento nel quale paiono già troppe le cure del Governo, principalmente per la situazione in Cina e per le sempre vive aspirazioni di riprender piede in Egitto.

(l) -T. 1234, non pubblicato. (2) -T. 590, non pubblicato. (3) -T. 603, non pubblicato. (1) -R. 364, non pubblicato. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 387.
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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1246. Parigi, 17 settembre 1884, ore 17,40.

Evidemment on est très mal placé ici pour tendre oreille à l'écho des entretiens des trois empereurs, bien que plus que ailleurs on a à Paris intéret de percer le mystère. On en est aux pures suppositions dont la plupart son fort risquées. M. Billot vient de me dire que les renseignements envoyés jusqu'ici par les agents français sont des plus vagues et ne reposent que sur des hypo

thèses. Il croit, en tout cas, que ce n'est pas la seule question des anarchistes qui a réuni les trois souverains et meme le seul besoin d'affirmer par une démonstration solennelle la Triple Alliance.

(l) R. 367, non pubblicato.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A PIETROBURGO, GREPPI, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI

T. 627. Roma, 17 settembre 1884, ore 23,59.

La façon dont l'entrevue des trois empereurs et de leurs premiers ministres à Skierniewice a été préparée, le langage excessivement circonspect que les trois Cabinets ont tenu jusqu'ici à l'égard de cette événement, la situation qui pourrait maintenant en etre le corollaire en Europe, voilà, pour nous, autant de bonnes raisons pour nous tenir, en face de ce qui vient de se passer, dans la réserve la plus absolue. Vous ne devez naturellement rien négliger de ce qui pourrait, dans la voie indirecte, vous mettre en mesure de nous fournir tout renseignement utile, mais vous devez vous abstenir scrupuleusement d'énoncer auprès des organes officiels du Cabinet, une interrogation quelconque, ainsi que de faire directement le moindre essai de chercher à connaitre ce qui a formé l'object des pourparlers entre les souverains et leurs ministres. Si S. M. le ministre des affaires étrangères, après son retour, ou bien le fonctionnaire qui le remplace, prenait l'initiative d'une communication à ce sujet, vous devriez l'écouter avec une attitude de réserve digne, courtoise, laissant parfaitement percer notre conviction qu'on ne nous fera savoir que tout juste ce qu'on veut bien ne pas nous laisser ignorer ayant la conscience de ce que nous sommes nous tenons à ne témoigner en cette circostance d'aucune impatience ni vaine curiosité. Se récueillant en soi-meme l'Italie veillera pour sauvegarder impréjugée sa position de parfaite égalité dans l'alliance stipulée et en pleine vigueur entre elle l'Allemagne et l'Autriche-Hongrie; mais cpnfiant dans la loyale fidélité de ses alliés aux engagements de réciproque défense et aussi d'un appui amicai dans la mesure des intérets communs pour la cause de la paix et de la justice internationale, elle sait attendre le moment où les Puissances dans leur propre intéret, ou dans l'intéret général, viendront chercher et apprécier son concours pour la solution des questions qui touchent à l'avenir de l'Europe et de la civilisation générale. Cette réserve, que je ne saurais assez vous recommander, ne doit naturellement pas vous empecher de prendre note avec le plus grand soin de ce qu'on va vous dire. Je désire que vous me reproduisiez, le cas échéant, les mots memes dont on se servirà envers vous, car c'est par un travail de rapprochement mutuel et de comparaison entre ce qui nous reviendra des différents còtés que nous pourrons le plus probablement arriver à reconstruire la version la nlus conforme à la réalité.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3604. Berlino, 17 settembre 1884 (per. il 20).

Jeri feci visita al segretario di Stato, il quale, come riferii con altro mio rapporto (1), era ritornato a Berlino nel medesimo tempo che il principe di Bismarck vi giungeva da Varzin.

Durante la conversazione cercai di sentire dalla bocca stessa di S. E. il conte Hatzfeldt qual fosse il suo pensiero per rispetto al convegno dei tre imperatori a Skierniewice. Il segretario di Stato, pur mantenendosi nella sua consueta riserva, mi disse che i tre sovrani avevano provato il desiderio di abboccarsi fra loro per constatare la loro piena conformità d'idee in prò della conservazione della pace generale. E mi soggiungeva che il significato politico di quella riunione consisteva, in sostanza, nella nuova affermazione dell'accordo preesistente fra i tre Gabinetti circa il mantenimento della pace in Europa. Di questo fatto non potevano se non rallegrarsi quanti sono gli amici sinceri della pace.

Risposi al mio interlocutore che lo scopo della riunione per essere appunto un'opera di pace ridondava difatti a beneficio dell'Europa, e l'Italia non poteva se non fare plauso ad un convegno, ove si erano radunati, con propositi così civili, i suoi amici ed alleati. Non mancai però di ottenere che il conte di Hatzfeldt, lasciando il campo di codeste generalità, scendesse a specificare, almeno in parte, i particolari del programma del convegno. Il mio tentativo non ebbe alcun frutto. Il segretario di Stato si contentò di rispondere che egli ignorava affatto tali particolari e che non poteva se non riferirsi a ciò che poco prima mi aveva detto.

V. E. scorgerà che quanto precede è pienamente conforme al linguaggio che mi tenne in proposito il sottosegretario di Stato e che io ebbi cura eli riferire col mio rapporto n. 3593 del 6 settembre di questa serie (2). Non è probabile che il Governo imperiale sarà per uscire da questa sua riservatezza di contegno. Per ora qui, persino la stampa ufficiosa si mostra riservatissima. Nel suo numero di ieri sera la Nord Deutsche Allgemeine Zeitung si contenta soltanto di riferirsi all'interpretazione che il Journal de St. Pétersbourg attribuisce al significato politico del convegno. Il giornale tedesco non trascura di avvertire che il Journal de St. Pétersbourg è l'organo della politica estera del Gabinetto russo. Mi astengo dal riprodurre qui il contenuto dell'articolo del precitato giornale ufficioso russo, poiché certamente la r. ambasciata in Pietroburgo ne avrà trasmesso il tenore alla E. V. Del resto l'interpretazione del Journal de St. Pétersbourg è, quanto alla sostanza, analoga al linguaggio che mi è stato tenuto da questo Dipartimento degli affari esteri.

Nel confermarle il mio telegramma di ieri (3) ...

(l) -R. 3597 del 13 settembre 1884, non pubbl!cato. (2) -Cfr. n. 400. (3) -T. 1242 del 16 settembre 1884, non pubblicato.
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IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 74. Sant'Ildefonso, 18 settembre 1884 (per. il 26).

Nella visita che facevo al ministro di Stato il 12 corrente al suo ritorno alla Granja, gli avevo comunicato privatamente l'unito telegramma (annesso) (lJ pubblicato dai giornali italiani, indizio dell'effetto deplorevole prodotto dalle manifestazioni dei vescovi spagnuoli. Egli mi rispondeva non aver potuto io, né alcuno dei miei colleghi, segnalare una manifestazione pubblica qualsiasi, offensiva all'Italia, riducendosi tutto a pastorali riprodotte dai giornali; non doversi perciò ravvisare nelle false notizie che un'altra volta si cerca a Parigi di accreditare in Italia, altro che il solito risultato del monopolio che esercita nelle informazioni della stampa italiana la pubblicità parigina, con danno delle buone relazioni tra l'Italia ed altre Nazioni.

Nella visita restituitami ieri dal ministro di Stato, essendo egli entrato nell'argomento degli sforzi fatti dai partiti carlista e repubblicano in !spagna e fuori per rompere l'intimità tra Spagna e Italia, colsi l'occasione per esprimermi sulle pastolari dei vescovi nel senso del dispaccio di V. E. del 9 corrente (n. 79 di q.s.) (l), a ciò relativo. Egli ricordò come quelle manifestazioni, che feriscono anzitutto il Governo del re Alfonso, e che cesserebbe subito se si alterassero le relazioni cordiali con l'Italia, delle quali i vescovi si lagnano, sono identiche a quelle che ebbero luogo all'epoca del riconoscimento del Regno d'Italia. Il Consiglio di Stato, di cui faceva parte il signor Elduayen, consacrò in quel tempo parecchie sedute a ricercare i mezzi di reprimere simili attacchi. Essendo costituzionalmente poco applicabile la così detta facoltà tuitiva con la quale la monarchia assoluta imprigionava i vescovi e faceva sentire fino al pontefice in Roma la forza del suo braccio, e non esistendo in !spagna forme speciali di difesa, contro gli abusi del clero, rimanevano le leggi comuni nelle quali il Consiglio di Stato non trovò mezzi acconci a tale repressioni. Il codice penale del '70 consacra la massima progressista che non riconosce speciali delitti di stampa; sono da esso comminate le stesse pene ai delitti comuni siena commessi per la stampa od altrimenti; e la legge di polizia della stampa promulgata ultimamente per iniziativa del Gabinetto Sagasta si fonda sulla stessa massima in quanto a penalità; onde avviene che nella giurisprudenza presente, o si applicano (raramente però) pene severe come il presidio, o si assolve l'imputato, risultandone per lui un trionfo politico.

Il ministro di Stato proseguì con considerazioni analoghe a quelle dell'unito articolo dell'Epoca (annesso ID (1), nel quale il Gabinetto prende ufficiosamente posizione verso l'opinione pubblica riguardo ai noti negoziati col nunzio per l'incidente Pidal. Con ciò egli mi porgeva l'opportunità che il dispaccio di V. E. del 9 corrente (n. 79 di q. s.) mi ordinava di cogliere per tenergli parola, con

1ermezza, delle considerazioni ed avvertenze contenute nel dispaccio di V. E. del 25 agosto u.s. (n. 75) (1). Allo scopo di controllare le informazioni inviatele come indirette con mio rapporto del 14 corrente Cn. 77 della presente serie) (2) e di verificare l'esattezza dell'interpretazione da me data ai nostri ultimi colloqui sull'incidente, gli sottoposi qualche estratto del mio detto rapporto n. 77, assicurandolo delle disposizioni amichevoli di V. E. e mie in quell'affare. Egli mi rispose riconoscere anche egli che gl'interessi concreti dei due Governi consigliano di evitare discussioni considerate di comune accordo destituite di pratica utilità, intempestive, e nocive ad una vantaggiosa cooperazione in comuni intendimenti politici. Appunto perciò dovere egli ricordarmi e far constare che non essendo riusciti a metterei d'accordo sulle dichiarazioni del 16 luglio, egli le ritirò todas en absoluto. Essere riconosciuto dalle due parti che l'incidente non consisteva se non in supposizioni false constatate tali. Ogni maggiore esigenza non poter che essere offensiva e suonar minaccia.

Il luogo e l'argomento, già esaurito nelle mie esplicite osservazioni, comportavano ch'io lasciassi cadere la conversazione. Sento non essere più in facoltà di chiarir maggiormente come il ministro di Spagna a Roma, il quale sembra aver pienamente apprezzato gli schiarimenti dell'E. V., non si faccia interprete, con l'autorità che gli spetta, delle disposizioni del proprio Governo; tanto più che mi risulta essersi deliberato nel Consiglio reale, tenuto qui il 24 luglio, che il signor Mendez de Vigo ricevesse autorizzazione di partire in congedo se V. E. non riteneva l'incidente completamente esaurito con la sola nota del 22 luglio. La sua permanenza al suo posto è cosi considerata qui come pruova che V. E. riconosce ritirate le dichiarazioni del 16 luglio. Ho ragioni di prevedere che a rimostranze formali sulle attuali pastorali vescovili, il ministro di Stato risponderebbe che la nota del 22 luglio non ha minor valore, circa i sentimenti di questo Gabinetto al riguardo, delle espressioni con le quali il marchese de la Vega de Armijo rispondeva alle identiche osservazioni del conte Greppi contro l'analoga pastorale del cardinal Mareno dopo il trasferimento della salma di Pio IX.

Con mio rapporto del 3 corrente (n. 73 di q.s.) (3) comunicavo a V. E. la più importante di quelle pastorali, le altre essendo rimaste nei giornali clericali, ove non mancherò di rilevare le ulteriori di cui ella desidera notizia. Come sintomo dell'eccitazione del clero carlista si segnala la lettera d'un sacerdote di Nogueira che pubblicamente dichiara calumniosa l'asserzione che quel clero fosse intervenuto al ricevimento, in quella città, del signor Cànovas, « uomo funesto alla causa della religione, e verso il quale ciò sarebbe stata vergognosa apostasia) (annesso III) (3). Per contro i giornali commentano in vari sensi le dimostrazioni di simpatia fattasi a Zaranz, attuale residenza della regina Isabella, dai membri principali dell'antico partito « Moderato » al signor Sagasta.

Aggiungo agli schiarimenti del ministro di Stato, circa i mezzi di repressione delle pastorali, l'unito testo d'un discorso recentemente pronunziato dal signor Silvela, ministro della Giustizia (annesso n. IV) (3). In esso si annunziano riforma al codice penale del 70 nel senso di comprendervi tutti i delitti della

parola, in relazione alla sicurezza esterna ed interna dello Stato ed all'ordine pubblico.

Debbo aggiungere che mi parve di notare nelle parole del ministro di Stato come l'accento d'un prossimo abbandono delle nostre discussioni; non saprei dire se egli prevedesse incidenti ancor più gravi per i due Governi o se le demissioni di Don Emmanuele Silvela, ambasciatore a Parigi, siano il segnale della sua destinazione a quel posto ch'egli notoriamente ambisce.

(l) Non pubblicato.

(l) -Cfr. n. 382. (2) -Cfr. n. 410. (3) -Non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Hombourg V. d. Hohe, 18 settembre 1884.

Nous avons quitté Berlin le 2 septembre. Je me sentais fatigué et agacé plus que de coutume. Le travail n'avait pas chòmé dans ces derniers mois, ainsi que le métier le plus ingrat de rendre compte de allées et venues des souverains et des hommes d'Etat. Le fait est qu'on ne sait rien de précis, et qu'il faut faire appel à tout son bon sens pour ne pas risquer de faire fausse route. Interpeller ne sert pas à grande chose, car on ne répond que par des généralités. Je me suis borné à laisser entendre que je m'abstenais de questionner, car le Cabinet de Berlin ne manquerait certainement pas de nous renseigner si dans ces rencontres il se passait quoi que ce soit se rattachant directement ou méme indirectement à nos rapports conventionnels avec l'Allemagne et l'Autriche. Il m'a été répondu que nous savions combien le prince de Bismarck est correct dans ses relations avec Rome.

Je suis parti en prenant acte de cette assurance. Maintenant que l'entrevue à trois a eu lieu, espérons qu'on s'expliquera aussi avec nous. En attendant il est indiqué de ne manifester aucune impatience. Il est à supposer que le prince de Bismarck, qui se rend parfaitement compte que l'Italie n'est pas une valeur négligeable, prendra lui-méme l'initiative des éclaircissements, surtout lorsqu'il use de tant de bons procédés envers la France. Il est vrai qu'ici nous avons un peu perdu du terrain depuis la dernière séance de la Conférence de Londres. Nous y avions joué un ròle conciliant; personne n'avait critiqué; mais la dernière déclaration de Nigra donnait à croire que nous avions tenu à reprendre notre liberté d'action. On concluait de notre attitude antérieure que nous avions nous-mémes le sentiment d'avoir mollement appuyé l'Allemagne et l'Autriche. Le fait est qu'à mon avis la déclaration de Nigra n'était nullement nécessaire et que dès lors elle se prétait à des commentaires que nous aurions pu éviter. Nous avions aussi l'air de dire un pater peccavi, ce qui manquait de dignité, et d'à propos, car personne sauf le Cabinet de Londres ne s'était jusque-là aperçu de certaines préférences de notre part pour l'Angleterre plutòt que pour la France.

30 -Documentt dtplomattci -Serle II -Vol. XVII-XVIII

Quoi qu'il en soit il me semble que la noble et courageuse conduite de notre roi donnant un si bel exemple à ceux qui ont charge des peuples, est bien faite pour ramener l'opinion en notre faveur. La Monarchie a bravement planté son drapeau; notre dynastie gràce à l'abnégation et à la force d'àme de son chef a jeté de plus profondes racines dans nos provinces méridionales. Les trois empereurs devraient reconnaitre que notre roi a servi du méme coup les intéréts de l'Europe monarchique, en présence des républicains, socialistes et nihilistes qui travaillent à détruire les institutions. Le pape lui-méme devrait comprendre qu'un peuple qui applaudit aux actions généreuses de son souverain n'est pas l'ennemi de la papauté qui se renfermerait dans l'exercice de ses fonctions spirituelles. Chercher un appui à l'étranger pour la restauration d'un pouvoir temporal mort et enterré et que Dieu seul peut resusciter par un miracle, c'est s'exposer à de graves mécomptes. Ceux qui pousseraient le Saint Père dans cette voie nuisent plutòt qu'ils ne servent à la cause de la religion. Je pense qu'on s'en rend compte à Vienne aussi. Une ingérence de sa part, entre autres à propos de l'affaire de la Propaganda, retournerait contre notre allié l'opinion de l'Italie. Ce serait pour celle-ci un grand malheur, mais pour l'Autriche il ne serait pas moindre pour des -raisons qui sautent aux yeux de tout véritable homme d'Etat. Sous ce rapport l'attitude du prince de Bismarck conformément à ce qu'il a dit à un commissaire fédéral qui jouit de sa confiance, est celle de ne s'immiscer en rien dans cette affaire qui a un caractère exclusivement italien.

Pour en revenir à l'entrevue des trois empereurs, il me semble que s'est aUer trop loin que de croire à une alliance formelle. C'est la consécration de bons rapports; c'est le signe extérieur du désir de s'entendre sur tout ce qui touche aux intéréts communs des Empires limitrophes, et de concourir au maintien de la paix sur la base du status quo sur le continent européen. Pour qui connait un peu le dessous des cartes, et certaines divergences d'intéréts entre la Russie et l'Autriche, il existe contre les excellentes intentions des souverains, une force des choses qui poussera ces deux Puissances à se rencontrer l'épée à la main. Gràce à l'Allemagne, il y a aujoud'hui un point d'arrét, une tréve jusqu'à ce que le courant les entraine à se mesurer sur le champ de bataille. Pour cette occurrence il importe à l'Autriche de se concilier toujours plus l'amitié de l'Italie.

Etant parti le 2 septembre je n'ai pu recevoir à Berlin votre lettre du 3 (1). M. Tugini m'en avait annoncé la réception. Elle ne m'est arrivée ici que dans ces derniers jours par une occasion sure. Cette lettre m'a vivement intéressé; je partage vos vues. Je voudrais m'étendre sur ce sujet, mais n'ayant pas de courrier à ma disposition je ne puis vous parler à coeur ouvert. Vous me feriez un grand plaisir si vous continuiez à m'écrire durant mon absence de Berlin qui se prolongera encore de quelques semaines. Je préviendrais M. Tugini de donner cours de manière à échapper aux indiscrétion de la poste.

Je voudrais beaucoup faire une pointe jusqu'à Vienne pour vous revoir et échanger nos vues. Mais la santé de madame de Launay ne me permet pas

de faire des projets. Une longue course la fatiguerait. Nous ne savons pas encore où nous nous rendrons après Hombourg. La saison nous favorise. On se croirait encore en été tellement il fait chaud.

L'Angleterre a fait une grande perte par la mort de son ambassadeur à Berlin. C'était là mon meilleur collègue, le seul en qui j'eusse confiance. Je ne connais pas son successeur M. Malet.

(l) Non pubblicata.

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IL CONSOLE GENERALE A BUDAPEST, SANMINIATELLI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Budapest, 18 settembre 1884.

Le mando un articolo assai interessante del Pester Lloyd sull'abboccamento dei tre imperatori (1). Prima del convegno la stampa giuocava di fantasia e si abbandonava alle congetture per fare del medesimo il punto di partenza di qualche grande novità politica: ora invece i giornali ungheresi, testimone l'articolo accluso calcato sul comune apprez~amento presente, non attribuiscono altro significato al convegno tranne quello di accentuare l'adesione della Russia alla lega della pace, e di accordarsi sulle linee generali della politica per mantenere, quanto sia possibile, e fino a quando sia possibile, lo statu, quo. Non si poteva trattare di coalizione difensiva contro la Francia, perché questa, distratta in altra via, ha messo in disparte l'idea della rivincita: non del disegno di esercitare una azione preponderante negli affari d'Egitto, perché i tre Imperi hanno lasciato alla Francia la prima parte e la cura di difendere i comuni interessi europei, ed anche perché non potevano assumere una posizione comune a loro tre soli quando l'Italia, che fa parte del concerto, ha creduto per i suoi particolari interessi di prendere una speciale attitudine: e non si poteva nemmeno trattare di provvedimenti internazionali contro gli anarchici, perché i due Imperi costituzionali, pei quali il movimento anarchico non costituisce un reale politico (2), non avrebbero potuto modificare le loro leggi in ossequio alla Russia, e perché non li avrebbe accettati la libera Italia, la quale forma il contrappeso al dispotismo russo nel sistema politico inaugurato dall'alleanza austrogermanica.

Il re arriva il 22 per aprire poi il Parlamento il 29. Credesi che il discorso del trono ripeterà il programma esposto dal signor Tisza a Gross-Wardeinez. Questo programma ha fatto in generale eccellente impressione, e gli avversari non hanno saputo contrapporgli altro che il discorso dilavato e punto concreto del conte Apponyi, il quale è stato costretto a dichiarare in sostanza che si trova d'accordo in massima col primo ministro.

Quanto alla possibilità che si parli nelle delegazioni del solito tema della conversione dei beni di Propaganda, varie persone, che procurai di mettere ipoteticamente sull'argomento, sono di parere che siavi poca o nessuna proba

bilità che si cerchi di risvegliare la questione. Trattasi di soggetto oramai antiquato e vi sono argomenti di politica estera d'importanza maggiore e attuale che respingono in ultima linea le questioni invecchiate. Ciò nonostante lo zelo ultramontato dei prelati ungheresi (come accade dei nuovi convertiti) non ha confini, e cotesti zelanti potrebbero parlare, a rischio anche di non essere ascoltati, se tale fosse la volontà della Curia. Le do queste considerazioni per quel poco che possono valere: aggiungo di mio che si potrebbe forse cavare altro argomento in favore del silenzio da quella specie di sosta pacifica che mi par di vedere nelle relazioni tra Governo e Curia in Italia.

(l) -Non si pubbllca. (2) -Sic. probabl!mente per «pericolo».
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, CORTI, A PIETROBURGO, GREPPI, A VIENNA, DI ROBILANT, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, E A PARIGI, RESSMAN (l)

D. 395. Roma, 20 settembre 1884.

Il reggente la r. agenzia e consolato generale in Egitto mi avvertiva ieri, con telegramma (2), come quel ministro delle finanze avesse diretto ai commissari della Cassa del debito pubblico una lettera in cui, esposta la situazione del tesoro e l'impossibilità di provvedere altrimenti alle spese dello Stato, soggiungeva che il Consiglio dei ministri era stato astretto a deliberare che i mudir delle provincie specialmente impegnate per gli interessi del debito egiziano, il direttore generale delle dogane, gli amministratori delle strade ferrate, di telegrafi e del porto di Alessandria fossero invitati a versare al Ministero delle finanze, questi sino al 15 ottobre e quelli fino al 25 dello stesso mese, le somme da essi riscosse che superassero ciò che occorreva per far fronte agli interessi del debito privilegiato e dell'unificato, cioè le somme destinate all'ammortamento dei due debiti. A partire dalle epoche sovraindicate i versamenti dovrebbero essere fatti di nuovo nella Cassa del debito pubblico.

Di tale provvedimento del Governo egiziano le diedi un cenno per telegrafo (3), soggiungendo come, a mio avviso, esso debba essere considerato in relazione agli articoli 2, 9 e 14 della legge di liquidazione (V. il doc. 698 XXX) (4); la pregai infine di farmi tosto conoscere le intenzioni del Governo presso cui ella è accreditata.

Confermandole con questo mio dispaccio le istruzioni telegrafiche da me impartitele ...

(l) -Ed. in LV 47, p. 167. (2) -T. 1252, non pubblicato. (3) -T. 630 del 20 settembre 1884, non pubblicato. (4) -R. del 22 luglio 1880 da Alessandria, non pubblicato nel vol. XIII della serie II.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2179. Vienna, 20 settembre 1884 (per. il 24).

Onde pienamente conformarmi alle istruzioni impartitemi dall'E. V. con suo telegramma del 17 sera (1), non solo non ricercai l'occasione d'incontrarmi col conte Kalnoky al suo ritorno da Skierniewice, ma evitai perfino di presentarmi al Ministero in questi giorni, convinto io pure che nelle circostanze attuali è di suprema convenienza per l'Italia di mantenersi nella più assoluta riserva.

Senonché jeri riceveva un biglietto del capo sezione signor de Szogyeny ìn cui era detto che il conte Kalnoky desiderando aver meco un colloquio e le sue numerose occupazioni non permettendogli in questi giorni di venirmi a trovare mi faceva pregare di andare da lui oggi nel pomeriggio. Risposi che mi sarei recato al Ministero alle ore 2 pomeridiane ed infatti mi presentai alla detta ora.

S. E. incominciò tosto a parlarmi del convegno di Skierniewice senza che io vi facessi prima alcuna allusione e mostrassi molto soddisfatto del modo col quale ogni cosa si era passata in quella circostanza perfettamente in armonia col programma che ricordavami avermi in antecedenza accennato ed entrava al proposito in particolari di etichetta che non meritano di trovar posto nel rapporto.

Dicevami poi che «essenzialmente vi si era parlato di quelle questioni che interessano direttamente l'Austria e la Russia» -frase questa abbastanza elastica che non credette spiegarmi maggiormente.

Aggiungevami quindi con marcata intonazione di voce che l'avvenuto convegno nulla ha cambiato all'alleanza fra l'Austria e la Germania come neppure a quella fra l'Italia ed i detti due Imperi; salvo che il pericolo di un'alleanza fra la Francia e la Russia è maggiormente allontanato: la Francia avendo altri affari sulle braccia ed essendovi perfino chi non troverebbe più impossibile la sua alleanza colla Germania; e la Russia dal canto suo essendosi pel momento riavvicinata agli altri due Imperi, sebbene non si possa mai essere sicuri di ciò che può succedere in quel Paese!

Senza prendere speciali impegni si convenne di addivenire a scambio d'idee ogni qual volta che un fatto nuovo si presenterà.

A riguardo della questione d'Egitto si cadde d'accordo sui tre punti che egli già formulava a lord Nortbroock e che mi aveva fatto conoscere (rapporto del 12 corrente n. 2172) (2). A questo proposito egli notava sorridendo che precisamente le notizie testé giunte dal Cairo accennavano ad un assai sensibile strappo dato ad uno di quei tre punti.

In ordine agli anarchisti, questione che interessa in modo speciale i tre Imperi, S. E. dicevami «che sebbene tutti siano stati di parere che qualche cosa deve farsi, pure nulla si conchiuse ».

A più riprese poi egli ripetevami «che in realtà nulla si era fatto in quel convegno, che però il riavvicinamento personale operato fra i tre sovrani porterà sempre buoni frutti, cosa di cui diceva l'opinione pubblica in Europa mostra dal linguaggio dei giornali di essere persuasa, eccezione fatta di quelli italiani».

Con tuono scherzoso poi osservava «che i soli polacchi si mostravano inquieti, sebbene a torto, poiché l'Austria non pensa menomamente a ritirare loro un qualunque dei vantaggi di cui godono ben inteso però, che ove le loro pretese andassero al di là, prima come dopo Skierniewice, la repressione non si farebbe aspettare -(an tapperait terme sur eux) ».

S. E. faceva anche allusione alla inquietudine che serpeggia nella stampa ungherese, che mostra di paventare che l'avvenuto convegno dei tre imperatori possa segnare il principio di una reazione a riguardo dei paesi della Corona di St. Stefano, e studiavasi dimostrarmi con ragionamenti d'indole costituzionale il poco fondamento di quelle apprensioni.

Parlando dei personaggi che accompagnavano l'imperatore di Russia, il conte Kalnoky nominò anche il ministro della guerra, aggiungendolo tosto, come a conferma del suo asserto che nella sostanza l'avvenuto convegno nulla ha cambiato alla situazione preesistente: che la questione militare colla Russia resta tal quale era prima, cioè, che la dislocazione delle truppe russe verso il confine non subisce modificazioni. Questa osservazione è assai importante, poiché l'E. V. ricorderà che più volte, da oltre un anno, il ministro imperiale ebbe a dirmi che se non venivano allontanate dal confine parte delle truppe russe colà ammassate, non era possibile avere fondata fiducia nei pacifici intendimenti del Governo russo.

Sul finire della conversazione, S. E. mi disse poi, che la controvisita dello imperatore Alessandro alla corte di Vienna fu anche convenuta in principio, ma per ragioni facili a comprendersi, essa non si effettuerebbe che allorquando Io czar ravviserebbe la cosa possibile.

A senso delle istruzioni impartitemi, lasciai parlare il conte Kalnoky da principio a fondo, senza interromperlo mai con nessuna interrogazione e senza dimostrare di portare uno speciale interesse a ciò ch'egli dicevami, né di nutrire curiosità di saperne di più; e del pari mi astenni dal ringraziarlo per la fattami comunicazione, sebbene indubbiamente la sua conversazione rivestisse quello speciale carattere. Beninteso che in questa mia riservata attitudine non mostrai affettazione di sorta ed anzi mi studiai di dare al nostro colloquio l'aspetto di un'amichevole conversazione dimostrando di quanto in quanto di portare particolare interesse ai piccoli annedoti estranei alla politica che incidentalmente S. E. ebbe a raccontarmi.

L'impressione che io ebbi a formarmi tanto delle cose dettemi dal conte Kalnoky quanto dal tuono col quale egli accentuò talune delle sue parole è pienamente conforme a quella che già aveva precedentemente.

Non credo che a Skierniewice siano stati stipulati accordi precisi per determinati scopi. La Russia non è entrata perciò nell'alleanza austrogermanica, come del pari non ci entrammo noi, e neppure ha stretta una speciale alleanza coi due altri Imperi. Ammetto assai facilmente che il conte

Kalnoky, il quale evidentemente non mi ha detto tutto, mi abbia però detto il vero asserendomi che in quel convegno nulla si è effettivamente fatto all'infuori del riavvicinamento personale del tre sovrani. Il cammino a farsi per un accordo realmente serio e duraturo fra l'Austria e la Russia è ancora lungi, e forse quell'obiettivo non si potrà mai raggiungere; ma non è men vero che l'avvenimento compiutosi ancorché in esso la forma primeggi di gran lunga la sostanza è sempre un fatto di somma importanza per l'Europa e per noi in particolare, poiché, come dicevami il conte Kalnoky, la precedente nostra Triplice Alleanza non è per niente alterata, non è però men vero che il suo precipuo obbiettivo viene ad essere, come egli facevami chiaramente intendere, di molto allontanato, di tanto anzi che secondo ogni probabilità se un avvenimento di quella natura si riprodurrà, ciò non avverrà che allorquando avremo gli uni e gli altri ricuperato la pienezza di libertà di azione. Non dobbiamo neppure dissimularci, che per intento la pace dell'Europa viene d'acquistare una novella garenzia, locché non è certo senza vantaggio anche per noi, che pur abbiamo ancora tanto a fare per sostenere efficacemente i nostri diritti a fronte di alleati di noi ben più forti (l).

(l) -Cfr. n. 415. (2) -Cfr. n. 404.
422

IL CONSOLE AD ALESSANDRIA D'EGITTO, MACHIA VELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1260. Alessandria, 21 settembre 1884, ore 12,35 (per. ore 14,15).

Je viens de recevoir une communication du gerant le consulat général d' Allemagne par laquelle il m'annon ce qu'il a été autorisé à protester contre la violation de la loi de liquidation si les représentants d'Italie, Autriche-Hongrie et France protestent aussi, que M. Barrère a reçu des instructions analogues et que le gérant de l'agence d'Autriche les attend. Sur quoi, mon collègue d'Allemagne m'invite à m'associer à la démarche d'adresser au Gouvernement égyptien une note identique pour réserver tous les droits lésés par la décision du ministre de Son Altesse. Je n'ai pas besoin de faire remarquer la différence entre cette communication et celle de M. Barrère. Il ne s'agit pas en effet, de nous joindre à une démarche qui semblait déjà arretée, mais la démarche est subordonnée à notre adhésion.

423

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, LUMLEY (2)

D. S.N. Napoli, 21 settembre 1884.

Con nota in data di ieri V. E., per incarico avutone dal suo Governo, ha richiamato la mia attenzione sopra la risoluzione presa dal Governo egiziano

di distrarre temporaneamente, e cioè fino alla chiusura del corrente eserciZIO finanziario (26 ottobre), a beneficio della tesoreria generale quanto sopravanzerà dei cespiti assegnati al servizio del debito privilegiato e del debito unificato dopo l'integrale pagamento degli interessi di entrambi i debiti.

V. E. mi ha anche fatto conoscere le necessità d'ordine finanziario che hanno condotto il Governo vicereale alla adesione dell'attuale provvedimento. In contemplazione di tali necessità, e tenuto conto delle circostanze che la sospensione dell'ammortamento era stata concordemente riconosciuta, nella recente Conferenza di Londra, come indispensabile per l'assetto delle finanze egiziane, il Governo della regina non vedrebbe motivo di opporsi al provvedimento di cui trattasi; e V. E. per istruzione avutane, esprime la speranza che il Governo del re concorra nella stessa opinione circa l'urgente carattere del provvisorio espediente adottato dal Governo egiziano.

Il governo della regina non può dubitare del nostro schietto proposito di agevolare, per quanto sta in noi, l'opera di riordinamento amministrativo, in Egitto, che forma, da parte sua, oggetto di ben legittima preoccupazione. Noi siamo quindi, ora e costantemente, disposti ad esaminare con animo schietto e conciliante quanto ci venga esposto circa i bisogni finanziari dell'Egitto e circa i provvedimenti corrispondenti ai bisogni stessi. Il Gabinetto di Londra vorrà però, dal canto suo, apprezzare con equità e benevolenza le riserve imposteci dal debito nostro di mantenere impregiudicate le comuni ragioni in presenza di tale atto del Governo egiziano che, senza il previo consenso delle Potenze, si discosta dal preciso tema di una legge avente carattere convenzionale tra le Potenze stesse e l'Egitto.

(l) -Per la risposta cfr. n. 433. (2) -Ed. in LV 47, pp. 168-169.
424

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2181. Vienna, 21 settembre 1884 (per. il 24).

La stampa austriaca tiene per intanto un linguaggio, a parer mio, assai riservato nell'apprezzare il convegno di Skierniewice e le sue possibili conseguenze.

Gli organi ufficiosi al di qua della Leytha tacevano fino ad ora assolutamente. In Ungheria invece il Pester Lloyd parlò pel primo ed unisco al presente l'assai notevole articolo del 16 corrente (1) che in ragione della data che porta altro non può essere se non l'espressione delle comunicazioni che il conte Kalnoky ebbe a fare al signor Tisza, prima di recarci a Skierniewice. Nessuno però potrebbe guarentire che il Ministero imperiale degli affari esteri già conoscesse con precisione in antecedenza tutte le questioni che in quell'incontro formerebbero oggetto di trattazione. Del pari l'E. V. converrà meco assai probabile che il cancelliere germanico non abbia aperto per intero

l'animo suo ai due suoi colleghi, essenzialmente intorno al partito ch'egli propone di trarre dagli accordi di natura forse un pò generica che sotto i suoi auspici saranno stati presi dai tre imperatori e formulati dai rispettivi ministri magari in protocollo o per lo meno in processi verbali delle loro conferenze sistema già seguito a Reichstadt, se non erro. L'articolo del Pester Lloyd contiene apprezzamenti piuttosto negativi che positivi, procede cioè, per esclusione delle varie ipotesi che si possono fare. Ma intorno a queste esclusioni, conviene anche andare guardinghi nell'ammetterle per intiero. Non è probabile infatti che la nuova alleanza possa nuovamente assumere la forma di quella del principio del secolo. I tempi troppo sono mutati da quelli perché, anche volendo raggiungere gli stessi scopi, s'impieghino gli stessi mezzi. Certo però si è, che se in oggi la Germania e l'Austria sono Stati costituzionali, le velleità reazionarie non vi arieggiano meno nei rispettivi Gabinetti che a Pietroburgo. Anche in ciò non vi ha differenza che nella forma. I tre Governi imperiali non s'immaginano naturalmente di soffocare la libertà in Inghilterra Francia ed Italia, ma chiaro si è che la loro azione comune tende e tenderà sempre più a paralizzare l'azione in Europa di quei tre Stati, risultato che forse intendono raggiungere con quei mezzi che già in questi ultimi tempi ebbero ad impiegare con successo.

Per quanto riflette l'Itali.a in particolare certo si è che l'alleanza che la stringeva alla Germania ed Austria ha perduto oggi il principale, per non dire l'unico, suo obbiettivo. La pace dell'Europa, quella pace almeno che permette al principe di Bismarck l'incontestabile svolgimento dei suoi piani, è assicurata anche senza il nostro concorso. L'alleanza della Germania e dell'Austria coll'Italia ha prodotto il convegno di Skierniewice. Ora e fin che dura l'attuale costellazione, si può far senza di noi e vano sarebbe nutrire contrarie illusioni. Questa è una verità che può dispiacerci ma che non dobbiamo dissimularci malgrado che per correttezza di forma si ravvisi opportuno a Vienna -con l'autorizzazione di Berlino -di alzare a nostro favore alquanto il velo che nasconde le segrete cose.

Unisco anche al presente l'articolo comparso nel Fremden Blatt di stamane che è in perfetta analogia col precedente del Pester Lloyd (1).

(l) Non pubblicato.

425

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, NIGRA, A PIETROBURGO, GREPPI, A VIENNA, DI ROBILANT, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, E A PARIGI, RESSMAN

T. 638. Roma, 23 settembre 1884, ore 16,40.

Me référant à mon télégramme du 20 ,(2) reproduis ici la conclusion de la note que je viens d'adresser à l'ambassadeur d'Angleterre en réponse à la

sienne dont il est question dans le dit télégramme. Le Gouvernement de le reine ne peut pas douter de notre vif désir de lui faciliter, pour ce qui nous concerne, la réorganisation administrative de l'Egypte qui est de sa part l'objet d'une préoccupation légitime. Nous sommes par conséquent disposés dès-à-présent, et nous le serons toujours à prendre en examen, avec esprit conciliant, toute communication qui nous se voit adressée concernant les nécessités financières de l'Egypte et les moyens d'y faire face.

Le Cabinet de Londres doit toutefois de son còté apprécier avec équité et bienveillance les mesures, qui nous sont imposées par l'obligation où nous nous trouvons de maintenir impréjugés nos droits communs en présence d'une mesure prise par le Gouvernement égyptien sans le consentement préalable des Puissances et en opposition avec une loi ayant caractère conventionnel entre ces mémes Puissances et l'Egypte.

(l) -Non pubblicato. (2) -T. 631, non pubblicato.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, NIGRA, A PIETROBURGO, GREPPI, A VIENNA, DI ROBILANT, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, E A PARIGI, RESSMAN

T. 639. Roma, 23 settembre 1884, ore 16,40.

Le chargé d'affaires d'Autricl1e-Hongrie me dit que l'Angleterre a fait à Vienne une communication analogue à celle faite à Rome, et que le comte Kalnoky a répondu en constatant que quelle que fut l'appréciation dont la situation financière en Egypte est susceptible, on ne saurait admettre qu'une des parties contractantes piìt, sans entente préalable avec les autres, porter atteinte à l'engagement mutuel.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA (l)

D. 507. Roma, 23 settembre 1884.

Le ho telegrafato poc'anzi (2) che, malgrado il vivo nostro desiderio di non suscitare difficoltà al Governo britannico, era evidente che non potevamo ammettere nel Governo egiziano la facoltà di modificare, senza il previo consenso delle Potenze, né la legge di liquidazione, né qualsiasi altro obbligo da esso contratto colle Potenze stesse. Non solo ciò costituirebbe un precedente troppo

pericoloso per gl'interessi della numerosa nostra colonia in Egitto; ma sarebbe altresì un atto lesivo delle garanzie politiche di prim'ordine, affidate in Egitto, come altrove, al rispetto dei trattati e degli accordi internazionali; mentre poi un diverso atteggiamento per parte nostra non avrebbe per l'Inghilterra alcun pratico valore.

È manifesto d'altronde che non basta, per giustificare il provvedimento preso dal Governo egiziano, invocare l'adesione unanime che una eventuale sospensione temporanea dell'ammortamento incontrò nella Conferenza di Londra, poiché nessuna conclusione fu adottata nella Conferenza stessa, e dalle opinioni emesse nel corso dei suoi lavori non deriva obbligo alcuno per l'avvenire.

Queste considerazioni sono così perentorie che il Governo britannico deve comprendere come ci sia impossibile di non formolare, noi pure, le nostre riserve allo scopo di mantenere integra ed impregiudicata la questione di diritto. Né è fuor di luogo avvertire che lo stesso commissario britannico presso la Cassa del debito pubblico ha firmato unitamente al suo collega austriaco (gli altri commissari essendo in questo momento assenti dal Cairo) la protesta contro il provvedimento del Governo egiziano.

Ciò che precede riguarda la questione di forma e di metodo. Per ciò che si riferisce alla sostanza della questione, le nostre disposizioni sono sempre conciliantissime, e, come per il passato, siamo mossi dal desiderio di evitare all'Egitto le complicazioni che sorgerebbero inevitabilmente dalla rovina delle sue finanze. Epperò, qualora il Governo egiziano soprassedesse nell'esecuzione dell'ordine dato dal Ministero delle finanze, per chiedere anzitutto l'adesione delle Potenze a questa deroga alla legge di liquidazione, il Governo italiano, prendendo per norma le considerazioni già apprezzate dalla Conferenza, e volendo fare atto di amichevole condiscendenza verso il Gabinetto di Londra, sarebbe, in quanto lo concerne, disposto a far buona accoglienza a tale domanda, alla condizione tuttavia che la nostra adesione possa, mercé l'adesione altresì delle altre Potenze, avere pratica efficacia. L'E. V. è meglio d'ogni altro in grado di far apprezzare a lord Granville l'aspetto sotto il quale il Governo del re considera questa questione. Confermatole così il mio telegramma d'oggi ...

(l) -Ed. in LV 47, pp. 174-175. (2) -T. 643 del 23 settembre 1884, non pubblicato.
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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3608. Berlino, 24 settembre 1884 (per. il 28).

Ha destato qui non poca attenzione la circostanza che al suo ritorno da Skierniewice, il principe di Bismarck abbia avuto frequenti colloquii con questo ambasciatore di Francia. Ed oggi è oramai accertato che il cancelliere dell'Impero, il quale partì sabato sera per Friederichsruhe si recò due giorni innanzi a fare visita al barone Courcel. Codesti colloquii porgono in certo modo la conferma di quella specie di riavvicinamento che da poco tempo in qua si è verificato fra i due rispettivi Governi. Qui si crede generalmente che i

colloqui! fra i due personaggi abbiano avuto per iscopo di concretare una linea di condotta da seguirsi di comune accordo con la Francia per rispetto al nuovo stadio in cui pare che sia oggi entrata la quistione di Egitto. Né si dubita che con la Germania non sieno parimenti di accordo l'Austria-Ungheria e la Russia.

Il linguaggio adoperato dal segretario di Stato per rispetto al provvedimento testé annunciato dal Governo egiziano, e di cui è cenno nel mio rapporto del 22 corrente n. 3606 di questa serie (1), è tale da lasciare intravvedere che il Gabinetto di Berlino non intenda rimanersi inerte di fronte al passo a cui, per suggestione del Gabinetto di Londra, si è spinto il Governo egiziano. Ora si presume che se in seguito alla protesta delle Potenze una azione diplomatica sarà giudicata necessaria, questa assai probabilmente sarebbe in certa guisa avviata dalla Francia, la quale agirebbe in prima linea traendo seco le altre Potenze, sicura come essa sarebbe di sentirsi spalleggiata dalla Germania. A questa importa principalmente di vedere la Francia sempre più impegnata in imprese che allontanino gli animi da una guerra di rivincita sul Reno. Ed inoltre il bisogno di dare una lezione all'Inghilterra, la quale chiuse così bruscamente la Conferenza di Londra, è pure un altro motivo che spinge il principe di Bismarck a permettere che la Francia si accinga ad esercitare un'azione preponderante in Egitto a danno della influenza inglese.

La stampa officiosa è assai parca di esplicite manifestazioni su questo argomento. Senonché essa non dissimula completamente rimpetto alla stampa inglese la sua meraviglia di cedere che la libertà d'azione arrogatasi dell'Inghilterra in Egitto, debba, secondo i giornali del Regno Unito, includere il privilegio di non rispettare i patti internazionali.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3609. Berlino, 24 settembre 1884 (per. il 28).

L'E. V. si compiacque indirizzarmi in data del 18 settembre un telegramma (2), col quale ella mi traccia una linea di condotta, che questa r. ambasciata aveva anticipatamente seguita per conto suo, almeno per ciò che concerne l'astensione da ogni interpellanza diretta e da ogni iniziativa intesa ad ottenere comunicazioni formali di quanto fu concretato nel convegno di Skierniewice. E difatti, come appare dal precedente carteggio di questa r. ambasciata, sia quella fase preparatoria del convegno dei tre imperatori, sia più tardi, discorrendo con gli organi ufficiali di questo Governo intorno a cotesto tema si è avuto cura di non parlarne se non in modo da escludere ogni carattere inquisitivo.

Le istruzioni implicitamente impartitemi col precitato telegramma marcano ancora meglio i confini della riservatezza di contegno da osservare, ed io porrò ogni studio, perché la mia condotta continui a mantenersi scrupolosamente nel campo prescritto. Il sentimento della nostra dignità c'impone una simile riserva; ed a noi conviene difatti aspettare che i Gabinetti dei tre Imperi rompano da sé il loro silenzio per vedere post tactum sino a qual punto vadano le loro eventuali confidenze. Per parte mia lascerò la parola al Gabinetto di Berlino, se mai questo si decidesse a prenderla, ed in questo caso mi contenterò di pigliare semplicemente nota di ciò che quì mi si vorrà partecipare e di riferirlo fedelmente al Governo del re. Ma prevedo sin d'ora che non sarà certo il Gabinetto di Berlino quello che per il primo romperà il silenzio: ed è anzi più probabile che da Vienna o da Pietroburgo ci potremo attendere qualche confidenza.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 415.
430

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 650. Roma, 25 settembre 1884, ore 18.

Il ne parait guère probable qu'on se décide à Londres à faire suspendre la mesure prise au Caire. Il ne me parait pas probable non plus qu'on consente à èe que les sommes qu'il s'agissait de détourner restent en dépòt jusqu'à entente avec les Puissances, le dissentiment de la France étant évidemment irrémovible. Est-on à Londres décidé à passer autre? Quelle est l'appréciation de lord Granville au sujet de l'attitude probable des Puissances en pareille hypothèse? On a dù à Londres se préoccuper de ces différentes éventualités. J'attacherais beaucoup de prix à ce que V. E. profite de son entretien avec lord Granville pour chercher à pénétrer sa pensée et à vous faire une idée de ses prévisions.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, NIGRA, A PIETROBURGO, GREPPI, A VIENNA, DI ROBILANT, AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, A PARIGI, RESSMAN, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 651. Roma, 25 settembre 1884, ore 18.

Le chargé d'affaires d'Autriche-Hongrie me dit en ce moment que la France propose d'insérer dans la protestation une demande formelle pour la révocation de la mesure prise par le Gouvernement égyptien et que le comte Kalnoky a donné instruction à son agent au Caire d'adhérer à cette proposition si tous ses collèguas reçoivent instruction analogue.

432

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 652. Roma, 25 settembre 1884, ore 22,55.

Il est bien entendu que, l o vous ne devez prendre aucune initiative; 2° que vous ne devez énoncer de protestation quelconque que dans le cas où tous vos quatre collègues en feraient de meme; 3° que dans le cas où les représentants protesteraient chacun pour son compte, vous devez préférer la forme la plus curtoise et amicale, vous bornant à une communication verbale si meme un seui de vos collègues procédait de cette forme; 4° que dans le cas d'une démarche séparée de votre part vous devez faire bien ressortir que notre réserve ne touche point au fond de la question, mais qu'elle concerne exclusivement le question de forme, c'est-à-dire la non observation de la loi de liquidation; 5° enfin que dans le cas d'une démarche collective ou identique vous ne devez pas vous y associer que si elle se réfère exclusivement à la dite questione de principe, en évitant soit toute expression blessante pour l'Egypte, soit toute atteinte à la question de fond. Si la protestation identique ou collective de vos collègues ne répond pas à cette condition ou bien si elle contient une démarche de révocation ou une déclaration de nullité de la mesure dont il s'agit vous devez vous abstenir de vous y associer et vous borner à une communication séparée visant exclusivement la question de principe et énonçant simplement l'espoir que le Gouvernement égyptien veuille bien considérer s'il ne lui convient de suspendre l'exécution de la mesure annoncée pour laisser lieu à une entente préalable avec les Puissances.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 1750. Roma, 25 settembre 1884.

Ho ricevuto il rapporto del 20 settembre (1), relativo al convegno di Skierniewice, ed al colloquio che ella ebbe su quell'argomento col conte Kalnoky. L'atteggiamento assunto da V. E. mentre il ministro austro-ungarico degli affari esteri le teneva discorso dell'incontro dei tre imperatori era quello che meglio rispondeva alla nostra dignità, e mi preme di manifestare la mia approvazione per lo squisito tatto col quale ella adempi le istruzioni da me impartitele a tale riguardo.

Le gravi considerazioni che le sono suggerite da un avvenimento, del quale sarebbe pericoloso il dissimularsi l'importanza s'impongono alla meditazione del Governo del re; ed io le sono grato di avermi svelato il suo pensiero colla sua abituale franchezza.

(l) Cfr. n. 42l.

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IL MINISTRO IN CINA, DE LUCA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. RISERVATISSIMO S. N. Shangai, 25 settembre 1884 (per. 1'8).

Vi sono ormai indizi sufficienti da far credere che il conflitto franco-cinese non abbia un interesse puramente asiatico, ma che collimi anche alla politica delle grandi Potenze occidentali. Tutte le legazioni qui hanno istruzioni apparenti dì mantenere la più stretta neutralità; ma a giudicare dal loro contegno generale deve ritenersi che la Russia sia amica e potrebbe all'occorrenza diventare alleata in Asia della Francia; che l'America favorisca apertamente la Cina, non per considerazioni dì politica europea, ma per programma sinofilo adottato in Washington da più anni; che la Germania miri a tenere lontano ogni compromesso tra la Francia e la Cina, e forse a nutrire più che a spegnere il fuoco; e che l'Inghilterra tentenni fra i suoi interessi commerciali e i suoi interessi politici, i primi compromessi e i secondi favoriti da una guerra seria in cui la Francia potesse ora impegnarsi nello Estremo Oriente.

Questo è il criterio che ho potuto formarmi della posizione, stando qui in Shangai e non in Pechino. Ma quando anche m'ingannassi, resta sempre un fatto poco contestabile; ed è che queste complicazioni tra Francia e Cina non debbano esserci indifferenti. Esse possono avere una importanza indiretta anche per noi, in rapporto alla nostra politica europea.

In presenza, intanto, di questa condizione di cose, io debbo rispettosamente rassegnare a V. E. che sono privo di qualunque istruzione, o d'una indicazione anche remota dello indirizzo a seguire. Per modesta e insufficiente che sia tuttora la installazione della legazione d'Italia in Cina, non si rimane cinque anni in un paese come rappresentante d'una Grande Potenza e in buoni rapporti con tutti, senza acquistare qualche credito ed influenza, che al momento opportuno potrebbero tornare utili al patrio Governo.

Quando fui destinato in Cina, circa sei anni or sono, mi si accennò come norma generale una linea dì condotta, che fosse di preferenza conforme a quella della legazione di Germania. Queste istruzioni generali non mi furono mai modificate, e niente mi è stato più facile e grato che adempirle in tempi normali. Ma ora trattasì d'interessi molto più seri e di un ordine molto più elevato, che le tasse di transito e l'etichetta dei rapporti tra consoli e mandarini. Debbo io ritenere che quelle sole istruzioni datemi cinque anni or sono vigano tuttavia? O debbo io seguire, senza la minima divergenza e senza alcun riguardo a precedenti, una rigorosa linea di neutralità?

Né è solo d'istruzioni che io manco, ma anche di semplici informazioni, che mi sarebbero assai utili. Sono tre mesi che dura questa seria tensione di cose. Io ho spedito nel frattempo parecchi telegrammi che potevano dare un concetto della posizione, la quale ha dovuto e deve certamente preoccupare le corti europee. Avrei dunque potuto nel frattempo ricevere o per telegrafo

o per posta, qualche comunicazione, da cui mi risultassero gli apprezzamenti del vari Gabinetti e che in difetto di esplicite istruzioni avrebbe potuto fornirmi qualche norma.

Mi permetta pertanto V. E. di esprimerle il mio desiderio che mi si addìmostri un poco più di quella fiducia, cui il mio grado, la mia età, la circostanza di trovarmi sul teatro degli avvenimenti, e 33 anni di servizi prestati al mio Paese, mi danno qualche titolo.

Non è impossibile che al giungerle di questo foglio la vertenza francocinese abbia già avuto una soluzione. Nella mia corrispondenza di queste ultime settimane ho accennato a più d'una eventualità che potrebbe condurre a questo risultato. Essa ove ciò non avvenga, io supplico caldamente V. E., nell'interesse del servizio più che mio, di volermi spedire un telegramma in cifra che corrisponda, per quanto è possibile al desiderio da me espresso.

435

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALVANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. S.N. Roma, 27 settembre 1884, ore 13,05.

Il telegramma di V. E. di ieri sera (2) mi ha lasciato grande dubbio e perplessità. Però dopo attenta meditazione non mi è sembrato di poter prendere sopra di me la responsabilità di spedire a De Martino un telegramma che gli ordinasse, se pure ne era in tempo, di rimettere una dichiarazione identica a quella dei quattro colleghi. Da una parte la supposizione che l'Italia sia stata esclusa dallo scambio di idee che precedettero la rimessione della nota non potrà farsi che da coloro i quali criticheranno sempre e in ogni ipotesi l'opera del Governo quale che essa sia, d'altra parte poi mi sembra che il nostro testo speciale si discosti anche nella sostanza da quello delle altre Potenze non contenendo essa le due dichiarazioni della nullità del provvedimento e della responsabilità delle conseguenze a carico del Governo egiziano che vuol quanto dire del Governo inglese. Mi sembrano quindi derivare per noi questi tre vantaggi, primo di riservarci una maggiore libertà di azione nel caso in cui le quattro Potenze, prendendo le mosse dalla loro attuale duplice dichiarazione, volessero proseguire contro l'Inghilterra una campagna diplomatica di cui sarebbe difficile prevedere le vicende; secondo di farci apparire conseguenti al contegno da noi tenuto nella Conferenza di Londra ove non esitammo a prendere una posizione speciale dal momento che questo poteva giovare ai nostri particolari interessi; terzo e sopratutto di conservarci la benevolenza e fiducia dell'Inghilterra e degli agenti inglesi in Egitto, come ce ne assicura il De Martino col suo secondo telegramma di ieri riferentesi appunto ad una nostra nota diversa da quella delle altre Potenze. Da questo punto di vista è certo che il solo fatto di non avere noi partecipato allo nota identica sarà grandemente apprezzato dal Governo inglese il quale

già ci faceva rimprovero del nostro accordarci con quella che lord Granville chiamava una coalizione ostile alla Inghilterra. Se V. E. approva queste considerazioni me ne gioverò per fare eventualmente apprezzare la nostra nota sia a Londra sia alle altre ambasciate.

(l) -Da M.C.R., Carte Mancini. (2) -Non pubblicato.
436

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALVANO (l)

T. s. N. Napoli, 27 settembre 1884, ore 15,15.

Nigra colla sua lentezza ha scemato valore alle nostre confidenziali comunicazioni a Londra. Tante le prime quanto le successive più specificate possono essere verbalmente e confidenzialmente portate a cognizione di Granville. Non capisco però ciò che Nigra intenda per nostre ultime istruzioni a De Martino perché ignoro se ieri sera voi inviaste a quest'ultimo l'ordine di associarsi se ne fosse ancor tempo al testo identico delle altre quattro Potenze. Evidentemente se quest'ultima eventualità non si è verificata, sarebbe inutile questa comunicazione a Granville e sussiste l'utilità delle precedenti purché il testo della nota di De Martino sia stato diverso. Mi rimetto ad altro telegramma poco innanzi inviatovi (2). Insisto specialmente doversi verificare come e perché mai gli altri quattro rappresentanti al Cairo si concertarono inviando la nota identica a Nubar senza comunicarla previamente a De Martino e l'attendere che su di essa egli ricevesse le definitive istruzioni. Se mancò a De Martino questa notizia preventiva, gioverà informare le nostre ambasciate di Berlino e di Vienna spiegando così le diverse formule della nostra protesta.

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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALISSIMO RISERVATO 806/1287. Londra, 29 settembre 1884 (per. il 3 ottobre).

Continuo il mio rapporto d'oggi n. 804 di serie politica (2).

Nell'abboccamento che ebbi con lord Granville, Sua Signoria mi palesò il sospetto che, dopo aver protestato contro il temperamento finanziario del Governo egiziano, le Potenze volessero procedere più oltre ed intentare un'azione giudiziaria al medesimo.

In questa ipotesi lord Granville fa assegnamento, sin d'ora, sui sentimenti amichevoli del Governo italiano, di cui l'E. V. gli diede pruova durante la Conferenza.

Ecco, presso a poco, le parole dettemi da Sua Signoria.

31 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XVII-XVIII

Non desidero discutere se era oppur no obbligatorio ai commissari del debito pubblico egiziano di protestare contro il decreto che sospendeva il fondo di ammortamento. Porto però opinione che il procedere oltre la protesta, e l'intentare un'azione giudiziaria contro il Governo egiziano, è, fuori d'ogni dubbio, una questione d'apprezzamento.

M'è noto che né il Governo italiano, né l'inglese hanno poteri sui loro commissari rispettivi; ma l'uno e l'altro Governo possono esercitare un ascendente sopra di essi.

Non ha ragioni da affermare che alcuna delle Potenze abbia l'intenzione di fare una tal mossa; ma, ln caso ciò fosse, se il commissario italiano ricevesse istruzioni di unirsi al comissario inglese, sarebbe in suo potere d'impedire un grave scandalo che non avrebbe altro risultamento che inasprire le cose.

Risposi che non avevo istruzioni di sorta dall'E. V. a tal proposito; ma che, se avessi potuto argomentare dai sentimenti a me noti della E. V. verso il Governo inglese, non avrei quasi esitato ad asserire che l'istanza del Governo inglese sarebbe da lei bene accolta.

P. S. Lord Granville pone somma importanza a che questa comunicazione sia nota all'E. V. soltanto.

(l) -Da M.C.R., Carte Mancini. (2) -Non pubblicato.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 1697. Roma, 30 settembre 1884.

Il r. ministro al Montenegro mi riferisce (l) che i lavori per la delimitazione della frontiera fra il Montenegro e la Turchia sono di nuovo sospesi. I commissari montenegrini che si trovano a Berave per trattare con Assyne pascià sono ritornati a Cettigne, non potendosi proseguire i negoziati in seguito alle continue dilazioni del delegato ottomano, il quale per ogni menoma difficoltà allegava dover chiedere istruzioni a Costantinopoli.

In tale modo resta di nuovo aggiornata la definizione di questa vertenza che sarebbe interesse ben inteso della Sublime Porta di veder terminata.

Informo di quanto precede l'E. V., onde veda, presentandosi l'occasione propizia, di tenere a questo proposito un linguaggio amichevole e persuasivo coi ministri del Sultano per indurii a rimuovere le difficoltà che si interpongono ancora per la soluzione di questa vertenza.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2183. Vienna, 30 settembre 1884 (per. il 5 ottobre).

S. M. il Re d'Ungheria apriva jeri la nuova legislatura del Parlamento ungherese con un discorso della Corona che altro non è se non la perifrasi del

programma esposto dal signor Tisza ai suoi elettori di Gross wardeiner. In esso si dichiara urgente la riforma della Camera alta e conveniente il prolungamento del mandato legislativo dei deputati e si accenna anche alla presentazione di leggi per combattere gli attriti fra le varie nazionalità o confessioni nonché per impedire le mene dirette contro le classi sociali.

Dal punto di vista europeo, ciò che maggiormente si ha a notare in quel discorso, vi è il passo che si riferisce alle relazioni cogli esteri Stati. A questo riguardo, S. M. pronunciò le seguenti parole:

«Le nostre relazioni colla Germania sono le più intime possibili, e stiamo del pari coi rimanenti Stati nelle migliori relazioni amichevoli, locché ci fa con sicurezza sperare che potrete, senza timore di complicazioni estere, svolgere la nostra operosità pel bene dei nostri fedeli ungheresi ».

Quelle parole produssero sì ìn Austria che in Ungheria un'impressione straordinaria, ed infatti, che all'indomani del convegno di Skierniewice non si faccia menzione che delle più possibili intime relazioni colla Germania e si confonda quindi i rapporti colla Russia con quelli che la Monarchia mantiene con tutti i rimanenti Stati del mondo, è la miglior prova di ciò che fu sempre presentito, ma non mai fino ad ora così chiaramente detto; che, cioè, la cura unica della politica dell'Austria-Ungheria si è l'alleanza colla Germania, alleanza a cui altri Stati potranno accostarsi, senza però mai entrare a farne parte come terzi o quarti che si voglia. Parmi che difficilmente si sarebbe potuto solennemente affermare quel fatto in meno dubbia maniera, poiché pur di esprimerlo colla più assoluta chiarezza, si è fin anco passato sopra a certi riguardi di cortesia che in simili occasioni non sogliono trascurarsi.

Ad ogni modo certo si è, che il linguaggio che venne messo in bocca al sovrano in questa circostanza, porta nuova luce sul convegno di Skierniewice e ben dimostra che esso non ebbe poi tutta quella portata che le apparenze sembravano volergli dare.

(l) R. 60 del 22 settembre 1884, non pubbllcato.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2184. Vienna, 30 settembre 1884 (per. il 5 ottobre).

Il corrispondente viennese del giornale Standard, pur di lanciare una notizia a sensazione, telegrafa che il conte Kalnoky, immediatamente dopo il suo ritorno da Skierniewice, riceveva in udienza il nunzio apostolico, e lo informava dei particolari dell'avvenuto convegno dei tre imperatori. Come di ragione la stampa amica del Vaticano accoglieva quella notizia con gioja e senza vagliarla e vi fabbricava su tutto un edificio di suo gusto.

L'E. V. però, se avrà letto la suaccennata notizia, non avrà mancato di rilevare ch'essa era contraddetta dal fatto da me riferitole, che precisamente in quell'epoca monsignor Vannutelli si trovava non a Vienna, ma in Ungheria, circostanza codesta che fu mia cura di nuovamente verificare, e che mi risultò esattissima. Sono quindi in grado di smentire nella più formale maniera la suacennata notizia dello Standard.

Avendo così dovuto ritornare sull'argomento del viaggio di monsignor Vannutelli in Ungheria, devo rilevare il fatto, che solo, fra i diplomatici accreditati presso la corte imperiale, egli assisteva jeri alla solenne apertura della Dieta ungherese, ch'egli vi fu oggetto di speciali onoranze. In tutto ciò nulla vi ha di straordinario.

Se io, od un qualsiasi altro collega, si fosse trovato a Pest in questi giorni, eguale invito non ci sarebbe mancato, e pari cortesie ci sarebbero state usate, poiché gli ungheresi amano molto che gli ambasciatori esteri presenzino le loro solenni funzioni politiche. Non è però men vero che il caso volle, che il nunzio si trovasse, solo diplomatico, a Pest in quel giorno e quindi la sua presenza mentre il sovrano pronunciava il discorso d'apertura del Parlamento non potrà a meno di fare impressione tanto in Ungheria che all'estero essendo una manifestazione dell'accordo in oggi esistente fra il Vaticano e l'indirizzo politico a cui l'alto clero ungherese chiaramente dimostra di essersi appigliato.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 434. Parigi, 2 ottobre 1884 (per. il 5).

Il signor Ferry, ritornato dal suo congedo, tenne ieri al Quai d'Orsay il solito ricevimento ebdomadario del corpo diplomatico estero. Essendomivi recato, io anzitutto espressi il mio rincrescimento di non aver potuto conferire personalmente con S. E. durante i giorni nei quali si agitava la questione dei passi da farsi al Cairo in seguito alla soppressione dell'ammortamento. «Essendomi note le istruzioni che da S. E. Mancini furono date al commendatore De Martino, credo », dissi, « credo, e vi fo quest'osservazione per Inio conto ed in via puramente confidenziale, che l'adesione dell'agente italiano alla nota identica concertata al Cairo tra i rappresentanti delle quattro Potenze non sarebbe stata impossibile ad attenersi, se si fosse proceduto altrimenti, e se il commendatore De Martino avesse preso parte alla sua redazione. Conformandosi alle istruzioni del suo ministro, il nostro agente avrebbe probabilmente trovato troppo forte ed anche superflua la frase della vostra protesta che considera la decisione del Governo egiziano come nulla e non avvenuta; ma ad agni modo suppongo che conoscete il tenore della nota indirizzata a Nubar pacha dal commendatore De Martino, ed essa esprime in fondo la stessa riserva, e contiene anche la precisa parola protesta,.

Eppure, mi rispose il signor Ferry, con questo modo di procedere aveste i ringraziamenti dell'Inghilterra e del Governo egiziano. Egli poi mi disse che fino dal primo momento, l'agente italiano al Cairo era stato invitato a partecipare alla redazione di una protesta identica contro la sospensione dell'ammortamento, ma che egli rispose che le sue istruzioni non erano abbastanza chiare e che perciò egli dovrebbe chiedere ed aspettare istruzioni più precise.

Intanto premeva che alle minaccie succedesse prontamente l'azione, e tre giorni essendo trascorsi senza che questa avesse convinto il Governo egiziano dell'intenzione vera delle Potenze, si dovette non più indugiare a redigere la nota di protesta ed a rimetterla.

Non mi sarebbe sembrato prudente né convenevole l'insistere di più su quell'argomento. I precedenti, la premurosa ed incondizionata adesione del Governo italiano alla proposta di lord Granville per la riunione della Conferenza di Londra, adesione già data quando il signor Ferry ci proponeva uno scambio di idee preliminare, il contegno tenuto dal rappresentante italiano nella Conferenza stessa, tutto poteva far presumere al Governo francese e fors'anche ad altri Gabinetti, che l'Italia agirebbe a modo proprio in quest'ultima fase della questione finanziaria egiziana, ed a me non importava di farmelo dire dal signor Ferry.

Chiesi poscia al ministro degli affari esteri se egli avesse qualche informazione intorno a ciò che fosse succeduto o fosse per succedere alla protesta delle Potenze, e quali fossero le sue previsioni. S. E. mi disse che non sapeva altro dopo la recente nota circolare inglese, relativa al pagamento delle indennità in Egitto. Il Gabinetto inglese vi si dice convinto dell'urgenza di assestare quella questione, ma dichiara che ciò dipende dal regolamento della questione generale delle finanze, e che esso attende pei primi di novembre una relazione di lord Nortbrook, e sarà allora in grado di mettersi nuovamente a tale riguardo in comunicazione colle Potenze. Il signor Ferry aggiunse che dopo ciò conveniva aspettare le proposte di lord Granville, ed espresse l'avviso che queste mireranno ad una nuova riunione della Conferenza, o la renderanno almeno necessaria.

Stando ad un articolo del Times, del quale vedo oggi un sunto telegrafico, l'opinione a Londra sarebbe invece recisamente avversa a questo spediente (1).

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IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 434. Assab, 3 ottobre 1884 (per. il 20).

L'E. V. avrà ricevuto direttamente le diverse communicazioni del signor Luccardi, r. agente consolare in Massaua, relative alla situazione fatta agli europei nel Paese dei Bogos, dopo il trattato conchiuso dagli inglesi con l'Abissinia, il quale implica la cessione di quel territorio all'imperatore Giovanni d'Abis

«Ringraziare ed approvare il linguaggio tenuto col signor Ferry. Dopo aver posto in sodo il fatto che si fece mancare al nostro agente in Egitto il modo di concertarsi con l colleghi, e scgnatamente con quello di Francia, per la compilazione In comune di una nota Identica, sarebbe riuscita intempestiva ed inopportuna una discussione circa l'indirizzo presente della nostra politica in Egitto, essendo innegabile che mentre a noi sembra equo di evitare tutto ciò che possa accrescere le difficoltà dell'Inghilterra, il Governo francese è ben lungl dallo ispirarsi a questocriterio ». ll'J. base a tali istruzioni venne redatto il D. 411 del 6 ottobre 1884, indirizzato all'ambasciata a Parigi, non pubblicato.

sinia. La trasmissione diretta di quelle comunicazioni, per mezzo della r. agenzia diplomatica in Cairo, avrà già permesso all'E. V. di prendere in considerazione i reclami degli italiani interessati, e di dare in proposito le necessarie istruzioni; epperciò mi basta oggi l'accennarne all'E. V. per semplice formalità d'ufficio, mentre per la mancanza di relazioni tra questo commissariato e le autorità egiziane ogni altra ingerenza mi riuscirebbe difficile. Mi accontentai di dare a quell'agente consolare quei suggerimenti e consigli che reputai più del caso per la tutela degli interessi italiani in Massaua e vicinanze, e lo invitai a tenere informata di tutto l'E. V. e la r. agenzia in Cairo.

Ora che abbiamo visto gli inglesi occupare tranquillamente e naturalmente tutto il littorale da Berbera a Tagiura; ora che i francesi si stabiliscono definitivamente in Obock, e non potendo estendersi al Sud, cercano di estendere i loro confini al Nord, a detrimento anche dell'inviolabilità del territorio di un nostro protetto il sultano di Raheita, l'avvenire di Massaua ed ogni modificazione al suo statu quo non può a meno di essere anche collegato ai destini di questo possedimento di Assab, e dovrà in conseguenza interessare il r. Governo.

L'Egitto impotente si ritira e fa abbandono più o meno volontario e definitivo di tutto questo littorale africano da Suakim sul Mare Rosso a Berbera sull'Oceano. A me non spetta di tirarne deduzioni; ma dovendomi occupare degli interessi di questa colonia e della possibilità di svilupparli, mi sia lecito dire, che, per impedire un completo nostro accerchiamento, e favorire l'incremento futuro di questo possedimento italiano, è per noi assolutamente necessario di essere padroni dei diversi sbocchi dall'interno a questo mare, quindi necessità per noi di mantenere Raheita al sud, e di estenderci al nord facendo nostro Beilul che, più di ogni altro punto di questa costa, è sempre stato ed è lo sfogo delle carovane a mare, sia per la strada molto più agevole, sia per le attitudini della sua popolazione, gente intraprendente, già da tempo in relazione con i mercati dell'interno, e che dispone di mezzi pecuniari e di cammelli per la facile organizzazione di carovane (ciò che manca tanto in Assab che in Raheita). Il Governo egiziano senza mai ingerirsi delle questioni interne di quel Paese, vi mantiene un presidio nominale che, dopo i fatti dolorosi di Beilul, portò a 200 soldati, mentre poi andò man mano riducendolo, ed attualmente vi saranno appena una trentina di soldati rinchiusi e trincerati in un fortilizio di terra.

A nord di Beilul le tribù dancale si estendono sino quasi a Massaua, e sul littorale sono dieci i villaggi principali governati dai propri sceikt o capi, senza ingerenza alcuna dell'Egitto, che tentò anni addietro di occuparsene per semplice formalità. Tutte quelle popolazioni non sarebbero aliene dal mettersi sotto la protezione di un governo civile, e l'Italia estendendo la sua influenza sopra tutto il Paese dancalo non ne avrebbe certamente un vantaggio immediato, tanto per l'indole di quelle popolazioni quanto per la natura del suolo infertile e poco produttivo ma si assicurerebbe sempre più il monopolio degli additi all'Abissinia. Le jeu ne vaudrait peut-etre pas la chandelle, sono il primo a confessarlo, ma stabilito, come è, che dobbiamo rimanere in Assab, ed ammesso che l'estenderci sul litorale più o meno nominalmente non abbia

da suscitare complicazioni diplomatiche, sembra utile il farlo, o meglio, considerando le tendenze del vicinato, premunirei perché altri non lo faccia a nostro detrimento.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:

(2) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo TII, cit., pp. 65-66.

443

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. CONFIDENZIALE 3616. Berlino, 4 ottobre 1884 (per. il 7).

La prima origine di quella specie di malumore che si generò testé nell'animo del principe di Bismarck verso il Governo inglese, rimonta, come l'E. V. ben sa, all'epoca in cui il Gabinetto di Berlino chiese a quello di Londra, di conoscere se mai l'Inghilterra avesse avuto da fare valere diritti di sovranità sul territorio di Angra-Pequefla e adiacenze. La risposta del Gabinetto di San Giacomo, contrariamente alle aspettazioni del cancelliere dell'Impero, non fu sollecita né concepita in termini tali da soddisfarlo pienamente. Codesto malumore crebbe in seguito al modo brusco con cui lord Granville sciolse le riunioni della Conferenza di Londra, tanto che, quando ebbe luogo il convegno di Skierniewice il principe di Bismarck, che prima erasi inteso col Governo francese, pervenne a stabilire un accordo fra' tre Imperi circa il contegno da adottarsi per rispetto alla questione egiziana. E difatti avendo il Governo egiziano annunciato pochi giorni dopo quel convegno, il provvedimento di sospendere l'ammortamento del debito pubblico, il principe di Bismarck fu sollecito per il primo a far sentire la sua disapprovazione, non senza continuare nei suoi colloqui con questo ambasciatore di Francia.

Ma se per codesta questione il contegno del Gabinetto di Londra rimane per ora inalterato, né qui si crede oggi che, di fronte all'atto di protesta delle Potenze, l'Inghilterra intenda indietreggiare; * per ciò che riguarda la politica coloniale della Germania, il Gabinetto di Londra ha creduto di fare qui, non ha guarì, un passo che è destinato a dileguare ogni ombra di sospetto circa le buone disposizioni dell'Inghilterra in favore dei piani colonizzatori del Governo imperiale.

Come mi assicurava questo incaricato di affari britannico, il Governo della Regina ha avuto cura di recente, di spiegare qui in che modo a proposito di Angra-Pequefla ecc. n suo contegno fosse stato frainteso ed avesse contribuito, suo malgrado, a fare credere essere l'Inghilterra avversa alle intraprese coloniali della Germania. A togliere siffatto malinteso, il Gabinetto di Londra ha quindi dichiarato che la Gran Brettagna non è punto gelosa di quelle intraprese, a cui la Germania si accinge oggi verso la costa occidentale africana: che essa non attende se non a mantenere intatti i suoi interessi colà ove si trovano impegnati, e che per il resto, essa non ha in animo di frapporre

ostacoli a chicchessia in quelle regioni come altrove. Infine il Governo inglese stima che a prevenire ogni motivo di possibile controversia, bisognerebbe che il Governo tedesco precisasse maggiormente il concetto della protezione da esso stabilito in quelle contrade e lo recasse all'atto in modo concreto ed effettivo. A tal guisa le rispettive autorità dei due Paesi potrebbero agevolmente evitare attriti e contestazioni.

In seguito a codeste franche assicurazioni i due Gabinetti si sono intesi fra loro ed hanno escogitato le basi di un accordo che sarà fra breve concretato che dovrà loro servire di norma nella sistemazione dei loro interessi coloniali •.

Nel restituire qui unito il foglio relativo ai documenti diplomatici spedìtimi il 27 settembre scorso, e nel segnare ricevuta dei dispacci ministeriali di questa serie sino al n. 1650, ho l'onore di offrirle ...

(1) n brano tra asterlschl è ed. ln L'Itolfo e Zo Conferenza di Berlino, clt., pp. 133-135.

444

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1338. Vienna, 5 ottobre 1884, ore 15,35 (per. ore 18,30).

Kalnoky dlnant hier chez moi m'a dit avoir fait bon accueil à la communication de lord Granville au sujet de l'intention du Cabinet anglais pour le prochain règlement question des indemnités. Il m'a ajouté que Granville lui fait parvenir des explications sur la récente mesure prise par le Gouvernement égyptien qui tout au moins prouve que Gouvernement britannique comprend le tort dans la forme qu'il s'est donnée dans cette affaire.

II a fini avec profession d'amitié pour l'Angleterre qui m'a fait comprendre qu'on n'entend pas donner ici suite de quelque gravité à l'incident. C'est là évidemment un mot d'ordre venu da Berlin.

445

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 673. Roma, 5 ottobre 1884, ore 17.

J'approuve V. E. de s'étre tenu dans la plus grande retenue en face des considérations que le comte Ludolf vous a développées au sujet de notre alliance et des entrevues de Varzin et de Skierniewice. Aux justes observations de

V. E. on pourrait encore ajouter qu'on ne saurait guère admettre exacte la thèse soutenue par le comte Ludolf savoir qu'il doit étre indifférent pour un des alliés, qu'à son insue, l'autre allié contraete des engagements envers une tierce Puissance modifiant ainsi sa situation. L'allié nous parait au contraire avoir pour le moins le droit de s'assurer qu'ils sont réellement de nature à ne pas alterer les conditions de fait de l'alliance. Ceci est bien entendu une simple réflexion dont V. E. fera l'usage qui lui semblerait le plus opportun car je désire que vous continuiez de vous maintenir à cet égard dans l'attitude que V. E. a pensé comme moi ètre pour nous la plus appropriée aux circonstances actuelles et à nos propres intérèts. Je n'ai besoin de vous renouveler l'instruction d'employer tous les moyens et rapports qui sont à votre disposition pour s'assurer s'il existe ou s'il va exister prochainement quelque chose d'écrit en suite de l'entrevue de Skierniewice et si l'entente qui a pu s'y former concerne les relations générales entre les trois Puissances ou bien la solution éventuelle de quelque question spéciale.

446

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 812/1302. Londra, 5 ottobre 1884 (per. il 9).

Lord Granville, cui diedi contezza del telegramma che l'E.V. mi fece l'onore di dirigermi ieri sera (1), mi pregò di porgerle i suoi più vivi ringraziamenti per l'amichevole accoglienza da lei fatta alla sua domanda, contenuta nel mio rapporto del 29 settembre scorso n. 806 (2) di serie politica.

Sua Signoria porta tuttora opinione che sia in potere del commendator Baravelli, commissario italiano, e del signor Money, commissario inglese, d'impedire che la Commissione del debito pubblico intenti un'azione giudiziaria al Governo egiziano. Sua Signoria è molto grata all'E.V. delle pratiche fatte col commendator Baravelli; ed apprezzò molto la sagacia della osservazione che, anche dal punto di vista dell'interesse dei creditori, sarebbe opportuno che la Cassa del debito si astenesse di ricorrere ai tribunali.

Lord Granville mi pregò eziandio di parteciparle che avrà cura di renderla consapevole, non appena sarà in grado di farlo, dei disegni del Governo inglese circa il riordinamento delle finanze egiziane.

Un telegramma dal Cairo pubblicato dal giornale l'Observer, il solo che esca alla luce in Londra la domenica, avendo annunziato che tre commissari della Cassa del debito, l'italiano, il francese e l'austriaco, avevano già avviato il procedimento giudiziario contro il Governo egiziano, lord Granville mi chiese se il commendator Baravelli, durante la sua assenza dal Cairo, avesse confidato ad un delegato l'incarico di rappresentarlo; e se era probabile che questi avesse agito senza istruzioni. Risposi a Sua Signoria che, a parer mio, n telegramma dell'Observer era senza fondamento.

Lord Granville riprese essere eziandio dello stesso parere, avendo ricevuto, mi disse, oltre le assicurazioni da me recate, un dispaccio telegrafico di sir

S. Lumley che lo informava delle amichevoli disposizioni dell'E.V. verso n Governo della regina, e del fatto che ella aveva invitato il commendator Baravelli a recarsi a Capodimonte per dargli le norme necessarie del condursi.

Dalle mie conversazioni con lord Granville ricavo sempre più l'impressione che, finora, Sua Signoria è decisa a non consigliare al Governo egiziano d'indietreggiare d'un passo, non astante l'azione giudiziaria che si vorrebbe intentare.

Dalle mie conversazioni con vari membri del Parlamento, ricavo eziandio che il partito liberale rimarrà per ora saldo a sostenere il Governo. L'opinione del partito liberale, e di molti dei conservatori, è che la nuova mossa che vorrebbero fare le Potenze, ad istigazione della Francia, è conseguenza logica delIa loro protesta.

Se non che, mentre la protesta aveva per iscopo di mantenere alto il principio della inviolabilità degli accordi internazionali, l'azione giudiziaria non avrebbe altro risultamento che di mettere maggiormente in rilievo le male disposizioni di talune Potenze contro l'Inghilterra; perciocché qualunque sentenza si ottenesse dai tribunali non potrebbe avere alcun effetto finché l'Egitto è in mano dell'esercito inglese.

Taluni altri del partito conservatore, e fra questi Iord Randolph Churchill, cercano di trar partito dall'attitudine ostile delle Potenze, per abbattare il Ministero.

Ecco la somma delle cose dette avant'ieri, con non piccola esagerazione, da quest'ultimo, in un meeting tenuto a Leeds.

« Grazie al signor Gladstone l'Inghilterra si trova in urto colle Potenze. Lo strepito delle armi non si ode ancora; ma da una protesta ad un ultimatum non corre che un passo, e da un ultimatum ad una dichiarazione di guerra la grossezza di un capello. Nel 1807 l'Inghilterra resistette sola contro tutta l'Europa, ma combatteva per la libertà delle Nazioni. Dio solo sa per quale scopo il signor Gladstone combatte adesso. Non per il canale di Suez. Non per la libertà dell'Egitto, perché l'esercito inglese occupa l'Egitto per proteggere un viceré aborrito dal popolo. Non per gli interessi britannici, perché il signor Gladstone continua a protestare che, appena potrà, abbandonerà l'Egitto. Non per i benestanti egiziani, giacché vedono diminuire le loro sostanze. Non per i contribuenti giacché vedono aumentare i loro balzelli.

Evvi qualcuno in questa numerosissima assemblea, (cosi conchiuse lord

R. Churchill), che sia in grado di venire al mio posto, e dichiarare perché il signor Gladstone ha spedito l'esercito inglese in Egitto; perché ve lo mantiene; per quale scopo ha provocato l'azione ostile della Russia, della Germania, dell'Austria e della Francia?'>.

Di queste parole di lord R. Churchill, e di molti altri discorsi dei capi del partito conservatore, il marchese di Hartington, segretario di Stato per la Guerra, si valse, nel suo discorso pronunziato ieri a Rawtenstall, per avvertire che il partito conservatore non dissimula quasi più l'opinione che l'occupazione inglese dell'Egitto debba essere non temporanea ma permanente, cioè a dire che l'Inghilterra debba o impadronirsi definitivamente dell'Egitto e dichiararlo

sotto il suo protettorato.

Non ho il menomo dubbio dell'esettezza della asserzione del marchese di Hartington; ed il giorno in cui il ministero Gladstone sarà costretto ad abbandonare il potere, l'indirizzo della politica del Ministero conservatore che gli succederà, sarà di seguire in Egitto l'esempio dato dalla Francia in Tunisi.

Questo disegno dei conservatori è noto alle Potenze; e non è quindi altrui piccola cagione di stupore il vedere che le Potenze, le quali pur desiderano che l'Egitto non rimanga in potere degli inglesi, fanno quanto è possibile per costringere il Gabinetto del signor Gladstone a dare le sue dimissioni.

Lord Granville è stato chiamato oggi a Londra per il Consiglio di ministri che avrà luogo domani, e che potrebbe essere foriero di importantissime determinazioni.

(l) -T. 669, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 437.
447

IL MINISTRO A BUCAREST, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 483. Bucarest, 5 ottobre 1884 (per. il 10).

La visita, che le LL.AA.II. e RR. l'arciduca Rodolfo e la arciduchessa Stefania hanno fatto alla Corte rumena in Sinaia in conseguenza di una promessa fatta al re Carlo ed alla regina Elisabetta da parecchi mesi, non ebbe alcuna intrinseca importanza politica. È però un avvenimento che, nel quadro generale della situazione, ha il significato di confermare l'intimità delle relazioni fra le due famiglie sovrane. Nella sostanza le ragioni di buono accordo come quelle di naturale dissidio che esistono fra la Monarchia austro-ungarese ed il Regno di Rumania non hanno subito variazioni. Né può dirsi che il sentimento pubblico in Rumania si sia, in occasione di questa visita, associato in qualsiasi modo alla dimostrazione di simpatia della quale questo avvenimento avrebbe dovuto costituire una nuova e preziosa prova.

Chi poi si figurasse che la visita dell'erede della corona imperiale e reale al re Carlo, seguendo da presso l'incontro dei tre imperatori, potesse avere con quest'ultimo fatto politico qualche connessione, sarebbe in errore. L'arciduca ereditario non ebbe a compiere alcuna missione. Se, conversando della visita fatta dall'augusto suo genitore allo Zar, egli ebbe ad esprimere il concetto che è oggi alla bocca di tutti, essere cioè la pace ora più che mai assicurata fra i maggiori potentati di Europa, nulla lasciò trasparire che nei discorsi di S.A.I. e R. fosse il proposito di dare alla Rumania il pegno di una sua speciale assicurazione. Onde è che questo Governo si trova oggi, come prima della venuta dell'arciduca Rodolfo, ridotto a perdersi in congetture intorno a ciò che nell'incontro dei tre imperatori possa essere stato inteso o convenuto. Né per certo le dichiarazioni che nulla di contrario ai diritti dello Stato rumeno sia stato ventilato, quando pure fossero qui date e ripetute, potrebbero avere molto peso ove si pensi che ad indicare il limite degli interessi e dei diritti della Rumania questa non è stata né direttamente né indirettamente invitata. Mi sia lecito ricordare in proposito le ripetute dichiarazioni che nel 1875 ricevette il Governo italiano circa il non essersi nella lega dei tre imperatori convenuto cosa alcuna contraria agli interessi dell'Italia, dichiarazioni che erano certamente sincere in chi le faceva, ma che non sembrarono corrispondere ai fatti allorché, non i diritti essenziali e gli interessi diretti, ma altre ragioni del nostro Paese si trovarono lese m!l seguito degli avvenimenti che da quella lega erano stati preparati.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Homburg v.d. Hohe, 6 ottobre 1884.

La lettre du 22 septembre confiée à M. Ferrara m'est parvenue ici con le debite cautele. Je vous suis très reconnaissant de tous les détails si instructifs que vous me fournissez sur les affaires à l'ordre du jour, car de Berlin on apprend peu et de Rome moins encore.

Je vois d'après les déclarations que vous avez reçues de Kalnoky qu'un certain fond de défiance continue à subsister à Vienne à l'égard de la Russie; tant il est vrai que les rencontres des souverains et des hommes d'Etat ne sauraient changer du tout au tout les éléments essentiels de la situation. C'est aussi la convinction que j'ai retirée d'un entretien que j'ai eu ici avec le général de Schweinitz venu pour rejoindre sa famille à Hombourg après l'entrevue de Sckiernewice. Le prince de Bismarck, me disait-11, étalt radieux. C'était un succès de sa politique d'avoir rapproché l'empereur d'Autriche du tzar. Les malentendues entre l'Allemagne et la Russie avaient été écartés dequis plusieurs mois. Entre cette dernière et l'Autriche il existait des motifs de discorde plus sérieux. Un grand pas a été fait dans un but d'apaisement, en suite du rapprochement personnel des souverains. On ne se rebrouillera pas de si tòt quand on vient de se donner la main. Mais il ne faut pas oublier qu'entre ces deux Puissances il y a des intérets divergents, un antagonlsme; c'est toujours le feu qui co uve sous la cendre. Enfin pour le moment il y a une espèce de treve de Dieu; c'est autant de temps de gagner au profit de la paix générale. Dans ces circonstances on ne saurait se livrer à des calculs à longue échéance. Il est cependant un fait qui permet quelque quiétude. Les grands agitateurs panslavistes sont très à court d'argent; ils traversent une phase de découragement car ils ne se sentent soutenus d'aucune part. Ils sont actuellement réduits à l'impuissance. Cela tient aussi à ce que Ies aspirations nationales et les aspirations religieuses accusent entre elles des divergences. Mais du moment où elles réussiraient à emboiter le meme pas, le Gouvernement russe serait forcé bon gré mal gré de suivre l'impulsion. Si ce danger n'est pas prochain, il ne faut pas le perdre de vue. C'est de là que pourraient se produire les plus graves complications.

Le général de Schweinitz ne comprenait pas pourquoi une partie de notre

presse se contrait préoccupée de l'entreuve de Sckiernewice. Elle avait essen

tiellement pour objet les intérets des trois Empires llmitrofes, et rien n'était

changé dans les rapports de l'Italie avec l'Allemagne et l'Autriche.

Je n'ai pas appris davantage, et je n'ai pas questionné m'étant aperçu

que mon interlocuteur tenait à ne pas se déboutonner plus sur ce sujet. A

Berlin on s'est borné à des généralités vis-à-vis du chargé d'affaires. Je pense

que Keudell sera chargé de nous faire quelques communications là-dessus, à

moins que Bismarck soit convenu avec Kalnoky de lui laisser le soin des pour

parlers après coup. Quoi qu'il en soit, l'ensemble de la situation n'a r!Em de

flatteur pour notre Pays. Si on ne manigance pas contre nous, on s'entend sans nous. On agit derrière notre dos; on a meme des a parte avec la France, -il parait seulement pour les affaires coloniales, toutes autres questions réservées-et on ne nous souffle pas mot.

A qui la faute? Je ne puis me défendre du sentiment qu'on craint des indiscrétions de la part de Mancini qui s'empresse de frapper sur le tam-tam chaque fois qu'on lui adresse des communications, qui se prévaut des moindres apparences de nature à fournir quelque relief à sa politique, et surtout à sa propre personne. On redoute la publication des livres verts, les discours à la Chambre où l'avocat l'emport sur l'homme d'Etat. Le fait est que tout en nous assurant d'un bon vouloir dont les preuves manquent, il y a une sorte de conspiration du silence autour de nous. Mancini, à en juger par ses télégrammes, est devenu plus nerveux que de coutume. Et il y a de quoi. Seulement il serait plus habile de ne pas le montrer.

La conduite des trois Empires et de la France à notre égard en ce qui concerne l'Egypte est encore plus extraordinaire. On se met d'accord sur une protestation pour la suspension de l'amortisation de la dette; on nous tient à l'écart des négociations préalables, et après la remise de la note collective, on nous reproche que notre protestation n'ait pas le meme degré d'énergie que celle des quatre autres Puissances! En d'autres termes non seulement nous devrions marcher aveuglement à la queue leu leu, mais nous devrions meme avoir l'intuition du langage qu'il plait à ces Puissances de tenir dans une question où à l'exception de la France, nous avons des intérèts supérieurs à sauvegarder.

Je me félicite, dans de telles conjonctures, de me trouver absent de Berlin. Au reste M. Tugini fait de son mieux. A Pétersbourg, Greppi a pris la poudre d'escampette peu avant l'entrevue de Sckiernewice, lors meme qu'elle eùt lieu dans sa juridiction diplomatique, en laissant la gestion à un second secrétaire

M. Costa qui fonctionne encore à l'heure qu'il est comme chargé d'affaires.

Dans tous ces mécomptes il existe, comme vous le remarquez fort bien, un point lumineux: l'admirable, l'héroi:que conduite de notre bien-aimé souverain. Il s'este montré le digne descendant de la maison de Savoie. Son prestige y gagne. C'est aussi un échelon pour prendre un peu plus d'autorité contre ceux qui voudraient l'enserrer dans les mailles d'une constitution interprétée et appliquée à leur unique avantage. Par son abnégation courageuse Sa Majeste a rendu un véritable service non seulement à la bonne cause, mais aussi à toutes les monarchies solidaires entre elles. Il est vraiment dommage que les empereurs réunis en conférence à Sckiernewice n'aient pas eu la bonne pensée de lui adresser un télégramme collectif de leurs sentiments d'admiration et de sympathie. Ils s'honoraient par une semblable démarche qui du meme coup aurait prévenu bien des commentaires sur cette réunion.

Après avoir terminé la cure ici, j'ai demandé hier un congé pour nous rendre en Suisse et peut-etre en France où nous appellent des affaires des famille. Nous allons donc mener une vie un peu vagabonde. Aussitòt que nous serons de retour à Berlin, je vous en donnerai avis. En attendant je suis désolé d'etre privé de vos lettres toujours si intéressantes. J'envoie celle-ci à Berlin par occasion sùre, pour qu'elle vous soit expédiée par le prochain courrier de Cabinet.

Il me revient en voie indirecte que vers la fin de l'annés prochaine un de vos neveux remplacera à Berlin comme attaché militaire le lieutenant colone! Bisesti. Je serai bien aise d'avoir à l'ambassade quelqu'un de votre nom. Il a assisté aux manreuvres de cette annés en Prusse; puis il a fait une course à Berlin quand j'étais déjà absent. J'ai beaucoup regretté de ne pas faire dés-àprésent sa connaissance. On me dit que c'est un officier sérieux, capable, très distingué, d'un caractère calme.

449

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1347. Berlino, 7 ottobre 1884, ore 16,40 (per. ore 17,30).

Sous-secrétaire d'Etat vient de me dire que M. Keudell a été chargé d'informer V. E. que le Cabinet de Berlin après s'etre mis d'accord avec le Gouvernement français de décider à reunir à Berlin dans le courant d'octobre une conférence internationale à l'effet de régler la question du Congo et des autres questions se rattachant à la còte occidentale d'Afrique. Pour le moment les seules Puissances qui sont le plus directement intéressées à la situation de l' Afrique occidentale prendraient part à cette conférence. Ce n'est qu'après qu'un accord général aura été établi entre ces Etats que les autres Puissances seraient également invitées à préter Ieur concours aux travaux de la conférence. Sous-secrétaire d'Etat ajouta que la conférence devra s'occuper entre autres, de la liberté de commerce et de navigation dans Ies régions d'Afrique.

450

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALVANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. S.N. Roma, 9 ottobre 1884, ore 12,15 (per. ore 14,08).

In questo momento il conte Arco mi rimette il testo della circolare germanica. Ne apparisce in modo preciso che l'Italia non è compresa nella conferenza alla quale partecipano solo gli Stati indicati nel mio progetto di dispaccio a Berlino che V.E. ha presso di sé. L'Italia e le altre grandi Potenze sarebbero più tardi invitate ad associarsi alle deliberazioni della Conferenza. Mando questa sera a V. E. il testo.

(l) Da M.C.R., Carte Mancini.

451

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 684. Roma, 9 ottobre 1884, ore 17.

J'ai cru rever en lisant, entre autres, dans votre télégramme (l) les paroles que le comte Ludolf m'attribue. Non seulement la promesse que je lui aurais faite ne subsiste absolument pas dans les termes supposés, mais elle est encore évidemment impossible. Ludolf en me remettant confidentiellement la note verbale, nous demandait précisément de l'autoriser à annoncer à son Gouvernement un engagement confidentiel de notre part de présenter au Parlament un projet de loi portant en faveur de la Propagande la libre disposition de ses biens. V. E. connait la réponse que nous avons faite, Depretis et moi, à Ludolf; nous avons tous les deux opposé à sa demande un refus absolu, et en termes fort vifs, d'admettre une discussion sur cette matière avec des gouvernements étrangers, ainsi que j'en avais fait plusieurs fois la déclaration publique devant les Chambres sans provoquer la moindre observation d'un gouvernement quelconque. J'ai encore ajouté que l'engagement pris par moi spontanément envers les Chambres devait suffire. Quelques jours après j'ai écrit au comte Ludolf une lettre dont V. E. a la copie; elle contient ce passage: « En Italie il n'y a pas de ministère qui puisse tellement oublier le respect qu'il doit à l'indépendance du Parlament et du pouvoir législatif du Pays jusqu'à s'engager publiquement, ou confidentiellement envers des gouvernements étrangers à accepter des lois exigées par ces gouvernements ou méme seulement suggérées par ceux-ci dans un sens qui serait conforme à leurs vues ». On m'attribue donc la promesse d'un engagement impossible. Les Chambres rejeteraient d'ailleurs infailliblement toute proposition qui aurait l'apparence d'une condéscendance envers les exigences ou méme seulement les sollicitations officieuses d'un gouvernement étranger. Je n'ai fait, en conclusion, avec Ludolf rien de plus que lui manifester mon intention de prier V. E. de venir à Rome, et de me concerter avec elle au sujet de la dépeche qui avait été expédiée déjà à Rome pour décider si celle-ci devait avoir son cours régulier, ou bien si la confiance dans l'accomplissement de nos promesses spontanément annoncées au Parlament devait etre considérée comme de nature à pouvoir fournir la solution de l'incident. C'est ce qui a formé l'objet de mes entretiens avec V. E. Voilà tout. Et encore nous avons pris soin, à cette occasion, de déclarer bien nettement que la réalisation de nos promesses faites au Parlament se briserait contre un obstacle insurmontable créé par le Gouvernement austro-hongrois dans le cas où des déclarations de sa part devant les délégations feraient supposer des ingérences et des démarches exercées envers nous en faveur de la Propagande. Les ministres anglais ont donné l'exemple d'une réponse correcte en costatant que l'ambassadeur de la reine s'était abstenu de toute démarche, ayant acquis la convic

tion en vue de nos déclarations spontanées aux Chambres qu'il n'y avait ni besoin ni opportunité d'une démarche quelconque pour cette affaire. C'est un précédent dont un Cabinet ami et allié devrait, ce me semble, savoir profiter. J'ai ainsi rétabli les faits et mis V. E. en mesure de rectifier ce qu'il y a d'inexact dans les souvenirs du comte Ludolf. Je n'hésite pas maintenant pour épuiser, de notre part, toutes les ressources d'une bonne et loyale amitié envers le Cabinet de Vienne, à autoriser V. E. à répéter l'assurance de notre bon vouloir, rien n'étant survenu jusqu'ici pour changer nos dispositions à rester fidèles aux promesses spontanées faites devant notre Parlament. Mais je dois encore une fois ajouter que le Gouvernement austro-hongrois empecherait, lui-meme, l'accomplissement de nos loyales intentions si le langage du ministre devant les délégations n'écartait pas toute idée de démarche ou d'immixtion du Cabinet de Vienne dans cette affaire. La méthode de solution que V. E. suggère dans san télégramme témoigne du tact et de la fermeté de V. E. Nous avons envers le Pays le devoir de lui épargner les complications qu'un mot imprudent venant de Budapest pourrait tout-à-coup lui créer. Mais nous ne pouvons franchir d'une ligne la limite en delà de laquelle la dignité de l'Etat serait compromise, ni exposer notre patrie, pour sortir de l'impasse actuelle, à des dangers bien plus graves et redoutables dans l'avenir.

(l) T. 1340 del 5 ottobre 1884, non pubblicato.

452

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALVANO (l)

T. s. N. Napoli, 9 ottobre 1884, ore 20.

Ebbi, con l'ambasciatore Keudell cordiale colloquio. Egli pure mancava di notizia sicura sul dubbio elevato. Gli diedi un ricordo scritto confidenzialissimo e privato senza traccia della sua provenienza, facendo rilevare la sfavorevole impressione che produrrebbe l'esclusione dell'Italia dalla conferenza ristretta, che sarà la sola vera ed utile; troverete copia di tale scritto domattina nella cassetta. Egli rammenta la conversazione meco avuta sulla nostra eventuale partecipazione ad una conferenza pel Congo, ma non era sicuro di averne avuto incarico direttamente da Bismarck, ciò che si riservò di verificare. Tuttavia promise lavorare per ottenere l'ammissione anche dell'Italia alla conferenza ristretta. Vogliate in tutti i modi confermarlo in tale buona disposizione, ed indurlo a telegrafare. Nulla impedisce che l'invito si estenda anche ad un'altra Potenza marittima, riconoscendola interessata almeno quanto la Spagna, a meno che non siasi preso impegni con la Francia, per compiacerla, di non invitare l'Italia. Certamente senza un soddisfacente appagamento da darsi all'opinione pubblica su questa odiosa esclusione andremo incontro a difficoltà più gravi di quanto a Berlino possa pensarsi. Attenderò vostro circostanziato telegramma (2) dopo che avrete conferito col Keudell.

(l) -Da M.C.R.. Carte Mancini. (2) -Non pubblicato.
453

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALVANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. PERSONALE. Roma, 9 ottobre 1884.

Qui acchiudo copia (già subito stampata) della comunicazione germanica circa il Congo (2). Nella cartella «Appunti e firma», entro apposito fascicoletto, V. E. troverà il dispaccio del 7 maggio a Berlino, non che due altri documenti che mi sembrano poterei giovare. Della comunicazione di Keudell d'un mese fa non v'ha traccia in archivio, come già telegrafai a V. E.

L'invito essendo stato già diramato, fin dal 6 di questo mese, con la enumerazione delle Potenze invitate, temo pur troppo difficile assai, visto il carattere assoluto del principe di Bismarck, che voglia modificare il suo programma e includere anche l'Italia nella conferenza ristretta. Mi parrebbe quindi conveniente predisporre la pubblica opinione a ciò che sta per accadere ed è anzi già annunciato dal Temps di Parigi. Si potrebbe far rilevare che altre due grandi Potenze aventi pure importanza marittima sono del pari escluse, e che gli Stati invitati hanno tutti interessi diretti sulla costa occidentale dell'Africa. Così ho verificato che anche la Spagna ha alcuni stabilimenti su quella costa, benché di importanza assai modesta.

V. E. è miglior giudice di chicchessia. Però io temo che una nostra insistenza a Berlino non giovi affatto e possa anche urtare la suscettibilità di un uomo così nervoso qual'è il principe cancelliere.

Qui acchiudo copia del telegramma spedito a Berlino secondo le istruzioni di V. E. (3).

P. S. Qui unisco un appunto (2) ove sono indicati i possedimenti europei lungo la costa occidentale di Africa.

454

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALISSIMO RISERVATO 816/1336. Londra, 10 ottobre 1884 (per. il 14).

Ho ricevuto da lord Granville, a cui comunicai la sostanza del telegramma dell'E. V. del 6 corrente (4), la lettera seguente in data del 7.

« Particolare e confidenziale. Debbo pregarla di ripetere, ancora una volta, al signor Mancini i migliori ringraziamenti del Governo della regina. Voglia anche menzionare, confidenzialmente, che mentre noi apprezzammo pienamente

32 -Documenti diplomatici -Serie li -Vol. XVII-XVIII

l'abilità del signor Baravelli, fu però mestieri di una forte e ripetuta pressione dell'ambasciatore d'Italia in Londra per mantenerlo in armonia colle amichevoli disposizioni del Governo italiano. Non scrivo ciò affinché sia interpretato come una lagnanza da parte mia ».

Non debbo dissimulare all'E. V. che ciò che ha avuto luogo ha cagionato un'impressione tanto più penosa al Governo della regina ch'esso aveva sperato, fino all'ultimo momento, che il commissario italiano si fosse associato al suo collega d'Inghilterra e si fosse astenuto da un atto ostile al Governo egiziano.

Nel confermare in tal guisa all'E. V. il telegramma dell'8 corrente n. 431 (l) ...

(l) -Da M.C.R., Carte Mancini. (2) -Non pubblicata. (3) -T. 683 del 9 ottobre 1884, non pubblicato. (4) -T. 676, in realtà del 5 ottobre 1884, non pubbl!cato.
455

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 71. Pietroburgo, 10 ottobre 1884 (per. il 23).

Al mio ritorno a Pietroburgo ho preso cognizione delle direzioni impartite dall'E. V. per telegrafo a questa r. ambasciata (2) sulla riserva da osservare nelle conversazioni riferentesi al convegno di Skierniewice. Uniformandomi ad esse, nei miei colloqui col signor de Giers, ancorché passai una giornata presso la sua famiglia in campagna, ebbi cura di non rivolgergli nessuna interrogazione. Mi sono pure astenuto dal felicitarlo privatamente, come so che fecero varii miei colleghi, per quest'avvenimento ch'egli considera come il trionfo di quella politica di avvicinamento ai due potenti Imperi limitrofi da lui in questi ultimi anni lealmente e costantemente propugnata, nonostante le continue difficoltà interne. S. E. dal canto suo non mi ha fornito nessun ragguaglio; solo incidentalmente disse di quel convegno «ch'era un suggello di più per la sua politica. Dappoiché siamo decisi a mantenerci in buoni e stretti rapporti con Germania ed Austria era bene affermarlo una volta di più. Una coincidenza poi di fortunate combinazioni ha reso possibile quest'incontro dei sovrani».

Il convegno di Skierniewice essendo però così recente, e non poche, anche

fra gli amici miei, essendo le persone ivi convenute, mi è più volte avvenuto

di udirne parlare da testimoni oculari, all'E. V. non parrà, spero, inutile ch'io

riassuma in questo rapporto siffatti discorsi di persone che suppongosi fra

le meglio informate.

Già fino dall'anno scorso l'ambasciatore di Austria conte Wolkenstein

espresse qui il desiderio dell'imperatore Francesco Giuseppe d'incontrarsi in

una prima occasione con lo czar. Eranvi stati convegni tra i sovrani di Ger

mania e di Austria; quello austro-russo diventava perciò necessario; ma l'impe

ratore Alessandro l'anno scorso non poté o non volle muoversi. Infatti col mio

rapporto politico n. 965, 9/21 ottobre 1883 (l) ebbi l'onore di riferire alla E. V. quanto appresso. «Il signor de Giers m'ha detto aver chiesto all'imperatore se intendeva recarsi presto almeno in Polonia. S. E. gli ha risposto che non si muoveva più per quest'anno. Quando l'imperatore si deciderà d'andare a Varsavia sorgerà la questione d'un suo incontro con l'imperatore di Austria. Sono convinto che il signor de Giers si adopererà per quanto sarà possibile nel senso che più converrà per rafforzare i buoni rapporti tra i due Imperi ». Il viaggio in Polonia era stato, contro le consuetudini dei sovrani russi, fin già troppo ritardato dopo l'ascensione al trono di Alessandro III. E se in questa occasione egli non si fosse, pure secondo gli usi precedenti, incontrato con l'imperatore d'Austria, ciò a ragione sarebbe stato interpretato come un vero indizio di cattivi rapporti fra i due Governi.

Appena dunque l'imperatore Alessandro ebbe deciso quest'anno di recarsi in settembre a Varsavia lo fece sapere a Vienna, proponedo l'incontro e chiedendo se conveniva l'epoca; offerse di recarsi sul territorio austriaco, giacché a lui toccava, come sovrano più recente, di fare la prima visita, il che fu declinato a Vienna per non assumere la responsabilità della necessaria sorveglianza della polizia. Sicché dopo vari scambi di comunicazione si fissò l'incontro a Skierniewice. Ciò saputosi a Berlino, l'imperatore Guglielmo, che dovea restituire la visita di Danzica, disse che avrebbe profittato per farlo di questa circostanza, giacché alla sua età non poteva intraprendere lunghi viaggi, e sarebbe anche lui venuto a Skierniewice. Il principe di Bismarck poi, mi si dice, fu contento di aver un'occasione di più per atteggiarsi a pacificatore tra Austria e Russia.

Anche però di un siffatto incontro tra i due sovrani di Russia e di Germania era già stato tenuto parola in antecedenza. L'anno scorso con l'altro mio rapporto n. 947 in data 7 settembrej26 agosto 1883 (2) ebbi cura di indicare alla E. V. che a Berlino mal si celava la dispiacenza perché non si fosse a ciò pensato in occasione del viaggio dello czar in Danimarca. E mi rammento che il signor de Giers dissemi allora mentre S. M. Imperiale si trovava a Copenaghen: «durano ancora gli effetti del convegno di Danzica; questo è un viaggio di famiglia, io non accompagno nemmeno l'imperatore. Ad un convegno questa volta non si è proprio pensato, ed ora è improponibile; si potrà però cogliere un'altra occasione».

La riunione di Skierniewice è stata dunque molto la conseguenza naturale delle circostanze e dei rapporti personali dei tre sovrani nonché dei tre ministri degli affari esteri; i quali da che coprono questa carica si sono fin qui andati vedendo ogni anno. Tutti e tre sono diplomatici di carriera, legati d'antica data, per rapporti personali. Tanto il principe di Bismarck che il conte Kalnoky furono capi-missione a Pietroburgo; ed ora la loro opera è qui facilitata dai loro successori il generale Schweinitz ed il conte Wolkenstein, ambasciatori ch'esercitano una grande influenza così in questa Corte come nel Paese che rappresentano. Il generale Schweinitz è uno degli uomini che più godono la fiducia dell'imperatore Guglielmo di cui quasi si può dire amico; il conte

Wolkenstein viene perfino da molti indicato come la persona su cui l'imperatore Francesco Giuseppe avrebbe forse fatto assegnamento se il conte Kalnoky per qualsiasi caso non avesse continuato nel suo ufficio. Dal canto suo la Russia è rappresentata a Berlino ed a Vienna dai suoi due migliori diplomatici, i principi Orlov e Lobanov. Tutti questi uomini di Stato, i principali rispettivi agenti militari, anche qualcuno dei segretari, insomma coloro che col fatto e con la loro esperienza hanno più contribuito a preparare la conferenza di Skierniewice vi furono inviati. Mancò il principe Orlov perché ammalato. Al pranzo di gala assistevano più di ottanta persone.

Il convegno durò circa 40 ore. I due pranzi, la caccia, il teatro hanno assorbito molto tempo. Alla conferenza dei tre ministri degli affari esteri non assistette, mi si narra alcun segretario.

E qui sorge la quistione principale: fuvvi o no qualcosa di scritto? Su questo punto capitale non esprimo nessun parere; V. E. avrà d'altre parti indizi migliori e più certi; riferirò soltanto che qui chi ne dice qualcosa lo nega recisamente.

In quest'opinione si è pure indotti dalla osservazione che per firmare un trattato segreto non s'invitano generalmente tante persone. Un trattato di questa natura richiede dei negoziati; se per conseguenza tali impegni esistono o esisteranno, è probabile che non porteranno la data di Skierniewice. Inoltre si è sempre supposto che il Governo russo, quantunque desideri la massima concordia con i due Imperi centrali d'Europa, rifugge dall'assumere obblighi scritti; trova più proficua un'amicizia senz'alleanza che un'alleanza la quale poi, in date circostanze, fosse senza amicizia. Per conseguenza la Russia, se potrà farlo senza spiacere troppo a Berlino, probabilmente preferirà esimersi dal legarsi le mani.

Invece a Skierniewice, si dice, sonosi trattate tutte le questioni europee. Né io sono certo in grado di riferire alla E.V. ciò che si è detto; solo indicherò vagamente quello che sembra dello stato attuale di alcune di esse.

La nota questione dei trattati di estradizione per i delitti politici non ha fatto grandi progressi. I negoziati con l'Inghilterra sono sospesi. Se ne sta combinando una tra la Russia e la sola Prussia per evitare difficoltà per parte dei minori Stati tedeschi; i quali in ogni caso potrebbero essere invitati poi ad aderire. In questo trattato non si farebbe menzione della causa politica come eccezione. Il delitto sarebbe solo considerato in sé, per quello che è come delitto comune. In quanto all'Austria, è impossibile sormontare l'opposizione dell'Ungheria.

Si sarebbe benevoli per tutti e disposti a dileguare ogni nube che turbi l'orizzonte ovunque sorga. Il principe di Bismarck è contento di vedere la Francia impegnata in intraprese coloniali; spera col tempo farle scordare l'Alsazia-Lorena. È invece irritato per i modi inurbani del Governo inglese, per quello con cui fu sciolta la Conferenza di Londra, perché l'Inghilterra tardò otto mesi a rispondere alla sua comunicazione circa Angra Pequefia ed ha nel frattempo, dicesi da alcuni, lavorato colà, mercé l'aiuto del Governo del Capo, per far sorgere ostacoli all'esecuzione dei progetti del Governo tedesco. Ciò non ostante anche nella questione egiziana sembra che per ora si aspetteranno,

almeno se non tardano troppo, le proposte inglesi; né si dimostra una forte tensione politica nei rapporti dei due Governi.

La politica asiatica della Russia, che in questo momento inquieta assai l'Inghilterra per la delimitazione dei confini dell'Afganistan, non sarebbe osteggiata né dall'Austria né dalla Germania.

Nella grande questione orientale si sarebbe più che mai deecisi a mantenere Io statu quo. Appunto mentre i giornalisti, specialmente i russi, cercano d'indovinare qual'è la futura carta d'Europa sanzionata dalla triade imper,iaIe, -che, non son'io per negarlo, può a certi occhi apparire come una minaccia ed un pericolo per l'avvenire, -sembra invece che nei colloqui di Skierniewice si sarebbe scambiata la promessa opposta e negativa di far niente, di non avanzare, di non suscitare quistioni atte a turbare quella pace generale ch'è il supremo bene di conservare.

Una felice espressione dell'imperatore di Germania, di cui credo poter garantire all'E. V. l'autenticità, avrebbe così definito Skierniewice: «nous sommes ici reunis pour apposer notre sceau personnel à un traité qui n'est pas écrit ».

L'accordo infatti esisteva tra i Governi.

Gl'imperatori con la loro presenza Io hanno ribadito e suggellato.

La giovialità, la massima cordialità ha presieduto alla festa di Skierniewice. Era tutta gente che si conosceva già e che aveva piacere in rivedersi. Parvero contentissimi del risultato dei propri sforzi i tre ministri degli affari esteri, e giovialissimo specialmente il principe di Bismarck. Alla sua soddisfazione, dicesi, ha particolarmente contribuito la dolce e graziosa accoglienza fattagli dall'imperatrice. Forse all'E.V. è noto che S.M. fin da quando era principessa imperiale non avea mai voluto ricevere il principe di Bismarck; erano troppo recenti e vivi i ricordi della guerra dello Schleswig -Holstein. Sicché il principe nutriva forse a questo riguardo qualche preoccupazione che l'imperatrice Maria ha cercato di dileguare.

(l) -T. 1349, non pubbllcato. (2) -T. 637 del 23 settembre 1884, non pubbllcato. (l) -Non pubblicato nel volume XV-XVI della serle II. (2) -Cfr., serle Il, vol. XV-XVI, n. 683.
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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1339/817. Londra, 11 ottobre 1884 (per. il 15).

I giornali d'oggi pubblicano la notizia ufficiale che istruzioni sono state date al commodoro della stazione navale in Australia di proclamare il protettorato britannico su tutta la costa meridionale della Nuova Guinea (all'oriente del 141° grado di longitudine orientale), e sulle isole adiacenti a mezzodì.

Questa mossa del Governo inglese era stata annunziata nella Camera dei Comuni, 1'11 agosto scorso, dal signor Gladstone, il quale ne fece notare la necessità «per impedire », egli disse, « atti illegali di sudditi inglesi o di stranieri nella Nuova Guinea ».

Il fatto sta però, come l'E.V. n'ebbe a suo tempo contezza, che la colonia di Queensland ed altre colonie dell'Australia hanno, direi quasi, forzato il

Governo della regina a quel passo; per sospetto che la Francia o la Germania non s'impadronissero di qualche lembo della costa meridionale della Nuova Guinea.

È noto a tutti, in questo Paese, con qual riluttanza il Governo della regina ha conceduto quel protettorato. Non fu mai alcun primo ministro che abbia nutrito maggior desiderio del signor Gladstone di diminuire, non d'accrescere, il peso d'Atlante che aggrava le sue spalle; e ciò dimostrano lo sgombero di Candahar, la cessione del Transvaal e le ripetute proteste di non volere il protettorato dell'Egitto. Nulladimeno quanto più egli vorrebbe circoscrivere, ai confini attuali, l'impero britannico, tanto più l'impero britannico, irresistibilmente si dilata, spinto dal genio o dall'accrescimento meraviglioso della popolazione.

In meno di cinque anni, l'impero britannico si è accresciuto di un lembo della costa presso Sierra Leone, del delta del Niger, di una terza parte del territorio di Zululand, dell'intiera Bechuanaland, e di tutta la costa dell'Africa meridionale, da Grange River a Cunene, colla sola eccezione di Angra Pequefia. Oltreacciò una nuova Compagnia delle Indie Orientali si è stabilita nel Borneo settentrionale; ed oggi il protettorato inglese è stato dichiarato sopra una parte della Nuova Guinea.

Quanto alla costa settentrionale della Nuova Guinea e alle isole adiacenti a settentrione, esse sono per ora indipendenti. La costa occidentale è in mano degli olandesi.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2188. Vienna, 12 ottobre 1884 (per. il 23).

Segno ricevuta all'E.V. del suo riverito dispaccio del 5 corrente, n. 1754 (l), della presente serie, responsivo alle informazioni da me trasmesse sulla impressione, prodotta qui, dal discorso della Corona ungherese.

Ben comprendo, come mi fa rilevare l'E.V., che parte della stampa italiana sia stata spiacevolmente impressionata dalle affermazioni contenute in detto discorso, che le relazioni intime sussistano soltanto fra l'Austria-Ungheria e la Germania. Quest'enunciazione non sarebbe in verità esatta se relazioni intime ed alleanza fossero sinonimi, ma i fatti dimostrano chiaramente ciò non essere; e non si può negare che le relazioni che uniscono attualmente i due Imperi sono ben altra cosa che un accordo od alleanza stipulata fra i due Stati per ben determinati scopi. Le due Monarchie al giorno d'oggi costituiscono manifestamente uno Stato solo per quanto ha tratto alla politica estera in ogni direzione. Non vi ha in Europa chi non riconosca questo fatto anche senza la precitata solenne affermazione, che era quindi superflua: ove non si voglia dire anche poco cortese per altri Stati, che attualmente sono pure legati da speciali vincoli colla Monarchia austro-ungarica.

Delle parole pronunciate dal re di Ungheria, aveva anzitutto ragione di dolersi l'imperatore di Russia, il di cui intimo riavvicinamento alla politica degli altri due imperatori era fatto troppo recente per essere così assolutamente passato sotto silenzio, ed ho luogo di credere che la cosa abbia infatti rincresciuta assai a Pietroburgo, e sia anche riuscita meno gradita a Berlino. Quei due Gabinetti ebbero poi ad accontentarsi delle spiegazioni che ricevettero al proposito; e più ancora della assicurazione, che, ho buoni dati per credere, sia stata loro fatta che l'imperatore nel suo prossimo discorso inaugurale delle delegazioni -circostanza sola, in cui ufficialmente il sovrano ha occasione di parlare di politica estera, il convegno di Skierniewice verrà menzionato.

Certamente, sarebbe conveniente che nella stessa circostanza, venisse pure fatto cenno delle speciali relazioni che uniscono l'Austria-Ungheria all'Italia, confermemente al desiderio che V. E. esprime nel suo precitato dispaccio. Dico però francamente, che, non credo affatto che ciò abbia a verificarsi, né reputerei opportuno fare in antecedenza un'insinuazione al riguardo, poiché andremmo incontro ad una risposta, che in forma più o meno cortese pur sarebbe negativa. La nostra dignità adunque c'impone il silenzio oggi, come ebbe ad imporcelo tre anni fa, allorché mentre gli Augusti Nostri Sovrani trovandosi ospiti dell'imperatore, questi inaugurava in quello stesso palazzo imperiale la sessione delle delegazioni senza far cenno di sorta della contemporanea presenza nella propria reggia di quegli augusti suoi ospiti.

Più si spiegherà insistenza dalla parte nostra per ricordare la nostra alleanza, maggiormente si studieranno qui di passarla sotto silenzio, poiché scopo essenziale della politica austriaca a nostro riguardo, si è oggi, come tre anni or sono, di paralizzare la nostra influenza in Europa.

I leali ed amichevoli sentimenti che, di quando in quando, ci vengono espressi, sono tacitamente ma assai chiaramente, legati alla condizione che l'Italia si mantenga satellite dell'Austria, presso a poco come lo è la Serbia. Nulla si farà quindi qui, che possa accrescere il nostro prestigio o darci forza nei consigli della Europa.

Gravissimo è questo mio apprezzamento, ben lo so,ma nessuno può negare che non trovi nei fatti la sua affermazione. Dobbiamo quindi regolarci in conseguenza; e rivolgere tutta la nostra azione a farci da noi stessi quella posizione che in oggi ci è contrastata e che i mezzi non ci mancano per conseguire.

(l) Non pubblicato.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3626. Berlino, 15 ottobre 1884 (per. il 23).

Conversando giorni sono col sotto-segretario di Stato intorno alla nuova fase in cui era entrata la questione egiziana in seguito all'ammortamento del debito pubblico del Vice-Reame, il discorso cadde sul modo di procedere tenuto dagli agenti delle Potenze al Cairo all'atto di formulare la protesta, che doveva fare salva la ragione del rispetto dovuto ai trattati internazionali. Se le Grandi Potenze furono sollecite e concordi a biasimare il modo con cui il Governo egiziano aveva creduto di modificare la legge di liquidazione, gli agenti di Germania, di Francia, d'Austria-Ungheria e di Russia in Egitto si studiarono di concordare fra loro il tenore dell'atto di protesta all'infuori del concorso del loro collega d'Italia. Né essi curarono di partecipare a quest'ultimo il risultato dell'opera loro, se non dopo che ebbero notificato la nota identica di protesta al Governo egiziano, in guisa che se l'agente d'Italia avesse voluto apporre la sua firma a quell'atto, ciò non sarebbe stato più possibile. In tale congiuntura l'Italia, che vanta in Egitto interessi maggiori di quelli della Germania, dell'Austria-Ungheria e della Russia, non potette fare a meno allora di agire da sé con un atto di protesta da essa medesima particolarmente formulato. Ora è manifesto che tutto ciò non può essere stato se non l'effetto di un malinteso che va forse addebitato all'azione personale dei quattro agenti precitati, il quale malinteso poteva agevolmente prevenirsi, laddove il Governo imperiale, che per il primo aveva pronunciato il suo giudizio in proposito, si fosse inteso col Governo del re sul modo di procedere da osservarsi in questa circostanza. Al sotto segretario di Stato era d'altronde nota la dichiarazione che noi avevamo qui fatta dopo la chiusura della Conferenza di Londra. Con l'avere rivendicato allora la nostra intera libertà d'azione, noi eravamo disposti ad accogliere con un sentimento di schietta amicizia ogni proposta, che ci fosse venuta dal Gabinetto di Berlino intorno alla vertenza egiziana, ed alla occorrenza noi facevamo assegnamento sopra una perfetta reciprocità.

Con tali parole volli prevenire che il signor Busch mi chiedesse qualche spiegazione sul contegno serbato dal r. agente al Cairo in quella congiuntura.

Il sotto segretario di Stato non esitò a dirmi che l'agente imperiale era principalmente incaricato di protestare per conto del Gabinetto di Berlino contro il provvedimento summentovato, e che soltanto se gli altri colleghi avessero manifestato la medesima intenzione, egli poteva associarsi al loro. Sicché d'istruzioni impartite nel senso di concertare fra gli agenti una formala uniforme di protesta non c'è stato punto discorso. Se gli agenti convennero nell'adottare una nota identica, non lo fecero se non dopo che si accertarono a vicenda dell'uniformità di pensare dei loro governi rispettivi. L'essenziale era dunque di protestare; la scelta della forma non aveva se non una importanza secondaria. Se non che mentre i colleghi di Francia, d'Austria-Ungheria e di Russia dichiararono, sin da principio, di essere muniti di istruzioni conformi a quello di Germania, il collega d'Italia si tenne in disparte e dimostrò anzi col suo contegno una certa esitanza. E comeché il tempo stringeva, gli altri rappresentanti furono allora costretti a precedere il loro collega d'Italia nella notificazione della protesta. Ora questa specie d'indecisione dava a divedere che un ritardo era occorso nell'impartire le istruzioni al rappresentante di Italia, ritardo che era tanto più inesplicabile, quando si pensa che il Governo italiano non poteva ignorare la risoluzione del Governo imperiale. Ed appunto perché il Gabinetto di Roma conosceva il modo di pensare del Gabinetto di Berlino, questo aveva reputato superfluo di attirare uno scambio d'idee fra i due Governi su di un punto che non aveva oramai più bisogno di essere chiarito, dopo che per mezzo di questa r. ambasciata il Governo imperiale aveva significato la sua decisione.

Il signor Busch mi soggiunse che l'E.V. aveva discorso di questo incidente col signor di Keudell, e che questi non aveva potuto tenerle se non il linguaggio che io qui riferisco. Del resto la cosa in sé medesima non aveva alcuna importanza, in quanto che non poteva dubitarsi che fra l'Italia e la Germania esistesse nella questione di fondo il più perfetto accordo.

Nel restituirle qui unito i fogli debitamente firmati, relativi ai documenti diplomatici speditemi in data del 30 settembre scorso e del 7 corrente, (l) ...

459

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3627. Berlino, 15 ottobre 1884 (per. il 23).

Come ebbi già l'onore di riferire all'E.V. col mio rapporto n. 3616 di questa serie (2), il tentativo inteso a stabilire un accordo fra la Germania e l'Inghilterra circa le questioni che concernono la parte occidentale dell'Africa non è stato sterile di frutti, attesoché i due Governi si sono intesi oramai tra loro sopra parecchi punti, ed intorno ai rimanenti si ha fondata speranza che un amichevole componimento non tarderà ad avverarsi. È presso a poco in questo senso che si esprime oggi la Nord Deutsche Allgemeine Zeitung. Da questo responso officioso la stampa tedesca è oggi unanime a trarre il convincimento che le antiche buone relazioni fin qui alquanto turbate, tendono a ripristinarsi tra i due Paesi. A quanto si afferma l'iniziativa di concretare con l'Inghilterra un accordo in prò degli interessi commerciali tedeschi in quelle regioni sarebbe stata presa dalla Germania dopo che questa fu in grado di assicurarsi che la Francia era predisposta ad intendersi con essa nel senso di mantenere reciprocamente buone relazioni di vicinato in Africa. Grazie a questo duplice lavorio il Gabinetto di Berlino si è cosi spianata la via per giungere a toccare la meta del suo cammino, quale è appunto di guarentire agli interessi tedeschi in quelle contrade una sfera di azione considerevole mercé la riunione di una conferenza internazionale. È oramai assodato il fatto che il principe di Bismarck, a vincere la ritrosia che l'Inghilterra aveva sin dal principio addimostrata verso i piani della politica colonizzatrice tedesca, ha cercato di tirare dalla sua la Francia associandola in certa guisa alla propria impresa in Africa. Ed è precisamente su questo terreno che si è iniziato quel riavvicinamento che oggi sussiste fra i due Governi se non fra i due Paesi. Qui si presume d'altra parte che, come corrispettivo dell'opera prestata dalla Francia in pro degli interessi coloniali tedeschi, la Germania si è accinta ad esercitare nell'attuale fase della vertenza egiziana un'azione che è destinata a giovare agl'interessi della politica francese nel Vice-Reame.

«Approvare il linguaggio tenuto al signor Busch. Oramai sarebbe Intempestivo tornare sopra questo argomento. È certo, però, che al signor de Martino mancò la possibilità di associarsi, quando pure avesse stimato di farlo in base alle istruzioni sue, alla compilazione di una nota identica coi colleghi». In base a tali istruzioni venne redatto il D. 1669 del 24 ottobre lUA, non pubblicato.

Di fronte all'eventualità degli ostacoli, che potrebbero moltiplicarsi a ::.capito suo in seguito all'accordo intervenuto fra i Gabinetti di Berlino e di Parigi sulle cose egiziane, l'Inghilterra si mostra ora molto più condiscendente verso la Germania negli affari africani. Non può difatti negarsi che il Governo inglese cerchi oggi per questa via a fare scomparire ogni traccia di dissapore nell'animo del principe di Bismarck. Ed in questi ultimi giorni il signor Gladstone ha tentato qui di fare pratiche indirette nel senso preaccennato. È noto che il capo del Gabinetto inglese è in intimi amichevoli rapporti col signor Escott uno dei redattori della Fortnightly Review, il quale, come si pretende, godrebbe anzi tutta la fiducia personale di lui. Il signor Escott si recò una settimana fa a Berlino, col segreto incarico di abboccarsi col principe di Bismarck e di adoperarsi in guisa da preparare un accordo diretto fra due omini di Stato. È bensì vero che egli non avrebbe parlato se non in proprio nome, ma era inteso che il suo linguaggio poteva considerarsi come implicitamente autorizzato dal suo mandante. Se non che, interrogato se era disposto a ricevere la visita del signor Escott, il principe di Bismarck, allora a Friedrichsruhe, fece rispondere che le sue occupazioni non gli permettevano d'incontrarsi col giornalista inglese. È risaputo che il cancelliere dell'Impero rifugge dal porsi in contatto coi rappresentanti della stampa, poiché egli suole affermare che le indiscrezioni dei giornalisti compromettono spesso l'azione dei Governi e la pace delle Nazioni sicché il rifiuto di ricevere il signor Escott non può essere considerato addirittura come l'effetto della ripugnanza del principe di Bismarck ad accogliere il tentativo dell'accordo escogitato dal signor Gladstone.

Mi è stato infine riferito che il Gabinetto francese, pur tenendosi stretto alla Germania accennerebbe ora a non mostrarsi alieno, dietro l'iniziativa dell'Inghilterra, dall'intendersela con quest'ultima sulle cose egiziane. Non so dire quanto cotesta affermazione sia esatta. Per ciò che riguarda il Gabinetto di Berlino, è da presumere che, non vantando la Germania se non interessi secondarii in Egitto esso vedrebbe senza preoccupazioni di sorta che la Francia e l'Inghilterra si accordassero insieme su quella vertenza, fino a tanto però che ciò favorisca i suoi maggiori interessi altrove.

E come a Parigi, ci pare che l'Inghilterra si adoperi in questo momento a predisporre in suo favore anche il Gabinetto di Vienna, presso il quale avrebbe riputato opportuno di giustificare il divario esistente fra le precedenti dichiarazioni fatte da lord Nortbroock al conte Kalnoky e l'atto illegale della sospensione dell'ammortamento commesso del Governo egiziano. In questa occasione il Governo inglese ha pure manifestato al Governo austro-ungarico il desiderio che le Potenze non accrescano col loro contegno le difficoltà abbastanza gravi che l'Inghilterra incontra in Egitto.

Da tutto ciò si scorge chiaramente che il Governo britannico attende ora ad allontanare da sé le molestie che il recente contegno delle Potenze gli ha procacciato (1).

«Mandare copia confidenzialmente a Londra acclò possa verificare Il fondamento e la esatta portata di questa notizia».

(l) -Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: (2) -Cfr. n. 443.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Mr<lvano:

460

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 1143. Cairo, 15 ottobre 1884 (per. il 28).

Conversando intimamente con Nubar pascià sull'occupazione inglese di Berbera e delle coste dei somali, egli la ritiene imposta al Governo inglese perché non fossero occupate dalla Francia o altra Potenza. E continuando a discorrere su questo argomento, egli disse potermi assicurare, non tacendo di averne discorso con questi signori (Nortbroock e Baring) che se l'Inghilterra è gelosissima che altre Potenze mettano il piede sulle coste del Mar Rosso, invece sarebbe lieta che l'Italia ne profittasse. Relata rejero, ma credo che Nubar pascià sia nel vero. Ammesso ciò -e l'E. V. ha il mezzo di assicurarsene -qualora si creda di trarne vantaggio, il nostro possesso di Assab non potrebbe stendersi che dalla parte del Nord. Dalle parole di Nubar pascià si può argomentare che l'Egitto non solleverebbe opposizioni. Ma non dovrebbesi perder tempo. A vincere le difficoltà locali ci converrebbe altresì preparare subito il terreno.

461

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3628. Berlino, 16 ottobre 1884 (per. il 23).

Ieri l'altro ebbi occasione di conversare col signor Derenthal agente diplomatico di Germania al Cairo, il quale trovasi qui di passaggio e parte fra qualche settimana per ritornare al suo posto.

A parer suo, il Governo inglese non sa come distrigarsi dagli imbarazzi che gli cagiona la situazione in Egitto: esso ha mostrato difatti fin qui, con una serie di tentativi incerti e contraddittori di non avere un programma preciso e distinto intorno a ciò che ci sarebbe da fare colà. Di qui è che l'Inghilterra procede a tentoni nell'opera di riordinamento a cui si è sobbarcata in quel Vice-Reame. La missione di lord Nortbroock è pure essa un tentativo che sinora non ha contribuito se non a rendere più palese l'inanità degli sforzi della politica inglese, ed ad accrescere le difficoltà della situazione. L'atto illegale della sospensione dell'ammortamento, suggerito al Governo egiziano è stato un espediente a cui si è ricorso soltanto, perché il Gabinetto preseduto dal signor Gladstone, non avendo a sua disposizione un programma ben definito, ha

creduto, in certa guisa, di tentare la fortuna. Come è noto, il tentativo non ha approdato, anzi ha aggravato lo stato delle cose in Egitto; ed oggi l'Inghilterra cerca con mezzi dilatorii a guadagnare tempo e a procacciarsi una nuova via per trarsi d'impaccio. Ora in seguito all'unanime disapprovazione delle Potenze, all'Inghilterra non rimane se non la scelta o di riconvocare una conferenza europea o ricorrere ad un diretto scambio d'idee coi singoli Gabinetti. E qui si presume che il Gabinetto di Londra non si deciderà ad appie;liarsi all'uno od all'altro mezzo se non dopo che lord Nortbroock avrà terminato il suo compito, ciò che potrà avere luogo nella prima metà del prossimo novembre. Nell'un caso o nell'altro spetterebbe all'Inghilterra di formulare proposte concrete, e di farne oggetto di comunicazione alle Grandi Potenze.

(l) Ecl. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo III, clt., p. 67.

462

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 74. Pietroburgo, 16 ottobre 1884 (per. il 22).

Mi risulta in modo confidenzialissimo che S. E. il signor de Giers ha fatto pervenire a Vienna, ed anche a Berlino, gravi lagnanze per il discorso del trono al Parlamento ungherese ed il progetto di risposta della maggioranza della Camera dei deputati.

Il conte Kalnoky è dispiaciutissimo di questo motivo a nuovi dissapori che accade subito dopo il convegno di Skierniewice. Ha fatto spiegare al signor de Giers che appunto nel discorso del trono ha consigliato di non far menzione di questo convegno per evitare interpellanze e discussioni al riguardo, tanto più che a lui non sarebbe poi stato dato di rispondervi. Si riserva invece di parlare dei rapporti con la Russia nelle delegazioni che si aprono a giorni. Fatto sta però che questo silenzio ha sortito un effetto contrario a quello previsto dal conte Kalnoky, giacché nella risposta della Camera ungherese si prende quasi atto di esso per felicitarsi che l'alleanza è soltanto a due, cioè con la sola Germania.

L'imperatore Alessandro è stato personalmente offeso da questo modo di procedere; né ciò è stato occultato a Vienna. Al signor de Giers stesso, così buon propugnatore dell'avvicinamento della Russia all'alleanza austro-tedesca, questo incidente giunge in mal punto. Si confida adesso in una riparazione nelle delegazioni ed è sperabile che l'irritazione, per quanto acuta, non avrà lungo seguito.

Tale incidente prova, a mio giudizio, che la conferenza di Skierniewice non ha mutato il fondo della situazione. Come già negli anni addietro ebbi sempre cura di riferire alla E. V., nei due Imperi esiste un partito che odia l'altro Stato, e che ogni tanto afferma la sua esistenza; ma questo partito è, e molto probabilmente, finché durano gli attuali ministri degli affari esteri, sarà tenuto in freno dai rispettivi governi.

463

IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 439. Assab, 17 ottobre 1884 (per. il 3 novembre).

Non credo fuori di proposito di comunicare all'E. V. la traduzione di una lettera che ho ricevuta ieri dal sultano Hummed Loeita, e della risposta che gli ho data (2).

Da quella lettera mi sembra scorgere che da diverse parti quel sultano deve aver avuto o spera di ricevere offerte; egli però, prima di intavolare trattative sia con la Francia sia con l'Inghilterra, dà la preferenza all'Italia, in parte anche per la simpatia che realmente queste popolazioni dancale cominciano a risentire verso di noi italiani.

L'E. V. sarà al caso di giudicare quale nesso può esistere tra questa proposta e le intelligenze fra Inghilterra e Turchia riguardo all'occupazione di alcuni punti del territorio egiziano, di cui fa oggetto il dispaccio del r. ambasciatore in Costantinopoli in data del 20 agosto p.p. (3).

È incontestabile che Sagallo è una delle più o la più vantaggiosa posizione per le relazioni con lo Scioa, epperciò non ne verrà disprezzato l'acquisto o il possesso; ma comunque sia, pregherei l'E. V. di voler accennarmi la linea di condotta cui preferibilmente attenermi.

464

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI

D. 1664. Roma, 19 ottobre 1884.

Il conte D'Arco mi ha comunicato, per incarico del suo Governo, che a Berlino non credevasi che l'Italia, la quale non si supponeva avesse degl'interessi diretti nell'Africa occidentale, sarebbe stata punta dal non essere posta sull'istessa linea delle Grandi Potenze aventi con essa una medesima posizione; ma che se l'Italia annetteva a ciò importanza, il Gabinetto germanico ci invierebbe, appunto per questa ragione, immediatamente un invito analogo, il quale dovrà quindi far pervenire anche all'Austria ed alla Russia.

Al conte D'Arco, che mi espresse il desiderio di voler telegrafare egli stesso la risposta mia a Berlino, io ho fatto sapere ch'io ringraziava il principe di Bismarck per avere S. A. benevolmente aderito al desiderio da noi manifestato di prender parte ai negoziati preliminari della Conferenza di Berlino, relativi al commercio ed alle condizioni delle occupazioni territoriali dell'Africa occidentale. Che l'Italia, Grande Potenza marittima e commerciale, non poteva non interessarsi alla discussione dei principii che per iniziativa del Gabinetto imperiale saranno per essere posti, nell'intento di assicurare la libertà di commercio e di navigazione in una parte assai estesa del continente africano, e

di regolare le eventualità di occupazioni territoriali, mediante trattati conclusi con dei capi di tribù indipendenti. Che io vedeva con piacere esser riconosciuta l'esistenza di questi interessi italiani, attendendo con riconoscenza l'invito immediato annunziatoci dal Governo imperiale, invito da estendersi, senza che ciò possa cagionare obbiezioni da parte nostra, anche all'Austria ed alla Russia.

Frattanto io la prego di voler dare al sottosegretario di Stato, a nome mio una ugual risposta, e di sollecitare l'invio dell'invito di cui trattasi, prendendo da esso l'occasione perché venga esteso anche all'Austria ed alla Russia.

S'informi esattamente dell'arrivo dell'adesione dell'Inghilterra alla conferenza, dell'epoca della riunione, e se le Potenze vi si faranno rappresentare dai loro ambasciatori o ministri a Berlino, coll'assistenza di personaggi specialmente versati in materie commerciali e coloniali, ovvero se esse vi invieranno dei plenipotenziari ad hoc.

Voglia inoltre indagare, se il Gabinetto germanico sta elaborando da sé solo i progetti da discutere nella conferenza, ovvero se a tale riguardo il Governo imperiale è in via di scambiare confidenzialmente delle idee con altri Gabinetti, nel qual secondo caso ella potrà esprimere il nostro desiderio di metterei d'accordo colla Germania, comunicandoci reciprocamente le nostre vedute.

Di tutto ciò la intrattenni col mio telegramma del 18 corr. (l) ...

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo III, cit., p. 68.

(2) -Non pubblicata. (3) -R. 2749 del 20 agosto 1884, non pubblicato.
465

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 79. Madrid, 19 ottobre 1884 (per. il 24).

Ringrazio V. E. delle informazioni sulle cose del Marocco favoritemi coi dispacci di questa serie del l o e 3 corrente (2). Ebbi occasione di farvi allusione a proposito della notizia datami ieri dal ministro di Stato che l'invito alla Conferenza di Berlino sugli affari del Congo fu esteso, sui reclami dell'Italia, alle Grandi Potenze non direttamente interessate, e ad altre minori.

La conferenza che sta per riunirsi si limiterà probabilmente, a quanto si suppone qui, a consacrare accordi preliminari già presi tra Germania e Francia ed ai quali l'Inghilterra volle aver parte prima di accettare l'invito; accordi relativi, beninteso, alle sole quistioni dell'Africa occidentale. Ma se, come apparisce probabilmente a chi considera le relazioni indirette tra le questioni proposte alla presente conferenza e quelle che concernono l'Egitto ed il Marocco, queste ultime verranno sollevate malgrado l'incompetenza della conferenza a discuterle, potrà essere questo un addentellato alla convocazione, forse a Parigi, per contentare la Francia, d'un'altra conferenza che abbia a determinare le condizioni, ora troppo incerte e perciò pericolose, delle questioni relative alle coste mediterranee dell'Africa e specialmente al Marocco.

Avendo io toccato con la dovuta riservatezza, dell'azione moderatrice esercitata dal rappresentante di Germania a Tangeri, ebbi a convincermi che si

può ravvisare in ciò un'altra prova dell'essersi compiuta l'evoluzione, già da me segnalata, di questo Gabinetto verso la Germania. Non v'ha più dubbio per me che la Spagna si ritiene ormai libera di procedere nella questione del Marocco indipendentemente dalla solidarietà naturale con l'Italia, la quale solidarietà, benché affermata reciprocamente in massima nel maggio scorso, non ebbe gli effetti che questo Gabinetto credeva potere aspettarsene per parte nostra.

Il ministro di Stato mi disse, con espressioni di cordiale rincrescimento, che, se il R. Governo avesse creduto potere mantenere a viso aperto, al momento della prova, le sue affermazioni di maggio, conformandovi le sue risoluzioni nelle questioni implicitamente poste nel discorso del trono, ed accogliendo con premura ed apprezzamento di amico, anziché far sue le comminatorie esigenze di comuni nemici, le disposizioni in cui egli era personalmente il 16 luglio d'impegnare questo Gabinetto ad estendere anche agli affari di Roma l'affermata solidarietà, Spagna e Italia ora unite strettamente nella conferenza di Berlino avrebbero potuto recare nella bilancia degl'interessi africani il peso, forse decisivo, dei propri interessi mediterranei. Il signor Elduayen aggiunse che era vano ormai rimpiangere il passato e che desiderava evitare discussioni al riguardo.

Trassi dal colloquio l'impressione che, se il R. Governo continua a considerare dannoso ai nostri interessi una conciliazione delle ambizioni francesi nel Marocco, con le soluzioni più o meno vantaggiose a seconda dei casi, già studiate e fino ad un certo punto preparate dalla Spagna, come V.E. fu informata dai rapporti miei e del r. ambasciatore a Parigi, una tale eventualità può essere tenuta d'occhio con maggiore difficoltà a Madrid che non a Berlino, a Parigi e a Londra ove si produrranno le circostanze dalla quali essa dipende.

(l) -T. 693, non pubblicato. (2) -D. e4 e 85, non pubblicati.
466

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2190. Vienna, 20 ottobre 1884 (per. il 23).

All'indomani dell'incontro dei tre imperatori a Skierniewice, il malumore degli ungheresi pel riavvicinamento della Monarchia alla Russia si faceva così gagliardamente sentire che il signor Tisza, siccome già ebbi a riferire, nella redazione del discorso della Corona, di cui S.M. l'imperatore dava lettura al Reichstag, credeva dover fare intieramente astrazione da quell'avvenimento, malgrado la sua incontrastabile importanza.

Quell'assoluto silenzio intorno ad un fatto che non si era prodotto senza incontrare serii ostacoli in Russia, e che unicamente era stato frutto della persistente azione del cancelliere germanico, doveva dispiacere a Pietroburgo e mi risulta riuscì d'assai increscioso anche a Berlino.

Il malumore di quei due Gabinetti non poté poi a meno di accrescersi allorché gli ungheresi, incoraggiati da un primo successo, vollero maggiormente accentuarlo colle non equivoche frasi di compiacimento che la maggioranza governativa della Camera introdusse nell'indirizzo in risposta al discorso della Corona, parlando dell'allt:anza colla Germania, siccome deìla soìa efficacia e desiderata.

La situazione si faceva intollerabile pel ministro degli affari esteri, e difficoltà non lievi potevano nascere per la Monarchia. A rimediare a quello stato di cose ed a porre fine agli apprezzamenti che, con poco tatto, i giornali sì al di là che al di quà della Leytha stavano svolgendo al proposito, il signor Tisza fu chiamato dai sovrani a Godolo, e colà ricevette per iscritto il testo delle dichiarazioni ch'egli avrebbe a leggere alla Camera onde riparare alle commesse sconvenienze ed impedirne delle nuove.

Conseguentemente a ciò, il signor Tisza fingendo di voler combattere quelli che erroneamente interpretavano il senso della risposta all'indirizzo fece alla Camera (dandogliene lettura) alcune dichiarazioni, che, combinate con quelle contenute nella sua risposta al deputato Iranyi, non sono senza peso per apprezzare la portata del riavvicinamento operatosi a Sckierniewice.

S.E. respinse anzitutto, l'insinuazione di qualche giornale viennese che l'indirizzo si mostrasse ostile alla Russia. Quanto alle alleanze, egli dichiarò essere sempre stato caldo partigiano di quella colla Germania, il cui scopo si è il mantenimento della pace europea con tutti i mezzi possibili, ed aggiunse che l'influenza di quell'alleanza si è anche manifestata in tal senso coll'attrazione che ebbe ad esercitare sulle Potenze vicine che, del pari, vogliono il mantenimento della pace; e così il primo ministro ungherese mise in un solo fascio la Russia e la Serbia, l'Italia e la Rumania.

Egli osservò che tanto maggiore è il numero delle Potenze che vogliono la pace, più questa è assicurata; siffatta considerazione -egli disse -sarebbe già sufficiente per impedirci a fronte di qualsiasi Potenza una manifestazione provocante ed offensiva che rivestirebbe il carattere di un rifiuto. Osservava quindi che la Russia, avendo, ora anch'essa, detto di voler procedere d'accordo coll'Austria-Ungheria in tutto ciò che concerne il mantenimento della pace e della situazione esistente sulla base dei vigenti trattati internazionali, egli crede che non si ha sincero amico della pace che non possa rallegrarsene ». Finisce poi il suo discorso energicamente respingendo qualsivoglia altra interpretazione che si vorrebbe dare all'indirizzo votato dalla Camera, accentuando essere a sua piena cognizione che quelli, cui venne affidato l'incarico della redazione dell'indirizzo avevano pienamente inteso di redigerlo in quel senso.

Rispondendo poi alle domande, a dir vero, eccessive, direttegli dal deputato Iranyi, il signor Tisza ribatté con maggiore vigore ancora gli stessi argomenti già prima svolti e premise che «il solo modo corretto di giudicare le relazioni colla Russia si è di apprezzarle sulla base delle relazioni della Monarchia colla Germania. Lo scopo di quest'alleanza essendo unicamente la conservazione della pace, è assai naturale che quell'alleanza produca anche a fronte degli Stati vicini, e del pari a fronte della Russia, che ha una così grande importanza dal punto di vista degl'interessi della pace, delle relazioni amichevoli e sicure~.

Precisando poi maggiormente i fatti, soggiunse che i tre sovrani si riconfermarono l'assicurazione reciproca dei loro sentimenti amichevoli, e che i tre ministri colle conversazioni che ebbero fra di loro «diedero una nuova garanzia che la pace stabilita sulla base dei trattati esistenti sarà conservata intatta ».

Tosto poi egli aggiunse che «se tre sovrani e Governi di potenti Imperi si accordavano di non permettere a chicchesiasi di turbare la pace, ciò dà espressione alla stessa coesione morale di tendenza e di scopi comuni ch'ebbe a produrre l'alleanza fra l'imperatore tedesco ed il sovrano della Monarchia austroungarica ed è perché -cosi egli disse -l'intervista di Sckierniewice non ebbe altri scopi, che non occorsero documenti scritti né d'alleanza né di protocollo, essendo sufficiente per assicurare la pace che il nostro accordo si faccia prevalere mercé il sincero e fermo volere dei monarchi e dei loro governi,,

La Camera si mostrò soddisfatta delle dichiarazioni del signor Tisza, locché non impedirà che alle delegazioni si producano altre interpellanze sullo stesso argomento, a cui il conte Kalnoky non potrà forse rispondere con sì felice successo, facendogli difetto quel piedestallo di patriottico liberalismo, che fa la forza del signor Tisza, di fronte del Parlamento ungherese.

Assai probabilmente la Russia non sarà gran che soddisfatta delle dichiarazioni fatte dal signor Tisza che presentano una certa analogia con quelle che il signor Kallay fu costretto a farmi dopo l'intemperanza di linguaggio a cui ebbe a trascorrere, allorché dopo la partenza degli Augusti Nostri Sovrani da Vienna volle spiegare alle delegazioni la natura delle relazioni esistenti a quell'epoca fra la Monarchia e l'Italia.

Allora, come oggi, i ministri I. e R. ebbero a compromettere fin dal primo giorno, per inescusabile deferenza ad appassionati rancori, una grand'opera di pace, il cui iniziamento non si era ottenuto che superando gravissimi ostacoli.

Unisco al presente rapporto il testo dei due discorsi del signor Tisza quale venne pubblicato dalla Correspondence di Pest (1).

La stampa italiana ha rilevato che il nome dell'Italia non fu pronunciato neppure una volta dal signor Tisza, ma è codesto un fatto di cui non dobbiamo più menomamente meravigliarci ed intorno al quale non potremmo rompere il silenzio senza ledere la nostra dignità.

467

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

L. CONFIDENZIALE. Londra, 20 ottobre 1884.

Oggi lord Granville, avvertendomi che non parlava all'ambasciatore d'Italia, ma ad un amico in via affatto privata, mi partecipò l'idea che passo ad esporle, in egualmente privata e confidenziale.

Il Governo inglese, egli mi disse, non vuole occupare esso stesso il porto di Massaua nel Mar Rosso. Non vuole !asciarlo in mano di barbari, o in potere di uno Stato rivale. Esso ha proposto o proporrà alla Turchia, Potenza sovrana, di occuparlo. Se la Turchia fa difficoltà, l'Italia vorrebbe occupar lo essa?

Lord Granville chiese il mio avviso personale. Osservò, però, che questa idea era tutta sua, e che non ne aveva ancora fatto parola coi ministri della regina, suoi colleghi.

33 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XVII-XVIII

Risposi a lord Granville chiedendo tempo a riflettere. La prego di esaminare la cosa e di farmi conoscere poi, con telegramma che cominci déchittrez vous méme, quale è la sua impressione. Non si tratta finora, come dissi, che di un'idea di lord Granville, ed anche non bene matura, giacché per ora le trattative per un'occupazione si fanno colla Turchia. Non posso quindi entrare in particolari che non so. Si tratterebbe naturalmente d'un'occupazione permanente che potrebbe diventare uno stabilimento perpetuo. Voglia studiare la cosa sotto tutti i suoi aspetti. Io attenderò, prima di parlare, di sapere il di lei pensiero al riguardo. La prego di tener la cosa assolutamente secreta e di non farne parte che al re, a Depretis, al ministro delle finanze, ed a quello della marina, pregandoli pure del secreto.

Io non voglio, per ora, considerare questa entratura che come un indizio dell'aiuto che in dati casi possiamo sperare dall'Inghilterra nella politica marittima, e delle buone disposizioni del Gabinetto inglese verso di noi. È questo un primo frutto della nostra attitudine nelle cose egiziane. Ella vede come sia importante il conservare questa attitudine.

Le restituisco qui le lettere del Baravelli. Non ne ho fatto uso. Non voglio con questi uomini di Stato, prodigar le parole e le assicurazioni. È questo un paese in cui gli uomini spendono più parole e ci credono meno. Mostriamo col fatto, più che colle parole, che l'Inghilterra può contare sull'amicizia dell'Italia.

Il Gabinetto inglese ha accettato in massima la proposta di conferenza a Berlino per gli affari del Congo, ma ha chiesto varie spiegazioni sul programma. Queste spiegazioni non sono ancora venute e sembra che il principe di Bismarck non voglia darle, giacché esse, secondo lui, potranno più utilmente essere chieste e date in seno alla conferenza. Ciò nondimeno, io non dubito che il Governo inglese accetterà e si farà rappresentare a Berlino malgrado il cattivo umore che destò in Inghilterra un'iniziativa presa in tal modo dalla Germania d'accordo colla Francia in un affare essenzialmente marittimo e coloniale. Vero è che la prima idea d'una conferenza, o d'un accordo fra le Potenze, sugli affari del Congo spetta a lord Granville, che la emise fin dalla scorsa primavera.

Ho insistito presso lord Granville perché si continuassero i pagamenti delle indennità inferiori alle 200 lire egiziane. Prese nota della raccomandazione.

Ho pure chiesto la liberazione dal sequestro fatto dalla autorità di Aden dei 150 fucili destinati ad Assab. Ma come mai si poté fare una falsa dichiarazione del carico?

(1) -Non pubbllcatl. (2) -Da M.C.R., Carte Manclnl; ed. ln L'Italia tn Africa, Etfopfa -Mar Boaso, tomo m. clt., pp. 70-71.
468

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI

D. 1666. Roma, 22 ottobre 1884.

L'incaricato d'affari di Germania mi ha rimesso ieri la nota della quale le aechiudo qui copia, con cui l'Italia è invitata a prender parte, fin dalle riunioni e dai negoziati preliminari, alla conferenza per gli affari del Congo e dell'Africa occidentale (l).

Il conte Arco mi dichiarava aver ricevuto l'incarico, nel consegnarmi la nota anzidetta, di ripetere e confermare che non si era pensato da principio ad invitare l'Italia a quella ristretta conferenza preliminare, ma bensì alla conferenza plenaria, perché non si supponeva che fosse ne' suoi desideri il prender parte alle discussioni di quel primo periodo; ma che essendosi saputo come le sarebbe riuscito gradito ricevere un tale invito, la Germania affrettavasi a farcelo pervenire rivolgendone però uno consimile alla Russia, all'Austria ed alle Potenze scandinave.

Confermandole pertanto il mio telegramma d'oggi (2) ...

469

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI DI GERMANIA A ROMA, VON ARCO

D. S.N. Roma, 23 ottobre 1884.

Le soussigné, ministre des affaires étrangères de Sa Majesté le Roi d'Italie, a reçu la note que M. le chargé d'affaires d'Allemagne a bien voulu lui adresser, le 21 de ce mois, pour lui faire part du projet de réunir à Berlin, dans le courant de ce mois, si faire se peut, les représentants des Puissances intéressées au commerce de l'Afrique occidentale, avec mandat de chercher à établir un accord sur des points se rattachant à la situation et à l'avenir de cette contrée, et pour inviter, d'ordre du Gouvernement impérial, le Gouvernement de Sa Majesté le Roi d'Italie à participer à cette conférence.

Les principes sur lesquels l'accord devrait porter sont les suivants: l) liberté du commerce dans le bassin et les embouchures du Congo; 2) application au Congo et au Niger des principes adoptés par le Congrés de Vienne en vue de consacrer la liberté de la navigation sur plusieurs fleuves internationaux, principes appliqués plus tard au Danube; 3) définition des formalités à observer pour que des occupations nouvelles sur les c6tes d'Afrique soient considérées comme effectives.

M. le chargé d'affaires d'Allemagne ajoutait, dans sa note, qu'une invitation semblable est simultanément adressée aux cabinets de Vienne, de Bruxelles, de Copenhague, de Madrid, de Paris, de Londres, de la Haye, de Lisbonne, de St. Pétersbourg, de Stockholm et de Washington.

Le soussigné remercie M. le chargé d'affaires d'Allemagne de son obligeante communication et le prie de vouloir bien porter à la connaissance du Gouvernement impérial que le Gouvernement du roi accepte, en ce qui le concerne, de se faire représenter à la conférence projetée, désireux d'apporter au travail commun une coopération impartiale et s'inspirant d'une légitime sollicitude pour les intérets d'ordre général auxquels il s'agit de pourvoir.

(l) -Non pubblicata. (2) -T. 696 del 22 ottobre 1884, non pubblicato.
470

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 704. Roma, 25 ottobre 1884, ore 23,55.

J'admets que le Gouvernement impérial et royale ne veuille pas accepter une durée illimitée pour l'engagement que nous prendrions mutuellement de ne pas changer, sans le consentement réciproque, tout ce qui dans le règlement à établir maintenant respectivement pour la peche còtière reproduit les accords de Goritz. Mais il est également évident que nous eussions fait, à Goritz, ceuvre inutile si chacun des deux Gouvernements gardait pleine liberté de modifier à son gré les nouveaux règlements dans les points aussi qui ont formé objet de l'entente au sein de la commission mixte. Veuillez donc proposer que l'engagement ci-dessus dure tant que le traité de commerce et de navigation reste en vigueur entre les deux Pays et après l'expiration du traité pour une année depuis le jour où l'une ou l'autre des deux parties aurait exercé pour le protocole de Goritz son droit de dénonciation. Il devrait en autre etre bien entendu qu'après cette dénonciation la situation réciproque reviendrait au statu quo ante. Il serait nécessaire de hàter l'entente sur ce point pour pouvoir procéder sans retard à la publication des règlements respectifs.

471

IL CONSOLE GENERALE A BUDAPEST, SANMINIATELLI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Budapest, 25 ottobre 1884.

È terminata finalmente nella Camera la discussione dell'indirizzo, allungata oltre ogni previsione dalle escandescenze degli antisemiti, che si erano proposti il poco lodevole fine di fare impressione sulle masse e di agitare il Paese. La maggioranza di 62 voti ottenuta dal signor Tisza è tutta quella di cui egli può disporre. Al numero però, che potrebbe parere piccolo, supplisce la disciplina del partito.

Sul passo relativo alla politica estera, non ha grande importanza quello che dissero ieri il Berzeviczy relatore dell'indirizzo, e l'Iranyi, capo dell'estrema sinistra. Quest'ultimo insisteva per sapere cosa sia stato fatto a Skierniewice, e giacché gli si diceva che nulla era stato scritto e non erasi fatto altro che conservare l'adesione della Russia alla duplice alleanza, per la quale deve esserci certamente qualcosa di scritto, egli chiedeva, né più né meno, che la comunicazione del patto della duplice alleanza, tanto più che questa, secondo le affermazioni rinnovate a sazietà, non aveva altro oggetto che quello della conservazione della pace. Aggiungeva che il ministero ungherese non deve abdicare la sua parte nella direzione della politica estera, e manifestava la speranza che il signor Tisza non avesse semplicemente ripetuto, nel rispondere alla sua interpellanza, la lezione fattagli dal conte Kalnoky. Il Berzeviczy poi ripetè che l'indirizzo è chiaro e non contiene insinuazioni poco amichevoli verso una terza Potenza, la colpa essendo tutta della stampa forestiera se fu data alle parole usate una falsa interpretazione.

Il signor Tisza ha risposto stasera all'Iranyi dicendo che nulla aveva da aggiungere a quello che già aveva dichiarato: quanto poi alla sua partecipazione nell'indirizzo della politica estera, non valeva la pena di ricercare se fosse stata poca o molta, una volta che era stata diretta, con soddisfazione del deputato interpellante, al mantenimento della pace.

Dicesi che nei ministeri si lavori assiduamente per preparare i materiali che devono servire di guida al rinnovamento della unione doganale. La opinione pubblica conforta il Governo a chiedere molto, specialmente dopo che i giornali austriaci parlarono della necessità di resistere alle pretese magiare. Pare che il Governo sarebbe disposto a contentarsi di poche e oneste concessioni, ma teme la disapprovazione del Paese, al quale difficilmente si può fare intendere ragione su cotesto soggetto. Sarà questa, se non m'inganno, una quistione gravissima, segnatamente ora che gli ungheresi sono abituati ad averle tutte vinte e sono persuasi di esercitare nella Monarchia una specie di missione egemonica. Il giorno che dovesse loro toccare una disillusione, l'idea della indipendenza completa, col regime della semplice unione personale, farebbe subito immenso numero di proselitl.

Le cose diventano veramente serie in Croazia. n colpo di stato parlamentare è il preludio di altri gravi avvenimenti extralegali.

472

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 705. Roma, 27 ottobre 1884, ore 16,45.

Je reçois votre télégramme concernant l'affaire de Propagande (l) et je vois avec plaisir que nous continuons à nous trouver sur ce sujet délicat en parfait accord. Le comte Ludolf est revenu aujourd'hui lundi m'en parler encore une fois d'après une dépéche du comte Kalnoky répondant probablement à son compte-rendu de notre entretien de jeudi. Le comité des délégations s'ouvrant aujourd'hui méme à Budapest, le comte Kalnoky désire nous prévenir du langage qu'il compte tenir, le cas échéant, au sein de cette assemblée. La question des alliances et des rapports de l'Autriche-Hongrie avec les autres Puissances sera, pour le comte Kalnoky, l'occasion de s'exprimer, au sujet de l'Italie, en termes amicaux et faisant exactement ressortir notre situation réelle envers les deux Monarchies centrales. Quant à la Propagande le comte Kalnoky fera avant tout son possible pour empécher que la question ne se soulève, si cela ne lui réussit absolument pas, il mesurera ses paroles de façon à ne rien enlever à la spontanéité qui doit caractériser les mesures annoncées par le Gouvernement du roi aux Chambres italiennes en faveur de cette istitution. Ces communications du comte Kalnoky sont bonnes; j'en ai marqué

au comte Ludolf ma satisfaction exprimant la confiance que tout se passera aux délégations d'après ce programme. Le comte Ludolf était cependant chargé d'accompagner les communications cl-dessus reproduites par une double déclaration: l) le Cabinet de Vienne entend garder la position qu'il a prise dès le début envers nous, en maintenant pour l'Autriche-Hongrie le droit de nous adresser telles représentations amicales qui lui parattraient opportunes dans les questions pouvant atteindre l'indépendance spirituelle du Pape, au nombre des quelles le Cabinet de Vienne range celle de Propagande; 2) se référant aux pourparlers de julllet dernier, le comte Kalnoy persiste à prendre acte du contenu des rapports du comte Ludolf qu'il doit, dit-i!, regarder comme étant conformes à la vérité. J'ai répondu à la première de ces deux déclarations en me référant à mon tour purement et simplement à ma réponse de jeudi que j'ai ferment maintenue, ainsi qu'à mes propres déclarations de juillet. J'ai ensuite répondu à la seconde déclaration en disant qu'en présence d'un malentendu évident je devais maintenir, à l'égard de mes propres paroles, la version que j'en avais à plusieurs reprises répétée, et qui est de plus corroborée par le témoignage du président du Conseil présent à notre entrevue de juillet dans laquelle les dites paroles ont été par moi prononcées. Malgré l'obstination de reprendre une discussion que nous devions considérer comme tout-à-fait épuisée, le langage du comte Ludolf a été, cette fois, au fond assez cordial. Mon impression est que le Cabinet de Vienne, se réslgnant à prendre en face des délégations une attitude compatible avec le maintien de nos bons rapports mutuels, se préoccupe maintenant de faire en sorte que cette attitude ne préjuge pas, à son point de vue, l'avenir.

V.E. a sans doute prise toutes ses mesures, soit pour etre bien renseigné de ce qui va se passer à Budapest, solt surtout pour qu'il m'arrive par le télégraphe en Italie une prompte, exacte et bonne version de façon à faire dès le premier moment sur l'opinion publique chez nous la meilleure impression que Ies circonstances vont comporter. V.E. sait combien d'efforts il a fallu faire autrefois pour atténuer au moins le facheux effet que des télégrammes infidèles et maladroits des organes officieux de l'Empire avaient irrévocablement produit. C'est, à la vérité, un coté accessoire de la situation mais il emprunte aux circostances actuelles une lmportance toute particulière et 11 mérite toute notre attention. Je m'en remets à V. E. avec une entière confiance.

(l) T. 1420 del 23 ottobre 1884, non pubbUcato.

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IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 443. Assab, 28 ottobre 1884 (1).

In relazione a precedente mio rapporto del 17 corrente n. 439 (2) mi pregio di comunicare all'E.V. che ho ricevuto ieri una seconda lettera del sultano

Mohamed Loeita, il quale in riscontro alla mia del 17 corrente mi annunzia

che Sagallo è già stato occupato dai francesi di Obock, egli adunque insiste

perché il Governo italiano acquisti la località da lui indicata, denominata

Debeken, che egli assicura la più vantaggiosa di tutto il golfo di Tagiura sia

per le relazioni con Io Scioa direttamente, sia per quelle con l' Aussa, ed il lago

Assai che fornisce il sale a tutta l'Abissinia meridionale per mezzo delle

carovane danakil, e dista una sola giornata di marcia da Debeken. Dal qui

unito schizzo rilevato dalla carta nautica l'E.V. potrà giudicare dalla posizione

più o meno approssimativa che ho assegnato a Debeken (con croce nera) mentre

giudicherà pure di quella approssimativa assegnata a Sagallo, contrassegnato

con croce rossa come i due altri punti occupati dai francesi.

II comandante De Amezaga che ha esplorato il golfo di Tagiura sino dentro la profonda insenatura di Ghubbet el Karab, potrebbe con maggiore cognizione di causa riferire del più o meno facile approdo a quella costa. Mentre dalle informazioni prese qui, detta località di Debeken corrisponde al vanto che ne fa Hummed Loeita, ed è certamente la posizione più vantaggiosa di tutto il littorale di quel golfo di Tagiura, per facili relazioni con l'interno.

I francesi non avendo potuto sino ad ora ottenerla da Loeita hanno semplicemente soppiantato gli egiziani che abbandonarono Sagallo e come da dichiarazione fattamene da testimonio oculare hanno stabilito in Sagallo guardie arabe e abissine e vi hanno inalberato la bandiera francese. Si aspetta d'un giorno all'altro l'occupazione di Tagiura, ove una nave da guerra francese staziona già da diversi giorni, pronta a sostituire il Governo del proprio Paese a quello egiziano, appena il simulacro di quest'ultimo, rappresentato da pochi soldati sia svanito con l'abbandono del villaggio.

Verso nord i francesi hanno poi esteso i confini del possedimento di Obock sino a Kor Angar segnata pure in rosso nello schizzo, e ciò senza tener nessun wnto dall'opposizione fatta loro dal sultano di Raheita, ed ivi anche in fondo ad un insenatura ricca di legname adatto a travature hanno installato un corpo, di guardie arabe sotto la protezione della loro bandiera.

Le intenzione dei nostri vicini cominciano dunque a delinearsi, e tralasciando delle posizioni di Kor Angar, sullo sbocco dello stretto, crederei superfluo di rilevare quanto danno recherebbe ad Assab l'occupazione del golfo di Tagiura da parte della Francia, poiché la possibilità di impadronirsi in avvenire del lago di Assai e relative saline metterebbe in mano della Francia la parte più importante di questo Paese dancalo, e gli assicurerebbe il monopolio delle comunicazioni più dirette, e con l'andare del tempo, anche più sicure con lo Scl.oa. Per il carattere generalmente poco conciliante e prepotente dei nostri vicini, la preferenza rimarrà forse ancora alla via di Assab sino a tanto che trattative straordinarie ed interessate indurranno il re Menelik a mandare appositamente le sue carovane qui da noi, o che il sultano Anfari per dissensi

o dissapori avuti con altri ordinerà ai suoi danakil di portarsi in Assab; ma Obock saprà anche a proprio profitto creare la discordia nel campo dei dissidenti e troverà sempre chi gli darà mano.

Tutto ciò viene in appoggio di quanto esponevo in precedente mio rapporto della necessità cioé di non lasciare accerchiare completamente questo nostro

possedimento, se non vogliamo vederci chiusa ogni via praticabile per l'interno, e di dovere almeno dalla parte del mare prefiggerei un obbiettivo più o meno lontano cui dovrà tendere la nostra azione in questo bacino del Mar Rosso.

Temo che l'occupazione del golfo di Tagiura da parte della Francia richiami fatalmente l'occupazione di Massaua da parte dell'Inghilterra.

(1) -Manca l'Indicazione del giorno di arrivo. (2) -Cfr. n. 463.
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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3643. Berlino, 28 ottobre 1884 (per. il 3 novembre).

Benché durante tutto il tempo che è trascorso dall'epoca del convegno di Skierniewice fin qui, io abbia avuto frequenti occasioni di incentrarmi con gli organi ufficiali di questo Governo, da nessuno di essi mi è stata fatta alcuna nuova comunicazione intorno alle deliberazioni prese dai tre imperatori in quella circostanza. Ed io conformandomi scrupolosamente alle istruzioni che l'E.V. si compiacque d'impartirmi in proposito, mi sono mantenuto nella maggiore riservatezza di contegno circa questo soggetto nei miei ordinarii colloquii coi rappresentanti questo Dipartimento imperiale degli affari esteri.

Contemporaneamente non ho tralasciato però di proseguire le mie investigazioni per altra via con tutta la necessaria accuratezza e con quelle cautele che per me si potevano maggiori, affine di raccogliere intorno a quel convegno qualche notizia che scostandosi dalle solite generalità di linguaggio, ci fornisse per avventura il mezzo di squarciare almeno una parte del profondo mistero che copre le cose trattate a Skierniewice.

Da una persona, che oltre ad essere di solito bene informata, sa con retto giudizio apprezzare il valore di una situazione politica, ho udito ragionare intorno a codesto soggetto nel modo che segue.

Come è stato ripetuto in varie guise e da varie parti, Io scopo finale del convegno dei tre imperatori era il consolidamento della pace in Europa.

La Germania sentiva potentemente 11 bisogno di vedere assicurata e mantenuta la tranquillità generale e non meno predisposta a coadiuvare a cotesta opera di pace era l'Austria-Ungheria. Se non che il pericolo di non lontane complicazioni intese a compromettere tale opera si poteva considerare quasi immanente dalla parte della Russia, grazie alle tendenze oltremodo accentuate dal panslavismo.

L'inveterata antipatia di quella Potenza contro l'antica sua rivale in Oriente avevano contribuito non poco ad accrescere le reciproche diffidenze tra la Russia e l'Austria. Proprio a questa medesima epoca l'anno scorso parlando delle relazioni fra' due Imperi il conte Kalnoky ebbe a dire che esse erano normali. Questo nuovo vocabolo, che puristi della diplomazia mal volentieri accolsero nel loro dizionario, aveva un significato poco promettente per la causa della pace; esso voleva semplicemente dissimulare la mancanza di fiducia che i

due vicini provavano a vicenda per rispetto alla loro amicizia; ed è pure da ricordare, a questo proposito, ciò che lo stesso conte Kalnoky aveva detto; «Se la Russia aggredisse l'Austria noi non saremmo soli a respingere l'offesa:..

In tale stato di cose il principe di Bismarck volendo assicurare l'opera di pace da lui medesimo intrapresa, non tralasciò d'allora in poi di fare ogni sforzo per contribuire a scemare fra due rivali le cause che potessero produrre l'urto temuto. Gli sforzi dell'onesto sensale non rimasero di fatto infruttuosi. Egli seppe non solo trattenere la Russia dal fare causa comune con la Francia, ma pervenne altresi a determinare presso quell'Impero un movimento di evoluzione verso l'Austria-Ungheria, quale fu poi suggellato dal convegno di Skierniewice.

Ora, la base di cotesto riavvicinamento si ritl'ova appunto in un duplice accordo che sembra sia stato stabilito in comune fra tre Imperi, non già nella eventualità di una prossima guerra, ma bensì nell'interesse diretto ed esclusivo del mantenimento della pace in Europa. E per fermo, i tre Imperi si sarebbero impegnati a rispettare ed a mantenere la conservazione dello status quo nella penisola dei Balcani; pur lasciando alla Russia il campo necessario per esercitare un'azione sempre più preponderante in Bulgaria ed all'Austria la facoltà di accentuare maggiormente la propria influenza sulla Serbia. Ma l'accordo non si è limitato a consacrare soltanto cotesta opera relativamente conservatrice; esso ha pure assegnato alla Russia un terreno abbastanza vasto e vantaggioso, ove il bisogno d'espansione, avvertito cosi vivacemente da quell'Impero, potrebbe essere appagato senza limitazione alcuna.

Cot~sto campo sarebbe l'Asia, principalmente nella direzione della Persia, ove da lungo tempo la Russia cerca di assicurarsi il possesso di un porto. Per la Russia il Golfo Persico costituirebbe un obbiettivo non meno agognato del possesso di Costantinopoli. Il pensiero che mosse il principe di Bismarck ad incoraggiare le tendenze di espansione della Francia verso lontane regioni è il medesimo oggi che lo determina a spingere la Russia verso la Persia. Secondo lui le Nazioni si possono dividere in due grandi categorie: sonavi Nazioni che propendono per indole verso la pace, e Nazioni che propendono per indole verso la guerra. Fra le prime è da annoverare la Germania cosi aliena da varcare i confini del proprio territorio; appartengono invece alla seconda la Francia e la Russia, le quali a motivo del loro bisogno di espansione minacciano frequentemente la pace in Europa. Ora non essendo possibile reprimere alla lunga un simile bisogno, importava innanzi tutto procacciare alla Francia ed alla Russia un terreno adatto, sul quale esse potessero dare libero sfogo alle loro tendenze di espansione, e vi impegnassero a tale modo le loro forze da non essere più in grado di turbare la pace in Europa.

A parere della persona che mi ha parlato nel modo che precede, questa sarebbe la parte positiva dei colloquii che ebbero luogo in Skierniewice fra il principe di Bismarck, il conte Kalnoky, ed il signor de Giers. Secondo lui il riavvicinamento della Russia all'Austria non deve però considerarsi come un fatto che abbia mutate radicalmente le antiche disposizioni dei due Gabinetti. Il miglioramento delle relazioni fra di essi non può avere posto profonde radici nel due Paesi. Ed all'uopo si cita la circostanza che nel recente discorso della Corona, l'imperatore Francesco Giuseppe ha serbato assoluto silenzio sul contegno di Skierniewice: silenzio che ha oltremodo dispiaciuto specialmente all'imperatore Alessandro, e che deve avere esercitato una certa sfavorevole influenza sui rapporti fra i due Governi.

Nel trasmettere qui unito debitamente firmato il foglio relativo ai documenti diplomatici speditemi in data del 22 corrente, e nel segnare ricevuta all'E. V. dei dispacci ministeriali di questa serie sino al n. 1671 ...

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA (l)

T. SEGRETO S. N. Roma, 29 ottobre 1884, ore 18.

Aujourd'hui seulement je reçois votre lettre particulière du 20 (2). Pour le moment, et avec réserve de vous répondre plus tard sur le sujet principal, je m'empresse de vous faire part de mes impressions personnelles. Avant tout j'apprécie au plus haut degré l'ouverture amicale de lord Granville, comme témoignage du degré de confiance personnelle qu'il piace en vous. Si c'est, d'une part, un service que l'Angleterre nous demande, c'est, d'autre part, un gage de bonnes dispositions, envers l'Italie, que l'Angleterre, les circostances aidant, traduirait en faits avantageux pour nos rapports maritimes et coloniaux.

Votre lettre se croise avec une dépéche très confidentielle (3) que je vous adresse au sujet d'une occupation éventuelle, de notre part, à Beiloul, sur la còte de la Mer Rouge; occupation devenue nécessaire pour la sécurité de notre établissement d'Assab, et pour laquelle nous désirons avant tout, nous assurer de l'acquiescement du Cabinet anglais.

L'occupation de Massaouah a une importance bien plus considérable; elle pourrait étre accuellie par l'opinion publique, en Italie, avec beaucoup de faveur, surtout alors qu'elle aurait lieu en plein accord avec l'Angleterre. De ma part, si une mure reflexion peut nous convaincre qu'il n'y a pas de dangers à craindre, ni des éventualités d'une gravité considérable, et surtout d'un caractère difficile à définir, je n'y aurai pas d'objections sérieuses. Je ne pourrais, au contraire, qu'encourager votre zèle éclairé à conduire le plus tòt possible à bonne fin cette négociation confidentielle.

Il ne faut cependant pas nous engager légèrement et sans mesurer avec prudence l'étendue de nos responsabilités. Nous devons nous poser une série de questions, les suivantes surtout:

A quel titre ostensible notre occupation se ferait-elle? Avec, ou sans invitation ou consentement de la Turquie, ou bien au moins avec le consentement de l'Egypte et de l'Angleterre? Se ferait-elle avec des conditions?

L'occupation impliquerait évidemment le devoir de la défense. Contre qui, et dans quelles éventualités? Contre les rebelles et les populations de l'intérieur

seulement? Dans le -cas où l'Abyssinie essayerait de nous déloger, pourrionsnous compter sur un concours effectif de forces anglaises?

Doit-on envisager la possibilité d'une opposition, d'un conflit éventuel avec la France, ou bien celle de démarches amicales de l'Allemagne pour nous déconseiller de l'entreprise?

L'occupation pourrait etre protégée par un de nos bons navires de guerre stationnant à Massaouah; il y aurait aussi une garnison italienne permanente à terre. Mais si notre responsabilité n'était pas restreinte à la simple localité, et si nous pouvions nous trouver engagés dans une campagne avec l'Abyssinie, on pourrait nous reprocher de ne pas avoir eu le courage de nous associer en temps utile à l'action militaire de l'Angleterre en Egypte, et de le faire aujourd'hui tardivement, sous des auspices plus défavorables. Il est vrai qu'au fond nous serions conséquents et fidèles à la promesse, faite par nous à l'Angleterre, de lui venir en aide dans l:e cas sa mission en Egypte rencontrerait de plm, graves difficultés.

Avan.t de vous donner une instruction positive, pour vous mettre en mesure de répondre à l'ouverture toute personnelle et amicale de lord Granville, je prie

V. E. d'examiner ces différents points et de me communiquer son avis.

Quant au secret, soyez tranquille; il sera religieusement gardé envers tout le monde.

(l) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III cit., pp. 71-72. (2) -Cfr. n. 467. (3) -Cfr. n. 476.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 537. Roma, 29 ottobre 1884.

Gli avvenimenti che si vengono svolgendo nella valle del Nilo hanno dovuto necessariamente richiamare l'attenzione del Governo del re sulle possibili loro conseguenze pel nostro possedimento di Assab.

L'abbandono del Sudan da parte dell'Egitto, abbandono che sembra doversi estendere sino al mare, il rifiuto opposto sinora dalla Sublime Porta all'invito fattole dall'Inghilterra di presidiare taluni punti di quella costa, la ripugnanza del Governo britannico ad accrescer fuori di misura le proprie responsabilità coll'allargare la cerchia delle sue occupazioni, hanno fatto nascere in noi la preoccupazione che alcun'altra Potenza, quando si verificasse la contingenza dell'abbandono da parte dell'Egitto e l'Inghilterra persista nelle sue esitazioni, possa cercare di stabilirsi tra Massaua ed Assab; il nostro possedimento, già circoscritto a mezzogiorno dallo stabilimento francese di Obock, verrebbe ad essere così per ogni parte chiuso e rinserrato, considerando poi la situazione dell'Inghilterra stessa nel mar Rosso, ci è sembrato che una tale evenienza (non improbabile in cui le idee di colonizzazione hanno nuova vita, e tutte le Potenze tengono gli occhi fissi sull'Africa) non fosse neppure conforme ai suoi interessi; e se non abbiamo male interpretato la costante e benevola fiducia dimostrataci dal Governo della regina sin dal primo sorgere ctelle complicazioni egiziane, dobbiamo ritenere che essa vedrebbe ora senza gelosia una modesta estensione del nostro possedimento, e preferirebbe che nel tratto di costa cui ho dianzi accennato fosse stabilita, se non mercé annessioni territoriali almeno in altra forma da determinarsi, l'autorità dell'Italia, per cui i cordiali rapporti coll'Inghilterra sono ormai una costante tradizione politica.

Al nord di Assab, a brevissima distanza dal nostro confine sta Beilul; gli egiziani vi hanno in questo momento una guarnigione di cinquanta uomini circa. Trattandosi di punto vicinissimo ad Assab ed il più importante in quel tratto di costa, è là sopratutto che ci premerebbe di prevenire l'occupazione di un'altra Potenza. È certo che, dopo quello che è occorso alla spedizione del nostro infelice Giulietti, l'eccidio della quale non poté finora avere giusta punizione, il nostro prestigio, la stessa nostra sicurezza, in Assab, subirebbero irreparabile jattura, qualora o a Beilul si inalberasse altra bandiera, od lvi sl ritornasse allo stato di completo abbandono che preesisteva, due anni or sono, alla venuta colà di un presidio egiziano.

Le informazioni contenute nel rapporto del r. commissario ad Assab (1), ed in quello del r. agente in Cairo (1), che le acchiudo in copia, aggiungono efficacia a quanto le venni qui accennando. V.E. rileverà come il nostro protettorato a Beilul e lungo le vicine coste, al nord di Assab, sarebbe accolto senza ripugnanza e fors'anche con favore dalle popolazioni indigene; e se le impressioni del commendator De Martino sono esatte, né l'Egitto, né l'Inghilterra vedrebbero di mal'occhio sventolare la nostra bandiera in quel paraggi.

Lo scek Said, del quale è parola, nel rapporto del r. agente, è quello stesso che, imputato quale uno dei principali autori ed istigatori dell'eccidio del Giulietti, era stato condotto in Cairo per esservi giudicato. Assolto per insufficienza di prove, fu tuttavia, a nostra richiesta, trattenuto sino ad ora colà, essendoci sembrato che il suo pronto ritorno a Beilul potesse nuocere al nostro prestigio. Egli si dimostra ora disposto a mettersi ai nostri stipendi; quanto alla sua influenza in Paese essa è indubitata.

Trasmetto pure a V.E. una carta di quel tratto di Mar Rosso che si protende al nord e al sud di Assab (1). Come ella sa, Raheita, al sud di Assab, già riconosce il nostro protettorato; analoga potrebbe diventare la posizione di Beilul (salvo le diverse condizioni di sovranità territoriale) di guisa che dall'una e dall'altra parte il nostro possedimento avrebbe una appendice di territorio soggetto all'influenza, se non al dominio, dell'Italia, giovando così alle sue condizioni di sicurezza come all'ulteriore svolgimento dei traffici che ivi si possono attirare.

II presente argomento è tale che ci preme anzitutto di aver la certezza di poter procedere di pieno accordo col Gabinetto di Londra. Ci asteniamo quindi da ogni definitiva risoluzione prima di conoscerne il pensiero circa questo nostro progetto. Prego V.E. di volere, tosto che si presenti a lei l'occasione propizia, e possibilmente senza soverchio indugio, chiamare la benevola attenzione di lord Granville su queste nostre considerazioni, ed informarci della accoglienza che esse saranno per incontrare. Se contro l'aspettazione nostra il Go

verno britannico si dimostrasse poco favorevole a questo nostro concetto, ci lusinghiamo che esso risponderà alla nostra con pari franchezza, facendoci note le sue obiezioni che saranno da noi tenute in quel conto che richiedono gli intimi rapporti dei due Governi ed il nostro desiderio di mantenerci uniti al Gabinetto di Saint James in tutto ciò che ha qualche attinenza colla quistione egiziana.

Sono lieto di poter affidare questo delicato negoziato a personaggi che come l'E.V. possiede in sommo grado le doti di prudenza di accorgimento, e gode pure dell'intima fiducia di codesto ministro. Attenderò, con impazienza, di conoscere l'accoglimento cbe gli officii di lei avranno incontrato.

(l) Non si pubblicano gli allegati.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 83. Pietroburgo, 30 ottobre 1884 (per. il 3 novembre).

Il discorso dell'imperatore Francesco Giuseppe alle delegazioni ha qui prodotto buona impressione, ed ha dileguato in una certa misura le suscettibilità offese da quello al Parlamento ungherese.

L'incidente sorto in seguito al contegno di questo Parlamento, come osservavami giustamente l'altro giorno il signor de Giers ha però, frammezzo agli inconvenienti, pur prodotto qualcosa di bene. All'E.V. è noto essere il convegno di Skierniewice stato biasimato dalla stampa slavofila; il signor Katkov nel Russkij che pubblica a Mosca lo ha tacciato di umiliante per la patria. Ora se una parte della opinione pubblica nella Monarchia austro-ungherese rinega pure questo convegno, s'indica chiaramente che non la Russia sola fecevi delle concessioni, ma che anche quelle dell'Austria furono tali da suscitare in Paese critiche acerbe. Ciò costituisce il miglior argomento contro le accuse mosse dal signor Katkov, provando che a Skierniewice non furono, come egli dice, sagrificati gl'interessi russi; ma si è transatto con siffatto riavvicinamento della Russia all'Austria tra interessi opposti.

Tra due partiti avversi e violenti trionfò una politica di moderazione.

478

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. RISERVATO 451. Parigi, 31 ottobre 1884 (per. il 4 novembre).

Al mio ritorno in Parigi io ebbi l'onore di essere ricevuto dal presidente della Repubblica che mi accolse colla solita benevolenza e mostrò di prendere il massi.mo interesse ai progressi dell'Italia. Questa conversazione col presidente

non avrebbe presentato alcun carattere speciale da notare, se non che egli mi disse con una certa insistenza: «Le roi Humbert ne vtendra-t-il point visiter Paris? Il y serait le bien reçu ,_ Naturalmente non potei rispondere che in modo cortese, ma evasivo circa la probabilità che i nostri sovrani potessero intraprendere quel viaggio. Non credo che le parole del presidente siano state dette a caso; ma sono indotto a credere che sono l'espressione di un desiderio per parte di questo Governo di rlavvicinarsi fortemente all'Italia. Infatti so che poco tempo fa il signor Ferry diceva ad un personaggio ben noto a Parigi: c Il taut que nous arrivions à reconquerir la contiance de l'Italie ,_

Il viaggio del nostro re a Parigi avrebbe un'importanza politica che non si può disconoscere. Ma mettendo a parte quella considerazione, è certo che se il re venisse attualmente in questa capitale, egli vi sarebbe ricevuto con un entusiasmo che farebbe gran contrasto coll'accoglienza fatta al re Alfonso. Dopo il coraggioso atto della sua visita ai colerosi di Napoli, il nostro re gode in Francirc di una popolarità immensa in tutte le classi della società, anche fra quelle più radicali. Con tutto ciò io non intendo consigliare una tale visita nelle presenti contingenze: un simile atto non potrebbe effettuarsi se non in seguito alle più mature deliberazioni.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 841/1440. Londra, 2 novembre 1884 (per. il 5).

Mi pregio di segnare ricevimento e di ringraziare l'E. V. per il dispaccio del 29 ottobre scorso n. 534 s. pol. {1), col quale ella m'informa, in seguito a rapporto del commendator De Martino, che il signor Baravelli, contrariamente alle previsioni del R. Governo, si è associato a tutti gli atti dei suoi colleghi nell'azione giudiziaria contro il Governo egiziano, il che farebbe supporre che l'Italia segua in Egitto una doppia politica.

Devo constatare che anche qui la condotta del signor Baravelli dà luogo a supposizioni non dissimili, ed il conte Granville vi fece allusione in una comunicazione alla r. ambasciata, che certamente l'E. V. ebbe sotto gli occhi. Non si comprende troppo come un agente del Governo italiano, quale che sia la sua posizione, dovendo essere· consapevole delle intenzioni del Governo stesso, possa agire contro queste intenzioni, a meno d'esserne autorizzato.

Io credo debito stretto del mio uffizio il segnalarle, signor ministro, gli inconvenienti gravi di un tale stato di cose. È altamente importante, pel credito del Governo di S. M. e per gli interessi più vitali del nostro Paese, che

si sappia ben nettamente se il Govern:o stesso, nella questione egiziana, è deciso ad aiutare l'opera del Governo inglese, o se crede di non poterlo fare, nel qual caso bisognerebbe lealmente darne avviso al Gabinetto di Londra.

(l) Non pubblicato.

480

IL VICE CONSOLE A ADEN, BIENENFELD, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 158. Aden, 4 novembre 1884 (per. il 17).

Ho l'onore di confermarle la mia lettera 28 scorso ottobre (1). Lo scopo della presente è di notificare a V. E. che alcuni giorni sono il Governo francese, col mezzo del governatore d'Obock e del comandante della nave là di stazione, prese possesso ufficialmente del porto di Sagallo tra Zeila e Tagiura. Per tutto ciò che riguarda Sagallo mi riferisco alla lettera che ebbi l'onore d'indirizzare a V. E. il 3 dicembre dell'anno 1882 (2).

Il Governo francese, senza dare importanza all'acquisto che aveva fatto due anni or sono il suo suddito signor Solleyet, ha creduto meglio di trattare direttamente coi diversi sultani e riuscì a comperare non solo Sangallo ma anche tutti gli altri punti compromettenti il golfo di Tagiura, resta però sempre Tagiura all'Egitto, il quale ritirandosi dal mar Rosso, va a cedere anche questo porto all'Inghilterra.

Giorni sono ebbi la visita del console francese che parlandomi del loro nuovo possedimento, mi soggiungeva che non crede che il suo Governo avrà delle noje da parte dell'Inghilterra, anzi secondo lui il governo locale vidde la cosa di buon occhio perché il primo assistente politico maggior Hunter gli fece le sue congratulazioni.

Qui corre voce che una delle tribù danakil, parteggiana di Abu Bekr pascià di Zeila, protesti contro la tribù che cedette Sagallo alla Francia e minaccino di venire alle mani, questi malcontenti dicono di essere loro i veri padroni di Sagallo e che intendono cederlo all'Inghilterra; naturalmente queste difficoltà vengono influenzate da Abu Bekr, pascià forse per conto del Governo inglese. Tuttociò però servirà poco, ora che la bandiera francese sventola su quel terreno.

Mi parve dalla conversazione del console francese comprendere che secondo lui anche la provincia dell'Harar sia destinata col tempo di cadere nelle mani della Francia.

Iò vado a scrivere confidenzialmente in proposito al conte Antonelli, onde metta in guardia il re dello Scioa, il quale subito che l'Harar sarà liberato dalle truppe egiziane e che gl'inglesi pure come sembra lo avranno lasciato, voglia mettere in esecuzione la sua antica idea rendendosene padrone.

L'Harar è ricchissimo e se il re Menelik se ne impossessa sono certo che gli italiani potranno ricavarne buon profitto.

(l) -Non pubblicata. (2) -Non pubblicato nel vol. XV-XVI della l!erie IL
481

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 714. Roma, 5 novembre 1884, ore 22,30.

Notre commissaire à Assab nous télégraphie (l) que les égyptiens ont évacué Tagiura et qu'une corvette française est maintenant de station en cette localité. Veuillez demander à lord Granville quelles sont à l'égard de Tagiura les idées du Gouvernement britannique, si celui-ci compte l'occuper ainsi qu'il a fait pour Zeila et Guban, ou bien s'il verrait d'une reil indifférent ce point occupé par les français ainsi que ces derniers en ont évidemment le dessein.

482

IL CONSOLE GENERALE A BUDAPEST, SANMINIATELLI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Budapest, 5 novembre 1884.

Le dichiarazioni del conte Kalnoky alla commissione della delegazione austriaca sono state in generale bene accolte dalla stampa e dalla opinione pubblica ungherese.

Ha fatto in sostanza buona impressione che il ministro degli affari esteri, mettendo insieme le precedenti dichiarazioni dei tre discorsi reali, abbia ripetuto che l'accordo intimo esiste solo con la Germania, e che intorno a cotesto centro di gravità si sono stabilite ottime relazioni e intelligenze con altre Potenze, fra le quali è la Russia, sulla base dello statu quo del trattato di Berlino e allo scopo comune del mantenimento della pace. Stando le cose in questi termini, dice assai crudamente il giornale del signor Falk, che in questo è d'accordo pienamente con l'opinione magiara e con quello che si pensa da tutti, facciamo plauso, nell'interesse della pace e della situazione presente, alle buone e cordiali relazioni con la Russia, senza credere però che le medesime possano mai diventare intime o durare indefinitamente, certi interessi della monarchia, e in particolare dell'Ungheria, trovandosi in opposizione con quelli della Russia.

Tutti i giornali si protestano soddisfatti delle dichiarazioni relative ai

buoni rapporti con l'Italia, rimasti fermi e inalterati.

Quanto alle dichiarazioni confidenziali che sarebbero state fatte al mini

stro, secondo quello che se ne dice nel resoconto dei giornali, ho motivo di

ritenere, se devo credere alle mie informazioni, che esse non abbiano grande

importanza e che il testo pubblicato dell'exposé contenga la sostanza di tutto

quello che è stato dichiarato.

La discussione sarà molto più importante, come è naturale, nella delega

zione ungherese. II signor Falk, che si crede di essere il rappresentante vero

dell'opinione pubblica magiara in fatto di politica estera e riesce sempre a creare imbarazzi, non mancherà nemmeno questa volta al compito che si è prefisso. Parlerà altresì molto probabilmente il conte Apponyi. La cosa poi diventerebbe grave se il conte Andrassy, che pare stanco di stare nell'ombra, prendesse la parola per farsi interprete, più o meno apertamente, delle idee ungheresi circa le relazioni con la Russia. Sembra però, da quanto ho potuto raccogliere, che il conte Kalnoky veda la situazione molto serenamente.

Sulla quistione della Propaganda non è stato ancora detto nulla. Alcuni membri della delegazione austriaca, che volevano sollevarla, avrebbero cercato di mettersi d'accordo su quel soggetto con i delegati ungheresi, e il signor Walterkirchen sarebbe stato incaricato abboccarsi col vescovo Schlanch. Questi però avrebbe sconsigliato il passo, allegando la nessuna probabilità di trovare appoggio nella delegazione ungherese, e il poco profitto che se ne sarebbe ricavato, nelle circostanze presenti, nell'interesse della Santa Sede. Il conte Kalnoky, sempre secondo le mie informazioni, ha speranza che sia evitato il pericolo d'interrogazioni su quell'argomento, senza escludere tuttavia la possibilità che l'ardentissimo deputato tirolese, Kreiter, voglia parlarne ad ogni costo per iniziativa sua personale esclusivamente.

Si dice che nella delegazione ungherese sarà introdotta una utile innovazione, resa necessaria dall'esperienza del passato. Gli stenografi, che finora erano stati banditi, assisteranno alle sedute.

(l) T. 1473 del 5 novembre 1884, non pubblicato.

483

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI

D. 1678. Roma, 6 novembre 1884.

Il r. ambasciatore a Costantinopoli mi riferisce (l) che in un suo colloquio col gran vizir, S.A. gli tenne parola del convegno dei tre imperatori, dimostrandosene alquanto impensierito e chiedendo al conte Corti se egli credeva che vi si fosse trattato di recare qualche mutamento allo statu quo dell'Europa. Avendogli il conte Corti risposto che il convegno di Skierniewice non poteva che contribuire al mantenimento della pace, S. A. dichiarò che la sua conversazione era pure conforme agli interessi della Turchia (2).

Said pascià parlò pure della Conferenza per gli affari della costa occidentale d'Africa, lasciando intendere che il Governo ottomano era stato sorpreso di non esservi stato invitato. La Turchia dovrebbe, a suo avviso, essere chiamata a partecipare, in qualità di grande Potenza, a tutte le riunioni diplomatiche, ed in questa occasione avrebbe dovuto essere consultata anche in qualità di Potenza africana.

Comunico queste informazioni per confidenziale notizia della S.S.I.

34 -Documenti diplomatici -Serie 11 -Vol. XVII-XVIII

(l) -R. 2760 del 31 ottobre 1884, non pubblicato. (2) -Fin ql)i fu inviato all'ambasciata a Vienna con D. 1766 pari data.
484

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 544. Roma, 6 novembre 1884.

Ho ricevuto il rapporto confidenziale in data delli 2 novembre (1), col quale ella m'informa che l'atteggiamento assunto dal commendator Baravelli tosto dopo il suo ritorno al Cairo abbia fatto supporre costì che l'Italia segua in Egitto una doppia politica, essendo malagevole di comprendere come un agente nostro, il quale deve essere consapevole delle intenzioni del Governo, possa agire in opposizione ad esso a meno di esserne autorizzato. V. E. soggiungeva essere importante che si sappia chiaramente se, nella questione egiziana, siamo risoluti ad appoggiare l'Inghilterra, e se crediamo invece appigliarci ad altro partito, nel quale ultimo caso sarebbe obbligo di lealtà farne avvertito il Gabinetto di St. James.

Già mi era pervenuto il telegramma da lei direttomi il 2 novembre (2) sullo stesso argomento, ed io mi affrettai di risponderle, pure a mezzo del telegrafo (3), come le supposizioni che si facevano a Londra per il contegno del signor Baravelli poggiassero sopra una base intieramente erronea.

Infatti i commissari della Cassa del debito pubblico hanno una posizione affatto indipendente non solo di fronte al Governo egiziano, ma anche di fronte al Governo del Paese cui appartengono. Per ciò poi che riguarda particolarmente il signor Baravelli, egli ha già da parecchi anni cessato di appartenere al personale dell'amministrazione italiana. In tale stato di cose, nel colloquio ch'io ebbi con lui a Capodimonte, ove si recò in seguito a mio invito prima di partire per l'Egitto, io non potei far altro che esporgli quelle considerazioni le quali, a mio giudizio, dovevano fare impressione sull'animo suo, e dargli istruzioni semplicemente officiose, cercando di conciliare la sua responsabilità verso i creditori del Governo egiziano, che egli ha per obbligo di tutelare, col desiderio nostro di far cosa gradita al Governo della regina. Dalla lettera direttami dal commendator Baravelli, e che io trasmisi al cavalier Catalani, essendo ella allora assente da Londra, risulta come egli si dichiarasse disposto a seguire le mie istruzioni. E m'era sembrato che fosse utile di comunicare quella lettera a lord Granville, appunto per eliminare la possibilità di qualsiasi dubbio circa la lealtà delle nostre intenzioni.

V.E. sa d'altronde quali siano gl'intendimenti nostri circa le cose egiziane. Noi desideriamo salvaguardare gli interessi ed i diritti legittimi tanto del Paese che dei creditori nostri amministrati; ma mantenendoci negli stessi limiti del compito di tale obbligo nostro, ed astenendoci dal partecipare a qualsiasi atto che non sia benevolo od amichevole verso l'Inghilterra. Non solo siamo risoluti a non sollevare ostacoli all'azione del Governo britannico, ma altresì ad agevolare l'opera sua con ogni mezzo legittimo in nostro potere.

Fo pertanto assegnamento sul suo tatto e la sua prudenza, acciò sia respinto ogni ingiusto apprezzamento, ed eliminata, quando occorra, ogni infondata supposizione circa l'atteggiamento del Governo del re, essendo ferma risoluzione nostra di non dipartirei dalla via intrapresa.

(l) -Cfr. n. 479. (2) -T. 1464, non pubbl!cato. (3) -T. 711, non pubbl!cato.
485

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 845/1455. Londra, 6 novembre 1884 (per. l'11).

In seguito alle istruzioni impartitemi dall'E.V., col dispaccio del 29 ottobre scorso, n. 537 serie politica, confidenziale (1), feci conoscere a lord Granville le considerazioni che, fin d'ora, potevano far prevedere un'eventuale occupazione, per parte dell'Italia della località di Beilul, posta a breve distanza da Assab, ed ora tenuta da una debole guarnigione egiziana. Ho esposto a Sua Signoria le ragioni da lei svolte nel suo dispaccio, insistendo sulla necessità che s'imporrebbe all'Italia, per tutelare il suo piccolo stabilimento d'Assab, di non permettere che altre Potenze s'impadronissero di Beilul, quando questa parte del littorale del mar Rosso dovesse essere abbandonata dalle guarnigioni egiziane ed inglesi.

Lord Granville, dopo aver conferito sulla materia coi suoi colleghi del Gabinetto, mi pregò di recarmi ieri da lui al Foreign Office, e mi diede la risposta che io gli avevo chiesto intorno a questa quistione. Egli mi disse in sostanza, che il Governo inglese, come anche l'egiziano, non potevano prendere sopra di sé il fatto di disporre di territori posti sotto l'alta sovranità, benché nominale, della Porta. E qui fece una passeggiera allusione ad una intelligenza che potesse intervenire tra l'Italia e la Turchia. Ma non insistette su ciò, ben sapendo per propria esperienza quanto sia malagevole un accordo colla Porta su tali materie. Egli si affrettò a soggiungere che il Governo britannico, per quanto lo riguardava, non aveva nessuna obiezione ad un'occupazione eventuale di Beilul per parte dell'Italia.

Lord Granville insistette su questo punto e mi pregò di far ben comprendere all'E.V. che il Governo britannico non poteva darci esso stesso il possesso dei Beilul, non si opponeva però in nessuna guisa a che l'Italia l'ottenesse al momento opportuno.

L'E.V. sa che il Gabinetto di Londra sta in questo momento trattando colla Turchia allo scopo di spingere il Governo ottomano ad occupare i porti del Mar Rosso, ora tenuti da guarnigioni egiziane. Lord Granville mi disse che il Governo turco s'era finora limitato a rispondere alle sollecitazioni dell'Inghilterra dicendo che la quistione dei porti del Mar Rosso non doveva essere separata

dall'intiera quistione egiziana, e che per conseguenza la Sublime Porta non poteva venire ad un accordo limitato all'occupazione dei porti del Mar Rosso, ma era disposta a regolare la quistione più generale dell'occupazione dello intiero territorio egiziano. I negoziati sono a questo punto, e non pare che vi sia finora una grande probabilità d'un accordo.

In tale stato di cose sembra che il miglior partito per noi sia di tenerci pronti ad occupare Beilul al momento opportuno, quando cioè questa località fosse abbandonata dalla guarnigione egiziana. L'assenso, o almeno il non dissenso del Governo inglese, è ottenuto. Rimane ad ottenere, non dico il consenso, che forse non sarà mai dato, del Governo egiziano, ma la sua non opposizione, e nel tempo stesso la cooperazione del capo o dei capi indigeni.

(l) Cfr. n. 476.

486

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA (l)

T. S.N. Roma, 7 novembre 1884, ore 11,50.

Reçu télégramme concernant Beiloul et Massaua. Je crois camme vous que nous devons maintenant attendre que Granville nous fasse, au moment opportun, au sujet de Massaua une ouverture formelle. C'est alors que nous pourrons, à notre tour, nous prononcer et mettre nos conditions. Il est, à cet égard, évident dès aujourd'hui pour moi que nous ne pourrions guère nous décider à prendre à Massaua une position engageante d'une manière fort délicate notre responsabilité si l'Angleter,re et l'Egypte ne nous donnent, en ce qui les concerne, leur consentement pour que nous puissions, sans préjuger bien entendu la question de souveraineté territoriale, régler d'une manière satisfaisante nos rapports avec tous les chefs indigènes le long de la còte entre Massaua et Assab.

C'est précisément un arrangement de cette nature et non pas une annexion que nous avions également en vue à l'égard de Beiloul.

L'assentiment de l'Egypte devrait donc le cas échéant, suffire pour Beiloul, de la meme façon qu'il suffirait aux yeux de l'Angleterre, pour notre occupation éventuelle à Massaua, et nous ne verrions guère l'opportunité de nous adresser pour de pareilles affaires à la Sublime Porte, qui toute désinteressée qu'elle est en fait dans ces régions, ne se résoudra jamais à faire acte de renonciation. Ces considérations sont pour V.E. seule, mais elles pourront, le moment venu, vous servir de règle pour votre langage. Je compte que lord Granville nous tiendra promptement au courant de la marche et de l'issue de ces pourparlers avec la Sublime Porte.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo III, clt., pp. 74-75.

487

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. PERSONALE. Londra, 7 novembre 1884.

Aggiungo poche righe al dispaccio qui unito (2), che confido, pel recapito, al senatore marchese Vitelleschi.

La risposta di Granville su Beilul è in sostanza la seguente: l'Inghilterra non può aver l'aria di darvi una cosa che non le spetta. Ma non ha difficoltà a che voi ve la pigliate, al momento opportuno, e se potete farlo senza sollevare complicazioni. Il Governo egiziano dal lato suo non può disporre della sovranità della Porta. Ma esso sa che l'Inghilterra non si oppone all'eventuale occupazione dell'Italia.

Se la questione fosse isolata, noi avremmo potuto dire al Governo inglese: or bene, se voi non avete abbiezione all'occupazione italiana, fate ritirare la piccola guarnigione egiziana, e l'Italia occuperà senz'altro. Ma l'Inghilterra è in questo momento in trattative colla Porta per ottenere ch'essa occupi con truppe turche i porti del Mar Rosso, ora tenuti da guarnigioni egiziane. Finché quelle trattative non siano esaurite, le guarnigioni egiziane rimarranno dove sono. Converrà quindi aspettare. Se com'è probabile, la Turchia si rifiuterà ad occupare soltanto i porti del Mar Rosso, quando non le si conceda d'occupare la valle del Nilo, e se tosto o tardi il Governo egiziano ritirerà le sue guarnigioni. dai porti predetti, da quelli almeno ove la cosa si potrà fare senza troppi inconvenienti, allora potremo far valere la necessità che a noi s'imporrà di provvedere alla sicurezza del nostro stabilimento di Assab e d'impedire che altri venga proprio sull'uscio di casa nostra. Intanto teniamoci pronti, e pigliamo atto del non dissentio dell'Inghilterra.

La questione di Massaua verrà probabilmente sul tappeto nella stessa occasione, quando cioè sarà ben constatato il rifiuto della Turchia d'occupare quel porto, e quando l'Egitto dovrà, per ragioni economiche e militari, rinunziare a tenervi una guarnigione. Ella mi ha chiesto, molto cortesemente, il mio avviso intorno all'entratura fatta da lord Granville, per un'eventuale occupazione italiana di questo porto. Confesso che per l'uno dei lati della questione, il commerciale, mi sento assolutamente incompetente. Io non sono in caso di giudicare se il nostro commercio ricaverà grandi vantaggi da quella stazione. In generale io son d'avviso, che il Governo non può aver per compito di stabilire e creare colonie, ma ha il dovere di proteggere le colonie nazionali colà dove riuscirono a stabilirsi. In altri termini, non possiamo né dobbiamo creare o tentar di creare correnti commerciali artificiali. Ora io ignoro se tra l'Italia e l'Abissinia vi sia o possa esservi una corrente commerciale naturale, e se a Massaua vi siano case italiane, o possano stabilirsene ivi in un certo numero. Lascio adunque da parte questa questione, che è pure la più

Il) Da M.C.R.. Carte Mancini.

importante. Rimane il lato politico della questione. Certo l'occupazione di Mas

saua per parte dell'Italia darebbe una soddisfazione all'amor proprio nazionale,

ora molto, anzi troppo eccitato dagli esempii d'altre Nazioni. Se quindi la

cosa può farsi, senza che il Governo del re incorra nella grave responsabilità

di sollevare complicazioni internazionali, per esempio colla Francia, che vanta

certi titoli, in vero molto ambigui, su alcuni punti della baja, e senza l'ob

bligo d'impegnarsi in una lotta coll'Abissinia o colle bellicose e numerose

tribù vicine, in tal caso, ma soltanto in tal caso, l'Italia potrebbe consentire

a sottostare alla spesa dell'occupazione. Anche le soddisfazioni d'amor proprio

bisogna pagarle, e qualche volta la spesa non è da rimpiangersi. Allo stato

presente delle cose, non mi pare che ci sia altro a fare che attendere quelle

ulteriori entrature che il Gabinetto di Londra fosse per farci in proposito.

Sarà allora tempo d'entrare nei particolari ed esaminare con cura le condi

zioni dell'offerta,

Ma più ci penso, e più mi persuado che gli stabilimenti sulla costa del Mar Rosso sono poco remuneratorii in generale, e non lo sono poi affatto ai Paesi che non hanno colonie nell'Africa o nell'Asia orientale. Le popolazioni indigene delle coste del Mar Rosso sono le peggiori dell'Africa, fanatiche, bellicosissime, ladre, feroci, ribelli ad ogni civiltà. Il commercio del gran continente africano seguirà pur sempre le grandi vie fluviali, e per la parte di cui si discorre, la gran via sarà sempre il Nilo. I porti del Mar Rosso sono utili come luoghi di scalo pei vapori che vanno al di là del Mar Rosso, ma non credo che possano acquistare importanza come emporii commerciali. Le ripeto; mi considero affatto incompetente nella materia, ma giudicando da quel poco che posso sapere, sono d'avviso che l'Italia, se deve avere colonie, deve cercarle altrove, in luoghi ove vi sia probabilità che importanti e numerose case commerciali italiane possano stabilirsi e prosperare.

(2) Cfr. n. 485.

488

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2197.

Vienna, 8 novembre 1884 (per. il 10).

Il conte Kalnoky, nella seduta di ieri, nella Commissione del bilancio della delegazione ungherese, rispondendo alle interpellanze direttegli dal relatore signor Falk e da altri delegati, ebbe nuova occasione di fare un completo exposé intorno alla politica estera della Monarchia, che non è, in sostanza, se non la conferma con maggiori particolari di quello già fatto in seno alla delegazione austriaca.

S.V. -ripetè -essere le relazioni amichevoli colla Germania la base della politica estera della Monarchia, e si studiò anzitutto di addimostrarne il concetto pacifico e conservatore. Disse poi tosto dopo: «Abbiamo veduto che l'Italia per la prima ha ravvisato il vantaggio di porsi sulla stessa base che le altre due Potenze. Le amichevoli relazioni con noi, che ne risultarono ed intorno alle quali io ebbi l'onore di spiegarmi nelle ultime delegazioni, sono rimaste d'allora in poi inalterate sì nell'aspetto che nella sostanza e sono veramente coltivate d'ambo le parti. Nutro quindi la speranza che continueranno ancora a prosperare ~.

Venne quindi a parlare della Russia e cominciò col ricordare l'agitazione negli spiriti lasciata in quell'Impero ed in vari dei nuovi Stati balcanici dal Congresso di Berlino, agitazione che aveva rese assai difficili le relazioni fra la Russia e le Potenze occidentali ed essenzialmente coll'Austria-Ungheria.

Rammentò ciò che aveva detto in proposito l'anno decorso, sostituendo però alle parole «relazioni normali » quelle di relazioni regolari; e quindi pose in sodo che l'avvenuta constatazione delle esigenze della situazione condusse all'incontro di Skierniewice, il cui significato è costituito dal fatto che tre monarchi, così altamente venerati nei rispettivi Imperi e che regnano su territori così estesi, si accordarono intorno ad una politica di pace che non è diretta in maniera alcuna contro altri Stati e decisero con piena reciproca fiducia di entrare in quella politica e di proseguirvi.

Accennando alle relazioni colla Serbia, S.E. ne pose in rilievo lo stato altamente soddisfacente osservando anche che esse stanno sempre facendo progressi nella coscienza delle popolazioni.

Parlando della Rumania si espresse in maniera quasi analoga, notando solo, che il partito contrario in quel Regno a tali relazioni è chiassoso ma esiguo e che sempre più andrà restringendosi.

Il delegato Csernatony, avendo chiesto se, al seguito del noto incidente, sollevato dall'indirizzo della Camera ungherese, fossero state dirette osservazioni od avanzati reclami da parte della Russia od anche della Germania, siccome i giornali ebbero a riferirsi, il ministro, a seconda si usa in casi simili, negò recisamente che un'osservazione od un reclamo qualsiasi fosse stato prodotto a proposito di un indirizzo parlamentare che, ben si comprende, costituisce un affare interno.

Ad un'interrogazione, veramente assai spinta del delegato Szilagyi, che voleva sapere con precisione quali sono i casi preveduti dall'accordo colla Germania, il ministro rispose colla preghiera che lo si dispensasse dal risponder

vi. Lo stesso delegato chiese poscia ciò che vi fosse di vero nel desiderio che, stando alla nota pubblicazione fatta dal noto signor Busch, la Germania avrebbe espresso che i patti concordati ricevessero la sanzione parlamentare: ciò fornì occasione al conte Andrassy di prendere la parola e di dire che un desiderio di quella natura non era stato « ufficialmente » espresso, ma solo accennatogli in una conversazione particolare da lui avuta col principe di Bismarck, che però egli non aveva creduto accoglierla, non ravvisandola opportuna.

Ancora una volta il conte Kalnoky affermò che fra l'Austria-Ungheria Germania e Russia non furono stipulati protocolli né trattati, e concluse che il valore del convegno di Skierniewice sta in ciò che devesi ritenere che tutte le questioni che potranno sorgere, saranno prese in considerazione in pieno, comune accordo dai tre monarchi sulla base della conservazione della pace e dello stato di cose esistente in diritto.

La migliorata attitudine del Montenegro verso la Monarchia, la questione delle ferrovie turche, e quella del trattato di commercio colla Grecia diedero

poi luogo a speciali interrogazioni ed a dichiarazioni del conte Kalnoky, che furono accolte con simpatia dalla delegazione come tutte le precedenti.

Resterà ora a vedersi se nella seduta plenaria non sorgeranno incidenti speciali di natura a turbare quella serenità così completa che presiedette alle discussioni in senso al Comitato.

489

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 728. Roma, 9 novembre 1884, ore 4.

Désirant que V.E. connaisse exactement toute ma pensée, je lui transmets, uniquement pour sa régle, ce télégramme que j'avais préparé avant de recevoir le vòtre d'aujourd'hui (1). Le voici: je suis vraiment étonné que M. le comte Kalnoky se croit obligé à adopter le refus catégorique du baron Pino dans une matière qui rentre évidemment dans la compétence exclusive du Ministère des affaires étrangères. Il est parfaitement vrai, qu'on a consenti à donner une forme autonome et indépendante aux règlements respectifs sur la peche, et nous sommes à la veille de leur publication. Mais quant aux points arretés et réglés d'un commun accord à Gorice, cette forme ne peut modifier ni détruire ce qu'on a de part et d'autre consenti et admis. Il ne faut perdre de vue, que sur la possession immémoriale de nos pecheurs de Chioggia nous avons toujours ì.nvoqué l'existence d'un véritable droit. Oe droit a été reconnu dans les traités, en correspectif d'autres concessions; mais une question s'était soulevée sur l'intepretation de la clause que l'exercice de ce droit aurait lieu en se conformant aux lois et aux règlements. Dans mon discours à la Chambre j'ai prouvé que cette clause ne pouvait recevoir une interprétation excessive jusqu'à éluder ou annuler indirectement le droit qui nous était reconnu. Là-dessus le Cabinet de Vienne nous proposa de soumettre la question à une conférence de délégués, pour la régler à l'amiable, ce qui a eu lieu à Gorice par des concessions et limitations des prétentions réciproques. On y a dressé un protocole par lequel on a demandé aux deux Gouvernements d'accepter la solution proposée. Cette acceptation a eu lieu et constitue la base des deux règlements. En présence de ces faits est-il possible de contester qu'un lieu obligatoire est déjà formé entre les deux Gouvernements, du moins jusqu'à l'expiration du traité? Comment pourrait-il etre admissible, au point de vue des règles élémentaires des rapports internationaux, que meme sans la solemnité d'une conférence et d'un protocole signé et non désavoué, mais accepté comme base des deux règlements meme le fait que les deux Cabinets sont tombés d'accord sur le mode d'interpretation et d'exécution à donner à une clause d'un traité de commerce me confirment une entente sur !eque! on ne peut revenir arbitrairement à tout ìnstant de part ou d'autre pendant la durée du traité? Les questions ainsi posées, V. E. voudra

bien le reconnaitre, sont de la compétence du baron Pino et rentrent tout-àfait dans le ressort exclusif des attributions du Ministère des affaires étrangères. Maintenant il n'y aurait malheureusement qu'à choisir encore Ies deux suivantes voies pratiques. Ou il foudrait considérer camme non avenu ce qui s'est passé à Gorice et communiquer notre incroyable correspondance à la Chambre qui s'est emparée de cette affaire et en demandera compte à la prochaine reprise des travaux. Ce ne sera pas notre faute si des hommes politiques, méme sérieux, exprimeront l'opinion qu'il y a en Europe un seui gouvernement c'est-à-dire le Cabinet de Vienne avec lequel l'Italie, malgré sa meilleure volonté, est réduite à l'impuissance d'arranger et régler à la commune satisfaction toute affaire grande ou petite. J'en serais désolé en partisan convaincu et perséverant de l'alliance austro-allemande mais je devrais courber la téte et avouer que sans notre faute, nous n'avons pas eu la main hereuse. L'autre moyen serait d'attendre le retour du comte Kalnoky à Vienne et après une dernière démarche de V. E. auprès de lui dans le sens des considérations précédentes, s'il persiste à s'associer au refus du baron Pino, nous lui adresserons une note par laquelle nous maintiendrons notre droit acquis à voir respectée l'entente formée à Gorice sur les points réglés dans le protocole relatif, aussit6t que la solution proposée a été acceptée; que dans l'hypothèse inadmissible d'un changement ultérieur de la part du Gouvernement austro-hongrois pendant la durée du traité de commerce, sans un accord préalable avec le Gouvernement italien, ce fait devrait, à notre regret, étre par nous considéré camme une infraction du traité, ce qui nous donnerait le droit de nous regarder également déliés des obligations engendrées par le meme traité; qu'enfin après l'expiration du traité nous réservons aussi notre position de droit telle quelle pourrait etre au sujet de la peche dans les eaux de la Dalmatie. Je prie

V.E. de me donner son avis avant de donner lieu à la promulgation des règlements pour me mettre en mesure de répondre à plusieurs députés et organes de la presse qui ne cessent de questionner le Ministère sur les résultats de la Conférence de Gorice.

(l) T. 726, non pubblicato,

490

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 730. Roma, 9 novembre 1884, ore 15.

J'ai d'après votre rapport du 15 octobre (l) fait à Londres, au sujet de Beiloul, une ouverture confidentielle, dont le résultat est pour nous, la certitude absolue que l'Angleterre n'aurait aucune objection à ce que nous occupions, le cas échéant, ce point. Lord Granville nous fait seulement remarquer que ni l'Angleterre ni l'Egypte ne pourraient disposer du territoire de Beiloul, et que la question de la souveraineté territoriale devra:it éventuellement étre traitée avec la Porte. Cette remarque n'a, cependant, rien à faire avec le cas actuel,

car il ne devrait, selon nous, s'agir à Beiloul que d'une occupation de fait, qui, sans préjuger la question territoriale, n'aurait qu'un but d'ordre et de conservation en vue soit de la sécurité de la cote, soit de l'éventualité où une autre Puissance essayerait de profiter des circostances pour prendre position dans la Mer Rouge. Notre situation à Beiloul ne différerait donc pas de celle des anglais à Zeila et à Berber, au sujet de la quelle la Turquie n'a énoncé, que nous sachions, aucune réserve. Maintenant le moment nous paraitrait venu d'arriver à une conclusion, et ceci surtout si la nouvelle de l'occupation de Tagiura par la France se confirmait. Veuillez donc reprendre avec Nubar pacha votre entretien du mois d'octobre, lui faisant part confidentiellement de l'issue de nos pourparlers avec Londres, et cherchant à obtenir de lui l'assurance que nous n'agirions pas contre le gré de l'Egypte en occupant Beiloul dès que la faible garnison égyptienne en serait retirée. Une entente confidentielle réglans à date fixé l'évacuation par les égyptiens et l'occupation par nous serait la meilleure des combinaisons. Je vous recommande cette négotiation d'une manière spéciale. Elle doit etre menée avec tact et rapidité, en vue aussi de la prochaine reprise des travaux de nos Chambres, devant naturellement me régler dans mon langage.

(l) Cfr. n. 460.

491

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 733. Roma, 10 novembre 1884, ore 15.

Le consul du roi à Aden nous télégraphie (l) que Ies français ont occupé Sagallo et qu'on croit à Aden que l'Angleterre a consenti aussi à l'occupation de Tagiura par les français.

492

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 437. Londra, 10 novembre 1884.

Déchiffrez vous meme. Selon les instructions de V. E. (2), j'irai remercier lord Granville et je le prierai de faire savoir au Caire son non dissentio pour l'occupation italienne de Beiloul. Quant à l'affaire de Massaua lord Granville sait maintenant nos bonnes dispositions. Il m'en a remercié, mais 11 a évité de suivre la conversation, en se référant aux negociations pendantes avec la Porte. Remarquez que lord Granville ne m'a pas fait une vraie ouverture; il s'est borné a demander mon avis personnel en voie privée. Dans cet état de choses je crains qu'en revenant à la charge nous gàtions notre situation, sans

faire avancer d'un pas la question. Je crois qu'il faut attendre qu'on nous fasse des ouvertures. Mais si V. E. est d'avis que nous devions prendre une initiative, je m'empresserai naturellement d'exécuter ses instructions. En ce cas il serait utile que V. E. m'addresse un télégramme ostensible prenant pour point de départ la deman:de d'avis qui m'a été faite par lord Granville. Il est vrai que cette demande était purement personnelle et privée. Mais lord Granville trouvera tout naturel que je vous en aie fait part tout à fait confidentiellement.

(1) -T. 1•98 del 9 novembre 1884, non pubblicato. (2) -T. 731 del 9 novembre 1884, non pubblicato.
10

l. -La conferenza che, per 1ni2li.ativa del Governo germanico, sta per riumrs1 a Berlino con l'intento di provvedere ad una giusta definizione delle quistioni connesse con lo stato presente e l'avvenire delle regioni che stanno lungo la costa occidentale

dell'Africra, ha questo programma, espressamente enunciato dal Gabinetto di Berlino neWatto stesso che diramava alle Potenze il primo invi·to alla divisata riunione: l) provvedere alla libertà del commercio nel bacino del Congo e presso le foci del fiume stesso; 2) applicare al Congo e al Niger i principi adottati dal Congresso di Vienna per la consacrazione della libertà di navigazione nei fiumi internazionali; 3) definire le formalità da osservarsi acciò le nuove occupazioni sopra le coste dell'Africa abbiano a considerarsi come effettive.

L'enumei'IaZione di questi tre punti basta a chiarire l'importanza e l'ampiezza del tema assegnato alla conferenza. E basta altresì a dimostrare come sda stato opportuno e giusto concetto quello per cui ai lavori della conferenza furono chiamarti a partecipare, non solo gli Struti che lungo la costa occidentale dell'Africa hanno territorii propri, stabilimenti o fattorie, ma quegli altri Stati altresì che, avendo un notevole svolgLrnento di attività marittima e commerciale, non hanno, in confronto dei primi, minore interesse che le singole quismoni abbiano equa e razionale soluzione. Non trattasi infatti, secondo il tenore deHa circolare della cancelleria germanica, di definire controversie territoriali, o tald che possano esclusivamente impegnare l'azione o la libertà delle Potenze che hanno sulla costa occidentale dell'Africa particolari e diretti interessi. Trattasi invece di stabihlre in quelle reg1ioni, sia per i commerci. sia per la navigazione, sia per le ulteriori occupazioni, regole e massime che debbono stare egualmente a cuore a quanti Paesi, o già siano, o possano in avvenire diventare partecipi al movimento economico e civile che, segnaroamente nel bacino del Congo, sì viene da alcun .tempo svolgendo con rapidità meravigliosa e con larghissimo frutto.

2. -L'Italia è appunto nel novero di quelle Potem:e che non hanno sulla costa occidentale dell'Africa possedimento alcuno. Dobbiamo pure aggiungere, poiché così è la realtà dei fratti. che fino ad ora i nostri rapporti commerciali e marittimi con quelle regioni sono incipienti, né esi:ste in quei paraggi, per quanto ci consta, fattoria

o stabilimento qualsiasi spettante a casa i.tali·ana. Però già i nostri commercianti volgono lo sguardo a quei Baesi, incoraggiati dalle relazioni che ne mandano arditi nostri esplomtori, e dall'evidente favore che un simile movimento troverebbe presso la pubblica opinione. Ond'è stretto dovere per il R. Governo, poiché la partecipazione sua alla conferenza del Congo gliene offre il modo, di adoperarsi acciò i tre problemi Rottoposti alla conferenza stessa abbiano tale soluzione per cui si'a ampiamente aperto l'adito, nelle regioni africane di cui trattasi, alla attività nazionale, sotto qualunque forma sia per esplicarsi, non esclusa eventualmente quella di effettiva occupazione a scopi di coltivazione e dd traffico, per i quali fino ad ora non è apparsa sufficientemente preparata o propensa.

Tale è sostrunzilalmente l'in·tento col quale noi ci accingiamo a pigliar parte alla divisata conferenza; ond'è evidente che, immuni come siamo, per la forza stessa delle cose, da ogni preconcetta tendenza dominata da qualche interesse nostro particolare. noi avremo, nella adunanza, alleati e coadiutori quanti, ispirandosi ai principi larghi e liberali che sono consac·rati in ogni parte del nostro programma polit!ico ed economico, sì faranno a propugnarvi imparzialmente gli interessi geneil'ali del commercio e della navigazione, senza distinzione di paese o di bandiera..

3. -Venendo ora a discorerre parti.tamente di ciascuno dei tre punti nei quali, secondo la proposta della Germania, concordemente accettata, si riassume il compito della conferenZJa, basteranno sopra ognuno di essi bll'evi cenni sostanziali, il plenipotenziario di S. M. potendo att!ingere ognli nozione illustrativa che gli potesse giovare non solo dai documenti, ma altresi dalla delegazione speciale che, seguendo l'esempio degli altri governi, anche il Governo del Re ebbe cura di porre a suo lato.

(l) -T.•717 del 7 novembre 1884, non pubblicato. (2) -Le istruzioni si pubblicano !n allegato.
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4. -Il primo punto, come già ricordai, è cosi enunciato: «Liberté de commerce dans le bassin et les embouchures du Congo». Non può dubitarsi, quantunque manchi la forma dispositiva, essere intenzione del Governo germanico di proporre l'applicazione del principio della libertà di commercio alla vasta regione donde le acque defluiscono al mare per le foci del Congo, nonché a' vasti terrLtori litoranei ai due la.ti della foce stessa. Né ho mestieri di aggiungere che, per parte nostra, accettiamo volentieri e con premura l'adozione di un così salutare e provv.ido principio.

È però a prevedersi (non essendo a presumere che la conferenza vog~a restringersi alla enWlciazione di una massima generica) che parecchi dubbi e problemi saranno da esaminarsi e da risolversi tosto che i pl~potenziari sdan.o per scendere ai particolari d'applicazione del principio.

5. -«Libertà di commercio» significa divieto d'ogm provvedimento per cui sia impedito o reso malagevole il commercio a qualsivoglia persona privata, o società, senza distinzione di nazionalità, che voglia dedicarvi la propria attività e i propri capitalL

Esclusa (né su questo punto vi potrà essere dissenso) ogni proibizione assoluta, saranno da esiminarsi se ed in qual misura potranno essere ammessi, sia per l'importazione, sia per l'esportazione, que.i provvedimenti ìiscali, sotto torma di uazii o tasse, che, anche nei Paesi più civ.ili e progrediti, si sogliono percepire, senza che si intenda per tal guisa violato il principio del libero commel·cdo. Certo sarebbe difficile, anzi impossibile, di mebtere .innanzi, a tale riguardo, una proposizione concreta, la quale, mancando sufficienti elementi di sicuro giudizio, sarebbe necessariamente empirica ed arbitraria. Piuttosto converrà tener conto, nello studio della rrnsura a cui possano giungere gli oneri fiscali, di considerazioni varie che tutte cod.ncidono nel suggerire e nel render desiderabile la immunità assoluta per l'esportazione, il transito, il consumo e la fabbricazione locale, il commerc10 sotto la forma di cambi in natura di merci e prodotti, ed una eccezionale mitezza per la rmportazione. A giustificazione di questa ma;ssima mitezro concorrono il fatto che fino ad Oll'a i trafficanti, nella massima parte delle regioni di cui .trattasi, contrade inospiti e non soggette a reggimento civile, non ebbero a subire onere di sorta; l'alea a cui simili commerci, anche dopo il nuovo regime che sta per inaugurarsi nel Congo, necessariamente sottosterrumo per molto tempo ancora; la deficienza di quella costante ed efficace tutela governativa che è, razionalmente, il compenso del dazio percepito; infine la circostanza, degna di particolar, nota, che il tr21ttato anglo-portoghese, stipulato tra quei due Governi nei primi mesi di quest'anno suscitò, segnatamente tra i commercianti anseaitici e neerlandesi, ed anche tra i commercianti britannici, opposizione vivissima, soprattutto per la ragione che, pur proclamando i principi della libertà di navigazione e dalla parità di trattamento fra tutte le bandiere, avrebbe avuto per e.tletto di estendere alla larga zona compresJ. nelle rivendicazioni portoghesi il reg'Ìme daziario in vigore negli scali che il Portogallo tiene lungo la costa.

La tormola che vi saranno soltanto dazi compensativi della spesa da erogarsi per opere di utilità generale potrebbe apparire pericolosa, da sé sola, a legittimare anche dam eccessivi, laudove non venga temperata con 1a determinazJione di un limite ma.ss.Uno da non potersi eccedere, come per esempio, del 2 o anche 4 per cento ad valorem.

Questa, del lirrute da assegnarsi ai balzelli ciaziarii, sarà iorse ~a questione più importante da trattarsi e definire in relaZJione col principio della libertà del commercio; e si dovranno probabilmente definire in pari tempo le questioni accessorie, come, ad ewrnpio, quale sia il valore da assumersi per base del dazio; se quello del luogo d'origine o quello del luogo di approdo.

6. --Con la questione della libertà dei commercu m generale si connettono le questioni speciali riflettenti alcuni determinati commercii, che probabilmente si vorranno in particolar modo disciplinare, come, a cagion di esempio, il traffico delle armi e delle bevande spiritose. Il voto delle Potenze più direttamente interessate, insieme coi nostri costanti principii di civiltà e di progresso, potra.nno fornire al plenipotenziario di Sua Maestà il criteTrio direttivo in simili deliberazioni. 7. --Si vorrà certo cogliere questa occasione per riconfermare il principio del divietc. rigoroso d'ogni traffico di schiavi; è pur da presumere che si vorranno anche stabilire norme pmtiche per la più efficace repressione. Non spetta a noi di mettere innanzi proposizioni concrete. Però, se da altri verranno le proposte, il pleniportenziario

di Sua Maestà dovrà mostrarsi favorevole ad ogni provvedimento che meglio assicuri, con le garantie di una più vigile prevenzione e di una più sevell'a repressione, la cessazione di così barbaro traffico. Tra codesti provvedimenti potrebbe, ad esempio, escogitarsi quello di una reciproca attribuzione di poteri e di giurisdizione, secondo norme analoghe a quelle che già furono tolte a base di accordi internazionali e con le debite cautele per preservare da ingerenze abusive le singole bandiere. Nel documento diplomatico n. 32 della serie LIX (l) è indicato quale sia, in questa materia, il nostro presente regime convenzionale, e quale sia precisamente la sua. applicazione nei mari che stanno lungo la costa occidentale dell'Africa; nel documento n. 39 (2) della serie stessa si contengono poi alcune nozioni oiroa. 1J. regime convenzionale di altre Potenze rispetto al medesimo argomento. Che se venisse ammesso a tale riguardo, per la costa occidentale dell'Africa, li.l. principio di una giurisdizione collettiva, parecchi quesiti S<irebbero da esaminarsi, e segnatamente dovrebbesi decidere sopr-a ({U.lli persone e da quali magistrati abbia ad esercitarsi; se debba essere esercitata collettivamente mediante un magistrato misto, o se d:nvece, pur avendo carattere collettivo, la si possa esercitare, quasi per delegazione, dal magistrato di ci:a.s<:.uno Stato che operi la cattura, e in potere del quale cadano i colpevoli..

Per quanto ci concerne, noi siamo propensd. a tutto ciò che giovi alla più sicura repressione, e ad affermare in pari tempo la solidarietà dei vari Stati civili di fronte a simile attentato contro l'umanità: ond'è che in massima, e qualora la. proposta avesse probabilità d'unanime favore, noi inclineremmo a dare voto affer·mativo, se non per la istituzione di una vem e propria magistratura mista, quanto meno per la proclamazione della giurisdizione collettiva rispetto al reato di tratta, che vorremmo vedere formalmente compreso, al pari della pirateria, tra i reati contro il diritto deYe genti.

8. -Il concetto di una autorità suprema sotto la forma di una commissione internazionale trovasi, nel programma asse·gnato dalla Germania alla confercn:.:.o,, già implicitamente enunciato per quanto concerne la navigazione (punto n. 2°), mercé la. espressa citaz.ione del regolamento danubiano. Dal canto nostro, e sempre che la iniziativa venga dai più interessati, noi non avremmo difficoltà ad accettare, per la regione del Congo, che alla autorità stessa, o ad ·altra avente carattere supremo ed internazionale, sia attribuita una alta competenza nelle questioni d'ordine generale attinenti al regime commerciale e daziario nella regione stessa.

m.

9. -Viene in secondo luogo, nel programma tracciato dalla cancelleria di Berlino, U tema riflettente la. navigazione del Congo e del Niger; esso è cosl concepito: «AiJplication au Congo et au Niger des principes adoptés par le Congrès de Vienne en vue de coES<ocrer la liberté de la navigation sur plusieurs fleuves intermationaux, print:ipes appliqués plus tard au Danube ».

La formola adoperata indica abbastanza chiaramente che, secondo l'intendimento del Governo germanico, alle conclusioni ben note del Congresso di Vienna vuolsi attingere, ì::,er il Congo e per il Niger, il principio della libera navigazione, ma per l'appiicazione pratica del principio stesso si dà senz'altro la prreferenza al regime danubi,ano. Noi non abbiamo, dal canto nostro, obiezione a che il regolamento del Danubio, segnatamente quando si tenga conto dei miglioramentd arrecativi in questi ultimi tempi, abbia a servire di base e modelJo per il regime da inaugurarsi nel Congo e negli altri grandi fiumi .africani. Bensì è evidente che le condizioni di fatto, grandemente diverse, almeno per ora e per molto tempo ancora, renderanno indispensabili temperamenti speciali, rispetto ai quali probabilmente la conferenza si lim!terà a tracciare le linee generali, lasciando la cura di una più minuta esplic,azione a quell'autorità stessa cui sarà per spettare il còmpito di cu11are la esatta esecuzione degli accordi.

Nel reg:ime da adottarsi rrispetto alla navigazione due distinti temi saranno da considerarsi: quello che più propriamente si riferrisce alla sanzione, mediante prescrizioni tassative, sia pure d'ordine generale soltanto, della libera navigazione, e quello che si I"iferisce al modo di assicurare, con una efficace ed autorevole vigilanza, l'osservanza delle prescli.zioni stesse.

10. -Circa il primo tema non è probabile che sia per sorgere notevole dissenso. I cartegg:i che in questi ultimi tempi furono scambiati tra i vari gabinetti intorno al presente argomento, quelli stessi che emanano dal Gabinetto di Lisbona, reputato, con giudizio a nostro avviso troppo severo, il più restio a provvedimenti larghi e liberali, dimostrano che, nella nuova situazione in cui l'Africa occidentale sta per entrare, tutti sono concordi nel voler professare e praticare il principio della libera navigazione. Il quale principio si intende doversi applicare, non solo al corso principale de' grandi fiumi, ma altresì ai loro affluenti principali dell'uno e dell'altro lato, almeno in quei tratti dove la navigazione fluviale possa servire al trasporto di merci e passeggieri.

Probabilmente non si vorrà rinunciare, per i grandi fi.umi africani, pur dichiarandoli di libera navigazione, alla facoltà di prelevare sopra i legni che vi transitino una tassa

o dir~tto dd navigazione in tale misura che compensi l'onere del servizio di polizia, e soprattutto quello dei grandi lavori che saranno da intraprendexvisi a beneficio comune. Laonde anche qui si presenterà H problema dei limiti di siffatte tasse e del modo in cui abbiano a percepirsi. Nel Danubio si.ffatto problema è stato risoluto con lo stabilire, in proporzione del ·tonnellaggio utile dei legni, una tariffa unica dei diritti sopra la navigazione, i quali sono pE'.rcepitl in un punto solo di transito, ad esclusione, per la parte ove il fiume soggiace alla giurisdizione internazionale, d'ogni tassa o gravame qualsiasi a profitto delle anllllinistrazioni locali. Per converso tutti i lavori per la manutenZione e il miglioramen.to delle condizioni nautiche del fiume, nel tratto ove ha carattere internazionale, sono a carico della commissione europea, la quale ebbe anche, a un tempo, facoltà di contrarre prestiti per far fronte ai propri:i bisogni.

11. -Indipendentemente dal punto di vista fiscale, rispetto al quale non è verosimile che siano per manifestarsi dissensi, la libera navigazione vorrà essere cnnsiderata anche dal punto di vista politico. A questo riguardo noi vedremmo con favore e compiacimento che fosse proclamato il principio della neutvalità delle grandi linee fluviali africane, così che né possano, in caso di guerra tra le Potenze d'Europa e d'America, divenire il teatro di operazioni militari, né possano, per intenti guerreschi, essere precluse

l:t.l commercio eu alle navigazioni d'ogni bandiera, compl'e&e le bandic:re belligerant,i.

12. -La difficoltà maggiore e d'indole più delicata sarà probabilmente perr sorgere (a meno che la confexenza voglia restringersi alla enunciazione dei principii generali) allora quando, pro::lamata la libera navigazione per le grandi vie fluviali dell'Africa occidentale, si voglia deliberare circa il modo di pratica vigilanza per l'applicazione di siffatta massima.

Non sembra che per il Congo sia per incontrarsi, presso veruna Potenza, obiezione qu&lsla.sl C0<1tl'O la. ist•tuzione di una conunissione internazionale, incarica~a di siHatto compito. E poiché si c~ta come modello il regolamento danubiano, si tratterebbe naturillnH':Htc, non g1à di una commi.osione ripuar~a. quale doveva essere, secondo il trattato del 1856, la commissione danubi:ana dopo il periodo dei grandi lavori, bensì una vera e propria commissione internazionale, essendosi riconosciuto, per il Danubio stesso, negli accordi posteriori, la opportunità che la commissione dovesse continuare ad essere europea. Tanto più dovrebbe essere internazionale, e non ripuaria, la commissione per il Congo, ove in questo momento tre soli sono gli Stati fronteggianti il fiume, anche comprendendo nel non vero gli Stati liberi creati dall'Associazione africana di Bruxelles.

Quando la prima volta, nello scorso luglio, si parlò della istituzione di una comInissione internazionale per la navigazione del Congo, siccome di un progetto vagheggiato dal principe di Bismarck, lord Granville, discorrendone _col r. ambasciatore 1n Londra, dichiara ave:re già prestato in massima il &uo assenso, ed aggiungeva anche che, non solo non aveva obiezione a che l'Italia vi partecipasse, ma era persuaso dell'utilità dell'intervento dell'Italia. Dal canto suo, il conte Hatzfeldt, a cui l'attuale plenipotenziarlo

di S. M. nella conferenza riferiva quanto ci el'a stato scritto dal conte Nigra in proposito, pur avvertendo che la proposta formale di una commissione internazionale per il Congo non e1·a stata enunciata aalla Germania, ammetteva l'utilirtà della nostra partecipazione eventuale. Benché, ammessa la convenienza di una commissione internazionale p& la libera navig-azione del Congo, non possa neppure esistere il menomo dubbio circa la pienezza del nostro diritto a parteciparvi qual Grande Potenza marittima, ho stimato opportuno di qtm ricordare questo precedente, di ctm è cenno nella !l'accolta de1 nostri documenti diploiiUlitici (nn. 175 e 187, LXXII) (1).

13. -Sarà del pari agevole, eventualmente, un accordo rispetto al modo di guarentire la libera navigazione anche sul Niger? La ragione di dubitare nasce da ciò che il Governo britannico non ha taciuto, anzi ha espressamente dichiarato, nell'atto ai accettare ~a co:aìerenza, essere suo fermo intend.imento che «i diritti dell'Inghilterra sul basso Niger siano rispettati; i quali dirit1li, fondati sopra accordi mercé i quali i capi indigeni hanno accettiato il protettorato dell'Inghilterra, non sono affatto inconsistenti coll'applicazione a quel fiume dei principi del Congresso di Vienna (doc. n. 242, LXXII)» (2). Tale riserva, quantunque non ci consti finora che sia stata sussegu~ta da piu esplic~ta spiegazione, lascia supporre che l'Inghilterra, mentre consente che il regime di libertà sia proclamato e concordato anche per il fiume Niger, non vogli<i. pero ammettere per questo fiwne, del quale dichiara di possedere in certa guisa le foci, il controllo di una commissione od altra istituzione di carattere internazionale. Per converso il Governo francese, come rlisulta da un recente telegramma della r. ambasciata in Parigi, vorrebbe che lo stesso regime del Congo fosse applicato anche 'al Niger, «considerando esso come non fondate le pretese che l'lnghi1terra sembra accampare sulle due rive di questo fiume». Una così manifesta opposizione tm le due opinioni rispettivamente enunciate, su questo punto, a Londra e a Parigi può suscttare nella conferenza un conflitto di delicattssima na.tura. Se questa spiacevole contingenza non si può evitare, io stimo che, tranne il caso in cui ulteriori circostanze e considerazioni abbiano a farci mutar parere, l'atteggiamento nostro possa e debba essere quello di una scrupolosa astensiooe, nella fiducia che, se non ora, le due Potenze dissenzienti possano più tardi rinunciare ai loro opposti

intendimenti in guisa da. rendel'e agevole un accordo. Intanto desidero che su questo punto, il più arduo e scabroso, forse, tra quelli di cui la conferenza avrà ad occuparsi, il plenipotell21iario d'Ltalia volga fin da principio J.a sua attenzione, cercando di procacciarmi sollec~tamente le IIlligliOXIi. e più stcure informazioni, sia clirca i propositi del plenipotenzLal'lio britannico a tale riguardo, sia circa il contegno probabile degli altri plenipotenziari nel caso in cui il temuto conflL1Jto tra l'Inghilterra e la Francia fosse per manifestarsi.

IV.

14. -Gioverà ora discorrere del 3° quesito, proposto dalla Cancelleria germanica nei seguenti ,termini: «Défini.Jtion des formalités à obSC['ver pour que des occupations nouvelles sur les còtes d' Afrique soient considérées comme effectives ».

La formala per tal modo adoperata, e segnatamente le parole «occupation nouvelles », sembrano escludere che la conferenza abbia in alcuna guisa a deliberare circa le occupazioni territoriali già avvenute, in tempo più o meno remoto, per opera di questa

-o quella Potenza. Lo statu quo sarebbe sottratto a quelsivoglia discussione, e solo sarebbero da definirsi ora le regole o le condizioni, mercé le quali in avvenire abbda a ritenersi valida e produttiva d'effetti giuridici una occupazione territoriale nella regione africana di cui trattasi. \~) R. 1412/833 del 26 ottobre 1884, non pubblicato.

Per quanto sia, in conseguenza di simili premesse, poco probabile la contingenza che la presente condizione dei possessi e stabilimenti europei in Africa venga in discussione uavanti la conferenza, non sarà, pur nondimeno, fuori di proposito, per ogni t.uon fine, aJcun breve cenno mtomo alle controversie che, rispetto a tale argomento, si sono agitate o potrebbero ag1tarsi ancora tra le Potenze.

15. -La Germania ebbe, come è noto, a scambiare nei primi mesi di quest'anno, spiegazioni e comunicazioni con l'Inghilterra rispetto ai territori di Angra-Pequefia. Non si consta in temini precisi quale sia stato lo svolgimento finale della controversia. Intanto per opera del Nachtigal si procedeva, sia ad Angra-Pequefia, sia in altri punti, ad atti di occupazione, dei quali il Governo germanico dava poi notizia alle varie Potenze mediante note uffièiali. La nota diretta al R. Governo dall'ambasciata germanica è del 16 ottobre 1884 (doc. n. 207, LXXII) (1). II Gabinetto di Berlino vi dichiara essere stati posti sotto il protettorato dell'Impero i seguenti terrdtorii:

sulla costa degli schiavi, il teiTiitorio di Togo, coi porti di Lome e Begeida; nella baia di Biafra, i terntori di Bimbia, con l'isola Nicol, Camerun, Malimba tranne la parte più settentrionaJe, Piccola Batanga, Plantation e Criby; nell'Africa sud occidentaJe, iJ territorio tra Capo Frio e il fiume Orange, tranne la baia della BaJena.

16. -Niuno è che ignori l'opera meravigliosa di espansione e di attività coloniaJe che, sotto il patron111to del re dei belgti., si venne compiendo dalla Associazione africana di Bruxelles nel bacino del Congo. L'Associazione ha, in questi ultimi tempi, impresso un carattere nuovo e meglio definito aJla propria intrapresa, manifestando il propo.sito di trasformare in un complesso di Stati liberi i vasti !territori scoperti ed esplora.ti dai suoi agenti.

L'Associazione africana venne, nel rapido progredire dell'opera sua, a trovarsi in contrasto col PortogaJlo, che dichiarò a più riprese nulle ed inefficaci, di fronte ai preesistenti suoi diritti territoriali, le occupazioni dell'Associazione e i suoi contratti con capi indigeni non aventi, a suo dire, ragione alcuna di sovranità nei territori ceduti.

Altro conflitto era sorto tra l'Associazione e la Francia, la quale daJl'alto bacino dell'Ogowè vooiva estendendo le sue occupazioni verso la riva destra del Congo, mentre l'Associazione si espandeva lungo la riva sinistra. Però siffatto conflitto, che minacciava di pr€111dere serie proposiZii.oni, sembra oramai voouto meno mercé un accordo intervenuto nell'aprile scorso tra il Governo francese e l'Associazione africana. Di questo accordo ignoransi i termini precisi, però se ne conosce la sostanza (doc. n. 147, LXXII) (2). Da una parte l'Assoc.iazione dichiara essere suo intendimooto di non cedere ad alcuna Potenza i territori liberi da essa fondati nel Congo; pur tuttavia, desiderando porgere alla Francia una prova dei suoi sentimenti di amicizia, s'impegna a darle un diritto di prelazione qualora, per cause impreviste, volesse disfarsi di quei possessi; dall'altra parte, il Governo francese assume l'impegno di rispettare le stazioni ed i territori liberi dell'Associazione e di non mettere ostacolo all'esercizio dei suoi diritti. L'Associazione ha così ottenuto dalla Francia il riconoscimento formale degli Stati Jiberi del Congo.

Anche 1a Germania si può considerare come avoote già presta.to, almeno in massima, il suo riconoscimento. In una nota in data 13 settembre 1884, dirretba dal principe di Bismarck al signor di Courcel, e pubblicata nel libro giallo francese, leggesi infatti il passo seguente:

«De meme que la France le Gouvemement allemand observera une attitude biooveillante à l'endroit des entreprises belges sur le rives du Congo, par suite du désir qu'ont les deux Gouvemements d'assurer à leurs nationaux la liberté du commerce dans toute l'étendue de l'Etat futur du Congo et dans !es positions que la France tient sur ce fleuve et qu'elle se propose d'assirniler au système libéral qu'on attend de cet état à constituer ».

35 -Documenti diplomatici -Serle Il -Vol. XVII-XVIII

Viene in terzo luogo, nel novero delle Potenze che hanno riconosciuto gli Stati libero del Congo, il Governo degli Stati Uniti, il quale rilasciava all' Associaz.ione, in data 22 aprile 1884, una dichiaraziOIIle ufficiale contenente il seguente passo (Doc. oipl. n. 114, LXXII) (1).

« ... il Governo degli Stati Uniti rende nota la sua simpatia e la sua approvazione degli scopi umanitari e benefici dell'Associazione internazionale del Congo, quale amministratrice degli interessi degli Stati liberi colà stabilirti e ingiunge agli uffiicali di terra e di mare degli Stati Unirti di riconoscere la bandiera dell'associazione internazionale siccome quella di un governo amico ».

Quantunque l'Inghilterra non abbia proceduto finora ad atto di formale riconoscimento, non può però dubitarsi della sua simpatia per l'opera dell'Associazione africana. Questi sentimenti sono offidalmente dichiarati da lord Granv.ille in un dispaccio diretto, in data 23 febbraio 1884, al rappresentante br.itannico a Lisbona, laddove afferma che «l'impresa (dell'Associazione) ha destato molto interesse in Europa, l'opera ha progredito ed il Governo di Sua Maestà, simpatizzando con lo scopo di essa, non può rifiutare ascolto alle istanze che attualmente gli vengono fatte».

E queste istanze, giunte nel punto istesso in cui stava per essere firmato il trattato col Portogallo, erano dirette ad ottenere che una stazione dell'Associazione, attualmente si•tuata sulla sponda settentrionale del Congo, di rimpetto a Nokki. fosse lasciata al·· l'infuori dei cOIIlfini portoghesi. Il Governo della regina ne fece condizione sine qua non per la firma del trattato, come nei precedenti negoziati già aveva fatto per la stazione di Vivi, e il PortogaLlo finì coll'accettare entrambe queste condizioni.

Nella corrispondenza ufficiale del Foreign Office le stazioni dell'Associazione sono qualificate di stabilimenti europei indipendenti.

17. -È soprattutto verso il Portogallo che sono state sollevate le più notevoli controversie rispetto alla situazione territoriale del Congo.

Le rivendicazioni portoghesi, fondate principalmente sopra antichi atti di occupazione, si estendono largamente e profondamente lungo la costa occidentale d'Africa. Però esse furono fieramente combattute fin dal primo giorno in cui altre Nazioni si fecero innanzi nell'arringo commerciale in quelle regioni.

Il Gabinetto di Lisbona stimò, per un momento, di avere eliminata ogni difficoltà, quando gli riuscì di stipulare con l'Inghilterra il trattato del 26 febbraio 1884 (doc. n. 87 LXXII) (2). Però così viva fu l'opposizione che questo trattato susGitò da molte parti, che l'Inghilterm si astenne dal rafiticarlo, e più tardi dichiarò di considerarlo come caducato. I maggiori contrasti vennero dagli Stati Uniti, dalla Francia e dal.la Germania.

La camera di commercio di Nuova-York, in una sua riunione del gennaio 1884, già aveva emesso il seguente voto (doc. n. 83, LXXII) (3).

«L'entrata dei portoghesi, quattrocento anni or sono, alle bocche del Congo, non essendo stata seguita da un'occupazione effettiva e continua, non può dare a quella Nazione un diritto territoriale sul fiume e sulle contrade della sponda».

A sua volta, il governo federale, dopo aver avuto notizia del trattato anglo-portoghese, lo dichiarava lesivo degli interessi commerciali americani, e decideva tosto di riconoscere l'Associazione africana di Bruxelles nel mojo che fu p~ù innanzi ricordato (doc. n. 104, LXXII.I (.;.1.

La Francia dichiarò formalmente, e fin dal principio, al Governo portoghese che l'accordo da esso conchiuso colla Gran Gretagna non avrebbe mai potuto esserle opposto come 'lal:ido titolo; epperò protestava contro ogni mutamento che volesse recarsi, senza suo consenso ed a danno dei suoi nazionali, allo stato di cose esistente al Congo (doc. n. 105, LXXII) (5).

Dal libro giallo presentato alle camere francesi risulta avere il Governo francese voluto ben chiarire, in questi ultimi tempi, come egli non avesse preso col Portogallo

impegno alcuno rdspetto al riconoscimento della sua sovranità al Congo, contentandosi di non sollevare tale questione. Ed avendo il rappresentante del Portogallo a Parigi M.tribuito al signor Duclerc, antico ministro degli affari ester,i, dichiarazioni che parevano implicare un impegno di tal fatta, il signor Ferry interrogò formalmente il signor Duclerc, il quale rispose contestando l'esattezza del linguaggio attribuitogli. La lettera del signor Duclerc figura nel libro giallo.

È però da notarsi che, rispetto alla costa occidentale dell'Africa, la Francia è legata verso il Portogallo da rapporti convenzionali che rimontano al secolo sr.orso. Un trattato stipulato nel 1786 tra 1 due Stati, mentre assicura alla Francia il libero commercio sulla costa di Cabinda, sembra implicare da parte sua il ri~onoscimento della sovranità del Portogallo in quelle regioni.

Sin dai primi giorni di maggio la Germania prendeva un atteggiamento apertamente avverso al trattato anglo-portoghese.

L'ambasciatore tedesco a Roma informava il R. Governo che le rappresentanze delle principali città commerciali tedesche si erano pronunciate unanimi in senso sfavorevole al trattato, e che per conseguenza H Gabinetto di Berlino considerava quelle clausole come di nessun valore per i sudditi e gli interessi germanici (doc. numero 111, LXXII) (1).

Il plenipotenzial'lio di s. M. ricorda certo il colloquio che nel mese di giugno egli ebbe col signor Busch; questi teneva un linguaggio ancora esplicito, dicendo che a Berlino non si potevano riconoscere i pretesi diritti di sovranità del Portogallo su quelle regioni, non reputandosi sufficiente il fatto dello avervi stabilito alcnne fattorie (doc. n. 160, LXXII) (2). Ed in senso analogo si esprimeva poco dopo il cancelliere dell'Impero in seno alla commissione del bilancio (doc. n. 172, LXXII) (3).

Infine da un rapporto del r. ministro a Lisbona parrebbe risultare avere la Germania dichiarato al Portogallo, come esso non possa per gli affari del Congo prendere una posizione speciale, ma quella soltanto che vi hanno gli altri Stati, tnteressati al commercio di quella regione (doc. n. 189, LXXII) (4).

18. -Come già avvertii prima di riassumere, nei pochi cenni che precedono, le controversie d'indole territoriale che, all'infuori del compito assegnato alla conferenza, potrebbero agitarsi tra le Potenze direttamente interessate, non è verosimile che se ne debba trattare in seno alla conferenza stessa. Se però codesta previsione non si avverasse, e di quelle controversie la conferenza dovesse in alcun modo, o direttamente od ,indirettamente, occuparsi, il plenipotenziario di Sua Maestà potrà tra.rre, con ogni èebita cautela, norma e direzione dai precedenti nostri carteggi, dai quali apparisce l'atteggiamento preso dal R. Governo rispetto a quelle varie quistioni.

Anzitutto, avendo noi accettato senza riserva la notificazione del Governo germanico circa il protettorato stabilito dall'impero sopra tre punti della costa occidentale dell'Africa, è manifesto che noi non potremmo, né vorremmo mettere innanzi, nella conferenza, eccezione alcuna od obiezione a tale riguardo.

Per quanto concerne l'Associazione afrdcana e i così detti Stati liberi del Congo, noi non siamo alieni dal procedere ad atto formale di riconoscimento, quando vi si proceda del pari dagli altri governi, e quando la controversia tra l'Associazione ed il Portogallo si possa ragionevolmente considerare come esaurita, o per effetto di compor:imento, o per evidente impossibi!i.tà, da parte del Portogallo, di persistere in una opposlzione nella quale non abbia l'appoggio delle Potenze. Il plenipotenziario di Sua Maestà conosce, mercé i documenti diplomatici della serie LXXII, le dichiarazioni preliminari ed officiose che già facemmo, a tale riguardo, pervenire a Bruxelles. Merita particolare attenzione, circa questo punto, il dispaccio diretto al r. ministro in Bruxelles in data 10 luglio 1884 (doc. n. 184, LXXII) (5).

(-4) R. confidenziale 582 del 23 luglio 1884, non pubblicato.

Vengono infine le rivendicazioni portoghesi, sia di fronte all'Associazione africana, sia di fronte ad altre Potenze. Rispetto a codeste rivendicazioni, importa che non si esageri la misura deùl'assistenm amichevole che, a ciò condotti dalla intimità dei rapporti esistenti tra le due Corti ed i due Stati, noi promettemmo al Portogallo. Certo è debito nostro, se mai la conferenza si inducesse a trattare di questo tema spinoso, di adoperarsi acciò sia consentito al Portogallo di fa;r valere liberamente eù ampiamente tutte le ragioni con le quali esso stimi di dovere e potere suffragare le sue pretese territoriali. Però, quando il Portogallo avesse avuto agio di esporre, dinanzi alla conferenza, tutte le ragioni sue, non sarebbe manifestamente opportuno che l'Italia, =endo dal riserbo impostole da una elementare considerazione di imparzialità, ed a&SUinendo un atteggiamento diverso da quello di tutte le altre Potenze, sl impigliasse, senza giusto motivo, in ·tale solidarietà col Portogallo, che potrebbe esporla a spiacevoll complicazioni.

19. -La formala adoperata dalla Cancellel'lia germanica nel proporre il quesito

n. 3, sembra esclude!'e la contingenoo. che si vogli.:a nella conferenza stessa contemplare una vera e propria mpartizione di territori afrricani. Se però questa impwbabilissima eventualità contro ogni aspettazione si verificasse, il plenipotenziario di Sua Maestà dovrebbe adoperarsi acciò dalla non avvenuta occupazione di territori lungo la costa africana non si tragga argomento per precluderei l'ad~to ad ogni noortra occupazione immediata o futura; la quale, se pure non sia incoraggiata e consigliata dalle circostanze presenti, potrebbe, dietro maturo esame, o mutate le attuali condizioni, divenire desiderabile e suscettibile di pratica attuazione.

Ed ora dirò brevemente il mio pensiero sopra quello che è vemmente il 3° tra i quesiti proposti dalla Cancelleria germanica alla conferenza di Berlino.

v.

20. -Se 1a conferenza dovesse limitarsi alla semplice enunciazione del principio che non basti, per l'acquisto della sovranità territol'liale, un atto di nominale e simbolica presa di possesso, facile sarebbe il compito della conferenza, né sorgerebbe probabilmente contrasto od obiezione da parte di chicchessia. Arduo invece e, quasi temerei,

inestricabile sarebbe il problema se la conferenza volesse scendecre a più minuti particolari e dettare regole precise, tassative, perentol'lie, manc3Jildo l'osservanza delle quali la sovl'anità territoriale, o non si acquisti, o, se pur momentaneamente ·acquistata, sia indi colpita di caducità. A noi parrebbe che possa eliminarsi ogni difficoltà nascente da soverchia specificazione, qualora la conferenza si limitasse a porre regole fondamentali e d'ol'dine generale, quali sarebbero le seguenti:

l) non bastare, in veruna ipotesi, a conferire la sovranità territoriale, ed in genere diritti inerenti alla sovmnità, il semplice fatto della scoperta o della occupazione;

2) alla scoperta o prima occupazione potersi ritenere equipollente il titolo di contratto stipulato coi capi indigeni aventi, senza contrasto, la pienezza del diritto sovrano sopra il territorio di cui trattisi;

3) essere necessario che entro un certo termine si aggiunga il titolo della esplicazione effettiva del lavoro agricolo, o di una industl'lia civile. La fondazione di fattorie commerciali, industrdali od agricole, di depositi od empordi per scambii, di scali marittimi o porti; la apel'tum di strade; lo stabilimento di comunicazioni marittime o fluviali; ed altre simili opere, in genere, conferirebbero un siffatto titolo alla Potenza occupante;

4) una occupazione successiva non poteTe in ogni ipotesi menomare i diritti r.as~enti da occupaz.ione anteriore o da preesistente sovranità territoriale.

Queste regole dovrebbero valere segnatamente pecr l'acquisto della vera e propria sovranità territoriale. Quando si t>rattasse di semplice protettorato, potrebbesi ammettere una minore rigidità di applicazione; però dovrebbe, in ogni ipotesi, constare in modo preciso e tassativo della osservanza della condizione qui sopra segnata al n. 2.

Queste regole ci sembrano suggerite dallo spirito stesso dei principii che, per generale consenso, governano la presente materia. Né, dal canto nostro, potremmo avere difficoltà ad accettarle. Però, se, contrariamente al nostro modo di vedere, la Conferenza volesse far seguire queste regole generali da altre più particolareggiate, il plenipotenziario di Sua Maestà vorrà adopexarsi, con cura e con la debita accortezza, acciò non ne derivino restrizioni soverchie a danno nostro. Quali che siano le ctrcootanze presenti, le quali rendono malagevoli al nostro Paese lontano occupazioni territoriali, e quale che sia, per effetto delle circost.anze stesse, il presente indirizzo del R. Governo in materia di politica coloniale (ti.l doc. 149 dell'inc. LXXII reca l'estratto di un mio discorso al Senato circa tale argomento), è pur chiaro il debito nostro di provvedere acciò non ci sia tolta in futuro la possibilità di fare ciò che ora non si può o non conviene fare. Laonde le condizioni che la conferenza sarà per prefiggere acciò sia riconosciuta la validità ed efficacia delle occupazioni territoriali, dovrebbero essere tali da potere, nel tempo opportuno, senza soverchio sforzo o disagio, essere adempiute per opera dei nostr,i commercianti ed industriali.

21. -Un quesito speciale che probabilmente sa~à per connettersi, anche in seno alla conferenza, con quello più generale della efficacia giuridica delle occupazioni territoriali, è codesto: se cioè, e come, la sovranità territoriale possa acquistarsi mercé l'opera di semplice privato o di private associazioni. Ci impiglieremmo in una quasi sconfinata indagine se volessimo trattare dà questo tema dal punto di vista scolastico. Praticamente noi abbiamo sostenuto, rispetto alla colonia di Assab, il principio che il privato, acquistando simultaneamente la proprietà privata e la proprietà pubblica (sovran.ità) di un determinato territorio, se non assume diTe,ttamente l'esercizio della sovranità, tacitamente conferisce ipso jure al Governo dello Stato a cui egli appartiene il dimtto di avocare a sè il titolo e l'esercizio della sovranità stessa. Quantunque, poi, in occasione di recenti crarteggi già ricordati, sia stata avversata dal Portogallo la tesi che possano p:rtva;te associazioni acquistare ed esercitare esse stesse diriltti sovrMJ.i, a noi non sembra che questa, confortata da più di un esempio storico, sia assolutamente da respingerai, tanto più qualora la privata associazione, come ora accade per opera della Associazione africana, si affretti a creare Stati liberi ed indipendenti, con animo di tramandare ad essi l'esercizio effettivo dei dimtti sovrani.

VI.

22. -Non è mio intendimento di prefiggere al plenipotenziario di S. M., in contemplazione dei terrui che vffi'Tanno in discussione nella conferenza, una dicrezione assoluta e tale che gli vieti di trarre norma anche dai criterii che gli saranno forniti dallo svolgimento stesso dei lavori e dall'atteggiamento degli altri rappresentanti. Ciò che a noi soprattutto ,importa, è di evitare, come già avvertii, che le deliberazioni presenti dalla conferenza possano pregiudicare, a danno nostro, l'avvenire, togliendoci la possibilità di tradurre in atto progetti che possano più tardi diventare opportuni e svscettibili di attuazione, mentre forse ora potrebbero sembrare prematuri e non corrispondenti a' mezzi di azione del Paese. La quale avvertenza riesce tanto più necessaria, L.'1 quanto che, sebbene le deliberazioni della conferenza abbiano a riferirsi esclusivar<ente alla costa occidentale dell'Afl'iica, è manifesto che l'autorità morale dei principii che saranno proclamati nella presente circostanza si estenderà anche alle questioni di analoga natura che in altri luoghi ed in altri rtempi siano per sorgere.

Mi riserbo di porgere, a richiesta del plenipotenziario di S. M., quelle ulteriori istruzioni di cui potesse abbisognare. Il R. Governo si affida principalmente alla provata abilità ed alla prudenza sua, e si affida altresì alla dottrina ed esperienza dei delegati speciali che gli furono aggiunti nella presente circostanza; dai quali potranno essere convenientemente illustrati e chiariti quei punti speciali dei quali occorresse, per il migliore adempimento della missione, un più particolareggiato e minuto studio.

(l) -Cfr. n. 116. (2) -Non pubblicata. (l) -R. 618/692 del 4 luglio e R. 3556 del 19 luglio 1884, non pubblicati. (l) -Non pubbllcata. (2) -R. 160 del 22 maggio 1884, non pubbllcato. (l) -R. 156 del 5 maggio 1884, non pubblicato. (2) -R. 306/526 del 4 marzo 1884, non pubblicato. (3) -R. 132 del 3 febbraio 1884, non pubblicato. (4) -R. 121 dell'll aprile 1884, non pubblicato. (5) -R. 123 del 17 aprile 1884, non pubblicato. (l) -D. 1559 del 7 maggio 1884, non pubblicato. (2) -R. 3517 del 12 giugno 1884, non pubblicato. (3) -R. 3539. del 28 giugno 1884, non pubblicato. (5) -D. 96 del 10 luglio 1884, non pubblicato.
494

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY (l)

D. CONFIDENZIALE 1684. Roma, 10 novembre 1884.

Alle istruzioni ufficiali che io le invio simultaneamente con questo mio dispaccio (2), mi preme di qui aggiungere alcuna avvertenza confidenziale, esprimente l'intimo nostro pensiero rispetto a taluna fra le contingenze che potranno presentarsi in seno alla prossima conferenza.

Già nelle istruzioni accennai all'atteggiamento che l'E. V. dovrebbe eventualmente assumere se, contrariamente alla comune previsione, si dovesse nella conferenza trattare della questione territoriale propriamente detta, sia rispetto alle riserve già enunciate dall'Inghilterra ed oppugnate dalla Francia, sia rispetto alle rivendicazioni del Portogallo.

Per quanto concerne queste ultime, già le dissi come non debba all'evenienza esagerarsi il compito di conciliazione al quale c'inducono le comunicazioni amichevoli già scambiate in addietro col Portogallo e la natura particolare dei rapporti esistenti tra le due Corti. Crederei, del resto, che sarebbe rendere mediocre servizio al Portogallo stesso lo incoraggiarlo, col nostro contegno a persistere di soverchio in tali pretese che non abbiano probabilità d'incontrare favore ed appoggio presso le altre Potenze.

Per quanto, invece, rifletta la ipotesi in cui sia impossibile di evitare, nella conferenza, un formale contrasto tra le affermazioni dell'Inghilterra e quella della 11'rancia circa le condizioni politiche della regione che sta verso le foci del Niger, confermo bensì a V.E. la raccomandazione, contenuta nelle istruzioni, di tenersi in un contegno neutro ed imparziale fra le due Potenze contendenti. Ma qualora fosse assolutamente necessario di pronunciare un'opinione, questa dovrebbe essere, per quanto sia possibile, concepita in senso favorevole all'Inghilterra, a meno che o il parere recisamente contrario dei delegati tecnici italiani, o l'atteggiamento avverso di altre Potenze, segnatamente la Germania, ci consigliassero di ripigliare ancora una volta in esame la questione. In tale caso l'E.V. dovrebbe riservarsi il proprio voto, e sollecitamente telegrafarmi quanto mi possa giovare a formare un definitivo giudizio.

La conferenza essendo convocata per deliberare esclusivamente circa le questioni relative all'Africa occidentale, dobbiamo presumere che essa non vorrà estendere l'esame e la discussione alle questioni d'indole coloniale riferentisi alla costa orientale dell'Africa. Giova nondimeno che non si negliga totalmente, da parte nostra, una simile previsione, la quale potrebbe toccare direttamente agli interessi ed alle ragioni che si connettono col nostro possedimento d'Assab, nel Mar Rosso. Per quanto la cosa apparisca poco probabile non si può affermare assolutamente che la Sublime Porta, ora che sta per ottenere d'essere ammessa a prendere parte alla conferenza, voglia cogliere l'opportunità per riaffermare le sue rivendicazioni territoriali, fondate, anziché in titoli effettivi di conquista e di occupazione, sopra un concetto esageratissimo ed

arbitrario della supremazia esercitata sovra vastissime contrade dal successore dei califfi. È evidente che se questa ipotesi si avverasse, noi dovremmo anzitutto eccepire l'incompetenza della conferenza indetta per tutt'altro scopo, e subordinatamente respingere recisamente la eventuale pretesa del plenipotenziario ottomano. L'Inghilterra, che da ultimo occupò Berbera e Zeila, né vorrà pregiudicare ivi la sua posizione con la ammissione delle rivendicazioni ottomane, e la Francia, che tiene Obock e sembra volere estendere la cerchia di quel suo possedimento, sarebbero senza dubbio con noi consenzienti nel ribattere la tesi che fosse messa innanzi dal plenipotenziario della Sublime Porta.

Rimane, infine, da considerarsi una contingenza che avrebbe per noi particolare gravità ed importanza.

Malgrado la precisione del programma assegnato alla conferenza (già più volte ho insistito su questo concetto, che ha, agli occhi nostri, un valore affatto speciale) non possiamo dissimulare a noi stessi la esistenza di tali indizi che cl fanno temere da parte della Francia, l'intenzione di cogliere la presente occasione per ottenere che altre quistioni, attinenti all'equilibrio politico nel Mediterraneo, siano, quanto meno, avviate mercé intelligenze officiose e preliminari, a soluzione conforme ai suoi fini. L'E.V. ricorda che il signor Ferry, discorrendo, già parecchie settimane or sono, col commendator Ressman della progettata conferenza accennava con un gesto abbastanza significativo, alla possibilità che la discussione potesse risalire dalla costa occidentale dell'Africa fino all'estremità opposta di quel continente, all'Egitto. Un telegramma del

r. ministro a Tangeri (1), pervenutami oggi stesso, allude alla possibilità che la fittizia agitazione, mantenuta dal Governo francese con l'invio di legni e con esagerate voci di conflitti suoi col Governo sceriffiano, si connetta con segreti disegni di mutamenti territoriali al Marocco da tradursi in atto mentre siede a Berlino la conferenza. Infine la Spagna non nasconde le sue preoccupazioni per la contingenza che a Berlino si tratti anche del Marocco e si prepara a provvedere come meglio gli torni possibile ai suoi interessi.

Se veramente così avvenisse, e si volesse in alcuna guisa, nella conferenza,

-o mediante scambi confidenziali d'idee fuori della conferenza, trattare delle quistioni attinenti al Mediterraneo, ed in ispede al Marocco, l'E.V. dovrebbe far chiaramente comprendere che noi non potremmo essere indifferenti di fronte a qualunque disegno con cui si venisse a turbare, nel Mediterraneo, le present~ condizioni, già fattesi ben gravi, a danno nostro, per effetto di avvenimenti che non occorre ricordare. Sopratutto poi mi affido alla sagacia di lei ed alla sua diligenza, sia per avere intorno a queste delicatissime contingenze sicure e sollecite informazioni, sia acciò ella stessa, esplorati gli intendimenti e le istruzioni dei suoi colleghi plenipotenziari, e segnatamente del plenipotenziario germanico, mi metta in grado di considerare e risolvere se e quali officii siano da farsi per evitare che tali combinazioni abbiano a risolversi a nostro detrimento. Non mi nascondo la difficoltà del compito che a questo riguardo le affido; certo però non è impari all'abilità ed allo zelo di lei che ha costi intime attinenze ed autorità meritata.
(l) -Ed. In L'Italia e la Conferenza d' Berlino, cit., pp. 144·146. (2) -Cfr. n. 493. (1) -T. 1505 del 10 novembre 1884, non pubbllcato.
495

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (1)

T. 1510. Cairo, 11 novembre 1884, ore ... (per. ore 20,15).

Je viens d'avoir une convérsation confidentielle avec Nubar au sujet de votre télégramme du 9 (2). Il sait que l'Angleterre ne ferait objection à notre occupation de Beilul et il m'a assuré que certainement ne serait pas contre le gré de l'Egypte, mais il craint de compromettre le vice-roi déjà très-mal vu par le sultan s'il abandonne Beilul sans en référer à la Porte, à moins que par un acte quelconque on décharge le vice-roi de toute responsabilité, comme ont fait les anglais pour Zeila, qui ont demandé à la Porte de l'occuper pour protéger la retraite de la garnison égyptienne de Harar, et la Porte n'ayant répondu l'ont occupée, sauf à se retirer après, et Nubar comme toute autre sait que cet engagement ne se réalisera pas pour ne pas livrer Zeila aux français. Lui ayant signalé le bruit sur Tagiura. Nubar ne consentira à retirer la garnison égyptienne sans en référer à la Porte. En résumé Nubar nous laisserait faire, mais il craint de nous aider ouvertement. Je suis d'avis que, ne craignant aucune objection de l'Angleterre, nous devons faire de la question de souveraineté territoriale ce que la France et méme l'Angleterre ont fait, et agir en conséquence occupant Beilul pour la sureté d'Assab.

Vous pouvez faire entendre à Londre que les français visent à intervenir à la baie d' Anfila.

496

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI

D. CIRCOLARE. Roma, 11 novembre 1884.

L'ambasciatore di Germania mi ha informato che la Sublime Porta aveva

manifestato il desiderio di prendere parte alla conferenza per gli affari del

l'Africa occidentale, e che il Gabinetto di Berlino non aveva difficoltà alcuna

per quanto lo riguarda, ad accogliere favorevolmente tale domanda. Avendomi

il signor di Keudell richiesto del mio parere circa questo particolare, gli ho

risposto che saremmo lieti di vedere la Turchia partecipare ai lavori della

conferenza.

Di ciò che precede le diedi ieri un cenno telegrafico che qui le con

fermo (3).

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo II, c1t., p. 76.

(2) -Cfr. n. 490. · • · -·-_ ·· • ·_ "-·-" -· -· ---- (3) -T. 738 del 10 novembre 1884, non pubblicato.
497

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 746. Roma, 12 novembre 1884, ore 18,45.

Je comprends et j'apprécie le scrupule de Nubar pacha. Mais je crois que tout pourrait s'arranger de la manière suivante: le vice-roi annoncerait à la Porte la nécessité où il se trouverait de retirer aussi de Beiloul, à bref délai, la garnison égyptienne. A notre tour, avertis à l'avance nous prendrions nos dispositions en temps utile, et nous occuperions Beiloul aussitòt après le départ des troupes égyptiennes, déclarant à la Porte si celle-ci nous interroge que notre occupation, dictée par des exigences impérieuses de sécurité dans l'intéret d'Assab a le meme caractère que les occupations britanniques à Zrila et à Berbera. La responsabilité du Gouvernement égyptien se trouverait ainsi complètement. J'attends votre réponse pour me régler en conséquence (1). Nous devrions, si possible, etre avertis de l'évacuation égyptienne au moins quinze ou vingt jours à l'avance.

498

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA (2)

T. s.N. Roma, 12 novembre 1884, ore 20.

Déchiffrez vous-meme. J'apprécie les considérations qui nous déconseillent de revenir à la charge pour l'affaire de Massaua. Il est cependant évident que, si une combinaison doit à cet égard se réaliser, nous avons tout intéret à ce qu'elle ne se fasse pas trop attendre, soit en vue de notre position devant le Parlement, soit en vue des événements qui se déroulent du còté de la Mer Rouge. Je pense que notre but peut, sauf avis contraire de V.E., étre atteint par le télégramme ostensible ci-après, dont vous pourrez, en ayant l'air de commettre une indiscrétion, faire usage auprès de lord Granville. Voici ce télégramme:

« J'approuve le langage que V. E. a, d'après mes instructions, tenu à lord Granville au sujet de Massaua. Si le Cabinet britannique croit que notre présence dans ce point de la Mer Rouge peut lui ètre utile, nous serions heureux de lui rendre ce service, sauf à régler d'abord les détails et les conditions à la satisfaction commune. Nous ne saurions guère présumer que la négociation avec la Porte aboutisse à un résultat sérieux. Mais du moment que lord Granville en fait dépendre les résolutions définitives du Cabinet britannique, il ne nous reste qu'à attendre qu'il reprenne avec nous son ouverture confidentielle. Il ne convient cependant pas de nous dissimuler que des

complications nouvelles pourraient dans l'intervalle s'ajouter à celles dont la Mer Rouge est le théàtre. Après les bruits concernant Tagiura, De Martino, qui a en cette matière des renseignements surs, m'engage, par télégramme reçu hier, à signaler à Londres que les français visent à intervenir dans la baje d'Amphilla, à très-peu de distance de Massaua ).

(l) Cfr. n. 499.

(2) Da M.C.R.; <carte.-Manclfll:

499

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1522. Cairo, 13 novembre 1884, ore 17 (per. ore 21,30).

Comme j'en étais certain, Nubar pacha a communiqué notre communication sur Beiloul à mon collègue anglais, qui est venu me voir. Il m'a assuré que son Gouvernement ne fait aucune objection à notre occupation et il m'a dit que le Gouvernement égyptien ne doit pas se meler de la question de souveraineté territoriale et se borner meme à faire conna1tre à la Sublime Porte qu'il est intentionné d'abandonner ce point et en retirer la garnison et laisser toute autre question entre nous et la Sublime Porte. Ces idées sont conformes à votre télégramme d'hier (l) que j'ai reçu ce matin; ainsi j'ai abondé à le approuver. Mon collègue se propose aujourd'hui d'entretenir Nubar sur la position de l'Egypte vis-à-vis de la Sublime Porte et comme certainement y sera compris Beilul, j'ai cru à propos de le laisser faire avant de revoir Nubar Il m'a aussi demandé si l'Italie accepterait de devenir partie contractante du traité anglo-égyptien contre la traite des noirs. Je me suis permis de lui dire que cela pourrait-etre une conséquence de notre occupation de Beiloul.

500

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

T. 1524. Londra, 13 novembre 1884, ore 22,16 (per. ore 13,40 del 14).

J'ai remercie lord Granville pour les bonnes dispositions du Gouvernement anglais au sujet de Beilul, et je l'ai prié de faire savoir au Gouvernement égyptien que de la part du Cabinet de Londres il n'y avait pas d'objections à l'occupation de cette localité par l'Italie. Lord Granville a consenti à le faire. Il écriva en ce sens au Caire. Je lui ai demandé quand la faible garnison égyptienne serait rappelée. Il m'a répondu qu'il ne pouvait encore fixer une époque précise. Recommandez à De Martino de s'entendre aussi avec M. Baring, car les conseils de ce dernier sont très écoutés ici.

(l) -Cfr. n. 497. (2) -Ed. 1n L'Italia In Africa, Etiopia • Mar .Rosso, tomo lli, clt., p. '1'1·78.
501

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. S.N. Londra, 13 novembre 1884, ore 23,20 (per. ore 6 del 14).

Déchiffrez vous m~me. D'après les instructions de V. E. j'ai fait lire à lord Granville le télégramme ostensible d'hier (2). Sa Seigneurie a pris note de nos bonnes dispositions éventuelles à l'égard de Massaua. Granville m'a fait observer à ce sujet que l'occupation de cette localité par l'Italle, dans le cas bien entendu où la chose serait possible, ne devait pas ~tre, selon la pensée du Gouvernement anglais, un service que l'Italie rendrait à l'Angleterre, mais une marque d'amitié de l'Angleterre envers l'Italie. Il a tenu à bien préciser la situation en me disant qu'il était bien entendu que jusqu'à présent il ne s'agissait que d'une conversation confidentielle entre lui et moi, qui pourra ~tre réprise au moment opportun, mais pas en ce moment. Voilà tout ce qu'il m'a été possible de tirer de lord Granville. Je suis persuadé que toute insistence ultérieure n'aboutirait à rien de plus.

502

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 455. Parigi, 13 novembre 1884 (per. il 21).

Io ebbi ieri l'onore di trasmettere a V. E. il telegramma seguente (3) relativo ai timori espressi dal signor Scovasso intorno all'atteggiamento della Francia rispetto al Marocco:

«A la réception d'aujourd'hui j'ai exprimé à M. Ferry l'inquiétude que causait à Tanger la présence du Suffren et les projets d'occupation ou de modification de frontière qu'on pretait au Gouvernement, projets qui ne pouraient etre vus avec indifférence en Italie. M. Ferry m'a repondu qu'en ce moment la France avait assez d'affaires sur les bras sans songer encore au Maroc, ni m~me à une rectification de frontière; que souvent les sujets français, surtout d'Algérie, étaient victimes des violences des autorités marocaines, dont la France avait lieu de se plaindre; que toutefois les bons rapports continuaient à subsister entre les deux Pays, puisqu'on attendait en ce moment à Paris le gouverneur de la province marocaine limitrophe de l'Algérie, qui vient chargé d'une mission amicale de la part de son souverain ~.

Benché io presentassi le mie osservazioni sulla presenza della nave da guerra «il Suffren ~ a Tangeri nel modo più amichevole, mostrando che io non

nutriva alcun sospetto al riguardo, non debbo però tacere all'E. V. che il signor Ferry manifestò qualche sorpresa dei dubbi che sembravano tuttora sussistere in Italia circa le intenzioni della Francia, dopo che egli aveva non ha guarì dichiarato esplicitamente che essa non pensava ad estendere il suo dominio sul Marocco. Il momento sarebbe d'altronde poco opportuno per tentare nuove avventure nell'impero sceriffiano, mentre la Francia, come mi diceva il signor Ferry, è tuttora inceppata dagli imbarazzi del Tonkino, di Madagascar ed altri. Per altra parte non sembra probabile che all'istante in cui si apre la Conferenza di Berlino che ha per oggetto di regolarizzare le condizioni di occupazione dei territori africani ed altri, il Governo francese voglia pregiudicare le deliberazioni future con una impresa contro il Marocco. La missione amichevole spedita a Parigi da S ..M. sceriffiana e che si aspetta a giorni, sembra di notare che questo ministero non intende prendere la via della violenza per accomodare alcune difficoltà dovute alle solite contese che a motivo della vicinanza sorgono tra gli abitanti del Marocco ed i sudditi o protetti francesi.

È rincrescevole che il dissenso tuttora esistente tra il nostro ministro ed il rappresentante della Francia a Tangeri sia origine di sospetti che forse possono trarre qualche ragione di essere dall'atteggiamento talvolta provocatore di quest'ultimo, ma nel giudicarne non conviene lasciarsi portare ad esagerazioni. Ad ogni modo, se mi è lecito di esprimere il mio modesto parere, dirò che la Conferenza di Berlino mi sembra offerire una opportunità per regolare questa ardente questione della influenza nelle regioni del Mediterraneo e per mettere un freno alle ambizioni che se la contendono. L'Italia co' suoi cinquantamila iscritti marittimi ha diritto ed autorità per far valere i propri interessi, e la sua parola essendo profferta dall'E. V. non può mancare di essere udita.

(l) -Ed. in L'Italia tn Africa, Etiopia· Mar Rosso, tomo III, cit., p. 77. (2) -Cfr. n. 498. (3) -T. 1516 del 12 novembre 1884.
503

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 749. Roma, 14 novembre 1884, ore 17.

J'approuve le langage que vous avez tenu avec votre collègue anglais au sujet de Beilul (1). La méthode indiquée par ce dernier coYncide en effet avec celle qui nous paraissait déjà la meilleure. J'attends maintenant l'issue de votre entretien avec Nubar. Le point principal, pour notre règle, est la fixation de l'époque du retrait de la garnison égyptienne. Quant à la convention pour la répression de la traite des nègres vous pouvez déclarer en principe notre accession, celle-ci étant désormais le corollaire naturel de notre situation dans la Mer Rouge. Je vous écris la-dessus. Nous prendrions naturellement dans la convention, en y accédant, une position identique à celle de l'Angleterre, avec les droits et les obligations qui en découlent.

(l) Cf1·. n. 4!19.

504

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2198. Vienna, 14 novembre 1884 (per. il 18).

Conseguentemente all'exposé fatto dal conte Kalnoky alla Commissione del bilancio della delegazione austriaca intorno alla politica estera della Monarchia ed in base anche alle risposte che egli ebbe a dare alle poche interpellanze mossegli, il presidente della Commissione, barone Hiibner, stese la sua relazione che fu approvata dalla Commissione e che motivò senza opposizione né discussione di sorta l'approvazione del bilancio da parte della delegazione.

Il barone Hiibner fece precedere la presentazione di quel documento brevissimo ed assai incolore, da un discorso, in cui inneggia al ristabilito accordo colla Russia già da lui caldamente raccomandato in una precedente sessione. È poi da notarsi, che egli si astenne in modo assoluto tanto nella sua relazione quanto nel suo discorso, dal far cenno qualsiasi delle dichiarazioni fatte dal ministro intorno all'amichevoli relazioni esistenti coll'Italia.

In diversa maniera procedettero le cose nella delegazione ungherese, poiché il relatore dottor Falk, il noto direttore del Pester Lloyd credette invece di manifestare il compiacimento della Commissione del bilancio-affari esteri della delegazione ungherese a riguardo delle relazioni mantenute coll'Italia, e ciò fece riferendosi alle assicurazioni date dal ministro, che il recente incontro dei tre imperatori non aveva turbate le relazioni esistenti colle altre Potenze ed ecco i precisi termini con cui si espresse.

«Parlando di tali relazioni io dirò che furono accolte simpaticamente in seno alla Commissione, anche quelle dichiarazioni con cui il ministro manifestò che specialmente coll'Italia non solo continuano ad esistere immutati quei cordiali legami di amicizia di cui si ebbe a parlare nella Commissione del bilancio degli affari esteri dell'anno scorso, ma che altresì è vivissimo da ambe le parti il desiderio di curare e sviluppare ancora maggiormente questi rapporti. Fino ad ora non ebbe luogo il plenum » della delegazione ungherese per il bilancio degli affari esteri ma è probabile che la votazione avverrà senza discussione o per Io meno essa sarà brevissima.

505

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2199. Vienna, 14 novembre 1884 (per. il 18).

La sessione delle delegazioni che sta per chiudersi, se non lascia dietro di sé luminosa traccia del funzionare delle istituzioni parlamentari in AustriaUngheria per quanto ha tratto agli affari comuni alle due parti della Monarchia, segnerà però un notevole momento nella storh dell'Impero.

Infatti con applauso inusitato ed unanime, conviene constatare, furono accolte le dichiarazioni del conte Kalnoky che, ancora una volta e più solennemente che mai, affermò essere l'alleanza colla Germania la base unica della politica estera della Monarchia; politica che d'altronde tutti comprendono essere il portato della circostanza, e che se per un lato non è di natura a lusingare grandemente l'amor proprio degli austro-ungheresi, d'altra parte però non conviene disconoscere tutela in maniera molto soddisfacente i loro interessi e spiana la via all'ulteriore svolgimento delle loro aspirazioni.

Fu poi assai commentata la rivelazione fatta dal conte Andrassy del desiderio che il principe Bismarck avrebbegli espresso all'epoca in cui l'alleanza venne stipulata, di farne sancire i patti dalle rappresentanze parlamentari. Certamente, ove ciò fosse avvenuto, invece di un'alleanza sarebbesi costituito fra i due grandi Imperi un'unione (Bund) che entrando a far parte del diritto pubblico dei due Stati avrebbe ricostituito l'antica «Federazione germanica:. per quanto ha tratto all'estero ma su basi ben altrimenti forti ed anche minacciose per la rimanente Europa, di quelle su cui poggiava la precedente.

Il conte Andrassy, a quanto ebbe a dire, non vi consentì, non ravvisandone allora l'opportunità, ma niente assicura che il principe di Bismarck abbia abbandonata quell'idea, e se per avventura si accingesse ora a rimetterla in campo, non dubito che non si ravviserebbe qui possibile rifiutare di acconsentire ai suoi voleri.

Il ristabilimento delle cordiali relazioni colla Russia formò pure parte principalissima delle dichiarazioni del conte Kalnoky, e questa volta gli ungheresi più non osarono farvi opposizione, né esprimere al riguardo riserve di sorta. Tutti compresero che ciò pure è l'inevitabile portata delle circostanze, e che, d'altronde, mercé il rinnovato accordo dei tre imperatori, viene assicurato alla Austria-Ungheria la mano libera in Oriente, per un certo tempo almeno.

Delle relazioni coll'Italia volle pure far parola il ministro, e vi accennò in corretta ma prudente maniera nella delegazione austriaca, dove per la prevalenza degli ultra-clericali, sapeva che quelle sue dichiarazioni non incontrerebbero simpatia di sorta.

In più esplicito modo egli si espresse invece nella delegazione ungherese, di cui pochissimi prettamente clericali fanno parte. L'assoluto silenzio osservato dal relatore barone Hiibner nella sua relazione a riguardo dell'Italia, raffrontato col linguaggio assai simpatico di cui si servì il relatore dottor Falk, nella sua relazione alla delegazione ungherese confermano la giustezza dell'apprezzamento del ministro.

Di ciò che il conte Kalnoky ebbe a dire a nostro riguardo nelle due assemblee non abbiamo da felicitarsi né da lagnarsi. Le nostre relazioni coll'AustriaUngheria sono infatti nella forma come nella sostanza quali egli ebbe a tratteggiarle. Anche ciò è un effetto delle circostanze, e dovrà durare così finché queste mutino. Sarebbe stato in potere del Gabinetto di Vienna di migliorare notevolmente questo stato di cose e di stringere con noi relazioni più corrispondenti ai tempi ed agli interessi veri dei due Stati; ma se l'Austria sa apparentemente piegarsi alle circostanze, essa è una Monarchia dei tempi passati che poggia su principii inconciliabili colle idee-moderne; sperare quindi da essa radicali mutamenti è vana illusione.

Non ci conviene poi d'altronde nascondersi, che assai probabilmente la Germania, che non lascia mancare alla sua alleata suggerimenti in ogni direzione, si sarà per lo meno astenuta per quanto ha tratto alle relazioni con noi, premendole forse che queste siano precisamente quali sono e non più strette.

Il conte Kalnoky nel rilevare che fummo i primi ad accostarci alla pacifica e conservatrice alleanza, trovò il mezzo di precisare, con garbata maniera, la posizione di satellite in cui ci troviamo a fronte dell'astro di pace costituito dall'intima alleanza dei due Imperi che risplende oggi sul mondo intero.

Cosa sia poi questa tanto decantata pace non vi ha chi nol veda; essa è la soggezione dei deboli ai voleri del più forte, chiaro appare adunque per noi la necessità di migliorare e rafforzare sempre maggiormente i nostri armamenti di terra e di mare, imitando d'altronde in ciò l'esempio che ci danno le maggiori Potenze, e ponendosi più presto possibile in grado di farsi effettivamente rispettare ed anche temere poiché, si in politica che in guerra, al giorno d'oggi un'efficace difensiva non è più possibile senza la possibilità di un'opportuna offensiva. Mettiamo a profitto questa pace qualunque essa sia, che ora esiste, ma non facciamo calcoli troppo rosei sull'eventuale sua durata, poiché essi potrebbero facilmente indurci in errore che pagheremo a prezzo assai caro.

506

IL CONSOLE GENERALE A BUDAPEST, SANMINIATELLI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Budapest, 14 novembre 1884.

La relazione della commissione per gli affari esteri della delegazione ungherese è commentata favorevolmente da tutta la stampa, che loda specialmente n paragrafo nel quale si fanno, con deliberata insistenza, dichiarazioni molto amichevoli per l'Italia. Il signor Falk illustra nel Lloyd la sua relazione con l'importante articolo che le trasmetto (l), e si solleva quasi fino al lirismo per fare plauso alle relazioni di cordiale amicizia stabilite e assicurate con l'Italia, che rispondono per l'Ungheria ai legami tradizionali di simpatia e di affetto ecc. ecc. Anche gli altri giornali parlano a un dipresso sul medesimo tono. Pare che, col passo della relazione concernente l'Italia e con i commenti di approvazione accentuata che vi si fanno sopra, siasi voluto creare un contrapposto alla riserva osservata dalla relazione Hiibner nella delegazione aùstriaca, e siasi voluto insistere sulla soddisfazione per i buoni rapporti con l'Italia all'oggetto anche di diminuire la importanza delle dichiarazioni analoghe circa le relazioni con la Russia.

Il rapporto della commissione è approvato altresì nelle altre sue parti, bastando agli ungheresi di avere ripetuto enfaticamente che l'alleanza austrogermanica, base e nòcciolo di tutte le aggregazioni, accessioni o partecipazioni

successive, non può avere subito alterazione alcuna nella sua essenza, nei suoi scopi e in tutte le condizioni speciali della natura sua originaria.

Rimane ora ad approvarsi il bilancio degli esteri in altra adunanza plenaria, ma è probabile che la votazione avverrà senza discussione od al più dopo discussione brevissima.

Alcuni giornali della città pubbUcano oggi articoletti di lode per il conte Foucher de Careil, il solo degli ambasciatori che sia venuto a Pest, ora che è la capitale vera della monarchia per la simultanea presenza della corte e della rappresentanza nazionale comune. È sempre la solita storia del puntiglioso orgoglio magiaro. Il conte Foucher però non è stato fortunato nel sostenere sopra ogni terreno la riputazione francese: avendo voluto prendere parte, benché cavaliere inesperto da quel che sembra, alla caccia reale alla volpe, è caduto da cavallo e ha dato di sé non glorioso spettacolo.

Le mando anche un articolo del Lloyd che le mostrerà il poco favore di cui gode qui il barone Hubner. In generale i delegati austriaci sono stati molto negletti quest'anno, e avranno ragione di non conservare troppo grato ricordo della ospi.talità e della cortesia ungherese.

Avrei la intenzione, dopo la chiusura imminente delle delegazioni, di fare una corsa fino a Fiume e di passare quindi qualche giorno nel Tirolo meridionale, rimanendo assente poco più di due settimane. Rinunzierei però senza difficoltà alcuna a questo progetto, ove ella giudicasse inconciliabile la mia assenza con le esigenze presenti del servizio.

(l) Non pubblicato.

507

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1535. Berlino, 15 novembre 1884, ore 18,55 (per. ore 19,45).

La Conférence a inauguré aujourd'hui ses travaux par la constitution du bureau. D'après ma proposition le prince de Bismarck a été désigné comme président et en a accepté les fonctions. Il a donné lecture d'un long mémoire exposant les motifs qui avaient induit l'Allemagne, d'accord avec la France, à convoquer une conférence, et d'après quels principes le Gouvernement impérial envisageait les diverses questions indiquées dans la circulaire d'invitation; il se réserverait de présenter des propositions formelles sur chacun des trois points. L'ambassadeur d'Angleterre a exposé les vues générales de son Gouvernement, favorab'les aux principes de liberté de commerce et de navigation sur le Congo, aussi bien que sur le Niger, mais pour ce dernier, au moins dans sa partie inférieure, l'Angleterre se réserve elle-meme l'application des principes dont il s'agit. Les autres plénipotentiaires se sont abstenus de toute observation. La discussion a été remise à mardi 18. Les plénipotentiaires portugais éviteront de soult'ver la question de souveraineté, à moins que celle-ci ne soit mise en question. Les membres de la Conférence se sont engagés au secret sur leurs délibérations.

508

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2200. Vienna, 15 novembre 1884 (per. il 18).

Già io ebbi a richiamare l'attenzione dell'E.V. sul modo particolarmente amichevole per l'Italia col quale il delegato dottor Falk ebbe contro le sue abitudini ad esprimersi nella sua relazione sul bilancio degli affari esteri, e mi è grato il segnalarle ora che quel linguaggio ha incontrato l'universale approvazione nella stampa ungherese.

Il signor Falk illustra poi ancora la sua relazione coll'importante articolo comparso ieri nel P ester Lloyd che qui compiego (l). In esso egli si solleva quasi fino al lirismo, per far plauso alle relazioni di cordiale amicizia stabilite ed assicurate coll'Italia che rispondono in Ungheria a legami tradizionali di simpatie e di affetto ecc.ecc.

Anche gli altri giornali di Pest si esprimono in uguale maniera. È questo fatto che indubbialnente merita d'incontrare da parte nostra soddisfacentissimo apprezzamento, poiché stante la notevole influenza che l'Ungheria esercita sull'andamento della politica estera della Monarchia, non vi ha dubbi che quella viva simpatia che per la prima volta ci manifesta non è priva d'importanza.

Ciò premesso non dobbiamo dissimularci che ciò che succede non è conseguenza di pretto sentimentalismo a nostro favore.

Anzitutto gli ungheresi vollero creare un contrapposto alla riserva osservata dalla relazione dell'Hiibner nella delegazione austriaca e del pari vogliono insistere sulla soddisfazione dei buoni rapporti coll'Italia all'oggetto anche di diminuire l'importanza delle dichiarazioni fatte circa le ripristinate buone relazioni colla Russia.

509

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 756. Roma, 16 novembre 1884, ore 11.

Vous savez tout aussi bien que moi que les commissaires de la dette publique ont vis-à-vis des quatre Gouvernements une situation tout-à-fait indépendente. Je ne serais donc pas en mesure de donner à M. Baravelli une instruction obligatoire. Je vous prie cependant de vouloir bien le voir, et après constatation de ce qui précède, l'engager en mon nom à considérer lui-meme,

36 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XVII-XVIII

en vue des intérets qui lui sont confiés, la grave responsabilité qu'il peut éventuellement s'assumer par son action individuelle, s'il contribuait par une marche précipitée du procès, a créer des complications en mettant dans une position embarassée le Gouvernement anglais qui a promis de communiquer au Parlement ses plans financiers pour l'Egypte dans le courant de la semaine, et qui ne voudra pas paraitre agir devant la pression et la menace d'un gouvernement étranger. Si demain les commissaires accordent le renvoi que les ministres égyptiens demandent et si ce renvoi est accordé à bref délai, je n'y verrais que des avantages pour les créanciers, qui pourront, après connaissance des propositions anglaises sur les mesures de sauvegarde et de réintégration de leurs intérets, mieux apprécier l'attitude qu'il leur convient de prendre ultérieurement. Il est bien entendu qu'après avoir fait part de mes impressions, et des considérations ci-dessus à M. Baravelli, vous devez déclarer à ce dernier qu'il est naturellement libre de prendre pour l'audience de demain telle décision qui lui semblera la plus opportune. Veuillez faire part à Nubar et à votre collègue anglais en voie très-confidentielle de cette démarche.

(l) Non pubbl!cato.

510

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 1540. Cairo, 17 novembre 1884, ore 14,20 (2).

Nubar vient de me lire la lettre que le vice roi écrit à la Porte. Comme conséquence de l'abandon du Harar et de l'impuissance où il se trouve à y exercer une autorité quelconque le Gouvernement égyptien est dans la nécessité absolue d'abandonner toute la còte occidentale de la Mer Rouge au sud de la ligne de Massaua et à laisser à la Porte à sauvegarder ses droits. Nubar n'a pas cru signaler l es localités; il pose la question e n bloc où est compris Beilul. Comme c'est presque certain que la Porte ne répondra pas, comme elle n'a répondu aux anglais pour Zeila, nous sommes entendus qu'après un délai raisonnable, la dite garnison égyptienne disparaitra et nous pourrons occuper Beilul, comme les anglais ont occupé Zeila. Ainsi on a au moins un mois pour se préparer. V. E. doit reconnaitre que l'occupation de Beilul ne peut pas se borner à la présence d'un bàtiment de guerre et qu'il faut y débarquer une garnison. En tout cas c'est une nécessité absolue de préparer les populations à nous recevoir comme des protecteurs et non comme conquérants, et je persiste à retenir le sceick Saad comme unique instrument capable de nous préparer le terrain.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Ettopta-Mar Rosso, tomo III, cit .. p. 78.

(2) Manca l'indicazione dell'ora di arrivo.

511

IL MINISTRO A TANGEHI, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1552. Tangeri, 18 novembre 1884, ore 18,45 (per. ore 22).

Ricevuto 15 andante telegramma del 13 (l). Il y a trois jours que M. Ordega a adressé directement au sultan au lieu de Ministère des affaires étrangères, ses réclamations avec menace de s'embarquer dans le cas où Sa Majesté ne ferait pas droit à ses demandes. Cette nouvelle a été donnée à quelqu'un de mes collègues par le ministre des affaires étrangères. Jusqu'à présent personne ne sait précisément en quoi consistent les plaintes de M. Ordega, mais j'espère le savoir dans quelques jours. Les questions sont les memes savoir: celle de l'algérien correspondant de M. Ordeg.a, question resuscitée par celuici, celle des deux bouchers algértens pour cet;te question le ministre des affaires étrangères a écrit une note d'excuse à M. Ordega; celle des deux israélltes protégés français auxquels on a fait oter les babouches; eelles du village habité par des gens qui se disent aneiens algériens et qui se plaignent d'avoir été maltraités. On parle aussi d'une autre question de quelques protégés probablement par le cherif, qui prétendent aussi avoir été maltraités, mais ces deux dernières questions ne sont encore connues de personne, pas meme du ministre des affaires étrangères. J'espère que le sultan sera prudent et écoutera les conseils que je lui ai donnés de céder aux prétentions d'Ordega, meme si elles étaient injustes. Si les assurances de M. Ferry étaient sincères, depuis longtemps M. Ordega ne serait plus à Tanger. C'est aussi l'avis de tous mes collègues.

512

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTEHI, MANCINI

R. 93. Pietroburgo, 18 novembre 1884 (per. il 25).

Mi è pervenuto il dispaccio politico n. 82, in data del 9 novembre (2), col quale l'E.V. mi chiede d'indagare se la Russia è amica e all'occorrenza diverrebbe alleata della Francia in Asia. Se così s'intende indicare alla possibilità di una alleanza della Russia con la Francia contro la Cina, non esito a rispondere che ogni timore di questo genere è, a mio giudizio, assolutamente infondato.

Il Governo russo è ben soddisfatto di aver, col trattato di Livadia, appianato la vertenza di Kouldja, né si dispone a preparare nessun altro conflitto. Anzi paventa qualsiasi ostilità contro la Cina, giacché le condizioni dei due Paesi sono troppo diverse. Per un impero stazionario che ha 4000 anni di esistenza,

11 tempo non ha val-ore; rappresenta un'altra idea che presso i popoli moderni, sicché esso stancherà qualsiasi nemico. Qui si rimpiange, per conseguenza, di vedere i francesi versare il loro sangue generoso contro quei barbari, e si scorge chiaramente l'interesse che avrebbero a desistere dalla loro impresa.

A questo punto di vista dell'umanità e della fratellanza dei popoli civili, la Russia può dirsi amica della Francia. Inoltre limitrofa com'è alla Cina non ha interesse a che questa cresca in baldanza. La sua condotta nella vertenza franco-cinese fu sempre da tutti, anche a Berlino, riconosciuta corretta e disinteressata. Non saprei dire all'E.V. se s'incaricherebbe di portarsi mediatrice qualora la Francia ne facesse la domanda formale. Il rifiutare un favore di questo genere è sempre difficile. Presterebbe certo volentieri i suoi buoni ufficii in via amichevole, ma per un interv.ento ufficiale sarebbe forse trattenuta dalla responsabilità di farsi garante della promessa d'una parte verso l'altra, e specialmente di quella della Cina. Suppongo anche che si consiglierebbe, prima di accettare, col Gabinetto di Berlino.

I francesi accusano ingiustamente la Russia di non aversi voluto unire a loro. Qui si risponde che, se conoscessero la Cina come la conosce la Russia, non avrebbero nemmeno essi commesso l'errore di accingersi alla spedizione del Tonchino.

In quanto al signor Popov, ministro di Russia in Cina, ha fama di uomo molto intelligente ed il signor de Giers lo ha in gran considerazione. Proviene dalla carriera consolare, fu console generale a Marsiglia. Credo che fu inviato a Pechino appunto per potere all'occorrenza emergere e rendersi utile in via ufficiosa, tanto più che conosce bene la Francia e più facilmente sarebbe bene accettato agli agenti di questa Potenza. Ma invece è ora malfermo in salute, e quasi non scrive al proprio Governo. Né mi farebbe caso se, continuando così, venisse surrogato da altro diplomatico più giovane e più attivo. Il che però riferisco all'E.V. conftdenzialmente.

I telegrammi dalla Cina per Parigi passano in questi giorni per Pietroburga, stante un'interruzione nella via sottomarina, ed è frequente, mi si dice, l'arrivo da colà di lunghi dispacci in cifra.

(l) -T. 748, non pubblicato. (2) -Non pubblicato.
513

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1152. Cairo, 18 novembre 1884 (per. il 27).

Con seguito di telegrammi ho tenuto esattamente informata l'E.V. dell'andamento della negoziazione, che in ubbidienza ai suoi ordini, ho iniziato con Nubar pascià per la nostra occupazione di Beilul.

La dichiarazione di abbandonare il Sudan, il rifiuto della Porta d'intervenire a conservare quelle province, il silenzio della Porta sUlla occupazione inglese di Zeila e di tutta la costa dei somali, mi fecero travedere la possibilità che l'Italia potesse estendere il possedimento di Assab, e credetti dover

mio sorvegliare gli avvenimenti, sondare le intenzioni del Governo egiziano,

misurarne gli ostacoli, ed i mezzi per conseguire un risultato favorevole. Un

ingrandimento del territorio d'Assab non può acquistarsi che verso il nord, e

perciò l'obbiettivo non poteva essere che Beilul.

I miei primi passi m'incoraggiarono molto nel tentato divisamento, e non

esitai ad informare l'E.V. con rapporto del 15 ottobre scorso, n. 1143 (1).

Nella sua alta intelligenza, V.E. ha scorto senza esitanza l'opportunità

di profittare degli avvenimenti, e con telegramma del 9 corrente (2) mi ha

ordinato d'iniziare negoziazioni con Nubar per conseguire il nostro intento.

Attenendomi a1le sue istruzioni spero di averla condotta con quella rapidi

tà che esigeva il caso, e dall'E.V. desiderata.

Riassumo brevemente quanto ho riferito telegraficamente all'E.V.

Gli scrupoli giustificati di Nubar pascià di non voler compromettere il Ke

divè presso il sultano, prestando a noi apertamente la mano per occupare Beilul,

sono stati scartati, adottandosi il metodo suggerito dall'E.V. Il Kedivè notifica

alla Porta evacuare l'Harar, l'Egitto si trova nella necessità assoluta di dover

abbandonare tutta la costa occidentale al sud della provincia di Massaua, ove

non ha mezzi e potere di esercitare qualsiasi autorità e lascia alla Porta di

garantire come crede i suoi diritti.

Nubar non ha voluto designare nessun punto speciale, né Zeila, né Tagiura, né Obock, né Beilul, che di fatto sono compresi nell'indicazione generale di costa occidentale del Mar Rosso.

La Porta che non ha preso neppur riserve per i'l Sudan, per Zeila ecc. non ne prenderà di certo per Beilul, e Nubar è convinto che come non ha neppure risposto all'invito di occupar Zeila, non risponderà neppure alla lettera del Kedivè.

L'obiettivo principale n'era di togliere di mezzo l'Egitto, ed è ciò che abbiamo ottenuto.

Alla seria osservazione che non sarebbe a noi aperta la porta finché un solo soldato egiziano rimanesse a Beilul, Nubar, sempre per gli stessi scrupo'li, non ha voluto convenire apertamente l'epoca della loro uscita e della nostra entrata, ma è ben inteso che attenderà un tempo ragionevole, e disse 15 o 20 giorni, per attendere una risposta, spirato il quale possiamo liberamente occupare Beilul come gl'inglesi hanno occupato Zeila, e che c'intenderemo per le disposizioni della piccola guarnigione egiziana.

Ormai l'E.V. può considerare la strada libera ed aperta, e non bisogna perdere né tempo, né l'opportunità. Abbiamo fatto molto, ma ci resta molto più ancora a fare. E mi permetta l'E.V. di richiamare tutta la sua attenzione nell'ultima parte del mio telegramma di jeri (3).

Beilul è in tutt'altra condizione di Assab, che era una spiaggia deserta e disabitata allorché s'impiantò quel possesso. È una città piccola se si vuole, ma con una popolazione da 700 ad 800 abitanti, che finora, per i tristi fatti passati, non credo ci veda di buon occhio, di religione, di costumi diversi, con

un territorio, pare, bastantemente popolato, e centro di relazione con le tribù dell'interno. Quindi limitare l'occupazione alla presenza di un bastimento da guerra, come stazionario, n'otterrebbero gli stessi risultati meschini ed incerti che si sono ottenuti finora in Assab. L'occupazione deve essere di fatto, con una guarnigione che rappresenti la potenza dell'Italia. Ma nello stesso tempo ritengo assolutamente necessario di preparare la popolazione a riceverei non come conquistatori ed oppressori, ma come amici e protettori rispettosi della proprietà, dei costumi, dalla religione. Inoltre non si deve mai perder di vista l'Anfari di Aussa, che indubbiamente è la sola Potenza sulle selvagge tribù dell'interno. Averlo amico o nemico, è la sola soluzione del problema dell'avvenire. E sarò testardo a ripetere, ma son convinto che lo sceick Saad sia l'unico istrumento per amicarci e la popolazione e Mohammed Anfari.

Compiuta tutta la parte che poteva spettarmi, l'E.V. sarà indulgente se mi permetto di esprimere tutto il mio pensiero, e di felicitare l'E.V. di essere pervenuto ad una conclusione che darà piena soddisfazione al sentimento nazionale del Paese.

Nel telegramma dell'H (l) ho accennato che i francesi potrebbero aver gli occhi sulla baja di Amphilla, a sud di Massaua. Ebbi questa insinuazione confidenzialmente da un funzionario governativo. Verso il 1860 o '61 un francese comprò da uno scheick indigeno quel territorio. Said pascià, allora viceré, temendo complicazioni, lo ricomprò dal francese. Per un incendio nel Ministero degli affari esteri, tutti i documenti antichi furono distrutti, ed il Governo egiziano sarebbe ben imbarazzato se venisse a risorgere qualche pretesa francese su quella località. Ciò potrebbe spiegare in parte la risoluzione di Nubar di voler nella lettera suaccennata del kedivè alla Porta, mantenuti i diritti del sultano e dell'Egitto sulla provincia di Massaua, nella quale indubbiamente è compresa la baja di Amphilla.

(l) -Cfr. n. 460. (2) -Cfr. n. 490. (3) -Cfr. n. 510.
514

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2201. Vienna, 19 novembre 1884 (per. il 21).

La delegazione ungherese nel suo plenum ha essa pure approvato il bilancio degli affari esteri, quale venne proposto dal Governo.

Un solo oratore, il delegato Szilagyi dell'opposizione moderata, prese la parola in quella seduta, lamentando che il ministro degli affari esteri non si fosse espresso con tutta la chiarezza desiderata dall'opinione pubblica ungherese, circa il dubbio che le adesioni successive dell'Italia e della Russia abbiano in qualche maniera modificata la primitiva alleanza austro-germanica. Egli avrebbe voluto una precisa dichiarazione, che, ove quelle Potenze venissero a

deviare dal concetto dell'alleanza suddetta e che gli interessi loro avessero a trovarsi in collisione con quelli dell'Austria-Ungheria, la Germania rimarrebbe sempre tenuta, in forza del patto primitivo, a sostenere quest'ultima.

Questa osservazione che fu fatta altra volta dalla delegazione ungherese riguardo all'accessione dell'Italia, ebbe a ripetersi questa volta rispetto alla Russia.

Al delegato Szilagyi rispose il delegato Falk, dimostrando che anche intorno a quella questione il ministro si era espresso colla massima chiarezza, ed egli finì il suo discorso, manifestando nella più esplicita maniera la pienissima fiducia della delegazione ungherese a riguardo della politica seguita dal conte Kalnoky.

Ieri si chiuse la delegazione austriaca ed oggi quella ungherese pose termine ai suoi lavori. Conviene constatare che giammai le delegazioni ebbero ad esprimere in più largo modo al governo comune la loro completa soddisfazione, senza restrizione di sorta. Contrariamente a quanto si verificò sempre nelle altre sessioni, non vi fu la minima divergenza fra le due delegazioni intorno a qualslasi cifra dei vari bilanci comuni, e quindi la sessione si chiude senza che accorrano reciproche concessioni, onde giungere al necessario accordo.

Non saprei poi chiudere il presente rapporto, senza segnalare all'E. V. l'intelligentissimo zelo col quale il r. console generale a Budapest ebbe a tenermi informato quasi giornalmente di quei particolari di retroscena non menzionati dai giornali, e di somma importanza però, onde rettamente apprezzare le varie correnti dominanti nelle delegazioni, e formarsi un retto criterio intorno alle discussioni e deliberazioni di quelle assemblee parlamentari, che sono cosa affatto sui generis.

(l) Cfr. n. 495.

515

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 761. Roma, 20 novembre 1884, ore 17.

En réponse au télégramme de V. E. (l) concernant la seconde séance de la Conférence, j'approuve les déclarations et les propositions faites par V. E. Je pense que de bonnes raisons ont diì. vous conseiller à exprimer d'abord les réserves de l'Italie quant aux occupations éventuelles de territoires, au lieu de les renvoyer au dernier moment de la clòture des travaux de la Conférence, si ces raisons existent, il me serait utile de les connaitre. Maintenant que cette réserve a été formulée, il faut veiller pour la maintenir imprejugée par des observations mème indirectes et des limitations peut-ètre inadmissibles d'autres Puissances. Si d'autres plénipotentiaires s'associent à la réserve ou la reproduisent dans l'intérèt de leurs gouvernements, nous n'aurions pas d'objections.

(l) T. 1555 del 19 novembre 1884, non pubblicato.

516

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

D. 437. Roma, 20 novembre 1884.

Con dispaccio del 24 gennaio n. 226 di questa serie (l) informai V. E. come,

secondo notizie raccolte dal r. agente e console generale a Cairo, la Francia,

nel voler stabilire i confini del suo possedimento d'Obock, avesse sollevato

pretese sopra una parte del territorio compreso nel Sultanato di Raheita. La

pregai allora, qualora la notizia si confermasse, di avvertire confidenzialmente

il signor Ferry dei rapporti in cui ci troviamo rispetto a quel sultano, manife

stando la fiducia che non si sarebbe voluto dalla Francia recare offesa al

dominio di Raheita.

Con rapporto del 7 febbraio (2) l'E. V. mi riferiva che, in un suo colloquio

con codesto ministro degli affari esteri, la conversazione s'era naturalmente

portata sugli stabilimenti del Mar Rosso, e le era stato fatto intendere che

non sarebbero insorte difficoltà a causa dei nostri rispettivi possessi.

Ritengo che nulla sia avvenuto nel frattempo per modificare le buonE:

disposizioni del Governo francese, epperò la prego d'informare, in via affatto

amichevole, il signor Ferry come, in seguito all'occupazione eseguita dai fran

cesi di Khor Angar (punto situato sulla costa, circa a mezza via tra Obock e

Raheita, ed alquanto al sud di Gebel Sian, come venne approssimativamente

segnato nell'unita carta), i capi di Raheita si siano diretti al r. commissario

in Assab invocando la protezione del R. Governo, alla quale hanno diritto in

virtù delle stipulazioni che abbiamo con essi contratte perché sia rispettata

l'integrità del loro territorio. Essi affermano che la vendita fatta ai francesi

non comprenda che il punto di Obock con un circuito molto ristretto; che

Khor Angar non è in verun modo compreso in tale cessione, e chiedono la

presentazione dei contratti d'acquisto dai quali deve risultare l'assoluto domi

nio che essi rivendicano di quella parte della costa. Il cavalier Pestalozza mi

ha inoltre riferito che l'occupazione dei francesi destò una grande efferve

scenza a Raheita, e che egli dovette adoperarsi per calmare 1'\rritazione dei capi

e persuaderli a non commettere atti di violenza contro le poche gua!'die indi

gene che, a quanto pare, furono lasciate a Khor Angar con una bandiera

francese.

Ella si compiacerà, signor conte, di raccomandare il reclamo degli abitanti di Raheita al benevolo esame del Governo della Repubblica; noi nutriamo fiducia che qualora da un esame imparziale avesse a risultare che le ragioni dei nostri protetti sono fondate, il Gabinetto di Parigi vorrà, nella sua giustizia, dare gli opportuni ordini acciò esse siena rispettate.

E poiché tale esame non potrà compiersi che sopra luogo, io sarei per proporre che ne fosse affidato l'incarico al comandante francese di Obock ed al r. commissario in Assab, i quali dovrebbero poi riferire ai loro governi la conclusione cui sarebbero addivenuti. Si otterrebbe così il risultato che rimar

rebbero ben definiti i limiti tra il possedimento di Obock ed il sultanato di Raheita, e sarebbe troncata ogni possibilità di future contestazioni.

Se tale nostro pensiero incontrerà l'approvazione di codesto Gabinetto, ci affretteremo di dare istruzione al r. commissario di mettersi in relazione col comandante di Obock per l'esecuzione dell'incarico che sarebbe loro dai due Governi affidato.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 57.
517

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 95. Pietroburgo, 20 novembre 1884 (per. il 27).

Fra le varie informazioni che la E. V. ebbe la bontà di farmi pervenire in questi ultimi giorni, havene una (contenuta nel dispaccio politico 6 novembre

n. 81) (l) relativa ad una conversazione del gran vizir col r. ambasciatore a Costantinopoli, nella quale il primo avrebbe espresso il dubbio generico che a Skierniewice siasi trattato di un qualche mutamento dello statu quo dell'Europa. Nella supposizione che vogliasi così alludere alla regione dei Balcani, sono in grado di confermare alla E. V. che già m'erano noti d'altra parte i timori sorti a questo riguardo presso la Sublime Porta la quale però a quest'ora travasi., mi si afferma pure, pienamente rassicurata. Né è la prima volta che la Turchia, esposta com'è ad immensi pericoli, palesa inquietudini consimili. In via privata seppi l'anno scorso che a Costantinopoli si credé seriamente ad un'imminente guerra russo-tedesca; ed il diplomatico, al quale il gran vizir si confidò e che ne riferì al proprio Governo, ebbe poi agio di verificare che questo falso allarme era stato dato dai rapporti di una delle ambasciate turche all'estero. Il viaggio del signor Gladstone a Copenaghen fu pure da qualche agente turco interpretato come indizio sicuro di una alleanza anglo-russa.

Certo l'intimità ch'esiste fra i tre Governi imperiali, sotto gli auspici del grand'uomo di stato a cui s'inchina l'Europa, impone agli altri la massima oculatezza.

L'accordo tra Berlino e Vienna è ormai tale da comunicarsi a vicenda i rapporti ed i telegrammi delle rispettive ambasciate, non formanti quasi più che una sola diplomazia. Avvenimenti imprevisti possono domani compromettere quella pace che pare oggi assicurata. Tutti gli indizi che ho potuto fin qui raccogliere confermano che appunto a Skierniewice fu veramente deciso dì continuare nello statu quo. Non solo lo assicurano i tre ministri imperiali degli affari esteri, ma so che l'Austria ha inviato ai suoi agenti in Oriente una circolare speciale in questo senso. Se le mie informazioni sono esatte, dell'annessione all'Austria della Bosnia e dell'Erzegovina, come degli altri mutamenti che un giorno succederanno in Oriente, a Skierniewice nemmeno si fece parola, secondo la regola attribuita al principe di Bismarck che in politica occorre solo tener conto dei fatti che aspettansi entro cinque anni di tempo. Egli afferma, mi si narra, di non guardare al di là.

Un altro motivo per cosi credere si è che gli intervenuti a Skierniewice non hanno interesse ad affrettare la dissoluzione della Turchia.

Dall'imperatore Guglielmo, debole in salute per la sua età, non possono desiderarsi nuovi grandi mutamenti. La Russia sa che a lei non si permetterebbe di raccogliere la successione; ed il conte Kalnoky non la vuole per l'Austria. Più volte questo ministro si è espresso, in conversazioni private, nel senso che l'Austria deve andare all'Egeo con ogni sorta di privilegi e di forze commerciali ma non mai con possessi territoriali. Una frazione del partito militare austriaco è persino malcontenta del possesso della Bosnia e dell'Erzegovina; le difficoltà ivì. incontrate dissuaderebbero certo dall'occupare l'Albania. Non v'è nessuno che non vede i pericoli per l'Austria di spostare verso Oriente il suo centro di gravità. Le fatali risultanze della sua politica di conquiste in Italia la consigliano di cercarne adesso in Turchia.

Persone, che stimo ottimamente informate, opinano che, se oggi si aprisse la successione turca, l'Austria sotto i suoi attuali governanti, anziché avanzarsi lascerebbe rafforzarsi gli Stati dei Balcani, la Rumelia orientale congiungersi alla Romania, la Grecia impadronirsi anche di Salonicco e l'Albania darsi a chi la voglia e sia capace di reggerla cioè all'Italia o ad un principe stesso albanese. Le quali forze tutte chiuderebbero per sempre la via alla Russia.

Chiedo venia all'E. V. per questa digressione sullo sterile terreno della politica congetturale, la quale ha fatto soltanto allusione per provare che mi sembrano veramente infondati i timori concepiti, secondo le mie particolari informazioni, a Costantinopoli di un accordo conchiuso a Skierniewice tra l'Austria e la Russia per farsi entrambe avanti nella penisola dei Balcani. Il recente invio dell'ordine di Sant'Andrea al sultano per parte di S. M. Alessandro III non appprovato da puri slavofili è pure la conseguenza delle ottime relazioni esistenti attualmente tra la Turchia e la Russia, che ha voluto così dissipare qualsiasi sospetto e dare una prova delle proprie disposizioni pacifiche e benevole verso il suo secolare nemico.

(l) Non pubbllcato.

518

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

L. PERSONALE. Vienna, 20 novembre 1884.

Mi sono fatto premura di spedirti le richieste miccie, con pacco postale, sembrandomi questo il mezzo più spiccio. Sono lieto di averti potuto servire, e duolmi soltanto di non essere più sovente onorato dei tuoi comandi. Ti ringrazio poi vivamente per la tua lettera del 15 poiché gratissimo mi riesce sempre l'occasione di scambiare teco idee intorno agli avvenimenti del momento.

Fui lietissimo dell'ingresso di Ricotti nel Ministero. Nol mi dissimulo affatto i difetti di quel mio vecchio camerata, ma gli riconosco pure eminenti qualità, e principalissima quella che all'uopo saprebbe taper terme. Ma più che tutto la sua venuta al potere ha un significato politico di non lieve importanza. Minghetti che ho avuto qui alcuni giorni, se ne mostrava assai soddisfatto.

Vedo che i giornali parlano del ritiro di Mancini, ma non ci credo, come non mi pare probabile che, il cas échéant, dovesse succedere il tuo amico Tornielli, come dicono pure i giornali. Mancini potrebbe cadere se la Conferenza di Berlino partorisse qualche cosa di molto grosso, ma la cosa non mi pare probabile. Quel che è certo però si è che ci troviamo in una situazione assai difficile, poiché l'oppinione pubblica in Italia è accesa dalla cupidigia di prendere qualche cosa, beninteso però che non si è disposti affatto a far sacrifizii di qualsiasi natura. Se quindi parecchie fra le altre Potenze avessero a lasciare Berlino con qualche cosa in tasca, mentre che noi ce ne ritorneressimo coj le mani vuote, il Mancini passerebbe un brutto quarto d'ora. Del resto per me ciò che mi inquieta di più, si è la quistione del Marocco poiché ritengo assai probabile che la Francia tosto che avrà in una maniera qualunque aggiustato i suoi affari con la Cina, comincierà una impresa marocchina, lo che gli italiani a torto od a ragione non sapranno sopportare. La quistione di Tripoli verrà allora sul tappeto in maniera acuta, e per conto mio credo che in tale eventualità avressimo torto marcio a non agire energicamente. Non mi nascondo però che a tutte le altre grosse difficoltà s'aggiunge pur quella che il Paese, come già ti dissi, se ha degli appetiti violenti, non è però menomamente disposto a sobbarcarsi alle prove ed ai sacrifizii che il loro soddisfacimento implica necessariamente. È probabile però che tutto ciò tiri ancora alquanto in lungo, avremo dunque ancora campo di parlarne allorché passerai da Vienna nel febbraio.

Il linguaggio di Kalnoky alle delegazioni, per quanto riguarda l'Italia non ci deve soddisfare molto, ma era evidente che dopo il riavvicinamento alla Russia, l'alleanza coll'Italia non ha più scopo, né quindi non è più il caso di parlarne. Del resto temevo di peggio, poiché in questi ultimi tempi le nostre relazioni con Vienna si erano fatte assai difficili, il Gabinetto di Vienna non mostrandosi esitevole nel mostrare di preferire l'amicizia col Vaticano a quella coll'Italia. All'ultimo momento però parmi che il preciso quadro della situazi.one ch'io ebbi a fare a Kalnoky, lo abbia impressionato, poiché seppe tacere completamente intorno al disaccordo fra di noi esistente. Di tutto ciò non avrai trovato traccia nei documenti diplomatici, locchè prova che quella raccolta si lascia ignorare le cose le più interessanti.

I Reuss sono in congedo e non torneranno che alla fine del mese, attualmente sono ad Amsterdam dove si fanno masser per guarirsi da inveterati reumi.

Ho vuotato il mio sacco e per ora non mi resta altro a dirti.

519

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 764. Roma, 21 novembre 1884, ore 14,30.

Veuillez dire à Nubar pacha que nous acceptons pour l'affaire de Beiloul la combinaison indiquée dans votre télégramme du 17 (1). Je vais vous

499 écrire pour les détails afin que vous puissiez prendre tout les arrangements nécessaires. Ce qui presse le plus pour nous est de savoir l'époque de l'évacuation de Beiloul par les égyptiens. La date devrait ne pas ètre trop rapprochée afin que nous puissions préparer les populations et faire arriver sur les lieux le batiment chargé d'effectuer l'occupation.

(l) Cfr. n. 510.

520

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 765. Roma, 21 novembre 1884, ore 14,30.

Les pourparlers entre De Martino et Nubar pour l'affaire de Beiloul ont favorablement abouti. Le vice-roi écrit à la Sublime Porte lui annonçant, comme conséquence de l'abandon du Harar et de l'impuissance d'y exercer une autorité quelconque, la nécessité absolue où il se trouve d'abandonner toute la còte occidentale de la Mer Rouge au sud de Massaua et de laisser à la Porte le soin de sauvegarder ses droits. Cette énonciation en bloc comprend naturellement Beiloul dont il n'est pas fait une mention spéciale. Nubar croit que la Porte ne répondra pas comme elle n'a pas répondu pour Zeila. Il est donc entendu qu'après un délai raisonnable la garnison égyptienne sera retirée de Beiloul que nous occuperons comme les anglais ont occupé Zeila. Je vais maintenant faire régler par De Martino les détails avec Nubar pacha. La lettre du vice-roi à la Porte mentionne expressément l'évacuation du Harar. Il serait intéressant pour nous de savoir le plus tòt et le plus précisément possible les idées du Gouvernement anglais au sujet du sort réservé à cette région qu'on dit fertile et qui pourrait avoir à plusieurs points de vue une importance spéciale pour nous dans l'avenir.

521

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1565. Vienna, 21 novembre 1884, ore 16,59 (per. ore 18,40).

Ministère du commerce a accepté projet de note à échanger pour sanctionner protocole de Gorice déjà approuvé. La question de la pèche est donc définitivement reglée, mais comme il faut une décision impériale pour autoriser le passage de la juridiction sur la peche en Autriche à l'autorité maritime, cé qui prendra encore quelques jours, vu la lenteur administrative du Gouvernement austro-hongrois, et attendre sanction souveraine pour échanger les notes. Dans cette occasion nous fixerons aussi en commun accord la date d'entrée en vigueur dans les deux Etats des nouvelles dispositions, ce qui ne pourra pas etre avant dix décembre, vu qu'il faut donner temps que le nouveau règlement puisse parvenir aux points les plus éloignés de la còte dalmate. Suit rapport par poste.

522

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1566. Berlino, 21 novembre 1884, ore 17,40 (per. ore 21).

Dans mes considérations générales j'intercalais spontanément et incidentellement les mots que l'Italie, tout en réservant l'avenir pour le cas où nous croirions devoir examiner s'il nous conviendrait à l'instar d'autres Puissances civilisées etc. (camme dans mon télégramme du 19) (1), n'avait pas moins un intéret évident à ce qu'il s'établisse dans les régions africaines des règles conformes au principe de la liberté de commerce et de navigation. Il me semble qu'en m'exprimant ainsi je parlais dans la juste mesure à l'effet de ménager hypothétiquement notre liberté d'action éventuelle. La phrase sus-énoncée, si on peut lui donner la signification d'une réserve dans la véritable acception du mot, aurait semblé, de prime abord, devoir plutòt trouver piace à la discussion du troisième point, ou à la clòture de la conférence, mais j'y voyais inconvénient en ce qu'une pareille déclaration survenant après quelques froissements possibles entre certaines Puissances risquerait alors d'etre envisagée comme si nous saisissions l'occasion de profiter des désaccords. En autre mieux valait, à mon avis, prendre un peu le devant, sous une forme très-mitigée, sans attendre que l'on mit à l'ordre du jour le troisième point fixant les modalités d'occupations futures. Tels sont les motifs qui m'ont induit à parler comme je l'ai fait; j'espère que V.E. voudra bien les apprécier quand elle aura reçu le texte meme que j'ai expédié bien après l'avoir extrait des épreuves d'imprimerle du protocole de la seconde séance. Je vous serais obligé de me donner alors le sentiment de l'approbation du Gouvernement du roi, de meme que pour ma référence à ses déclaration à nos Chambres. C'est par là que j'ai commencé mon discours. « L'Italie n'a pas de possessions territoriales sur la cote occidentale d'Afrique, son attention vigilante se dirige plutòt dans d'autres directions ainsi qu'il résulte des déclarations récemment faites dans nos Chambres, et qui ont reçu la plus grande publicité '>. Je me suis borné à cette allusion qui, V.E. le verra, est faite dans un sens assez général et venant à propos dans un moment où la France parait vouloir recommencer ses intrigues au Maroc.

523

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO DELLA GUERRA, RICOTTI

D. RISERVATISSIMO s. N. Roma, 21 novembre 1884.

Tra le contingenze che non spettano, secondo ogni ragionevole previsione, al presente, ma potrebbero in un avvenire anche abbastanza prossimo, quando

per opera di altra Potenza si compissero tali fatti per cui sia turbata la presente condizione di cose nel Mediterraneo, imporsi alla considerazione ed a rapida risoluzione, da parte del R. Governo, è quella di una intrapresa militare avente per obiettivo l'occupazione della Tripolitania e della Cirenaica. Conscio della propria responsabilità di fronte ad un simile evento, il sottoscritto deve fin da ora richiamare su codesto argomento importante e delicato la particolare attenzione del suo onorevole collega ministro della guerra, non senza avvertire che già parecchi mesi or sono, in seguito a comunicazioni verbali e confidenzialissime scambiate col segretario generale di codesto Ministero, alcuna predisposizione deve già essere stata presa per lo scopo anzidetto e furono anche raccolte sui luoghi, con l'opera di ufficiali appositamente inviati, informazioni precise e sincere.

Per un complesso di circostanze, rispetto alle quali il sottoscritto potrà di viva voce fornire all'onorevole suo collega ogni opportuna spiegazione, il programma concreto a cui dovrebbesi intendere e che, ad ogni costo, dovrebbesi poter tradurre in atto colla massima precisione, questo sarebbe: occupare Tripoli, Bengasi, ed alcun altro punto, sopratutto ai due estremi lembi della costa, sia verso l'Egitto sia verso la Tunisia, effettuando l'occupazione con sufficiente nerbo di forza e con prontezza tale per cui sia eliminato il pericolo sia di complicazioni diplomatiche atte ad attraversare l'intrapresa, sia di resistenza da parte delle forze e delle popolazioni arabe. Per quanto il sottoscritto, profano nell'arte militare, può giudicare con la scorta de' criterii che possiede, parrebbe necessario che, con un intervallo di non oltre dieci giorni a decorrere dal primo avviso che se ne darebbe a codesto dicastero, circa trentamila uomini si trovassero pronti a prendere il mare, muniti di quanto abbisogni, sia per lo sbarco, sia per effettuare l'occupazione colla certezza di vincere ogni presumibile ostacolo. Sarebbero naturalmente per ora predisposizioni meramente eventuali, e da prendersi con la più assoluta segretezza, di guisa che nulla ne trapeli fino al giorno in cui dovessero avere la loro esecuzione; e dovrebbero altresì essere successivamente curate per modo che continuino costantemente a trovarsi suscettibili di immediata attuazione, quali che siano, nel Regno, i mutamenti e le dislocazioni delle nostre forze.

Non è mestieri aggiungere che dovrebbe codesto dicastero stesso, presi col ministro di marina i necessari concerti, ma provvedendo a che anche presso quel dicastero si serbi uno scrupoloso segreto, predisporre altresì quando occorra, nel momento opportuno, per l'imbarco ed il trasporto delle forze tostochè si trovassero raccolte.

Benché, come giova ripeterlo, non si tratti affatto di contingenza imminente, e: forse anche possa non avverarsi mai, il sottoscritto deve pregare il suo onorevole collega di volere adoprarsi acciò la compilazione del programma e le corrispondenti predisposizioni si trovino compiute entro il più breve termine possibile, essendo tra gli eventi da prevedersi anche quello che un tentativo di turbamento delle presenti condizioni di equilibrio nel Mediterraneo abbia a coincidere col ritorno delle forze francesi dalla Cina qualora fosse stipulata la pace tra la Repubblica ed il Celeste Impero.

L'importanza dell'argomento è manifesta, né occorre che il sottoscritto spenda altra parola per dimostrarla, giova solo osservare che nella ipotesi in cui il progetto dovesse effettuarsi, la rapidità e la precisiOne dell'esecuzione, oltre all'assicurare la riuscita dell'intrapresa e l'agevolare quei negoziati diplomatici che dovessero seguirne, recherebbero altresì inestimabile vantaggio al credito militare e politico del nostro Paese in vista d'ogni altra futura contingenza.

(l) T. 1555 del 19 novembre 1884, non pubbl!cato.

524

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1571. Madrid, 22 novembre 1884, ore 15 (per. ore 21,20).

Les rapports et télégrammes de Diosdado assurent que les ·réclamations d'Ordega au sultan ne préjugeront pas l'accord franco-espagnol et ne donneront pas lieu à complications. Ferry maintient ses déclarations rassurantes à Silvela. Le ministre d'Etat me dit toutefois que, faute d'un accord pratique entre l'Espagne et l'Italie, leurs intérets communs au Maroc, comme dans les autres questions de la Méditerranée, seront sacrifiés à la première occasion où la France sera libre de réaliser ses projets bien connus. Le plénipotentiare espagnol à la conférence a instruction de procéder autant que possible d'accord avec les plénipotentiares italiens.

525

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO DELLA MARINA, BRIN

D. S.N. Roma, 22 novembre 1884.

In seguito a trattative confidenziali già da qualche tempo intavolate con l'Egitto, è stato convenuto con quel Governo che esso abbandonerà quanto prima la costa di Beilul, e che questa passerebbe sotto la giurisdizione italiana. Per raggiungere questo scopo, non sembra necessario procedere ad una occupazione permanente, la quale, oltre ad esigere spese non lievi, susciterebbe intempestivamente la questione della sovranità sopra quel territorio. Basterà invece limitarsi al semplice inalzamento della bandiera italiana nel Paese,

o tutto al più incorrere ad uno sbarco di un drappello di marinai, i quali dovrebbero essere ritirati dopo qualche giorno di effettiva permanenza, salvo a farvi periodicamente ritorno. Queste modalità saranno, del resto, lasciate al giudizio più competente del commissariato in Assab. il quale ha frattanto istruzione di predisporre le cose in guisa che l'occupazione abbia luogo senza contrasto. E poiché non havvi dubbio che ciò si otterrà facilmente e senza ritardi, sarebbe d'uopo che l'E.V. desse d'urgenza disposizioni necessarie affinché non appena giunga la notizia dell'abbandono del Paese da parte degli egiziani la progettata occupazione possa divenire un fatto compiuto. Lo stazionario di Assab essendo, come è noto, occupato altrove, è quindi indispensabile di far partire senza indugio per il Mar Rosso un secondo bastimento (possibilmente del tipo «Messaggero :. o «Esploratore:.) il quale stazionando in Aden, attendesse colà gli ordini ulteriori del Governo. Mancando poi a Beilul, pei primi tempi, qualunque specie di alloggio, occorre che il bastimento carichi due baracche capaci di alloggiare venti persone l'una, del tipo di quelle che furono adoperate per Casamicciola, e da ultimo a Napoli per le famiglie operaie.

Questo Ministero desidererebbe altresì che nel caso in cui si dovessero lasciare a terra i marinai, essi fossero accompagnati e possibilmente posti sotto la guida di persona pratica degli usi e della lingua locale, allo scopo specialmente di evitare qualunque attrito con gli abitanti. Il r. commissariato ha perciò istruzioni di mettere a disposizione del comandante del bastimento che dovrà recarsi a Beilul il maresciallo dei carabinieri di stazione in Assab.

Per ogni altro particolare mi riserbo di far giungere a V.E. verbali spiegazioni. Non occorre di raccomandare il più assoluto segreto circa la missione del legno, del quale potrà dirsi esser desso destinato a dar il cambio alla «Vedetta».

P.S. Sarebbe indispensabile che il bastimento potesse trovarsi in Aden non più tardi del 15 del prossimo dicembre.

526

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA

D. 361. Roma, 22 novembre 1884.

Col suo rapporto del 3 ottobre decorso (1), la S.V. accennava all'opportunità dl dare maggiore estensione al nostro territorio su codesta costa, ed alla utilità di una occupazione di Beilul. Tale opportunità non era sfuggita all'attenzione del R. Governo, e ci era stata contemporaneamente segnalata dal nostro agente in Egitto, il quale, al tempo stesso, ci assicurava della probabile acquiescenza del Governo kediviale, qualora ci fossimo decisi ad una simile misura.

Esaminato attentamente il progetto, ed avendo acqurstàto la certezza che la cosa sarà veduta con favore tanto a Londra quanto al Cairo, il ministro ha ora deciso di procedere a tale occupazione, la quale sarà effettuata non appena siano definite alcune ultime modalità che ancora restano a stabilirsi con l'Egitto. Questo ritirerà a data prossima la piccola guarnigione che ora tiene, lasciando a noi libero il campo. E però già sto disponendo, di concerto col mio collega della Marina, acciò un altro nostro legno di conveniente portata venga ad Assab, con l'incarico di effettuare a Beilul la deliberata occupazione. Confido che la partenza del legno possa avvenire fra pochissimi giorni, e mi riservo di farla pervenire telegraficamente, per mezzo del legno stesso, che sosterrà ad Aden, l'istruzione di mettere ad effetto l'occupazione.

Per uniformarci a quella linea di condotta che abbiamo fin ora seguito in cotesti passi, noi desideriamo che l'inalzamento della bandiera italiana a Beilul, da farsi tostoché sia avvenuto lo sgombro della guarnigione egiziana, sia preceduto da accordi presi coi capi del villaggio. E poiché tanto i rapporti della S.V. quanto i precedenti di cotesto r. commissariato mi fanno credere essere agevole ottenere l'intento, mi è sembrato opportuno (secondoché le telegrafai oggi stesso) {l) che, giovandosi della presenza in Assab di Ornar Achito e di suo fratello, ella li predisponesse a ricevere amichevolmente la nostra occupazione. Nel far ciò per altro la S.V. avrà certo tenuto presente che, poiché dall'acquisto di Beilul e della zona limitrofa noi non aspettiamo altro vantaggio se non quello indiretto di poter meglio garantire la sicurezza di Assab, e quello negativo di escludere altri dallo insediarsi colà, noi non intendiamo di procedere a compere di territorio o a stipulazioni qualunque che possano per il momento imporre oneri al bilancio della colonia. Né sarebbe nostra intenzione di procedere,

almeno per ora, ad una occupazione effettiva, o di stabilire colà permanentemente una guarnigione, anche piccola, come facevano gli egiziani. Ciò che noi vogliamo soltanto si è di acquistare specialmente verso le Potenze europee, il diritto di regolare come e quando meglio credessimo gli affari del Paese, senza che altri possa contrastarcelo. A questo scopo sarà sufficiente, previo accordo amichevole coi capi del villaggio, la formalità dello inalzamento della bandiera italiana. Tutto al più si potrà, se la S.V. lo crede opportuno, sbarcar colà e lasciarvi nei primi tempi un drappello di marinaj ; il temporaneo presidio, senza immischiarsi nell'amministrazione del Paese, servirebbe a ben far comprendere il passaggio di fatto del medesimo dall'una all'altra giurisdizione. Se questo dovesse farsi (ed io ne lascierò a lei il giudizio), mi sembrerebbe indispensabile che il drappello fosse accompagnato, e possibilmente posto sotto la direzione di cotesto maresciallo, il quale per la cognizione dei luoghi ed anche della lingua, meglio di un altro mi sembra adatto a condurre a buon termine la delicata operazione dell'occupazione. In questo senso ho scritto al ministro della marina. Intanto la S.V. può fin d'ora far conoscere opportunamente anche al sultano Anfari la prossima partenza degli egiziani da noi promossa e la nostra successiva occupazione, adoperandosi acciò fin dal primo momento egli apprezzi convenientemente e veda con occhio favorevole la nostra presenza a Beilul. Il commissario De Martino crede che nelle nuove condizioni di Beilul, il rtorno colà dello sceik Saad, anziché nuocere al nostro prestigio, possa giovarci. Rispondo al medesimo, aderendo in massima al suggerimento, con l'avvertenza però che detto ritorno debba effettuarsi più tardi, affinché non siena incagliati i negoziati cogli Achito, e previe tutte le debite cautele, acciò egli si metta e si mantenga a nostra disposizione.

Più tardi sarà forse necessario ed opportuno di assegnare alcuna regalia ai capi del villaggio. Però desidero che ella faccia comprendere essere nostro intendimento che tali largizioni abbiano a decorrere soltanto dopo alcun tempo di esperimento che ci dimostri la loro fedeltà e la loro devozione verso il R. Governo e cotesto commissariato.

37 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XVII-XVIII

(l) Cfr. n. 442.

(l) Non pubblicato.

527

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE. Pietroburgo, 22 novembre 1884 (per. il 4 dicembre).

Facendo seguito al mio rapporto n. 92 di questa serie, in data 16-11 novembre (1), sembrami non inutile di qui accludere il sunto tradotto in tedesco di un articolo del Moskovskia Fiedomosk giornale di Mosca diretto dal signor Katkov e organo del partito slavo moderato. Quest'articolo, che non è passato inosservato né qui né a Berlino, è però come l'E. V. vedrà invece assai poco misurato, esprime il desiderio che si proceda d'accordo con la Germania nella lotta contro il Vaticano e che s'interrompano, col richiamo del signor Butenie-v', le relazioni provvisorie attualmente esistenti tra il Gabinetto di Pietroburgo e la Corte papale. Nel porre l'annesso sunto sotto gli occhi dell'E. V., aggiungo però che non è da ammettere a siffatte manifestazioni della stampa russa una soverchia importanza; non avendo essa facoltà di ragionare dell'amministrazione interna usa trattare invece con troppa frequenza e con poco riguardo delle quistioni esteriori.

MJ sembra poter anzi confermare all'E. V. quanto ebbi l'onore di riferirle col precitato rapporto, cioè clw il signor de Giers anche in questa quistione intende mantenersi nei limiti della più stretta moderazione. Ed a quanto so aver detto egli stesso, se in seguito all'articolo fatto inserire nel Journal de St. Pétersbourg, il Vaticano darà ora come è probabile, nei suoi giornali ufficiosi sulla nota petizione degli Uniati spiegazioni concilianti e soddisfacenti, il signor Buteniev farà ritorno a Roma.

528

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA (2)

T. S.N. Roma, 23 novembre 1884, ore 20,30.

Déchiffrez vous-mèmc. Je ne veux pour le moment pas insister davantage pour l'affaire de Massaua, puisque V. E. pensa avec raison qu'il faut laisser à lord Granville l'initiative d'une réprisc dc pourparlers à ce sujet. Je ne puis cependant pas m'empècher de craindre que le Cabinet anglais, absorbé par d'autres préoccupations, ne don:1e p::ts assez ù'attention à ce qui se passe du coté de la Mer Rouge, où nous pcurrions d'un moment à l'autre, nous trouver l'Angleterre et nous-mèmes qui désirons marcher d'accord avec elle, en présence de faits accomplis et de complications inattendues. Il y a, d'abord, la question du Harar dont, d's_près un télégr::nmne de De !.\1,::trtini (3), la gamison égyptienne doit ces jours-ci s'embarquer à Zeila. Qu'adviendra-t-il maintenant de

(2} Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar. Rosso, tomo III, cit., pp. 80-81. (3} T. 1575 del 23 novembre 1884, non pubblicato.

ce Pays que les Français paraissent convoiter et qui pourrait dans Ieurs mains devenir une position dominante, si non menaçante pour Ies échelles de Zeila et Berbera, pour le golfe d'Aden et pour la Mer Rouge elle-méme?

Au dedans de la Mer Rouge l'Egypte abandonne toute la cote au sud de Massaua. Là encore on nous signalait déjà depuis quelque temps les projets français sur la baie d'Howakil, se rattachant probablement aux anciennes tentatives d'occupation à Dessee et ailleurs. On parle maintenant aussi de projets russes pour une entreprise de charbon dans la Mer Rouge, de la nécéssité pour la Russie de cultiver ses bons rapports avec l'Abyssinie, etc... Ceci encore mérite notre attention, si on le rapproche surtout de ce que le comte Corti nous mande au sujet d'une entente entre Pétersbourg et Constantinople, ayant pour but la sauvegarde materielle des intéréts réspectifs dans Ies détroits et dans la Mer Rouge. Tout est possible maintenant dépuis que Ies français se sont crus autorisés à occuper Tagiura par le seui fait que la garnison égyptienne venait de l'évacuer. V. E. devrait se ménager une occasion prochaine de soumettre à Iord Granville ces considérations confidentielles. Il y a évidemment, dans la Mer Rouge, une situation que l' Angleterre et l'Italie ont un interet égal et solidaire à maintenir impréjugée. Un programme netternent établi en temps utile peut seui nous épargner des surprises désagréables. Nous somrnes, en ce qui nous concerne, tous disposés à prendre en considération le ròle que, dans l'exécution de ce programme, devrait nous étre assigné.

(l) Non pubblicato.

529

IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 458. Assab, 23 novembre 1884 (per. il 23 dicembre).

Da telegramma dell'E. V. (l) comunicatomi dal console di Aden mi sembrò scorgere l'intenzione del R. Governo di occupare Beilul, perciò ho creduto opportuno di cominciare a preparare il terreno. AI passaggio da Assab di certo Ornar Akito e del suo compagno ho cercato d'intavolare qualche trattativa, però con riservatezza, perché Ornar in questo momento è mal visto da tutta la gente di Beilul per non avere appunto celato il desiderio suo di vedere Beilul in mano degli inglesi, e quello fu lo scopo del suo ultimo viaggio in Aden.

Valendomi di quelle voci e di quelle apprensioni ho scritto all'Anfari accennandogli i raggiri sia della parte di Beilul che dalla parte di Tagiura che l'evacuazione di quei littorali, da parte dell'Egitto potrebbe motivare, esprimevo l'obbligo per noi italiani di commuovercene, essendoci impegnati a proteggere l'Aussa da mare, e speravo adunque che tanto lui che le popolazioni del litorale ci. avrebbero assecondati a preferenza di altri, e che sarebbe in ogni caso impegno dell'Italia di agire sempre nel maggiore interesse del sultano dell'Aussa, del re Menelik e di tutti i danakil in genere.

Dovendo recarmi a Tagiura, mi regolerò anche lì in modo a mettere sempre avanti l'interesse dell'Anfari e di Menelik e dei danakil.

(l) T. 767 del 21 nov~mbre 1884, non pubblicato.

530

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 775. Roma, 24 novembre 1884, ore 11,20.

Le navire de guerre que nous envoyons tout exprès pour opérer l'occupatiOn à Beiloul sera rendu sur les lieux vers le 20 décembre au plus tard. Ce méme navire pourrait, si cela convient au Gouvernement vice-royal etre chargé de ramener de Beiloul à Massaua la garnison égyptienne. Je vous ai écrit là-dessus ainsi que sur tous les autres points de détail par le courrier d'hier soir. Il est évident, et j'en fais à toute bonne fin la remarque, que, si le Gouvernement anglais et égyptien veulent s'épargner la possibilité d'une désagréable surprise, la garnison égyptienne devrait ne pas s'éloigner de Beiloul avant l'arrivée de notre navire sur les lieux.

531

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA (l)

D. CONFIDENZIALE 555. Roma, 24 novembre 1884.

Con telegramma del 21 corrente (2), nell'informare V. E. delle trattative che erano seguite al Cairo tra il commendator De Martino e Nubar pascià per l'occupazione di Beilul, le feci cenno di una lettera che il vicerè aveva scritto alla Sublime Porta, annunziandole, quale conseguenza dello sgombero dell'Barar e dell'impossibilità pel Governo egiziano di esercitarvi una autorità qualsiasi, la necessità assoluta nella quale egli si trovava di abbandonare tutta la costa occidentale del Mar Rosso a sud di Massaua. Richiamai poi in particolar modo l'attenzione di v. E. sull'abbandono dell'Barar, del quale era fatta sì esplicita menzione in quella lettera e le manifestai il desiderio di conoscere, il più sollecitamente che fosse possibile, le intenzioni del Governo britannico circa la sorte serbata a quella regione, che dicesi fertile, suscittiva di colonizzazione agricola, e che potrebbe quindi sotto più aspetti avere per noi un'importanza speciale nell'avvenire.

A complemento di quel mio telegramma mi pregio di trasmettere a V. E.

l'unita memoria che mi è stata consegnata dal r. commissario di Assab

cavalier Branchi (presentemente qui in congedo) e dal capitano di vascello

commendator Amezaga, per consigliare al R. Governo l'occupazione dell'Barar,

qualora essa possa compiersi col consenso del Governo britannico.

Debbo riserbare intieramente il mio giudizio circa taluni degli apprezza

menti contenuti nell'unito documento e circa le conclusioni di esso; ma non

si può disconoscere che la speciale competenza del cavalier Branchi e del coman

dante di Amezaga dà agli argomenti in esso svolti un gran peso, ed il Governo

del re sarebbe disposto a prendere in attenta considerazione la loro proposta

quando essa apparisse di pratica attuazione. E poiché, com'ella ben sa, è anzi

tutto nostro desiderio di procedere di pieno accordo col Governo della regina

negli affari del Mar Rosso, ed un telegramma del commendator de Martino (l)

giunto in questi giorni ci avverte che già le truppe egiziane hanno abbandonato

l'Barar e stanno per imbarcarsi a Zeila, sarebbe urgente che V. E. interpellasse

in via amichevole, il conte Granville circa le intenzioni del Governo britannico

riguardo a quella regione.

Le informazioni ricevute da Aden ci fanno ritenere che non sia proposito dell'Inghilterra occuparla colle sue truppe, e sarebbe allora a temersi che altra Potenza trovasse occasione propizia per insediarvisi ed acquistasse in tal modo una posizione dominante, ed anzi minacciosa, non solo per la sicurezza di Zeila e di Berbera ma altresì per il golfo di Aden e lo stesso Mar Rosso. Già col mio dispaccio del 16 luglio n. 433 di questa serie (2), ebbi ad informarla dei disegni che, a tale riguardo, venivano attribuiti al Governo francese. Il r. console in Aden mi scrive ora che, da una conversazione ch'egli ebbe col suo collega di Francia, è indotto a ritenere che quella Potenza nutra mire sull'Barar e che l'occupazione di Tagiura e particolarmente di Sagallo sieno il primo passo in quella via.

Non crediamo che una tale evenienza possa riuscire indifferente all'Inghilterra, e riferii a suo tempo a V. E. (dispaccio 28 agosto 1884) (3) come il conte Corti avesse da un suo colloquio con lord Dufferin riportato l'impressione che gl'inglesi spingessero la Sublime Porta ad occupare Zeila affine d'impedire che questa cadesse in mano della Francia e parrebbe che questo e non altro sia stato il motivo che l'indusse a presidiare quello scalo colle proprie forze in seguito al persistente rifiuto del Governo ottomano.

Tanto il cavalier Branchi quanto il comandante de Amezaga hanno acquistato in Aden la persuasione che l'Inghilterra non vedrebbe invece di mal occhio che l'Italia le sottentrasse in quelle regioni qualora essa s'inducesse ad abbandonarle, e tale impressione acquistata sui luoghi non è senza importanza quando la si raffronti colla benevolenza dimostrataci in questi ultimi tempi dal Governo britannico per tutto ciò che si attiene al Mar Rosso.

È superfluo che io osservi come il possesso dell'Barar sia intimamente legato a quello di Zeila, specialmente dopo l'occupazione di Sagallo per parte della Francia, e naturalmente non c'indurremmo eventualmente ad occupare quella regione se non quando l'Inghilterra, abbandonando Zeila, consentisse a vedervi sottentrare la nostra occupazione.

Nel pregare V. E. di darmi un cenno telegrafico (4) del colloquio ch'ella avrà con lord Granville circa questo affare, facendolo poi seguire da rapporto più particolareggiato ...

(-4) Cfr. n. 533.

AI.LEGATO

IL COMMISSARIO CIVILE AD ASSAB, BRANCHI, E IL CAPITANO DI VASCELLO, DE AMEZAGA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

MEMORIA. Roma, 23 novembre 1884.

Gli avvenimenti che da qualche tempo si succedono nel Mar Rosso hanno sostanzialmente cambiata la situazione nella nostra piccola colonia di Assab e postone in SE'rio pericolo ogni avvenire. Occupati infatti Berbera, Zeila e Massaua dagli inglesi, Obock, Tagium e Sagallo dai francesi, noi ci troviamo stretti in un circolo da cui sembra assai difficile di poter uscire. Quello sul quale noi contavamo di più per creare in Assab un centro di vita e di commercio, si era appunto il mal governo di cui sotto gli egiziani soffrivano tutti gli altri punti delle coste, le divisioni che le differenze di religione e gli odii di razza producevano fm indigeni ed egiziani fra questi e gli abissini. Subentrato invece al nord e al sud dei governi crisUani, delle amministrazioni europee, a noi resta ben poca speranza di far loro concorrenza. L'apertura di Massaua fatta dagli inglesi ci ha già tolta ogni speranza di relazioni con l'Abissinia propriamente detta, mentre l'occupazione della F11ancia di Obock, Tagiura, e Sagallo mette tutti questi luoghi in condizioni migliori dei nostri per sviluppare i rapporti coi Paesi del sud, collo Scioa e coi Paesi Galla. Se a questo si aggiungono la maggiore influenza politica, la maggiore iniziatiVla dei privati e tanti altri fattori che Francia e<:1 Inghilterra possiedono in sommo grado di fronte alla povertà dell'Italia, chi non ne conc,luderà che i nostri sforzi in questi Paesi sono destinati a non avere alcun risultato se loro non si dà nuova spinta e nuova vita? Questa spinta non può essere che una sola, l'occupazione cioè dei nuovi Paesi al sud della attuale nostro possedimento.

E qui noi vorremmo cogliere l'occasione per mettere l'E. V. in guaroia contro quei progetti di espansione al nord che ben sovente ci furono consigliati. I porti al nord di Assab, Erd Medar, Zulla, le baje di Anfila e di Harvaki, le isole Dablak non hanno commercialmente nessun valore, sia per la natura del suolo peggiore di quello di Assab sia per la concorrenza che, per ogni transito con l'Abissinia, fa e farà loro sempre Me.ssaua. Anche questa, sebbene abbia elementi di vita, non ha però sufficiente avvenire. A Massaua non si può parlare di espansione territoriale giacché i confini dell'Abissinia le sono a ridosso e re Giovanni non è oppositore da disprezzarsi; non si può neppure sperare grande sviluppo commerciale giacché il commercio che vi si fa oggi giorno consiste appunto nell'esportazione di quelle merci Galla la più parte, le quaJ.i scenderebbero infallibilmente all'Barar se quivi trovassero un mercato europeo con tutti i suoi vantaggi.

Non resta quindi che l'espansione al sud ed è appunto ad attirar su questa l'attenzione dell'E. V. che mira la presente memoria. Secondo noi Zeila e l'Barar dovrebbero essere gli obiettivi coloniali a cui dovrebbe mimre l'Italia in questo momento. Le ragioni che consiglierebbero l'occupazione di quest'ultima e remota provincia egiziana sono le seguenti:

l) Il clima temperato ed il suolo ugua.l.e a quello del mezzo dell'Europa tali da render possibile ogni sorta di colonizzazione con a base l'agricoltura.

2) La straordinaria feracità del suolo vantata dai viaggiatori e le variate colture cui gli emigmnti potrebbero dedicarsi principalissimo fra le quali il caffé che ivi cresce spontaneo e superiore di qualità perfino a quello dello Yemen.

3) Il commercio non indifferente che già vi esiste e che, malgrado le vessa.zioni degli egiziani. la nessuna sicurezza del Paese e la mancanza di qualunque via di comunicazione, dà già una importazione ed esportazione considerevole.

4) La posizione geografica del luogo, U quale, se in mano ad una Potenza europea monopolizzerebbe indubbiamente tutto il commercio dello Scioa, del Goggian e dei Paesi GaJls, compreso quello che ora faticosamente dirigesi su Massaua e Suakim.

5) La neutralizzaione che con quest'occupazione si otterrebbe ipso facto degli sforzi che fanno i francesi per accapararsd a Obock e Tagiura una parte del commercio coll'interno e viceversa l'esclusione che ne avverrebbe per Assab e per l'Ita.l.ia se l'Harar fosse occupP.ta da un'altra Potenza.

6) La vicinanza all'Harar dei Paesi Galla ricca e fertile regione che occupa un'area più grande dell'Europa la quale tutta non ha altro sbo:;co al mare che quello.

7) e massimo. L'esistenza appunto nei Paesi Galla di Paesi dell'oro Paesi più ricchi della California e dell'Anstra.li'a vista la quantità di metallo che ora ne estraggono e ne portano alla costa popolazioni semi-barbare e ignare di qualunque metodo scientifico di estmzione. Questi Paesi, che i geograf,i collocano fra lo Scioa e RaUa un poco ad occidente, non avrebbero altra via per avvicinarsi alla costa e finirebbero necessaliamente in un futuro più o meno lontano, in mano di quelli3, Potenza che prima si sarà irLo,e<iiata in quei Paesi.

8) La non eccessiva difficoltà che esisterebbe per collegare le colonie che si potessero stabilire nell'interno col mare per mezzo eli una via stante all'abbondanza del materiale ed il buon mercato della mano d'opera.

9) La possibilità che non esiste ormai iin nessun altra parte del mondo clisoccupato di crear colà, foss'anche in un furturo molto lontano, un grande impero coloniale avente a base l'emigrazione e la moltipli~azJone c1i gente di razza bi·"n::a e b creEtzione con questi eli nuovi centri italiani simili a quelli inglesi del Canada e dell'Australia.

10) La possibilità eli eseguire un progetto così vasto a piccole tappe e senza compromettere il Pa.ese in imprese arrischiate.

Quanto al modo di esecuzione di questo proget,to è eV'idente che il primo punto da accertarsi sarebbe quello se possiamo ottener Zeila. Una spedizione militare per l'Hara~ potrebbe forse anche partire dal Kubbet el Karab ma è evidente che il commercio non adotterebbe mai questa via e che quindi non potrebbe neppure parlarsi di colonizzazione dell'Harar se Zeila restasse in mano altrui.

Se però abbia a credersi all'opinione prevalente in Aden non dovrebbe esser difficile intendersi coll'Inghilterra a questo proposito. Si dice in generale che gli inglesi abbiano occupato Zeila e Berbera unicamente per escluderrne la Francia. L'offertH che hanno fatto alla Turchia di restituirle quelle provincie conferma quest'opinione. Il Governo di Londra potrebbe quindi trovare anche di suo interesse che una terza Potenza che esso non teme andasse a stabilirsi colà. Noi non ci nascondiamo che maggiori difficoltà iJncontrerebbero forse la domanda di Berbera la quale .interessa più da vicino Aden e la via delle Indie. È noto infa,tti che mentre l'Ingh1lterra non volle mai occuparsi di Zeilo, essa ha trattati speciali con l'E.V. pe:c Rcrbem e 1a costa somala. In caso di bisogno potrebbero perciò le dne domande sep2.rarsi senza però perder mai di vista l'importanza che potrebbe avere anche Berbera per la realizzazione del nostro progetto.

Ottenuto in qualche modo l'assenso dell'Inghilterra non mancherebbero pretesti per dare al nostro possesso un camttere provvisorio che servisse ad avere il tempo di studiare bene n problema sul luogo ed a lasciarsi al tempo stesso, la libertà di evacuarlo se le relazioni degli agenti che dovremmo mandare nell'interno fossero sfavorevoli. A questo scopo una gu.arnigione di 150-200 uomini nel golfo di Aden sarebbe più che sufficiente. La spesa. sarebbe minima ed il progetto sarebbe degno di tutta l'atltenzione del R. Governo.

(l) Ed. !n L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo III, c!t., pp. 81-83.

(2) Cfr. n. 520.

(l) -T. 1575 del 23 novembre 1884, non pubblicato. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 389.
532

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 85. Madrid, 24 novembre 1884 (per. il 5 dicembre).

Ringrazio l'E. V. degli ultimi suoi telegrammi relativi alla Conferenza di Berlino ed agli affari del Marocco. Ho avuto occasione di intrattenermi col ministro di Stato circa il contenuto dei medesimi. Egli mi disse che i reclami direttamente fatti dal signor Ordega al sultano sono tali, secondo i rapporti ed i telegrammi del signor Diosdado, da non pregiudicare l'accordo franco-spagnuolo, e da non far temere alcuna complicazione.

Il signor Ferry, interrogato in proposito da don Emanuel Silvela, ha espressamente confermato anche in quest'occasione le istruzioni precedenti nel senso del pieno accordo del suo agente con quello di Spagna.

Il ministro di Stato volle ripetermi a tal proposito che non esistendo accordi pratici tra Spagna e Italia gl'interessi comuni delle due Potenze nel Marocco, come nelle altre questioni mediterranee, saranno sacrificati quando la Francia sia libera di realizzare i suoi noti progetti. Questo Gabinetto intanto non ha mutato propositi a tal riguardo, ed ha dato istruzioni ai suoi rappresentanti alla Conferenza di Berlino di porsi d'accordo, in quanto sia possibile, coi rappresentanti italiani.

Io m'astenni da qualsiasi allusione agli argomenti assai delicati trattati dal signor Elduayen nei colloqui dei quali già resi conto a V. E. nei miei rapporti di questa serie n. 31 04 maggio u.s.) (l) e n. 36 (l giugno) (1), benché il signor Elduayen vi facesse chiaramente allusione. Non solo persisto a considerare tali argomenti come appartenenti piuttosto al compito della legazione di Spagna a Roma, ma dubito che le iniziative allora possibili lo siano tuttora e possano produrre utili risultati nella nuova situazione che si è improvvisamente prodotta con l'ingigantire delle questioni coloniali, e col conflitto apparente o reale sorto tra le tendenze della Germania e dell'Inghilterra.

Non ho dunque rilevato le allusioni del sig. Elduayen se non per tentare di fissare definitivamente, in base al dispaccio dell'E. V. del 23 ottobre (R. 89 della presente serie) (l), il linguaggio che questi ministri, se vogliono evitare che un patente disaccordo tra i due Governi risulti alle Cortes, potranno tenere nelle annunziate interpellanze.

Il Governo italiano, dissi io, accettò con soddisfazione la nota spagnuola del 22 luglio perché chiudeva, in modo definitivo ed amichevole, l'incidente. Si affrettò di farla inserire nella Gazzetta ufficiale facendola precedere da un resoconto succinto delle spiegazioni preliminari scambiate durante i negoziati, come pure delle dichiarazioni fatte dal signor Canovas del Castillo al Senato spagnuolo; e per tal modo la pubblica opinione in Italia poté convincersi che contrariamente a relazioni inesatte, la Spagna non ha niuna intenzione di riaprire questioni che l'Italia considera d'ordine interno ed appartenenti solo alla coscienza nazionale. Il Governo italiano ha d'altronde apprezzato il riserbo ufficiale che il Governo spagnuolo tenne allo scopo di lasciar fuori causa questioni di principi delle quali riconosce non essere chiamato a farsi giudice, declinando all'interno come verso l'esterno qualunque oggetto di discussioni o di spiegazioni altro che le note del 20 e 22 luglio, che riassumono i negoziati con l'Italia, e considerando ormai l'incidente stesso come non avvenuto. I due Gabinetti sono dunque d'accordo a non prestarsi a che un incidente sepolto, il quale in sostanza fondavasi sopra una versione erronea e sulla supposizione di frasi in realtà non pronunziate, sia ulteriormente pretesto a controversia di principi senza opportunità e senza pratica portata, col pregiudizio dei comuni interessi d'ordine essenzialmente concreto che li uniscono in una naturale solidarietà. Il Governo italiano ha confermato che le proprie disposizioni e convinzioni circa i rapporti dei due Stati sono ora quelle stesse che esprimeva

con grande schiettezza nel maggio scorso. Oggi come allora l'Italia giudica che la cooperazione cordiale ed intima dei due Stati, animati entrambi dal mantenimento della pace e del presente stato d'equilibrio, da intendimenti identici, nei quali consiste la comunanza del programma politico, può e deve riuscire mutuamente preziosa e pratica nelle questioni europee in genere ed in ispecie nelle questioni mediterranee.

Osservai poi, per conto mio, che a togliere di mezzo ogni ostacolo alla comunanza di propositi sarebbe opera savia sciogliere amichevolmente quistioni minori di cui i partiti potrebbero giovarsi a scopi di discordia quale è quella dell'ospedale italiano, che sembra dover essere sollevata nel nostro Parlamento.

(l) Non pubblicato.

533

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 446 (1). Londra, 25 novembre 1884, ore 18.

J'ai entretenu lord Granville au sujet de la Mer Rouge et de tout ce que

V. E. m'a télégraphié à ce sujet (2). Je lui a fait savoir que nous étions prets à prendre en considération un projet d'entente avec l'Angleterre. Lord Granville a pris note de cette disposition. Il m'a dit qu'il se réservait de conférer avec ses collègues et de m'entretenir en temps opportun sur la question. En attendant il m'informa que le Gouvernement égyptien n'entend pas évacuer le Harrar, du moins pour le moment.

534

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1598. Parigi, 27 novembre 1884, ore 17,45 (per. ore 20,05).

Voici ce que j'ai appris ce matin de l'ambassadeur de Turquie au sujet de l'occupation par les français du golfe de Tajura bouche territoire contigu. Il y a une quinzaine de jours l'ambassadeur s'était plaint des tentatives des français sur ce point. M. Ferry répondit évasivement, ne semblant y attacher aucune importance. Plus tard ces tentatives s'accentuèrent davantage et finirent par se réaliser moyennant un traité par lequel un ou plusieurs soi-disants sultans cèdent à la France les territoires susdits, dont ils se prétendent souverains. L'ambassadeur alors protesta ne reconnaissant nullement à ces soidisants sultans le droit de disposer de territoires cédés par la Turquie à l'Egypte, qui n'avait pas cessé pour cela de reconnaitre la souveraineté de l'empereur

de Constantinople. L'Angleterre venait d'en faire autant pour plusieurs points de la cote de la Mer Rouge et pour Zeila. Ambassadeur répondit que l'Angleterre les occupait en ce moment au nom de l'Egypte, et que leur occupation définitive serait une question à régler ultérieurement. Ambassadeur se proposait de renouveler sa protestation. Lord Lyons que j'ai vu en ce moment n'a reçu aucun détail à ce sujet, mais il croit l'annexion proclamée. Le Journal des Debats l'annonce ce matin d'une manière explicite et avec beaucoup de détails sur la manière dont le tour a été joué. Il semble que ce serait le cas de faire valoir auprès de la conférence de Berlin l'article judicieux des instructions données au comte de Laun:1y par V.E. relatif à ces annexions qui se fondent sur des traités conclus avec de prétendus souverains demi-sauvages. Il ne m'est pas possible de voir M. Ferry avant la fin de la discussion sur le Tonquin qui se terminera peut-ètre aujourd'hui.

(l) -Numero di protocollo dell'ambasciata di Londra; U T. 446 non è riportato nel registro dei telegrammi in arrivo. (2) -Cfr. n. 520 e 528.
535

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 3661. Berlino, 27 novembre 1884 (per. il 4 dicembre)

Votre télégramme du 20 novembre (2) avait fait naitre dans mon esprit quelques doutes qui ont été dissipés par votre second télégramme du 25 (3) exprimant une pleine approbation.

J'en témoigne ici toute ma reconnaissance.

Ainsi que je le télégraphiais le 21 (4), j'avais cru devoir incidentellement et spontanément ménager à l'Italie une liberté d'action éventuelle dans la politique coloniale.

Il nous appartiendra de juger nous-mémes s'il entre dans nos convenances de nous écarter un jour de notre sage attitude de recueillement sous ce rr..pport, surtout en ce qui concerne la cote occidentale africaine. Sur la cote orienconditions actuelles, il serait térnér?jre et pé!illcux de nons la>:1cer dans des tale vers le Pays des somali, nos intéréts sont mieux indiqués. Mais dan.s nos entreprises lointaines. C'est dans le bassin de la Mediterranée que nous devons avant tout chercher à sauvegarder un certain équilibre déjà si profondément troublé par l'occupation de Tunis par la France qui s'agite maintena:1t pour étendre ses possessions vers le Maroc et son influence dans la Tripolitaine. Cette considération a dicté ma référence à vos déclarations faites à notre Chambre des députés le 11 juin dernier.

Mon langage, si on peut lui donner la signification d'une réserve dans la véritable acception du mot, aurait semblé devoir trouver plutot sa piace à la

discussion du troisième point mentionné dans la circulaire du Cabinet de Berlin au sujet des formalités à observer pour que des occupations nouvelles soient considérées comme effectives, c'est-à-dire vers la clòture de la Conférence. Mais j'y voyais un inconvénient, en ce que ma déclaration survenant peut-etre après quelques froissements sur le terrain délicat de rivalités nationales, risquerait alors d'etre envisagée comme si nous saisissions au vol l'occasion de profiter des désaccords. Il me semblait donc que mieux valait prendre les devants sous une forme très mitigée, sans attendre qu'on mit à l'ordre du jour le troisième point précité.

Jusqu'ici je dois néanmoins constater que les discussions marchent avec calme, chacun s'appliquant à éviter de toucher aux points qui pourraient soulever de trop graves embarras. Le résumé de la troisième séance (rapport n. 3660)

(l) Ed. 1n L'Itazta e la Conferenza di BerUno, clt.. pp. 150-151.

(2) -Cfr. n. 515. (3) -T. 779, non pubblicato. (4) -Cfr. n. 522.

(l) dont je ne tarderai pas à transmettre le protocole, en fournit la meilleure preuve. Il s'agissait cependant de se prononcer sur des questions assez ardues et pouvant donner lieu à bien des divergences.

536

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1604. Londra, 28 novembre 1884, ore 22,39 (per. ore 6,30 del 29).

J'ai reçu télégramme concernant l'annexion dans le golf e de Tagiura (2). Comme V.E. le sait, d'après ses instructions j'ai appelé intérativement et avec instance l'attention de lord Granville sur les événements qui peuvent se produire d'un moment à l'autre sur la Mer Rouge. Ses réponses ont été évasives ou dilatoires. Une nouvelle démarche n'aurait pas maintenant un meilleur résultat.

537

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL COMANDANTE LA «VEDETTA», BUONOCORE

T. 793 (3). Roma, 28 novembre 1884.

Proceda entrata golfo Gubbet Karab verificare sopra luogo punti occupati dalla Francia specialmente imboccatura. Esamini se riesce possibile arrivare a Debeken per terra sbarcando sopra un punto non occupato spiaggia costa sud. Comunichi al commissario regio da parte Ministero esteri quanto segue: « Oc

cupazione francese entrata Gubbet Karab intercettando comunicazione Debeken col mare ne rende meno utile il possesso. Essendo però conveniente premunirei contro ulteriori occupazioni francesi gioverebbe stipulare con Aloito convenzione protezione identica quella conchiusa con Beheran. Concluda sollecitamente negoziati su stesse condizioni offrendo regali proporzionati a quelli di Raheita ed avendo presente queste due principali ~;tvvertenze: l) Far risultare domanda protezione venne spontaneamente fatta da Aloito. 2) Specificare esattamente e minutamente attuali confini dei suoi dominii per evitare contese. Urge concludere i negoziati anche per essere pronti per occupazione Beilul per il che « Barbariga » partirà dopo domani per Aden.

(1) -Non pubbltcato. (2) -T. 786 del 28 novembre 1884, non pubbltcato. (3) -Questo telegramma reca 11 n. 793 perché fu registrato 1n ritardo, come risulta da una annotazione. I telegrammi 789-792 sono infatti dei giorni 30 novembre e 1° dicembre.
538

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 558. Roma, 28 novembre 1884.

Le confermo il mio telegramma di stasera (l) col quale la informai che dal R. commissariato in Assab avevamo ricevuto la notizia che il Governo francese aveva occupato Tagiura, Sagallo e l'entrata settentrionale del Gubbet el Karrab. L'avvertii pure che il commendator De Martino ci scrive dal Cairo che i francesi sembrano aver posto gli occhi sulla baja di Amphylla al sud di Massaua. Aggiungerò che il r. agente consolare in Massaua riferisce correre voce colà che la Francia si disponga ad occupare Zulla e la baja di Annesley pure a mezzogiorno ed a poca distanza di Massaua.

Mi è sembrato opportuno che V.E. ne avesse notizia per valersene nei suoi colloqui con lord Granville circa gli avvenimenti del Mar Rosso.

539

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3666. Berlino, 28 novembre 1884 (per. il 4 dicembre).

Je remercie V.E. de ses télégrammes des 19, 20, et 27 novembre (2) sur l'attitude du représentant français, laquelle aurait pu nouvellement donner lieu à de graves difficultés si le sultan du Maroc n'était pas entré dans la voie de quelques concessions. Celles-ci il est vrai, ne font qu'affaiblir toujours plus son prestige et son autorité et encourager la France à élever des prétentions

ultérieures. Or, M. Ordega ne s'en fait pas faute, et son Gouvernement, en le conservant au poste, semble approuver la conduite de son ministre.

On serait tenté d'admettre que les protégés français au Maroc doivent fournir au Cabinet de Paris les meme prétextes d'intervention dont il se prévalait à Tunis à propos des kroumirs, et maintenant au Tonkin, quand il s'en prenait aux pavillons noirs pour justifier l'invasion.

Quoiqu'il en soit, peu avant la réunion de la Conférence qui siège aujourd'hui dans cette capitale, le comte de Benomar a voulu s'assurer si aucuns pourparlers n'avaient eu lieu entre Paris et Berlin sur les affaires du Maroc. Il interpellait le secrétaire d'Etat en rappelant les intérets vitaux de l'Espagne pour le maintien du status quo dans cette région africaine. Le comte de Hatzfeldt lui déclarait, à ce sujet, de la manière la plus positive, que la France n'avait proposé aucun accord avec l'Allemagne, et que celle-ci également s'était abstenue de toute intelligence avec la France. Le baron de Courcel n'avait fait allusion ni de près ni de loin à cette question.

Je sais meme, qu'avant de quitter Paris, au commencement de novembre, ce diplomate avait vivement recommandé à son Gouvernement de ne pas toucher à cette question, et que M. Ferry en prenait l'engagement.

Il est évident que le moment serait mal choisi pour soulever des difficultés de plus, durant la Conférence. Mais il convient de ne se livrer à aucune illusion sur les plans mal dissimulés de la France, de fortifier sa position en Algérie, en avançant sa frontière sur le territoire marocain.

Dans cet empire les prétextes d'intervention ne manquent pas, surtout quand on les cherche.

(l) -T. 786, non pubblicato. (2) -T. 758, 760 e 782, non pubblicati.
540

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2769. Costantinopoli, 28 novembre 1884 (per. il 4 dicembre).

Facendo seguito al mio rapporto di ieri, n. 2766 (1), ho l'onore di riferire all'E.V. essere indi venuto a mia conoscenza che la comunicazione che l'ambasciatore di Turchia a Parigi era incaricato di fare a quel Governo relativamente all'occupazione di Tagiura conteneva invero una specie di protesta contro la violazione del territorio dei somali, il quale, non solo era sotto la sovranità della Turchia, ma aveva formato parte della concessione fatta al khedivè per gli ultimi firmani ed esprimeva la fiducia che il Governo della Repubblica, inspirandosi ai sentimenti di equità e di giustizia, sarebbe per sgombrare fra breve quel territorio.

Il signor Ferry rispondeva non essere positivo che alla Turchia appartenesse la sovranità sulla costa dei somali, il Governo francese essere invece di

avviso che fino ad essa si estendeva la sovranità del re di Shoa, e con questi era stato conchiuso un trattato del quale Sua Maestà concedeva al Governo francese il protettorato sopra la baia di Tagiura; del resto se i francesi non l'avessero occupata, gl'inglesi vi si sarebbero stabiliti poco appresso.

Queste sono le comunicazioni scambiatesi fin'ora, né credo che la controversia sarà per dare occasione a serie complicazioni.

(l) Non pubblicato.

541

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1154. Cairo, 28 novembre 1884 (per. il 5 dicembre).

Mi sono debitamente pervenuti il dispaccio di V. E. del 22 corrente di

n. 755 (1), ed il telegramma del 24 (2) concernenti l'occupazione di Beilul.

Come ebbi l'onore riferirle nei miei precedenti rapporti, Nubar pascià non può consentire a nessun atto che possa dalla Sublime Porta esser interpretato di connivenza con noi, e l'E.V. riconobbe ed apprezzò questi scrupoli quindi non potrebbe, per quanto amichevole e cortese, accettare l'offerta che la guarnigione di Beilul potrebbe essere ricondotta a Massaua dal r. bastimento da guerra. Si attende domani, chiamato da Massaua, il colonnello Chermside, inglese, al servizio egiziano, nuovo governatore della Corte egizia del Mar Rosso, e credo per concertare il ritiro delle piccole guarnigioni dai diversi punti delle coste che si abbandonano. Avrò cura accertarmene per darne informazione a

V.E. In tutti i modi farò conoscere a Nubar l'epoca che il r. bastimento da guerra arriverà in quelle acque, onde provveda come si è convenuto.

Stimerei prudente, onde evitare qualsiasi equivoco che il comandante, prima di partire da Suez, volesse informarsene onde potergli communicare le disposizioni prese dal Governo egiziano.

Mi auguro che i fratelli Akito possino corrispondere alla fiducia che in essi si ripone; ma conoscendo un poco gli africani, non oserei affermare ch'essi stessi siano ben visti e considerati dalla popolazione di Beilul. E ciò che dubito assai si è ch'essi siano i veri capi del villaggio. Del resto non sono considerazioni ed apprezzamenti che mi appartenghino, e se mi sono permesso di esprimere qualche opinione, non mi sono creduto di certo infallibile.

Considerando perciò interamente escluso il concetto che ho espresso sullo sceik Saad, io debbo sott'altro punto di vista ritornare in questo soggetto, ed implorare l'E.V. di liberarmi da questo tormento. Abbandonato dal Governo egiziano, dappoicché lo ritiene passato sotto la nostra giurisdizione, ho dovuto portare a franchi 200 mese il soccorso che gli passo. Ed informato in tal modo d'esser suddito italiano, strepita per ottenere da me quella giustizia concessa

dai tribunali speciali. Io supplico perciò l'E.V. di volermi autorizzare per telegrafo di chiedere al comandante del r. bastimento di prenderlo a bordo, e rimpatriarlo considerando anche che più tardi non avrebbe assolutamente l mezzi per poter partire.

Caduto sotto la nostra giurisdizione, qualora creasse degli imbarazzi, facilmente sarebbe colpito da un provvedimento di rigore.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 530.
542

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Berlino, 28 novembre 1884.

Merci de retrouver après quelque interruption causée par mon absence, un aussi fidèle et confiant correspondant. Votre lettre du 19 courant (l) m'a vivement intéressé. Je vous félicite d'avoir su par votre attitude énergique empécher des interpellations dans Ies délégations. C'est là un véritable succès. Si on avait discuté les démarches faites auprès de nous, c'eiì.t été mettre le feu aux poudres et compromettre peut-étre d'une manière irréparable des rapports qui laissent déjà tant à désirer. A Berlin ils ne sont guère meilleurs. Ils sont méme pires si on ne devait juger que par les apparences. Vous aurez vu qu'aucune mention n'a été faite de l'Italie dans le discours d'ouverture du Parlement allemand; et comme la politique étrangère est Iaissée en dehors de ses délibérations, il n'y a plus moyen de réparer l'oubli involontaire ou calculé. Il est vrai que nous n'étions pas représentés à Skierniewice, et que jusqu'à un certain point il est explicable qu'aucune mention n'ait été faite des absents. L'opinion publique chez nous porte un autre jugement et se sent blessée dans son amour propre; dès Iors elle se montre moins favorable à l'alliance. Comme vous le dites fort bien nous sommes des amis pour la forme, plus que pour la réalité. Et cependant il convient de maintenir cette alliance telle qu'elle est parce que nous ne sommes pas en mesure de la remplacer et qu'en définitive il faut chercher quand méme à se piacer du còté du plus fort. L'Autriche, mutatis mutandis, n'agit pas autrement. L'indiscrétion commise par Andrassy indique assez qu'il y a certains tiraillements lors méme que Bismarck ne s'en préoccupe que tant juste sachant bien que l'Autriche non plus n'a pas le choix dans ses alliances.

La Conférence est dane ouverte et a déjà tenu trois séances plénières. Je m'en tiens à la Iettre de mes instructions. Cependant j'ai glissé quelques mots, camme une espèce de memento sur notre attention vigilante vers le nord de l'Afrique. Incidentellement et spontanément j'ai dit que l'Italie, tout en réservant l'avenir pour le cas où, sans heurter ni offenser des intéréts légitimes, elle eroi

rait devoir examiner s'il lui conviendrait, à l'instar d'autres Etats civilisés, de fonder à son tour quelque colonie ou d'exercer un protectorat sur certains territoires inexplorés, inexploités ou abandonnés à l'incurie de tribus barbares ou nomades, n'avait pas moins un intéret évident à ce qu'il s'établisse dans les régions africaines un régime très libéral de commerce et de navigation etc. Tout cela n'est guère compromettant. Ce n'est certes pas moi qui voudrait donner une impulsion quelconque à des entreprises téméraires et périlleuses surtout quand nous ne sommes pas prets à nous mettre à l'amvre sérieusement, et qu'avant de songer à l'Afrique occidentale, nous devons surtout nous appliquer à ce que l'équilibre dans le bassin de la Mediterranée, déjà si compromis à notre désavantage, ne supporte pas de nouveaux dommages par une plus grande extension de la France cachant assez mal ses aspirations vers le Maroc et la Tripolitaine. La Conférence marche avec lenteur, je ne crois guère qu'elle puisse etre clòturée avant No1H. Jusqu'ici du moins il n'y a pas eu de prise de bee bien accentuée entre des Puissances rivales. On est parvenu à naviguer adroitement entre les écueils. Le Portugal lui-meme n'a pas été attaqué dans ses droits ou prétentions. Cela durera-t-il? Espérons-le. Notre ròle est facile en ce que nous ne pouvons que nous dire favorables à la plus grand extension du régime de liberté de navigation dans les régions où ne possedons pas un pouce de terrain. Mais on ne doit pas se borner à opiner du bonnet comme les plénipotentiaires de Russie, d'Autriche, de Turquie, de Suède et de Danemarck. L'Italie est un peu africaine en ce qu'elle n'est pas éloignée de ce continent de ses còtes vers le nord. Nous ne pouvons donc dans une assemblée jouer le ròle de canard muet. Je m'applique autant que faire on peut à prendre une moyenne entre se mettre trop en avant en présence des Puissances plus intéressées, et ne pas rester trop en arrière, ce qui certes ferait mauvais effet en Italie.

J'étais un peu perplexe si Mancini m'approuverait dans mon mémento et dans mon langage pour ménager l'avenir. Ces doutes ont été dissipés quand il m'a télégraphié son approbation (l) après avoir eu sous les yeux le texte du protocole de la deuxième séance. Toute cette question ne m'intéresse au fond que fort médiocrement, mais je m'y creuse coeur et àme parce que c'est un devoir à remplir. J'en suis tellement absorbé que je laisse dormir toutes les autres questions parmi lesquelles il y en a quelques unes qui ont certes une grande importance pour ne citer que l'Egypte.

J'ai fait le meilleur accueil à M. Hahn que vous m'avez recommandé. Je regrette qu'il soit parti avant le 27 autrement je l'aurais invité à une soirée que j'avais offerte pour le meme jour aux membres de la Conférence, aux délégués, et à tout le corps diplomatique.

Greppi vient de passer quelques jours ici avant de retourner à Sains Pétersbourg. Décidément il n'a pas la tenue ni de son age, ni d'un ambassadeur si ce qu'on raconte de lui est vrai. Il entretiendrait deux dames espagnoles, ne s'en cacherait guères. On le tourne en ridicule parce qu'il est évident que d'autres coqs mieux éperonnés que lui pour le combat s'introduisent dans son harem. Je veux croire que ce sont là des calomnies, mais il est fàcheux qu'elles se fassent jour dans le monde.

ll) Cfr. n. 515.

Vous me paraissez bien revenu du jugement que vous portiez autrefois sur Tornielli. Il ne manque certainement pas de très bonnes qualités comme chef de mission, mais je doute qu'il ait déjà acquis le calme nécessaire pour des fonctions aussi importantes que celles d'un ministre des affaires étrangères. Il est d'un caractère irascible et rancuneux qui se modifiera avec l'age, mais qui pour quelques années encore m'inspirerait quelque appréhension s'il était appelé à diriger notre politique extérieure. Je ne pense pas non plus qu'on soit revenu à Vienne et à Berlin des préventions qui existaient sur son compte.

(l) Non pubèlicata.

543

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI

D. 92. Roma, 29 novembre 1884.

Il r. agente in Sofia (l) riferisce che le trattative iniziate fra i rappresentanti di Bulgaria e di Serbia a Bucarest pel componimento della vertenza serbo-bulgara progrediscono favorevolmente.

Le basi dell'accordo sarebbero conformi al parere espresso in proposito dalle tre Corti imperiali, cioè: il riconoscimento, per parte della Bulgaria, dell'indebita occupazione di Bregowo, e cessione definitiva di questa località al principato mediante un compenso pecuniario o territoriale; il divieto ai fuorusciti serbi di dimorare nei distretti della frontiera; ma su questo punto vi sarebbe ancora una divergenza circa alla domanda della Serbia di vietar loro anche il soggiorno in Viddino.

Il Governo principesco si dimostra però arrendevole e si spera a Sofia una favorevole soluzione della vertenza. Le comunico quanto precede per confidenziale notizia.

544

IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. s. N. Perim, 30 novembre 1884, ore 0,05 (per. ore 20,40).

In seguito bandiera inglese Beilul mentre guarnigione egiziana ancora vi esiste, prego farmi conoscere se dobbiamo piantare bandiera italiana Barassoli e Beta Beilul o protestare caso occupazione di quello nostro territorio.

Sultano Assab rivendica sovranità territorio Beilul.

Vedetta aspetta Perim risposta telegrafica.

Non ho ancora ricevuto istruzioni annunciatemi. Lettere Antonelli Ragazzi annunziano felice arrivo Iafra, confermano eccidio spedizione Bianchi vicino confine Tigre.

38 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XVII-XVIII

(l) R. 60 del 15 novembre 1884, non pubbllcato.

545

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 460 Parigi, 30 novembre 1884 (per. il 4 dicembre).

Nel convegno che io ebbi ieri col signor Ferry, gli comunicai in via affatto amichevole, la sostanza del dispaccio di V. E. del 20 corrente (2) che si riferisce alle proteste dei capi di Raheita contro la occupazione, che dichiararono indebitamente fatta dai francesi, della posizione di Khor Angar tra Obock ed Assab, per cui chiedono, a mente delle convenzioni stipulate, la protezione del

R. Governo. In conseguenza partecipai al signor Ferry la proposta di V. E. di incadcare il r. commissario ad Assab ed il comandante francese ad Obock di concertarsi per esaminare la quistione sui luoghi e di sottoporre ai rispettivi Governi un equo componimento.

Il signor Ferry mi disse che l'occupazione di Khor Angar aveva avuto luogo in base ad una carta rilevata nel 1862 allorché Obock venne acquistata dai francesi e dalla quale risultava che la località sovraindicata faceva parte del territorio di Obock stesso. Tuttavia il signor Ferry accolse volentieri la proposta di V. E. di fare esaminare la quistione dai rappresentanti rispettivi anzidetti dei due Governi. Epperciò consegnai al signor Ferry una nota nella quale sono compendiate le osservazioni e la proposta contenute nel prelodato dispaccio. Discorrendo di questa quistione colla carta in mano, l'attenzione si portò naturalmente nel golfo di Tagiura, che fece oggetto del mio telegramma

n. 375 del 27 corrente diretto a V. E. (3).

Benché io non avessi a quel momento ancora ricevuto il telegramma di codesto Ministero del 29 corrente io fui molto riservato a quel riguardo e riferendomi a quanto dicono i giornali, mi limitai a domandare se effettivamente la Francia avesse fatto l'annessione di quella importante posizione. Il signor Ferry mi rispose che non vi era annessione ma che la Francia vi aveva semplicemente piantato la sua bandiera! Egli fece qualche allusione ai reclami della Sublime Porta, poi mi domandò in quale modo noi ce l'eravamo cavata per la occupazione di Assab. Risposi brevemente che la Porta pretendeva all'alto dominio sopra Assab come su tutte le coste del Mar Rosso e che l'Egitto si credeva in diritto di esercitare la sua autorità sopra quel territorio. Per contro, i capi del medesimo protestavano contro tali pretese, si dichiaravano indipendenti e sì mettevano sotto la protezione dell'Italia, la quale poneva fine a quelle contese colla occupazione di Assab di cui, prima del 1870, aveva acquistato il possesso. Essa dichiarava ad un tempo che lo stabilimento che si aveva intenzione d'impiantarvi aveva uno scopo meramente commerciale. Così io credo di avere evitato di pregiudicare alcuna delle quistioni che ci potrebbero interessare in avvenire, ed in tal modo di avere precorso le intenzioni significatemi da v. E. nel suo telegramma del 29 precitato il quale, come dissi non mi pervenne che dopo la mia conversazione col signor Ferry.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo III, cit., p. 85.

(2) -Cfr. n. 516. (3) -Cfr. n. 534.
546

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2203. Vienna, 30 novembre 1884 (per. il 4 dicembre).

n conte Kalnoky avendo fatto ritorno da Pesth a Vienna, mi recai a visitarlo martedì scorso al suo solito ricevimento.

Non parendomi opportuno né indispensabile di felicitarlo a riguardo del risultato tanto a lui favorevole delle discussioni avvenute in seno alle delegazioni, evitai, senza affettazione, di toccare quell'argomento, ed anzi mi studiai a far sì che S. E. non avesse occasione di intrattenermene e così la nostra conversazione che fu di breve durata si aggirò unicamente su questioni pendenti assolutamente estranee alla politica.

Poco dopo poi, andai dal I capo sezione Szogyeni che tenevo anche a felicitare pel Toson d'Oro conferito quel giorno istesso a suo padre, presidente della Camera dei magnati.

S. E. mi parlò subito delle delegazioni e dissemi che sperava ne fossi rimasto soddisfatto; ma avendo io mostrato che non comprendevo perfettamente di che dovessi provare speciale contento, il signor Szogyeni dissemi che l'attitudine della delegazione ungherese, il linguaggio tenuto dal signor Falk nella sua relazione e poscia nel Pester Lloyd avevano dovuto addimostrarmi quanta e quale fosse la calda simpatia che gli ungheresi professano per l'Italia. Interpellato così direttamente, risposi che effettivamente i fatti da lui accennati mi erano riusciti assai graditi: che aveva anche potuto constatare la favorevole impressione prodotta sulla stampa italiana dalle amichevoli manifestazioni magiare a nostro riguardo, sebbene ne apparisca abbastanza chiara, e non del tutto a noi relativa, la ragione.

S. E. allora mi osservò ancora dovere essere io inoltre soddisfatto che nelle delegazioni non si fosse fatta parola alcuna della questione di Propaganda.

A ciò io risposi aver effettivamente constatato non esserne stato fatto cenno nei resoconti ufficiali delle discussioni, locché non è prova che nulla sia stato detto in quelle discussioni intime alle quali venne richiesto dal ministero l'assoluto segreto.

A questa mia osservazione il signor Szogyeni m'interruppe assicurandomi che non si era neppure fatto motto di quella delicata vertenza in seduta segreta: ed aggiunse ciò doversi interamente all'abilità del conte Kalnoky che nei suoi antecedenti colloquii con alcuno dei più influenti membri delle delegazioni era riuscito a guadagnarsi il loro silenzio.

Qui credetti a proposito di tacere poiché voler indagare a qual prezzo il conte Kalnoky aveva chiusa la bocca a quei signori avrebbe potuto trascinarmi a nuove discussioni pericolose che sempre mi studio di evitare. Ciò nondimeno parvemi opportuno rilevare che stando alle informazioni pubblicate dal Vaterland, foglio ufficiale della maggioranza della delegazione austriaca, sarebbe stato il Santo Padre, non il conte Kalnoky che avrebbe raccomandato ai più eminenti oratori delle delegazioni di non toccare per ora a quella questione. Ma a quest'asserzione del Vaterland il signor Szogyenyi, oppose una formale smentita e come di ragione io non insistetti sebbene il mio convincimento in proposito sia tuttora quello che già formulai in un precedente rapporto.

Sta però ad ogni modo il fatto che non risulta in maniera alcuna che nelle delegazioni si sia parlato della questione di Propaganda e di ciò dobbiamo essere realmente assai lieti poiché, se una sola parola al riguardo fosse stata pronunciata, la risposta del conte Kalnoky per quanto avesse potuto essere diplomatica e riguardosa per noi, le interpretazioni a cui quell'incidente avrebbe dato luogo non avrebbero mancato di produrre assai penosa impressione sull'opinione pubblica in Italia e posto anche il R. Governo in assai difficile situazione.

L'E. V. non può adunque che applaudirsi del fermo linguaggio che mi autorizzò a tenere qui prima che si aprissero le delegazioni e che non vi ha il menomo dubbio fece fare serie riflessioni al conte Kalnoky, inducendolo ad escogitare tutti i mezzi necessarii per evitare un incidente che avrebbe potuto avere serie conseguenze pelle relazioni dei due Governi, in evidente contraddizione cogli intendimenti dei due Paesi.

Il risultato ottenuto deve esserci di eccitamento a perseverare nella via nella quale ci siamo posti, cioè di fare ciò che crediamo equo e conveniente persistendo e rifiutandoci ad assumere in proposito col Gabinetto di Vienna qualsiasi indiretto impegno: intendimento questo che mi compiaccio grandemente di trovare implicitamente confermato nel dispaccio della E. V. del 25 corrente

n. 1776 (1).

547

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 791. Roma, 1° dicembre 1884, ore 14.

Notre commlssaire à Assab . télégraphie qu'une corvette anglaise a mercredi dernier hissé a Beiloul le pavillon britannique. Après notre entente avec Londres et Caire nous devons supposer qu'il ne s'agit que d'une simple précaution et que rien ne s'oppose à notre occupation à Beiloul aussitòt que notre navire, le «Barbariga» chargé de cette mission, va étre arrivé sur place.

(a Londra) Il est cependant utile que V. E., se référant aux communications précedentes, demande à lord Granville de vouloir bien faire immédiatement parvenir à l'autorité anglaise à Aden des instructions précises et aptes à écarter tout malentendu. Le «Barbariga » arrive à Perim vers le 10 de ce mois avec ordre de poursuivre sa route pour Assab et Beiloul.

«Approvare vivamente il linguaggio e l'atteggiamento tenuto tanto verso Kalnoky quanto verso Szi:igyeni. Aggiungere confidenzialmente che il progetto di Propaganda è ormai elaborato e non tarderà ad essere presentato. però incluso entro altro progetto di portata alquanto piÙ. estesa, acclò non apparisca provvedimento preso sotto l'influsso di considerazioni troppo speciali». In base a tali istruzioni venne redatto li D. 1780 del 5 dicembre 1884, indirizzato all'ambasciata a Vienna, non pubblicato.

(al Cairo) J'ai cependant à toute bonne fin fait prier lord Granville de faire immédiatement parvenir à Aden des instructions précises et aptes à écarter tout malentendu. Il devient maintenant de plus en plus urgent, pour nous, de recevoir la réponse du Gouvernement égyptien au sujet de l'offre que nous lui avons faite de nous charger du transport de la garnison de Beiloul à Massaua. Je présume, en tout cas, que le commandant égyptien à Beiloul a reçu les instructions nécessaires. Si cela n'a pas été fait, on pourrait les confier au commandant du << Barbariga » qui passe à Suez le 4 de ce mois et arrive à Perim le 10. Veuillez vous mettre là-dessus immédiatement d'accord

avec Nubar et Baring et télégraphiez-moi sans délai.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:

548

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL COMANDANTE LA «VEDETTA», BUONOCORE

T. 792. Roma, 1° dicembre 1884, ore 23,55.

Voglia tosto far pervenire al cavalier Pestalozza seguente telegramma. Evidentemente dopo nostri accordi con Egitto e con Inghilterra l'avvenuto innalzamento della bandiera inglese a Beilul non può riguardarsi che come misura temporanea precauzione fino arrivo vostro legno incaricato procedere occupazione Beilul. Così telegrafai a Londra (l) pregando ad ogni buon fine telegrafare acconcie istruzioni all'autorità di Aden. Intanto rimangono ferme le istruzioni che le giungeranno verso il 5 o il 6 per mezzo del « Corsica~. Il « Barbariga » incaricato della occupazione giungerà a Perim verso il 10 di questo mese.

549

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A PARIGI, MENABREA, A PIETROBURGO, GREPPI, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 794. Roma, 1° dicembre 1884, ore 22,30.

L'ambassadeur d'Angleterre m'a remis hier le mémorandum contenant les propositions britanniques pour le règlement de la finance égyptienne. Voici les points principaux: l) émission d'un emprunt au taux de 3! %, garanti par

le Gouvernement anglais, dont le produit net évalué à 5 millions de livres sera consacré à la salde de la dette flottante, au service d'irrigation etc. Le service de cet emprunt primera toute autre charge du budget. Les revenus de la Daira et du Domaine, spécialement affectés à ce service seront versés à la banque d'Angleterre. 2) Les indemnités seront payées avec des titres de la dette unifiée. 3) Les intérets des différentes dettes formeront la deuxième charge du budget, sauf 11z pour cent de la dette unifiée qui ne sera payé qu'après acquittement des frais à'administration fixés à 4.948 000 livres et des frais de l'occupation anglaise jusqu'à la limite de 120.000 livres. 4) En cas de surplus dans les budgets successifs, le remboursement du i pour cent retenu à la charge de la dette unifiée primera là-dessus sur toute autre cllarge. 5) La loi de liquidation sera modifiée de manière à pouvoir faire face à ces propositions. Je me suis borné pour le moment à un accusé de réception.

lPer Berlino, Vienna, Pietroburgo, Parigi) Veuillez me télégraphier le plus tòt possible l'impression et l'attitude du Gouvernement près duquel vous ètes accrédité (1).

(l) Cfr. n. 547.

550

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 799. Roma, 3 dicembre 1884, ore 14.

De Martino télégraphie que Baring l'a assuré ètre fausse la nouvelle que le pavillon anglais ait été hissé à Beiloul. Nubar ne se décide pas jusqu'ici à retirer de Beiloul la petite garnison quoiqu'il ait prévenu la Sublime Porte de l'impossibilité de conserver les garnisons égyptiennes dans les ports de la Mer Rouge. Cependant notre occupation de Beiloul est urgente pour la sécurité d'Assab pour la nouvelle répandue du massacre d'autres voyageurs italiens à quelque jour de distance de Beiloul, et pour prévenir quelque fait accompli de la part d'autre Puissance. D'ailleurs le Gouvernement égyptien a donné dernièrement l'exemple de retirer sa petite garnison de Tajoura. De Martino nous propose instamment de descendre à Beiloul, sans crainte d'opposition de la garnison égyptienne, mais je trouverais bien plus simple et correct que cette garnison ait reçu l'ordre de se retirer. J'attends toujours de V.E. une réponse à mon précédent télégramme (2). On devrait charger Baring d'obtenir cet ordre. Les bruits _répandus par les journaux qui attribuent au Gouvernement italien l'intention d'occuper Zula Massaua et mème Zeila, nécessitent une prompte solution pour couper court à de fausses nouvelles.

(l) -Per la risposta da P!etroburgo cfr. n. 553. Le risposte da Berlino, da Parigi e da Vienna sono contenute rispettivamente nei T. 1628 del 2 dicembre, 1632 e 1635 del 4 dicembre 1884, non pubblicati. (2) -Cfr n. 547.
551

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 810/1562. Londra, 3 dicembre 1884 (per. il 7).

Ho ricevuto a suo tempo i telegrammi dell'E.V. del 21 e 23 novembre scorso (1), relativi al prossimo abbandono dell'Barar per parte delle guarnigioni egiziane, ed alla occupazione di Tagiura e di Sagallo per parte della Francia, non che alle voci che corrono al Cairo su altri progetti di occupazione sulla costa del Mar Rosso tra Assab e Massaua. Posteriormente, e quando già io aveva intrattenuto di queste cose il conte Granville, ho ricevuto i dispacci dell'E.V. del 24 e 28 novembre scorso, nn. 555 confidenziale e 558 di serie politica (2).

Ebbi cura di telegrafarle fin dal 25 novembre scorso (3) che mi ero procurato un convegno con lord Granville e che aveva esposto a Sua Signoria la sostanza di quanto ella mi aveva trasmesso per telegrafo. Non ho bisogno di dirle che ho fatto il possibile per chiamare l'attenzione del principale segretario di Stato per gli affari esteri su tutte quelle questioni nel senso preciso indicataml dall'E.V.

Ho già fatto conoscere all'E.V. per via telegrafica la risposta di lord Granville. Sua Signoria non crede che l'Barar sia di già, o debba essere prossimamente abbandonato dalle guarnigioni egiziane. Lord Granville si riservò d'intrattenersi intorno a queste questioni coi suoi colleghi del Gabinetto e di parlarmene poi e farmi conoscere l'avviso del Governo della regina in proposito, a tempo opportuno.

Intanto il conte Granville è stato da me informato che il Governo del re si tien preparato agli eventi che possono prodursi nel Mar Rosso per parteciparvi in quella parte che sarà stimata conveniente, e che era pronto a prendere fin d'ora in considerazione un progetto d'accordo coll'Inghilterra intorno a questo soggetto.

Il conte Granville prese nota di queste nostre disposizioni.

552

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1633. Londra, 4 dicembre 1884, ore 12,16 (per. ore 16,30).

Granville m'écrit en ce moment qu'il ne sait rien du drapeau anglais hissé à Beiloul, et me demande si nous avons fait quelque communication à la Sublime Porte. A la suite de votre dernier télégramme (4) je vais lui annoncer que, sauf avis contraire de S.S., le « Barbarigo:. ira sans délai occuper Beiloul.

(-4) Cfr. n. 550.
(l) -Cfr. n. 520 e 528 (2) -Cfr. n. 531 e 538. (3) -Cfr. n. 533.
553

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1634. Pietroburgo, 4 dicembre 1884, ore 12,40 (per. ore 14,40).

Conformément instructions télégraphiques de V.E. (l) ayant tenu discours à l'égard des propositions britanniques pour le règlement financier égyptien, avec

M. de Giers, ce ministre m'a dit que ses impressions personnelles étaient défavorables au projet anglais et qu'il lui paraissait contenir des dispositions plus dures meme que celles présentées à la Conférence de Londres. Surtout ce qui lui parait nullement admissible, c'est de soumettre les étrangers au meme impòt que les indigènes. M. de Giers a spontanément aussi exprimé l'opinion que le règlement des affaires égyptiennes est une question européenne et, par conséquent on ne doit rien décider au dehors du concours européen. Giers, après avoir prononcé cette appréciation, a ajouté de nouveau qu'il ne s'agissait que d'une première impression personnelle, et qu'il s'abstiendrait de la communiquer aux représentants russes auprès des Grandes Puissances, ne voulant prendre attitude hostile contre Angleterre, mais il a plutòt exprimé le désir d'un échange de vues sur la question avec les autres Grandes Puissances et attacherait une grande importance à connaitre l'appréciation de V.E.

554

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 805. Roma, 4 dicembre 1884, ore 23.

Veuillez remercier Iord Granville. Nous n'avons pas cru prendre les devants envers la Sublime Porte. Notre intention n'était pas de soulever pour Beiloul la question territoriale, il nous sera facile, après le fait accompli, de justifier, le cas écheant, envers la Porte notre occupation par le double fait de l'abandon de l'Egypte et de la nécessité de pourvoir à la sécurité de notre établissement d'Assab. Le <<Barbariga» ne s'étant pas trouvé pret, c'est la «Castelfidardo» qui sera chargée d'opérer l'occupation. Il pourra se trouver sur les lieux vers le 15 ou 16 du mois.

555

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3677. Berlino, 4 dicembre 1884 (per. l'8).

Je remercie V.E. d'avoir, par son télégramme expédié dans la nuit du 30 novembre au 1•r décembre (1), porté à ma connaissance les points principaux

de la proposition récente de la Grande-Bretagne pour le règlement des finances égyptiennes. Avant de transmettre la circulaire y relative, le Gouvernement anglais témoignait le désir de se concerter avec le Cabinet de Berlin. Le prince de Bismarck déclinait ses ouvertures, et lorsqu'il recevait communication officielle du projet d'arrangement, il déclarait qu'il ne saurait se prononcer sans se mettre préalablement en communication avec les autres Puissances.

Il entend pour le moment rester muet dans une question qui n'intéresse l'Allemagne qu'en seconde ligne. Il est à croire que l'Autriche et la Russie adopteront la méme attitude.

Le chancelier ne donnerait son assentiment que si l'Angleterre et la France parvenaient à se mettre d'accord et que les intéréts financiers de l'Allemagne fussent sauvegardés, sinon il refuserait.

En attendant, les représentants d'Allemagne sont chargés de demander l'avis des gouvernements respectifs, mais sans laisser pressentir celui du Cabinet impérial. A Paris, on ne semble pas non plus vouloir prendre une initiative. M. Ferry disait ne pouvoir encore se remettre de l'étonnement que lui avait causé la proposition anglaise.

De.:; notabilités financières ici raisonnent de la manière suivante:

Le Gouvernement anglais propose un emprunt de 5 millions l. st. à 3! %. Les biens de la daYra et des domaines servant de gage direct pour l'intérét et l'amortissement de cet emprunt, seront remis aux mains du Gouvernement égyptien et administrés sous le contrale de l'Angleterre. L'amortissement de tous les emprunts est suspendu temporairement, mais les biens de la daYra et des domaines, après avoir servi à payer l'intérét et l'amortissement de l'emprunt garanti, seront affectés en de certaines proportions à l'amortissement des autres emprunts.

La proposition anglaise demande pour la Grande-Bretagne une sorte de contrale spécial sur les chemins de fer, lequel contrale paratt devoir mettre entre ses mains les chemins de fer d'Egypte comme le seront les biens de la daYra et des domaines. L'Angleterre propose en outre de réduire de t % l'intérét de ses actions du canal de Suez, et également de t % les intéréts de la dette unifiée.

Ces propositions, esquissées à grands traits, sont jugées moins acceptables que celles refusées par la Conférence de Londres. En effet, les sacrifices pour l'Angleterre n'existent presque pas en réalité. L'emprunt de 5 millions aura la priorité sur tous les autres existants, et sera largement garanti par les revenus des domaines qui donnent de forts excédants de recettes. De plus l'administration des revenus, mise sous le contrale de l'Angleterre, fortifie beaucoup sa situation politique en Egypte. Il ne reste donc que la réduction de l'intérét sur les actions du canal de Suez qui se chiffre en perte pour l'Angleterre. Du reste, l'emprunt des domaines devant étre converti contre des obligations priviligiées, et celui de la daYra contre des obligations unifiées, le capitai total de ces dernières se trouvera porté à 65 millions de livres sterling environ qui, d'après la proposition anglaise, serait réduit de l %. Il en résulte que ce seront uniquement les porteurs des unifiés qui payeront l'écot de tout l'arrangement, car outre la réduction d'intérét et la suppression de l'amortissement il leur est proposé un nouvel emprunt de 5 millions avec rang de priorité.

Ce jugement énoncé par la haute finance ne peut manquer de produire quelque impression sur l'esprit du chancelier. Et cela surtout si, camme on l'assure, il existe en Allemagne BO millions de valeurs pour la dette unifiée, sans compter les 12z millions placés à Londres et à Paris où les détenteurs allemands les laissent de préférence afin d'éviter le payement du droit de timbre.

Le prince de Bismarck aurait comparé l'Angleterre à un entrepreneur qui aurait pris une très-forte hypothèque sur un domaine seigneurial, en prévoyant que le débiteur ne saurait se dégréver le jour du payment et que de la sorte la propriété passerait tòt ou tard au créancier. Le fait est que l'Egypte glisse de plus en plus sur la pente du protectorat jusqu'à ce qu'un homme d'Etat, plus hardi que M. Gladstone, en vienne à une annexion plus ou moins déguisée.

Je ne pense pas que le Cabinet de Berlin sorte de son attitude expectante aussi longtemps du moins que la Conférence africaine siégera dans cette capitale. C'est là déjà une question assez ardue à résoudre surtout au point de vue des intérets anglais, pour ne pas venir occuper la diplomatie d'un nouveau problème. La démarche du Gouvernement anglais manquerait d'habilité à moins qu'il ne veuille par un système de compensation se montrer condescendant vers le Congo et le Niger pour gagner en Egypte Ies suffrages des autres Puissances; mais jusqu'ici il n'y a guère de traces de ce jeu du bascule.

(l) Cfr. n. 549.

556

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1639. Londra, 5 dicembre 1884, ore 14,42 (per. ore 18,35).

Ainsi que je vous ai télégraphié (1), j'ai écrit avant-hier au soir à Granville une lettre particulière (2) pour l'informer que, d'après les assurances données par sir E. Baring à De Martino, un batiment de guerre italien ira directement occupeur Beiloul, sauf un avis contraire de sa part. Je n'ai reçu jusqu'ici aucune réponse. Dans les circostances présentes le Gouvernement du roi jugera sans doute prudent de tenir dans la Mer Rouge des batiments prets à tout événement. Le « Castelfidardo ~ me semble bien en retard.

557

IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1640. Aden, 5 dicembre 1884, ore ... (per. ore 20,20) (3).

Se è vero che Francia occupa Zula vicino Massaua, credo necessario Italia oceupi Mader distante solamente tre giorni da Carriera Salgernma e sei giorni

da confine Tigre. Appena persona di fiducia disponibile spedirò «Vedetta , concludere protettorato con Loito. Occupazione Beilul fu malinteso: trattavasi idrografia.

(l) -Cfr. n. 552. (2) -Non pubblicata. (3) -Manca l'indicazione dell'ora di partenza.
558

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A MADRID, BLANC

D. 100. Roma, 5 dicembre 1884.

La S. V., con telegramma del 22 novembre (1), informandomi delle notizie rassicuranti che erano costi pervenute circa gli affari del Marocco, soggiungeva come ad ogni modo il ministro di Stato le avesse manifestato il timore che, la mancanza di un accordo fra l'Italia e la Spagna, gli interessi comuni che le due Potenze hanno al Marocco e nelle altre questioni mediterranee dovessero andare sagrificati tosto che la Francia fosse stata libera di compiere i suoi noti disegni. S. E. l'avvertiva ad un tempo che il plenipotenziario spagnuolo alla Conferenza aveva avuto istruzione di procedere, il più che gli sarebbe stato possibile, d'accordo col plenipotenziario italiano.

Mi affrettai di risponderle che il Governo del re si era, in ogni occasione, dimost,rato pronto a far sì che i due Stati si prestassero mutuo appoggio ed assistenza nelle questioni mediterranee. Soggiunsi che qualora il Gabinetto di Madrid avesse avuto qualche proposta pratica da farci al riguardo, specialmente per il Marocco, l'avremmo tosto presa in attento e benevolo esame. Le dissi infine che il conte de Launay aveva già ricevuto istruzioni analoghe a quelle che erano state impartite al conte di Benomar, e che ad ogni modo gliele avrei confermate.

Mi pregio ora di trasmettere a Vossignoria l'unito estratto di un rapporto del r. ambasciatore a Berlino (2) nel quale è fatta menzione di uno scambio d'idee che egli ebbe col ministro di Spagna circa la questione del Marocco in relazione colla conferenza africana.

559

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA

D. CONFIDENZIALE 366. Roma, 5 dicembre 1884.

Tosto che mi pervenne il rapporto di Vossignoria in data del 18 ottobre,

n. 441 di questa serie (3), incaricai il r. ambasciatore a Parigi d'informare, in via amichevole, il signor Ferry come, in seguito alla occupazione eseguita dai francesi di Khor Angar, i capi di Raheita si fossero diretti a codesto commissariato invocandone l'approvazione acciò fosse rispettata l'integrità del loro territorio. Avvertii come essi affermassero che la vendita fatta ai francesi non

comprendeva che il punto d'Obola con un circuito molto ristretto, nel quale Khor Angar non era in nessun modo compreso, e chiedess·ero la presentazione dei contratti d'affitto, dal quale doveva risultare l'assoluto dominio che essi rivendicano di quella parte della costa.

Invitai ad un tempo il generale Menabrea a proporre al Governo della Republica che la vertenza fosse esaminata sopra luogo, affidandone l'incarico alla

S. V. ed al comandante francese di Obock; la conclusione di tale esame dovendo poi essere riferita ai due Governi. Insistetti infine sul vantaggio che così si otterrebbe di ben definire i limiti tra il possedimento di Obock ed il Sultanato di Raheita, troncando ogni possibilità di futura contestazione.

Il generale Menabrea mi ha ora informato che il signor Ferry ha accolto favorevolmente tale proposta. Ho quindi motivo di credere che opportune istruzioni saranno date quanto prima al comandante di Obock col quale ella si compiacerà di mettersi in relazione e possedere i convenienti accordi per l'esecuzione dell'incarico che viene loro affidato dai due Governi.

Aggiungerò per confidenziale notizia di V. S. come, nel colloquio che il conte Menabrea ebbe col signor Ferry, questo affermasse al r. ambasciatore che l'occupazione di Khor Angar aveva avuto luogo in base ad una carta rilevata nel 1862, allorché Obock fu ceduto ai francesi. Tale affermazione però sarebbe contraddetta da un avviso pubblicato nel Journal Officiel del 29 dicembre 1880 (riprodotto al n. 379 XXIII dei nostri documenti diplomatici (l) nel quale vien detto che «Le traité du 11 mars 1862 ... ne contient aucune indication sur le périmétre de (la) possession (d'Obock) ~.

Di questo avviso Vossignoria potrà forse opportunamente giovarsi, e siccome ella non potrebbe far uso del documento confidenziale col quale fu riprodotto, ho pregato il r. ambasciatore a Parigi di procurarmi un esemplare del giornale che lo contiene, e ch'io mi affretterò di trasmetterle.

Non ho mestieri di aggiungere come converrà che ella si adoperi per ottenere la miglior possibile soluzione a favore di quei di Raheita, in modo che essi abbiano ad essere soddisfatti quanto meno della nostra buona opera, se non del risultato che si potrà ottenere.

Ed anzi qualora tale intento fosse raggiunto, ed il comandante francese avesse poteri sufficienti per addivenire ad una conclusione definitiva, do di buon grado, sin d'ora, a Vossignoria la necessaria autorizzazione per conchiudere senz'altro quest'affare. Nel caso opposto ella accetterà la soluzione ad referendum, e me ne riferirà.

(l) -Cfr. n. 524. (2) -R. 3667 del 28 novembre 1884, non pubbllcato. (3) -Non pubbllcato.
560

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. CONFIDENZIALE 713. Roma, 6 dicembre 1884.

Mi pregio di segnare ricevuta a V .E. del rapporto in data 28 novembre (2), col quale ella mi riferiva il desiderio espressole dal barone Lambermont, in un

particolari colloquio, che l'Italia avesse proceduto al riconoscimento dell'asso

ciazione africana. Mi è giunto del pari il rapporto del 2 dicembre (1), cui era

unita una copia della convenzione conchiusa tra la Germania e l'Associazione

internazionale del Congo statale consegnata dal colonnello Strauch.

Dal linguaggio del barone Lambermont V. E. dedusse che altre pratiche

fossero state fatte per ottenere dal R. Governo il riconoscimento dell'Associa

zione, e tale sua congettura era pienamente fondata. Infatti, e do questa

notizia alla E. V. in via strettamente confidenziale, S. M. il Re Leopoldo scriveva

al nostro Augusto Sovrano, in data del 23 novembre, una lettera nella quale

invocando l'interessamento dimostrato dal nostro re per le imprese africane,

chiedeva che fosse data a queste una nuova prova di simpatia. Il re dei Belgi

proseguiva accennando alle dichiarazioni scambiate fra l'Associazione ed il

Governo degli Stati Uniti, ed alla convenzione da essa testé conchiusa colla

Germania; univa alla sua lettera copia di questi documenti, e conchiudeva

manifestando la speranza che potesse venir conchiuso dal Governo italiano un

analogo trattato coll'Associazione. Il nostro Augusto Sovrano rispose espri

mento il proprio compiacimento pel progredire dell'Associazione, e soggiungendo

che il riconoscimento di questa per parte nostra, già deciso in massima, non

dipendeva più che dall'opportunità del momento.

Approvo quindi intieramente il linguaggio che V.E. tenne col barone di Lambermont. È sempre nostro intendimento di riconoscere l'Associazione (e la convenzione germanica potrà servirei di norma) tosto che ciò possa farsi senza che apparisca atto meno amichevole verso il Portogallo. Il momento più opportuno sembrami esser quello in cui possa considerarsi come esaurita nella Conferenza ogni questione rispetto alle rivendicazioni territoriali portoghesi. Ed anzi se il riconoscimento della Germania avesse, anche agli occhi dei plenipotenziari portoghesi, tolta oramai ogni possibilità pratica di ulteriore controversia, verrebbe meno sin d'ora quella considerazione di delicato riguardo verso il Governo di Lisbona che ci aveva consigliato di soprassedere. Fra gli elementi utili a determinare a tale riguardo un giudizio sarà la conoscenza esatta dei confini riconosciuti dalla Germania al territorio dell'Associazione. Non sarà forse difficile a V.E. di ottenere dal barone Lambermont o dal colonnello Strauch una copia della carta accennata all'articolo 6 della convenzione germanica, e di indagare poscia coll'abituale suo tatto sino a quel punto un riconoscimento fatto in quegli stessi termini potrebbe conciliarsi col desiderio nostro di non fare cosa sgradita al Portogallo.

Aspetto di essere tenuto informato da V.E. con sollecitudine, e meglio ancora per telegrafo, di tutto ciò che può giovarci per regolare la nostra attitudine verso il Gabinetto di Lisbona. Ella potrà tenere intanto coi plenipotenziari portoghesi, e così pure col barone Lambermont e col colonnello Strauch, un linguaggio conforme ai concetti espressi in questo dispaccio, e preparare con questi ultimi, sempre col debito riserbo, il terreno per la stipulazione della convenzione di riconoscimento al momento opportuno.

(l) -R. 1053 del 21 gennaio, non pubblicato. (2) -R. 3665, non pubblicato.

(l) R. 3671, non pubbl!cato.

561

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1651. Londra, 7 dicembre 1884, ore 13,45 (per. ore 19,30).

Je désirerais vivement faire part à V.E. des projets du Gouvernement anglais sur la Mer Rouge; mais autant que je puis juger ces projets ne sont pas arrètés. Le Cabinet est divisé sur presque toutes les questions. L'attitude de l'Angleterre sur la Mer Rouge dépend de toute espèce d'éventualités comme la réussite de l'expédition à Kartoum, l'accueil que les Puissances feront aux dernières propositions financières, etc. Gladstone a subordonné a san système d'économies la force de la marine; dès lors, l'Angleterre ne veut pas, et peutètre ne peut pas s'aventurer à une guerre. La France, soutenue et poussée par l'Allemagne, peut faire sur mer à peu près ce qu'elle veut. L'Allemagne est visiblement hostile à l'Angleterre, et la Russie est sa grande rivale en Asie et ailleurs. Dans cet état de choses toutes les surprises sont possibles. Mon devoir est de vous prévenir de ne pas compter sur l'Angleterre pour les conjurer. Granville n'est pas en ville, je tacherai de le voir à son retour, ce sera mercredi ou jeudi. Je l'interrogerai de nouveau sur la Mer Rouge; je voudrais à cette occasion ètre en mesure de lui dire notre opinion sur les propositions financières. Je ne vous cache pas qu'ici on s'attend à ce qu'elle soit favorable. Je ne regrette pas de ne pas voir plus tòt Granville parce qu'il est important qu'il ne me dise plus rien sur Beiloul, de crainte qu'il se ravise et qu'il me conseille d'attendre. J'avoue que sans votre télégramme qui exprime une insistance, que d'ailleurs je reconnais parfaitement légitime, au lieu de chercher Granville, je l'aurais soigneusement évité jusqu'après l'occupation de Beiloul. Je suis persuadé que Granville, du reste. se bornera à me répéter la réponse dilatoire qu'il m'a faite itérativement.

562

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 814. Roma, 7 dicembre 1884, ore 16,30.

Les journaux étrangers portant une faule de bruits au sujet de nos progets d'occupations sur plusieurs points de la Mer Rouge, je tiens à ce que vous confirmiez à lord Granville notre ferme résolution de ne rien faire à ce sujet sans nous ètre mis au préalable d'accord avec le Cabinet britannique. Cette agitation factice et la perspective d'une discussion très prochaine dans notre Chambre, en cette matière, nous font cependant vivement désirer d'ètre le plus tòt possible fixés sur les idées du Gouvernement anglais à cet égard.

563

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 815. Roma, 8 dicembre 1884, ore 17,45.

Au point où les choses en sont arnvees, il est évident que notre occupation à Beiloul doit maintenant se faire quand bien mème la petite garnison égyptienne ne serait pas retirée. Mais nous déclinons toute responsabilité des conséquences qui pourront se produire par le fait que l'Egypte s'est au dernier moment écartée du programme qu'on avait arreté pour Beiloul d'un commun accord, et avec son plein agrément. Nubar pacha devrait y réfléchir tant qu'il en est temps encore.

564

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 816. Roma, 8 dicembre 1884, ore 17,45.

Merci de votre télégramme (1). Il est évident que vous devez ne pas trop presser Granville au sujet de la Mer Rouge si vous vous apercevez qu'il n'a pas de: programme arrèté. Votre langage doit cependant marquer l'intérét commun que nous avons à nous épargner la chance de surprises désagréables. Quant à l'affaire égyptienne, je dois ne pas vous cacher que les propositions actuelles du Cabinet anglais, dans le cas surtout où une émission de titres privilégiés devrait se faire, outre l'emprunt, pour faire face aux indemnités, me paraissent assez compliquées. Cependant, désireux comme nous le sommes de persister jusqu'au bout dans l'attitude la plus bienveillante que possible envers le Cabinet anglais, je pourrais vous autoriser, si cela vous parait pouvoir etre agréé, à déclarer confidentiellement à lord Granville que ce n'est certainement pas de notre còté qu'il doit craindre l'opposition, que par conséquent c'est aux autres Cabinets qu'il devrait avant tout s'adresser pour obtenir une adhésion sans laquelle notre acquiescement n'aurait pratiquement aucune valeur, mais qu'en attendant dans l'échange d'idées avec les autres Puissances nous comptons pour suivre le ròle de conciliateurs que nous avons joué jusque ici en cherchant pour autant que cela dépend de nous à atténuer les difficultés et les objections. Plusieurs jours se vont écouler avant votre entretien avec Granville, je prie V.E. de me dire en attendant son sentiment au sujet de ce projet réponse préliminaire et confidentielle (2).

(l) -Cfr. n. 561. (2) -T. 1665 del 9 dicembre 1884, non pubblicato.
565

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A PARIGI, MENABREA, A PIETROBURGO, GREPPI, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. CONFIDENZIALISSIMO 821. Roma, 10 dicembre 1884, ore 18,05.

Interrogé par lord Granville au sujet de ses propositions pour l'Egypte, le comte Nigra lui a dit confidentiellement, d'après mes instructions préliminaires, que ce n'est certainement pas du còté de l'Italie que le Cabinet britannique doit craindre l'opposition, que par conséquent c'est avec les autres Cabinets qu'il devrait avant tout s'adresser pour obtenir une adhésion sans laquelle notre acquiescement n'aurait pratiquement aucune valeur, mais qu'en attendant dans l'échange d'idées avec les autres Puissances nous comptons poursuivre le ròle de conciliation que nous avons joué jusqu'ici, en cherchant pour autant que cela dépend de nous à atténuer les difficultés. Lord Granville a paru apprécier l'attitude amicale de l'Italie en ajoutant qu'il était d'une grande ìmportance pour l'Egypte qu'on accepte le projet actuel qui est maintenant suffisant pour faire face aux difficultés, mais qui pourrait devenir insuffisant en cas de délai. Ceci est uniquement pour votre information et pour le cas surtout où des versions erronées vous parviendraient au sujet de notre attitude.

566

IL MINISTRO DELLA GUERRA, RICOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

NOTA RISERVATISSIMA PERSONALE 1157. Roma, 10 dicembre 1884.

Come già ho fatto conoscere all'E.V. con la nota riservatissima del 4 corrente n. 1138 (1), sarà mia cura, per la parte che si riferisce al Ministero della guerra, di provvedere a quanto possa occorrere per un'eventuale spedizione nella Tripolitania, prendendo all'uopo gli opportuni concerti coi Ministeri della marina e del tesoro. Ritengo però indispensabile far presente fin d'ora all'E.V. una considerazione, la quale potrà influire sulla condotta diplomatica della questione, e cioè che la natura generale delle coste tripolitane e le condizi.oni permanenti del mare che le bagna impedirebbero, quasi in modo assoluto, l'esecuzione di uno sbarco sulle coste stesse durante la stagione invernale.

Oltre a ciò, siccome l'accennata condotta delle trattative diplomatiche potrebbe pure essere in certo qual modo regolata a seconda delle condizioni delle forze, di cui la Turchia dispone o potrebbe disporre nella Tripolitania, dipendendo in gran parte dall'entità e dalla qualità di quelle forze la maggiore o mi

nore facilità della spedizione, cosi avrò cura di tenerne continuamente informata l'E.V., già funzionando al riguardo un buon sistema di informazioni.

Mi riservo pertanto di esporle quanto prima la situazione di fatto al giorno di oggi, e quindi quale influenza essa possa avere su l'entità delle nostre forze da impiegarsi, riservandomi pure di comunicarle in seguito quegli altri particolari che venissero a mia conoscenza, relativi alle successive modificazioni della situazione delle forze avversarie, i quali venissero per ciò ad avere influenza sul modo di condurre da parte nostra la spedizione.

(l) Non pubblicata.

567

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 2207. Vienna, 10 dicembre 1884 (per. il 12).

Recatomi ieri all'ebdomadaria udienza del conte Kalnoky gli chiesi quale fosse la sua impressione intorno al memorandum inglese relativo alle finanze egiziane che V.E. trasmettevami con suo dispaccio del 2 corrente n. 1779 (2).

S.E. risposemi che, mentre aveva dato l'incarico ai funzionari competenti del suo dicastero di studiare il documento di cui è caso, per quanto si riferisce ai principi generali ch'esso involve, l'aveva tosto trasmesso al barone Vetsera delegato imperiale alla commissione di liquidazione affinché lo esamini nei suoi particolari finanziarii e gli faccia tosto conosc,ere il suo parere in proposito.

Intanto però S.E., non nascondevami che la sua impressione, al pari di quella di tutti gli altri Gabinetti a quanto risultagli, è anziché no sfavorevole al progetto inglese. Tutti i Gabinetti, egli dicevami, quello di Roma compreso, sono d'accordo nel trovare questo progetto assai peggiore del primo presentato alla Conferenza del Governo britannico. Tosto dopo aggiungevami però che i Gabinetti di Berlino e di Roma mantengono una certa riserva nel manifestare i loro sentimenti su questa questione.

S.E. osservava specialmente che in questo progetto vi sono tre proposte che meritano particolare attenzione. La prima si è quella che le indennità sarebbero pagate non in moneta sonante ma con titoli del nuovo prestito di cui nessuno può prevedere l'effettivo valore in lire sterline.

La seconda è che il Governo inglese limita la sua garanzia al nuovo 1mprestito da farsi al 31/2 per %. Guarantigia questa che se può avere un valore morale, non ne ha effettivo di sorta; poiché quell'imprestito è già siffattamente guarantito dai cespiti da cui si dovrà prelevare la somma per pagarne gli interessi, che la guarantigia del Governo britannico non potrà avere occasione di tradursi in atto. La terza finalmente si è la proposta che si riferisce

39 -Documenti diplomatici -serle II -Vol. XVII-XVIII

alle modi!icazioni da farsi alla legge di liquidazione, legge che sembrerebbe meno che mai opportuna di mutare in oggi.

A questo proposito il conte Kalnoky dicevami incidentalmente che, precisamente nel momento in cui la Germania e la Russia stanno per essere rappresentate nella commissione di liquidazione, convien chiederci se non sarebbe opportuno che a detta commissione venga devoluto l'incarico di formulare un progetto di riordinamento finanziario dell'Egitto.

Il conte Kalnoky esprimevasi poi anche con qualche risentimento a riguardo del modo di procedere del Gabinetto brittannico, facendomi rilevare che, mentre esso aveva annunziato la missione affidata a lord Nortbroock di portarsi in Egitto e di studiarvi sopra luogo un progetto di riordinamento delle finanze del Paese da presentarsi alle Potenze, non è un mistero per nessuno che il progetto che ora venne presentato non è affatto quello elaborato dal nobile lord che precisamente sarebbe stato conforme alle vedute dei varj Gabinetti.

Il discorso essendo poi caduto sul modus agendi onde addivenire al necessario accordo. S.E. manifestava il parere che, allorquando le varie Potenze avrebbero formulate le loro osservazioni locché essenzialmente importa sia fatto dalla Francia che è la prima interessata; si potrebbe concretare un controprogetto che le varie Potenze potrebbero accettare.

Il conte Kalnoky protestandosi però alieno assolutamente dal prendere una iniziativa qualsiasi in quest'argomento, dicendo voler egli aspettare che tutti gli altri Gabinetti ed il francese anzitutti si siano pronunziati.

Se, come parmi probabilissimo, le parole del conte Kalnoky, sono l'eco di quelle del principe di Bismarck, ritengo che i Gabinetti nordici daranno tutto il loro appoggio alle proposte che la Francia sarà per fare in risposta alle comunicazioni avanzate dal Governo inglese.

(l) -Ed. In LV 47, pp. 206-207. (2) -Non pubblicato.
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IL CONSOLE AD ADEN, BIENENFELD, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. S.N. Aden, 10 dicembre 1884 (per. il 27).

Mi pervenne il dispaccio di V.E. (l) con ordine di comunicarlo al r. commissario civile in Assab. Esso si riferiva al prossimo arrivo della « Castelfidardo~ a Perim. Non posso mandarlo che domani col «Corsica~ ma esso arriva in ogni modo a tempo, stando che la « Castelfidardo ~ non sarà a Perim che verso il 15 o 16 etc. Ieri sera arrivò la «Vedetta ~ ed il comandante mi comunicò la conversazione avuta con Mohammed Loeita a Tagiura, il r. commissario mi scrive pure in proposito. E certo che il suddetto Mohammed Loeita preferirebbe noi ai francesi, ma ormai credo non potrà mettere in esecuzione le sue promesse.

Come V.E. lo sa i francesi hanno occupato i migliori posti del golfo di Tagiura e quelli che restano credo non valga la pena di occuparsene. L'Inghilterra secondo me non occuperà mai militarmente né Zeyla ne il Harrar. Essa ora si limita a mandare semplicemente un incaricato di regolare e sistemare quei Paesi lasciando però l'amministrazione ai nativi e capi tribù.

Credo sarebbe eccellente cosa il poter convincere l'Inghilterra a cederci quei due punti. La Francia probabilmente avrà cercato di averli, ma ciò che non ottenne la Francia forse potrebbe ottenere l'Italia.

Non credo che l'Inghilterra ci faccia gran caso a questi possedimenti, mentre per noi sarebbe quanto di meglio potressimo desiderare, perché sono gli unici. punti che hanno già un commercio avviato.

Per l'Inghilterra veramente non è che un continuo disturbo, perché voleva lasciare tutto nelle mani degli indigeni, sarà impossibile che le cose camminino a dovere. Non· so esattamente se sia stata ancora alzata la bandiera inglese a Zeila ed al Harar, perché ancora le truppe egiziane non le hanno abbandonate che in parte e se V.E. vorrebbe far qualche passo onde alla lontana vedere se ci fosse qualche fondamento nel poter sperare che. ci vengano ceduti quei punti, bisognerebbe farlo subito perché una volta che fosse issata la bandiera inglese non si farebbe più a tempo.

(l) Non pubblicato.

569

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA (l)

T. 822. Roma, 11 dicembre 1884, ore 12,15.

Après la réponse dilatoire que lord Granvllle vous a faite à l'égard de la situation dans la Mer Rouge nous aurions mauvaise gràce à insister davantage sur un sujet qui doit surtout intéresser l'Empire britannique. Je désire cependant que V.E. ait l'occasion de dire à S.S. que nous interpretons la réponse comme impliquant, de la part du Cabinet anglais, l'intention de maintenir pour le moment le statu quo, et que si jamais il y avait du nouveau dans les projets de l'Angleterre nous en serions prevenus à l'avance.

Quant à Beilul, De Martino nous avait déja fait part des idées de M. Baring ainsi que des scrupules · tardifs de Nubar et du vice.:.roi qui après en avoir fait la promesse explicite et réitérée, craignent maintenant de s'attirer le courroux du sultan en retirant de Beiloul la petite garnison égyptienne.

Il est évident qu'au point où les choses en sont arrivées notre occupation à Beiloul doit se faire en toute hypothèse. Malheureusement il y aura encore du retard. La Castelfidardo devant rester en bassin à Suez pour quelques jours c'est le Messaggero parti aujourd'hui de Brindisi directement pour Perim, qui est chargé de l'occupation. Le «Messaggero » pourra etre sur les lieux vers le 24 de ce mois.

(l) E4. in L'Italia In Africa, Et1opia • Mar BoBBo, tomo III, clt., p. 88.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1670. Berlino, 11 dicembre 1884, ore 16,40 (per. ore 20).

Je réponds au télégramme (l) et dépikhe en date du 6 décembre (2). Ainsi qu'il est convenu, la Conférence ne s'occupe et ne s'occupera pas des territoires qui forment l'objet de contestation. Ainsi à la Conférence, les droits au prétentions du Portugal ne seront pas mis en cause. J'ai parlé au plénipotentiaire portugais, M. de Serpa, en lui faisant comprendre, qu'à l'exemple des Grandes Puissances, auxquelles allait se joindre l'Angleterre, qui sera suivie par l'Autriche et la Russie, l'Italie ne pourrait s'abstenir de reconnaitre, elle aussi, le pavillon de l'Association. Il convenait que de son còté le Portugal en ferait autant, après un règlement des points en controverse. Je lui avouais franchement que je suggérerais au Gouvernement du roi de s'occuper d'urgence de cette question. J'ajoutais que je proposerais, tout en prenant camme base d'un arrangement la convention du 8 novembre, et en conservant la teneur de l'article 5, d'éviter de nous déclarer prèts, camme l'Allemagne, à reconnaitre les frontières de l'Association et du nouvel Etat à créer telles qu'elles sont indiquées dans la carte annexée à la convention; je conseillais donc la suppression de l'article 6, mais, avant d'écrire à Rome, je tenais à en parler au plénipotentiaire portugais. M. de Serpa me disait qu'il avait lieu de croire que cette combinaison, camme je rexpliquais, serait en effet envisagée à Lisbonne camme une marque d'égard envers sa Cour et son Gouvernement. J'ai aussi demandé à Strauch et au baron de Lambermont si à Bruxelles on attachait, camme nous le voudrions, du prix à un acte de reconnaissance qui laisserait en suspens la question des frontières. M. Strauch se croyait autorisé à répondre qu'un arrangement de cette nature serait très bien accueilli à Bruxelles; M. de Lambermont, de son còté, n'émettait aucun doute. Le colone! Strauch estimait que le Portugal en viendra à renoncer à une partie au moins de ses prétentions; il prévoyait aussi que l'Association finirait par s'entendre avec le Gouvernement français qui vise à obtenir, en compensation d'une cession des stations acquises par lui sur la rive gauche du Stanleypol, une superficie vingt fois plus grande d'un territoire s'étendant de Settecama jusqu'au fleuve Kwilu et tout son bassin. Quant à l'Allemagne, elle s'est simplement déclarée prete à reconnaitre les frontières du territoire de l'Association conforme à une carte qui laisse en blanc une large zone de territoires à délimiter et de frontières à fixer. D'après tout ce qui précède, il me parait que nous pourrions, en restant dans une mesure dont on ne saurait que nous savoir gré à Lisbonne, procéder à un acte qui, tout en n'ayant pas tout-à-fait l'entière portée de celui accompli par l'Allemagne, serait néanmoins très agréé à Bruxelles. Je ne

puis que me référer à ce que j'ai déjà mandé à V. E. sur le moment opportun de passer outre. Il me résulte que, d'un jour à l'autre, l'Angleterre va reconnaitre le pavillon de l'Association comme celui d'un Etat ami, et que la Russie et l'Autriche, déjà d'accord en principe, suivront le Cabinet anglais. Il me parait qu'il y aurait lieu à s'entendre avec Vienne et Pétersbourg pour accélérer les choses. Je dirai meme plus, du moment où nous recevrions l'avis officiel de la décision de l'Angleterre, il n'y aurait nul inconvénient à ce que l'Autriche et la Russie fussent devancées par l'Italie, plus intéressée que ces deux Puissances en ce qui concerne l'Afrique, et certes, une telle attitude serait appréciée à Berlin. Je transmets aujourd'hui par la poste un exemplaire de la carte géographique jointe à la convention entre l'Allemagne et l'Association, document qui m'a été remis très confidentiellement par le colonel Strauch pour l'usage exclusif de notre Gouvernement.

(l) -T. 810 del 6 dicembre 1884, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 560.
571

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO DELLA GUERRA, RICOTTI

D. RISERVATISSIMO S.N. Roma, 11 dicembre 1884.

Il sottoscritto ringrazia l'onorevole suo collega, ministro della guerra, per le opportune avvertenze contenute nella pregiata nota in data di ieri, n. 1157 Stato Maggiore (1). Certo ne sarà tenuto diligentemente conto, per quanto la cosa possa da noi dipendere, nello svolgimento di quei negoziati diplomatici dalla conclusione dei quali avesse a dipendere l'attuazione dell'intrapresa a cui si riferisce il presente carteggio. Conviene, però avere presente che tale contingenza, anziché dalla volontà nostra, o dal vario procedimento di trattative diplomatiche, potrebbe essere determinata da avvenimenti estranei al nostro volere, e segnatamente dal fatto improvviso di altra Potenza per cui fossero per essere turbate le condizioni presenti di equilibrio del Mediterraneo. Laonde importa che, malgrado le maggiori difficoltà, gli studii si facciano anche in contemplazione di una spedizione da farsi durante la stagione meno propizia.

Il sottoscritto non dubita, poi, che sarà stata presa ogni debita cautela acciò dal servizio di informazioni, predisposto sui luoghi, non abbia a derivare inconveniente o sospetto di sorta; e, sempre per la considerazione stessa della necessità di un segreto assoluto preferisco che gli siano comunicate verbalmente, anziché per iscritto, quelle tra le informazioni che giungeranno che possano utilmente servire anche a questo Ministro degli affari esteri per norma delle ulteriori deliberazioni.

(l) crr. n. 566.

572

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 466. Parigi, 11 dicembre 1884 (per. il 15).

Al ricevimento settimanale di ieri felicitai il signor Ferry per aver egli superato le difficoltà create dalla Camera dei deputati per l'adozione della legge elettorale del Senato. Se i voti contraddittori dati dalla Camera, a pochi giorni d'intervallo, dimostrano la mobilità e la poca consistenza degli spiriti, che regna in quell'assemblea, il risultato finale fa prova dell'autorità che il signor Ferry poté acquistarsi nel Parlamento, e che lo mette in grado di piegarlo alle esigenze della sua politica. Così egli è liberato per ora dall'incubo della revisione costituzionale, che forse fu risvegliato alquanto imprudentemente e che alcuni credono debba risorgere in un avvenire non lontano.

La discussione del bilancio dà luogo a votazioni che potrebbero sorprendere se non si conoscesse la composizione della Camera. Così non vi si osa denunziare il Concordato, ma si priva una parte del clero de' suoi mezzi di sussistenza, cancellando dal bilancio gli stipendi dei canonici dei capitoli vescovili e quelli dei vicari. Il ministero comprende l'imprudenza di un tal procedere, che non fa che irritare un ceto tuttora potente. Il signor Ferry fa assegnamento sul Senato per porre riparo ad un simile voto, ed è probabile che la Camera, come già fece altre volte, non insisterà nel mantenere il proprio.

Non avendo comunicazioni speciali a fare sulle diverse vertenze che preoccupano in questo momento, mi limitai nella mia conversazione a sorvolare su quelle questioni. Cosi rispetto ad Assab, mi restrinsi a ringraziare il signor Ferry dell'acquiescenza da lui data alla proposta di V.E. di affidare al nostro commissario ed al comandante francese di Obock la ricognizione del ben fondato dei reclami rivolti contro l'occupazione per parte dei francesi della posizione di Khor-Angar. Feci osservare al signor Ferry che nel 1862 la possessione di Obock non era stata delimitata; egli mi rispose che ciò era bensì vero, ma che si erano fissati i limiti estremi di detti possessi.

Il signor Ferry si mostrò riservato assai sulle proposte inglesi relative all'Egitto, e mi accennò un voluminoso promemoria comunicatogli dal Gabinetto di Londra su quell'argomento; non lo aveva letto ancora e si limitò a dirmi che gli inglesi prendevano molte precauzioni per salvare i propri interessi mentre si preoccupava assai meno di quelli degli altri.

Rispetto alla Conferenza di Berlino, egli mi disse soltanto che non si era ancora definito ciò che si intendeva per la neutralizzazione dei fiumi Congo e Niger e che nulla si poteva decidere prima che fosse spiegato il senso di quella parola.

Toccai anche la questione cino-tonkinese: egli confessò che i tentativi di mediazione iniziati dall'Inghilterra non erano riusciti ed accagionava di questo risultato il marchese Tseng, che si mostra contrario a qualsiasi accomodamento nel senso proposto dal Governo francese. Questo è il punto nero di questo ministro: si comincia a mormorar nei Dipartimenti, a quanto mi diceva non ha guarì un deputato ben informato, ad ove quella questione non sia sciolta in modo soddisfacente prima delle prossime elezioni, ne potrebbe essere compromessa la stabilità del ministero.

573

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 1677. Londra, 12 dicembre 1884, ore 14,20 (per. ore 18).

Hier au soir dinant chez lord Granville je lui ai remis un extrait de votre télégramme d'hier (2) par lequel V. E. me chargeait de lui dire qu'elle interprétait la réserve, qu'il gardait vis-à-vis de nous, au sujet de la Mer Rouge, comme une intention de la part du Gouvernement anglais d'y maintenir le statu quo et de nous faire part de tout nouveau projet qui pourrait se produire. Je n'ai pas eu l'occasion de l'entretenir à ce sujet et j'ai pu seulement lui remettre mon papier. Granville m'a dit qu'il n'avait encore aucune réponse de Paris, où, d'ailleurs, à l'égard des propositions financières, il m'a répété que l'attitude de M. Baravelli faisait une impression fàcheuse, sur le Cabinet anglais, à quoi j'ai répondu que le Gouvernement du roi n'y pouvait rien, attendu que ce fonctionnaire était indépendant de lui, et j'ai ajouté toutes les autres explication& que vous m'avez envoyées, mais l'impression mauvaise persiste. Je lui ai aussi promis d'appeler encore une fois votre attention sur cet état de choses.

S. S. a aussi laissé entrevoir un peu de mauvaise humeur au sujet de l'appui empressé que nous avons donné à la demande de la Russie et de l'Allemagne d'etre admises au sein de la Commission de la dette, mais je ne l'ai pas suivi sur ce terrain. Du reste le Gouvernement anglais ne rejette pas cette demande pour sa part, seulement il dit que la question sera resolue plus tard, après le règlement de la question financière. Granville est parti ce matin pour Walmer, où il passera les vacances, jusqu'au commencement de février.

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IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 92. Madrid, 12 dicembre 1884 (per. il 18).

Ringrazio l'E. V. della conferma data nel dispaccio politico del 6 corrente,

n. 101 (3), al linguaggio da me tenuto al signor Elduayen circa gli affari del Marocco e circa le disposizioni del Governo del re ad esaminare con premura e benevolenza le proposte pratiche che questo Gabinetto avesse a comunicarci per una reciprocità d'appoggio e d'assistenza in tutte le questioni concernenti le cose del Mediterraneo e specialmente del Marocco. Ne ho dato partecipazione

al ministro di Stato, il quale a sua volta mi confermò le corrispondenti assicurazioni da me trasmesse a V. E. il 4 corrente (1).

Non essendo pervenuto a Madrid il telegramma del 4 (2), citato nel suddetto dispaccio, relativo all'articolo dell'Osservatore Romano, mandai di ciò notizia telegrafica all'E. V. (3) confermandole i miei rapporti del 6 e del 10 sullo stesso argomento (4).

L'esistenza della nota citata con estratti e commenti dall'Osservatore Romano fu da me segnalata il 28 ottobre, allorquando un progetto di nota redatto al principio di settembre dal ministro di Stato e rimasto per quasi due mesi oggetto di negoziati col nunzio, che insisteva per correzioni, gli fu formalmente comunicato come nota definitiva, in risposta a:d una nota egualmente formale del nunzio datata dei primi giorni di agosto.

Quei due documenti hanno carattere ufficiale, e la Santa Sede ha piena facoltà di pubblicarli. Essi si riferiscono alla sola nota spagnuola del 22 luglio, questo Gabinetto avendo declinato trattative officiali su la dichiarazione del 16 luglio. Sono dunque rimasti confidenziali gli schiarimenti dei quali informavo V. E. nel mio rapporto del 14 settembre u.s. (5), né vi è una sola parola, nelle dette note, sulla questione di diritto pubblico che in allora si tentò di intavolare.

Nella nota del nunzio, in seguito alla quale il ministro di Stato mi aveva tenuto il linguaggio da me riferito il 14 agosto, veniva affermato che le interpretazioni pubblicate anche ufficialmente circa la nota del 22 luglio aggravavano in senso lesivo dei diritti della Santa Sede la portata della nota del 22 luglio, riguardo ai fatti compiuti a Roma e dei quali il Governo spagnuolo sembra farsi solidale. La nota ricorda che il presidente del Consiglio riconobbe testé nel Senato l'attaccamento della maggioranza degli spagnuoli all'indipendenza del pontefice, fondata, aggiunge il nunzio, sul potere temporale. La nota conchiude domandando spiegazioni.

Fece senso qui che l'Osservatore Romano attribuisse questa ultima frase alla nota del ministro di Stato. Forse l'Osservatore si credette a ciò autorizzato dal fatto che il ministro di Stato disse al nunzio come a me, che con l'affermare che nessuno tratta del potere temporale, egli parlava naturalmente dei membri del Gabinetto, né intendeva negare che quella questione fa parte del programma, per esempio, dei carlisti.

Nella nota responsiva del signor Elduayen al nunzio, non è fatta parola

del potere temporale. Essa si riferisce esclusivamente alla nota del 22 luglio,

che constatò il risultato degli schiarimenti cortesi ed amichevoli scambiati con

l'Italia; mantiene che questo Gabinetto, al pari dei suoi predecessori dopo la

restaurazione della monarchia legittima, ha considerato le proprie relazioni di

pace e di amicizia con le altre Potenze, e specialmente con l'Italia, come Indi

pendenti da qualsiasi responsabilità per parte sua verso fatti anteriori, sui quali

non è chiamato né si crede tenuto a pronunziarsi. II Gabinetto conferma nella

nota il suo proposito invariabile di consenare le stesse buone relazioni con tutte le Potenze cattoliche ed altre e di consolidare ancora di più, se è possibile, i legami d'affetto filiale che uniscono il re ed i suoi sudditi al pontefice, di cui la Spagna, come le altre Potenze, hanno a cuore l'indipendenza.

Non esito a confermare che in tali spiegazioni ufficiali al nunzio, questo Gabinetto è rimasto coerente col linguaggio a me tenuto e da me riferito a V. E. Se le due note venissero pubblicate, locché la Santa Sede pare non credere di sua convenienza, affermo sotto la mia responsabilità che da esse apparirebbe come un tentativo del nunzio d'intavolare ufficialmente qui la questione del potere temporale sia stata (l) positivamente declinata (l) da questo Gabinetto, con tutti i riguardi di forma ritenuti convenienti verso il capo spirituale de' cattolici; e che nella nota spagnuola non si troverebbe nulla che escluda che, ad assicurare l'indipendenza del pontefice, contribuiscano con piena efficacia le guarentigie solenni dell'Italia e le altre rappresentanze accreditate dalle Potenze presso la Santa Sede. Ho ricevuto in proposito dal signor Elduayen i dati più convincenti.

(l) -Ed. parzialmente in L'Italia tn Atrtca, Ettopta-Mar Hosso, tomo III; clt., p. 88. (2) -Cfr. n. 569. (3) -Non pubbllcato. (l) -Non rinvenuto. (2) -T. 803, non pubbUcato. (3) -T. 1676 del 12 dicembre 1884, non pubbllcato.. (4) -R. 89 e R. 91, non pubbUcatl. (5) -R. 77, non pubblicato.
575

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Costantinopoli, 12 dicembre 1884.

Ti ringrazio assai per la tua del 20 novembre (2), e pel pacco delle merci che giunse da parecchi giorni. E mi dirai poi il mio debito.

Le cose nostre interne vanno dunque benino, ed i pentarchi non si raccapezzano. Non resta dunque che ad augurare buona salute e lunghi giorni a Depretis, e poi Dio provvederà.

La politica estera mi sembra invece meno serena. E Mancini si dà evidentemente gran pena per salvare la capra e i cavoli, vale a dire se fare qualcosa ed in pari tempo non esporre l'Italia a gravi sacrifizi. Le dichiarazioni di de Launay a Berlino ed i commenti del giornale officioso non mancano tuttavia di una certa gravità (gli sguardi d'Italia sono rivolti ad altri lidi) soprattutto per chi ha la missione di rappresentare l'Italia presso il sultano. Naturalmente io non biasimo queste dichiarazioni, le quali sono tanto più opportune se il

R. Governo ha l'intendimento di andare innanzi all'emergenza. Eppure a me sembra grave cosa il far la guerra alla Turchia mentre tutte le altre Potenze, quella soprattutto presso la quale tu risiedi, desiderano colla maggiore ansietà il mantenimento della pace in Oriente. Di queste nostre aspirazioni tripolitane frattanto qui incominciano ad impensierirsi, e la Porta ha incaricato l'ambasciata imperiale a Roma di domandare spiegazioni, le quali furono soddisfacenti. E se son rose fioriranno. Ma questa volta non ci accontentiamo di parole, ché non sarà un segreto per te la nostra prossima occupazione formale di Beilul. E son curioso di vedere come verrà accolta in Italia questa ardita

impresa. Per dirla fra noi, a me sembra che se questa occupazione avesse immediatamente seguito il fatto dell'eccidio dei nostri la cosa sarebbe stata più opportuna, ed avressimo risparmiato molti disturbi al Governo egizio, non che un pochino di contraddizioni da parte nostra. Ma anche indipendentemente da questo dettaglio, ti dirò francamente che non ho mai creduto in Assab, né credo in Assab coll'aggiunta di Beilul, che la posizione topografica di quella costa non si presta ai commerci coll'interno, ed i nostri negozianti hanno abbastanza dimostrato che non vonno mordervi, né le colonizzazioni governative ponno riuscire se non s'appoggiano sui commerci privati. Passa, Beilul potrà servire a noi come Cipro servì a Beaconsfield e compagnia nel 78, il che auguro di cuore all'inventore. Non dubito però che i turchi mi faranno delle osservazioni in proposito, ma chi più si cura delle osservazioni dei turchi? Ed anche questa nube passerà come passarono le altre assai più grosse.

E frattando mi sembra che la Conferenza di Berlino zoppichi alquanto. Se le altre Potenze non ammettono le riserve dell'Inghilterra riguardo al Niger, evidentemente Malet si ritirerà, ed allora come si va innanzi? E darla vinta all'Inghilterra forse ripugnerà a Bismarck. Di modo che non mi meraviglierei se uno di questi giorni la Conferenza avesse a sciogliersi senza aver nulla concluso. Nella quale eventualità Bismarck si consolerà forse pensando che sia pure riuscito a far rivolgere tutti gli sguardi all'Africa ed a suscitarvi delle ingordigie e dei futuri conflitti che gli lasceranno le mani più libere in Europa.

Qui invece d'affari politici non ne abbiamo più. E siamo solo tormentati dagli affari correnti che al solito non camminano, soprattutto a causa del sultano che vuoi tutto vedere e decidere. Per dartene una idea ti dirò che avendo, dopo un anno di continui sforzi, ottenuto una decisione unanime del

Consiglio dei ministri in un affare che sta sommamente a cuore a Mancini, ci vollero ancora tre mesi per avere la sanzione sovrana, e Sua Maestà la rormulò ne' seguenti termini: «Accordo con rammarico l'autorizzazione richiesta». E noto che si trattava di reclamo di manifesta giustizia. E tiriamo innanzi.

Saprai che Pansa ha preso moglie, e l'aspetto fra breve colla consorte. Forse la vedrai a Vienna al suo passaggio. Ed io sarei sempre nell'intendimento dl spiegare le vele in febbraio se i padroni me lo permetteranno. Mi fece assai piacere la nomina di Thornton, il quale è mio antico collega ed amico di Washington. È una persona assai distinta calma e prudente, e son persuaso che sarà bene qui. Ma non vi abusare più a lungo del suo prezioso tempo.

(1) Sto.

(2) Cfr. n. ~18.

576

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI

T. 830. Roma, 13 dicembre 1884 ... (1).

Vous recevrez dans deux ou trois jours une lettre particulière que je vous al écrite explicant en détail notre s1tuation à l'égard de la reconnaissance

de l'i\ssociation africaine. Je dois maintenant ajouter quelques renseignements ultérieurs pour la règle de votre langage avec le Ministère des affairs étrangères. M. de Launay me dit qu'on a désormais une certitude presque absolue que la Conférence n'aura pas l'occasion de s'occuper ni de la question territoriale en général ni en particulier des revendications du Portugal. Il a donc cru devoir parler franchement au plénipotentiaire portugais, M. de Serpa, lui faisant remarquer que la reconnaissance de l'Angleterre, ainsi que celle de I'Autriche et de la Russie étant imminentes, l'Italie ne pourrait pas s'abstenir de reconnaitre elle aussi le pavillon de l'Association. M. Serpa convenait que de son còté le Portugal en ferait autant après règlement des points en controverse. Continuant l'entretien, le comte Launay a, d'après mes instructions, mis en avant l'idée que nous pourrions prendre comme base la convention allemande du 8 novembre, mais en supprimant la reconnaissance des frontières de l'Association et du nouvel Etat à créer, telles qu'elles sont indiquées dans la carte annexée à la convenction allemande. Le comte Launay ayant demandé, à cet égard, le sentiment de M. de Serpa, celui-ci lui a répondu, qu'-à son avis une pareille combinaison serait en effet envisagée à Lisbonne camme une marque d'égard envers sa Cour et san Gouvernement. Voici, dane, en résumé, et camme continuation de ma Iettre particulière, la méthode que nous comptons suivre. Nous attendrons d'abord que l'Angleterre se dispose à reconnaitre l'Association, après quoi nous procéderions également à faire acte de reconnaissance par la signature d'une convention modelée sur la convention allemande du 8 novembre, sauf la mention des frontières qui ne figurerait pas dans notre convention. Veuillez, après réception de ma lettre, préparer en ce sens l'esprit du ministre des affaires étrangères, qui appréciera, je n'en doute pas, comme M. Serpa, les exigences de notre situation, ainsi que notre désir de le concilier autant que possible avec le sauvegarde des intérets particuliers du Portugal.

(l) Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

577

IL MINISTRO DEGLI 'ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 831. Roma, 13 dicembre 1884, ore 14,30.

Merci de vos télégrammes concernant la reconnaissance de l'Association internationale. Votre langage a été parfait, soit avec MM. Strauch et Lambermont, soit avec M. Serpa. Du moment que l'Association se déclarerait satisfaite d'une reconnaissance, de notre part, qui laisserait à l'écart la question des frontières ce serait la meilleure des solutions. Je vais préparer en ce le terrain à Lisbonne en faisant valoir, entre autres, l'apprèciation favorable de

M. Serpa. Quant au moment le plus opportun, je pense que notre reconnaissance doit suivre immédiatement celle de l'Angleterre, et que nous pouvons ne pas nous préoccuper de ce que la Russie et l'Autriche vont faire. Je télégraphie à Londres, mais V. E. peut également se renseigner auprès de son collègue anglais. Veuiilez me dire si la convention doit, le cas échéant, étre signée à Berlin entre V. E. et M. Strauch et si dès · pouvoirs sont rtécessair,es.. pour • v. E.

Je vais vous transmettre le texte de la convention que nous pourrions stipuler en tenant compte des amendements indiqués par V. E. Ce texte reproduirait les cinq premiers articles de la convention allemande et contiendrait, au lieu de l'art. 6 de cette convention, un article conforme à l'indication transmise par votre dernier télégramme (l).

578

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 832. Roma, 13 dicembre 1884, ore 17,31.

Je suis peiné de voir lord Granville ne pas assez apprécier notre situation ni nos efforts pour seconder autant que possible l'action du Cabinet britannique en Egypte. Quant à l'attitude de M. Baravelli je n'ai rien à ajouter après nos explications antérieures et je ne vois vraiment pas comment nous pourrions nous y prendre pour modifier un état de choses qui échappe totalement à notre action. Quant à la demande russo-allemande, lord Granville est évidemment mal renseigné. M. de Martino, se conformant à nos premières instructions, n'a fait que promettre à son collègue russe de l'appuyer dans l'éventualité d'un refus. Il n'a jusqu'ici soufflé mot avec le Gouvernement égyptien et il attend encore, ainsi que je vous l'ai télégraphié hier, mes instructions définitives. Je désire que V. E. se ménage malgré l'absence de lord Granville de Londres, le moyen de dissiper ses préventions et de lui faire comprendre qu'une confiance entière doit présider à nos relations mutuelles. J'ai eu aujourd'hui l'occasion de m'exprimer en ce méme sens avec Lumley qui m'a promis de rendre compte de notre entretien à lord Granville.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 1725. Roma, 13 dicembre 1884.

Con telegramma dell'H dicembre (2) V. E. m'informava come, in un suo colloquio col signor di Serpa, ella gli avesse francamente dichiarato che, attese le favorevoli disposizioni delle Potenze verso l'Associazione internazionale africana, l'Italia non poteva, essa sola, astenersi dal riconoscerne la bandiera, e che anzi l'E. V. si credeva in debito di consigliare al Governo del re di non soprassedere nell'esame di questa questione. Ella soggiungeva al plenipotenziario portoghese che ci avrebbe suggerito di prendere come base la convenzione germanica, eliminando tuttavia l'articolo VI per evitare che fossero da noi rico

nosciute le frontiere dei territori dell'Associazione o del futuro Stato. Il signor di Serpa sembrò di mostrarsi compreso della necessità della situazione, poiché ebbe a dirle che lo stesso Portogallo avrebbe proceduto al riconoscimento dell'Associazione tosto che fossero composti i punti in controversia, e le dichiarava che la combinazione da lei proposta sarebbe considerata a Lisbona quale atto amichevole verso il Portogallo.

V. E. non trascurava poi di indagare presso il colonnello Strauch ed il barone Lambermont se un atto di riconoscimento che lasciasse in disparte la questione dei confini riescirebbe tuttavia gradito a Bruxelles, e ne aveva da quei personaggi la più esplicita assicurazione.

La ringrazio, signor conte, per le informa~ioni trasmessemi, e sono lieto di manifestarle la mia piena approvazione per le pratiche da lei fatte affine di avviare quest'affare verso una soddisfacente soluzione. Questa parmi essersi ottenuta poiché il nostro riconoscimento lascierebbe impregiudicate le rivendicazioni portoghesi, e darò istruzione al marchese Oldoini di predisporre quel Gabinetto dell'atto che stiamo per compiere, valendosi anche del favorevole apprezzamento a lei manifestato dal signor di Serpa.

Quanto al momento da scegliere mi parrebbe che il nostro riconoscimento possa seguire immediatamente quello dell'Inghilterra, e che non sia necessario preoccuparsi di ciò che l'Austria-Ungheria e la Russia saranno per fare. Ho telegrafato al conte Nigra (l) di tenermi esattamente informato delle disposizioni eh~ saranno prese dal Gabinetto di St-James, e sarà mia cura di tosto comunicarle ciò che egli mi riferirà, benché ella abbia modo di esserne ragguagliata dal suo collega britannico.

Prego intanto V. E. di farmi noto se la convenzione debba, verificandosi il caso, essere firmata a Berlino da lei e dal colonnello Strauch, e se le accorrano i pieni poteri. Il testo che le trasmetto qui unito riproduce la convenzione germanica, tenendo conto degli emendamenti da lei suggeriti. All'articolo VI della convenzione germanica sarà forse da sostituirsi una dichiarazione che riconosca l'autorità dell'Associazione sulle provincie da essa amministrate, formola che, secondo il suo telegramma del 12 (2), sarebbe stata adottata a Londra. Converrà tuttavia che la cosa sia meglio chiarita.

DI ciò che precede le diedi oggi stesso un cenno telegrafico che qui le confermo (3), rinnovandole, ecc.

ALLEGATO

PROJET DE CONVENTION ENTRE LE ROYAUME D'ITALIE ET L'ASSOCIATION INTERNATIONALE DU CONGO

Art. l"'r. L'Association i.nternationale du Congo s'engage à ne prélever aucun droit sur les articles ou marchandises importés directement ou en transit dans ses possessions, présentes et futures, des bassins du Congo et du Nia.di-Kwilu ou dans ses possessions situées au bord de l'Océan At1antique. Cette franchise de droits s'étend particulièrement aux marchandises et 'articles de commerce qui sont transportés par les routes établies autour des ca:taractes du Congo.

.Art: .2. Les sujets du Royaume d'Italie auront le droìt de·séjourner et de s'établir .sur les territoires de l'Association. Ils seront traités sur le méme pied que les sujets de la Nation la plus favorisée, y compris les habitants du Pays, en ce qui concerne la protection de leurs personnes et de leurs biens, le libre exercke de leurs cultes, la revendication et la défense de leurs droits, ainsi que pax rappor:t à la navigation, au commerce et à l'industrie.

Spécialement ils auront le droit d'acheter, de vendre et de louer des terres et des édifices si!tués sur les territoires de l'Association, d'y fonder des maisons de commerce et d'y faixe le commerce ou le cabotage sous pavillon italien.

Art. 3. L'Association s'engage à ne jamais accorder d'avantages, n'importe lesquels, aux sujets d'une aUttre Nation, sans que ces avantages soient immédiatement étendus aux sujets italiens.

AI1t. 4. En cas de cession du terri·toire actuel ou futur de l'Association ou d'une partie de ce territoire, les obligations contractées par l'Association envers le Royaume d'Italie seront imposées à l'acquéreur. Ces obligations et les droits àccordés par l'Association au Royaume d'Italie et à ses sujets resteront en vigueur après toute cesslon visà-vis de chaque nouvel acquéreur.

Art. 5. L'Empire d'Allemagne reconna.it le pavillon de l'Association, drapeau bleu avec étoile d'or au centre, comme celui d'un Etat ami.

Art. 6....

Art. 7. Cette convention sera ratifiée et les ratifiootions seront échangées dans le plus bref délai possible. Cette convention entrera en vigueur immédiatement après l'échange des ratifications. Ainsi fait à ...

(l) -T. 1679 del 12 dicembre 1884, non pubblicato. (2) -ctr. n. 1170. · (l) -T. 826 del 12 dicembre 1884, non pubblicato. (2) -T. 1679, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 577.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Berlino, 13 dicembre 1884.

Votre très amicale et intéressante lettre du 4 décembre (l) est venue fort agréablement interrompre le cours de mes idées qui depuis plus d'un mois se concentrent dans les régions africaines.

Je vous félicite d'avoir conduit à bonne conclusion l'affaire de la peche. C'est votre habilité et surtout votre énergie qui vous doivent ce succès.

La Conférence marche avec lenteur ce qui était à prévoir du moment où après la séance d'ouverture, le prince de Bismarck se dérobait derrière le paravent. Il eut fallu son autorité pour mener les choses rondement camme il le faisait au Congrès de 1878. Certains désaccords se manifestent entre l'Allemagne et la France, notamment sur une motion américaine voulant appliquer non seulement aux voies fluviales, mais à tout le bassin du Congo, l'immunité de guerre. L'Allemagne (à laquelle se joindront évidemment l'Autriche et la Russie) et l'Angleterre appuyent cette motion, tandis que la France et le Portugal la combattent. J'ai pri$ position dans le premier groupe des Puissances. J'ai meme sans demander des instructions à Rome présenté deux propositLons éventuelles et subsidiaires afin de rapprocher un peu les divergences de vues et d'intérets dans le cas où la proposition américaine subirait des avaries. Il me semblait que l'Italie, relativement moins engagée dans ces ques

tions africaines, pouvait faire entendre sa voix impartiale pour le développement pacifique des intérets mòraux et matériels que nous cherchons tous à favoriser autant qu'il peut dépendre de nous. Je tenais en outre à ce que l'Italia ne figuràt pas à titre de simple figurant. de doublure ou de satellite à cette Conférence. Jusqu'ici, et je m'en réjouis, je n'al pas lu dans les journaux, du moins que je reçois de notre Pays, des critiques sur une semblable attitude. Elles viendront peut-etre, plus tard et c'est en quelque sorte pour aller au devant d'elles, que j'avais écrit mon rapport du 12 novembre (l) qui appelait votre bienveillante et indulgente attention.

Dieu seul salt tout ce que ce travail me colite de veilles et de travail. Il est dans mon caractère d'accomplir, sans aucun ménagement pour mes forces, ce que je crois mon devoir. On s'use à ce métier, lors meme que l'on jouisse d'une constitution robuste camme nous autres gens du nord de l'Italia.

Les instructions de M. Mancini sont en effet parfaitement en situation et je m'en suis prévalu presque à la lettre dans mon premier exposé à la seconde séance. Elles m'ont mis un peu à l'aise dans ma conduite. Il est regrettable qu'il ne soit pas aussi apprécié à Vienne et à Berlin, comme il conviendrait qu'il le fftt dans l'intéret de nos relations. Il a sans doute ses défauts; il a sa queue d'antécedents d'anciens partisans dont il ne peut se défaire et qui le genent plus d'une fois; main en somme il a fait davantage dans notre mouvement de conversion vers Vienne et Berlin, que tous les ministres qui se sont succédés ·au pouvoir depuis 1866. Il est vrai que nous avons un peu beaucoup émietté les avantages dérivant de cette situation, et que nous en sommes reduit à la forme plutòt qu'à la réalité de l'alliance. Mais cela est le contrecoup plus peut-etre de notre politique intérieure, que de celle extérieure. Camme vous, je ne vois guère qui pourrait succéder à M. Mancini, ou plutòt je le vois parfaitement si vous vouliez vous méme accepter de recueillir la succession quand elle deviendra vacante. Vous etes plus jeune que moi; vous avez des adhérences dans l'armée, et dans les classec de notre société officielle et privée. Ayant quitté le Pays à un age plus avancé que moi, vous en connaissez mieux les conditions intérieures, les hommes et les choses. Vous avez dane des requisiti essentiels qui me font défaut. C'est ce que je sentais parfaitement quand, sur la proposition de M. Depretis, le roi Victor Emmanuel m'offrait le portefeuille des affaires étrangères. Une autre fois Sa Majesté était venu à la charge, et avec sa bonté accoutumée, il avait compris mes motifs. Le roi Humbert le salt; à moins d'un grave péril pour la Monarchie devant lequel chacun serait prét à se dévouer et méme à tomber sur la brèche, je crois que ma piace est mieux à l'étranger qu'à l'intérieur. Je ne sais si je rends de véritables services à Berlin, mais j'y suis mieux à méme de les rendre éventuellement ici que dans le palais de la Consulta. Je vous le répète, je ne vois que vous pour occuper cette piace importante, lors méme que je chercherais en vain qui pourrait si non vous remplacer, du moins vous succéder à Vienne. Tornielli aura plus tard avec l'age que tempérera son caractère des qualités précieuses pour ce portefeuille; mais H faut le laisser murir. Nigra ne manque certes pas de capacité, mais camme vous le dites il passe pour étre trop français, trop napoléonien.

Une affaire qul m'occupe en ce moment, c'est la reconnaissance par l'Italie de l'Association internationale du Congo déjà faite par les Etats-Unis et l'Allemagne et qui le sera demain par l'Angleterre. Mon avis partagé à Rome c'est que nous devrions arriver après la Grande-Bretagne sans attendre la Russie et l'Autriche d'accord en principe et qui suivront le mouvement, quoique nous ne comptions pas parmi les Puissances ayant des possessions en Afrique, car le point microscopique d'Assab est un danger plus qu'un avantage sous les conditions où nous l'avont acquis, nous sommes cependant plus près de ce continent, nous y avons dés intérets majeurs que ceux de l'Autriche et surtout de la Russie. Il serait dane nature! de les devancer, tout en usant de certains ménagements à l'egard de la cour de famille du Portugal.

Aussi les négociations que je poursuis ici sont-elles tenues très secrètes.

Je suis bien aise d'apprendre que l'ambassadrice et vos enfants sont parfaitement bien. Je ne puis en dire autant de Madame de Launay dont la santé exige toujours beaucoup de soins. Je redoute pour elle les fatigues de l'hiver. Elle a été très sensible à votre aimable message. Nous vous en remercions tous les deux.

Nos délégués pour la Conference se morfondent; disent qu'ils n'ont rien à faire; je les persuade de mon mieux à rester jusqu'à la clòture, à laquelle on ne désespère pas d'arriver pour NolH.

J'ai retenu ici Signoroni un j,our de plus, car hier le temps me manquait absolument pour préparer san expédition.

(l) Non pubblicata.

(l) R. 3649, DOD pubbllcato.

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IL MHHSTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA

D. 370. Roma, 14 dicembre 1884.

In relazione al mio dispaccio delli 5 dicembre n. 366 di q.s. (1), mi pregio di trasmettere a vossignoria l'unita copia di una nota verbale diretta dal ministro francese degli affari esteri all'ambasciatore del re a Parigi, colla quale viene accettata la nostra proposta di affidare a vossignoria ed all'agente francese di Obock l'incarico di procedere alla verifica dei confini tra quel possedimento ed il sultanato di Raheita.

Ella osserverà come in questo documento il Governo francese affermi che, in virtù di convenzione conchiusa con i capi danakil lì 11 marzo 1862, esso possa vantare diritto sopra tutta la costa al sud del Capo Dumurak; e tale affermazione sarebbe, per vero dire, confermata dalle informazioni che il r. agente e console generale in Cairo ci trasmetteva con rapporto delli 21 febbraio 1884, inserito al

n. 375 della serie XXIII (2).

Ella avrà costì modo di appurare le cose; e, se veramente questa convenzione esiste nei termini riferiti dal signor Ferry, l'autorizzo a dimostrarsi condi

scendente nelle sue trattative col signor Lagarde quanto sia necessario per comporre in modo equo questa vertenza.

Le trasmetto ad ogni buon fine il numero del Journal Officiel del 25 dicembre 1880 (1), nel quale si contiene l'avviso di cui era cenno nel mio precedente dispaccio.

(l) -Cfr. n. 559. (2) -R. 1053, non pubblicato.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA (2)

T. 838. Roma, 15 dicembre 1884, ore 12,20.

Je dois ne pas vous cacher que les fausses nouvelles concernant des occupations italiennes dans la Mer Rouge ont, malgré nos démentis réitérés, crée chez nous une situation des plus embarrassantes, dont le contrecoup se fait vivement sentir dans nos Chambres. Ce qui augmente notre embarras, c'est la incertude absolue dans laquelle le Cabinet britannique nous laisse au sujet de ses intentions. Dans cet ètat de choses, toute réserve faite en vue de nos délibérations ultérieures, et pour le cas où des considérations parlementaires nous indiquent l'opportunité de faire quelque chose pour donner satisfaction à l'esprit national, je prie V.E. de me dire son sentiment au sujet de la façon dont l'Angleterre envisagerait une prise de position de notre part, mème avec caractére provisoire, a Zula, au sud de Massaua, et sur la còte voisine, d'où nous pourrions, le cas échéant, nous prèter avec plus de facilité aux combinaisons ultérieures qui seraient arrètées d'accord entre nous et l'Angleterre. Ce n'est pas que nous attachions un grand prix à l'occupation d'un point dont le voisinage de Massaua rend fort problématique l'utilité, mais notre but serait d'amener l'opinion publique et le Parlement, chez nous, à prendre patience jusqu'au dénouement de la situation actuelle. L'absence de lord Granville constitue une difficulté; mais si V.E. avait lieu de penser que les dispositions sont bonnes, vous pourriez considérer s'il vaut la peine de faire une course à Walmer Castle pour s'assurer d'une manière positive des vues du Cabinet anglais.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. CONFIDENZIALE 1728. Roma, 16 dicembre 1884.

L'ambasciatore del re a Londra mi ha informato che il 13 dicembre furono dal Foreign office spediti a Berlino i progetti di dichiarazione e di convenzione relativi al riconoscimento dell'Associazione internazionale africana per parte della Gran Bretagna. Il conte Nigra ebbe da lord Granville, in via confidenziale, comunicazione di quei documenti, e si affrettò di telegrafarmene sommariamente il contenuto.

(l\ Non pubblicato.

~O -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XVII-XVIII

L'Associazione notifica in una dichiarazione la sua costituzione, i suoi possedimenti, la sua bandiera, i suoi intendimenti di applicare il libero scambio, la libertà di culto, ed il libero esercizio di ogni altro diritto in favore degli stranieri, ed il proposito suo di impedire la tratta degli schiavi.

Il Governo britannico dichiara, per parte sua, in una nota brevissima la propria simpatia ed approvazione per gli scopi umanitari dell'Associazione, e riconosce la bandiera dell'Associazione e degli Stati liberi posti sotto la sua amministrazione come la bandiera d'uno Stato amico.

Il progetto di convenzione, poi, ha dieci articoli:

1) esenzione in favore dei sudditi britannici dai diritti di dogana; 2) diritto di residenza e di traffico; 3) trattamento della Nazione più favorita; 4) stabilimento e protezione dei consoli; 5) giurisdizione consolare fra i sudditi britannici in materia civile e penale; 6) rispetto delle leggi territoriali; 7) amministrazione della giustizia e repressione delle aggressioni commesse contro sudditi britannici secondo le leggi territoriali; 8) obbligo, in caso di contestazioni fra sudditi britannici ed indigeni, di tentare anzitutto un amichevole componimento dinanzi il console inglese; 9) le autorità consolari e le autorità locali si adoperano in ogni miglior modo per far pagare rispettivamente i debiti dei. sudditi britannici e degli indigeni, ma non saranno responsabili del pagamento; 10) 'l'Associazione non potrà fare cessione alcuna di territorio se non alla condizione che gli impegni contratti nella convenzione rimarranno in vigore nei territori ceduti.

La fmmola adottata dall'Inghilterra per il riconoscimento dell'Associazione mi sembra più completa e migliore di quella adoperata dalla Germania; epperò prego V.E. di volermi proporre, valendosi anche dell'opera dei nostri delegati tecnici alla Conferenza, uno schema di dichiarazione e di convenzione che riproduca quelle stipulazioni dell'una e dell'altra formala che le sembreranno da conservarsi, aggiungendovi quelle altre che per avventura ella stimasse convenienti. Avvertirò solo che, all'intento di usare verso il Portogallo ogni maggior possibile riguardo, dovrebbe essere interamente eliminato ogni accenno a riconoscimento di confini territoriali. Il marchese Oldoini mi ha a questo riguardo telegrafato stamane che, avendo avuto col signor di Bocage un apposito colloquio per informarlo dei nostri intendimenti, ne ebbe la dichiarazione che considererebbe tale omissione nella nostra convenzione coll'Associazione, quale atto amichevole verso il Governo portoghese. Di guisa che, ove s'abbia questa avvertenza, nulla più s'oppone al riconoscimento dell'Associazione per parte nostra, il quale potrà seguire immediatamente quello dell'Inghilterra, ed anche avvenire nello stesso tempo, se è possibile.

V.E. troverà qui uniti i sovrani pieni poteri che l'autorizzano a stipulare la convenzione. La prego d'inviarmi il più sollecitamente che sia possibile Io schema definitivo che sarà da lei preparato acciò, avendole sottocchio, io P<>SSa darle, anche per telegrafo, l'autorizzazione di sottoscrivere il trattato.

Di ciò che precede le diedi un cenno con i miei telegrammi di ieri (l) e di oggi (2), che qui le confermo, ecc.

(2) Ed. 1n L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo UI, c1t., pp• .89-90.

(l) -T. 16D2, del 15 dicembre 1884, non pubbllcato. (2) -T. 1700. del 16 dicembre 1884, non pubblicato.
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IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 469. Assab, 16 dicembre 1884 (per. il 5 gennaio 1885).

Il giorno 8 del corrente mese il sceik Abd el-Rahman ed il corriere abissino Gosciù latore di diverse lettere dell'Antonelli, giungevano in Assab dopo un viaggio di ritorno dallo Scioa di ventisette giorni compresavi una fermata di dieci giorni all'Aussa. Trasmetto all'E.V. la lettera indirizzatale dal conte Antonelli e copia di quella che il medesimo mi scrive, come pure di altra lettera di. S. M. il Re Menelik (2).

L'arrivo opportuno del conte Antonelli presso il re dello Scioa ha prodotto l'effetto attesone, e sarebbe certamente desiderabile di vedere prolungarsi il soggiorno in quei Paesi di quel distinto invi:ato, il quale saprà stornare tutti gli intrighi che si è cercato e si cercherà ancora di creare a detrimento di questo possedimento nazionale, ed in generale a detrimento d'ogni influenza italiana, perché quella sola di altri sia sempre dovunque prépondérante et incontestée.

È indubitabile però che, se i sacrificj del R. Governo furono già non pochi, esso dovrà continuarli ed essere instancabile se vuole assicurare definitivamente e stabilmente la nostra posizione in questi Paesi dell'interno ed in Abissinia specialmente: il voler ottenere e conservare il monopolio delle relazioni con lo Scioa richiede un lavorio costante e perseverante e occorre assolutamente che l'Antonelli si sacrifichi ed accetti di rimanere presso quel re sino a fatti compiuti e stabilmente realizzati e bene avviati. Il cercare di circondare il re Menelik da elemento italiano scelto, che si sappia adattare alla situazione ed intendere lo scopo della propria missione, è cosa da studiarsi seriamente e prepararsi: uno o due ufficiali istruttori, per esempio, un bravo medico addetto alla persona del re e lo accompagni dovunque, qualche operaio, armajuolo, fabbro, falegname, ecc.

Le disposizioni dell'Anfari si mantengono anche ottime a nostro riguardo, egli stesso me lo scrive, e di ciò anche mi assicura lo sceik Abd el-Rahman; l'opera di quest'ultimo agente è senza dubbio efficacissima, e ci è di assoluta necessità: il mantenerlo però in questa rotta non è problema di sicura soluzione, e richiederà ancora pazienza e sacrifrizj da parte nostra; questa mia riflessione può sembrare strana a chi non ha vissuto con questa gente in Paese loro ed ha imparato a ben conoscerli.

Comunque sia, dall'avviamento attuale delle cose potremo sperare un esito favorevole e definitivo, ma sempre però alle condizioni sopra accennate.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo III, cit.• p. 90.

(2) Non si pubblicano.

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IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI,

R. 472. Assab, 16 dicembre 1884 (per. il 5 gennaio 1885).

Trasmetto all'E.V. traduzione della convenzione che ieri ho mandato al sultano Hummed Loeita per mezzo di persona fidata affinché egli vi opponesse la sua firma o sigillo, e si riconoscesse formalmente impegnato verso di noi, e poi verso di lui in base alle clausole della sopradetta convenzione che a norma delle istruzioni dell'E.V. ho redatto nel senso medesimo di quella con il sultano di Raheita.

Per quanto avessi desiderato di finire prima quella pendenza ho dovuto subire tutto quel ritardo per mancanza di persona fidata e per la distanza che ci separa da Tagiura; spero fra un dieci giorni di avere una risposta, e, se, come ho ben raccomandato di verificare, il Loeta non è già impegnato con la Francia, la risposta sua non potrà essere che favorevole, e per quell'epoca avrò in mano quella convenzione già firmata; mi farò allora premura di telegrafarlo all'E.V.

Invitato a fare qualche considerazione sul golfo di Tagiura, dirò francamente che dobbiamo rammaricarci di non aver potuto precedere i francesi nel possesso o nel protettorato di tutta quella sponda nord del medesimo golfo. Da quanto ho potuto giudicare costeggiando quel litorale, ho trovato quel Paese ben diverso dalla torrida descrizione fattamene, la natura di quel suolo non è vulcanica ed è in certo-'modo produttiva in senso che non fanno difetto le boscaglie di piante diverse, ed il pascolo per i cammelli è abondante a principiare da mezz'ora al di sotto di Obock sino quasi all'ingresso di Kuffet el Karab, e certamente Tagiura ed ancora più particolarmente Sagallo, perché più a sud sono località indicatissime per la formazione di numerose carovane, che vi s'i possono concentrare senza tema di difettare di pascolo e d'acqua per i cammelli.

L~> «Vedetta» non essendosi inoltrata nel fondo del golfo non potrei parlare della località propostaci con sufficiente cognizione di causa, al dire di Loeita e di tutta quella gente dabokken offrirebbe vantaggi maggiori e sarebbe preferibile a Sagallo (ciò che non credo); le soprasta la montagna di Gudà ricca di acque e di vegetazione. Ammettendo anche quella migliore ipotesi per la situazione a terra e per i dintorni, non si potrà però dirne altrettanto per l'ancoraggio, che a causa della profondità del mare di Kuffet el Karab deve offrire molti inconvenienti a giudicarne almeno dalle descrizioni del Portolano; tralasciando dall'inconveniente immenso di dover passare sotto la bandiera francese per entrare in quel mare interno, vi sarebbe però una seconda entrata verso la sponda sud, ma di più difficile accesso, poco distante dalla prima e sempre a tiro di altri. Sulla costa sud, appartenente al sultano Hummed Loeita benché spesso contastata dagli issa somali quando sono in guerra coi danaki, su quella costa prima di entrare nel Kuffet Karab il Loeita non ha difficoltà a concederci una stazione e difatti il Portolano segue un ancoraggio possibile, ma da lì a Dabokken o a raggiungere la strada normale delle carovane vi è una forte distanza e specialmente poi la strada è impraticabile per i cammelli, a meno di fare un gran giro. Sulla

sponda di Kuffet el Karab, a sinistra entrando, in fondo al golfo, vi sarebbe

anche un'altra stazione chiamata Adaieli, vantata dai danakil, e dalla quale si

raggiungerebbe per facile e breve via la strada di Harar.

Sono tutte cose di cui è difficile parlare senza essere stato sui luoghi, o

almeno averli veduti da vicino. È certo però che lo stabilirsi in uno di quei tre

punti e specialmente in quelli della costa a sud implicherebbe la necessità di

relazioni con gli issa somali, tribù che godono di poca buona reputazione per i

ladroneggi continui e rapine che commettono a danno dei danakil.

E a meno che le mire o intendimenti del R. Governo abbracciano un più

vasto orizzonte un'installazione in una di quei tre punti comporterebbe spese

non indifferenti.

Capisca d'altro canto che la concorrenza francese di Obock sarà fatale alle

relazioni di Assab con lo Scioa se non si cerca di neutralizzarla a tempo, giac

ché anche quando quel Governo si dichiarasse, ciò che non credo, indifferente,

i suoi negozianti incoraggiati di sotto mano e protetti cercheranno in mille

modi di screditare questo nostro possedimento, ed i vantaggi che offre il nuovo

territorio annesso al loro Obock attireranno più facilmente la merce a Sagallo

da dove in poche ore potrà essere trasportava per mare sino ad Obock.

Rispondendo ad altro quesito del riverito dis·paccio del 4 novembre n. 349 (l) posso assicurare all'E. V. che i pascoli di Assai, se esistono, non potrebbero in nessun modo servire alle carovane che hanno per obiettivo Assab, perché non converrà mai ad una carovana diretta ad Assab di giungere quasi a Dabokken

o a Sagallo per poi ripiegarsi per via non troppo facile sopra Assab: i 220 cammelli raccolti ultimamente nei dintorni del lago Assai e della montagna di Gudà hanno impiegato 12 giorni per venire sino ad Assab e ben inteso senza carico.

Da ciò si capisce che una carovana formatasi per esempio a Dabokken dovrà andare via da Aussa se diretta a Gofra, e per la via di Harar se diretta ad Ankober. Da Dabokken all'Aussa si calcolano quattro giorni per un corriere a piedi e dieci giorni almeno per cammello di carovana. Da Dabokken a Harar sono 18 giorni per carovana.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1710. Londra, 17 dicembre 1884, ore 17,20 (per. ore 20,15).

J'ai pu attraper aujourd'hui Granville entre deux courses. Je lui ai posé entre autres les questions suivantes: Gouvernement anglais a-t-il un pian arrèté pour les ports de la Mer Rouge, et est-il disposé à nous le communiquer? A-t-il des objections à ce que l'Italie fasse occuper provisoirement Zoulla? Granville m'a répondu que le Cabinet anglais n'avait pas encore de plan arrèté, mais qu'il prenait engagement de nous le communiquer lors qu'il sera sur le point d'en arrèter un. Quant à la question de Zoulla et Massaua, Granville s'est réservé de me dire quelque chose de précis à Walmer où je serai dimanche.

N'oubliez pas qu'ici on s'en remet beaucoup aux conseils de sir Baring. Granville m'a dit qu'il serait désirable que De Martino laisse comprendre que le Gouvernement italien, tout en n'ayant aucune objection à la nomination des commissaires autrichien et allemand, croit pourtant que cette question ne peut pas etre résolue convenablement et pratiquement avant celle des propositions anglaises. Le Gouvernement anglais admet du reste en principe la nomination des deux commissaires.

(l) Nor, pubblicato.

587

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2211. Vienna, 17 dicembre 1884 (per. il 22).

Discorrendo ieri col conte Kalnoky al suo ebdomadario ricevimento intorno alle varie questioni d'attualità, come di ragione si parlò anche degli affari d'Egitto.

S.E. dissemi avere lord Granville ins~stito presso l'incaricato d'affari imperiale a Londra onde avere prontamente risposta intorno al memorandum che egli ebbe a far tenere al Gabinetto di Vienna al pari che agli altri delle Grandi Potenze, sull'assestamento delle finanze egiziane. Il conte Kalnoky ripetevami le sue idee già altre volte dettemi intorno a quella questione: che cioè essa è dal Gabinetto di Vienna considerata unicamente sotto il punto di vista finanziario, ma che non conviene nascondersi che per altri Gabinetti più direttamente interessati la cosa è anzitutto politica. A questo proposito egli facevami rilevare, che mal s'appone il Gabinetto di S. James, allorché vuoi mettere in luce che le sue recenti proposte già furono in gran parte accettate dalla Conferenza di Londra. S.E. osservava al riguardo che alla detta Conferenza le proposte finanziarie che effettivamente erano state favorevolmente accolte erano direttamente legate ad impegni di natura politica, che il Gabinetto brittannico assumevasi allora e di cui non si fa più parola oggi; mancando cosi quella base gli accordi che su di essa appoggiavano non hanno più ora valore di sorta.

n conte Kalnoky del resto aggiungeva che per conto suo aspettava che i Gabinetti più interessati si pronunciassero; ed a questo proposito narravami aver lord Granville detto all'incaricato d'affari imperiale: che salvo il Gabinetto di Roma che aveva tosto risposto confidenzialmente nessun'altro Gabinetto si era ancora pronunciato in maniera alcuna. Il nobile lord aveva lamentato tale non giustificabile silenzio, facendo indirettamente intendere al suo interlocutore, che, ove dovesse prolungarsi, le fatte proposte, pregiudicate dal trascorso tempo d'inoperosità, non potrebbero più essere mantenute, e lasciava quindi trasparire l'eventualità della bancarotta egiziana. Il conte Kalnoky non si mostrava di ciò impensierito poiché siccome egli dicevami è constatato che l'Egitto può perfettamente far fronte a tutti i suoi impegni purché si lasci libera la mano alla commissione di liquidazione e gli inglesi cessino dal pesare sull'Egitto con il loro corpo d'occupazione ed in ogni altra maniera.

Non credetti per conto mio dover entrare in discussione su tale apprezzamento, ma parvemi opportuno rilevare quanto mi era stato detto intorno alla

già espressa confidenziale approvazione della proposta contenuta nel memo

randum, da parte del Gabinetto di Roma, ed osservai a questo proposito, nulla

constarmi fino ad ora di quella approvazione così esplicita del mio Governo di

cui l'incaricato d'affari imperiale avrebbe avuta conoscenza da lord Granville.

Dissi nCJn dubitare che il R. Governo avrà fatto al Gabinetto di Londra una prima

risposta ·cortese, e simpatica anche ad un pronto assestamento della questione;

ma che ripetevo non mi constava si fosse da parte nostra fatto di più fino ad

ora, e che quindi intanto doveva ritenere non fondata la versione ripetuta dal

l'incaricato d'affari imperiali. Al che S.E. rispose confermando la pervenutagli

informazione, e notando che non si trattava di una risposta ufficiale da parte

nostra, ma solo di una comunicazione confidenziale. Avrei potuto a questo pro

posito osservare, a mia volta, che sarebbe assai strano che di una comunica

zione confidenziale di quella natura, lord Granville avesse creduto farne uso

coll'incaricato d'affari austro-ungarico, ma parvemi inutile prolungare quella

discussione e quindi non aggiunsi altro.

Non credo poi dover tralasciare di riferire all'E.V. che tanto il tuono del linguaggio tenutomi dal conte Kalnoky in questa circostanza, come le osservazioni, che mano mano ebbe a farmi intorno alla politica che l'Inghilterra segue in Egitto, accentuavano quel ben preciso malvolere contro il Governo brittannico che dalle rive della Sprea si ripercuote su quelle del Danubio.

588

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. RISERVATO 2213. Vienna, 18 dicembre 1884 (per. il 22).

La chiusura delle delegazioni ha segnato per l'Austria il termine di ogni discussione di politica estera e dirò anche di qualsiasi attività del Gabinetto di Vienna in tal senso. Il conte Kalnoky ha chiaramente fatto comprendere che in fatto di politica estera l'Austria-Ungheria e la Germania non formano più che uno Stato solo; or bene la così intima alleanza con uno Stato ultra-potente quale è la Germania oggi governata dal principe di Bismarck non può essere che il completo assoggettamento dell'altro Stato, ed è infatti ciò che ognuno sente qui, e che precisamente si verifica.

Non è mio intendimento criticare questo stato di cose creato dalle circostanze e dalla perspicacia del cancelliere germanico, mi limito a constatare il fatto che d'altronde non è di natura a sfuggire all'attenzione degli altri Gabinetti, ed a ciò sanno rassegnarsi tutti in Austria-Ungheria compresi anche quelli cui la cosa garba meno.

La dichiarazione che il conte Andrassy ebbe a fare alle delegazioni intorno al rifiuto da lui opposto al desiderio, espresso dal principe di Bismarck, che il trattato di alleanza venisse inarticolato nelle sue costituzioni delle Monarchie ha dato luogo a svariati apprezzamenti e molti hanno supposto che il nobile conte abbia fatto quelle dichiarazioni per mettersi a capo di una opposizione contro la politica estera del conte Kalnoky. Il linguaggio poco prudente da lui tenuto in quella circostanza riuscì infatti increscioso al ministro imperiale degli affari esteri e mi risulta che, come è assai naturale, il principe di Bismarck ne fu assai seccato. Questo risultato doveva prevedersi da chi per tanti anni fu al ti'mone degli affari: ma ciò nondimeno i meglio informati sono d'avviso che ciò che lo spinse a commettere quell'indiscrezione non fu l'intendimento di porre ostacoli alla politica estera ma bensì il bisogno di mettersi in evidenza facendo parlare di sé. Come Alcibiade il conte Andrassy sente il bisogno di quando in quando di tagliare un ·pezzo di coda al suo cane per non essere dimenticato.

L'egregio uomo, dal giorno in cui lasciò volontariamente il potere persuaso di esservi richiamato quanto prima in condizioni per lui più piacevoli, si secca mortalmente e comincia ad accorgersi che il sovrano non prova il bisogno affatto di riaverlo al suo fianco. La notevole menomazione della sua persona, anche nelle relazioni sociali che ne risulta, gli è spiacevolissima; ed è forse più gravemente sentita dalla contessa Andrassy, che dopo di essere stata per lungo tempo la prima dama della Monarchia, non è più oggi che la terza o la quarta dell'Ungheria. In ogni tempo ed in ogni paese queste questioni femminili hanno sempre avuto ed avranno una non lieve importanza quindi chi vuole e deve essere scrupoloso osservatore deve tenerne conto e prenderne nota.

Dal fin qui detto emerge che il conte Andrassy vuoi riacquistare influenza in Ungheria, mettersi in evidenza onde trovarsi portato sugli scudj e riafferare il perduto potere, il giorno in cui il conte Kalnoky facesse un qualche passo falso ,di natura a compromettere la sua posizione. Onde farsi perdonare dal cancelliere germanico la sua scappata dinanzi alle delegazioni, egli chiese ed ottenne che un suo figlio, testé entrato come addetto nella diplomazia austroungarica, venga destinato all'ambasciata di Berlino, motivando la cosa col vivo suo desiderio che il giovane diplomatico impari a conoscere da vicino il più grande uomo di Stato dei tempi moderni. Forse egli spera anche di riuscire in tale maniera a stabilire un anello diretto fra il principe cancelliere e lui, che in date circostanze potrebbe giovare grandemente ai suoi intenti. In questa Monarchia però come è ben noto, né il Parlamento né l'opinione pubblica indicano al sovrano i personaggi a cui si abbiano da affidare i portafogli che egli si riserba interamente libero, a senso del testuale disposto della costituzione, di dare a chi meglio crede atto ad assecondare ai suoi intendimenti. Or bene sembra ora meno probabile che mai che il monarca voglia chiamare a suo primo consigliere il conte Andrassy che precisamente in questo momento si fa a caldeggiare la proposta d'introdurre anche nella Camera alta d'Ungheria l'elemento elettivo: idea questa a cui è affatto contrario il Sovrano che ebbe a dire di avere già più che a sufficienza a Pest di una assemblea elettiva e quindi di non volerne una seconda.

Ritengo quindi che il conte Andrassy avrà un bel dimenarsi ma non tornerà al potere salvo che avvengano circostanze tali che rovescino l'ordine naturale d.elle cose.

Per assai lungo tempo quindi il conte Kalnoky, la di cui personalità è tanto più grata all'imperatore, che gli fa difetto una base politica, può essere assicurato dì conservare il suo portafoglio ed il principe di Bismarck può fare assegno di continuare a dirigere la politica estera dell'Austria-Ungheria senza incontrare ostacoli serii per parte del Gabinetto di Vienna.

589

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. CONFIDENZIALISSIMO 850. Roma, 20 dicembre 1884, ore 11,15.

La situation dans la Mer Rouge nous préoccupe. Elle forme depuis quelque temps l'objet de pourparlers entre Nigra et Granville. Nous nous sommes déclarés disposés à nous préter à certaines combinaisons gràce auxquelles en prenant position avec l'acquiescement tacite de l'Angleterre, sur quelque point de ces parages, nous contribuerions à nous garantir mutuellement contre toute surprise de la part d'une tierce Puissance. Nigra nous dit (l) que l'opinion de Baring en cette matière a grand poids aux yeux du Cabinet anglais. Tàchez de l'amener à télégraphier le plus tòt possible dans un sens favorable à ces vues.

590

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, NIGRA, A PARIGI, MENABREA, A PIETROBURGO, GREPPI, A VIENNA, DI ROBILANT, AI MINISTRI A BRUXELLES, MAFFEI, E A LISBONA, OLDOINI

T. 853. Roma, 20 dicembre 1884, ore 12,45.

Notre convention pour la reconnaissance de l'Association internationale africaine a été signée hier à Berlin.

591

IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 474. Assab, 20 dicembre 1884 (per. il 7 gennaio).

Il comandante Buonocore, con la sua lettera del 18 ricevuta ieri (2), mi annunzia che, arrivato in Beilul, vi aveva trovato il rappresentante egiziano, certo Naieb Osman, con una quarantina di soldati, accampati tutt'ora nel recinto ove si estendono le capanne che formano il quartiere delle truppe egiziane: il medesimo Naieb accolse con piacere la notizia datagli di un prossimo richiamo da Beilul, di~hiarando però che in mancanza di ordini superiori egli doveva aspettare di riceverli per poi conformarvisi; disse che difatti pochi giorni prima un vapore egiziano aveva imbarcato la metà della guarnigione, senza dare alcuna spiegazione al riguardo.

I capi del Paese invitati a riunirsi dal Naieb per ricevere le comunicazioni del comandante Buonocore e le mie lettere, vi si rifiutarono per tema di qualche tranello, e ciò per l'apprensione, in cui alcuni intriganti li mantengono, che

l'Italia pensa ancora a vendicare l'eccidio Giulietti. Il comandante allora acconsentì a recarsi presso uno dei più influenti di quei capi, certo Mahmud Asakki, e lo trovò già preparato da un nostro agente segreto, e disposto a nostro favore: in presenza di numeroso uditorio il Mahmud Asakki dichiarò al comandante Buonocore che quando l'Egitto si ritirasse e quando il sultano Mohamed Anfan lo ordinasse la popolazione di Beilul non avrebbe avuta difficoltà ad accettare la bandiera italiana ed a mettersi sotto la protezione della medesima, ed aggiungeva che intanto egli e tutti gli altri capi dovevano recarsi all'Aussa per ordine dell'Anfari e che certamente da quel medesimo sultano avrebbe ricevuto istruzioni.

Comè il comandante, stando agli accordi presi meco, doveva in ogni caso aspettare il ritiro degli egiziani, così egli, assicurando a quella gente che il nostro scopo era anche di proteggere il nostro amico ed alleato Anfari, si dichiarò del medesimo parere, e disposto ad aspettare l'adempimento delle due accennate formalità. I capi in seguito partirono per l'Aussa; il solo Ornar Akito rimase in Beilul cercando di assumere un prestigio ed un'autorità che non ha e pretendeva trattare con il comandante, il cavalier Buonocore già avvisato non diede ascolto a quelle pretese.

I medesimi capi del villaggio risposero anche alle mie lettere e confermano le dichiarazioni fatte da Mohmud Asakki al comandante Buonocore. La «Vedetta» intanto rimane in Beilul ad aspettarvi l'arrivo del « Mes.sagiero ».

Io intanto spedisco all'Anfari un nuovo corriere per ottenere un ordine formale ai capi di Beilul di accettare senza discussione la nostra bandiera tanto nel suo che nel nostro interesse.

(l) -Cfr. n. 586. (2) -Non pubblicata.
592

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1163. Cairo, 22 dicembre 1884 (per. il 29).

Pervenutomi il telegramma confidenziale di V. E. del 20 corrente (1), concernente i negoziati tra il conte Nigra e lord Granville sulla situazione del Mar Rosso, ho creduto, senza molto mistero, sondare l'animo del signor Baring.

Già parecchie conversazioni ho avuto con questo collega, che ho rapportato all'E. V., su questa questione, nelle quali ho sempre scorto la massima franchezza, e le migliori disposizioni perché l'Italia, a preferenza di ogni altra Potenza, prendesse posizione nel Mar Rosso. E malgrado che non volesse far travedere d'esser preoccupato dai predicati pensieri della Francia e della Germania, non riesd a non farmelo comprendere.

In ubbidienza agli ordini dell'E. V. jeri entrai più a fondo nella questione. Il signor Baring mi disse francamente di aver sempre propugnata l'opinione, anche quando si trattò di occupare Zeila e Berber, di doversi rispettare i diritti della Sublime Porta, ed invitarla a riprender possesso di quelle coste che aveva

ceduto all'Egitto, e che ora l'Egitto deve abbandonare; ma che respinto questo invito, e non essendo più possibile di trattare col sultano che spinge la follia a voler pretendere l'immediato ritiro delle truppe inglesi, la deposizione del khedivé, e ricostituire l'Egitto qual era prima di Mohammed Ali, egli ha ripetutamente consigliato il suo Governo di lasciar libera l'Italia di occupare quei paraggi. E scorgendo ora che lord Granville non debba più oltre indugiare a prendere una decisione sulla situazione del Mar Rosso, mi assicurò di aver, or sono due giorni, telegrafate nuove istanze nel senso del tutto a noi favorevole.

Vedendo cosi esaudito il desiderio di V. E. non m'inoltrai in maggiori dettagli, tanto più per la certezza che il signor Baring telegrafava a lord Granville tutta la nostra conversazione.

Egli però colse il destro di ritornare sull'attitudine del signor Baravelli che fomenta dei dubbi, non però sull'animo suo, e mi disse, come consiglio confiden~ ziale, che qualora fosse senza indugio richiamato, ne sarebbero di molto facilitati i negoziati tra il conte Nigra e lord Granville. A reciprocanza di confidenze credetti ìnformarlo che l'E. V. si dispone a provvedere che ogni dubbio svanisca sulla lealtà del R. Governo, e che inoltre potevo assicurarlo che il signor Baravelli non resterebbe in Egitto al di là della durata del suo contratto, che spira nel prossimo febbraio.

Con telegramma del 21 informai l'E. V. di quanto procede (1).

Non essendo lontano il termine che spira il contratto del signor Baravelli, e per liberarci degli imbarazzi che ci ha creati, io crederei che l'E. V., basandosi sulla domanda, ch'egli jeri mi ha fatta, di comunicarle la sua risoluzione di ritirarsi onde provvedere in tempo alla scelta del suo successore, dovrebbe senza indugio designare al Governo egiziano il nuovo nostro candidato. Ciò porrebbe fine alle malevoli insinuazioni dei nostri avversari. E del resto tutte le pratiche a farsi, ed il tempo necessario al nuovo commissario di porre in assetto le cose sue, dovendosi allontanare dall'Itala per parecchi anni, toglierebbero ogni apparenza di preci:pitazione alla decisione di V. E. E l'iniziativa presa dallo stesso signor Baravelli elimina qualsiasi ingiuriosa interpretazione sul surrogamento del nostro delegato nella Commissione della cassa del debito pubblico.

Non sfuggirà di certo all'E. V. l'importanza che la sc·elta cada su persona, per tutti i rapporti, degna di occupare una posizione che ha le sue difficoltà.

(l) Cfr. n. 589.

593

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 886/1632. Londra, 23 dicembre 1884 (per. il 29).

Mi recai sabato scorso a Walmer Castle, come era stato convenuto con lord Granville e ne ritornai jeri. Ho già telegrafato a V.E. (3) il testo delle

parole dettemi da Sua Signoria intorno ai porti del Mar Rosso. M'affretto ora a farne trasmessione, in via ordinaria, col presente dispaccio che confido al corriere di Gabinetto che parte questa sera.

Ho già informato l'E.V. (l) che io aveva posto a lord Granville parecchie questioni, cioè: Quali sono le idee del Governo inglese sulla sorte futura dei port1 e delle sponde del Mar Rosso? È egli disposto a parteciparle al Governo italiano ora, ovvero quando avrà stabilito o sarà per stabilire un piano preciso? Ha il Governo inglese obbiezioni all'occupazione italiana provvisoria di Zulla?

Io aveva ben spiegato a lord Granville che l'E.V. non chiedeva al Governo inglese di dare all'Italia ciò che non gli apparteneva, ma si bene gli chiedeva di dirci francamente se per parte sua il Gabinetto di Londra avesse o non avesse obbiezioni a quest'occupazione per parte dell'Italia.

Lurd Granville, come scrissi precedentemente, aveva risposto prendendo fin d'ora l'impegno di comunicare al Governo del re il piano che avesse adottato

o fosse per adottare sulla sorte dei porti del Mar Rosso, intorno al qual piano nulla finora era stato deciso nel pensiero del Governo di Londra. Quanto alla questione dell'occupazione italiana di Zulla, lord Granville s'era riservato di darmi una risposta a Walmer. Suppongo che nel fratJtempo egli desiderava conferire coi suoi colleghi di Gabinetto e specialmente col signor Gladstone presso cui si r,ecò difatti la settimana scorsa.

Questa ri:sposta mi fu data jeri l'altro, domenica 21 corrente. Siccome in quest'affare non vi è parola che possa dirsi indifferente, lord Granville consentì a mettere in iscritto ciò che si proponeva di dirmi. Il telegramma da me spedito jeri all'E.V. contiene la traduzione testuale della risposta, scritta di 'Propria mano, di lord Granville. Unisco al presente dispaccio una copia del testo inglese e la traduzione italiana.

Lord Granville dice in sostanza: Che il Governo inglese desidera in ogni guisa mostrare i suoi amichevoli sentimenti verso l'Italia.

Che gli egiziani non possono tenere tutti i punti del Mar Rosso; che questi sono quindi, in tal caso, riversibili alla Turchia; che la Turchia fu avvisata dal Governo inglese perché ne riprenda possesso: che il Governo inglese vede con piacere che il ministro per gli affari esteri d'Italia riconoscé che il Gabinetto di Londra non può dargli ciò che non gli appartiene;

Che se il Governo italiano desidera occupare alcuni di questi porti, è affare tra la Turchia e lui.

Ma che il Governo inglese, per parte sua, non solleva obbiezioni per l'occupazione di Zulla, Beilul o Massaua, sotto certe condizioni, per ciò che tocca quest'ultimo porto, dipendenti dal recente trattato anglo-abissino.

Ho chiesto a lord Granville di volere, al bisogno, far dire ufficiosamente al Governo del sultano che l'impiantamento della bandiera italiana sulle sponde africane del Mar Rosso non poteva essere cosa nociva e poteva anzi essere utile, ed in ogni caso era preferibile alla presenza d'altre bandiere

---·...

estere su quelle. sp.ònde. Lor.d :Gr:antrille. mi dissé :che. farebbe, all'uopo, esprimere questi sentimenti, nei quali esso consente, alla Sublime Porta.

Avrò cura di mandare all'E.V. un esemplare del trattato anglo-abissino, benché ella ne abbia avuto, a suo tempo, comunicazione da questa r. ambasciata, cogli altri documenti diplomatici inglesi.

La risposta del Governo inglese è la più favorevole che si potesse ragionevolmente aspettare. Esso ci lascia la mano libera, per quanto da lui dipende, non solo per Beilul e Zulla, ma anche per Massaua.

Io suppongo che il Governo del re avrà considerato la questione sotto tutt1 i suoi aspetti. Se io dovessi dir qui il mio concetto, dovrei confessare che non nutro troppe illusioni intorno al profilo che l'Italia può ricavare dal possesso di quei porti. Certo non è il caso di pronunziare la parola colonia. La nostra emigrazione, che cerca specialmente lavori agricoli, non si dirigerà colà, dove non v'è luogo, né terra adatta per tali lavori. Bisognerà adunque, se l'occupazione si fa, attendersi a:d un risultamento materialmente oneroso per le nostre finanze. I vanta;ggi per l'Italia saranno di un'altra natura. Questi porti possono diventare luogo di scambio coll'Abissinia e deposiU di carbone per le nostre navi, se finalmente queste saranno destinate a mirare più in là che il Mediterraneo. La loro occupazione aumenta il valore della nostra voce nelle questioni egiziane e specialmente in quelle relative al canale di Suez; e dà una certa soddisfazione all'amor proprio nazionale del quale è pur forza tener conto.

Ora però, decisa l'occupazione, è necessario ch'essa proceda rapida e sicura. Ho avuto cura di avviare l'E.V., ora è già assai tempo, che il Governo del re avesse a tenersi ·preparato ed aumentasse le forze della nostra stazione di Assab. Spero che i ritardi del « Barbariga » ed altri non si rinnoveranno adesso. Le nostre forze colà devono essere tali da non lasciar dubbio che saranno al bisogno usate con efficacia contro chiunque tentasse attraversarci la via.

Per ciò che spetta ai particolari, gioverà per renderli facili e spediti, ricorrere all'azione del r. agente e console generale al Cairo e per di lui mezzo a quella di sir Evelin Baring. Noti, la prego, che qui si agisce, in ciò che riguarda gli affari d'Egitto, principalmente secondo i consigli di quel funzionario inglese.

Per la Turchia, dalla quale si presenteranno obbiezioni e forse proteste, l'E.V. avrà senza dubbio pensato a munire il r. ambasciatore a Costantinopoli di istruzioni ferme e precise.

ALLEGATO

IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI GRAN BRETAGNA, GRANVILLE, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

MEMORIA. Walmer Castle, 21 dicembre 1884.

Noi stamo desiderosi di mostrare in ogni guisa i nostri amichevoli sentimenti verso l'Italia.

Gli egizi,an~ non possono continuare a tenere tutti i porti del Mar Rosso. Questi sono riversibili, in tali circostanze, alla Turchia Da qualche tempo noi abh~amo avvisato la Turchia di riprenderne possesso. Ci è gmto che il signor Mancini riconosca pienamente che noi non abbiamo U diritto nè la pretesa di disporre di ciò che non ci appartiene. Se il Governo italiano desidera occupare alcuni di questi porti, è affare fra l'Italia e la Turchta; ma noi non abbiamo obbiezione, per parte nostra, contro l'occupazione italiana di Zulla, di Beilul o di Massava, salvo, per quanto spetta a quest'ultima, certe condizioni dipendenti dal nostro recente trattato coll'Abissinia.

(l) -T. 1728, non pubblicato. (2) -Ed. in L'ltalta jn Afrjca, Etjopja -Mar Rosso, tomo III, clt., pp. 92-94. (3) -Cfr. n. 586.

(l) T. 1737 del 22 dicembre 1884, non pubblicato.

594

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 1741. Cairo, 24 dicembre 1884, ore 12,55 (per. ore 15).

Baring m'à communiqué télégramme de Granville qui dit l'Egypte doit abandonner toute la cote jusqu'à un certain point au nord de Massaua. La Turquie n'occupant pas, le Gouvernement anglais n'a aucune objection que l'Italie occupe Beiloul Zoula et Massaua, laissant l'Italie à se dem1Her avec la Turquie. Baring m'a assuré que Nubar pacha est entré entièrement dans cette vue, que le vice-roi peut-ètre hésitera, mais qu'il cédera, et alors Nubar pacha annoncera à la Turquie l'abandon de toute cette còte jusqu'au point déterminé. Baring conseille d'attendre que Nubar pacha . . . (2) et alors ètre à mème d'occuper Massaua et Zoula sans retard.

595

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2215. Vienna, 24 dicembre 1884 (per il 26).

Il conte Kalnoky diedemi ieri visione di un telegramma dell'agente imperiale al Cairo, che riproduceva la nota diretta da Nubar pascià ai rappresentanti di Germania e Russia in risposta alle domande avanzate dai loro rispettivi governi di entrare a far parte della Commissione della cassa del debito pubblico.

In quel documento accennavasi alla necessità dell'unanime consenso delle

Potenze attualmente rappresentate nella Commissione, e facevasi rilevare che

l'Italia sebbene appoggi l'ammissione dei delegati della Russia e della Ger

mania aveva però espresso verbali riserve intorno alla forma e a l'opportunità

di quella misura.

Credendomi in dovere di rispondere allo sguardo interrogativo che il

conte Kalnoky rivolgevami mentre leggevo quell'inciso della nota che ci ri

guarda, dissi che se il documento che avevo sotto gli occhi era autentico non mi sembrava esatto ciò che in esso si riferiva all'Italia. Osservai infatti non risultarmi dalle comunicazioni fattemi dall'E.V. che il R. Governo abbia fatte delle riserve intorno all'ammissione dei delegati della Russia e Germania. Aggiunsi che per quanto mi ricordavo, non avendo in quel momento sott'occhio le istruzioni impartite dall'E.V. al commendatore de Martino (1), queste mentre contenevano l'autorizzazione di accordarsi coi suoi due colleghi delle precitate Potenze onde appoggiarne l'azione, aggiungeva unicamente: salvo ulteriori intelligenze circa la questione di forma; locuzione questa sempre usata in simili circostanze, e che non poteva essere interpretata siccome una riserva nel senso che gli si vuol dare nella nota di cui è caso. S.E. risposemi, creder egli pure che Nubar pascià non volle lasciar sfuggire l'opportunità di porre in rilievo, che l'Italia non aveva dato il suo incondizionato appoggio alle domande dei Gabinetti di Berlino e Pietroburgo: del resto osservava: «che

S.E. il signor l\-iancini non fosse pienamente convinto dell'assoluto diritto dei precitati Gabinetti di entrare a far parte della Commissione del debito pubblico, mi risulta anche da una conversazione da lui avuta col conte Ludolf, ma in conseguenza di ciò avendo io attentamente esaminata la legge di liquidazione dovetti constatare che H diritto al riguardo delle dette Potenze non è discutibile».

Non ravvisando per conto mio né opportuno né necessario seguire il mio interlocutore in quel terreno non risposi altro, e si cambiò discorso. Confermando così il m:io telegramma d'oggi (2) ...

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo III, clt., pp. 94-95.

(2) Gruppo indecifrato.

596

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2216. Vienna, 24 dicembre 1884 (per. il 4 gennaio 1885).

Confermo all'E.V. il mio telegramma d'oggi (3), con cui le annunziavo avere ieri il conte Kalnoky autorizzato l'ambasciatore imperiale a Berlino a firmare la convenzione che riconosce la bandiera dell'Associazione internazionale afr~cana. Cosi esprimevasi meco S.E. nel farmi conoscere l'intendimento a cul. stava per dare effetto. Egli facevami rilevare non trattarsi che del riconoscimento della bandiera e non di quello di un nuovo Stato che come tale non esiste. In generale il linguaggio tenuto in proposito tanto dal ministro che

«Rispondere confermando il telegramma del ... in risposta a quello del generale Robilant, facendo osservare in ultimo che, strettamente parlando, non può parlarsi, rispetto alla domanda della Germania e della Russia, di veri e propri! diritti per cui mancherebbe finora una base giuridica, ma che non abbiamo mal posto in dubbio la piena legittimità e ragionevolezza della domanda stessa ».

dal signor Szèigyény dimostra chiaramente: che il Gabinetto di Vienna si lasciò andare a malincuore a quell'atto di riconoscimento di cui non si vede ancora affatto per ora le conseguenze che potranno risultarne in avvenire. Tutti e due osservaronmi e con ragione, che è questo un fatto nuovo nella storia diplomatica.

Del resto anche per quanto ha tratto alle questioni tutte che formarono oggetto di trattazione alla Conferenza di Berlino sì il ministro imperiale che il primo capo sezione non mi dissimulano mai nelle loro conversazioni al riguardo in tesi generale, poiché nei particolari non sogliono entrare, essere loro impressione: che le questioni che le Potenze sono chiamate a discutere in quel consenso, non furono sufficientemente studiate in antecedenza da nessuna parte, e che quindi si prendono deliberazioni che quasi certamente avranno in un non lontano avvenire gravi ed imprevedute conseguenze. Ciò mi fu ripetutamente detto abbastanza esplicitamente a malgrado che con molti giri di parole si cerchi sempre di encomiare l'iniziativa presa dal principe di Bismarck; tanto più che ad ogni modo il Gabinetto di Vienna non potrebbe fare a meno di schierarsi senza esitazioni, anche in questa circostanza, a fianco del Gabinetto di Berlino.

I precitati apprezzamenti che per conto mio divido pienamente, mi parvero meritevoli di trovar posto nella mia corrispondenza coll'E.V.

(l) -T. 833 del 14 dicembre 1884, non pubblicato. (2) -T. 1742 del 24 dicembre 1884, non pubblicato. Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:

(3) T. 1743, non pubblicato.

597

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2217. Vienna, 24 dicembre 1884 (per. il 4 gennaio 1885).

La notizia che l'accordo che già avevasi ragione di credere intervenuto fra la Serbia e la Bulgaria ebbe a rompersi per colpa del Gabinetto di Sofia, impressionò assai spiacevolmente il Gabinetto di Vienna.

S.E. il signor Szèigyeny me ne parlava oggi dando in modo assoluto causa dello accaduto all'azione spiegata dall'agente russo a Sofia aggiungendo però che il signor de Giers aveva fatto pervenire a Berlino l'espressione del suo rincrescimento nonché l'assicurazione che le istruzioni da lui date a quel rappresentante imperiale erano ben diverse dall'attitudine che egli avrebbe assunto.

Il signor Szèigyény credeva poi anche dovermi dire che, ad ogni modo trattandosi della Bulgaria, il Gabinetto di Vienna è in istretto dovere di mantenere una attitudine molto riservata e che quindi si asterrà intieramente dall'esercitare pressioni di sorta sul Gabinetto di Sofia, ciò tanto più che l'attuale Governo bulgaro dimostra le migliori disposizioni per ciò che ha tratto alla questione del riallacciamento delle Ferrovie; questione questa che è per l'AustriaUngheria di vitale interesse. Da quanto precede parmi emerga che si lascierà al Gabinetto di Pietroburgo la missione di dare opportuni ed efficaci consigli a quello di Sofia.

598

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 865. Roma, 25 dicembre 1884, ore 12,30.

J'attends, pour exactement apprécier la situation résultant de vos pourparlers avec Granville au sujet des ports de la Mer Rouge, votre rapport écrit que le courrier doit m'apporter (1). Voici en attendant ce que De Martino vient de me télégraphier. (Vedi telegramma n. 1741 dal Cairo) (2). Le télégramme de Granville à Baring préssant l'Egypte d'abandonner la cote jusqu'au nord de Massaua laisse supposer l'existence à cet égard de motifs urgents et récemment survenus qu'il est difficile de saisir. Peut-ètre s'agit-il de quelque chose de nouveau dans les rapports entre l'Angleterre et l'Abyssinie. Un télégramme que Lumley m'a communiqué parlait d'urie irruption des abyssiniens à Arafali et à Zulla où il y a eu des morts et blessés. C'est, en toute hypothèse, un point important qu'il est essentiel d'éclaircir avant de prendre une résolution et pour lequel je me confie à la perspkacité de V.E. Il nous est également essentiel de savoir si Granville consent à faire, le cas échéant, à la Turquie la communication que V.E. lui a suggérée. En troisième lieu il faudrait se mettre d'accord sur la forme dans laquelle l'Angleterre et l'Egypte nous substitueraient à leurs engagements vis-à-vis de l'Abyssinie relativement à Massaua pour le cas où cette localité serait éventuellement occupée et gardée par l'autorité italienne. Vous comprenez combien j'attacherais de prix à recevoir de

V.E. sur ces trois points une réponse prompte et précise autant que possible (3).

599

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1747. Cardiff, 26 dicembre 1884, ore 12,15 (per. ore 18).

Je m'empresse de il'épondre aux points indiqués dans le télégramme de

V.E. (4). l) Je ne crois pas qu'il y ait quelque chose de nouveau dans les rapports entre l'Abyssinie et l'Angleterre. Si cela était, Granville me l'aurait dit. L'idée de l'abandon de la cote de la Mer Rouge jusqu'au point déterminé n'est pas une chose nouvelle. 2) Je suis dans l'impossibilité de savoir ce que les abyssiniens comptent faire. Granville en ce moment n'en sait rien non plus, s'il l'apprendra, il nous en fera part. Il sera plus facile à V.E. de se faire renseigner la-dessus du Cai:re et de Assab. Il faudra s'attendre tot ou tard à

(-4) Cfr. n. 598.

41 -Documenti diplomatici -Serle Il -Vol. XVII-XVIII

des attaques de la part de l'Abyssinie, mais ici nous n'en savons rien. 3). Granville m'a promis de donner à la Turquie, le cas échéant, la suggestion que vous savez. Je ne doute pas qu'il le fera mais il faut s'attendre à ce que la Turquie ne l'accepte pas. 4) Quant à la forme de substitution aux engagements pris envers l'Abyssinie, c'est une question qui viendra après l'occupation, si elle a lieu, en statu quo; je suppose qu'une déclaration de notre part notifiée au Caire, à Londres, peut-étre ailleurs, sera suffisante; mais le Gouvernement anglais ne voudra pas entrer avec nous dans un accord qui implique l'idée de nous céder ce qui ne lui appartient pas. II nous laisse libres d'agir, ne s'oppose pas à l'occupation, il presse l'Egypte d'évacuer le plus tòt possible; il conseiUera en outre de nous laisser faire. Il est très difficile de lui demander davantage.

(l) -Cfr. n. 593. (2) -Cfr. n. 594. (3) -Cfr. n. 599.
600

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1748. Cairo, 26 dicembre 1884, ore 12,35 (per. ore 14,45).

Baring a donné instruction au gouverneur de Massaua et aux comandants anglais dans la Mer Rouge de nous laisser libres dans nos actions. Il m'a prié de le tenir au courant de ce que nous allons faire. Un télégramme de Suez m'annonce simplement en ce moment que la <' Castelfidardo » est partie ce matin. Ne connaissant pas encore les polnts que nous allons occuper, je me permets observer que l'occupation de Massaua, qui aurait une immense importance sous tous les rapports, exige des moyens immédiats pour la défense de la ville, le maintien de l'ordre public, l'installation de toutes les administrations.

601

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 1793. Roma, 27 dicembre 1884.

Mi pregio di segnare ricevuta del rapporto, in data del 24 corrente (1), col quale l'E.V. mi riferisce la sua conversazione col conte Kalnoky, circa alla risposta fatta da Nubar pascià alla nota diretta dagli agenti di Germania e di Russia per ottenere l'ammessione dei delegati dei loro governi all'amministrazione della Cassa del debito pubblico egiziano.

Com'ebbi l'onore di telegrafare ieri a V.E. (2), dal discorso tenutole dal conte Kalnoky apparisce che egli non è stato esattamente informato né dal Cairo né dall'ambasciatore austro-ungarico in Roma, circa al nostro atteggiamento in quest'occasione.

(21 T. 869 del 26 dicembre 1884, non pubblicato.

Secondo le istruzioni impartite al r. agente al Cairo, di cui V.E. ebbe testuale comunicazione col telegramma del 12 corrente (1), il commendator De Martino non doveva, appoggiando la domanda della Germania e della Russia, formolare alcuna riserva. E' però naturale che la forma in cui debba prestarsi il consenso in proposito, ed il momento in cui dovrà procedersi alla contemporanea comunicazione di tali consensi delle Potenze, non furono fino ad ora stabiliti; ma ciò non costituisce ne implica veruna riserva da parte nostra per l'ammessione dei delegati di Germania e di Russia, mantenendo noi l'opinione già emessa in proposito alla Conferenza di Londra.

Circa poi a quanto riferisce il conte Ludolf, debbo credere che vi sia occorso un malinteso, poiché, per parte nostra, non vi fu mai, l'intenzione di enunciare dei dubbi sulla legittimità della domanda della Germania e della Russia, ciò essendo, del resto, contrario all'atteggiamento da noi assunto fin dalla Conferenza di Londra, ed all'appoggio da noi prestato ora alla domanda stessa.

Prego V.E., nella sua conversazione col conte Kalnoky, di voler stabilire la vera condizione delle cose, per quanto ci concerne, riguardo a questo argomento.

(l) Cfr. n. 595.

602

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 101. Madrid, 27 dicembre 1884 (per. il 2 gennaio 1885).

Essendo venuto per via indiretta a mia conoscenza il contenuto completo delle note scambiatesi tra il nunzio ed il ministro di Stato sulla soluzione dell'incidente Pidal, mi fo dovere di comunicare all'E.V. gli appunti accurati da me presi al riguardo, confermando per altro il mio rapporto del 12 dicembre

n. 92 (2) di questa serie circa le date di quei documenti e le circostanze in cui

furono emanati.

La nota del nunzio contiene quanto segue:

« Benché in varie occasioni e specialmente nell'amichevole colloquio del nunzio col ministro di ·Stato del 2 agosto, il ministro avesse manifestato che l'unica testimonianza definitiva e autentica delle spiegazioni ultimamente intervenute tra Italia e Spagna, circa certo incidente parlamentare, è contenuta nella nota del 22 luglio, stampata in varii periodici, le affermazioni ed i commenti coi quali la pubblicazione di detta nota fu accompagnata nella stampa ufficiale ed ufficiosa di Italia, e l'interpretazione, cui possono prestarsi alcune delle sue espressioni costringono il nunzio, con profondo rincrescimento, a chiedere al Governo del re alcuni schiarimenti che evidentemente sono richiesti dalla dignità e dai sacri diritti della Santa Sede.

Non sembra possibile che il Governo del re abbia affermato quello che si pretende, e particolarmente che nessuno tra i fedeli cattolici spagnuoli difenda

ormai e neppure discuta il potere temporale del papa, mentre è tanto conosciuto il contrario, e mentre il presidente dell'attuale Gabinetto, fedele interprete dei sentimenti della Nazione spagnuola, dichiarava pochi giorni sono, senza la menoma contradizione di chicchessia, che la gran maggioranza dei membri dell'alto corpo legislativo di Spagna professava opinioni che non potevano a meno di essere favorevoli al mantenimento dell'indipendenza della Santa Sede, per mezzo del potere temporale.

E nemmeno può essere esatta l'interpretazione che si è voluto dare alla dichiarazione contenuta nella nota del 22 luglio, che il ministero spagnuolo non ha modificato menomamente, né pensato modificare la condotta osservata dai suoi predecessori relativamente allo stabilimento in Roma della capitale del Regno d'Italia, dopoché quel fatto si è verificato; interpretazione secondo la quale il Governo del re si farebbe solidale di quella violenta e sacrilega spogliazione, approvandola e prestandovi il proprio appoggio. Se tale fosse la vera interpretazione di quelle parole, il ministro di stato comprenderà quali siano nel caso presente gli ineluttabili doveri della Santa Sede; ma né i principii professati dal Governo di S.M., né i sentimenti personali dei rispettabili individui, che compongono l'attuale Gabinetto, giustificano un simile sospetto. Il nunzio prega il ministro di Stato ad ogni modo, in vista dell'altissima importanza della questione, di volergli fare qualche dichiarazione autorizzata su quei particolari, la quale faccia sparire il cattivo effetto de' falsi commenti e dissipi giuste preoccupazioni, giovando nello stesso tempo a convalidare le cordiali e benevoli relazioni che esistono tra la Santa Sede ed il Governo di questo Paese eminentemente cattolico.

Il ministro di Stato rispose alla suddetta nota con altra nota del contenuto seguente:

Dopo le comunicazioni confidenziali, cui diede occasione certo incidente parlamentare, al quale il nunzio allude nella sua nota, il Governo italiano domandò difatti al Governo del re una testimonianza autentica, che fissasse definitivamente il valore e il senso di dette comunicazioni; alla quale domanda presentata colla dovuta considerazione e cortesia, il ministro di Stato non mancò di rispondere nei termini amichevoli che sono d'uso tra gli Stati che sono e desiderano essere in pace e in buone relazioni reciproche. Tale fu l'oggetto della nota del 22 luglio alla quale egualmente si riferisce il nunzio nella sua nota alla quale si risponde; e nessun altro documento fa veramente fede di tutto l'argomento e delle comunicazioni verbali o confidenziali, che ebbero luogo fino allora.

Qualunque siano i commenti ai quali in tale o tale altro periodico, abbia dato luogo la nota del 22 luglio, parecchi dei quali possono certamente giustificare il dispiacere col quale la Santa Sede li ha visti, la lettura attenta e spassionata di quel documento basta a persuadere che il Governo del re si limitò in esso ad affermare il fatto che manteneva ed intendeva mantenere le sue relazioni col Governo d'Italia sullo stesso piede sul quale erano state mantenute dopo la restaurazione della Monarchia legittima in !spagna. La falsa interpretazione di certe frasi pronunziate nelle Cortes da uno dei ministri di S.M. fece sì che senza motivo si supponesse il contrario e che il Governo italiano,

in base alle buone relazioni che per parte sua mantiene anche egli col Governo di Spagna, domandasse alcune spiegazioni che facessero sparire un tale errore di concetto, ponendo fine alle varie e non sempre bene intenzionate osservazioni e polemiche, delle quali l'avvenuto fu oggetto parimenti per parte della stampa politica. In tali stretti limiti fu sempre rinchiusa la quistione.

Non è solo inesatta pertanto, bensì persino inverosimile la supposizione che alcuna parte della nota del 22 luglio avesse l'oggetto, né il senso e la portata, cui il nunzio allude, in termini che certamente per la loro imparzialità e benevolenza meritano la considerazione e l'apprezzamento più sincero del Governo del re. Per essere e volere rimanere in buone relazioni con tutti gli altri stati del mondo, il Governo spagnuolo non avrebbe a farsi solidario degli atti particolari di nessuno di essi; né vi ha luogo a che presti (a nada a que no hayo) ad alcunché, cui non abbia contribuita, né voluto contribuire, la sua approvazione e molto meno il suo appoggio.

Le buone relazioni internazionali non esigono, né hanno mai richiesto una cosa somigliante, e ad ogni momento si osserva il contrario. E intanto il nunzio può essere assicurato che se nessuno dei Governi, che si sono succeduti in !spagna dopo la restaurazione della Monarchia legittima, disconobbe, né attaccò sin qui menomamente i diritti della Santa Sede, ora e sempre l'attuale Governo osserverà un'identica condotta.

Né ha bisogno di conferma l'osservazione del nunzio che l'attuale Governo del re ha riconosciuto in una occasione recente e solenne che una parte considerevole di elementi politici, di somma importanza per apprezzare i sentimenti della Nazione spagnuola, non ha mai cessato di essere favorevole al Potere temporale della Santa Sede. Le frasi che in contradizione di questo fatto abbiano potuto chiamare l'attenzione del nunzio, non hanno potuto come è chiaro, significare altro se non che il Governo del re non intese provocare ultimamente nelle Cortes, né alcuno dei suoi precedessori dopo la restaurazione si era proposto provocare alcuna quistione che potesse modificare e molto meno scuotere le attuali relazioni pacifiche che la Spagna mantiene col Governo d'Italia, come con tutte le altre Potenze cattoliche, o no.

Il Governo del re insomma, d'accordo in tutto l'essenziale coll'interpretazione serena data dal nunzio ai suoi atti nella presente occasione, si compiace nel dichiarare e ripetere altamente che, mentre è sua risoluzione fermissima di mantenersi nella stessa buone relazioni in cui ora si trova con tutte le Potenze di Europa, è eguale e ancora maggiore se è possibile, la sua risoluzione di consolidare sempre più i vincoli di aderenza figliale che uniscono il re di Spagna e i suoi cattolici sudditi col Padre comune de' fedeli. E precisamente il ministro di Stato fonda sulla sincerità di tali propositi la speranza di poter contribuire efficacemente all'indipendenza del romano pontefice e delle sue funzioni, tanto necessaria alla totalità del mondo cattolico.

Credo dover aggiungere che ho lasciato nelle mani del ministro di Stato il seguente appunto nel quale sono riprodotte le parole da lui dettemi in una recente occasione sulla sua nota al nunzio: «Rien dans la note espagnole n'exclut que l'indépendence du pape soit une question tout autre que celle du pouvoir temporel, et rien dans cette note

n'implique que les garanties solennelles de l'Italie et les hautes représentations accreditées par les Puissances auprès du St. Siège ne contribuent pas avec pleine efficacité à cette indépendance. Pour l'appréciation de ce document il convient d'observer que la note du nonce semblait inviter le Gouvernement Espagnol à un jugement sur les faits accomplis à Rome, et identifier avec la question du pouvoir temporel la question de l'indépendance du St. Père ».

V. E. vorrà scusare la forma del presente rapporto che stimai dovere spedire col più prossimo corriere.

(l) -T. 825, con cui Mancini ritrasmetteva alle ambasciate il T. 1671 dell'll dicembre 1884, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 574.
603

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 870. Roma, 28 dicembre 1884, ore 12,30.

Le Messaggero, chargé de l'occupation de Beiloul, doit arriver demain ou après demain à Perim d'où il poursuivra immédiatement pour Assab et Beiloul. La « Castelfidardo » se rend également à Perim où elle attendra instructions ultérieures. Une décision va étre très incessamment prise par nous au sujet de Massaua. Je vous télégraphierai aussitòt après pour que vous puissiez en faire part à Baring. Il nous importerait en attendant d'apprendre au plus tòt, à toute bonne fin, par M. Baring quelques renseignements essentiels:

l) quel est l'effectif actuel de la garnison égyptienne à Massaua;

2) nombre et qualité des fonctionnaires civils qui, se retirant avec les troupes égyptiennes, devraient etre remplacés. Quant à la méthode, le mieux nous paraitrait etre de fixer, dès que notre décision serait prise, une date à laquelle on procéderait d'un còté à l'évacuation et de l'autre à l'occupation. Veuillez sonder Baring à cet égard. Tàchez également de savoir me dire si Baring parlant des ports que nous pourrions occuper a voulu faire aussi allusion à Berbera et Zeila, ou à l'un des deux, ou bien s'il n'a fait allusion qu'aux ports de la mer Rouge.

604

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3721. Berlino, 28 dicembre 1884 (per. il 4 gennaio 1885).

Tandis que le Cabinet de Berlin estime que les propositions anglaises sur la situation financière de l'Egypte sont moins acceptables encore que celles présentées à la Conference de Londres, il laisse entendre au Gouvernement britannique qu'il se tient sur la réserve, en lui abandonnant le soin de se mettre préalablement d'accord avec la France. Cela équivaut à décliner toute initiative; c'est suggérer un modus procedendi qui ne peut aboutir à aucune solution satisfaisante. L'écart est trop grand entre les deux Cabinets pour qu'ils puissent jamais, dans les circonstances actuelles, négocier entre eux avec quelques chances de succès. Au reste, le Gouvernement français affecte de plus en plus, du moment où il a dù forcément renoncer au condominium, de vouloir européaniser la question d'Egypte et retrouver de la sorte une partie des anciens avantages. Il compte sur le concours de l'Allemagne et de la Russie, en se berçant de l'espoir que ces Puissances, une fois représentées à la Caisse de la dette. ne se borneront pas facilement ni longtemps à un ròle passif.

La seule Puissance qui jusqu'ici se soit montrée bienveillante pour l'Angleterre dans cette question c'est l'Italie; et on nous en sait gré à Londres, ainsi que me le disait aujourd'hui sir Edward Malet. Néanmoins, il est regrettable à certains égards que l'affaire dont il s'agit ne nous permet pas, comme à la conférence africaine, de nous ranger en mème temps du còté de la GrandeBretagne et de celui de l'Allemagne. Ainsi qu'il résulte du langage du soussécretaire d'Etat (rapport n. 3720) (1), on s'aperçoit dejà ici que nous penchons plutòt vers Londres en ce qui a trait à l'Egypte.

Il est vrai que nous ne pouvons guère compter sur l'Allemagne pour la sauvegarde de nos intérèts vers la Méditerranée et que nous devons dès lors chercher ailleurs un point d'appui pour ne pas rester là dans un isolément complet et plein de danger.

605

IL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 380. Tangeri, 28 dicembre 1884 (per. il 15 gennaio 1885).

Da Fez si annunzia che Mulei Harafa, uno dei fratelli dell'imperatore, ed il governatore di Udxda (Ugida) sono dal sultano inviati in missione a Parigi.

L'E. V., nel suo telegramma del 13 novembre ultimo scorso (2), ebbe la bontà di parteciparmi che il signor Ferry, per dimostrare che le relazioni fra la Francia ed il Marocco erano buone, disse a S. E. il generale Menabrea che si aspettava a Parigi il governatore d'una provincia limitrofa dell'Algeria, incaricato d'una missione amichevole per parte del Governo sceriffiano.

Qui nessuno conosce lo scopo preciso della missione di cui sarebbero incaricati i detti personaggi, ed anzi si dubita molto che tale notizia sia vera. Un mio collega avendo interpellato su di ciò il signor Ordega, questi rispose aver anch'egli ricevuto da Fez la notizia che il sultano inviava una missione a Parigi, ma che non conosceva l'oggetto della medesima.

Si aspetta entro l'entrante mese il nuovo ministro di Francia. È possibile che coll'arrivo di lui cessi la politica d'intimidazione seguita dall'Ordega, e che il Governo francese inauguri una politica amichevole e blanda. Con questa politica, maneggiata da un ministro abile e fornito delle qualità che si attribuiscono al signor Féraud, ancorché essa fosse simulata, e che nel fondo mirasse, com'è più che probabile, allo stesso scopo ambizioso dell'altra seguita dal ministro Orde

(lJ N0n pubblicato.

ga, la Francia ricaverà maggior frutto che non ha fin qui ricavato dalla politica di intimidazione, perché il sultano, dopo d'essere stato per un anno e più aspramente molestato da continui richiami e quistioni spesse volte non fondate, sgomentato da dure minaccie fatte verbalmente, per iscritto, colla stampa periodica, appoggiate colla comparsa della corazzata «Redoutable », colla squadra comandata dal vice ammiraglio Jaurès, ed ultimamente colla corazzata «Suffren », e col movimento delle truppe francesi verso la frontiera marocchina, sarà felice di udire dal ministro Féraud parole di pace, proteste di amicizia a nome del Governo francese, le quali, se confermate da qualche fatto, lusingheranno il sultano e lo indurranno, poco a poco a confidare nella Francia, ed intanto il rappresentante di questa perverrà ad acquistare in Marocco un'influenza prevalente, a scapito di tutte le altre Nazioni qui rappresentate, e con questa preponderanza gli riuscirà più facile a preparare il terreno alla conquista od al protettorato su questo Paese.

Queste sono semplici congetture mie, ma si potrebbero avverare. Intanto un indizio del cambiamento di politica è la notizia del prossimo arrivo d'una batteria di cannoni da montagna che il Governo francese invia in dono a S.M. il Sultano, la quale, da quanto si dice, costa settantamila franchi.

Giorni addietro parlando col mio collega di Spagna del pericolo che presenterebbe una politica basata sopra una finta amicizia mi cadde in acconcio di domandargli perché il suo Governo, avendo tanto a cuore la integrità del Marocco, non faceva una alleanza a questo scopo coll'Inghilterra e coll'Italia,

o con una o coll'altra di queste Potenze. Egli mi rispose che la Spagna non doveva legarsi anticipatamente, però, quando il bisogno stringerà, allora sarà tempo di decidersi. Io gli feci osservare che forse allora sarà troppo tardi mentre se la Francia sapesse di avere a fare colla Spagna, e con una o due altre Potenze sue alleate non oserebbe tentare l'impresa del Marocco.

Sembra però chiaro che il Governo spagnuolo non voglia vincolarsi, per scegliere all'ora opportuna quello che più gli converrà fare; cioè, o accettare le eventuali proposizioni della Francia, od opporsi alla conquista di questo impero.

(2) T. 748, non pubblicato.

606

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO (l)

T. 873. Roma, 29 dicembre 1884, ore 18.

Nous avons pris, après mure réflexion la décision d'occuper Massaua aussitòt après évacuation des troupes égyptiennes. Notre occupation se ferait d'abord moyennant débarquement d'une force suffisante de nos navires qui se trouveraient sur les lieux au moment opportun. Mais, aussitòt après l'occupation accomplie, nous ferions partir des troupes en nombre à peu près égal à l'effectif habituel de la garnison égyptienne pour remplacer les matelots

debarqués au premier moment. Pour réaliser ce plan 11 est donc indispensable

que nous soyons prévenus, au moins d'une manière très approximative, du jour

où les égyptiens évacueraient Massaua afin que les forces nécessaires pour

l'occupation se trouvent sur piace au moment opportun. Cette date devrait ne

pas ~tre antérieure au 20 janvier et il devrait nous en ~tre donné connaissance

au moins quinze jours à l'avance. Veuillez faire en ce sens une démarche

auprès de lord Granville (Mr. Baring) et me faire connattre sa réponse le

plus tòt possible (1).

(per Cairo). Veuillez en meme temps renouveler à Mr. Baring en termes

plus précis la demande concernant l'effectif de la garnison de Massaua. C'est

un point essentiel pour les mesures à prendre de notre part (2).

(l) Ed. in . L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo III, c!t., p. 96.

607

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (3)

T. 1761. Cairo, 29 dicembre 1884, ore ... (4).

Je viens de voir Baring.

Le vice-roi résiste à Nubar pour écrire à la Porte que l'Egypte est forcé

d'abandonner aussi Massaua et il n'a pas encore cessé d'exercer une pression

sur le vice-roi parce qu'il croit que San Altesse finira pour céder.

Le Gouvernement égyptien annonçant l'abandon de Massaua, nous resterions uniquement vis-à-vis de la Porte, pendant que ne le faisant pas, une grave responsabilité péserait sur le vice-roi mème vis-à-vis des autres Puissances et nous pourrions avoir avec elles de graves complications puisque l'occupation de Massaua aurait bien autre importance que celle des autres points de la Mer Rouge. Telle est l'opinion de Baring, et il m'a demandé de prier V. E. de sus_pendre toute décision pour l'occupation de Massaua, tant qu'il n'ait aplani les difficultés crées par l'hesitation du vice-roi, ce qu'il espère vaincre. En quelques jours je vous donnerais Ies renseignements demandés. Baring n'a jamais fait

aucune allusion aux ports au dela de la Mer Rouge.

608

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2218. Vienna, 29 dicembre 1884 (per. il 4 gennaio 1885).

Il linguaggio tenuto dal Santo Padre nel rispondere agli auguri di Natale, presentatigli a nome del Sacro collegio da Sua Eminenza il cardinale Sacconi, non

poté a meno di destare qui viva impressione e la Freie Presse nonché il Fremdenblatt di ieri, vi dedicavano speciali articoli.

E' assai benevolo per l'Italia quanto dice il primo di quei due periodici conchiudendo esso che la questione romana non si può far rivivere, che Roma è capitale d'Italia e deve restarlo. Il secondo dei due giornali il cui articolo non ha però carattere ufficiale di sorta, si esprime in più sibillina maniera, apprezza in certa guisa i lamenti del Santo Padre pur volendo tener conto dei fatti compiuti, ma chiaramente dimostra, che il suo desiderio sarebbe lo stabilimento di un modus vivendi fra i due poteri: il ponteficale ed il regio ed anzi manifesta la speranza che quell'eventualità abbia a verificarsi senza però ben precisare la continuazione della coesistenza del papa e del re in Roma. Queste sono per ora le manifestazioni in proposito di quella parte di opinione pubblica che se non altro tiene conto dei fatti compiuti, ma dobbiamo aspettarci a manifestazioni di ben altra natura da parte di quelle associazioni cattoliche che oggi si confondono in Austria coi club del partito che costituisce la maggioranza parlamentare; ritengo poi anche assai probabile che i vescovi risponderanno all'appello del Vaticano chiamando i fedeli alla riscossa.

Non credo che tutto ciò potrà avere conseguenze ben serie per l'Italia, se fiduciosa nella sua forza e nel suo buon diritto saprà, senza reagire inopportunamente, sfidar con animo tranquillo la nuova burrasca che le si vorrebbe suscitare. Non dobbiamo però dissimularci che, se la questione romana deve intendersi per noi come irrevocabilmente risolta, l'Europa non è del nostro avviso; dobbiamo dunque far tutto ciò che da noi dipende, perché nessun Gabinetto abbia una ragione più o meno plausibile di trarre di nuovo in campo le nostre relazioni con la Santa Sede.

Abbiamo veduto che l'Austria ha colto il pretesto della Propaganda per accampare eventuali diritti d'ingerenza in quelle nostre relazioni. Ciò non fu ignorato dal Santo Padre da cui anzi assai probabilmente sarà p~rtita la spinta a quell'azione, ed il suo recente discorso dimostra ai miei occhi ch'egli vuole eccitare in Italia vie inconsulte che forniscano al Gabinetto di Vienna e ad altri governi quell'opportunità che fino ad ora fece loro difetto di esercitare ufficialmente quell'azione che fin qui dovettero contentarsi di farci balenare possibile. Certamente non credo affatto alla possibilità di una crociata contro di noi, ma temo invece assai l'effetto che produrrebbe in Italia la sola palese intromissione diplomatica, negli affari nostri colla S. Sede, di Gabinetti che apparentemente ci sono amici, alleati anzi. A scongiurare quel pericolo non veggo che un mezzo solo cioè: massima perspicace prudenza, e fermezza assoluta nel non accettare mai neppure l'ombra di una discussione intorno al nostro modo di applicare la legge delle Guarentigie. A questo proposito non nasconderò all'E. V., che ravviserei assai utile che il Governo facesse nascere l'occasione di fare alla Camera una qualche solenne dichiarazione al riguardo, che lasciando in disparte tanto le teorie generali che i fatti speciali, facesse chiaramente comprendere a chi mostra non averlo ancora perfettamente inteso che per l'Italia è irrevocabilmente chiuso il periodo di qualsiasi discussione internazionale intorno alle sue relazioni con la S. Sede. Fino ad ora un ben preciso linguaggio in tal senso non venne mai tenuto dinanzi l'Europa; e quindi si lasciò la porta aperta a quelle ulteriori intromissioni che creano precedenti pericolosi e che un giorno o l'altro venendo ad essere di pubblica ragione avranno deplorevoli conseguenze.

Unisco al presente rapporto i due articoli di giornali summenzionati (1).

(l) -Cfr. n. 615. (2) -Cfr. n. 610. (3) -Ed. !n L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III, c!t., p. 97. (4) -Manca l'!nd!caz!one dell'ora d! partenza e dell'ora d! arrivo.
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IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. CONFIDENZIALE 478. Assab, 29 dicembre 1884 (per. il 17 gennaio 1885).

In relazione a dispacci del 17 novembre e 4 dicembre u.s. seguenti ai n. 353-3j6 e 365 (3), mi pregio di informare l'E. V. che dalle lettere scrittemi da Mohamed Anfari e dai discorsi riportatimi dal sceik Abd el-Rahman ben Jusef, rilevo che quel sultano di Aussa, confermandosi sotto la protezione italiana, fa assegno sulla medesima per vedere rispettati i diritti che egli rivendica sopra tutto il Paese dancalo e specialmente sul litorale tanto a sud che a nord di Assab; egli considera i capi o sultani della costa come suoi dipendenti e non vuole riconoscere ogni stipulazione fatta dai medesimi senza il suo assenso con Potenza altra che l'Italia.

Epperciò egli ha scritto a Humed Loeta e al sultano di Tagiura che non riconosceva quegli accordi da loro presi con l'autorità francese di Obock e che li autorizzava a trattare solamente con gli italiani. Sembra che quella lettera sia stata dagli interessati comunicata al comandante di Obock, il quale avrebbe risposto che non riconosceva diritto alcuno d'intervento né al sultano Mohamed Anfari, né all'Italia, che manteneva la bandiera piantata, e che l'avrebbe saputo far rispettare in ogni evento. Tale discorso sarà forse pervenuto anche all'orecchio dell'Anfari, e certo non produrrà buona impressione sul di lui animo.

Per parte mia ho sempre cercato di evitare quell'argomento e nelle mie risposte all'Anfari in seguito alla gita di Tagiura, ho semplicemente detto che mi dispiaceva di essere stato chiamato colà a fatti compiuti, ma che ormai gli accordi presi da Humed Loeta e dal sultano di Tagiura con altri non permettevano più all'Italia di esercitare da quel lato quell'efficace protezione che sarebbe stata lieta di esercitare a favore del sultano di Aussa.

Ho poi restituito a Mohamed Anfari la lettera dell'Abu Bekr pascià, accennandogli al caso che codesto Ministero ne aveva fatto; ed in proposito ho scritto anche al conte Antonelli.

«Ringraziare. Dichiarare che dividiamo pienamente Il suo modo di vedere. Intanto, fortunatamente, la pubblica opinione in !talla non mostra di aver curato le _ingiuste accuse e lamentazion! del pontefice ». In base a tall istruzioni venne redatto il D. 1800 del 5 gennaio 1885, indirizzato all'ambasciata a Vienna, non pubblicato.

(l) Non pubbllcat!. Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:

(2) -Ed. !n L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III. c!t., pp. 95-96. (3) -Non pubblicati.
610

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1766. Cairo, 30 dicembre 1884, ore 16,30 (per. ore 21,40).

Baring vient de me lire la lettre que le vice-roi écrira à la Porte, si approuvée par Granville, pour l'informer qu'il y a craindre que des événements irrésistibles se présentent, soit du dedans que de dehors, dans le territoire de Massaua, qui rendraient obligatoire la retraite des troupes égyptiennes, à condition qu'il ne lui fera pression après pour la retraite immédiate de la garnison. Baring recommande prudence et patience. Il est d'avis que nous devons procéder de méme que l'Angleterre à Zeila, c'est-à-dire dans une quinzaine de jours après l'expédition de la lettre de Son Altesse, notifiée à la Porte, que Ies troubles intérieurs de ces territoires menaçant Ies intéréts et la sécurité de nos relations, que l'Egypte ne peut pas nous y garantir, nous débarquerons à Massaua sans retard, pour prévenir toute surprise des autres Puissances envoyer sur le lieux nos navires et débarquer nos marins laissant flotter le pavillon égyptien et conservant le Gouvernement égyptien, situation certainement anormale, qui existe encore à Zeila, mais qui, sans doute, serait temporaire puisque, par la force des choses, la garnison et Ies autorités égyptiennes devront, dans un moment plus ou moins rapproché, se retirer. Il faut supposer que ce pian soit arrivé à Baring de Londres, où l'on veut éviter que la position du vice-roi soit menacée à Constantinople. Cette crainte préoccupe immensément S.A.

611

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO (l)

T. 875. Roma, 30 dicembre 1884, ore 18,45.

Votre télégramme d'hier (2) s'est croisé avec le mien (3) par lequel je vous annonçait notre décision prise d'après vos communications précédentes.

Maintenant l'occupation de Massaua ne pouvant évidemment se faire de notre part qu'après son évacuation par Ies égyptiens, nous devons forcément attendre la décision du vice-roi à cet égard. Je présume naturellement qui si le vice-roi se décide et qu'il annonce à la Sublime Porte la nécessité où il se trouve d'abandonner toute la cote jusqu'au nord de Massaua, il ne fera aucune mention de l'Italie comme devant occuper Massaua, car on exciterait ainsi des compétitions et des convoitises qu'il faut absolument éviter.

Le vice-roi devrait cependant, pour son propre compte, comprendre que l'occupation italienne ne prejugeant la question de souveraineté territoriale,

est celle qui répond le mieux aux intérets de l'Egypte, de l'Angleterre et de la Turquie elle-meme.

J'attends avec impatience votre réponse (1). Je vous confirme d'ailleurs en tous points mes instructions d'hier.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso. tomo III, clt., p. 97.

(2) -Cfr. n. 607. (3) -Cfr. n. 606.
612

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1767. Cairo, 31 dicembre 1884, ore 12,05 (per. ore 13,40).

En ce moment j'ai reçu votre télégramme d'hier au soir (2) qui s'est croisé avec le mien (3), par lequel je vous ai communiqué le sens de la lettre que le vice-roi écrira à la Porte, si approuvée par Granville, au sujet de Massaua, ne faisant pas la moindre allusion à l'Italie. Tant San Altesse que Nubar et Baring tiennent que rien ne puisse transpirer, mais il ne faut pas espérer que San Altesse rappelle la garnison sans ordre de la Porte et camme peut-etre elle ne répondra pas, je partage l'opinion de Baring de procéder comme ils ont fait à Zeila, mais de le faire à temps pour prévenir des intrigues à Constantinople. Ainsi, quinze jours après le départ de la lettre du vice-roi, temps suffisant à la Porte pour répondre, je lui notifierais notre décision et je la ferais exécuter le meme jour par les navires qui se trouvent sur les lieux. Le fait accompli dans les termes de mon dernier télégramme d'hier trancherait toute question et, camme les égyptiens devront se retirer de Zeila et Tagiura, ils ne pourront rester à Massaua, il faut s'attendre que l'occupation de Massaua fera du bruit, mais justement à cause de san importance il faut procéder avec prudence, mais aussi avec hardiesse.

613

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL COMMISSARIO CIVILE AD ASSAB, BRANCHI

T. 878. Roma, 31 dicembre 1884, ore 17.

Lettera Naretti conferma Bianchi compagni assassinati da gente danakil a qualche giorno di marcia dopo varcato confine Tigre. Si ha qualche sospetto sulla guida abissina sola scampata eccidio. Mi propongo scrivere direttamente al sultano Anfari e al re di Abissinia acciò vogliansi adoperare ricerca esemplare punizione colpevole. Scriva intanto ella stessa senza indugio, in nome del re e

mio, all'Anfari e a Giovanni lettera concepita fermamente in questo senso, accennando desideriamo, aspettiamo in questa circostanza prova loro amicizia e loro autorità in quei Paesi. Tosto scritto tale lettera, telegrafi mandandone copia posta.

(l) -Cfr. n. 612. (2) -Cfr. n. 611. (3) -C.:fr. n. 610.
614

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 879. Roma, 31 dicembre 1884, ore 18,30.

Le plan indiqué dans votre télégramme d'hier (l) me parait impliquer pour nous une situation des plus délicates et difficiles. La présence de nos forces à Massaua s'explique tout naturellement dès que les égyptiens évacueraient la place. Mais si elles allaient s'y trouver alors qu'il y aurait encore à Massaua un gouverneur égyptien, la garnison égyptienne et une administration égyptienne, personne ne comprendrait le but ni l'utilité de notre occupation, qui ne nous apporterait aucun avantage ni politique ni commerciai, et qui nous exposerait, si elle durait, à des incidents des plus désagreables. Notre embarras serait en outre extrème, soit vis-à-vis de notre Parlement, qui nous demanderait des explications difficiles à donner, soit vis-à-vis des Puissances, soit vis-à-vis de la Sublime Porte. L'embarras me paraitrait d'ailleurs ne pas ètre moindre pour le vice-roi lui-meme s'il devait expliquer à la Sublime Porte la. présence simultanée des troupes italiennes avec les siennes. La situation est bien différente pour l'Angleterre qui au fond occupe Zeila et Berbera au mème titre qu'elle occupe l'Egypte toute entière. Veuillez appeler sur ces considérations l'attention sérieuse de M. Baring et chercher à le dissuader de donner suite à un programme qui nous parait renfermer bien des inconvénients et des dangers. Pour le rendre acceptable, il faudrait au moins qu'on prit envers nous un engagement formel, secret si l'on veut, qu'aussitòt après installation de la garnison italienne la garnison égyptienne se retirerait avec le gouverneur.

615

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

T. 1772. Londra, 31 dicembre 1884, ore 19,10 (per. ore 22,50).

Ayant prié Granville de nous faire prévenir quinze jours à l'avance de l'évacuation de Massaua, S. S. que j'ai vu aujourd'hui m'a fait part d'un télé

gramme de Baring conforme à peu près à la communication de De Martino (l) que V. E. m'à télégraphié hier au soir (2). Granville nous recommande de ne pas agir avec précipitation; je lui ai dit que c'était aussi notre intention. Il m'a informé confidentiellement que le sultan enverra à Londres une mission spéciale chargée de soumettre au Cabinet anglais des propositions concernant l'Egypte et la Mer Rouge. J'ai répeté à Granville la prière de donner à la Turquie le conseil que V. E. connait. Il m'a dit qu'il le ferait sans pourtant répondre de l'accueil que lui sera fait. Gouvernement français a annoncé pour le 15 janvier une contre-proposition sur les finances égyptìennes. Granville en ignare encore les bases et il trouve que le délai est long et peu obligeant.

(l) Cfr. n. 610.

(2) Ed. !n L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III, cit., p. 98.

616

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 881. Roma, 31 dicembre 1884, ore 22.

Je reçois en ce moment votre télégramme d'aujourd'hui (3). Je suppose que c'est par erreur que vous indiquez Tagiura comme étant encore occupée par garnison égyptienne, nos rapports directs portant que ce point à été evacué depuis quelque temps. Mais ce que je dois surtout remarquer dans votre télégramme c'est l'affirmation que jamais le vice-roi ne rappellera la garnison de Massaua sans ordre de la Sublime Porte. Cet ordre ne viendra jamais et la situation signalée dans mon télégramme précédent (4) se perpétuerait indéfiniment.

617

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2220. Vienna, 31 dicembre 1884 (per. il 4 gennaio 1885).

Ebbi ieri occasione di discorrere col conte Kalnoky al suo ebdomadario ricevimento intorno alla questione d'Egitto, prendendo occasione dal recente articolo della Nord Deutsche Zeitung in cui si fa accenno alla probabilità di una nuova conferenza in proposito. S. E. dicevami che infatti il solo mezzo di addivenire ad un accordo fra le Potenze su quella intricata questione chiarivasi essere la riunione di una conferenza; poiché chiaro apparisce che quel risultato non si raggiungerebbe coi negoziati da Gabinetto a Gabinetto. Tosto però aggiungevami: essere bene inteso che la nuova conferenza non si riunirebbe più a Londra poiché i varj Governi non si esporrebbero per la seconda volta ad essere bruscamente licenziati come lo furono la prima.

Ma egli osservava ancora che anzitutto è indispensabile che l'accordo si stabilisca fra la Francia e l'Inghilterra poiché altrimenti farebbe completamente difetto la base ai negoziati della conferenza, e le discussioni vi divagherebbero senza speranza di riuscire ad una conclusione. Rilevai questo apprezzamento osservando a mia volta, che adottando in anticipazione questo procedimento, la Francia trovandosi assicurata che da essa dipende il regolamento della questione, differirà a negoziare seriamente coll'Inghilterra fino al giorno in cui libera dai molti imbarazzi che ha attualmente sulle braccia, potrà riprendere una libertà d'azione che ora le fa difetto e quindi conchiudeva non essere prevedibile fino a quando l'attuale stato di cose potrà durare con grave danno per molti interessi pubblici e privati specialmente pei disgraziati che sempre invano attendono il pagamento delle indennità loro dovute.

A ciò rispose il conte Kalnoky, che degl'imbarazzi la Francia non è sola ad averne e che anche l'Inghilterra ha i suoi e gravi, che inoltre la questione dell'ingerenza del pagamento delle indennità preoccupa tutti i Gabinetti, e cosi pure l'assai probabile eventualità che il Governo egiziano si trovi nuovamente fra breve senza denari per far fronte alle spese correnti, e quindi si appigli ancora una volta al partito stesso che già sollevò poco tempo fà un così spiacevole incidente. Conseguentemente egli esprimeva il convincimento che la questione non si protrarrà più a lungo ed anzi dicevami, aver precisamente in questi giorni incaricato l'ambasciatore imperiale a Parigi di far pressanti uffici presso il Governo della Repubblica, affinché dia maggior impulso ai suoi negoziati col Gabinetto di S. James che ripetevami devono essere il primo passo per arrivare alla desiderata conclusione.

Da questi discorsi fattimi dal conte Kalnoky, che evidentemente sono la eco degli intendimenti espressi dal principe di Bismarck, appare sempre più chiaramente la parte predominante che si vuoi dare alla Francia nel regolamento della questione d'Egitto, tanto dal lato finanziario che da quello politico attenendosi anche cosi il mal celato intento di portare un colpo fatale alla possanza dell'Impero brittannico (1).

(l) -Cfr. n. 607. (2) -T. 876 del 30 dicembre 1884, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 612. (4) -Cfr. n. 614.
618

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

D. Roma, 2 gennaio 1885.

Secondo informazioni ricevute in questi giorni dal r. ambasciatore a Costantinopoli (2) pare che S.M. il Sultano abbia intenzione di affidare a un

«Ringraziare. Senza ammettere che alla Francia si debba spettare una parte predominantenegli affari egiziani, anche noi opiniamo che un accordo fra la Francia e l'Inghilterra è Indispensabile per la soluzione della questione finanziarla nel Vice-reame che si ottenga ». In base a tali istruzioni venne redatto Il D. 179 del 5 gennaio 1885, Indirizzato all'ambasciata a Vienna, non pubblicato.

inviato speciale la missione di trattare col Gabinetto di St. James argomenti relativi alla questione egiziana per giungere, se possibile, ad un accordo diretto fra i due Governi. Era a tal uopo primitivamente designato Kiamil pascià ministro delle istituzioni pie, ma fu poi, a quanto affermasi, stabilito di affidare il delicato incarico a Hassan Fehmi pascià, ministro della giustizia, personaggio notevole per le doti della mente e del carattere, il funzionario più capace che fosse da tempo chiamato a reggere quel dicastero. Partirebbe all'uopo tra breve. Il divisamento accennato è sorto al Palazzo, mentre il ministro per gli affari esteri sembra esserne poco informato.

Le basi su cui verrebbero intavolati i negoziati secondo le notizie autorevoli avute dal r. ambasciatore sono le seguenti: l) accettazione da parte della Sublime Porta delle proposte finanziarie recentemente formulate dal Gabinetto britannico; 2) riconoscimento esplicito della sovranità del sultano; 3) fissazione dell'epoca destinata allo sgombro delle forze inglesi.

Non presenterebbero difficoltà, cosi si esprime il conte Corti, i primi due punti. Altrettanto non può dirsi tuttavia del terzo. Su questo, non pare probabile che il Gabinetto di Londra sia disposto ad assumere nuovi impegni. Recente esperienza ne avvalora l'opinione, poiché non v'ha chi non rammenti l'impressione prodotta nella pubblica opinione in Inghilterra dall'analogo impegno preso colla Francia prima della riunione della conferenza, e la soddisfazione manifesta allorché per la proroga a tempo indeterminato della conferenza predetta, cadde di per se stesso quell'accordo.

Sarà facile all'incaricato del sultano riescire nella sua missione? Approderanno i negoziati? Ne dubita il conte Corti giacché se fosse esclusa la condizione essenziale cui alludesi, non sarebbe facile, a quanto pare, raggiungere lo scopo.

Stimai opportuno informare l'E. V. di quanto precede, e le sarò grato se ella mi vorrà poi comunicare i particolari che al riguardo fossero a sua cognizione.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:

(2) R. 2777 del 26 dicembre 1884, non pubblicato.

619

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 471. Parigi, 3 gennaio 1885 (per. l'8).

Da alcuni giorni i giornali francesi si preoccupano assai delle supposte annessioni che starebbe meditando il nostro Governo, di alcuni territorii sulla costa occidentale del Mar Rosso. Fra gli articoli pubblicati in proposito, due specialmente sono da notare; il primo stampato nel Temps del 27 dicembre ultimo, e l'altro nel giornale dei Débats di quest'oggi, ambedue sembrano inspi

42 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XVII-XVIII

rati dagli ufficii di questo Ministero degli affari esteri (non dico dal ministro) poiché contengono particolari che non possono essere attinti che da sorgenti ufficiali. Li mando ambedue a V. E. uniti a questo mio rapporto (1). Entrambi mirano alla Baja di Aduli; essi fanno valere i diritti derivanti da certe concessioni che molti anni addietro sarebbero state fatte ai francesi da alcuni di quei sultani locali più o meno autorizzati a simili contratti. Ma da quell'epoca assai remota nessun atto di possesso effettivo venne fatto dal Governo francese. Concretando i principi che servono di base a quei reclami, ne risulterebbe in sostanza che basterebbe ad un avventuriere qualunque di sbarcare sopra un territorio mezzo selvaggio, di dare qualche moneta od altro regalo a qualche preteso sultano della località, per avere il diritto di inalberare un pezzo di stoffa ai colori della propria nazione, e di dichiarare il protettorato su quel territorio od anche di proclamarne l'annessione per un tempo indefinito senza fare seguire un tale atto da alcun ordinamento o stabilimento che avesse una ombra di effettiva presa di possesso.

Giudicando dal semplice buon senso mi pare che ai diritti di protettorato e di annessione corrispondano anche dei doveri, quelli cioè di istituire in tali territorii una qualche amministrazione regolare propria a dare protezione ai viaggiatori ed ai commercianti. Ora tale non sembra essere il caso dei francesi sui territorii da essi (o per meglio dire dai giornali) reclamati. Siccome non hanno fatto finora alcun atto di Governo effettivo, i loro pretesi diritti sono pel fatto stesso diventati caduchi. Noi abbiamo avuto due spedizioni d'italiani nefandamente massacrati nelle regioni alle quali essi pretendono e dove i nostri infelici connazionali non trovarono protezione alcuna, il che prova che i francesi non vi esercitavano autorità di sorta. Seguendo i principii da essi inalberati noi avremmo assai maggiori diritti sulla Nuova Guinea del Nord che non la Germania, la quale si dice debba ora occupare; ed infatti noi abbiamo mandato nel 1868-69 una spedizione di cui faceva parte il capitano, ora colonnello Di Lenna, deputato che dovette combattere a fucilate i cannibali di quel paese per potervi prendere piede; esso fu poi perlustrato da uno dei nostri più distinti scienziati che ne fece conoscere le ricchezze le quali allettarono gli annessionisti attuali.

Io parlava ultimamente in modo generico di quella quistione col signor Ferry, contestando la legittimità delle prese di possesso fatte nel modo sovraccennato; egli senza rinunziare a certi pretesi diritti della Francia sopra varii punti del litorale del Mar Rosso, riconosceva però che affinché una tale presa di possesso sia considerata come legittima ed efficace è necessario che l'annunzio ne sia fatto ufficialmente alle Potenze che vi possono essere interessate; che si stabilisca sul territorio annesso o protetto una amministrazione regolare effettiva, se non sopra tutti i punti, sopra i principali almeno che servono agli approdi del commercio, e che un tale ordinamento sia effettuato in un determinato tempo oltre il quale l'atto di possesso sarebbe considerato come non avvenuto.

Questi forse saranno i principii che verranno discussi nella Conferenza di Berlino. Sarebbe bene però che si applicasse quest'ultima condizione ai territorii reclamati ma non mai amministrativamente occupati; così non sarebbe inceppata la intenzione, a me ignota, che per avventura avesse il R. Governo circa l'annessione di qualche regione confinante col Mar Rosso.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo III, clt., pp. 98-99.

(l) Non pubblicati.

620

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2221. Vienna, 3 gennaio 1885 (per. il 5).

Mi pregio segnar ricevuta all'E. V. del suo riverito dispaccio del 27 passato dicembre n. 1793 (l) relativo alla risposta data da Nubar Pascià alla nota degli agenti di Germania e di Russia intesa ad ottenere l'ammissione dei delegati dei loro governi nell'amministrazione della Cassa del debito pubblico egiziano, che conferma il telegramma direttomi il giorno precedente (2).

Presentatomi dal conte Kalnoky al suo ordinario ricevimento il 30 dicembre, gli diedi lettura delle parti essenziali del precitato telegramma. S. E. in risposta a questa mia comunicazione mi pose sott'occhio il testo autentico della risposta di Nubar Pascià di cui è caso. Da quel momento di cui probabilmente la E. V. avrà del pari conoscenza emerge: che il primo ministro del kedivè si valse grandemente delle comunicazioni verbali fattegli dal commendatore De Martino, per temporeggiare nel pronunziarsi sull'ammissione dei delegati della Germania e della Russia.

Il conte Kalnoky nel constatare quel fatto osservavami che l'incidente senza importanza d'altronde, così egli esprimevasi, aveva avuto origine da ciò che il signor De Martino non avendo diretta una comunicazione scritta al Governo kedivale si era evidentemente nel farla verbalmente lasciato andare a manifestare gli apprezzamenti del suo Governo in quella parte che non rifletteva l'Egitto. S. E. non esprimevasi in tal maniera esplicitamente, ma il senso delle sue parole avevano però chiaramente quel significato. Egli aggiungeva ancora una volta che la cosa aveva così poca importanza che non era più il caso di discorrerne, ma al tempo stesso non ammetteva di farne rilevare non concordare egli col parere espresso dall'E. V. dover l'ammissione dei due nuovi delegati nella commissione essere subordinata, per ciò che ha tratto alla forma ed al momento, ad una intelligenza fra le Potenze già rappresentate. Essere egli invece d'opinione che al kedivè solo spetti ogni decisione in proposito.

Così finì la nostra conversazione al riguardo, il ministro imperiale avendo insistito nel dichiarare non esservi più ragione di arrestarsi su quell'incidente. Per conto mio credetti anche meglio tacitamente acconsentire in quel suo apprezzamento, non ravvisando potesse esservi utilità pratica a discorrerne ulteriormente.

(l) -Cfr. n. 601. (2) -T. 869, non pubbllcato.
621

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 13. Cairo, 5 gennaio 1885, ore 13 (per. ore 15).

Je n'ai pu voir Baring souffrant. Hier au soir, ayant fait connaitre vos considérations sur son programme au sujet de Massaua, il m'a fait seulement dire que Granville a approuvé le projet de lettre du vice-roi à la Sublime Porte et qu'il convient d'attendre.

622

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI, A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, NIGRA, A PARIGI, MENABREA, A PIETROBURGO, GREPPI, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 9. Roma, 5 gennaio 1885, ore 16,30.

Depuis quelque temps les journaux italiens et étrangers parlent d'un projet d'éxpédition italien à Tripoli. Ces bruits sont maintenant répétés avec une insistence croissante et on y ayoute les prétendus détails d'armements et autres préparatifs. Je tiens à ce que V. E. sache que ces bruits n'ont aucun fondement. Soucieux de ne pas voir s'aggraver à notre désavantage les présentes conditions d'équilibre dans la Méditerranée, notre ferme résolution, tant qu'aucune atteinte ni menace n'est portée d'autre part à l'état actuel des choses, est de respecter scrupuleusement lo statu quo et la situation fondée sur les traités européens. Si une supposition contraire se faisait jour dans les régions officielles, V. E. est autorisée y opposer le démenti le plus absolu.

623

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. S.N. Roma, 5 gennaio 1885, ore 21.

Voici pour votre information personnelle copie d'un télégramme que je viens d'adresser à l'ambassadeur de Sa Majesté à Constantinople. «Le chargé d'affaires de Turquie est venu me donner lecture d'un télégramme de son Gouvernement concernant nos mouvements dans la Mer Rouge. Ayant appris l'occupation de Beiloul ainsi que nos projets éventuels sur quelques autres points de la Mer Rouge la Sublime Porte nous fait déclarer: l) que Beiloul et toute la cote de la Mer Rouge sont sous la souveraineté du sultan, le Gouvernement ottoman n'ayant jamais d'ailleurs reconnu les droits de l'Italie sur Assab; 2) qu'après les explica

tions données par le comte Corti et par notre Ministère des affaires étrangères la Sublime Porte éprouve un grand étonnement en présence du fait qu'elle considère comme étant en opposition avec nos déclarations et assurances; 3) que le Gouvernement ottoman ne peut admettre que d'autres Puissances viennent protéger l'ordre et la tranquillité dans ses territoires et il doit par conséquent exprimer le désir que le Gouvernement italien rappelle ses troupes des points occupés et se desiste de tout projet ultérieur ». Voici le résumé de ma réponse au chargé d'affaires. Je tenais avant tout à témoigner de nos sentiments de loyale amitiè envers la Turquie et à renouveler la déclaration faite à plusieurs reprises et tout récemment encore dans notre Parlement au sujet de notre ferme résolution de ne porter aucune atteinte aux traités établissants la situation de la Turquie dans le droit public européen et de nous abstenir de tout acte qui méconnaitrait les droits assurés au sultan par ces traités. Il nous paraitrait inopportun de nous engager maintenant dans une discussion soit à l'égard de notre souveraineté à Assab soit à l'égard de la nature et les limites des droits souverains et territoriaux du sultan dans la Mer Rouge au sujet desquelles les traités négociés avec l'Angleterre en 1877 et avec nous en 1882 sont restés sans sanction et sans effet. En réitérant toute fois notre déclaration de vouloir respecter tous les droits que les traités assurent au sultan je ne pourrais admettre une contradiction entre cette déclaration et l'occupation temporaire de quelques points qui serait imposée par des exigences transitoires, pareille contradiction n'existant pas aux yeux de la Sublime Porte elle-méme entre les déclarations analogues de l'Angleterre et la présence de ses troupes à Zeila et à Berbera et ailleurs. Je devais reconnaitre le bon vouloir du Khédive et les efforts du Gouvernement égyptien en vue du maintien de l'ordre sur la còte de la Mer Rouge mais il est de fait qu'après avoir déjà notablement réduit l'effectif de ses forces dans ces parages le Gouvernement égyptien n'a pas laissé ignorer à la Sublime Porte la situation précaire et troublée de ces régions et son impossibilité d'y faire face avec ses propres moyens. Interrogé par nous s'il pouvait assumer à cet égard une responsabilité positive le Gouvernement égyptien n'a pas été en mesure de le faire et il s'est borné à nous dire qu'il avait fait connaitre au Gouvernement ottoman le véritable état des choses. La Sublime Porte ne s'est pas à son tour chargée elle-meme de prendre directement les mesures nécessaires. Si maintenant notre amiral dans la Mer Rouge allait en vertu des instructions larges et éventuelles dont il est muni occuper quelques points la Sublime Porte peut-étre dès aujourd'hui assurée que le pavillon égyptien serait en tout cas maintenu et scrupuleusement respecté ayant nous meme à coeur l'attester que notre occupation de fait ne porte point atteinte aux droits du sultan et doit se concilier avec l'observation fidèle de notre parte de nos propres assurances et déclarations. Le Gouvernement du sultan, ai-je dit encore, ne saurait avoir oublié les preuves que nous avons données d'une sincère et loyale amitié dans la question egyptienne elle-méme. Notre attitude s'est constamment inspirée des principes du respect des droit souverains du sultan et des traités européens sur lesquels ses droits se fondent. Espérant donc que ses franches et loyales déclarations seront appréciés avec faveur et confiance à Costantinople il ne me restait que de prier le chargé d'affaires de vouloir bien s'employer dans ce but auprès de son Gouvernement il me paraissait entre autres opportun que le Gou

vernement ottoman s'abstint de rendre plus difficile notre situation réciproque par un appel aux autres Cabinets ce qui modifierait le caractère de la question et pourrait nous obliger à nous régler d'après des considerations autres que celles qui guident maintenant notre attitude essentiellement amicale et bienveillante envers la Sublime Porte. Le chargé d'affaires a pris acte de mes déclarations et assurances; il a ajouté confidentiellement comme opinion personellement à lui que la Sublime Porte avait du présenter les observations actuelles pour la sauvegarde de ses droits mais que l'incident n'aurait probablement pas de suite s'il ne produisait de notre part des actes inconciliables avec nos assurances et nos déclara tions.

624

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 10. Roma, 5 gennaio 1885, ore 22,45.

Merci de votre télégramme d'aujourd'hui (1). Mais ce qui nous importe de savoir au plus vite c'est si la lettre du vice-roi au sultan a été effectivement expédiée, depuis combien de jours et en quels termes elle a été définitivement conçue. Je présume qu'il vous est facile d'apprendre par M. Baring ces données de fait.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A ANTONIO SANI

D. S.N. Roma, 5 gennaio 1885.

In risposta alla pregiata sua del 2 gennaio (2), mi preme di assicurarla nuovamente che il Governo del re è fermo nel proposito di adoperarsi in ogni miglior modo per avere sulla sorte del Bianchi e dei compagni suoi quelle maggiori informazioni che saranno possibili, e di nulla lasciare d'intentato affine di scoprire gli autori dell'eccidio, ed attenerne esemplare punizione. Convengo con lei che converrà procedere tosto ed in modo da assicurarsi ogni prevedibile garantia di successo; appunto perciò, come già è sua notizia, ho fatto interrogare il signor Ferrari, il quale si trova ad Assab ed è pratico dell'Abissinia, se sia disposto ad accettare questa missione; aspetto di giorno in giorno una risposta che spero affermativa; ove egli non acconsentisse si prenderà immediatamente altro provvedimento. Se intanto come procuratore del Bianchi, ella crede conveniente di recarsi a Massaua per tutelarne gl'interessi, io non tralascerò di raccomandarla caldamente tanto a Massaua quanto ad Assab, acciò vi abbia ogni assistenza.

Vossignoria mi permetterà ora che io rilevi un erroneo apprezzamento nel quale, secondo che leggo nella sua lettera, ella sarebbe stata indotta dalla pubblicazione fatta dell'onorevole Carpeggiani di alcuni documenti relativi a questo doloroso incidente da me comunicatigli. A nessuno è venuto in mente di dare al Bianchi la taccia di temerario, e nemmeno il Governo ha voluto sconfessare la missione affidata all'ardito viaggiatore. Solo si è voluto chiarire che, quando furono noti i pericoli dell'impresa cui si accingeva scegliendo una via che era sconsigliata dal re Giovanni, non mancarono al Bianchi gli amichevoli avvertimenti, né il Governo venne meno al compito suo, poiché in ,questo non vorrà certo esser compreso l'uso della forza per impedirgli la partenza.

Era debito dell'ufficio mio di chiarire quale fosse stata la responsabilità del Governo, ma ciò nulla toglie al fermo nostro proposito di fare ciò che sarà praticamente possibile; e l'amicizia che mi legava al Bianchi può essere arra sicura per vossignoria dell'impegno che io porrò in quest'affare.

(1) -Cfr. n. 621. (3) -Non pubblicata.
626

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 473. Parigi, 5 gennaio 1885 (per. il 9).

Nel convegno che mercoledì ultimo io ebbi col signor Ferry, si parlò del richiamo del signor Ordega da Tangeri e della sua surrogazione col signor Féraud, console generale a Tripoli. Il signor Ferry mi disse che sperava con questo .cambiamento dì avere tolta la causa dei sospetti che sì erano manifestati presso alcuni ministri esteri al Marocco. Non nascosi al signor Ferry che senza mettere in dubbio la sincerità del Governo, il carattere agitante del signor Ordega e qualche mancanza di riguardo per parte sua verso i suoi colleghi, non sempre conforme all'abituale cortesia francese, non erano di natura ad attutire le apprensioni che il di lui modo di comportarsi creava naturalmente. Io sperava che il nuovo ministro signor Féraud seguirebbe una via diversa, e che i migliori rapporti si stabilirebbero fra lui ed il nostro ministro. Il signor Ferry mi assicurò che il signor Féraud era uomo molto garbato, e mi disse che conosceva perfettamente la lingua araba. Questa circostanza farà sì probabilmente, che il signor Féraud, colla facilità dei colloquj, otterrà più dal Governo marocchino che non il signor Ordega colle minacce cui era solito ricorrere. Codesto Ministero, cui quel diplomatico deve essere conosciuto per effetto delle relazioni che ebbe col r. console generale a Tripoli, è senza dubbio in grado di giudicare ciò che da esso si può aspettare. Ad ogni modo non si può disconoscere che l'aver tolto il signor Ordega da Tangeri, col destinarlo, a dir vero, ad un posto più elevato, è pure per parte del Governo francese un atto di arrendevolezza verso le Potenze, del quale bisogna tenere · qualche conto (1).

«Rispondere che g!à furono date al caval!er Scovasso !struz!on! d! conc!l!az!one e d! atteggiamento amichevole verso !l suo collega ». In base a tal! istruzioni venne redatto !l D. 457 del 10 gennaio 1885 !nd!r!zzato all'ambasciata a Par!g!, non pubbl!cato.

(l) Allegata al presente rapporto s! trova la seguente annotazione d! Malvano:

627

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA, LUMLEY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

L. Roma, 5 gennaio 1885, sera.

Je m'empresse de remettre à V. E. le memorandum que je viens de vous lire au sujet de la nécessité de restreindre l'importation des armes par les ports du litoral de la Mer Rouge. J'ai vérifié qu'il s'agit en effet de la cote occidentale et des ports qui avant peu pourraient se trouver sous la jurisdiction italienne. Je vois aussi sur la carte que la tribu des dankalis s'étend de Massaua à Assab tandis que celui des somalis occupe à l'intérieur un territoire qui s'étend de Zeila à Berbera.

ALLEGATO

L'AMBASCIATORE DI GRAN GRETAGNA, LUMLEY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

MEMORANDUM.

En vue de l'extension anticipée de l'influence italienne sur la cote occidentale de la MCT Rouge le Gouverneme:nt brit.annique trouve qu'une occasion favorable se présente actuellement pour arriver à une entente par rapport aux restrictions à exercer sur l'importamon des armes et munitions de guerre par les ports qui pourraaent se trouver sous le contròle italien. La distri.bution entièrement J.ibre des armes dans le Pays des dankalis et de là au nord et à l'est dans les territoires occupés par les galles et les somalis deviendrait une source de danger additionelle pour les voyageurs ainsi qu'un encouragement l!!UX combats entre tiil.bus et une perte de sang inutile. Ce serait également un grand dangCT pour les ports dans le golfe d'Aden, où l'administration deviendrait presqu'impossible si les somalis recevraient des armes sans aucune restriction; une pareille introduction libre d'armes faciJiterait aussi les opérations des marchands d'esclaves dans les Pays où li:ls font leurs razzias.

Ces considérations ce sont déjà présentées au Gouvernement britannique lors des negotiations avec la Turquie et l'Egypte pour la Convention de la Baie d'Assab en 1881 quand ils ont stipulé pour l'insertion d'un article que le Gouvemement italien a accepté avec empressement portant restreinte au transtt d'armes et munitions de guerre à travers le territoire d'Assab. Le Gouvemement britannique désire donc arriver à un arrangement avec le Gouve:mement italien pour la restl1iction du commerce des armes sur le litoral de la Mer Rouge également dans le oas des négociations italiens et d'autres négociations étre.ngers (1).

«Rispondere con un memorandum. Il concetto dl regolare e dlsclpllnare 11 traffico delle armi e munizioni con le tribù somall

e dankall per mezzo del porti del Mar Rosso ove abbiano guarnigione l'Italla e l'Inghllterra cl sembra, in massima, savio ed opportuno. L'accordo del 1881, mercé l1 quale avrebbe dovuto ottenersl una deflnlzlone conclusiva e soddisfacente delle reciproche regioni dell'Italla e della Turchia (Egitto) nel Mar Rosso, non ha potuto entrare ln efficacia, e cessò anche di avere forza di modus vlvendl tra l'Italla e l'Inghllterra dopo che l1 reciso diniego dell'Egitto esclude la speranza tn vista della quale le due Potenze avevano convenuto dl prendere quel progetto dl convenzione come regola provvisoria del rapporti tra loro nel Mar Rosso.

Quell'accordo sl riferiva !n genere al traffico delle armi con le regioni interne. Le circostanze sono ora mutate segnatamente In quanto concerne l rapporti con l'Ablss!nla e con lo Scloa. Ma l'opportunità del concetto dl una restrizione per l1 traffico delle armi sussiste manifestamente pur sempre rispetto alle tribù indigene, dankall o somall, a cui sl riferisce la presente proposta inglese. No! la esamineremo quindi ora con seria attenzione e col proposito

(l) Allegata al presente documento sl trova la seguente annotazione dl Malvano:

628

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 17. Cairo, 6 gennaio 1885, ore 15,30 (per. ore 22,30).

J'ai reçu ce matin vos deux télégrammes d'hier (1). Je viens de voir Baring. La lettre du vice-roi pour le grand visir part aujourd'hui conçue dans ces termes: que les mémes événements qui ont rendu obligatoire la retraite des troupes égyptiennes des còtes au sud de Massaua, se font sentir aussi dans le territoire méme du Gouvernement de Massaua, que l'Egypte est épuisé, comme finance et ressources militaires; conséquemment qu'il est à craindre que des événements irrésistibles se presentent soit du dedans que du dehors dans le territoire de Massaua, et il prie le Gouvernement impérial de prendre en considération cette circostance, quant à vos considérations contre son programme, Baring en reconnait la justice, mais il a dit que la question est si compliquée, que, ne voulant attendre le cours des événements, il ne voit d'autre moyen de la résoudre plus tranquillement, qu'il ne peut pas surpasser ses instructions qui sont dans les limites de la déclaration de Granville à Nigra, enfin qu'il croit prudent attendre le résultat de la lettre du vice-roi. Baring ne sortira de ce terrain s'il n'est pas poussé de Londres (2).

629

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 18. Berlino, 6 gennaio 1885, ore 20,45 (per. ore 22).

Projet de déclaration présenté par le Gouvernement impérial allemand et relative aux formalités à observer pour que des occupations nouvelles sur les còtes d'Afrique soient considérées camme effettives: les plénipotentiaires des Gouvernements d'Allemagne, de l'Autriche-Hongrie, de la Belgique, du Dane

di trovare una formula pratica che concllll le esigenze di una necessaria cautela con le ragionidel commercio. Non è sopratutto fuor di proposito l'osservare che altra Potenza, la Francia, ha scali nel Golfo di Aden e che in conseguenza le restrizioni le quali fossero concordate solo tra

l'Inghilterra e l'Italia non farebbero che spostare e deviare Il traffico delle armi a beneficio di negozianti francesi senza che punto si ottenga lo scopo umanitario a cui si mira. Cenno a Londra.

Cenno a Pestalozza, chiedendo 11 suo avviso sul modi pratici con cui si possa attuare U concetto messo innanzi dal Governo britannico ».

seguente osservazione di Mancini: «Il devlent, après ce télégramme de plus en plus nécessalre

que Granvllle admette et fasse accepter par le vice-roi notre propositlon contenue dana mon té!égramme d'hier ».

marck, de l'Espagne, des Etats Unis d'Amérique, de la France, de la Grande Bretagne, de l'Italie, des Pays Bas, du Portugal, de la Russie, de la Suède et la Norvège et de la Turquie, réunis en conférence, considérant qu'il y aurait avantage à introduire dans les rapports internationaux une doctrine uniforme relativement aux occupations qui pourront avoir lieu à l'avenir sur les còtes d'Afrique, on arreté ce qui suit: l) la Puissance qui dorénavant prendra possession d'un territoire ou d'un endroit sur les còtes d'Afrique situé en dehors de ses possessions actuelles ou qui en assumera la protection, accompagnera l'acte respectif d'une notification simultanée adressée aux autres Puissances représentées dans la présente conférence, afin de les mettre à meme ou de le reconnaitre camme effectif, ou de faire valoir, s'il y a lieu, leurs réclamations; 2) les dites Puissances reconnaissent l'obbligation d'établir et de maintenir dans les territoires ou endroits occupés ou pris sous leur protection une juridiction suffisante pour faire observer la paix, respecter les droits acquis, et, le cas échéant, les conditions sans lesquelles la liberté du commerce et du transit aura été garantie. Les gouvernements des soussignés porteront cette déclaration à la connaissance des Etats qui n'ont pas été appelés à participer à la conférence et les inviteront à y adhèrer. Je demande instructions de V.E. (1).

(l) -Cfr. n. 624 e T. 8, non pubblicato. (2) -Questo telegramma fu trasmesso all'ambasciata di Londra con T. 16, parl data, con la
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO (2)

T. 14. Roma, 6 gennaio 1885, ore 22,35.

L'ambassadeur d'Angleterre est venu hier me communiquer une dépeche de lord Granville concernant les affaires de la Mer Rouge. Lord Granville annonce qu'il a approuvé la lettre que le vice-roi adresse à la Sublime Porte pour lui faire part de la nécessité où il se trouve par des considérations financières et militaires, d'abandonner Massaua et les autres points, au sud, dans la Mer Rouge.

Lord Granville confirme sa précédente déclaration (3); à savoir que l'Angleterre, en ce qui la concerne, n'objecte point à ce que nous occupions Massaua et autres points, du moment qu'ils vont etre évacués par les égyptiens. II pense, en outre, à l'égard de Massaua, que notre occupation pourrait se faire sans attendre l'évacuation effective par les égyptiens qui ne tarderont pas, c'est lui qui nous en donne assurance, à se produire.

Lord Granville nous conseille seulement à ne pas agir avec précipitation, d'attendre qu'un certain intervalle s'écoule après l'expédition de la lettre du vice-roi et, de faire, le moment venu, coincider notre occupation avec une déclaration que nous adresserions à cet égard, simultanément à la Sublime Porte, à l'Egypte, et à l'Angleterre pour expliquer l'acte que nous irions accomplir.

J'ai prié l'ambassadeur d'Angleterre de remercier lord Granville et de lui dire que notre programme cadre avec les idées qu'il vient de nous faire exposer. J'ai seulement dit, à l'égard de notre notification à la Porte, à l'Egypte et à l'Angleterre, qu'ignorant officiellement les intentions du vice-roi, il était indispensable pour nous mettre en mésure de l'énoncer, que le Gouvernement vice-royal fit part à l'Angleterre et à l'Italie, après l'intervalle convenu de dix ou douze jours, de la déclaration par lui faite à la Porte, de l'accueil que cette déclaration y aura rencontré, et en conséquence de la nécessité où le Gouvernement égyptien se trouverait d'ordonner la retraite de ses garnisons de Massaua et autres points de la Mer Rouge. Cette communication du Gouvernement vice-royal serait le point de départ de notre opération et de notre notification à la Porte, à l'Angleterre et à l'Egypte. Les rapports actuels entre l'Angleterre et l'Egypte et notre situation spéciale dans la Mer Rouge expliqueraient et justifieraient cette démarche que le vice-roi ferait à toute bonne fin exclusivement à l'Angleterre et à l'Italie.

Sir J. Lumley s'est chargé d'appuyer notre désir d'obtenir cette communication du Gouvernement égyptien. Je vous prie d'en faire autant auprès de lord Granville (M. Baring). Ainsi tout se trouverait définitivement réglé et il ne resterait plus qu'à procéder à l'exécution du programme au moment

opportun.

(l) Per la risposta T. 18 del 7 gennaio 1885, non pubblicato.

(2) Ed. !n L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III, c!t., pp. 99-100.

(3) Cfr. n. 628.

631

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO DELLA GUERRA, RICOTTI

S.N.

D. RISERVATISSIMO Roma, 6 gennaio 1885.

Ringrazio V.E. per la comunicazione fattami della nota in data 4 gennaio

n. 10/18 p.r. (l) del capo dello Stato Maggiore dell'esercito circa i provvedimenti che eventualmente potrebbero prendersi per punire l'assassinio del viaggiatore Gustavo Bianchi e dei suoi compagni, commesso, secondo le informazioni che sino ad ora si hanno, dalle tribù dancale nel territorio compreso fra i confini dell'Abissinia e la costa del Mar Rosso.

Il generale Cosenz indica come giuridicamente ammissibile tre modi diversi da impiegarsi all'evenienza, dopo che la possibilità dell'attuazione consti

da una ricognizione preliminare sui luoghi; dichiara che non si può enunciare proposta alcuna circa l'uno o l'altro di quei progetti e circa i mezzi occorrenti per l'attuazione, prima che tale ricognizione sia compiuta; e conchiude col proporre che s'invii frattanto ad Assab una conveniente guarnigione la quale, mentre gioverebbe alla sicurezza del nostro possedimento, sarebbe incaricata di quella ricognizione preparatoria che è indispensabile.

Ho preso in attento esame il rapporto del generale Cosenz e nulla avrei da osservare circa i tre diversi modi di repressione in esso accennati; sono difatti i mezzi soliti ad adoperarsi in simili circostanze, e la mia interrogazione a V.E. d'indole puramente tecnica già includeva la loro designazione.

Per ciò che riguarda l'invio ad Assab d'un conveniente nerbo di truppe, non solo parmi che la proposizione sia opportuna, ma debbo sollecitarla come necessaria ed urgente, poiché, astrazione fatta d'ogni altra considerazione, la presenza di queste forze gioverà a meglio affermare la nostra autorità ed il nostro prestigio in quelle regioni, ed a dissipare la impressione che possa essere stata prodotta da deplorati avvenimenti. Di più quel nucleo di forze potrebbe anche, su quelle coste, essere adoperato per altro incarico che al Governo convenisse di affidargli.

Però in quanto concerne l'impiego di parte della guarnigione per l'esplorazione preparatoria di cui è cenno più sopra, mi parrebbe conveniente che si procedesse anzitutto e sin d'ora ad uno studio preliminare circa le proposte concrete per la esecuzione dell'esplorazione stessa, avendo presente che, secondo le sole notizie attendibili finora giunteci, il fatto sarebbe avvenuto a circa quindici giornate, cioè alla distanza di 180 o 200 chilometri dalla costa, e la ricognizione dovrebbe eventualmente avventurarsi in regione aridissima improduttiva e percorsa soltanto da poche tribù nomadi e selvagge fuori dei territori soggetti ai sovrani dell'Abissinia e dell'Aussa.

Dai risultati di questi studi preliminari, e segnatamente delle forze necessarie per l'esplorazione e della spesa occorrente, bramerei avere sin d'ora una indicazione almeno approssimativa non essendo presumibile che il comandante del corpo da inviarsi ad Assab possa colà procacciarsi notizie precise ed esatte dei luoghi ed avvenimenti a così considerevole distanza.

Credo superfluo aggiungere che come ministro degli affari esteri, non posso avere alcuna obiezione a qualsiasi severa e legittima repressione da esercitarsi a nome dell'Italia a fine di prevenire futuri danni e pericoli e di affermare il prestigio e l'autorità della nostra bandiera in quella contrada. Trattandosi per l'Italia di esercitare un suo incontestabile diritto, né essendovi, per regioni non soggetta al dominio di veruno Stato riconosciuto, prospettiva od eventualità di opposizione o, complicazioni di carattere diplomatico, ma la questione essendo unicamente tecnica, militare e finanziaria, io sono nell'obbligo di lasciare ai miei colleghi competenti lo studio accurato della questione medesima, e l'adozione di quelle proposte che assicurino una azione praticamente possibile e tale da non rimanere invano e non serio tentativo senza verun soddisfacente risultato.

(l) Non pubblicata.

632

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 16/893. Londra, 6 gennaio 1885 (per. il 10).

Ringrazio l'E. V. per il dispaccio del 2 corrente, n. 586 (1), serie politica, relativo alla progettata missione di Hassan Fehmi pascià in Inghilterra. Ebbi l'onore, a suo tempo, di annunziarle per telegrafo ciò che il conte Granville mi aveva detto rispetto a tale missione. Posso ora aggiungere che ogni proposta basata sopra un impegno che l'Inghilterra dovrebbe prendere verso la Turchia d'evacuare l'Egitto è rigettata fin d'ora, e il Governo turco ne fu informato. La missione, se viene, sarà ricevuta con cortesia, benché lord Granville abbia fatto dire a Costantinopoli che Musurus pascià aveva difeso e difendeva nel miglior modo possibile gl'interessi della Sublime Porta in Londra, e che niun altro avrebbe fatto meglio di lui. Per quanto posso giudicare dalle parole dettemi da lord Granville, non pare che la missione a Londra di Hassan Fehmi pascià, o di qualunque altro personaggio turco, abbia possibilità, in questo momento, di riuscire ad altro esito che non sia puramente negativo. a meno che le basi delle proposte ottomane siano cambiate.

633

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL CONTE ANTONELLI

D. S.N. Roma, 7 gennaio 1885.

Mi pregio di segnarle ricevuta della lettera datata il 4 novembre 1884 da Boru Mieda (2), e mi compiaccio seco lei del viaggio felicemente compiuto e delle favorevoli disposizioni trovate allo Scioa. L'opera di vossignoria varrà certo a raffermare il re Menelik nelle sue amichevoli intenzioni a nostro riguardo; gradirò intanto il rapporto più circostanziato circa la sua missione del quale ella mi annuncia il prossimo invio.

Il cavalier Pestalozza mi ha informato da Assab che il re Menelik le aveva chiesto un armajuolo ed un conciapelli, ed io mi adoprerò tosto acciò la sua richiesta possa essere soddisfatta. Il reggente il r. commissariato ne traeva argomento per insistere sulla convenienza che vi sarebbe per noi d'inviar allo Scioa alcuni distinti nostri connazionali al servizio di quel sovrano; e dal suo rapporto mi parrebbe di poter indurre che egli gradirebbe la presenza di uno o due ufficiali istruttori, e di un buon medico addetto alla sua persona.

Prego vossignoria d'indagare prudentemente quali siano le vere intenzioni del re Menelik e quale la situazione che, all'evenienza, sarebbe assicurata

ai nazionali nostri che entrassero al suo serv1z10. Non mancherei, dal canto mio, di adoperarmi in ogni miglior modo per agevolare la cosa e perché la scelta sia tale da giovare al nostro buon nome ed alla nostra influenza in codesta contrada.

(l) -Cfr. n. 618. (2) -Non pubblicata.
634

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 474. Parigi, 7 gennaio 1885 (per. il 13).

Da qualche tempo la pubblica opinione in Francia, al pari di quella in Italia, si preoccupa del progetto, attribuito al R. Governo, della occupazione della Tripolitania; io mi tenni sulla riserva ogni qualvolta si cercava di portare la conversazione su quell'argomento; ma dopo che io ebbi ricevuto il telegramma di V. E. del 5 corrente (1), io potei essere più esplicito nei miei discorsi, e così a questo ambasciatore di Turchia che ieri sera mi domandava con qualche ansietà cosa vi fosse di vero nelle voci sparse a quel riguardo, io fui in grado di dare una risposta rassicurante. Quest'oggi vidi il signor Ferry e parlando con esso delle cose di Africa si venne a pronunciare il nome di Tripoli; colsi questa opportunità per fagli le dichiarazioni contenute nel predetto telegramma di V. E. sulla assoluta insussistenza del progetto attribuito dì occupare quella regione. Insistei specialmente sulla ferma risoluzione del R. Governo di rispettare lo statu quo e la situazione fondata sui trattati europei fintantoché non saranno recati alcun pregiudizio od alcuna minaccia alle condizioni attuali delle cose che possono rendere più gravi a nostro svantaggio le presenti condizioni di equilibrio nel Mediterraneo.

Il signor Ferry mi sembrò prestare particolare attenzione alla fermezza di queste dichiarazioni attinte al telegramma di V. E., ed egli, non vi ha dubbio, capì che desse si riferivano ai progetti attribuiti alla Francia sopra varii porti del littorale Mediterraneo.

635

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 1769. Roma, 9 gennaio 1885.

Non sarà sfuggito all'attenzione di V. E.. il fatto di pretese accampate, in questi ultimi tempi, da giornali francesi, alcuni dei quali, come il Temps, hanno attinenze ufficiali, mentre altri come i Débats godono di una qualche autorità, relativamente alla validità di certe prese di possessione nominale, avvenute in passato per opera di privati, senza che sia intervenuto alcun atto di governo che abbia dato loro una sanzione di fatto.

A prevenire che queste pretese, non ancora uscite dal campo del giornalismo, possano diventare, a un dato momento, formali rivendicazioni di governi, sarebbe bene che V. E. metta innanzi, nella conferenza, quale emendamento, la proposta che le condizioni per la validità delle occupazioni future in Africa siano applicabili alle anteriori occupazioni momentanee avvenute per opera di privati e poi abbandonate, rispetto alle quali i governi non abbiano mai fatto atto di presa reale di possesso. Ciò del resto già fu indicato nelle mie istruzioni (l).

(l) Cfr. n. 622.

636

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA (2)

D. 589. Roma, 9 gennaio 1885.

Mi è debitamente pervenuto il rapporto, confidenziale, dell'E. V. del 5 corrente (3), col quale ella m'informava come codesto Governo avesse insistito presso il signor Ferry per una pronta discussione dei punti della proposta inglese relativa all'Egitto.

Secondo l'avviso espresso da V. E., che trovai saggio ed opportuno, ho telegrafato (4) a Parigi incaricando il generale Menabrea di voler esprimere al signor Ferry quanto pregio il R. Governo annetterebbe a vedere al più presto stabilito un accordo fra i due Gabinetti sovra la questione finanziaria egiziana.

Il r. ambasciatore a Parigi mi ha telegrafato in data del 7 corrente (5) che il signor Ferry aveva di fatto conferito con lord Lyons intorno al contro-progetto francese, che però riserbavasi di trasmettere a Londra entro quindici giorni e che ci avrebbe ugualmente comunicato. Il generale Menabrea m'informava inoltre che il signor Ferry considerava le ultime proposte dell'Inghilterra come meno accettabili delle precedenti.

637

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

D. 456. Roma, 9 gennaio 1885.

Ringrazio l'E. V. del suo pregiato rapporto del 3 gennajo corrente, n. 471 (6), della presente serie, ed approvo il linguaggio da lei tenuto col signor Ferry. Gli avvenimenti potrebbero condurci forse a prendere fra breve nel Mar Rosso una posizione più importante. Potremmo allora esaminare e forse trat

tare amichevolmente con la Francia delle pretese che rispetto a Zoula ed a Dessee, e sono piuttosto pretese di giornali che rivendicazioni formali del Governo della Repubblica. Per ora però, dopo le opportune osservazioni fatte da

V. E. non ci conviene d'insistere. Ci varremmo del suggerimento che ella ci dà, e scriveremo a Berlino, acciocché il nostro rappresentante metta innanzi, quale emendamento, che le condizioni per la validità delle occupazioni future in Africa siano pure applicabili alle anteriori occupazioni momentanee per opera di privati, e poi abbandonate, rispetto alle quali i governi non abbiano mai fatto atto di presa reale di possesso.

(l) -Cfr. n. 493. (2) -Ed. in LV 47, pp. 234-35. (3) -R. 13/892, non pubblicato. (4) -T. 12 del 5 gennaio 1885, non pubbllcato. (5) -T. 28, non pubblicato. (6) -Cfr. n. 619.
638

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 42. Cairo, 10 gennaio 1885, ore 15,55 (per. ore 20,05).

Avec Baring nous sommes tombés d'accord qu'il ne convient absolument pas de rien demander au Gouvernement égyptien et d'attendre qu'il soit écoulé maxime intervalle de dix ou douze jours; alors Baring demandera à Nubar comment la Porte a accueilli la déclaration du vice-roi et l'éventualité d'etre obligé d'évacuer Massaua. Nous sommes convaincus que la Porte ne répond pas et Baring annoncera l'exécution de notre programme; mais il croit que Nubar demandera d'écrire une seconde lettre déclarant catégoriquement la décision d'évacuer Massaua; Baring serait d'avis qu'une déclaration explicite en ce sens favoriserait beaucoup notre occupation. Ce matin il a été très communicatif et il m'a assuré que Massaua sera à nous. Il m'a dit que le Gouvernement égyptien ne voudra nous faire la communication pure et simple désirée parce qu'elle pourrait le compromettre comme indice d'une entente secrète avec nous; mais Granville fera à V. E. l'accueil que la Porte fera à la lettre du vice-roi.

639

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL CAPITANO FERRARI (l)

D. 11. Roma, 10 gennaio 1885.

Oltre alle lettere del Nostro Augusto Sovrano che sono contenute nell'altro piego in data d'oggi da lei aperto in Assab (2), V. S. si compiacerà pure di consegnare al re Giovanni la lettera reale qui unita.

Gliene acchiudo copia, acciò ella possa prendere notizia del contenuto d'essa.

ALLI:GATO

UMBERTO I AL NEGUS D'ETIOPIA, GIOVANNI IV

L. Boma, 10 gennaio 1885.

Per effetto degli avvenimenti e per la imperscrutabile volontà della. Provvidenza, l'Italia., che ebbe per l'Abdssinia, da antico tempo, costante e fida a.micW.a, è ora. chiamata ad avere con essa più intimi :rapporti mercé un presidio di nostre truppe stabilite a Massaua.

Oi affrettiamo a dame avviso a V. M., manifestandole la. fiducia che questo fatto Sia fecondo di benefiCi non meno per gli Statd della Maestà Vostra che per i nostri.

A ciò mireranno i nostl'li sforzi costantd, e se V. M. vorrà coadiuvarci con pari cordialità di sentimenti e di propoSiti, speriamo, colla assistenm divi.na, di riuscire nell'intento.

Ci preme mtanto di assicurare la Maestà Vostra che tutti i vantaggi che la Gran Brettagna e l'Egitto avevano assicurato in Massaua alla Abissinia saranno da noi scrupolosamenJte mantenuti, e se le circostanze lo consentiranno, saranno anche accresciuti. Epperò è nostro intendimento, quando piaccia. a V. M. di farci conoscere il suo gradimento di inviare ad essa apposita missione, con l'incarico non solo di confermare solennemente ciò che sta scritto a. tale rdguardo nel trattato stipulato dalla Maestà Vostra. il 3 giugno 1884 con quei due Stati, ma a.ltresl d:i negoziare quegli ulter.i.ori accordi che sembrassero di comune profitto.

Intanto voglia V. M. accogliere fin d'ora queste nostre assicurazioni e dichiarazioni, esprimenti con piena schiettezza il nostro animo di sempre meglio svolgere gli amichevoli rapporti tra le nostre Corti ed i nostri Stati.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo III, cit., pp. 103-104.

(2) Ibid., pp. 100-103.

640

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 33/396. Londra, 10 gennaio 1885 (per. il 15).

Ho ringraziato fin dal 7 corrente, secondo le istruzioni telegrafiche dell'E. V.

4l -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XVII-XVIII

verna egrzrano di ordinare il ritiro delle guarmgwni egiziane da Massaua e da altri punti del Mar Rosso. Una tale partecipazione del Governo egiziano sarebbe secondo il nostro modo di vedere, il punto di partenza della nostra operazione ed il motivo della nostra successiva notificazione alla Turchia, all'Inghilterra ed all'Egitto. E d'altra parte le relazioni attuali fra l'Inghilterra e l'Egitto e la situazione speciale dell'Italia nel Mar Rosso giustificherebbe abbastanza questa partecipazione fatta per ogni buon fine dal kedivè all'Inghilterra ed all'Ital,ia. Io pregava in conseguenza lord Granville di voler prendere in benevola considerazione questo nostro suggerimento.

Lord Granville mi rispose jeri colle parole che ebbi cura di telegrafare subito all'E. V. {1), e che sono in sostanza come segue: lord Granville richiederà sir Evelin Baring di far ciò che crede meglio per dare effetto al desiderio dell'E. V. rispetto alla partecipazione da farsi dal Governo egiziano relativamente a Massaua.

(l) -il conte Granville per la comunicazione fattale da codesto ambasciatore di Inghilterra, rispetto al modo di procedere per l'occupazione eventuale di Massaua, dicendogli pure che le idee espressele a nome di Sua Signoria concordavano con quelle di V. E. Feci notare tuttavia a lord Granville, che siccome noi avremmo dovuto fare alla Turchia ed all'Inghilterra una notificazione, fondata sulla nota dichiarazione del kedivè alla Sublime Porta, sarebbe indispensabile che il Governo kediviale partecipasse all'Inghilterra ed all'Italia, dopo un intervallo d'una decina di giorni circa, questa dichiarazione del kedivè alla Porta, l'accoglienza fattale a Costantinopoli, e quindi la necessità per il Go (l) -Cfr. n. 630.
641

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 34/397. Londra, 10 gennaio 1885 (per. il 13).

In obbediènza alle istruzioni impartitemi dall'E. V. con telegramma del 5 corrente (2), ho smentito presso lord Granville i rumori sparsi nella stampa periodica circa un progetto di spedizione italiana a Tripoli. Osservai a Sua Signoria che, mentre badiamo a che non s'aggravi, a svantaggio nostro, il presente stato di equilibrio nel Mediterraneo, noi siamo però ben risoluti, finché l'attuale condizione di cose non sia minacciata, a rispettare nel Mediterraneo lo status quo e la situazione fondata sui trattati europei.

Lord Granville, con un biglietto di sua mano in data d'ieri, mi prega di ringraziare l'E. V. per questa dichiarazione, della quale farà cenno in un dispaccio a sir I. Savile Lumley.

642

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3743. Berlino, 11 gennaio 1885 (per. il 15).

Ieri ebbe luogo nel Parlamento tedesco (Reichstag) una lunga discussione intorno alla proposta di assegnare 180.000 marchi alla costruzioni di un battello e di una barcaccia a vapore ad uso del governatore tedesco di Kamerun.

Gli oratori dell'opposizione specialmente l'onorevole Windthorst cercarono di convincere l'assemblea come fosse opportuno di rinviare la precitata proposta all'esame della commissione del bilancio, attesoché la richiesta del Governo si connetteva strettamente colla politica coloniale intorno alla quale si sentiva il bisogno di ricevere ragguagli e schiarimenti più ampii e particolareggiati.

Il principe di Bismark si affrettò a dichiarare che intorno a tale argomento egli non aveva nulla di nuovo a riferire né alla commissione, né al Reichstag; che bisognava attendere l'esito dei tentativi iniziati sul terreno coloniale e che il Parlamento non deve esigere per ogni tenue somma destinata a tale scopo una rigorosa e minuta giustificazione da parte del Governo. Se non si è disposti ad accordare a questo ultimo un volenteroso e completo appoggio, sarà meglio allora di non occuparsi più oltre di politica coloniale e di procedere all'atto di liquidazione, come ebbe luogo sulle medesime coste africane al tempo dello elettorato di Brandenburgo.

Non si può mettere in dubbio la necessità della spesa richiesta per l'acquisto di due piccoli battelli a vapore da servire al governatore di Kamerun in quanto che è indispensabile che almeno per ora risieda colà un funzionario del Governo, il quale possa esercitare una sorveglianza in prò degli stabilimenti tedeschi. Ora senza mezzi di trasporto, egli non potrebbe attendere al suo ufficio. Laddove tale proposta fosse mai rinviata all'esame della commissione non si potrebbe prevedere quanto quei battelli a vapore potrebbero essere pronti e quando potrebbe il governatore esercitare le sue funzioni. Ora codesta perdita di tempo potrebbe essere assai nociva, poiché l'attuale situazione delle cose in quelle regioni richiede con urgenza che vi si eserciti una severa vigilanza per mantenervi l'ordine. All'appoggio di tale urgenza il principe di Bismarck ha letto un recente telegramma col quale il contrammiraglio tedesco informa il Governo imperiale che i legni da guerra «Bismarck :. e «Olga :. hanno represso con le armi una ribellione di negri che occorse in Kamerun i giorni 20, 21 e 22 dello scorso dicembre. Un marinaio sarebbe stato ucciso e fra gli altri un ufficiale tedesco avrebbe riportato ferite. A meglio dimostrare come sia oggi necessario di provvedere che l'autorità della bandiera tedesca sia ripristinata in quelle contrade il principe di Bismarck fa la genesi dei fatti che precedettero le violenze occorse testé in Kamerun. Accenna ad una lagnanza presentata al Governo dal sindacato commerciale per l'Africa occidentale in Amburgo a carico di una ditta inglese e di un vice-console britannico, che avrebbero attentato alla sicurezza pubblica in Kamerun a danno degli interessi tedeschi. Parla del richiamo che ne fu fatto presso il Governo inglese, ma non esita a dichiarare che il Governo britannico non poteva essere riputato connivente di ciò che si era lamentato, perché stante la grande estensione dei possedimenti coloniali d'Inghilterra riesce assai difficile al Governo della regina di sorvegliare uomini e cose e specialmente di contenere i propri impiegati in tante lontane regioni. Risulta dalle risposte date da lord Granville che il Governo inglese aveva dato ai suoi agenti le istruzioni necessarie perché dall'una parte e dall'altra si concorra a mantenersi in perfetto accordo e ad eliminare ogni ragione

di dissidio.

Pervenuta a questo punto, la discussione fu, per opera dell'on. Windthorst, condotta sovra un terreno assai più esteso, cioè se sia prudente che la Germania si slanci in intraprese coloniali remote e vada incontro forse a gravi complicazioni politiche che la gelosia delle altre Nazioni marittime potrebbero suscitare sia nei Paesi lontani sia in Europa. A parere dell'on. capo del partito del centro, la Germania è attorniata da nemici e da Potenze gelosissime della sua forza. Ma dopo che il feldmareseiallo Moltke ha detto che la Germania sarà obbligata a conservare l'attuale armamento almeno per 50 altri anni, il signor Windthorst si domanda se la Germania dispone dei mezzi e delle forze che sarebbero indispensabili per addossarsi nuovi pesi marittimi. Per tal modo importerebbe quindi di chiedere al Ministero della marina, se la flotta tedesca è provvista dei legni necessari per poter mantenere alto il prestigio della Germania.

Il discorso dell'onorevole Windthorst (al Reichstag, il 10 gennaio) porse occasione al principe di Bismarck di passare in rassegna lo stato delle relazioni fra la Germania e le altre Potenze specialmente fra la prima e l'Inghilterra.

H cancelliere dell'Impero dichiarò a tutta prima non risultargli ,che la Germania fosse attorniata da nemici: egli anzi non sapeva scorgere se non amici attorno al suo Paese. La Germania si trovava di fatti nelle più strette e cordiali relazioni con i vari governi. Coi due Imperi vicini essa è in rapporti intimi e sicuri; questa unione costituisce un forte riparo ed una forte volta, a cui i tre Imperi possono appoggiarsi e sostenere così ogni sorta di urto da qualsiasi parte. La Germania vive pure con l'Italia in intima e buona amicizia, in sicuri rapporti: il simigliante è da dirsi per ciò che concerne la Spagna. Quanto alla Francia, la Germania non è stata mai con essa anche a datare prima del 1866, in rapporti così buoni come oggi. Ciò è il risultato del saggio e moderato Governo francese che al pari del Governo tedesco apprezza i benefici della pace. I due Governi sanno che non havvi maggiore calamità d'una guerra fra i due Paesi:

o vincitori o vinti da l'una parte o dall'altra la guerra è sempre una grande sventura. Il principe di Bismarck crede quindi che da ambo i lati non esiste oggi alcuna intenzione di tentare una simile lotta.

Con l'Inghilterra la Germania vive un buon accordo. Non è però da sorprendersi se colà abbia prodotto una certa impressione il vedere che inaspettatamente i tedeschi accorrano al mare. Ma codesto sentimento non è diviso dai circoli dirigenti dell'Inghilterra con la quale la Germania vive in amichevoli relazioni tradizionali. Se mai il Governo inglese giudicasse la politica coloniale tedesca, come fanno certi suoi sudditi, il Governo tedesco non saprebbe allora appoggiare la politica inglese in quistioni che più direttamente premerebbero alla Inghilterra. La Germania sarebbe allora costretta ad appoggiare gli avversarii della Inghilterra e a concretare quindi con essi una specie di do ut des. Ma è da affermarsi che la frase pronunziata dal signor Windthorst, essere cioè la Germania attorniata da nemici, non possa riferirsi neppure allo stato degli odierni rapporti fra l'Inghilterra e la Germania.

La Germania è dunque circondata da amici in Europa ed il Governo tedesco è attorniato di governi che hanno un interesse identico al suo alla conservazione della pace. Nessun governo può meglio del Governo tedesco sopportare una guerra: e se mai un governo credesse di potere impunemente turbare la

pace senza danneggiare ai propri interessi la Germania potrebbe dire alla sua volta: io sono in grado di farlo ancora più di voi, soltanto sono più coscienziosa e adopero maggiori riguardi.

Quanto alla necessità di disporre di straordinarie forze navali e di porsi al pari delle Grandi Potenze marittime, il principe di Bismarck dichiarò che se la Germania non può ambire una Potenza marittima pari a quella dell'Inghilterra e della Francia, essa può pervenire alla altezza del Portogallo, dei Paesi Bassi, della Spagna, dell'America del Nord e della Russia.

Ritornando di bel nuovo sullo stato delle relazioni con l'Inghilterra, il principe di Bismarck ha negato, in modo assoluto che possa mai aver luogo un conflitto fra i due Paesi. Le quistioni controverse fra i due Governi non sono tali da far credere giustificata l'eventualità di una guerra sia nel Mare del Nord sia altrove. Né egli sa immaginarsi che possa esservi mai un motivo plausibile di rottura di pace fra i due Paesi; che un Gabinetto inglese incomprensibile che oggi non esiste e che non esisterà, grazie alla ereditaria saggezza politica della Nazione, possa mai dichiarare ia guerra alla Germania. A parte codesta inverosimiglianza, non havvi alcuna ragione di una rottura eventuale della pace fra i due Paesi.

La discrepanza di vedute che attualmente esiste fra i due Governi non può impedire che mercé la lealtà, il buon volere e una diplomazia abile e prudente, non si giunga a comporre insieme le differenze.

Il linguaggio del principe di Bismarck fece il migliore effetto sull'Assemblea. Tralascio di menzionare qui varie altre parti dell'importantissimo discorso. Mi contenterò di citare soltanto due notizie date dalla Cancelleria durante la seduta circa la proposta del Governo della Nuova Zelanda di annettere le isole Samoa e circa la cacciata dei tedeschi della nuova Guinea per parte degli indigeni.

Malgrado gli sforzi fatti del partito del centro per rinviare la proposta del Governo all'esame della commissione del bilancio, l'Assemblea decise conformemente al desiderio del cancelliere dell'Impero di esaurire la discussione della proposta nelle sedute della Camera senza alcun rinvio alla commissione.

Codesto voto non potrà che sempre più fortificare nell'animo del principe di Bismarck il proposito di perseverare e di procedere oltre nei suoi piani di politica coloniale.

(l) -T. 26 del 7 gennaio 1885, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 622.
643

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 28. Roma, 12 gennaio 1885, ore 18,15.

J'al sous le sceau du secret le plus absolu pu me procurer les points essentiels des contrepropositions françaises. Si lord Granville ne les connaissant pas peut agréer de les apprendre dès maintenant, et si V. E. croit etre tout-à-fait sftre de sa discrétion, vous pourriez les lui communiquer, vous faisant promettre de ne dire à personne la source d'où il les tiendrait. Nous pourrions ainsi échanger entre nous des idées préliminaires avant de répondre à ces contrepropositions. Voisi le points principaux: «l) emprunt suspriviligié 31/z pour cent de neuf millions de livres garanti par toutes les Puissances; 2) aucun changement pour les dettes du Domaine et de la Dai:ra; 3) point de réduction d'intéret, mais un petit impòt sera, si la nécessité en est démontrée, établis sur tous les intéréts

(V. E. sait qu'un impòt de cette nature existe chez nous sur la rente); 4) extention des taxes aux étrangers; 5) examen de la situation financière en Egypte pour une commission internationale d'enquete; 6) accord pour la liberté et neutralité du canal de Suez :&>. Il nous serait agréable tout d'abord de connaitre l'impression de lord Granville et notamment s'il croit que ces contrepropositions seraient susceptibles de devenir le point de départ d'une entente.

644

UMBERTO I AL NEGUS D'ETIOPIA, GIOVANNI IV

L. Roma, 12 gennaio 1885.

Abbiamo ricevuto copia delle lettere che a Vostra Maestà è piaciuto di scriverei da Assanghié il 27 febbraio dello scorso anno, e che ci hanno recato nuova testimonianza della costante amicizia che la Maestà Vostra professa verso la nostra persona ed i nostri popoli. Aspettavamo per inviarle la nostra risposta, che ci fossero giunte le lettere originali, le quali dovevano esserci recate dal viaggiatore Gustavo Bianchi, nel quale la Maestà Vostra dimostrava di avere piena fiducia, esprimendo il desiderio che egli fosse l'unico intermediario tra noi. Ma, allorquando credevamo imminente il ritorno di questo suddito fedele, ci è giunta la notizia che mentre con i suoi compagni Diana e Monari egli era avviato verso la costa, e tentava di scoprire una nuova via al mare, affine di rendere più agevole le relazioni fra i di lei Stati ed il nostro possedimento di Assab, egli fu assalito dalle tribù danakil. L'aggressione sarebbe seguita a tradimento, di notte tempo, in luogo distante pochi giorni di marcia dalla frontiera abissina; e le notizie giunteci sono tali da !asciarci in una dolorosa incertezza circa la sorte toccata ai viaggiatori italiani. Ci è noto che Vostra Maestà presentando i pericoli che aspettavano il Bianchi su quella via, cercò di dissuaderlo dall'impresa; ma egli si credé oramai obbligato a persistere nel suo disegno, e mise a cimento la vita per ciò che gli pareva essere utile al suo Paese. Cosi operando, egli ha potuto dispiacere alla Maestà Vostra; ma certo, dopo il doloroso avvenimento seguito, non sarà rimasto nel cuore generoso di Vostra Maestà altro sentimento fuorché il rispetto che ispirano sempre il coraggio e la fermezza nelle risoluzioni. Egli è appunto conoscendo per fama l'animo nobilissimo di Vostra Maestà che abbiamo incaricato il signor Vincenzo Ferrari, antico ufficiale del nostro esercito, di nobile e benemerita famiglia del nostro Paese, e nostro suddito fedele, di recare a Vostra Maestà questa lettera; di dirle quanto noi ed il nostro popolo ci siamo commossi all'annunzio della sventura toccata al Bianchi ed ai compagni suoi, e di fare alla Maestà Vostra calda preghiera dl porgere a quegli infelici tutta quella assistenza che potesse ancora essere loro utilmente prestata; e di adoperarsi in ogni miglior modo per scoprire i colpevoli od ottenere con la grande autorità sua che non si manchi d'infliggere ad essi esemplare castigo qualora (Dio nol voglia) i nostri fedeli sudditi fossero stati trucidati. Preghiamo Vostra Maestà di porgere benigno orecchio a quanto il signor Ferrari sarà per dirle in nostro nome, nessuna maggiore prova di amicizia potrebbe esserci data dalla Maestà Vostra.

645

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL SULTANO DI AUSSA, MOHAMMED IBN ANFARI

L. Roma, 12 gennaio 1885.

Dopo avervi presentato quei saluti e quegli omaggi che sono dovuti a personaggio così eccelso, noi vi diciamo che abbiamo ricevuto le lettere che per noi avete consegnate al conte Antonelli il 14° giorno del mese di Zel-Hegia dell'anno 1301 dell'egira, ed abbiamo Ietto con viva soddisfazione ciò che in esse è detto del desiderio vostro di mantenere e rafforzare le nostre cordiali relazioni. Amico, noi sappiamo che il vostro cuore è sincero e non esitiamo a fare appèllo ai buoni sentimenti che nutrite a nostro riguardo ora che è venuto il momento di darne prova. Vi è noto che il viaggiatore Gustavo Bianchi e due compagni suoi, al pari di lui italiani, sono stati assaliti mentre dall'Abissinia facevano strada verso il mare.

L'aggressione è avvenuta a tradimento, di notte tempo, per opera dei danakil. Ci rivolgiamo quindi al potente sultano dell'Aussa, acciò egli faccia giustizia. Raccolga egli informazioni per sapere esattamente come il fatto sia avvenuto; soccorra i viaggiatori italiani, se è ancora in tempo, e spieghi tutta la sua autorità anche oltre i suoi confini per la punizione esemplare dei colpevoli se i viaggiatori furono trucidati.

Amico, voi riconoscete che gli italiani hanno sempre fatto bene a tutti

danakil; ma alcuni fra questi non hanno corrisposto alle nostre buone inten

zioni. Vogliate quindi ricondurli su diritto cammino, e fate sentire ai colpevoli

il terrore della vostra spada.

Cosi ci darete prova di amicizia e faciliterete anche il compito a cui siamo

fermamente risoluti di nulla lasciare d'intentato che valga ad assicurare la

esemplare e severa punizione degli assassini.

646

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO DELLA MARINA, BRIN

D. RISERVATO S. N. Roma, 12 gennaio 1885.

Il sottoscritto ringrazia l'onorevole suo collega della marina di avergli comunicato le istruzioni (l) impartite al contrammiraglio Calmi circa la sua missione nel Mar Rosso. Queste compilate con molta chiarezza e precisione saranno di sicura guida al suddetto comandante per l'importante incarico commessogli dal Governo del re.

Per quella parte che ha attinenza colle relazioni internazionali lo scrivente si pregia di avvertire: l) che gli accordi presi col Governo inglese e col Governo egiziano per l'occupazione di Massaua sono assolutamente segreti, tali cioè da non poter essere in alcun caso apertamente citati od invocati; 2) che non v'ha in Massaua governatore inglese. Il colonnello Chermside, per quanto inglese di nazionalità è in Massaua governatore egiziano; 3) che è probabile che il governatore stesso o la guarnigione egiziana si trattengano in Massaua alcun breve tempo anche dopo seguita la nostra occupazione; 4) che, anche dopo la nostra occupazione, e sino a nuove istruzioni la bandiera egiziana dovrà sventolare a Massaua accanto alla nostra, come accade ora per la bandiera inglese a Zeila ed a Berbera; 5) che col proclama da pubblicarsi dal comandante delle forze navali nel Mar Rosso all'atto dell'occupazione di Massaua, l'indicare il Governo italiano quale alleato dell'Inghilterra e dell'Egitto, ed amico dell'Abissinia potrebbe dar luogo ad erronei commenti, né risponderebbe alla realtà della situazione. Parrebbe quindi conveniente dire: «il Governo italiano amico dell'Inghilterra, della Turchia e dell'Egitto, non meno che della Abissinia~.

Il sottoscritto prega l'onorevole suo collega della marina di voler disporre a ciò queste avvertenze sieno oggetto di istruzioni supplementari pel comandante Calmi, e gli sarà grato se, come già fu cortesemente fatto per le precedenti, si compiacerà di comunicargli anche il tenore di questa.

647

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE IN ASSAB, PESTALOZZA

D. 387. Roma, 13 gennaio 1885.

I ripetuti eccidii di nostri connazionali nel Paese dei danakil hanno richiamato l'attenzione del Governo sulla necessità di affermare la nostra autorità ed il nostro prestigio nel Mar Rosso con un conveniente apparato di forze; epperò fu risoluto di inviare in Assab uno stabile presidio che si comporrà di un battaglione di bersaglieri, d'una compagnia d'artiglieria con sei pezzi, di un

plotone del genio e dei relativi servizi accessori. Queste truppe saranno sotto il comando del colonnello di stato maggiore cavalier Tancredi Saletta, e s'imbarcheranno posdimani a Napoli per codesta volta.

Già ne diedi a vossignoria un preavviso col mio telegramma delli 8 gennaio (1), e l'invitai a far sì che l'annunzio ne fosse costì ricevuto senza inopportune agitazioni. Trattasi infatti di un semplice provvedimento di sicurezza, senza intendimento ostile verso il sultano dell'Aussa e gli altri capi indigeni finché essi ci si dimostrino fedeli e leali amici. È probabile che parte delle forze venga adoperata per qualche ricognizione nell'interno affine di ottenere sulla sorte toccata al Bianchi ed ai compagni suoi maggiori notizie, che possano condurci alla scoperta ed alla punizione degli assassini. Ella farà si che lo scopo di questa ricognizione sia convenientemente apprezzato dagli indigeni e non dia motivo ad erronee supposizioni.

II colonnello Saletta ebbe speciali raccomandazioni acciò il contegno degli ufficiali e delle truppe sotto i suoi ordini verso gl'indigeni sia tale da non dare appiglio a fondate lagnanze; e la disciplina del nostro esercito è per me arra sicura che tale scopo sarà facilmente raggiunto.

(l) Nota 95 del 10 gennaio 1885, non pubblicata.

648

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2225. Vienna, 13 gennaio 1885 (per. il 20).

Or sono pochi giorni ebbi incidentalmente una lunga conversazione di carattere del tutto particolare col ministro delle finanze dell'Impero che come l'E. V. ben sa regge pei governi delle due parti della Monarchia l'amministrazione della Bosnia e dell'Erzegovina. Il signor de Kallay non mi nascondeva essere suo vivissimo desiderio la quanto più pronta possibile annessione definitiva delle provincie occupate alla Monarchia. Egli deplorava altamente la convenzione conchiusa con la Porta dal conte Andrassy che riconosce l'alta sovranità del sultano sopra quei territorii, ma osservavami che il lacerare quella Convenzione condurrebbe tutto al più ad una platonica protesta da parte della Porta che non avrebbe conseguenze di sorta, visto che nessuna delle grandi Potenze muoverebbe osservazione qualsiasi al passaggio dallo stato di fatto a quello di diritto.

Avendo io rilevato che anche all'infuori della Convenzione austro-turca l'annessione sarebbe una violazione del Trattato di Berlino che inevitabilmente verrebbe invocato siccome un precedente atto a giustificare altre violazioni di quello stesso patto, il signor Kallay metteva innanzi la strana teoria che il Trattato di Berlino mentre accordava all'Austria-Ungheria l'amministrazione della Bosnia Erzegovina non contiene stipulazioni che ne vietino la successiva annessione.

Come di ragione non accettai che con ampia riserva quell'interpretazione del Trattato di Berlino; ma S. E. rispose alla mia osservazione ch'egli evidentemente non parlavami come ministro degli affari esteri essendo anzi egli del tutto estraneo alle questioni internazionali, ed in verità il ministro comune delle finanze non avendo solidarietà formale in Austria con quello degli esteri può fino ad un certo punto tenere fuori delle delegazioni il linguaggio che vuole senza impegnare in maniera alcuna la responsabilità del suo collega.

Non è men vero però che il così preciso discorso tenutomi da un personaggio fra i più ragguardevoli della Monarchia sì per posizione ufficiale che per posizione ufficiale in Ungheria, lascia chiaramente apparire che alla prima occasione il Gabinetto di Vienna non mancherà d'incorporare e definitivamente le Provincie occupate rispondendo cosi a quell'altro qualsiasi strappo che altri potranno dare ai vigenti trattati.

Da questo discorso si passò a conversare intorno alla situazione generale d'Europa, che il signor Kallay mostravami ravvisare assai critica poiché la nuova politica coloniale inaugurata dalla Germania non può a meno, egli dicevami, di condurre a serissimi conflitti fra le Potenze che sebbene cominceranno in lontane regioni pur finiranno per svolgersi anche sul suolo dell'Europa. A parer suo però l'Austria-Ungheria nulla ha da andare a cercare nei lontani mari mentre tutta la sua possibile espansione deve rivolgersi verso l'Oriente.

A questo proposito egli non aggiungeva altro, ma non vi ha dubbio per me che il Gabinetto di Vienna lanciato sulla via delle espansioni territoriali non farà sosta sino a che non avrà posto piede a Salonicco. Locché non esito a dire oggi avverrà tosto che si pronuncierà il conflitto che il signor di Kallay ben a ragione ritiene inevitabile in un avvenire assai prossimo. S. E. d'altronde esprimevasi in maniera da farmi comprendere che il genere di pace di cui l'Europa fruisce da circa 15 anni è assai più funesto di ciò che potrebbe esserlo una guerra. Egli non si peritava di discutere la politica della Germania, ma lasciavami comprendere che non l'approva, e che anzi ne teme le conseguenze anche per l'Austria. Mostravasi poi meco seriamente preoccupato del non dubbio definitivo stabilimento della repubblica in Francia che avrà a suo avviso per conseguenza l'introduzione di analoga forma di governo in Spagna prima e poscia in Italia ed in Germania; anzi a proposito di questa diceva, che impiantandovisi la repubblica la trasformazione vi si farebbe radicale ed irremediabile poiché tutto ciò che in Germania rappresenta la coltura e l'intelligenza ha sentimenti profondamente repubblicani. Del resto egli mostrava paventare più ancora il progresso costante delle idee socialistiche contro il quale è dimostrato a nulla servire le misure repressive e di polizia che unicamente giovarono a constatare il sempre crescente lavorio della setta, il notevole continuo aumentare degli addetti.

Il solo mezzo di combattere il socialismo essere la tutela della produzione agricola di cui tutti si mostrano teneri senza che nessun governo se ne prenda cura effettiva e efficace. Ho creduto dovere riferire all'E. V. questa conversazione che evidentemente non ha carattere ufficiale di sorta, ma che pure non ha poca importanza vista la posizione ufficiale e politica che copre il ministro Kallay e tenuto anche conto del suo non comune ingegno. Non tacerò poi all'E. V. che

la maggior parte degli apprezzamenti svolti dal mio interlocutore sono da me pienamente divisi e meritano a parer mio di esser presi in attenta considerazione da parte del R. Governo onde tenersi preparati alle eventualità che un avvenire assai prossimo ci riserva.

(l) T. 20, non pubblicato.

649

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. CONFIDENZIALE 31. Roma, 14 gennaio 1885, ore 14,20.

L'ambassadeur de France, M. Decrais, a dit à une personne sllre qui me l'a répété, que, dans le cas où la petite garnison anglo-égyptienne évacuerait Massaua, le Gouvernement français a déjà donné toutes les dispositions pour occuper lui-mème cette piace. Le langage de M. Decrais, quelle qu'en soit la valeur, doit, ce me semble, nous suggérer une prudence extrème. D'après les mesures prises par mon collègue de la marine nous serons, si rien de contraire ne survient, en mesure d'effectuer l'occupation de Massaua aux derniers jours de ce mois ou aux premiers jours du mois prochain. Il est bon cependant qu'on reste convenu qu'il n'y aura, quoi qu'il arrive, de changement quelconque dans la garnison actuelle de Massaua, au moins jusqu'au moment où nos forces seront sur piace pour procéder à l'occupation. Veuillez établir, à cet égard, une entente précise avec Granville le priant de télégraphier en ce sens et en termes très catégoriques à M. Baring. Tachez en mème temps de vérifier (1) si on a à Londres quelque indication ou renseignement au sujet des dispositions que le Gouvernement français aurait prises, au dire de M. Decrais, en vue d'occuper Massaua aussitòt que cette piace serait évacuée par les égyptiens. En tout cas la présence d'un navire anglais dans les parages de Massaua nous paraitrait en ce moment fort utile et opportune.

650

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 595. Roma, 14 gennaio 1885.

Ho l'onore di segnare ricevuta del rapporto n. 396 di serie politica, in data del 10 corrente (2), col quale V. E. m'informa che lord Granville richiederà sir Evelin Baring di far ciò che crede meglio per dare effetto al nostro desiderio circa alla partecipazione da farsi dal Governo egiziano relativamente a Massaua.

Come ebbi l'onore di telegrafare a V. E. in data del 6 e 7 corrente (1), una tale partecipazione del Governo egiziano sarebbe, secondo il nostro modo di vedere, il punto di partenza della nostra operazione ed il motivo della nostra successiva notificazione alla Turchia, all'Inghilterra e all'Egitto. Le relazioni attuali per l'Inghilterra e l'Egitto e la situazione speciale dell'Italia nel Mar Rosso giustificherebbero abbastanza questa partecipazione fatta dal Kedivè all'Inghilterra ed all'Italia.

Le informazioni che telegrafai oggi in via confidenziale a V. E. (2) dimostrano sempreppiù l'opportunità del nostro suggerimento a questo proposito.

(l) -Cfr. n. 659. (2) -Cfr. n. 640.
651

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (3)

R. 3746. Berlino, 14 gennaio 1885 (per. il 19).

Je remercie V. E. du télégramme (4) démentant les bruits d'un projet d'expédition à Tripoli et énonçant notre ferme résolution -tant qu'aucune nouvelle atteinte n'est pas portée aux présentes conditions d'equilibre dans la Méditerranée -de respecter scrupuleusement le status quo et la situation basée sur les traités européens. Conformément à vos instructions, si des suppositions ou des doutes se faisaient jour ici dans les régions officielles, je ne manquerai pas d'opposer le démenti le plus absolu.

Qu'il me soit permis en meme temps d'exprimer le regret de me trouver encore sans autres nouvelles que celles données par les journaux et les agences télégraphiques sur le véritable motif de l'envoi d'une escadre à Assab avec des troupes de débarquement. L'occupation de ce point microscopique sur les bords de la Mer Rouge et dans le voisinage d'Obock nous a déjà procuré et nous procurera encore, je le crains, bien des mécomptes. Je peux d'autant mieux en parler, que de ma part ce ne sont pas des critiques après coup. Quand le projet surgissait d'établir une station dans cette partie de l'Afrique orientale, je n'avais pas hésité, mon avis ayant été demandé, à présenter tous les inconvénients d'un semblable projet. Le mieux serait sans doute de renoncer à cette entreprise si jamais la occasion s'offrait d'en sortir honorablement. Mais je me hate d'ajouter que la retraite n'est certes pas facile surtout après le double massacre de nos explorateurs, et la necessité de pourvoir à la sécurité de notre colonie, si tant est qu'elle soit viable.

On comprendrait jusqu'à un certain point que nous voulussions, en suite d'un accord avec le Gouvernement britannique, obtenir la cession de Massaua ;pour nous assurer une ligne de commerce plus directe avec l'Abyssinie. Et meme,

à cet égard aussi, il pourrait se produire telle circonstance où nous devrions regretter de ne pouvoir gagner la Méditerranée ou l'Océan Indien sans passer sous les canons anglais qui dominent l'entrée et la sortie de la Mer Rouge.

Dans les conditions actuelles de l'Italie toute politique coloniale semblable à celle dont la France et l'Allemagne donnent aujourd'hui l'exemple serait une grande folie. Mais encore faudrait-il qu'elle perdi.t ce caractère en étant justifiée par une nécessité politique, telle que le danger que la Tripolitaine devint une possession française, ou que le Cabinet de Paris fùt main basse sur le Maroc. Dans ces cas, nous ne devrions pas hésiter à occuper Tripoli, ou du moins la Cirénaique, ne fùt-ce qu'à titre de gage. Tout en accordant nos préférences au maintien du statu-quo, il convient de ne pas perdre de vue cette éventualité et de nous y préparer sérieusement.

(1) -Cfr. n. 630 e 628, nota 2. (2) -Cfr. n. 649.

(3) Ed. In L'Italia e Za Conferenza di Berlino, clt., pp. 157-158.

(4) Cfr. n. 622.

652

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R 3747. Berlino, 14 gennaio 1884 (per. il 19).

D'après des renseignements qui me parviennent en voie indirecte, le prince de Bismarck continue à se montrer assez médiocrement édifié sur notre attitude dans les différentes phases de la question égyptienne depuis la Conférence de Londres. Des Puissances alliées doivent marcher d'accord dans les affaires où leurs intérets sont en jeu. L'Italie penche très-visiblement vers le Cabinet britannique au risque de se trouver un jour isolée pour avoir voulu suivre le programme incertain et souvent contradictoire de M. Gladstone. On ne peut guère compter à Berlin sur Rome. En tout cas, nous n'aurions pas su dans cette question, tout en nous appliquant à ne pas froisser l'Angleterre, conduire les choses de manière à contenter dans une certaine mesure les autres Puissances soucieuses de sauvegarder les intérets generaux de l'Europe.

Chaque fois que l'occasion se présente, je réfute de mon mieux ces arguments. Mais il me tarde de recevoir l'exposé qui m'est annoncé par la dépeche de

V. E. du 5 janvier (n. 1761) (1).

Je tiendrais aussi à savoir, s'il est vrai, comme on l'affirme ici, que le Gouvernement français va présenter à Londres des contre-propositions qui auraient déjà reçu l'assentiment de l'Allemagne, de l'Autriche et de la Russie, et dont le journal le Temps de Paris publie un résumé. Nous ont-elles été préaiablement soumises. Si meme on avait à Paris le sentiment d'un parti pris à Rome en faveur de l'Angleterre, une pareille communication n'était pas moins requise ne fùt ce que par les règles de la simple courtoisie.

En attendant, le ministre ottoman Hassan-Fehmi pacha, qui se rend en mission spéciale à Londres est arrivé avant-hier ici. Il est chargé, à ce qu'on m'assure, de s'employer, autant que faire se pourra, à sauvegarder les droits de souveraineté du sultan en Egypte et d'insister pour l'évacuation des troupes anglaises dans un délai qui ne soit pas trop éloigné (1).

(l) Non pubblicato.

653

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1166. Cairo, 14 gennaio 1885 (per. il 26).

Con telegramma in data del 6 corrente (2) ho avuto l'onore informare l'E. V. che, quel giorno istesso, è partita la lettera del Kedivè alla Porta per notificargli l'evenienza di dover abbandonare Massaua, della quale oltre di averne dato un riassunto nello stesso telegramma, ne ho rimesso col mio precedente rapporto del 5 corrente (3) una copia della parte concernente l'evacuazione di Massaua. Informai nello stesso tempo l'E. V. delle impressioni del signor Baring sulle osservazioni di V. E. al di lui programma per l'occupazione di quella città, ma che, pur ritenendole per giustissime, si atteneva alle sue idee che in casi, come quello che ci occupa, si debba procedere senza molti scrupoli.

Il dispaccio di lord Granville che l'ambasciatore britannico ha comunicato all'E. V. conferma in certo modo il programma che sottomisi all'E. v. con telegramma del 31 scorso dicembre (4).

Per aver un punto di partenza per l'esecuzione di questo programma, l'E. v. desidererebbe che il Governo egiziano facesse conoscere all'... (5) ed all'Italia come sia stata accolta dalla Porta la sua dichiarazione in conseguenza della necessità in cui si troverebbe di ritirare le sue guarnigioni da Massaua, e da altri punti della costa del Mar Rosso. E siccome l'ambasciatore britannico si è incaricato di appoggiare a Londra questo desiderio di V. E., mi ordina di fare altrettanto presso il signor Baring.

Come ne ho informato V. E. con telegramma del 10 (6) fummo con Baring di accordo che per il momento non conveniva chieder nulla al Governo egiziano,

«Approvare il linguaggio che tiene a spiegazione del nostro contegno. I documenti che gli sono comunicati in questi giorni gll porgono ogni più precisa spiegazione circa l'incidente della ammessione dei due nuovi commissari, il quale incidente, per malinteso occorso, ha potutodar luogo, da parte del Gabinetto germanico, ad Inesatto apprezzamento del nostri procedimenti. Speriamo però che ora ogni equivoco siasi dileguato.

In quanto concerne Il nostro atteggiamento, In generale, nella questione egiziana, mentre In breve gli perverrà apposito dispaccio che spieghi minutamente i nostri concetti a tal riguardo, non è inutile rammentare essere stato riconosciuto dal nostri stessi alleati che i nostri Interessi speciali nel Mediterraneo dovevano necessariamente imporci, nei nostri rapporti coll'Inghilterra,riguardi speciali e speciali temperamenti, fin tanto che nc.n si venga a fare offesa alle ragioni e agli interessi che abbiamo comuni coi nostri alleati». In base a tali istruzioni venne redatto il

D. 1783 del 20 gennaio 1885, indirizzato all'ambasciata a Berlino, non pubblicato.

(-6) Cfr. n. 638.

ed attendere che sia trascorso un intervallo di una quindicina di giorni dalla partenza della lettera del kedivè alla Porta. Benché convinti che la Porta non avrà risposto, e che più che probabilmente non risponderà, il signor Baring dimanderà a Nubar come la Porta abbia accolta la dichiarazione del kedivè d'esser eventualmente obbligato d'abbandonare Massaua, e quand'anche Nubar rispondesse ignorarlo ancora, egli gli annunzierebbe che l'Italia si accinge a mettere in esecuzione il programma convenuto. A questa sua dichiarazione Baring è convinto che Nubar chiederà di dirigere alla Porta una seconda lettera notificando la risoluta determinazione di abbandonare Massaua.

Inoltre Baring è convinto che Nubar non vorrà in nessun modo consentire di far direttamente a noi la dichiarazione, come l'E. V. desidererebbe, dell'accoglienza fatta dalla Porta alla lettera del kedivè, perché questi verrebbe indubbiamente compromesso da un indizio così evidente di un accordo segreto con noi per l'occupazione di Massaua. Di ciò ne sarebbe di certo informata da lord Granville. Spero però che con Baring potremo riescire ad una combinazione che soddisferebbe sott'altra forma il desiderio di V. E.

(l) Allegata al presente documento si trova la seguente annotazione di Malvano:

(2) -Cfr. n. 628. (3) -Non pubblicato. (4) -Cfr. n. 612. (5) -La lacuna è nel testo.
654

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 56. Londra, 15 gennaio 1885, ore 22,12 (per. ore 5,30 del 16).

Granville me remercie de l'assurance que je lui ai donnée au nom de V. E. que nous garderons une réserve absolue au sujet des contrepropositions françaises, jusqu'à ce que nous connaissions l'opinion du Gouvernement anglais, que Sa Seigneurie promet de nous faire connaitre prochainement, Granville m'écrit également qu'il va s'occuper de ce que V. E. m'a mandé au sujet de Massaua, par son télégramme en chiffres hier au soir (1), dont je lui ai communiqué la substance.

655

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, NIGRA, A PARIGI, MENABREA, A PIETROBURGO, GREPPI, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 32. Roma, 16 gennaio 1885, ore 12,10.

Les ambassadeurs d'Allemagne et de Russie sont venus, hier, d'ordre de leur Gouvernement, faire auprès de moi une démarche formelle au sujet de

l'admission d'un commissaire allemand et d'un commissaire russe pour la dette publique égyptienne. Les dépeches dont ils m'ont donné communication aboutissent, après un résumé historique de la question, à une conclusion identique, à savoir que l'admission des nouveaux délégués par les Puissances non encore représentées dans la commission ne relève que de la compétence du khédive, que, cependant, le khédive ayant mis en avant la nécessité d'une entente avec les Puissances, les deux Cabinets croient, avant de prendre des déterminations ultérieures, devoir démander au Gouvernement du roi si pour sa part il partage l'avis du khédive, et si, dans ce cas, il considère la réclamation présentée par le Gouvernement de Russie et d'Allemagne comme fondée en droit.

J'ai répondu aux deux ambassadeurs que je n'avais pas jusqu'ici eu l'occasion de m'appliquer à résoudre le doute qui avait dès l'abord surgi dans mon esprit, à savoir si pour modifier la composition de la Commission de la dette l'adhésion du khédive seul suffit ou bien si une entente formelle est à cet effet nécessaire entre l'Egypte et les Puissances. J'ai promis là-dessus, si possible, une réponse pour demain samedi. J'ai toutefois remarqué que la question devenait pour nous en quelque sorte oiseuse, du moment que quand bien mème elle serait résolue contre l'avis des deux Puissances, et conformément a celui du khédive, nous ne saurions avoir aujourd'hui, au sujet de la légitimité de la réclamation russe-allemande, une opinion différente de l'opinion affirmative que nous avions énoncée à la Conférence de Londres d'abord et ensuite au Caire, à l'occasion de la première démarche faite par la Russie auprès de nous. Me référant à quelques observations contenues dans les deux communications à l'égard de l'attitude observée jusqu'ici par l'Italie dans cette affaire, j'ai pris l'occasion pour rétablir sur ce point la stricte réalité des faits, en faisant ressortir qu'il ne s'était jamais agi de notre part, d'une réserve ou restriction quelconque, mais de la simple constatation du fait, corroboré par la démarche actuelle des deux Cabinets, qu'il y avait tout naturellement encore à s'accorder sur la forme et la procédure à suivre pour la modification de la composition de la Commission après quoi le moment viendrait de réaliser cette modification. Les explications que j'ai données sur ce point coYncident avec celles contenues dans ma dépèche à Vienne du 27 décembre dernier, pièce diplomatique n. 2242. Me réservant de vous faire connaitre après mon rendez-vous de demain, ma réponse définitive, j'ai tenu à vous faire part, dès maintenant, de mon entretien d'hier.

(per Pietroburgo) L'ambassadeur de Russie m'a paru apprécier favorablement mes éclaircissements et ma réponse préliminaire.

(per Berlino) L'ambassadeur d'Allemagne m'a paru apprécier favorablement mes éclarcissements et ma réponse préliminaire. Je dois toutefois vous confier que la dépèche de M. de Bismarck conçue en termes assez raides se terminait en nous attribuant d'avoir tenu dans cette affaire une attitude difficile à expliquer, et d'avoir, par nos réserves sur la forme et l'opportunité, créé des difficultés artificielles, et converti dans l'effet contraire l'adhésion à laquelle on s'attendait de notre part. J'ai franchement dit à M. de Keudell que je ne pouvais pas accepter une pareille appréciation, que les explications par moi fournies pourraient ne pas etre fondées. Pour ne pas etre obligé de la relever d'une manière formelle, j'ai préféré ne pas profiter de l'offre que l'ambassadeur était autorisé à me faire de me laisser une copie de la pièce.

(per Londra) Je pense que V. E. n'aura pas de difficultés à démontrer à lord Granville qu'à l'état actuel des choses, et après les précédents de cette affaire, il était pour nous impossible de donner une réponse différente sous peine de mériter le reproche d'incohérence et de contradiction. J'attacherais cepedant du prix à connaltre là-dessus avant demain, si possible, l'impression de lord Granville, et aussi son opinion sur la question si pour l'admission des deux nouveaux commissaires un simple décret du khédive soit regardé suffisant sans le concours de l'assentiment des Puissances.

(l) Cfr. n. 649.

656

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, E A PIETROBURGO, GREPPI (l)

D. Roma, 16 gennaio 1885.

Secondo che le telegrafai oggi stesso (2), gli ambasciatori di Germania e di Russia hanno fatto qui ieri, in seguito ad ordine del loro Governo, pratiche formali per l'ammissione di un delegato tedesco e d'un delegato russo presso la Commissione della cassa del debito pubblico egiziano. Entrambi mi hanno dato lettura di un dispaccio del loro rispettivo Governo, di cui identica è la sostanza.

La risposta fatta da Nubar pascià alla domanda dei consoli generali di Germania e di Russia al Cairo, è detto in quel documento, parte dal concetto che la legge di liquidazione avendo, per così dire, stabilito il numero dei commissari, l'aumento dei medesimi richiede l'assenso delle Potenze, assenso che i due Gabinetti dovrebbero previamente ottenere.

Se non che, sebbene i due Governi imperiali, allorché nel 1880 furono invitati a partecipare ai lavori relativi alla legge di liquidazione, avessero riservata la loro libertà di apprezzamento e d'azione, tuttavia, quando la legge entrambi, avendola esaminata, loro fu ufficialmente comunicata con invito di aderire ad essa, e avendo ravvisato in essa garantie sufficienti per la protezione degli interessi che si volevano tutelare, davano la loro adesione.

La legge di liquidazione della quale, per tal modo, essi diventavano contraenti e mallevadori, regolarizzava e determinava la competenza della commissione del debito pubblico che già esisteva da quattro anni in virtù del decreto kediviale. Tuttavia convinti che le Potenze le quali nel 1876 erano state chiamate a partecipare a quella istituzione avrebbero procurato di salvaguardare

44 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XVII-XVIII

gli interessi internazionali, e quindi anche quelli delle Potenze non rappresentate nella Commissione stessa, i due Gabinetti avevano creduto di potersi astenere dalla nomina di un proprio delegato, fidando nella sorveglianza dei rappresentanti europei che già siedevano in essa.

L'infrazione che contro quelle stipulazioni fu commessa il 18 settembre dello scorso anno, senza che ad essa fosse fatta dai membri della Commissione della cassa valida opposizione, ha fatto sì che i due Governi dovessero mutare tale fiducioso apprezzamento; e poiché la possibilità di simili infrazioni non è esclusa per l'avvenire, essi hanno riconosciuta la necessità di dare alla Commissione, coll'aggiungervi un delegato russo ed uno germanico, il carattere e l'autorità richiesta per la salvaguardia dei diritti e degli interessi che si fondano sulle transazioni internazionali, di cui i due Gabinetti imperiali non saprebbero lasciare ad altri la cura del mantenimento. Essi quindi si sono accordati per reclamare il diritto che loro appartiene di avere in seno alla commissione, allo stesso titolo delle altre Potenze, un rappresentante a mezzo del quale esse possano invigilare ai loro interessi ed alla osservazione dei trattati esistenti, i quali non possono essere violati in un punto speciale, senza che .anche il complesso ne sia invalidato.

Tale diritto, proseguono i due dispacci, è incontestabile. La legge di liquidazione, determinando le attribuzioni e la competenza della Commissione del debito pubblico, non ha stabilito il numero né il modo di convocazione dei membri chiamati a farne parte. Né la legge poteva ciò stabilire, poiché essendo essa stessa un atto internazionale destinato a salvaguardare i diritti e gli interessi degli stranieri in Egitto, non poteva escludere alcuna delle potenze contraenti. Pertanto se è vero che il kedivè non possa, senza l'assenso di queste, modificare le condizioni di esistenza e le attribuzioni della Commissione della cassa, senonché sono determinate dalla legge di liquidazione, rimane invece di esclusiva sua competenza il rendere completa la Commissione stessa, aggiungendovi i membri delle Potenze contraenti non ancora rappresentate in essa.

I due Governi presentarono quindi direttamente il loro reclamo al kedivè; ma ora la risposta di S. A. avendo eccepito la necessità di una previa intelligenza colle Potenze, i Gabinetti di Berlino e di Pietroburgo, prima di prendere ulteriori determinazioni, hanno creduto di dover chiedere al Governo italiano, se, per parte sua, esso divida il modo di vedere del kedivè, ed, in caso affermativo, se esso creda fondato il diritto di reclamo dei Governi di Russia e di Germania.

Tale è, con lieve variante, la sostanza della comunicazione fattami dai due

ambasciatori. Essi soggiungevano non dubitare che il Governo del re, fedele

alle assicurazioni date, avrebbe appoggiato senza riserva e restrizione le do

mande dei due Gabinetti sul terreno diplomatico ove essa ora si trova, come

nelle ulteriori fasi che essa potesse attraversare.

Come già le telegrafai, risposi ad entrambi che sino ad ora non avevo avuto

occasione di risolvere il dubbio che, a tutta prima, s'era affacciato alla mia

mente circa il determinare se, per recare mutamenti al modo in cui la Com

missione del debito è ora composta, basti l'adesione del kedivè, o si richiegga

invece un accordo formale tra l'Egitto e le Potenze.

Soggiunsi che mi sarei affrettato di esaminare attentamente la cosa, e che sperava di poter dar loro a tale riguardo una risposta definitiva sin da domani.

Osservai tuttavia che la questione era per noi in certo qual modo oziosa, poiché, quand'anche essa fosse risolta in modo contrario al parere delle due Potenze, e secondo il modo di vedere del kedivè, il Governo del re non poteva aver oggi, circa la legittimità della loro domanda, un'opinione diversa da quella intieramente favorevole al loro desiderio che era stata manifestata dapprima dal r. plenipotenziario alla Conferenza di Londra, e poscia dal

r. agente al Cairo in seguito alla prima domanda d'appoggio fattaci dalla Russia.

Ne trassi argomento per chiarire quale sia stato a tale riguardo il nostro atteggiamento, rilevando come non siasi ornai trattato, da parte nostra, di una riserva o restituzione qualsiasi; ma di costatare semplicemente il fatto, corroborato dalla attuale domanda dei due Governi, che naturalmente era mestieri di una ulteriore intelligenza circa la forma e la procedura cui converrebbe attendersi, per modificare la composizione della Commissione, dopo di che sarebbe venuto il momento di recare questi mutamenti.

Le spiegazioni che io diedi a tale riguardo coincidono con quelle contenute nel dispaccio da me diretto al r. ambasciatore a Vienna il 27 dicembre 1884, che venne inserito al n. 2242 (XXX) dei documenti diplomatici (1).

Conchiusi il mio telegramma a V. E. coll'avvertire che mi sarei fatta premura di farle nota, domani stesso, la mia risposta definitiva ai due ambasciatori.

(l) -Ed. in LV 47, pp. 235-237. (2) -Cfr. n. 655.
657

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2782. Costantinopoli, 16 gennaio 1885 (per. il 22).

L'E. V. avrà inteso d'altra parte come Hassan Fehmi pascià, mandato in missione a Londra, comparisse a Berlino lì 13 corrente. Nessuno conosceva qui che

S.E. avesse l'ordine di prendere questa via. E m'é riferito da sicura fonte che le cose seguirono nel seguente modo. La prima intenzione era che Hassan Fehmi pascià si recasse direttamente a Londra. S'intese poscia che egli farebbe una breve sosta a Parigi. Se non che in quel mezzo S.M. il Sultano mandava un segretario a domandare all'ambasciatore di Germania se non sarebbe più conveniente che egli passasse per Berlino, cui S.E. rispondeva non esserci alcun bisogno, le relazioni fra il Governo germanico e quella di Francia essere amichevolissime, tutto quello che il negoziatore ottomano converebbe con questo sarebbe di buon grado accettato dalla Germania, d'altronde il principe Bismarck era in questo momento assai occupato dalle cose parlamentari, ed il conte

Hatzfeldt era assente da Berlino. Né altro s'intendeva di poi in proposito. Grande fu quindi la meraviglia che si provò all'ambasciata di Germania allorché si seppe per telegrafo che Hassan Fehmi pascià era giunto a Berlino. E lascio all'E.V. di giudicare se queste fermate a Berlino e probabilmente a Parigi siano atte a facilitare il compito dell'inviato di S.M. il Sultano. Poco è traspirato circa le istruzioni di cui S.E. è munita, se non che a me sembra il nodo della quistione consistere nella decisione da parte del Governo ottomano di esigere la fissazione del termine dell'occupazione inglese, ché, se le mie informazioni sono esatte, esso domanderebbe che le forze inglesi abbiano a sgombrare l'Egitto otto mesi dopo la stipulazione dell'accordo, il che evidentemente costituisce lo scopo precipuo della missione. E l'E.V. conosce se esista alcuna probabilità che il Governo britannico acconsenta a siffatta condizione. Sugli altri punti non credo che sarebbe difficile d'intendersi. In ogni caso l'invio di questa missione a Londra proverebbe un maggiore desiderio da parte della S. Porta di migliorare le sue relazioni con quel Governo, le quali da qualche tempo erano divenute assai fredde.

(l) Cfr. n. 601.

658

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2226. Vienna, 16 gennaio 1885 (per. il 20).

Confermando il mio telegramma del 13 (1), pregiomi riferire all'E.V. che il conte Kalnoky dicevami aver ricevuto pochi giorni prima comunicazione dell'ambasciatore di Francia della controproposta che il suo Governo stava per trasmettere al Gabinetto di Londra intorno alla questione finanziaria egiziana.

S.E. aggiungevami sperare che l'Inghilterra vi farebbe buona accoglienza, visto che in sostanza quelle proposte sono la conseguenza dei negoziati passatisi in questi ultimi tempi fra i due Gabinetti. Anche in questa circostanza il conte Kalnoky nel manifestare il desiderio che la vertenza possa comporsi con soddisfazione dell'Inghilterra non dissimulavami quel suo poco buon volere per il signor Gladstone, che sempre traspira ogni qualvolta ha l'occasione di parlarne per qualsiasi ragione.

Ieri poi il signor Szogyény, tenevami parola dell'articolo del Temps di Parigi che contiene a quanto mi disse un sunto delle controproposte francesi ed osservavami meritar attenzione il fatto: essere esattissimo il contenuto di quell'articolo, che non può quindi a meno di ritenersi frutto di un'indiscrezione commessa probabilmente a Parigi stesso.

Tanto il conte Kalnoky quanto il signor Szi:igyény nel conversare meco di questo argomento lasciavano trasparire l'intendimento di scoprire da me, se il

R. Governo avesse al pari del Governo imperiale ricevuto precedenti comunicazioni della risposta che il Gabinetto francese sta per fare a quello di Londra.

Per conto mio ignoro tuttora se ciò sia o no avvenuto; ad ogni modo parvemi opportuno lasciare i miei interlocutori nel dubbio al riguardo, e quindi mantenni nella mia risposta un'attitudine di natura a non far comprendere, se ignoravo il contenuto delle controproposte francesi, ovvero se per speciali ragioni non intendevo dar occasione ad una discussione meco in proposito.

(l) T. 51, non pubblicato.

659

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 66. Londra, 17 gennaio 1885, ore 20,30 (per. ore 23,25).

Lord Granville m'a dit qu'il avait télégraphié à Baring pour qu'on ne retire pas, pour le moment, la garnison de Massaua. Il ne lui est rien revenu des intentions supposées du Gouvernement français sur Massaua.

660

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA (l)

D. 465. Roma, 17 gennaio 1885.

L'ambasciatore di Francia mi ha ieri comunicato il testo delle proposte francesi risguardanti l'Egitto; V.E. troverà qui copia di tale comunicazione (2).

Il signor Decrais non s'è limitato ad esprimermi, in nome del suo Governo, il desiderio che lo spirito di moderazione e di equità cui tali proposte sono ispirate fosse apprezzato dal Governo del re; ma ha soggiunto, dando al suo discorso un'intonazione del tutto speciale, che il signor Ferry gli aveva manifestata la speranza che, in questa circostanza, l'Italia, impiegando i suoi buoni uffici presso il Governo britannico, avrebbe continuata l'opera di conciliazione da essa iniziata nell'ultimo periodo della Conferenza di Londra.

Ho ringraziato il signor Decrais per tale amichevole comunicazione, soggiungendo che avrei esaminato tosto le proposte del suo Governo con tutta l'attenzione che era richiesta. Gli ho pur detto che il Gabinetto di Parigi non poteva dubitare del vivo nostro desiderio di vedere stabilito un accordo definitivo fra tutte le Potenze circa questa spinosa questione.

Quanto all'opera di conciliazione che s'aspetta da parte nostra ho detto al signor Decrais che il Governo della Repubblica doveva lasciarsi esplorare innanzi tutto quali fossero a tale riguardo le disposizioni del Gabinetto di St-James, conciossiachè, secondo l'uso invalso, i buoni offici non si offrono

né si accettano fra governi amici, se non dopo aver acquistata la certezza che essi riescirebbero a tutte le parti ugualmente graditi.

Conchiusi coll'assicurare il signor Decrais che avrei dato una risposta al Governo francese il più presto che per me si potrebbe. A tale riguardo l'ambasciatore della Repubblica mi informò che l'adesione dei Gabinetti di Berlino, Vienna e Pietroburgo poteva ormai considerarsi come assicurata alle proposte francesi.

Di quanto precede ho dato oggi stesso a V.E. un cenno telegrafico (l) che qui le confermo.

(l) -Ed. in LV 47, p. 243. (2) -Non pubblicata.
661

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 115. Madrid, 17 gennaio 1885 (per. il 23).

L'interpellanza del marchese de la Vega de Arminjo sulla cosiddetta questione d'Italia, svolta ieri nel Congresso dei deputati, fu notevole pei punti riassunti qui appresso.

È strano che così presto dopo il discorso del trono che chiamava i partiti ad una comune politica estera, siasi prodotto un conflitto con una Potenza che c'era tanto amica. È strano che tra molteplici documenti che si sa essere stati scambiati fra i due Governi per l'incidente Pidal, due soli sieno stati presentati alle Cortes. Ai reclami dell'Italia il ministro di Stato e il ministro di Spagna a Roma risposero in modo soddisfacente, negando che le parole in questione fossero state dette. Non bastò; in omaggio della comunanza d'intelligenza desiderabile tra parlamenti di ambe Nazioni, il Presidente del Consiglio diede nel Senato alla Nazione amica la soddisfazione più ampia e completa. Tutto doveva con ciò considerarsi terminato. Se non che per circostanze sfortunate ed inesplicabili, malgrado che tutti fossero di completo accordo su quel che era realmente succeduto nel Parlamento spagnuolo, l'Italia volle una risposta scritta; e la Spagna non oppose nessuna abbiezione a tale esigenza. Altro fatto inesplicabile: il preambolo insolito che accompagna la nota spagnuola nella Gazzetta Ufficiale d'Italia; se tali dichiarazioni non erano convenute era naturale un reclamo del Governo spagnuolo: non se ne vede traccia. Un organo del Vaticano pubblica il sunto d'una nota di spiegazioni date alla Santa Sede dal Governo spagnuolo. Nessuno, dice l'oratore, del mio affetto all'Italia può dubitare; ma per i grandi interessi cattolici che la Spagna ha da difendere, l'indipendenza del Santo Padre essendo necessaria alla soluzione di certe nostre questioni, il Governo non può sottrarre al Parlamento documenti di tale portata. Da qualsiasi altro Gabinetto che non questo, che è sospetto all'Italia, essa si sarebbe accontentata delle prime spiegazioni date, senza imporre una

serie di umiliazioni con le quali è sempre facile mantenere buone relazioni, gettandosi ai piedi di chi fa reclami per quanto insignifican~i o esagerati c'',., siano.

Il ministro di Stato rispose con le dichiarazioni qui appresso riassunte.

Divide il cordoglio dell'Assemblea per le luttuose cagioni dell'assenza del suo collega del Fomento. Nega esistere, né avere esistito, né potuto esistere, né rimanerne traccia nell'animo dei due Governi di una questione con l'Italia. Quando il signor Pidal diede al Congresso spiegazioni particolari per respingere l'accusa d'inconseguenza nelle sue opinioni personali, né il signor Castelar, cui egli rispondeva, dimostrò di sospettare che fosse nata una quistione con l'Italia, né i giornali più avanzati, né gli uomini politici dell'opposizione chiamarono l'attenzione di chicchessia sulle frasi che di poi suscitarono tanto rumore. Il ministro d'Italia, presente quando parlava il signor Pidal (ciò è inesatto), non fece reclamo a quel momento. La cosiddetta questione nacque con telegrammi della stampa associata che ha centro a Parigi, la quale eccitò il Governo italiano a chiedere schiarimenti. Parecchi organi democratici in !spagna ebbero la lealtà di attestare che le parole telegrafate da Parigi non erano mai state pronunziate dal signor Pidal; il presidente del Consiglio affermò aver assistito al discorso il quale non conteneva nulla di somigliante alle supposizioni della stampa estera. Non era umiliarsi affermare ad una Nazione amica, come subito si fece, che l'offesa supposta non esisteva. Consultatosi a Roma, intanto, il cosiddetto Extracto Oficial che il ministro d'Italia qui considerò naturalmentè autentico fino a rettificazione, vi si rilevarono inesattezze che ci diedero luogo a ricordare che il Governo non riconosce come autentico che il Diario de las sesiones, uscito di poi. Intanto un'interpellanza del signor del Mazo diede in Senato occasione agli schiarimenti rammentati dal marchese Vega Armijo. Dacché quel discorso fu pronunziato cessò ogni spiegazione e conferenza, ed il Governo non ebbe più che ad occuparsi col rappresentante d'Italia di esprimere in un documento ufficiale le spiegazioni stesse. (Qui il ministro di Stato legge una traduzione, dalla quale la nostra stampa potrà difficilmente rilevare il testo originale della mia nota del 20 luglio). Non è questo un linguaggio che possa dimostrare essere meno cordiali che pel passato le nostre relazioni con l'Italia, né essere prima intervenute altre comunicazioni scritte ed ufficiali sull'incidente, che sieno state dissimulate da questo Governo. La nostra risposta fu analoga agli schiarimenti che diede il marchese Vega Armijo a proposito d'una pastorale dell'arcivescovo di Toledo sul trasferimento della salma di Pio IX, schiarimenti che appariscono nel libro rosso con punti sospensivi, indicanti occultazioni che noi invece non facciamo.

In quanto alle note scambiatesi col nunzio, si lasciò, come d'uso, alla Santa Sede l'iniziativa di pubblicar le se lo credeva conveniente o necessario; ma prevenendo gli appunti fatti al riguardo dall'interpellante, ho chiesto ed ottenuta l'autorizzazione di passarle come faccio ad uno dei segretari del Congresso perché il marchese Vega Armijo possa esaminarla. Il Governo italiano, convinto dal discorso del presidente del Consiglio e dalla pubblicazione del Diario de las Sesiones della realtà dei fatti, considerò sin d'allora la questione terminata; l'argomento, non avendo l'importanza supposta dell'interpellante, si conchiuse con lo scambio di note senza altra spiegazione; note che sono le sole che il Governo spagnuolo riconosce come le espressioni delle sue opinioni e del suo giudizio su questa materia. Di ciò ha cognizione il Governo italiano, il quale apprezzando la soluzione data su questo punto dal Governo spagnuolo è stato d'accordo con noi che l'incidente doveva considerarsi come non avvenuto. Il fatto è che non abbiamo mancato menomamente ai riguardi ed alla considerazione dovuta ad un Governo amico, né alla dignità nazionale, ora invocata da chi fu soddisfatto delle spiegazioni del signor Grévy sugl'incidenti del viaggio di Parigi. Il Governo italiano si vide eccitato dalla stampa e dalle opposizioni, benché queste non abbiano suscitata la questione in Parlamento; esse l'accusavano di , non aver chiesto spiegazioni, quelle date alla Tribuna spagnuola sembrando dovute solo all'iniziativa del degno ex-rappresentante di Spagna a Roma, ove ha grandi relazioni d'amicizia, il quale, si diceva, obbligò il presidente del Consiglio a parlare in Senato. Davanti a tali accuse, il Governo italiano, considerò come la migliore giustificazione, la pubblicazione delle note preceduta, solamente per dimostrare la questione di date, di un resoconto delle conversazioni o conferenze tenute tra il Governo ed il rappresentante d'Italia. È un errore asserire che ciò passò inosservato per parte del Governo spagnuolo; qualche cosa ne pervenne a notizia del Governo italiano poiché in un colloquio con me il

ministro d'Italia mi manifestò in nome del suo Governo «che le amichevoli spiegazioni date al signor Mendez Vigo avevano fatto sparire ogni impressione meno favorevole, e che credeva già terminato l'incidente in un modo definitivo non rimanendone che il mutuo desiderio dei due Gabinetti di avere frequenti occasioni di dimostrarsi reciprocamente ed in modo pratico la loro buona

e seria amicizia~. (Apparisce evidente qui una delle solite mancanze di preci

sione dell'estratto mal detto ufficiale; il Diario non è ancora uscito).

Il ministro di Stato continuò con le seguenti dichiarazioni cui diede un accento d'importanza; posso aggiungere che sono rimasti talmente delusi i propositi che poterono ispirare i malagurati telegrammi, che tengo la sicurezza, con certezza di non essere smentito da nessuno, che il Governo italiano ha accettato con piena soddisfazione la nota spagnuola del 22 luglio perché chiudeva l'incidente definitivamente e nel modo più amichevole. I due Governi sono d'accordo a non prestarsi a che un incidente sepolto nell'oblio e che si fondava in sostanza sopra una versione erronea e sulla supposizione di frasi che in realtà non erano state pronunziate, serva ulteriormente di pretesto per discussioni di principi senza opportunità e senza portata pratica, con pregiudizio degli interessi comuni, d'indole essenzialmente positiva, che li uniscono in una solidarietà reciprocamente riconosciuta.

Il Governo italiano non trascura occasione di confermare che le sue dispo

sizioni ed i suoi convincimenti riguardo alle relazioni dei due Stati sono le

stesse che esso espresse con grande precisione nell'ultimo maggio. Ho la sicu

rezza che il Governo italiano ha piena fiducia nelle disposizioni identiche del

Gabinetto di Madrid a conservare e sviluppare quel felice stato di relazioni.

E' uguale il proposito in ambedue che non v'abbia motivo alcuno di divergenza

tra due Governi i cui interessi sono tanto intimamente legati dalla storia, dalla posizione geografica, dall'origine e dalla situazione eccezionale dei due popoli.

E che dirò delle relazioni con la Santa Sede, soggiunse il ministro di Stato dopo Io scambio di schieramenti relativi non al testo delle note scambiate con l'Italia, ma al carattere d'autenticità del resoconto sopraccennato come dichiarazione del Governo spagnolo? Rispondono le nomine di cardinali, non accordate ad alcune altre Nazioni, il brindisi del segretario di Stato di Sua Santità, ed il donativo del Santo Padre per le vittime dell'Andalusia.

Tutte queste son prove delle ottime relazioni che manteniamo, del pari con Sua Santità come col Governo italiano.

Dopo avere il ministro di Stato toccato ad altre questioni, come riferirò con rapporto seguente, il marchese Vega Armijo, in nome dell'opposizione, domandò lettura, ch'ebbe luogo in fine di seduta, delle note scambiate col nunzio. Confermo in proposito l'esattezza della traduzione che ne feci nel mio rapporto

n. 101 di questa serie del 27 dicembre u.s. (1).

Non mancherò di riferire anche per telegrafo il seguito della discussione in quanto potrà essere del caso.

P.S. Nei circoli parlamentari, dopo la seduta, parecchi membri dell'opposizione espressero l'opinione che non si poteva accusare la nota al nunzio di contraddizione con le dichiarazioni fatte all'Italia e che un Gabinetto liberale avrebbe potuto firmarla. L'Epoca di oggi nota che gli organi più autorizzati della opposizione riconoscono che le note scambiate col nunzio mancano d'importanza (carecen de tracendencia). Alcuni giornali di sinistra suppongono però che altri reclami potranno esser fatti dall'Italia per la nota del signor Elduayen al nunzio.

(l) T. 36. non pubblicato.

662

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO DELLA MARINA, BRIN

D. S.N. Roma, 18 gennaio 1885.

II « Messaggiero » a cui era stata assegnata la missione di occupare Beilul trovandosi trattenuto per avarie in Assab (come codesto Ministero me ne porse notizia officiosa), né potendo tale occupazione ulteriormente differire, prego V. E. di voler spedire al comandante della «Castelfidardo » le istruzioni telegrafiche concordate a tale scopo fra i due dicasteri, e testualmente riprodotte nella nota da me diretta a V. E. il 26 dicembre scorso, n. 488 del registro « Assab ». Solo sarà da sopprimere il passo relativo alle desiderate notizie circa il disastro Bianchi, essendo esso oramai superfluo. Come poi la «Castelfidardo» è destinata in breve, come ben sa V. E., ad altra missione, così converrà che un secondo

telegramma sia simultaneamente spedito alla « Castelfidardo » per impartire a quel comandante un'ultima istruzione che potrebbe essere così concepita:

« Rimanga Beilul ancora una settimana dopo compiuta missione. Faccia indi venire a Beilul la «Vedetta» ed ella stessa retroceda ad Assab in attesa ulteriori istruzioni. Si concerti, prima partire da Perim, con codesto ufficio telegrafico, acciò le siano inoltrati ad Assab i nostri telegrammi, benenteso a nostre spese. Se questo servizio di trasmissione non potesse concordarsi in modo sicuro, uno dei nostri legni costì di stazione dovrà trovarsi Perim non più tardi del 31 gennaio in attesa di ordini».

Sarei grato a V. E. se, approvando quanto precede, vorrà dare corso ai due telegrammi nel pomeriggio di domani, e darmi avviso, per mia norma, dell'avvenuta trasmissione.

P.S. La presente nota era scritta quando mi è giunta la sua lettera particolare (l) in cui mi si propone un breve telegramma da inviarsi al comandante della «Castelfidardo». Dal canto mio non potrei che aderire se non avessi il dubbio che non siano mai state date finora alla « Castelfidardo » le istruzioni riguardanti l'occupazione di Beilul comunicate a codesto Ministero con nota del 26 dicembre (l) per essere impartite al «Messaggero». Il proposto telegramma mi parrebbe in tal caso insufficiente, ma lo si potrebbe facilmente completare riducendolo alla formala seguente, nella quale sarebbero inclusi i due telegrammi da me proposti con la nota che sta qui sopra. «Voglia tosto recarsi Beilul concordandosi con commissario Assab per procedere immediata occupazione quella località secondo precedenti istruzioni date a quest'ultimo e nonostante permanenza piccola garnigione egiziana, così essendo stato concordato. Rimanga indi Beilul in attesa ordini. Nella traversata toccando Abbas voglia ordinare alla « Vedetta» recarsi a Perim per essere... (2) telegrafato lasciando « Messaggero » stazione Assab e valendosi, se occorre, di parte del suo equipaggio per... (2). Dica al commissario astenersi anche dopo firmata convenzione con Locito dal fare comparire per qualche tempo nostri legni nel golfo di Tagiura. Telegrafi ricevuta e a suo tempo telegrafi subito avvenuta occupazione Bailul, informandoci accoglienza capi indigeni desiderosi protezione italiana. Presenti istruzioni sono concordate col Ministero esteri ».

(l) Cfr. n. 602.

663

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA

D. 394. Roma, 18 gennaio 1885.

In risposta al rapporto n. 477 del 29 dicembre scorso (3), le faccio conoscere che le operazioni inerenti alla rivendicazione di territori per parte dei nostri protetti di Raheita, possono, a mio parere, essere differite a momento opportuno.

Ella procurerà intanto d'ottenere pei nostri protetti le migliori condizioni possibili, secondo le prove che possono addursi per stabilire il dominio sui territori che vogliono rivendicare; ma occorre che ella eviti sopratutto di mettersi in aperto contrasto col comandante francese d'Obock.

(l) -Non pubblicata. (2) -La lacuna è nel testo. (3) -Non pubbllcato.
664

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA

D. 395. Roma, 18 gennaio 1885.

Ella agì benissimo facendo intendere ai capi indigeni, secondo che apparisce dal rapporto del 29 dicembre scorso, n. 479 (1), che gli accordi presi da Hummed Loeita e dal sultano di Tagiura coi rappresentanti d'altra Potenza non permettevano più all'Italia di esercitare da quel lato la sua protezione. È necessario che si comprenda l'impossibilità in cui noi ci troviamo di intromettersi negli accordi che a nostra insaputa furono stipulati coi francesi da Loeita e da Mohammed di Tagiura.

Noto a questo proposito che siamo tuttora in attesa di conoscere l'esito del negoziato con Loeita circa l'invocazione del protettorato italiano.

665

IL MINISTRO DELLA MARINA, BRIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

NOTA RISERVATA 175. Roma, 19 gennaio 1885.

Riscontrando con sollecitudine il foglio dell'E. V. a margine segnato (2), devo significarle che il comandante del « Castelfidardo » prima di muovere per il Mar Rosso ricevette a Messina dal comandante del r. avviso « Bargarigo », il piego sigillato contenente le istruzioni circa l'occupazione di Beilul, piego che ancora non era stato aperto dal comandante del suddetto r. avviso.

Ciò nonostante aderendo al desiderio espressone dall'E. V. venne spedito oggi a mezzodì il seguente telegramma al comandante della «Castelfidardo» a Perim.

Parta per Assab e presi debiti concerti con commissario regio si rechi subito ad occupare Beilul secondo precedenti istruzioni malgrado presenza guarnigione egiziana così ·essendosi convenuto. Rimanga quindi a Beilul attendere ordini. Spedisca «Vedetta» a Perim per essere portata telegrafo lasciando «Messaggero» stazionario Assab e valendosi occorrendo di parte suo equipaggio per missione Beilul. Dica al commissario regio anche dopo firmata stipulazione Loeito converrà che per qualche tempo nostre navi non compariscano nel golfo di Tagiura.

Appena occupata Beilul telegrafi subito informando accoglienza capi nativi desiderosi protezione Italia.

Telegrafi ricevuta.

Mi farò un dovere di comunicare all'E. V. i telegrammi che ulteriormente mi perverranno da Perim a riguardo della missione di cui venne incaricato il comandante della suddetta corazzata.

(l) -Non pubbllcato. (2) -Cfr. n. 662.
666

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 82. Cairo, 20 gennaio 1885, ore 15 (per. ore 20,25).

Nubar refuse donner déclaration que vous désirez en face de point de départ de notre programme, mais d'accord avec lui et Baring nous croyons pouvoir obtenir le méme résultat de la manière suivante. Je lui écrirai une dépéche lui disant que l:es troubles intérieurs de toutes ces régions constituent un grand danger pour Assab et nos intéréts, qu'au massacre impuni de Giulietti s'est suivi celui de Bianchi, que le Gouvernement de Sa Majesté ne peut pas rester indifférent à cet état de choses. Je lui demande si le Gouvernement égyptien assume toute la responsabilité de nous garantir la sureté de nos intéréts et de nos nationaux sur toute la còte au sud de Suakim. Nubar répondrait que les efforts faits par le Gouvernement égyptien pour amener le calme dans des parages ont échoué devant cet insuccès, et vu était financier le viceroi s'est adressé à la Porte pour. appeler sa sérieuse considération sur la situation troublée de ces régions. Ainsi avant de répondre à la question que vous m'avez posée, le Gouvernement égyptien se voit tenu d'attendre l'arrivée des instructions qu'il a provoquées du Gouvernement impérial. Il se fera un devoir d'informer la Porte de votre démarche et solliciter une réponse. Cette réponse de Nubar peut étre le point de départ pour la notification à la Porte, à l'Angleterre, à l'Egypte de l'exécution de notre programme pour l'occupation de Massaua puisqu'il en résulte que la Porte n'a pas répondu à la lettre du vice-roi. Veuillez télégraphier si vous acceptez ou non cette combinaison (1).

667

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 120. Madrid, 20 gennaio 1885 (per. il 23).

Alla tattica dell'opposizione, che, come si vide dal discorso pronunziato il 16 dal marchese Vega Armijo, era assai più di dimostrare lesa la dignità

spagnola e l'amicizia con la Santa Sede dalle concessioni fatte all'Italia, che non di prendere le parti dell'Italia nel negoziato, il presidente del Consiglio oppose ieri, con la massima sorpresa della sinistra che non esitò a manifestare la propria approvazione, una mossa ardita quanto inaspettata, interpretando senza alcun equivoco la risposta del nunzio come declinatoria della pretesa del nunzio stesso di risollevare davanti al Governo spagnuolo la questione del potere temporale; attestando, con schiettezza di concetti e nobiltà di linguaggio non superate se uguagliate dai precedenti Gabinetti, che la più sincera ed intima comunanza di propositi, per ogni questione internazionale, è base fondamentale della politica di questo Governo; che l'ordine di cose esistendo in Italia, ed alla grandezza dei cui risultati rese il più alto omaggio, non è, né può essere, per la Nazione e pel Governo di Spagna argomento di discussioni storiche sul passato, ma esempio di sviluppo finanziario, militare e marittimo alla Spagna pel presente e per l'avvenire. L'affermazione del presidente del Consiglio, che le questioni politiche sollevate dall'incidente non sono e non debbono essere, pel Parlamento spagnuolo, che questioni di ordine puramente interno, relative cioè alla parte d'influenza da attribuirsi al cattolicismo nelle condizioni politiche e sociali proprie della Spagna, è stata accolta con segni d'assenso quasi unanime, dimostrandosi solo contrariati alcuni amici del signor Pidal.

Comunque sia del proposito che si manifestava dopo questo discorso nell'opposizione di abbandonare la discussione sulle relazioni con l'Italia e col Vaticano, possiamo prendere atto sin da ora del fatto importante che la maggiore fra le Potenze schiettamente cattoliche, per principio di Governo, riconosce formalmente che le rivendicazioni temporali della Santa Sede non sono argomento del quale debba e voglia occuparsi, è che le questioni religiose in !spagna sono d'ordine puramente interno.

V. E. osserverà che il deputato Labra avendo rilevato che l'indipendenza della Santa Sede, affermata come una necessità per la Spagna nella nota diret~a al nunzio, era, nella nota del nunzio stesso, identificata col potere temporale, il presidente del Consiglio spiegò esplicitamente che la nota del nunzio, espressione delle dottrine proprie della Santa Sede, non può essere considerata contenere l'interpretazione della nota spagnuola, la quale, di fronte all'altra nota, e senza intervenire nelle dottrine ivi espresse, stabilisce le norme internazionali proprie della Spagna come governo temporale, come 60verno europeo, il cui linguaggio e le cui idee si regolano sui tempi, sulla realtà immediata, sugli interessi del Pa·ese che gli è affidato; e ciò, aggiunse egli, fece il Governo nei termini indipendenti, espliciti e chiari che furono approvati anche dai banchi dell'opposizione.

Lo scoglio che presentava al Gabinetto il preambolo della Gazzetta Ufficiale, segnalato, dopo il Vega Armijo, dal signor Labra, fu evitato dal presidente del Consiglio, come già dal ministro di Stato, non senza lasciar pesare sul rappresentante del R. Governo in Madrid una responsabilità personale sotto la quale non era dubbio per loro, ed in ciò mi onorarono, l'assoluto silenzio mio. Il deputato Labra disse essergli penoso credere che fosse stata opera della mia spontaneità pubblicar conversazioni senza autorizzazione di chi le tenne. Il signor Cànovas del Castillo spiegò che le conversazioni mie col mini

stro di Stato alla Granja erano trasmesse da me al mio Governo a Roma e dal ministro di Stato al Consiglio dei ministri in Madrid. A titolo meramente di relazione storica, credette il Governo italiano di dover dare qualche notizia di quelle conversazioni, perché si sapesse da quale data si era incominciato a trattare, e che non era passato tanto tempo come sembrava dalle date delle note; e pubblicò un estratto di quelle conversazioni, estratto che il Govern0 spagnuolo avrebbe potuto pubblicar pure, se lo avesse creduto necessario o conveniente. Ma che valore aveva questo estratto di conversazioni preliminari, posto come introduzione alle note pubblicate? Era questo preambolo testimonianza completa del negoziato? Ma allora perché il ministro d'Italia diresse egli una nota al ministro di Stato dicendogli: dopo le nostre conversazioni é venuto il caso di consegnarne in modo autentico e definitivo il risultato, perché consti a chiunque delle eccellenti relazioni dei due Paesi. Ciò non si spiegherebbe se il preambolo pubblicato in Italia avesse avuto il valore attribuitogli dal signor Labra. D'altronde, un estratto di quel gneere, relativo a conversazioni verbali, proverebbe il contrario di quel che si vuol dimostrare; è chiaro che i documenti definitivi che risultano dalle conversazioni preliminari sono l'interpretazione dei documenti. Si parla, si discute, si giunge ad un accordo in documenti definitivi, e se vi ha qualche differenza nelle relazioni di conversazioni anteriori, queste differenze si cancellano, si disfanno, si distruggono nei documenti definitivi. Nè vi è, né vi può essere in quelle conversazioni quel rigorismo ed esattezza di frase che c'è per esempio in note che si scambiano ed il cui senso generalmente si conosce pr anticipazione, perché in ogni genere di note convenute, generalmente, ed è naturale, si conoscono reciprocamente i termini di ciascuna. Così tutto quel che il nunzio segnalò di grave, e lo segnalò pure l'opinione pubblica dopo la pubblicazione italiana, fu la frase che nessuno discute in !spagna il potere temporale. Questa frase che era passata senza dubbio al francese e dal francese all'italiano CV. E. possiede il testo spagnuolo) poteva essere la frase esatta, rigorosa nel senso che la usò il ministro spagnuolo? C'è chi creda che il ministro di Stato disse al barone Blanc, senza suscitare in questi la più schietta ilarità, che in !spagna nessuno, neppure i redattori del Siglo Futuro, discuta il potere temporale del papa? Se il ministro di Stato avesse detto questo il barone Blanc l'avrebbe pubblicato? No. Una cosa è dire che la Nazione spagnuola, considerata come nazione, che insomma il Governo spagnuolo, sotto l'uno o l'altro ministero, l'uno o l'altro partito, presentemente, non considerava posta sul tappeto la questione del potere temporale, non trattava tale questione; ma (altra) cosa è dire, e tale era e non poteva essere altro il senso della frase del ministro di Stato, che né i fusionisti, né noialtri, né i radidcali, né nessuno governo discuteva il potere temporale; e altra cosa assai diversa è affermare che nessun cittadino spagnuolo e nessun privato lo difende. Ciò non poteva dire di buona f'ede il ministro di Stato, né poteva il ministro d'Italia nel suo gran discernimento, sentirlo e trasmetterlo. Tutto ciò s'intese allora perfettamente. Tuttavia, essendosi voluto trarre molto partito da questa frase, e la Santa Sede arvendo usato del diritto di chiamar1e l'attenzione del Governo spagnuolo sull'interpretazione assurda che le si dava, ne fu data ufficialmente la spiegazione. Quale altro rapporto c'è tra la fmse della Gazzetta di Roma, indubbiamente ispirata dal desiderio di dire la verità, e la nota passata dal Governo

spagnuolo al nunzio di S. Santità? Nessuna assolutamente; se si toglie questa frase, notoriamente male interpretata, non c'è nulla in che non siano completamente d'accordo i due Governi. Così il pres1dente del Consiglio.

Quell'importante discorso vuole esser· letto integralmente; ed in aspettazione del diario ufficiale, mi affretto a trasmettere all'E. V. le bozze non corrette dell'estratto.

Confermo per altro il riassunto telegrafatole iersera (l) dopo audizione personale del discorso ...

(l) Cfr. n. 672.

668

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI MANCINI

T. 83. Berlino, 21 gennaio 1885, ore 15,36.

Je remercie V. E. de ses derniers télégrammes. La démarche formelle auprès de nous des Cabinets de Berlin et de Pétersbourg s'expliquerait jusqu'à un certain point, entre au:tres, après l'interprétation inexacte de Nubar pacha sur notre attitude relativement à l'admission de délégués de chacun de ces gouvernements dans la Commission de la dette publique. Il faut espérer que la note verbale de V. E. coupera court aux malentendus et qu'ici surtout on finira par comprendre que nos prétendues réserves et restrictions ne s'inspi:raient d'aucun esprit d'opposition. Je ne m'explique pas encore pourquoi nous n'avons .pas, dès le début, accepté purement l'admission de nouveaux commi:ssaires; nous eussions par là rendu service au Cabinet de Londres qui, pour ne pas rester isolé, aurait donné son assentiment. Il doit regretter aujourd'hui, puisque en principe il y était disposé, de ne pas avoir agi de la sorte, car c'est surtout depuis la réponse dilatoire, évidemment suggérée par l'agent britannique au Caire, que le prince de Bismarck a déchainé sa mauvaise humeur contre l'Angleterre. Il n'y a rien à objecter au point de vue légal, mais je ne sai:s s'il était à. propos de le rappeler. Aujourd'hui encore je doute sous ce rapport que la note verbale susmentionnée produise tout l'effet satisfaisant auqual nous devrions nous attendre. Le point de vue politique domine la situation. Quant au passage final de la dépèche allemande il dépasse en effet la mesure et il eùt mieux valu, je pense, tene est du moins ma première impression, persister à ne pas ll!ccepter de cette dépèche une copi·e que M. de Keudell était s1mplement autorisé à nous offrir, car le désir de nous rendre agréables à cet ambassadeur rentre dans la cathégorie d'une questione fort secondaire. Je f.eins d'ignorer ce regrettable incident, et il vaut mieux me laisse complètement en dehors.

(l) Non pubblicato.

669

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. CONFIDENZIALE 89. Londra, 21 gennaio 1885, ore 21,30 (per. ore 5,30 del 22).

Hier et aujourd'hui il y a eu Conseil des ministres. Lord Granville vient de me faire part de la réponse qu'il fera demain à M. Waddington. Cette réponse est conciliante. Gouvernement anglais voit avec satisfaction qu'on aocepte taxe sur les étrangers et qu'on ne refuse pas d'imposer aux créanciers un sacrifice 'sous la forme d'impòt. Il préférerait un emprunt garanti par l'Angleterre seule, mais il ne s'oppose pas à un emprunt garanti par les Puissances sur la base de l'emprunt anglais-français de 1855 pour la Turquie, pourvu toutefois que cela n'implique pas un contròle financier international. Gouvernement anglais pense que l'administration du domaine et de la Daira ne peut pas continuer dans les conditions actuelles, mais il est pret à s'entendre avec la France pour les modifications nécessaires. La liberté de navigation du canal de Suez ne fait pas d'objections, mais Gouvernement anglais n'accepte pas la commission d'enquete, surtout camme elle serait composée d'après la proposition française. Une telle commission ne pourrait pas fonctionner utilement et rendrait pratiquement impossible toute administration en Egypte. Granville pense que cette réponse fournit tous les éléments d'une entente si on la désire. Il m'a remercié de l'attitude de l'Italie, hautement appréciée par le Cabinet tout entier.

670

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 2227. Vienna, 21 gennaio 1885 (per. il 23).

All'ebdomadaria udienza di ieri del conte Kalnoky feci cadere il discorso sulla comunicazione presentata testé a lord Granville dagli ambasciatori d'Austria-Ungheria, Germania e Russia, intorno al regolamento delle finanze egizìane di cui i giornali del mattino facevano menzione.

S. E. dissemi non trattarsi di una comunicazione né identica né simultanea e ciò premesso venne a discorrere di quella relativa al Gabinetto di Vienna. A tal proposito egli dicevami aver lasciato al conte Karkoly la facoltà di adempiere all'affidatogli mandato co:me meglio crederebbe. Questi aveva scelta la forma di un memorandum che corrisponde a quello a cui il Gabinetto di Londra si è appigliato nel fare le sue proposte alle Potenze. Detto memorandum,

egli aggiungevami, manifesta, in risposta alle comunicazioni inglesi, l'adozione da parte del Governo austro-ungarico delle controproposte francesi. Fattosi così a parlare dello schema di controproposte formulate dalla Francia S. E. osservavami che sostanzialmente esse contengono disposizioni g'ià state altre volte accettate da tutte le Potenze ed anzi tutto menzionava La garanzia collettiva pel nuovo irnprestito da emettersi, facendo rilevare che già in passato il Governo italiano vi si era mostrato favorevole a questo riguardo però egli non nascondevami di essere entrato con qualche difficoltà in quell'ordine di idee, poiché se i creditori dell'Egitto sono numerosi in Francia per es., in AustriaUngheria questi rappresentano una somma minima, e quindi la garanzia collettiva per taluna Potenza può costituire un peso non proporzionato alla situazione. Egli lasciavami però intendere che su questa speciale questione si potrà v,enire negli ultimi negoziati a qualche ripi-ego che concilij i vari interessi.

Avendomi poi egli chiesto quale risposta l'E.V. avesse fatto alle comunicazioni direttegli dal signor Decrais, risposi ignorarlo, non avendo io ricevuto altre informazioni su quest'argomento, che il riassunto delle proposte francesi.

* Il conte Kalnoky dissemi allora che l'E.V. era però già a conoscenza di quelle proposte prima che fossero ufficialmente presentate dall'ambasciatore di Francia, poiché già assai prima il conte Ludolf era stato autorizzato a dargliene ufficiale comunicazione; del che egli si era disimpegnato tenendone parola al commendator Malvano che aveva accolto quella comunicazione senza mostrare che alcuna delle proposte in esse menzionate, dovesse incontrare notevole opposizione da parte del Gabinetto di Roma.

Qui devo constatare che il linguaggio tenutomi ieri dal conte Kalnoky mi conf·ermò l'impressione che mi ero formato, che cioè le controproposte francesi furono formulate in conseguenza di precisi ac,cordi intervenuti fra la Francia, la Germania, l'Austria-Ungheria e la RuSISia, da cui l'Italia fu lasciata completamente all'infuori. La corrispondenza dell'E.V. con quest'ambasciata tacendo intieramente intorno a questo speciale argomento, le sarei grato se ben volesse dirmi come effettivamente stanno le cose poiché è indispensabile per guidarmi nelle ulteriori conversazioni che avrò occasione di avere col conte Kalnoky su questo soggetto, ch'io conosca con precisione non solo l'attitudine assunta dall'Italia in questa fase dei negoziati sulla questione ma anche la posizione che le altre maggiori Potenze ebbero a farci *.

Non devo però ammettere di far rilevare in questa circostanza, . che il linguaggio tenutomi ieri dal conte Kalnoky a nostro riguardo non cessò mal un momento di essere molto riguardoso ed amichevole per noi.

Nel corso della nostra conversazione si parlò anche della riduzione che colpirebbe le azioni del canale di Suez possedute dall'Inghilterra armati dell'inchiesta coUettiva contemplata sotto il n. 5 delle proposte francesi, che il conte Kalnoky non nascondeva esserte una prova di diffidenza a riguardo del Governo inglese. Avendo io osservato che quelle due condizioni non saranno a parer mio facilmente accettate dal Governo di Londra, S.E. colse l'occasione per formulare una specie di requisitoria contro il Governo brittannico che qui riassumo:

L'Europa ebbe a lasciare la mano libera agli inglesi di fare eiò che meglio c!'edevano per ristabilire l'ordine in Egitto, e s'i sarebbe anche accon

45 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XVII-XVIII

tentata di qualsiasi soluzione, purché la missione che la Gran Bretagna si era assunta fosse sta:ta adempiuta. Ma invece del promesso risultato nulla si fece ed ora la situazione dell'Egitto è più grave che mai, quindi ni•ente vi ha di più giusto che l'Europa 1esa nelle sue speranze e ne'i suoi interessi esiga in oggi seri·e garanzi·e.

Gl'inglesi dichiararono ripetutamente di non intendere restare in Egitto; è dunque· ne·c'eSsario dichiarino formalmente ·quando evacueranno quel Pae" se. Senza fondamento si è il parlare ch'essi fanno dei sacrifizii pecuniari incontrati per la questione egiziana.

L'occupazione è pagata dal Governo del kedivè che del pari retribuisce i funzionari ingleSii che sono al suo serviZJio.

In quanto alla spedizione del Sudan che quella sì effettivamente pesa gravemente sul bilancio della Gran Brettagna l'Europa non ha da occuparsene essendo cosa affatto estranea alla questione d'Egitto. Nessuno consigliò mai il Governo della regina di mandare Gordon pascià a Kartum, e gli inglesi d'altronde ben mostrano conformemente alle loro dichiarazioni di non volersi incaricare di restituire il Sudan sotto la dominazione del viceré, poiché ri!petmtamente annunziavano che il g·enerale Wolseley non ha altro mandato che di liberare Gordon e di ricondurlo seco lui in salvo. Discorrendo poi anche della situazione creata al Gabinetto inglese da questo stato di cose

S.E. osservava che, mentre l'opinione pubblica in Inghilterra non nasconde il suo malumore per la fiacchezza e incapacità spiegata in tutte queste vertenze dal signor Gladstone, non è però men vero che egli continua tuttora ad avere l'appoggio del Parlamento: assai malagevole sarebbe quindi prevedere fin d'ora l'attitudine che il Gabinetto d:i S. James sarà per prendere in oggi, o per meglio dire quale risposta si risolverà a fare ai quattro Gabinetti postisi d'accordo per respingere le proposte da lui avanzate.

L'E.V. converrà meco, che questa conversazione che ebbi l'onore di riferirle a conferma del mio telegramma d'ieri (l) dinota una * situazione abbastanza tesa, e che diffLcilmente presenterebbe vantaggio per chi si assumesse la missione di onesto sensale per condurre ad un accordo le opposte parti. Un incarico di tal natura la Germania sola è in grado oggi di assumerlo in Europa quindi parmli che visto l'indirizzo seguito in questi ultimi tempi, se ben ho potuto affermarlo prendendo nota degli avvenuti fatti, il miglior partito per noi si è di mantener.c\i fermamente stretti all'Inghilterra, poiché una diversa attitudine sarebbe indizio di quella versatil'ità di tendenza di cui. già tanto ci si accusa e che venendo a confermarsi farebbe grandemente .scapitar·e la nostra considerazi:one a fronte delle altre m::~.ggiori Potenze.

Inutile parmi d'altronde osservare che al nostro accordo c::m l'Inghilterra ln questa questione per nulla si oppongono i legami che ci uniscono ad altre Potenze, * tanto più che fin dal giorno in cui questi venivano stretti V. E. non solo non dissimulò mai di non intendere in maniera alcuna di dovere in qualsiasi circostanza prendere parte ad una coalizione contro la Gran Bretagna, ma anzi volle ed ottenne che ciò fosse previamente stipulato.

(l) Ed. ad eccezione dei brani tra asterischi. in LV 47, pp. 252-253.

(l) T. 79, non pubblicato.

671

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 90. Cairo, 22 gennaio 1885, ore 14.

L'ag·ent diplomatique français a été chez Baring lui demander s'il est vra•i que l'Italie pense occuper Massaua et que l'Angleterre l'appuye. Baring très adroitement n'a donné aucune réponse et s'est borné à répondre que toute Puissance qui pense occuper quelque point dans la Mer Rouge doit s'entendre avec la Sublime Porte et non avec l'Egypte, et que le Gouvernement français, plutot qu'à lui, doit s'adresser à Granville pour l'es informations qu'il désire.

672

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 51. Roma, 22 gennaio 1885, ore 17.

Nous pouvons accepter la combinaison que vous proposez camme devant nous fournir le point de départ, sur le terrain diplomatique pour l'occupation de Massaua (1). Je crois seulement indispensable d'introduire dans le projet de réponse de Nubar deux légers amendements: l) en parlant de la lettre adressée par le vice-roi au sultan, Nubar devrait mentionner plus clairement ce que cette lettre laisse prévoir au sujet de l'évacuation de Massaua par les troupes égyptiennes; 2) Nubar devrait, pour ne pas nous créer à tous, à l'Egypte camme à nous mèmes des embarras inutiles, s'abstenir simplement de faire part à la Sublime Porte de votre démar,che et de votre interrogation. Il est bien entendu qu'une fois cet èchange de lettres convenu entre vous et Nubar, vous attendrez, pour écrire votre lettre, un ordre télégraphique que je me réserve de vous expédier au moment opportun. Il me parait essentiel, en effet, qu'il n'y ait pas trop d'intervalle entre cet échange de lettres et le fait matérial de notre occupation. Ce n'est d'ailleurs, selon toute vraisemblance, qu'une question de quelques jours.

673

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 123. Madrid, 22 gennaio 1885 (per. il 28).

Benché la solenne conferma che i discorsi dei signori Elduayen e Canovas danno alla sostanza della dichiarazione del 16 luglio renda oziosa ogni seria discussione in proposito, quel d'Oicumento, come questione di procedura, rimane argomento di polemiche per parte degli organi dei signori Vega Armijo e

Sagasta, i quali cevcano d'interessare la dignità della legazione e d·el R. Governo a mantenere la autenticità ufficiale, dalla quale essi ne de'durrebbero avere questo Gabinetto concesso formalmente ripetute riparazioni. Ho cercato di far persuadere quei signori che darebbero una nuova prova della loro costante amidzia per l'Italia desistendo dal suscitare difficoltà d'indole tanto secondaria, le quali non possono giovare se non a chi tra gli amici del signor Pidal, si dimostra tanto sconcertato dell'evoluzione fatta dal Gabinetto Canovas verso l'Italia.

Le parole che più imbarazzano il signor Pidal nel discorso Canova'S sono che iì. potere temporale è questione appartenente alla storia italiana. Il signor P1dal av.endo, come privato, sostenuto anteriormente che è questione europea, l'opposizione, che conta sulla pericolosa facilità d'improvi:sazione di quel ministro, lo chiamerà a spingersi su quell'argomento quando ne venga l'occasione nella discussione sulla questione universitari'a. Credo saper.e che quando fosse il caso, il ministero esibirebbe un documento diplomatico emanato tempo fa dal signor Sagasta, e nel quale veniva affermato che la questione del potere temporale è di competenza dell'Europa. Quando poi il signor, Pidal si trovasse proprio alle strette, egli avrebbe il diritto, secondo impegni pres1 nel luglio nel Gabinetto, di chi'edere al ministro di Stato l'esibizione del telegramma diretto da quest'ultimo al signor Mendez Vigo il 31 luglio, e di rivendicare al Gabinetto il beneficio di aver respinto un documento che si voleva dettare con minacce.

Vengo informato in questo momento che il nunzio si è scusato oggi, per motivo d'indisposizione, dall'assistere al ricevimento che avrà luogo domani in Palazzo per la festa di V.M. il Re, che arriva questa sera dal suo viaggio d'Andalusia.

(l) Cfr. n. 666.

674

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 52. Roma, 23 gennaio 1885, ore 12,15.

La « Castelfidardo :. étant partie depuis deux jours de Perim pour Assab et Beiloul, il nous est impossible de lui donner maintenant des instructions ultérieures. Nous verrons après l'occupation ce qu'il y a à faire à l'egard de la petite garnison égyptienne. Les chefs de Beiloul et le sultan Anfari ont déjà déclarés qu'fls voient avec plaisir notre o·ccupabion.

675

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 97. Cairo, 23 gennaio 1885, ore 14,50 (per. ore 15,55).

Baring conseille vivement que le chef civil ou militaire qui ira à Massaua ou un délégué de sa confiance vienne ici incognito pour conférer sur tous Ies détails administratifs sur Ies capitUiations et sur ceux qui dérivent du traité avec l'Abyssinie camme, par exemple, le concours pour la retraite des garnisons égyptiennes de Sonit el-Castla. En tout cas, il conseille que nos officiers aient confiance envers le colonel Chermside qui connait la situation du Pays.

676

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, DECRAIS

L. Roma, 23 gennaio 1885.

La note verbale ci-jointe contient notre réponse aux propositions que V.E. m'a communiquées, au nom de son Gouvernement, au sujet de la finance égyptienne. Désireux, camme nous les sommes, de voir cette question arriver le plus tòt possible à une entente amicale et satisfaisante entre toutes les Puissances intéressées, nous nous sommes inspirés, en cette circonstance, d'un sentiment impartial et conciliant que, j'espère, sera favorablement apprécié per le Gouvernement de la République.

ALLEGATO

NOTA VERBALE. Roma, 23 gennaio 1885.

La note présentée, le 16 de ce mo!s, par l'ambassadeur de France au ministre des affaires étrangères d'Italie résume les idées du Gouvernement de la République au sujet des propositions que le cabinet brittannique avait énoncées, par son memorandum du 29 novembre, en vue de régler d'une manière sa.tisfaisante la situation financière en Egypte. Le memorandum amglais et la note française témoignent également, par l'espl"lit des propositions que les deux pièces contiennent, et par les termes concHiants dans lesquels elles sont conçues, du désir sincère d'arrivar à une entente. Le Gouvernement du roi en .a faLt l'objet d'une étude attentive et consciencieuse, dont nous allons résumer ici les conclusions.

Le Gouvernement français accepte la proposition anglaise d'une opération financière pour faire face, soit aux besoins les plus .urgents du trésor et de l'admindstration du vice-royaume, soit aux indemnités qu'une commission mixte a. décernées pour les pertes occasionnées par les événements de 1882 en Egypte. Mais U croit qu'au lieu d'émettre séparément un emprunt de cinq millions de livres pour les besolns du trésor et quatre mlllions environ d'obligations 5 % de la dette priviléglée pour les indemnités, dJ est préférable de procéder à l'émission d'un emprunt unique pour un chiffre total de neuf millions de livres. L'émission se feraLt au taux de 3 'h%. L'unification du nove! emprun~t nous parait, à nous aussi, se recommander par la considération d'une simplification plus grande, d'une économie de l 'h % dans le taux d'intéTet à ~a charge du Gouvernement égyptien, et surtout de la possibilité de ne pas faire supporter par les indemnitaires la différence entre la valeur nominale et la valeur effective des titres qui seraient donnés en payement. Nous n'hésitons donc pas, pour notre part;, à :nous associer sur ce premier point à l'amendement du Gouvernement français.

Nous admettons également qu'il convient, dans l'intérèt du succès meme de l'opération, de donner aux titres du nouvel emprunt la préla-tion sur toute autre charge du budget égyptien. Il y a à cet égard, s!l!uf la différence du chiffre de l'emprunt, une identité, à peu-près complète entre la proposition a:nglaise et les réponses du Gouvernement frança!s.

Le Gouvernement britannique avait proposé que l'émission du nouvel emprunt de omq millions de livres fiìt faite sous sa propre et exclusive garanrtie. Le Gouverne~ ment français suggère, pour l'emprunt de neuf millions de livres, la garantie collective de toutes les Puissances. Nous n'avons, en ce qil.i nous concerne, ni objection contre la garantie collective, si elle est admise par les autres Puissances, ni difficulté à y participer avec réserve bien entendu de l'approbation parlementaire. Nous sommes égale~ ment prets à nous entendre, au moment opportun, avec les autres Puissances pour les arrangements de dètail à prendre à cet égard.

Le service du nouvel emprunt devant rester séparé de celui des dettes actuelles, avec prélation absolue sur toute autre charge du trésor égyptien le Gouvernement français pense qu'il n'y a lieu d'apporter aucun changement au régime des dettes du domaine et de la dai:ra. Nous reconnaissons que l'innovation suggérée par le Gouvernement britannique, alors qu'iJ s'agissa,it de fournir un gage spécial et exclusif au profit du nouvel emprunt, cesse d'ètre nécessaire comme contre-garantie par:tielle au profit de l'Angleterre, du moment que J:a g:arantie semtt collecmve de la part de toutes les Puissances, et que le nouvel emprunt serait nanti du privilége d'une prélation absolue. Les Gouvernements anglais et français, qui ont aujourd'hui une part plus directe dans l'admin5.Sitratton des deux dettes. jugeront s'il y a lieu d'apporter dans cette administration des changements de détail auxquels les autres Puissances pourront facilement souscrire.

Les impéìts dont les étrangers en Egypte sont actuellement exemptés leur seraient maintenant étendus. C'est une réforme qui avait déjà fait l'objet de négociations antérieures. Les Cabinets de Londres et de Pa11is sont parfaitement d'accord sur ce point. Nous pensons que tous les autres Gouvernements partagent cet avis, auquel nous associons, sauf à s'entendre au sujet des moda.lités et garanties d'exécution de cette mesure.

Le Gouvernement britannique avait proposé la réduction d'un demi pour cent d'intérèt sur les différentes catégol1ies de dettes, y compr-is les actions anglaises du canal de Suez. Le Gouvernement français, en admett;ant au fond l'idée d'un sacrifice à la charge aussi des créanciers de l'Egypte, ne Iaisserait subsister la réduction du demi pour cent que pour les coupons anglais du canal, et suggérerait, quant aux autres dettes égyptiennes, de la remplacer par un impéìt temporaire qu'on propose de fixer, par exemple, à 5 %. et qui pourrait. plus tard ètre non seulement rapporté ou réduit, mais encore remboursé aux porteurs, s'il éta-it démontré que ce sacrifice n'est pas réclamé par la situation fimancière de l'Egypte. Nous n'avons, pour notre compte, rien à objecter contre cette transformation de la charge projetée, sauf à s'entendre sur le chiffre de l'impéìt. Le systéme d'un dmpéìt sur la rente, destiné à faire participer les créanciers de l'Etat aux charges du budge·t, existe en Italde depuis bien des années à un taux fort élevé. Le mème système est ègalement en vigueur en Angleterre, où l'income tax est perçu sur tous les revenus, y compris les rentes sur l'Etat.

Les Gouvernement français propose qu'on confie à une commission internationale d'enquète, composée des commissaires de la Caisse de la dette publique avec adjonction préalable des nouveaux commissaires délégués par l' Allemagne et la Russie, et des agents des Puissances au Caire, la tàche de vérifier la situation financière du Pays, en vue surtout d'établir la nécessité et la mesure de l'impéìt projeté. Si les Puissances sont unani~ mes à penser que les données qu'on possède déja ne fournissent pas des éléments suffisants pour une appréciation siìre de la sLtuatton, et si une nouvelle enquète à faire par l'organe d'une commission internationale est par conséquent consi.dérée par tous les Cabinets comme nécessaire, nous sommes disposés, pour notre part, à nous y prèter de la façon qui serait convenue entre les Puissances. Si au contraire l'unanimité ne se formait pas sur ce point entre les Puissances, nous estimons que ce ne devrait pas ètre un empèchement absolu à la réalisat.ion du programme sur lequel les Cabinets se trouveraient ètre heureusement tombés d'accord. Les Cabinets devraient plutéìt, à notre avis, s'appliquer, en cette hypothèse, à la recherche timmédiate d'une autre méthode de constatation pour reconnaitre si l'impéìt est nécessaire, et quel doit en ètre le chiffre.

Il ne nous reste qu'à ajouter un mot à l'égard de la proposition concernant la libre navigation du canal de Suez. C'est le Gouvernement du roi lui~mème qui avait pris, dans la Conférence de Constantinople, en 1882, une init1ative qwi a obtenu les suffrages de toutes les Puissances. Nous ne pouvons donc que désirer de voir cette 1ntéressa.nte question reptise le plus tòt possible et aussitòt que les circonstances le comportent, prets à apporter notre concours 1mpartial et désintéressé à une négoc1at1on destinée à donner un caractère de sécurité pacifique et inaltérable à une des plus gra.ndes oeuvres de la civilisation moderne.

Nous avons énoncé ainsi, avec netteté et franchise, nos vues sur le sujet qui s'impose en ce moment à la sollicitude des Puissances. Nous avons pleine confi.ance que celles-ci reconnaitront qu'elles sont inspirées par un senrtiment impartial et pratique, et surtout par le vif désir de contribuer, en ce qui dépend de nous, à un accord pour le règlement amicai et sa.tisfaisant de Ia finance égyptienne.

677

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 109. Cairo, 25 gennaio 1885, ore 15,40 (per. ore 16,25).

Selon rapport commandant égyptien à Bailul, le commandant de la « Cariddi» lui aurait déclairé, ainsi qu'aux notables du Pays, le vice-roi est d'acco~d avec l'Italie pour la cession de cette ville. Nubar en est très contraire, étant convenu d'éviter toute apparence d'accord avec nous. Le vice-roi en est très effrayé. Baring vient de me dire que le vice-roi a télégraphié à la Sublime Porte notre occupation de Bailul, disant n'avoir pu s'y opposer, ni avoir retiré garnison, que des batiments de guerre italiens traversent le canal, qu'il ne connait pas la destination et qu'i'l confirme d'etre dans l'impossibi11té de déf.endre les còtes memes du territoire de Massaua.

678

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 60. Roma, 25 gennaio 1885, ore 23,55.

V. E. connait notre position à Assab où la sécurité de nos nationaux n'a jamaìs couru d'autres dangers que ceux résultant de l'instinct sauvage et pillard des tribus danakils insoumises. Le massacre de l'expédition Bianchi, s'ajoutant à trois années d'intervalle à la catastrophe de l'expédition Giulietti, nous a obligés à affirmer notre autorité et notre prestige par l'envoi d'une garnison qui pourra etre éventuellement chargée de procéder à une répression dir.ecte. Nous apprenons matntenant le rappel imminent de la garnison égyptienne de Beilul réduite déjà depuis quelques semaines à une vingtaine de soldat&. Beilul, à moins de dix mmes de notre frontière, est un des centres danakils qu'il faut plus rigoureusement surveiller. L'enquete pour l'affaire Giulietti ayant signalé les manoeuvres qui y ont lieu contre notre établissement et la sécurité de nos voyageurs. Abandonner Beilu'l à l'anarchie eut été d'une part créer, pour notre possession d'Assab, un foyer permanent de menaces et de dangers, ou bien d'autre part y rendre inévitable l'intervention d'une tierce Puissance. Il ne nous restait, pour nous prémunir contre de pareilles éventualités, qu'à nous charger nous memes de maintenir à Beilul l'ordre et la tranqu'il1ité. C'est que nous aUons faire en y débarquant un petit détachement de matelots. Notre oocupation à Beilul doit, aux yeux de la SulJlime Porte, avoir la meme caractère que •celle des anglais à Zeila et à Berbera. Elle nous est dictée par des considerations analogues et nous ne voulons pas plus que l'Angleterre soulève à cette occasion une question de souveraineté territoriale. C'est dans ce sens que vous devez vous exprimer si la Sublime Porte vous interrogeait au sujet de notre occupation à Beilul et meme sponsanément si cela vous paraissait indiqué par les circostances dans le but de mieux marquer nos intentions (1).

679

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 61. Roma, 25 gennaio 1885, ore 23,55.

Nubar aurait tort de se préoccuper de ce que le commandant égyptien de Beilul a pu lui écrire. Ce n'est d'abord pas la « Cariddi » mais la «Vedetta » qui est allée à Beilul vers la fin de décembre. Le commandant de ce navire n'avait aucune missione ni instruction concernant l'occupation. C'est la « Castelfidardo» qui en est chargée, et en ce momen1J encore j'ignore si l'opération a été faite, aucun télégramme ne m'étant arrivé pour m'annoncer le fait accompli. Maintenant le vice-roi ayant télégraphié au sultan, j'ai à mon tour, à toute bonne fin, télégraphié mes instrUictions à notre ambassadeur à Constantinople (2). Vous en trouverez le texte ci-après et vous n'aurez pas de peine à démontrer à Baring et à Nubar combient elles soient correctes et strictement conformes à nos arrangements confidentiels. Veuillez dire à cette occasion, que si Nubar et le vice-roi n'ont pas en nous une entière confiance, et s'ils font à Constantinople ou ailleurs, sans nous en prévenir, des démarches qui peuvent nous compromettre ils risquem de nous mettre ·et de se mettre eux-memes dans une situation des plus embarrassantes. J'attends vos informations le plus tòt possible. Voici le texte de mon télégramme ruu comte Corti

(Vedi n. precedente 60).

680

IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 113. Perim, 26 gennaio 1885, ore 19 (per. ore 21,40).

Comandante Trucco perf•etta tattica occupato Beilul giorno 25, inalberata bandiera ita1iana costringendo egiziani cedere in presenza sbarco forza armata preponderante. Egiziani saranno spediti dopo domani Massaua col « Corsica » per evitare eventuale complicazione, ca~pi Bailul presenti, benehé disuniti, non ostili, però sospettosi, aspetteranno ritorno 'loro colleghi da Aussa e ordini

con T. 62 del 26 gennaio.

diretti Anfarl, designando depositario bandiera, per conseguenza necessaria presenza marinai sbarcati o soLdati nostri in terra per la tutela bandiera sino accordo comune dei capi. Vorrei conoscere meglio intendimenti del Governo. Intanto spedito corriere Anfari.

(l) Questo telegramma fu trasmesso alle ambasciate a Berlino, Londra, Pietroburgo e Vienna

(3) Cfr. n. 6'18.

681

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO (l)

T. 63. Roma, 26 gennaio 1885, ore 22,35.

Le télégramme du vice-roi au sultan et les bruits qu'on fait déjà courir au sujet de Massaua nous font penser que pour nous épargner, à nous mèmes comme a l'Angleterre et à l'Egypte, les embarras et les chances défavora.bles qui pourraient se produire dans l'intervalle, il serait fort utile de hater 'l'opé"'7 ration. Si M. Baring est du meme avis, nous sommes parfaitement en mesure de gagner au moins cinq ou six jours. Au lieu d'effectuer l'occupation en réunissant à Massaua la « Castelfidardo ~ actuellement à Beiloul, la « Garibaldi~ qui voyag·eant avec une vitesse moindre ne peut arriver à Suakim que vers le 4 ou 5 fevrier, et l'« Amerigo Vespucci » qui devrait d'abord se rendre encore à Assab, l'occupation pourrait se faire d'ici à huit ou neuf jours, en faisant arreter à Massaua, au passage, l'« Amerigo Vespucci » et le «Gottardo», et en débarquant à Massaua, outre la compagnie de débarquement du « Vespucci », deux ou trois compagnies du bataillon qui est à bord du « Gottardo ». Veuillez me télégra;phier le plus tòt possible l'avis d'e M. Baring car il est urgent de prendre une décision définitive avant l'arrivée du «Vespucci » et du «Gottardo» à Suakim, où ces deux n:avires reçoivent maintenant ordre télégraphique de s'arreter pour att•endre instructions ultérieures. Une fois ce polnt réglé, nous prendrons aussi les arrangements définitifs avec Nubar pour les lettres à échanger d'a'Près notre accord. Si ce changement dans le temps et le mode de l'occupation est accepté par M. Baring, il devrait communiquer dans le mème sens J.es informations au gouverneur anglais de Massaua.

682

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, NIGRA, A PARIGI, MENABREA, A PIETROBURGO, GREPPI, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 65. Roma, 27 gennaio 1885, ore 12,15.

Un télégramme que notre commissaire à Assab m'a expédié hier (2) de Périm m'annonce qu'avant-hier 25, un détachement débarqué de la «Castel

fidardo :. a occupé Beiloul. Le chefs indigènes ont fait à la garnison italienne un accuen amicai. Les quelques soldats égyptiens restés à Beiloul n'ont fait aucune résistence. Ils se disposaient à partir aujourd'hui meme pour Massaua à bord du paquebot itali'en « Corsica ».

(Cairo) C'est le commandant du «Castelfidardo» qui, pour éviter des complications év·entuelles a jugé opportun de faire partir les soldats égyptiens. Le désir de Nubar se trouve ainsi satlsf::>.it. Mais j'espère que Nubar ne voudra pas faire de cette circonstance l'objet, avec nous, d'une discussion qui, après ce qui s'est passé entre nous, n'aurait évidemment pas raison d'etre.

(l) Ed. In L'Italia in Atrtca, Ettopta-Mar Rosso, tomo III, cit., p. 107.

(2) Cfr. n. 680.

683

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 115. Cairo, 27 gennaio 1885, ore 16,20 (per. ore 17,45).

Comme je prévoyais, Baring ne veut pas prendre sur lui à fixer le moment opportun pour l'occupation de Massaua, disant que c'est à V. E. à le décider; mais il fait connaitre son avis favorable à ce qu'on hate l'operation. Il a expedié depuis quelques jours les instructions au gouverneur de Massaua camme de notre c6té lui a dit que la Turquie n'éxerçant son droit l'Angleterre est toute favorable à ce que Massaua soit occupée par l'Italie. Par conséquent il doit accueillir nos officiers avec la plus grande déférence et 1eur donner tous les renseignements et les meilleurs conseils et de ne pas opposer la moindre résistance à notre débarquement; comme gouverneur égyptien il ne peut céder le territoire de l'empire et par conséquent il ne peut baisser le pavi11on et retìrer la garnison sans protester. Baring croit que le gouverneur égyptien ne peut pas faire différemment pour ne pas compromettre le vice-roi et Nubar qui n'ont, dans cette affair·e, autre sentiment que celui de la peur.

684

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 607. Roma, 27 gennaio 1885.

Ho ricevuto il rapporto del 21 gennaio (2), col quale V. E. si compiaceva di farmi nota l'accoglienza che le ultime proposte francesi circa le finanze egiziane avevano incontrato a Londra. Il Governo del re non può se non compiacersi dello spirito conciliante cui si è informata la risposta del Gabinetto di St-James, pur mantenendo int-egre le ragioni dell'Inghilterra.

Per ciò che riguarda la risposta da noi fatta al Governo della repubblica,

V. E. avrà osservato, ed avrà certo fatto apprezzare da lord Granville, come, benché concepita in termini diversi, essa miri allo stesso int·ento di conciliazione, e punto non si scosti, nella sostanza, dalla risposta britannica. Ciò deve dirsi principalmente del paragrafo della nostra risposta relativa alla inchiesta, rispetto alla quale adottammo una formala che non escludesse la possibilità di altre combinazioni qualora la proposta francese non avesse ottenuto l'unanime consenso delle Potenze.

(l) -Ed. In L'Italia in 4/rica, Etiopia-Mar Rosso, tomo III, clt., p. 108. (2) -R. 70/408, non pubblicato.
685

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, NIGRA, A PARIGI, MENABREA, A PIETROBURGO, GREPPI, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO (l)

D. Roma, 27 gennaio 1885.

L'ambasciatore di Francia presso la Real Corte mi ha comunicato un telegramma che egli ha ricevuto dal suo Governo circa la nostra risposta alle proposte francesi per il riordinamento della finanza egiziana. In esso il signor Ferry si dimostra soddisfatto delle nostre dichiarazioni, e soggiunge che l'ambasciatore francese a Londra è stato incaricato di far noto a lord Granvflle che il Governo della Repubblica accetta come base dei negoziati il memorandum che contiene la risposta del Governo britannico alle ultime proposte francesi.

Di quanto precede le ho dato oggi stesso un cenno telegrafico che qui le confermo (2).

686

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 127. Parigi, 29 gennaio 1885, ore 15,45 (per. ore 18,10).

Le dernier discours de V. E. sur notre po1itique coloniale, marqué au sceau de fermetè et de prudence est hautement approuvé surtout par ceux qui portent intérèt à notre crédit. Toutefois le dépit des chauvins contre le développement de l'Italia s'accentue d'une manière parfois ridicule, comme dans un article de M. John Lemoinne des Débats de ce matin, M. Ferry lui-mème, qui

a accueilli sans mauvaise grace l'occupation de Beiloul par nos troupes, n'a pu s'empècher de me laisser apercevoir hier quelque appréhension d'une plus grande extension de notre occupation sur les còtes de la Mer Rouge. Certainement, il préférerait voir à Massaua des troupes françaises p'lutòt que des ltaliens.

(l) -Ed. in LV 47, p. 255. (2) -T. 64, non pubblicato.
687

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 128. Vienna, 29 gennaio 1885, ore 16,40 (per. ore 19).

Toute la presse autrichienne discute aujourd'hui le discours sur notre politique coloniale prononcé avant-hier par V. E. et je dois constater que ses appréciantions sont des plus malveillantes à notre égard. On nous dit hautement que nous avons abandonné l'alliance avec les deux Empires, incompatible avec celle que nous avons contracté·e avec l"Angleterre, ce qui, au dire des journaux, nous piace entre deux chaises avec les conséquences qui en résultent. Kalnoky se montre avec moi d'une réserve extreme, tant au sujet de notre attitude dans la question égyptienne, comme au sujet de la nouvelle phase dans laquell~ notre politique est entrée. Je garde, pour mon compte, silence à peu près absolu, mais le silence meme a différentes formes selon les circonstances. Il est donc indispensable que V. E. veuille bien m'éclairer, autant qu'elle croit pouvoir le fa'ire, sur notre véritable situation ave c l'Angleterre, car, il n'y a pas à se faire illusion, nous nous trouvons maintenant dans des cil"constances graves, très graves meme. Nous jouons, il me parait, une carte très hardie, qui peut nous etre favorable si le sort nous favorise. si le Pays ne recule devant aucun sacrifice, et si personne ne commettra de maladresses. Je ne voudrais pas me rendre coupable moi de pareille faute. Voilà pourquoi j'ose insister auprès de V. E. afin qu'elle daigne m'éclairer avec précision sur les intentions du Gouvernement du roi.

688

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO (l)

T. 71. Roma, 29 gennaio 1885, ore 18,40.

Je vais vous télégraphier les instructions pour l'amiral Caimi que vous prierez M. Baring de faire pousuivre par le télégraphe jusqu'à Suakim, avec instruction, si possible, de remettre la dépeche à l'amiral à son bord avant

qu'il entre en port. Voici la substance de ces instructions: « L'amiral doit immédiatement se rendre à Massaua, ave<: la « Vespucci :t et le «Gottardo:.. Aussitòt arrivé il se concertera avec le colone! Chermside pour occuper la piace avec un effectif d'au moins cinq cents hommes, composé en partie de marines et en partie de bersaiflers pris à bord du « Gottardo ,, Un capitain de corvette prendra le commandement du corps débarqué. L'amiral est prévenu que le colone! Chermside, tout en protestant peut-etre pour la forme en sa qualité de fonctionnaire égyptien, a instruction de faire accueil amicai aux troupes italiennes. L'amiral hissera le drapeau italien à còté du drapeau égyptien laissant au colone! Chermside le soin de fixer le moment et le mode de l'évacuation des troupes égyptiennes. La « Garibaldi » survenant à Massaua un ou deux jours après, y débarquera autres 150 hommes et restera à Massaua comme stationnaire. L'« Esploratore», parti hier de Naples direct·ement pour Massaua y restera également de station. Une fois l'occupation achevée, l'amiral fera partir pour Assab le «Gottardo » avec le reste des troupes et continuera lui-meme la route à bord du « Vespucci » touchant successivement les differents villages de la còte, jusqu'à Beiloul, pour annoncer aux chefs respectifs que l'Italie, ayant assumé la garnison de Massaua et de Beiloul, les prend également sous sa protection. L'amiral est prevenu que nous ne voulons pas soulever ni à Massaua ni sur le reste de la còtè des questions de souveraineté territoriale.

L'amiral est enfin prévenu, qu'un fonctionnaire civil va etre immédiatement adjoint au commandant militaire à Assab et que ce fonctionnaire, qui part d'ici après-demain et s'arrètera le moins possible au Caire pour prendre des renseignements sur la réorganisation des services civils, pourra etre rendu à Massaua quelques jours après l'occupation.

Veuillez communiquer ces instructions à Baring afin qu'il donne, s'il le croit opportun, instructions analogues au colonel Chermside.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo III, clt., p. 109.

689

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 130. Londra, 29 gennaio 1885, ore 20 (per. ore 1 del 30).

Lord Granville m'a dit aujourd'hui que l'ambassadeur de Turquie l'avait interrogé et l'ambassadeur de France l'interrogera probablement lui aussi sur Ies bruits d'une alliance anglo-italienne dans la Mer Rouge.

Il a répondu et répondra que l'Angleterre ne suit pas le système des alliances générales, mais que le Gouvernement anglais a des rélations d'amitié sincère avec celui de Rome, dont il a apprécié l'attitude amicale dans des que

stions difficiles comme celle de l'Egypte et que, pour sa part, il n'a pas d'objections à ce que l'Italie oocupe quelques points sur 1es còtes de la Mer Rouge que les égyptiens doivent évacuer, sauf pour le Gouvernement italien de s'entendre avec la Sublime Porte.

Granville m'a dit aussi que Baring lui té'légraphie qu'il craignait que quelque difficulté ne fiì\t soulévée par 1a France, peut-etre par la Russie, pour notre occu,'J)ation de Massaua.

Sa Seigneurie nous donne le conseil de ne pas nous hàter et d'agir avec prudence. Je lui ai dit que nous ne ferons rien sans le consulter et sans avoir pris aussi l'avis de Baring.

(l) Ed. !n L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo III, c!t., p. 110.

690

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2231. Vienna, 29 gennaio 1885 (per. il 4).

Il conte Kalnoky mostrasi assai soddisfatto della piega presa dalla questione d'Egitto e dicevami in proposito aver il Gabinetto inglese spiegato in questa circostanza molto tatto e non poca abilità. Del resto soggiungeva egli le Potenze tutte non possono che rallegrarsi della sagace arrendevolezza dimostrata dal Governo britannico, poiché non vi ha Gabinetto che desiderasse menomamente trovarsi nella necessità di esercitare una pressione sull'Inghilterra.

La questione del controllo internazionale resta però ancora aperta, ma da quanto dicevami il ministro imperia'le ed il mio collega di Germania pare si speri giungere ad un accomodamento di natura a guarentire gli interessi delle Potenze senza portar pregiudizio al prestigio dell'Inghilterra.

Il conte Kalnoky osservavami finalmente una impressione personale sua che al Gabinetto presieduto dal signor Gladstone ben sapendo di non poter più fare assegno su di una lunga durata al potere ha voluto almeno non pregiudicare la situazione e temporeggiando lasciare a quello che gli succederà piena libertà di appigliarsi al partito che crederà migliore.

Ignoro per conto mio su cosa si fondi la presunzione del Gabinetto di Vienna che i giorni del Gabinetto Gladstone siano contati, ma in ogni modo ho voluto prendere nota di quest'apprezzamento nena mia corrispondenza con l'E.V. poiché il ravviso non senza importanza ove lo si giudichi dal punto di vista dei sentimenti ostili sempre manifestati dai Gabinetti di Berlino e di Vienna a riguardo del signor Gladstone. Infatti fino ad ora i detti Gabinetti credettero potere accenerare la caduta dell'inviso primo ministro della regina Vittoria col combatterlo apertamente mentre si sarebbero accorti ora che un tal sistema non era atto a produrre i desiderati effetti in Inghilterra sperano quindi probabilmente oggi di raggiungere meglio il loro intento desistendo da una sistematica opposizione e lasciando così il campo libero all'opinione pubblica inglese di efficacemente combattere un ministro che non si può disconoscere ebbe a mostrarsi nella politica estera al disotto delle esigenze della situazione.

691

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 134. Costantinopoli, 30 gennaio 1885, ore 11,47 (per. ore 23,20).

Reçu télégramme de V.E. d'hier au soir (1). Je n'ai point connaissance de l'envoi de bataillons dans la Mer Rouge. Du reste il arrive souv.ent d'envoyer renforts dans les provinces turques d'Asie. L'intention présente Sublime Porte au sujet de notre expédition dans la Mer Rouge serait de charger ambassadeur ottoman à Rome de faire des observations à V.E. (2), mais la forme de cette communication n'est pas encore déterminée, aucune mention ne m'a été faite jusqu'ici à ce sujet.

692

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 74. Roma, 30 gennaio 1885, ore 15,21.

Répondant hier à la Chambre à une irrterrogation de M. Crispi, j'ai répété en termes crudes plus précis et explicites ce que j'avais déjà déclairé dans mon récent discours sur la po'litique coloniale au sujet de notre situation vis-à-vis de l'Angleterre et vis-à-vis des deux Empires. J'ai dit que nous tenions avant-tout à observer scrupuleusement, non pas seulement la Iettre, mais encore l'esprit de notre alliance, qu'il n'existait entre nous et l'Angleterre aucun traité, ni stipulation concernant l'Egypte, la Mer Rouge ou la Mediterranée, que nous ne nous préoccupons, en ce qui concerne l'Egypte, que d'y protéger Ies intérèts de l'Italie, ainsi que l'intérèt général européen, que précisément à ce double point de vue, nous avions pensé devoir nous fixer comme règle de conduite de faciliter la tache de l'Angleterre pour autant que ceci fUt conciliable avec nos obligations envers les deux Puissances centrales et que, comme corollaire de notre attitude loyale et bienveillante envers l'Angleterre il s'était établi entre les deux Gouvernement une communauté de vues qui a pu donner lieu à une assistance éventuelle et à un parallélisme d'action dam, la Mer Rouge, où les deux Puissances ont des intérèts analogues de sécurité. Jai terminé en constatant que notre attitude amicale envers l'Angleterre était à nos yeux une nouvelle garantie et presque le complément natura! et nécessaire du programme de paix et de conservation qui, formant la base de notre a'lliance avec les deux Empires, imprime la direction à notre politique extérieure.

(l) -T. 73, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 694.
693

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 75. Roma, 30 gennaio 1885, ore 15,30.

Ma réponse à l'interpellation Crispi que je viens de vous télégraphier (l) prouve combien sont dans l'erreur les journaux autrichiens qui prétendraient voir dans notre attitude vis-à-vis de l'Angleterre l'indice d'accords ou stipulations impliquant de notre part l'abandon de la Triple Alliance. Ce que j'ai dit à la Chambre n'est que la stricte vérité, et V.E. peut régler là-dessus son langage sans crainte de se voir démenti. Il est évident qu'en dehors des intérèts fondamentaux, qui sont l'objet et la raison d'ètre de l'alliance nous avons des intéréts particuliers, partout dans la Méditerranée, que l'alliance ne protège pas et que nous devons par conséquent chercher à sauvegarder d'une autre manière tout en restant rigoureusement fidèles à l'alliance. Je crois d'ailleurs que nous unirions grandement à notre crédit si nous laissions s'enraciner à Vienne et à Berlin l'idée que nous ne serions en mesure de rien faire sans le concours des deux Puissances et que par conséquent dans tous les cas où ce concours nous manque nous nous trouvons dans une condition d'impuissance absolue. Si en détruisant cette illusion, il nous arrive d'exciter une mauvaise humeur aussi injuste qu'éphémère nous ne devons, à notre tour, que redoubler de sagesse et de circonspection afin qu'on ne puisse nous adresser le moindre reproche au point de vue de nos obbligations envers les deux alliés.

694

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 80. Roma, 30 gennaio 1885, ore 23,55.

Le chargé d'affaires de Turquie est venu me voir. Il n'avait, m'a-t-il dit, aucune istruction de son Gouvernement mais il se croyait obligé de renseigner exactement la Sublime Porte au sujet de ce qui vient de se passer à Beilul. J'ai répondu à Mihran confirmant le fait du débarquement de nos matelots à Beilul le 25 de ce mois et ajoutant qu'en prévision de cet événement V.E. avait été mise en mesure de donner à la Sublime Porte, si on allait l'interroger, toutes explìcatl.ons nècessaires. J'ai mème donné, à cette occasion, lecture à Mihran du télégramme qu je vous ai expédié le 25 de ce mois (2), en marquant le passage relatif à notre résolution de ne pas soulever la question territoriale. Mihran n'a pas fait d'observation spéciale. Il s'est borné à dire qu'ìl en référerait à son Gouvernement. Seulement il a exprimé, à titre tout personnel, l'opinion que si nous pro.cédions, en cette question, avec netteté et franchise envers la

Sublime Porte, aucune complication n'était à craindre entre les deux Gouvernements. Mihran m'a paru, en s'exprimant de cette façon, faire allusion aussi aux bruits concernant notre occupation éventuelÌe à Massaua au sujet desquels il m'a également interrogé. Je lui ai répondu sur ce point en termes évasifs me réservant de faire connaitre d'abord à V.E., à cet égard aussi, la situation des choses et nos intentions. C'est ce que je vais faire par un télégramme séparé (1).

(l) -Cfr. n. 692. (2) -Cfr. n. 678.
695

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI (2)

T. 81. Roma, 30 gennaio 1885, ore 23,25.

Les événements de la Mer Rouge vont nous obliger de prendre en considération la situation de Massaua. Nous savons de source indirecte, mais siì.re, que le vice-roi d'Egypte a, depuis quelques semaines, fait connaitre au sultan la nécéssité dans laquelle il va trés prochainement se trouver d'abandonner Massaua, comme il a déjà abandonné les autres points plus méridionaux. En présence d'une pareille éventualité et après un échange de vue avec l'Angleterre qui nous a fourni la certitude que celle-ci verrait d'un reil très favorable notre installation à Massaua, nous avons diì. nous poser à nous memes le probléme de savoir s'il nous convient de nous exposer, par une abstention absolue, au double danger, ou bien de voir ce point, le plus important peutetre de la Mer Rouge, livré à l'anarchie et aux convoitises abyssiniennes, ou bien occupé par une tièrce Puissance, qui s'assurerait ainsi dans ces parages une position dominante. Notre manière de voir ne pouvait pas etre douteuse. Nous nous sommes preparés pour l'éventualité d'une occupation, que nous sommes en mesure d'effectuer à une date prochaine. Nous allons maintenant demander au Gouvernement vice-royal lui-meme quelles sont les intentions à l'égard de Massaua. Si sa réponse nous fait prévoir une évacuation imminente, tous dispositions sont prises pour qu'un effectif suffisant de forces italiennes occupe la piace. Nous savons qu'elles ne trouveront pas d'opposition. Je vous tiendrai au courant. Mais j'ai, dès ajourd'hui, à creur de mettre, V.E. en mesure soit de régler son langage actuel, soit de se préparer pour les explications qu'elle devrait donner, le moment venu, à la Sublime Porte. Le point essentiel qui je tiens à marquer pour Massaua encore plus que pour Beiloul, est qu'en occupant éventuellement Massaua par des considérations d'ordre et de sécurité dans la Mer Rouge, nous ne voulons point soulever de questions de souveraineté territoriale, l'Italie étant, tout aussi bien et plus peut-etre que toute autre Puìssance, intéressée au principe du respect des droits souverains et térritoriaux de la Sublime Porte. J'ajoute confidentiellement pour V.E. qu'en suite d'une entente avec Granville tous les détails de notre occupation éventuelle ont été réglés entre notre agent et l'agent anglais au Caire (3).

46 -Documenti diplomatici • Serle II -Vol. XVII-XVIII

(l) -Cfr. n. 695. (2) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III, cit., pp. 110-111. (3) -Questo telegramma fu trasmesso alle ambasciate a Berlino, Londra, Parigi, Pietroburga e Vienna con T. 100 del 4 febbraio 1885.
696

L'AMBASCIATORE ·A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3764. Berlino, 30 gennaio 1885 (per. il 3 febbraio).

La commission chargée d'examiner le projet de déclaration relative aux

occupations nouvelles sur les cotes d'Afrique (document n. 41) entendait

hier la lecture du rapport du baron de Lambermont sur les discussions qui

ont eu lieu, à ce sujet, dans les séances du 15, 16, 21 et 28 janvier, et dont

j'ai rendu compte par mes rapports n. 3752, 3757 et 3762 (1).

Aucune observation n'a été présentée, sauf en ce qui concerne le passage où il est parlé des occupations antérieures et momentanées ayant eu lieu par l'oeuvre de simples particuliers, et ensuite abandonnées, sans que les gouvernements n'aient jamais fait acte de sanction ou de prise réelle de possession.

A cette occasion, l'ambassadeur de Turquie exprimait la conviction qu'un échange de vues sur la question dont il s'agit irait au delà des attributions de la Conférence, et déclarait ne pas admettre que cette discussion pftt en aucun cas se rapporter à des possessions de Sa Majesté le Sultan en Afrique.

Cette déclaration figurera dans le rapport, mais non les motifs dont elle était accompagnée, pas plus que ma réponse. Said-pacha voulait se prémunir, entr'autres, contre le cas où l'on voudrait faire dériver un titre quelconque du fait, par exemple, qu'un missionnaire italien aurait préparé antérieurement quelque annexion dont, un jour, le Gouvernement voudrait se prévaloir. Le sultan «ne renonce pas à ses possessions :..

Je répliquais avec vivacité, que Said pacha se méprenait complètement sur la véritable portée de la question. Il la déplaçait meme, comme il pourrait s'en convaincre en lisant plus attentivement les termes dans lesquels je l'avais posée, et d'une manière tout à fait objective. Il est évident que mon collègue de Turquie, rendu plus défiant que de coutume, par les événements d'Egypte, et surtout par notre occupation récénte de Beiloul, se lassait entrainer à un accès de mauvaise humeur. Les plénipotentiaires portugals, qui saisissent au vol chaque circonstance favorable pour accentuer les droits de leur Pays, s'empressaient de faire connaitre que, dans leur opinion, il y avait lieu pour toutes les Puissances de faire les memes réserves, et qu'ils les faisaient en ce qui concerne les possessions du Portugal.

D'autres membres de la commission jugeaient que la notification prescrite, par le projet de déclaration à l'ordre du jour, mettrait les parties intéressées en mesure de faire valoir des réclamations éventuelles.

J'ai clos la discussion en disant «qu'en présence de cette diversité d'appréciations, je m'abstenais d'insister. Je me bornais à exprimer l'espoir que, le cas échéant, il ne se produirait aucun des malentendus, aucune des contestations, que je m'étais précisément proposé de prévenir, en provoquant un simple échange de vues ~.

Je demandais, en m~me temps, que ce langage fftt réproduit dans le

rapport de la commission.

Le débat a pris fin sans amener de vote.

La conférence se réunira demain pour approuver le projet de déclaration

élaboré par son comité.

(l) Non pubblicati.

697

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3765. Berlino, 30 gennaio 1885 (per. il 4 febbraio).

J'attendais le retour du courrier de Cabinet, M. Anielli, pour remercier

V. E. de m'avoir tenu au courant, soit par voie télégraphique soit par la poste, sur l'incident de la démarche faite par les ambassadeurs de Russie et d'Allemagne à Rome, au sujet de l'admission d'un délégué de chacun de leurs gouvernements respectifs dans la Commission de la dette publique égyptienne.

Comme je le télégraphiais en date du 21 janvier (1), nous devions en effet ~tre péniblement surpris d'une pareille démarche. Elle ne pouvait s'expliquer jusqu'à un certain point qu'en suite de l'interprétation inexacte et très exagérée donnée par Nubar pacha (ainsi qu'il résulte des documents diplomatiques) relativement à notre attitude. Peut-~tre eftt-il été préférable d'accepter purement et simplement, dès le début, l'admission des nouveaux commissaires. Nous eussions par là rendu service au Cabinet de Londres qui, pour ne pas rester isolé, aurait aussi accordé son assentiment. Il aura sans doute regretté de ne s'y etre pas résolu plus tòt, puisqu'en principe il penchait déjà à le faire. La réponse dilatoire, évidemment inspirée par l'agent britannique au Caire, avait produit ici un redoublement de mauvaise humeur contre le Cabinet de Londres, et nous en avons subi le contre-coup.

L'incident dont il s'agit a été écarté par les explications contenues dans la note verbale de V. E. Le sous-secrétaire d'Etat m'en donnait l'assurance. Il persistait cependant à croire que notre attitude antérieure, malgré nos bonnes intentions, avait tout d'abord contribué à créer des difficultés, maintenant heureusement aplanies. Je combattais cette manière d'envisager les choses. Je maintenais qu'il y avait eu à Berlin un malentendu, car dès la Conférence de Londres nos dispositions favorables à la légitimité de la réclamation de l'Allemagne et de la Russie ne pouvaient etre mises en doute. Nous en fournissions meme une nouvelle preuve lors que M. de Giers nous invitait à appuyer sa demande, et qu'en meme temps, sans avoir reçu aucune sollicitation. de l'Allemagne, nous prononcions pour une double admission. Le fait est que la Russie nous avait fait remercier de nos bons offices. Il semblait que là-dessus les Cabinets de Pétersbourg et de Berlin auraient pu se mettre d'accord. Quant à la question de forme et de procédure, il lui avait été attribué une importance qui n'était jamais entrée dans notre pensée.

(l) Cfr. n. 668.

698

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 82. Roma, 31 gennaio 1885, ore 1,30.

Votre télégramme (l) concernant notre occupation à Massaua me fait craindre que Baring, avec lequel nous avons, d'après les conseils de lord Granville lui-meme, réglé tous les détails n'ait tenu Sa Seignerie exactement au courant de la marche des choses. Notre intention était d'abord de laisser notre expédition dans la Mer Rouge se rendre jusqu'à Assab, et de concentrer plus tard devant Massaua les forces nécessaires pour occuper Massaua. Mais

M. Baring interrogé par De Martino ayant dernièrement exprimé l'avis qu'il convenait gagner du temps, nous avons, il y a deux jours, modifié notre plan. Nos instructions pour l'amiral Caimi, commandant supérieur de nos forces dans la Mer Rouge sont calquées fidèlement sur les arrangements pris entre De Martino et Baring. Celui-ci s'est chargé de les faire parvenir par le télégraphe à Suakim, où l'amiral arrive demain ou après demain, de sorte que notre débarquement à Massaua pourra avoir lieu dans la première semaine de février. Pour régler diplomatiquement notre situation, il a été convenu, entre De Martino, Baring et Nubar, que De Martino adressera le 1er février à Nubar une lettre demandant à connaitre les intentions du vice-roi à l'égard de Massaua, et Nubar répondra immédiatement en faisant part à De Martino de l'avis que le vice-roi a donné au sultan de la nécessité où il va prochainement se trouver de retirer ses troupes de Massaua. Cet échange de lettres nous fornira le point de départ des explications que nous allons donner à la Sublime Porte après le fait accompli, en lui renouvelant, à cette occasion, la déclaration que par notre occupation, dictée par des considérations d'ordre et de sécurité dans la Mer Rouge, nous n'entendons point soulever une question de souveraineté territoriale. Nous continuons de compter pour ne pas avoir de complications avec la Porte sur les bons offices que Granville nous a promis. Je reproduis ici à toute bonne fin un résumé des instructions que l'amiral Caimi trouvera à Suakim (2).

699

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 141. Vienna, 31 gennaio 1885, ore 14,10 (per. ore 16).

J'ai eu hier au soir au cercle au bal de Cour la facilité de parler avec l'empereur. Sa Majesté, après s'etre longuement et très gracieusement informé des nouvelles de nos Augustes Souverains, m'a dit tout-à-coup: « ainsi donc vous faites une expédition en Afrique, et je vois que vous allez la renforcer :t.

J'ai répondu que je croyais, en effet, qu'on prépare un petit renfort au premier contingent, pour le cas où ce serait nécessaire; du reste il ne s'agit que d'assurer la sécurité de notre colonie d'Assab. A ces paroles l'empereur répondit vivement: «Qui j'espère réellement que vous ne ferez pas une grande expédition ;o). J'ai répondu que je ne croyais pas que cela sai t dans intentions de mon Gouvernement et pour détourner conversation du terrain politique, où elle risquait de s'engager mal à propos, j'ajoutais qu'en tout cas ce que nous avons fait et ce que nous ferons, est très avantageux pour l'armée camme exercice de prompte mobilisation des troupes et des différents services. Sa Majesté dit qu'à ce point de vue j'avais raison, et notre conversation finit.

(l) -Cfr. n. 689. (2) -Cfr. n. 688.
700

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, NIGRA, E A PARIGI, MENABREA

T. CONFIDENZIALE 85. Roma, 31 gennaio 1885, ore 15,30.

L'ambassadeur de France est venu hier m'entretenir des affaires de la Mer Rouge. M'ayant d'abord interrogé au sujet de l'occupation de Beilul, j'ai confìrmé le fait accompli, en ajoutant les explications que vous savez. M. Decrais m'a ensuite demandé si nos projets ne vont pas s'étendre à l'occupation d'autres points de la cote. Je lui ai répondu que nous devions naturellement dans la Mer Rouge, où nous avons des intérets spéciaux et importants, suivre avec attention les événements en vue de la sécurité dans ces parages, mais qu'aucun plan d'occupation n'était arreté.

L'ambassadeur, sans insister sur ce point, a alors rappelé que la France a des prétentions sur Zula, dans la baie d'Adulis, et que elle espérait que nous n'entreprendrions rien, le cas échéant, dans cette localité. J'ai répondu que nos occupations ultérieures étaient incertaines; tout ceci appartient au domaine des hypothèses. Nous plaçant toutefois sur ce terrain, puisque tel était le désir de l'ambassadeur, je croyais faire act de loyauté en lui exprimant ma pensée à l'égard des revendications françaises. D'après le peu de renseignements que nous possédons, il ne s'agissait que d'un contrat stipulé sans autorisation du Gouvernement français, et qui n'a jamais été ni ratifié, ni sanctionné par des actes d'occupation effectués. Nous ne pourrions donc, jusqu'à meilleure justification des prétentions françaises admettre que celles-ci sont fondées, cette question devant en tout cas rester impréjugée. Malgré cette conviction, je n'ai hésité cependant pas d'ajouter que, dans le cas d'occupations ultérieures, nous tiendrions le plus grand compte des observations amicales du Gouvernement français à l'égard des ses prétentions, désireux camme nous le sommes d'éviter tout ce qui pourrait froisser les susceptibilités d'un Gouvernement ami ou lui occasionner des embarras. L'impression qui m'est restée après mon entretien avec M. Decrais, est que le Gouvernement français ne soulève pas d'objection en vue des bruits concernant l'occupation de Massaua par l'ltalie, son opposition éventuelle semblant devoir se restreindre aux points sus indiqués.

701

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3768. Berlino, 31 gennaio 1885 (per il 4 febbraio).

le mémorandum contenant la réponse de la Grande Bretagne aux dernièrs propositions françaises pour la réorganisation des finances égyptiennes, est accepté de tous còtés, comme base des négociations ultérieures. Il est à espérer que l'on parviendra à une entente finale par de nouvelles concessions réciproques. Mais il ne faut pas se dissimuler les difficultés de résoudre un problème aussi compliqué, puisqu'il s'agit de refaire une situation où les intér~ts de l'Angleterre soient sauvegardés, et où l'Europe trouve ses garanties. Evidemment les anglais ne veulent rien brusquer. lls se résignent à ne rien faire qui ne puisse etre accueilli par les autres Puissances. Mais comme ils sont seuls dans la vallée du Nil, il est évident qu'ils n'en sortiront pas à moins de laisser derrière eux une situation assez raffermie, suffisamment conforme à leurs propres convenances. Il est vrai que, de part et d'autre, on s'applique à laisser en suspens le còté politique de la question, et cela contribue beaucoup, si non à dissiper, du moins à calmer un peu les défiances. Malheureusement le Cabinet de Paris n'a pas renoncé à ses projets de miner, avec le concours de l'Europe, la puissante rivale en Egypte, et il se flatte d'y parvenir, par son obséquiosité envers l'Allemagne qui dispose aujourd'hui des votes de l'Autriche et de la Russie.

Notre attitude n'est pas aisée dans de telles conjonctures. Il appartient au Gouvernement du roi d'éviter les écueils dans notre tàche indiqué par V.E. dans son remarquable discours au parlement, celle d'un certain parallélisme entre nos engagements avec l'Allemagne et l'Autriche, et notre amitié traditionnelle envers l'Angleterre, que nous devons cultiver plus que jamais pour ne pas souffrir de nouveaux dommages en ce qui reste encore d'un prétendu équilibre de forces dans la Méditerranée.

702

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3769. Berlino, 31 gennaio 1885 (per. il 4 febbraio).

Peu avant que la nouvelle ne fiìt déjà ébruitée, j'apprenais par les télégrammes de V.E. notre occupation de Beilul (1). V.E. sait, par ma ·correspondance, ce que je pense des prises de possession sur les còtes africaines de la Mer Rouge. J'estimais qu'il eiìt mieux valu ne pas nous engager dans ces parages. Beilul ne nous procurera que des avantages aussi contestables que ceux d'Assab, à moins que nous parvenions à prendre pied sur d'autres points. Mais mainte

nant que notre pavillon a été hissé dans ces deux endroits, nous ne pouvons

plus reculer, surtout après les discours récents de V.E. dont j'ai lu des extraits

qui en font ressortir toute l'importance. Il me tarde d'en connaltre le teste.

Quand je réservais dans la deuxième séance de la Conférence notre liberté

d'actìon, je ne prévoyais pas que nous en ferions usage de sitòt. Ma pensée se

reportait de préférence vers l'Afrique septentrionale. Vos déclarations, monsieur

le Ministre, telles qu'elles sont reproduites par les journaux, inaugurent le pro

gramme d'une politique coloniale, ou du moins l'accentuent davantage. Lors

mfune que ce programme semble se renfermer dans des bornes modestes, nous

aurons beaucoup de peine à ne pas les franchir, surtout lorsque l'élan vient

d'etre donné à l'opinion publique et que la Chambre se trouvait d'accord pour

écarter de cette question tout esprit de parti.

Il s'agit maintenant de diriger avec habilité et avec prudence le mouvement patrlotlque, et d'en retirer tout le bénéfice possible. Cette direction se trouve en bonnes mains. Des deux adversaires que nous pouvons rencontrer dans ces régions, le premier, la Turquie, n'est pas en mesure de nous susciter de graves embarras; le second, la France, quand il aura les mains plus libres au Tonkin et en Chine, renouera ses intrigues, cherchera à faire revivre ses prétentions sur différents points de la Mer Rouge, ses projets d'un Empire african. C'est de ce còté qu'll convient surtout de se prémunir, et l'Angleterre devrait s'y appliquer encore plus que nous. Le Cabinet de Londres se rendra certainement compte de cette situation. Nous devrions l'un et l'autre nous mettre en position par des acco~ds préalables, de nous entraider mutuellement. Or nous ne serions, en ce qui nous concerne, en état de le faire avec promptidude et chance de réeussite, que si nous occupions, outre Assab et Beilul, un point de quelque importance stratégique camme Massaua. Je dirai plus. Ce ne sera, je crois, qu'à cette condition que nous conserverons Assab et Beilul.

Lors meme que je manifeste quelque regret de nous savoir engagé dans un tel engrenage, je forme les voeux les plus sincères, pour que l'entreprise soit couronnée du meilleur succès pour le prestige du drapeau royal, et pour les lntérets de l'Italie.

Dans ces derniers jours, le sous-secrétaire d'Etat faisait, sous forme amicale, quelques allusions à l'envoi, dans la Mer Rouge, d'une esc!lldre de notre marine et de troupes de débarquement. II cherchait à en découvrir le motif. J'al répondu en des termes généraux.

(l) Cfr. nn. 678, nota l, e 682.

703

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2232. Vienna, 1° febbraio 1885 (per. il 4).

Ringrazio l'E.V. pel telegramma in chiaro del 30 scorso mese (1), col quale si compiacque farmi conoscere con precisione la risposta che ella ebbe a fare

all'interpellanza del deputato Crispi. Avendo dovuto constatare che il riassunto delle dichiarazioni in tal occasione fatte dall'E.V. quale venne riprodotto dalla Correspondenz Bureau aveva dato luogo qui ad erronea interpretazione, ho creduto necessario autorizzare la Politische Correspondenz a pubblicare il preciso testo comunicatomi che quindi tutti i giornali di Vienna riprodussero stamani.

Parimente la ringrazio per altro suo telegramma dello stesso 'giorno (l) che esplicitamente mi conferma le precitate sue dichiarazioni spiegandomi pure la portata. Sarà quindi mia cura regolare in conseguenza il mio linguaggio qui ave si creda di far cadere meco la conversazione su quest'importante argomento.

Divido pienamente coll'E.V. il convincimento che noi siamo in pieno diritto d'intenderei coll'Inghilterra su quelle questioni di speciale nostro interesse che non solo non formano oggetto degli accordi da noi stipulati con la Germania e con l'Austria-Ungheria, cosa di cui d'altronde il Gabinetto di Berlino ci diede l'esempio intendendosi colla Francia sulla questione del Congo prima della Conferenza di Berlino e che i due Gabinetti imperiali fecero del pari alleandosi colla Russia a Skierniewice, senza ravvisare necessario tanto in una circostanza che nell'altra di farci in antecedenza conoscere i loro intendimenti.

Reputo inoltre io pure convenientissimo che i nostri alleati si persuadano che ai nostri speciali interessi nel Mediterraneo e fuori d'Europa, non ci fa difetto l'intenzione ed il mezzo di provvedere noi in difetto dell'appoggio ch'essi non si credono impegnati a darci.

Non è men vero che l'attitudine che abbiamo ora assunta ed essenzialmente

l'interpretazione che la stampa e la pubblica opinione in Italia credette darci

ci hanno posti in una posizione assai difficile a fronte dei nostri alleati, posi

zione che necessita somma prudenza e da altra parte fermo proposito nel Go

verno e nel Paese di sobbarcarsi a tutti quei sacrifici che possono occorrere

per sostenerla degnamente ed efficacemente.

Non conviene del pari disconoscere che, sì a Berlino come a Vienna dove l'isolamento dell'Inghilterra si era fatto principalissimo obiettivo politico, eccita un vivo mal umore il vedere che la nostra azione parallela con quella Potenza nel Mar Rosso e quella di conciliazione che seguiamo nella vertenza egiziana vengono ad attraversare alquanto la via si tenacemente battuta da nostri alleati.

Tutte le nostre più precise dichiarazioni di fedeltà alla esistente alleanza non possono menomare l'impressione di sfiducia che questa nostra attitudine causa sì a Berlino che a Vienna.

Chi conosce l'intolleranza di quei due Gabinetti a riguardo dei governi che non si piegano intieramente ad obbedire ai loro voleri, a sopportare le loro pressioni, ben comprende il malvolere che oggi li anima a nostro riguardo e che altro non attende se non l'occasione dì dimostrarci coi fatti.

Ciò rende quindi tanto più ardua la nostra posizione che sarebbe assai sicura ove siedesse ancora a capo del Governo britannico Palmerston, ma che non può a meno di essere molto incerta stante la franchezza di cui ha fatto

prova il signor Gladstone e la nessuna guarentigia che si ha della sua durata al potere. Un cambiamento di Gabinetto a Londra potrebbe essere il segnale della riconciliazione delle altre Potenze con l'Inghilterra ed anzi il sarà assai probabilmente, a noi conviene quindi procedere molto guardinghi affinché quel mutamento si compia a nostre spese (1).

(l) Cfr. n. 692.

(l) Cfr. n. 693.

704

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Berlino, 1° febbraio 1885.

Anielli m'a remis votre lettre du 19 janvier (2) pleine de si justes considérations, et de détails nouveaux pour moi, pour ce qui concerne entre autres l'affaire Carpi. Voilà une boulette. Si notre cher Tosi eut été encore de ce monde et en piace à Belgrade tout cela ne serait pas arrivé.

Vou& étes au courant, camme moi, des dernières phases de la question financière en Egypte. La dépéche du prince de Bismarck remise par Keudell à Mancini relativement à l'admission de nouveaux délégués dans la Commission de la dette publique ètait assez raide d'après ce que me confiait notre ministre des affaires étrangères. II y était dit que nous avions crée des difficultés artificielles. On nous offrait une copie de ce document. Mancini voulait d'abord s'y refuser, mais il s'est laissé adoucir ne voulant point faire chose désagréable a. Keudell qui montrait des appréhensions pour un refus. J'en ai manifesté ma surprise, car en fin de compte en pareille circonstance les égards dus à un représentant étranger devraient passer en seconde ligne. Notre réponse soit à Berlin, soit à Pétersbourg, a écarté cet incident pénible. II y a eu là bien des malentendus que nous aurions dii prévenir par une acceptation pure et simple dès le début, au lieu de réserver des questions de forme et de procédure camme s'il s'agissait d'une cause à plaider devant un tribuna! civil.

Le mémorandum anglais en réponse aux contre-propositions françaises est accepté de tous còtés comme base de négociations. Vous aurez vu par les télégrammes de Rome que M. Decrais nous engageait à répondré I'amvre conciliante que nous avions inaugurée à la Conférence de Londres. M. Mancini le remerciait de sa communication amicale. C'était pas trop fort. Je ne me suis pas gené de le dire. A la dernière heure la France nous fait une communication sur sa démarche à Londres qui avait été l'objet avec l'Autriche, la Russie et l'Allemagne de pourparlers dont en nous avait tenu à l'écart, et on s'adresse à nous camme à une simple cour d'enregistrement. Et nous disons: «merci:.!

Un appel à nos bons offices était plus ironique que sérieux. Et nous avons l'air de l'accepter camme argent comptant! Il faut cépendant reconnaitre que

« Apprez!amo grandemente 1 concetti e le considerazioni svolte In questo rapporto. Parml nostro proposito d! raddoppiare di cautela acciò nulla ci si possa Imputare che possa parere disforme da~;li obblighi dell'alleanza». In base a tali istruzioni venne redatto 11 D. 1816 · del 5 febbraio 1885, non pubblicato.

la réponse écrlte remise à M. Decrais par Mancini ne manqualt pas d'habileté,

et elle est encore arrivée assez à temps pour ne pas nous laisser trop distancer

par les autres.

Notre ròle de nous piacer comme conciliateur, de falre la part de nos engagements avec l'Allemagne et l'Autriche, et de notre amitié traditlonnelle envers l'Angleterre, est bien ardu. Nous ne pouvons guère agir autrement, mais il faudrait une dose d'habileté et d'expérience qui fait sftrement défaut à la Consulta. Nous nous exposions à ne satisfaire personne et d'amasser sur nous la défiance générale. J'ai combattu de mon mieux ici contre les fausses interprétations sur notre attitude. Au fond des choses, c'est une question de confiance, et à tort ou à-raison, cette confiance manque à Berlin à l'égard de

M. Mancini. Que serait-ce si le Ministère se rapprochalt de la Pentarchia? Pour le coup, le terrain nous manquerait sous les pieds.

En attendant nos bons rapports avec l'Angleterre nous servent dans la Mer Rouge à occuper Beilul qui ne vaut guère mieux qu'Assab. Je regrette toujours plus que nous nous soyons mis dans cette galère. Mals nous ne pouvons plus reculer; nous devrions au contraire avancer.

Il nous faut maintenant un point stratégique comme Massaua sans lequel la conservation d'Assab et de Beilul deviendra presque impossible, et sans lequel nous ne serions pas à mème d'aider l'Angleterre dans des conditions avantageuses.

Je ne connais encore que par des extraits les derniers discours de Mancini. Quand je réservais à la Conférence notre liberté d'action pour l'avenir, je ne prévoyais pas que nous en ferions de si tòt usage. Ma pensée se reportait alors au nord africain pour le cas où nous devrions empècher que ce qui reste du prétendu équilibre de forces dans la Méditerranée, ne fftt détruit à notre détriment. Dans son langage, M. Mancini a maintenant accentué et mème inauguré un programme de politique coloniale. L'opinion publique qui se laisse si facilement capter par des phrases sonores est entrée dans le mouvement. Je crains que bien des mécomptes ne nous soient réservés.

Vous verrez par le compte rendu des travaux de la commlsslon sur les conditions essentielles à remplir pour que de nouvelles occupations sur les còtes du continent africain soient considérées comme effectives, que d'après mes instructions j'amenais un échange de vues sur un point très délicat, à savoir sur des occupations antérieures faites par l'ceuvre de simples particuliers, ensuite abandonnées, à l'égard desquelles les gouvernements respectifs n'avaient donné aucun soutien de fait. A ce genre d'occupations il convenait d'appliquer les mèmes règles que celles nous étions en train de fixer pour les occupations nouvelles. Cela était fort scabreux, car le cas se produisait précisement pour certains points sur les còtes de la Mer Rouge où la France pouvait invoquer de semblables titres. Aussi je m'abstenais, comme M. Mancini le désirait, de formuler une proposition ou un amendement formale. A la première séance de la commission, à mon grand étonnement, il se produisait une unanimité favorable. Mais à la seconde séance l'Espagne attachait le grelot des objections; la France secondée par l'Allemagne en faisait de mème. Puis la Turquie est venue à la rescoùsse. Je rétutais les arguments. Puis devant le fait incontestable de la diverslté des appréciations, je n'insistais plus me bornant à exprimer l'espoir que, le cas écheant, il ne se produirait aucun des malentendus, et des contestations que je me proposais précisement de prévenir en provoquant un simple échange de vues.

Hier la Conférence dans sa huitième séance a adopté le projet de déclaration élaboré par sa commission. J'ai gardé le silence, assez malaisé à rompre en présence du fait de notre occupation toute récente de Beilul qui avait irrité les nerfs de mon collègue de Turquie. Il reste maintenant à préparer l'acte final, et à discuter ce qui a trait à la proposition de neutraliser le bassin conventionnel du Congo. Nous avons encore de travail pour deux jours au moins.

Je vous félicité de votre bal d'enfants et de grandes personnes. Les journaux, en donnent des détails qui prouvent le pleine réussite de cette fète, comme de tout ce qui se fait chez vous.

(l) Allegata al presC:nte documento r,\ trova la seguente annotaz!one d! Ma!vnno:

705

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. S.N. Cairo, 2 febbraio 1885 (per. il 7).

In seguito alle istruzioni impartitemi da V. E. (1), ho diretto una nota a Nubar pascià per chiamare l'attenzione del Governo del viceré sui torbidi che si manifestano e vanno propagandosi sulle coste del Mar Rosso, e chiedendo, a nome del R. Governo, se l'Egitto si assumeva la responsabilità di guarentire la sicurezza degl'interessi italiani su tutta la costa al sud di Suakim.

Nubar pascià rispose oggi a questa comunicazione informandomi che gli sforzi fatti dal Governo di S. A. per ristabilire la tranquillità in quelle regioni erano rimasti infruttuosi, e che in seguito a questo insuccesso, ed in vista delle condizioni finanziarie dell'Egitto, il Kedivè si era diretto alla Sublime Porta per chiamare la sua attenzione sulle condizioni di quelle contrade, e sulla situazione critica dell'Egitto se colà si verificassero degli avvenimenti, in seguito a cause esterne od interne. Nubar pascià conchiude la sua nota col dire che prima di rispondere alla questione fattagli da me dovrà attendere le istruzioni che ha chieste alla Sublime Porta, alla quale però comunicherà la mia domanda.

Mi pregio di trasmettere, qui unito, copia delle dette due note (2).

706

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 97. Roma, 3 febbraio 1885, ore 14,31.

Je fais suite à mon télégramme du 30 janvier (3). M. De Martino ayant demandé par note écrite à Nubar les intentions du Gouvernement vice-royal

au sujet de Massaua, lui signalant les conséquences que l'abandon de cette place par les égyptiens aurait pour nos intérets particuliers dans la Mer Rouge, il a reçu une réponse également par écrit où le ministre vice-royal lui falt part de la communication que le khédive a déjà adressée à la Sublime Porte laissant entrevoir assez claire:ment l'éventualité prochaine de l'abandon de Massaua. En cet état de choses notre amiral qui se trouve à Suakim avec trois navires à sa disposition a reçu ordre de se rendre à Massaua pour etre pret à tout événement. Les instructions dont il est munì sont assez larges pour lui permettre, si cela est necessaire, de procéder à un débarquement. Si cette éventualité se proàuit je m'empresserai de vous en donner ~wis. Mais j'ai dès maintenant à creur de mettre V. E. en mesure d'apprécier un pareil événement et de régler son langage, si elle était interrogé, d'après le contenu de ce télégramme et des précédents. Je tiens notamment à constater qu'en occupant Massaua et en y prenant une position analogue à celle des anglais à Berbera et à Zeila, nous ne ferions qu'obéir à une nécessité de sécurité et d'ordre, et que nous ne voulons point soulever de question de souveraineté territoriale, ou méconnaitre les droits appartenants à la Porte (1).

(l) -Cfr. n. 672 e T. 69 del 28 gennaio 1886, non pubblicàto. (2) -Non pubblicate. (3) -Cfr, n. 8911.
707

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 155. Londra, 3 febbraio 1885, ore 21,30 (per. ore 22,20).

En rectifiant ses premiers renseignements, lord Granville m'a dit que rien n'était venu confirmer la nouvelle que la Turquie se prépariì.t à envoyer des troupes dans la Mer Rouge. Lui ayant dit que selon le conseil de Baring les lettres au sujet de Massaua avaient été échangées au Caire, lord Granville ratifia mon dire en marquant qu'il ne pouvait pas s'agir d'un conseil attendu que le Gouvernement anglais ne nous donnait en tout ceci aucun conseil mais qu'il. s'agissait simplement de son consentement.

708

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

T. 153. Cairo, 3 febbraio 1885, ore 21,45 (per. ore 7,25 del 4).

Hier le vice-rol a reçu télégramme de la Sublime Porte dont voici le résuraé exact: « On nous informe de Rome l'Italie veut occuper Massaua, mais pour que l'occupation n'ait un caractère d'agression, elle cherche un consen

tement tacite de V. E. L'Italie dément cette information. En attendant elle

s'est adressé e à l' Angleterre. Granville lui a répeté plusieurs fois qu'il ne peut

pas la favoriser, ces territoires étant à la Sublime Porte, la Sublime Porte doit

assurer les droits souverains du sultan dans la question égyptienne, ainsi que

les privilèges de l'Egypte et la continuation du pouvoir de Votre Altesse. S'il y

a une agression d:une autre Puissance, la question égyptienne entraitdans des

plus grandes difficultés. Le consent<:):nent tacite que l'Italie pourrait vous

imputer, ne pourrait consister que dans la retraite des troupes.

Vous nous dites n'avoir pas de forces militaires pour la garde des còtes de la Mer Rouge, mais la question de sauvegarder ne consiste dans le nombre des troupes, mais dans la non retraite du gouvernement établi; et la retraite de Massaua de l'administration, des soldats, quelque peu nombreux qu'ils soient, constituerait le consentement tacite. Nous vous recommandons de ne pas donner occasion à un pareil état de choses ». Le vice-roi est très préoccupé. Nubar a expédié à Suakim au colone! Chermside le télégramme suivant: « Troupes italiennes débarquent à Massaua, protestez, en tout cas, maintenez notre pavillon, garnison, administration telle qu'elle existe ». Le colone!, me dit Baring, est resté à Suakim et a donné à l'amiral des ordres pour les autorités à Massaua, dans le sens que Baring lui avait prescrit. Donc amiral, déjà parti de Suakim, aura exécuté l'occupation avant que puissent arriver les nouvelles instructions. Baring est convaincu que la Sublime Porte n'... (l) de protester, mais il considère la position grave si la Sublime Porte se décide à envoyer à Massaua des troupes. Il me parait que le seui but de la Sublime Porte est de mettre vice-roi en embarras pour le compromettre.

(l) -Questo telegramma fu trasmesso alle ambas.ciate di . Berllno, Londra, Parigi, ·Pietroburga e Vienna con T. 100 del 4 febbraio 1885. (2) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III, cit., pp. 112-113.
709

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

T. S.N. Londra, 3 febbraio 1885, ore 21,56.

Déchiffrez vous méme.

J'ai sondé lord Granville au sujet du Soudan. Je lui ai demandé quelles étaient les instructions et les prévisions du Gouvernement anglais à l'égard de cette province. Il m'a répondu que le cabinet n'avait pas encore arreté une solution définitive, et que beaucoup de personnes se prononçaient contre l'abandon de ce territoire, mais que lui-meme, Granville, et, je crois aussi

M. Gladstone, sont d'avis qu'il faut l'abandonner. L'avis personnel de lord Granville est que le Soudan est absolument et irrémédiablement passif.

Bien que je l'ai mis deux fois sur la voie des confidences, il ne m'a rien dit qui puisse me faire croire qu'il songe à nous convier à une expédition dans ce Pays. J'en conclus, jusqu'à plus ampie information, que sir J. Lumley n'a reçu de lui aucune instruction de faire à V. E. des ouvertures à ce sujet.

11\ G:·uppo indecifrato.

(2) Ed. 1n L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III, clt., p. 113.

710

IL CONSOLE GENERALE A BUDAPEST, SANMINIATELLI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Budapest, 3 febbraio 1885.

Le proporzioni più vaste che va pigliando la spedizione italiana al Mar Rosso, così per la importanza dei luoghi che si vorrebbero occupare, come anche per lo scopo politico della impresa, in quanto anderebbe connessa con la quistione egiziana, hanno fatto subitamente mutare tono agli apprezzamenti della stampa ungherese. Finché si trattava delle adiacenze di Assab, l'approvazione era quasi unanime e ci si consentivano compiacentemente cotesti innocenti trastulli; ora però che accenniamo a Massaua e forse anche a Suakim, il che porterebbe altresì la cooperazione con l'Inghilterra per l'ordinamento futuro del Sudan, l'impresa italiana non si vede più di buon occhio, e non si risparmiano al giovane Regno le censure e gli avvertimenti. Le censure più acerbe vengono, come è naturale, dai giornali clericali e conservatori, che addirittura qualificano di sleale e perversa l'occupazione di Massaua, soggetta alla sovranità della Porta; gli avvertimenti poi, più o meno benevoli, vengono dagli altri organi della pubblica opinione in generale, i quali non vorrebbero che la iniziativa italiana potesse sollevare complicazioni. Si teme, in altre parole, che l'azione nostra nel Mar Rosso possa anticipare, provocando rottura con la Turchia o anche solamente col fare più difficile il problema egiziano, la riapertura della quistione orientale; nel quale caso l'Austria sarebbe costretta a fare quella passeggiata sino all'Egeo, che gli ungheresi hanno particolare interesse d'impedire o almeno di ritardare quanto più sia possibile. L'opinione pubblica ungherese dice in sostanza: faccia l'Italia quello che vuole nel Mar Rosso, a condizione però di essere prudentissima e di ricordarsi che non ha il diritto di turbare per il mero suo piacere la pace dell'Europa.

Altro argomento, di cui molto si parla e si scrive, sono i pretesi negoziati precedenti, per concludere con la Russia una convenzione di estradizione simile a quella sottoscritta già dalla Prussia, nono!ltante le smentite della Budapest Correspondeces si crede fermamente che quei negoziati sieno in corso, e si crede altresì che il recente viaggio del signor Tisza a Vienna abbia connessione coi medesimi. Alla interpellanza annunziata nel Parlamento austriaco, terrà dietro altra interrogazione al Governo ungherese di un deputato della estrema sinistra, e la opinione pubblica, che piglia vivissimo interesse all'affare, avrà modo così di saperne qualcosa. Si crede generalmente che il signor Tisza, pure accettando di prorogare al Parlamento leggi speciali severe contro gli anarchici e contro gli infami attentati degli eroi della dinamite, non potrà consentire giammai ad una convenzione di estradizione sul modello di quella russo-prussiana, con la quale si rischierebbe di fare complice la legislazione e il Governo ungherese dei capricci e delle crudeltà del dispotismo russo. Su questo punto le opinioni si trovano concordi. E non è da credersi che il signor Tisza, ammettendo pure che egli potesse riuscire a fare approvare, contro

coscienza, dai suoi mamelucchi una convenzione tale, si senta il coraggio e l'abnegazione di andare contro il sentimento pubblico, che è in questo caso il vero sentimento magiaro, per scavarsi con le proprie mani la fossa.

711

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 158. Cairo, 4 febbraio 1885, ore 13,50 (per. ore 15,10).

J'ai communiqué à Baring votre télégramme urgent (l) d'hier reçu ce matin; interpellé par lui Chermside lui a répondu que sa présence est inutile à Massaua, ayant donné des ordres qui seront exactement exécutés, c'est à dire de nous laisser débarquer, de nous recevoir avec amitié, mais protester pour forme et maintenir le drapeau et la garnison égyptienne. Mon télégramme de ce matin (2) vous a informé de l'état actuel des choses. Baring renouvelle l'entente d'éviter plus que jamais de faire croire au consentement tacite du vice-roi à notre occupation. Il m'a dit que le vice-roi ne peut qu'obéir aux ordres de la Sublime Porte et que la question doit etre vidée avec la Sublime Porte camme du reste on a prévu dès le commencement. Il partage l'opinion de V. E. de laisser pour quelque temps les choses dans le statu quo, convaincu que la garnison égyptienne ne peut pas rester longtemps à Massaua. Pour tous les autres détails contenus dans votre télégramme, nous en parlerons à l'arrivée de M. Maissa. Pour justifier encore plus notre occupation sachez que le colone! a informé Baring que les troubles intérieurs dans le territoire de Massaua ont détruit toute l'autorité du vice-roi. Baring est convaincu que si la Sublime Porte n'est pas poussée par l'Allemagne, elle se bornera à des protestations.

712

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 101. Roma, 4 febbraio 1885, ore 20,15.

J'ai reçu vos deux télégrammes concernant Massaua (3). Je n'ai rien à objecter contre les instructions que Chermisde a données au vice-gouverneur et je regrette seulement qu'il ne se trouve pas à son poste au moment de l'occupation. Ce qui est plus grave, ce sont les instructions absolues que Nubar a expédiées au colone! Chermside de maintenir intégralement le statu quo

à Massaua. Ces instructions, heureusement tardives, ne cadreraient plus avec ce qui a été convenu, c'est-à-dire que tout en maintenant le pavillon égyptien, nous assumerions. l'administration de la piace et que la garnison égyptienne ne tarderait pas trop à se retirer. Vous devez vous rappeler entre autres, que c'est sur les instances de Baring que nous avons envoyé au Caire le fonctionnaire plus spécialement destiné à régler à Massaua les services civils. Veuillez vous expliquer franchement et amicalement là-dessus avec Nubar. Dites-lui que nous ne voulons certainement pas créer des embarras à l'Egypte, ni compromettre la position du vice-roi envers le sultan. Nous ne parlerons donc pas de consentement explicite ou tacite du Gouvernement vice-royal et nous userons de tous les menagements compatibles avec les circonstances à l'égard soit de l'époque de retraite de la garnison égyptienne, soit des modalités du passage de l'administration entre nos mains. Mais il est évident, et vous devez le faire comprendre à Nubar, que si le Gouvernement égyptien par son attitude, ses actes ou ses démarches venait contrairement à ce qui a été confidentiellement convenu, à nous créer une fausse position, nous nous trouverions forcément obligés, à décharge de notre responsabilité envers le Pays et envers l'Europe, à faire connaitre comment les choses se sont réellement passées, ce qui, naturellement aurait pour effet de mettre le khédive et son Gouvernement dans une situation bien plus délicate envers le sultan. On me télégraphie (l) aussi qu'avant hier un nouveau renfort de troupes égyptiennes était arrivé avec le postal à Beilul. Ces agissement me paraissent incociliables avec ce qui résulte de toute la correspondence avec Londres et le Caire. Je tacherai de

calmer et rassurer la Porte, et je crois pouvoir aussi dans ce sens compter sur les bons offices de Granville; mais sur les lieux le mode d'exécution ne doit pas donner une fausse apparence à nos intentions. J'attendrai avec vive impatience les réponses de Baring et de Nubar et leurs instructions éventuelles à Massaua.

(l) -T. 99, non pubblicato. (2) -Cfr. ·n. 708. (3) -T. 147, del 2 febbraio 1885, non pubblicato: cfr. n. 708.
713

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 163. Cairo, 5 febbraio 1885, ore 10,30 (per. ore 12,10).

Le vice-roi a répondu à la Sublime Porte niant formellement accord au consentement avec nous pour occuper Massaua, lui annonce d'avoir télégraphié au Gouvernement de protester et maintenir garnison, administration dans l'état actuel, lui dit que nous sommes débarqués à Beiloul et conclut que c'est à elle d'aviser puisque Ies instructions envoyées ne sont pas suffisantes pour arréter nos mouvements.

(l) Non pubblicato.

714

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 164. Costantinopoli, 5 febbraio 1885, ore 11,45 (per. ore 0,15 del 6).

Je vlens d'apprendre de la manière la plus réservée que le chargé d'affaires de Turquie à Rome a mandé à la Porte que l'ambassadeur d'Angleterre lui aurait donné connaissance d'une dépeche de Granville pour etre communiquée à V.E. portant que le Gouvernement anglais était d'avis que Massaua, étant sous la souveraineté du sultan, le Gouvernement italien aurait à s'entendre avec la Porte pour cette occupation. Le chargé d'affaire d'Angleterre ici n'avait reçu aucune instruction au sujet de cette affaire jusqu'à hier.

715

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI (1)

T. 105. Roma, 5 febbraio 1885, ore 19,25.

Le chargé d'affaires de Turquie est venu me donner lecture d'un télégramme de son Gouvernement concernant nos mouvements dans la Mer Rouge. Ayant appris l'occupation de Beiloul ainsi que nos projets éventuels sur quelques autres points de la Mer Rouge, la Sublime Porte nous fait déclarer: 1) que Beiloul et toute la còte de la Mer Rouge sont sous la souveraineté du sultan, le Gouvernement n'ayant jamais, d'ailleurs, reconnu les droits de l'Italie sur Assab; 2) qu'après les explications données par le comte Corti et par notre Ministère des affaires étrangères, la Sublime Porte éprouve un grand étonnement en présence de faits qu'elle considère comme étant en opposition avec nos déclaration et assurances; 3) que le Gouvernement ottoman ne peut admettre que d'autres Puissances viennent protéger l'ordre et la tranquillité dans ses territories, et il doit par conséquent exprimer le désir que le Gouvernement italien rappelle ses troupes occupés et se désiste de tout projet ultérieur.

Voici le résumé de ma réponse au chargé d'affaire: «Je tenais avant tout à témoigner de nos sentiments de loyale amitié envers la Turquie et à renouveler la déclaration faite à plusieurs reprises et tout récemment encore dans notre Parlement au sujet de notre ferme résolution de ne porter aucune atteinte au.x: traités établissant la situation de la Turquie dans le droit public europeén, et nous abstenir de tout acte qui meconnattrait les droits assurés au sultan par ce traité; il nous paraitrait inopportun de nous engager maintenant dans une discussion soit à l'égard de notre souveraineté à Assab, soit à l'égard de la nature et des limites des droits souverains et territoriaux du sultan dans la Mer Rouge, au sujet desquels les traités négociés avec l'Angleterre en 1877 et avec nous en 1882 sont restés sans sanction et sans effet.

47 -Documentt dtplomattct -Serle II -Vol. XVII-XVIII

:E:n réitérant toutefois notre déclaration de vouloir respecter tous les droits que les traités assurent au sultan, je ne pourrais admettre une contradiction entre cette déclaration et l'occupation temporaire de quelques points qui nous serait imposé par des exigences transitoires, une pareille contradiction n'existant pas, aux yeux de la Sublime Porte elle-meme, entre les déclarations analogues de l'Angleterre et la présence de ses troupes à Zeila, Berbera et ailleurs.

Je devais reconnaitre le bon vouloir du khédive et les efforts du Gouvernement égyptien en vue du maintien de l'ordre sur la còte de la Mer Rouge, mais il est de fait qu'après avoir déjà notablement réduit l'effectif de ses forces dans ces parages, le Gouvernement vice-royal n'a pas laissé ignorer à la Sublime Porte la situation précaire et troublée de ces régions et son impossibilité d'y faire face avec ses propres moyens. Interrogé par nous s'il pouvait assumer à cet égard une responsabilité positive, le Gouvernement vice-royale n'a pas été en mesure de le faire et il s'est borné à nous dire qu'il avait fait connaitre au Gouvernement ottoman le véritable état des choses.

La Sublime Porte ne s'est pas à son tour chargée elle meme de prendre directement les mesures nécessaires. Si maintenant notre amiral dans la Mer Rouge allait, en vertu des instructions larges et éventuelles dont il est nanti, occuper quelque point, le Gouvernement ottoman peut etre dès aujourd'hui assuré que le pavillon égyptien serait en tout cas maintenu et scrupuleusement respecté, ayant nous memes à cceur d'attester que notre occupation de fait ne porte point atteinte aux droits du sultan et doit se concilier avec l'observation fidèle, de notre part, de nos propres assurances et déclarations. Le Gouvernement du sultan, ai-je dit encore, ne saurait avoir oublié les preuves que nous lui avons données d'une sincère et loyale amitié qui ne se démentira jamais ~.

Dans la question égyptienne elle-meme, notre attitude s'est constamment inspirée du principe du respect des droits souverains du sultan et des traités européens, sur lesquels ses droits se fondent. Espérant donc que ces franches et loyales déclarations seront appréciées avec faveur et confiance à Constantinople, il ne me restait que de prier le chargé d'affaires de vouloir bien s'employer dans ce but auprès de son Gouvernement.

II me paraissait essentiel entre autre que le Gouvernement ottoman s'abstient de rendre plus difficile notre situation réciproque par un appel aux autres Cabinets, qui modifierait le caractère de la question, et qui pourrait nous obliger à nous régler d'après des considérations autres que celles qui guident maintenant notre attitude essentiellement amicale et bienvieillante envers la Sublime Porte .

Le chargé d'affaires a pris acte de mes déclarations et assurances. II a ajouté confidentiellement, comme opinion personnelle à lui, que la Sublime Porte avait dft presenter ses observations actuelles pour la sauvegarde de ses droits, mais que l'incident n'aurait probablement pas de suite s'il ne se produisait de notre part des actes inconciliables avec nos assurances et nos déclarations (1).

(l) Ed. ln L'Italia tn A/rtca, Ettopta -Mar Rosso, tomo III, clt., pp. 117-119.

(l) Questo T. fu trasmesso alle ambasciate a Berlino, Londra, P!etroburgo, Vienna e all'agenzia al Cairo con T. 104 pari data.

716

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A PARIGI, MENABREA, A PIETROBURGO, GREPPI, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 106. Roma, 5 febbraio 1885, ore 20.

L'ambassadeur du roi à Constantinople télégraphie (l) que la Sublime Porte a adressé circulaire aux Puissances pour se plaindre de nos opérations dans la Mer Rouge. Si cette nouvelle est exacte, tàchez, avec toute réserve nécessaire, de savoir me dire la teneur et l'esprit de cette démarche ainsi que l'accueil qu'elle aurait trouvé de la part du Cabinet près duquel vous etes accredité (2).

717

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 482. Parigi, 5 febbraio 1885 (per. l'8).

Ieri al ricevimento ebdomadario del signor Ferry io entrava nel suo Gabinetto quando ne esciva questo ambasciatore turco. Il signor Ferry mi disse: «il vostro collega è tutto impensierito de' progetti dell'Italia nel Mar Rosso e protesta contro qualsiasi violazione dei diritti del sultano su quei territorii ,, Io risposi al signor Ferry, valendomi della risposta data da V.E. al signor Decrais e partecipatemi col suo telegramma del 31 gennaio ultimo (3), che la Sublime Porta non aveva da paventare le nostre usurpazioni, poiché nostra intenzione era di rispettare tutti i diritti fondati e comprovati. Ma che colla occupazione di alcuni punti della sponda occidentale del Mar Rosso noi provvedevamo a parecchie indeclinabili esigenze di sicurezza richieste per tutelare i nostri interessi.

Io dissi che ignoravo quali sarebbero le occupazioni ulteriori che dovremmo fare dopo quella di Beilul; ma che se fossimo costretti a procedere in quella via, a ciò saremmo spinti dalla necessità della difesa contro le popolazioni semibarbare e feroci che abitano quei territorii i di cui approdi non potrebbero lasciarsi abbandonati senza forze sufficienti per difenderli e per proteggere la navigazione ed il commercio di tutti nel 'Mar Rosso. Soggiunsi ancora che qualunque fosse il giudizio che si volesse portare sul contegno dell'Inghilterra in Egitto, non si poteva disconoscere che nella difficile e pericolosissima spedizione intrapresa per raggiungere il generale Gordon a Kartum, essa combatte la guerra della civilizzazione contro le barbarie, e che tutti debbono fare voti per il suo successo. Infatti se l'Inghilterra soggiacesse in quella lotta, i portatori dei titoli egiziani sarebbero dei primi a pagare la

disfatta, poiché quel territorio rimanendo indifeso, esso sarebbe come lo fu più volte in tempi non remoti, esposto alle invasioni di orde devastatrici come quelle del Madhi che porterebbero la rovina nell'Egitto. Parimenti invece di essere ingelositi contro l'Italia per le occupazioni militari che essa sarebbe in procinto di fare nel Mar Rosso le se ne dovrebbe essere grati poiché in definitiva l'Italia si prende quell'impegno nell'interesse di tutti e non di se sola. Il signor Ferry mi parve non dissentire da queste considerazioni; solamente mi disse che tutte queste quistioni dovrebbero poscia regolarsi in una conferenza; al quale suggerimento non feci altra risposta se non che in conclusione si dovrebbe poi tenere conto di sacrifizii fatti da ognuno.

Dopo questa conversazione ricevetti il telegramma di V.E. in data di ieri (1), col quale ella si compiace di parteciparmi quelli da lei diretti al conte Corti e che mi sembrano confermare le mie risposte al signor Ferry.

(l) -T. 156 del 4 febbraio 1885, non pubbllcato. (2) -Per la risposta cfr. n. 733, 740; T. 190 del 7 e T. 210 del 10 febbraio 1885, non pubblicati. (3) -Cfr. n. 700.
718

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 178. Vienna, 6 febbraio 1885, ore 16,57 (2).

Sauf le peu de mots que l'empereur m'a dit au bal de la Cour, et que j'ai déjà rapporté a V. E. ni au Ministère ni de la part d'aucun personnage officiel rien ne m'a été dit jusqu'à présent, au sujet de notre action dans la Mer Rouge, mais tous les journaux d'Autriche-Hongrie ont assumé une attitude très hostile à notre égard défendant les droits de la Porte. Le Fremden-blatt a un long article de fond qui sous forme réservée et polie nous met cependant en demeure d'expliquer la contradiction qui à son avis existe entre les faits que nous accomplissons et les assurances de respect aux droits d'autrui contenus dans la réponse de V. E. à l'interpellation Crispi. Il me parait que, le cas échéant, nous sommes en droit de décliner l'ingérence officielle des Puissances dans la présente question qui se développant hors de l'Europe et de l'Asie n'a point une connexion directe avec la question d'Orient, qui est de concert européen.

719

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 179. Vienna, 6 febbraio 1885, ore 16,57 (2).

Kalnoky a adhéré en principe aux propositions contenues dans le mémorandum présenté par le Gouvernement français, qui résument accord à stipuler entre les Puissances et l'Egypte pour la question financière et pour celle

du Canal. Et d'après le désir qui lui a été exprimé par l'ambassadeur de France il a envoyé hier instructions nécessaires à l'ambassadeur d'Autriche à Londres pour qu'il se mette immédiatement d'accord avec Waddington pour toutes les démarches ultérieures à faire, afin que l'échange des déclarations puisse avoir lieu avant l'ouverture du Parlement. Je dois ajouter qu'on n'est pas bien fixé sur l'accueil que les Ghambres à Vienne et à Pesth feront à la loi nécessaire pour assurer de la part de l'Autriche-Hongrie la co-garantie de l'emprunt.

(l) -T. 100 del 4 febbraio 1885, non pubblicato, ma cfr. nn. 695 e 706. (2) -Manca l'Indicazione dell'ora di arrivo.
720

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, NIGRA, A PARIGI, MENABREA, A PIETROBURGO, GREPPI, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO (l)

D. Roma, 6 febbraio 1885.

L'ambasciatore di Francia mi ha rimesso copia di un memorandum alquanto più particolareggiato contenente le proposte del Gabinetto di Parigi per l'assestamento delle finanze egiziane, sulla base del memorandum inglese del 21 gennaio.

Le proposte si riassumono nei tre punti seguenti:

l) conclusione a Londra fra i rappresentanti delle Potenze garanti della Turchia e dell'Egitto, di una convenzione diretta a stabilire le condizioni e l'impiego di un prestito di nove milioni di lire sterline;

2) elaborazione, per parte del Governo egiziano, d'accordo coi rappresentanti delle Grandi Potenze, di un decreto che stabilisca l'imposta provvisoria del 5 % sui cuponi del debito pubblico e le nuove tasse sugli stranieri;

3) riunione al Cairo di una commissione coll'incarico di preparare un accordo relativo al canale di Suez.

Il Governo della Repubblica propone che le Potenze aderiscano a questo programma con uno scambio di analoghe dichiarazioni e coll'invio delle occorrenti istruzioni ai loro rappresentanti, al fine di assicurare l'esecuzione immediata delle proposte.

Ho detto al signor Decrais che avrei tosto esaminato il documento che mi ha consegnato, riservandomi di fargli conoscere, al più presto possibile, l'avviso del R. Governo a tale riguardo.

Del memorandum testé rimessomi dall'ambasciatore francese le invio, qui unita, copia (2). Le invio parimenti, per sua conoscenza, copia della convenzione (2) conclusa a Londra il 27 giugno 1855, fra la Francia, la Germania e la Sublime Porta, per la garanzia di un prestito turco, e della relativa dichiarazione del 27 luglio dello stesso anno, fra la Francia e la Gran Bretagna.

Confermandole così il mio telegramma del 5 corrente ... (3).

(l) -Ed. In LV 47 p. 264. (2) -Non pubblicata. (3) -T. 107, non pubbl!cato.
721

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 123/420. Londra, 6 febbraio 1885 (per. 1'11).

Ieri prima di mezzodì si sparse in Londra la voce della caduta di Kartum e della prigionia o morte del generale Gordon. Però nessun avviso ufficiale era stato pubblicato in proposito. Non si fu che dopo mezzodì che il Ministero della guerra comunicò alla stampa un avviso che confermava la caduta di Kartum. Nella sera poi e questa mattina fu comunicato ai giornali il seguente telegramma diretto da lord Wolseley a sir Evelyn Baring, e da questi trasmesso al Ministero della guerra in Londra.

« Korti, 5 Febbraio 1885.

Kartum cadde il 26 gennaio. Sir C. Wilson giunse dinanzi a Kartum il 28 e trovò la piazza in mano del nemico. Egli si ritirò, vivamente bersagliato dalla sponda. I vapori su cui tornava naufragarono a qualche miglio sotto la cataratta di Sciabluka, ma tutto il drappello si salvò e scese in un'isola dove è in sicurezza. Un vapore fu spedito a cercarlo. La sorte del generale Gordon è incerta».

Questa gravissima notizia ricevuta sulle prime con incredulità, ma poi subito confermata, produsse una profonda impressione in Londra. Sarebbe lungo ed inutile il riprodurre qui l'espressione dei sentimenti, che sotto questo colpo inaspettato si manifestò nei discorsi e nei giornali. Questi ultimi, da ieri sera in poi, non si occupano quasi che di questo fatto, e delle conseguenze che può produrre. Nei circoli militari le discussioni sono molto vivaci. Il nome di Gordon è su tutte le labbra. Una intensa simpatia accompagnata da una viva sollecitudine sulla sua sorte, è il primo sentimento che scoppia, per dir cosi, da per tutto. Quindi seguono le critiche sulla politica del Governo inglese ed anche sulle operazioni militari di lord Wolseley. Poi vengono le riflessioni ed i suggerimenti sul da farsi.

Per ora mi limito ad accennare qui all'E. V. queste prime impressioni del

pubblico inglese. Per giudicare con calma la nuova situazione converrà aspet

tare che la matura riflessione abbia sostituito le immediate manifestazioni del

sentimento. Converrà sopratutto vedere quale attitudine sarà per prendere il

Governo. I ministri furono convocati in consiglio per oggi, ed il signor Glad

stone, lord Granville, lord Nortbrook, M. Childers devono giungere questa

mattina dalla campagna in città, ove già si trovano lord Hartington, sir Charles

Dilke ed altri membri del Gabinetto.

Il primo oggetto che si imporrà alla seria attenzione del Gabinetto sarà,

senza fallo, il modo con cui le forze disseminate di lord Wolseley potranno

essere messe al sicuro da un attacco improvviso, giacché il generale inglese,

dopo la caduta di Kartum, potrebbe da assalitore diventare assalito e tro

varsi con parte delle truppe senza base, e come dicono i militari, in aria. Ma

la più grave e la più importante delle questioni che il Gabinetto dovrà porre a

se stesso sarà se la campagna del Sudan dovrà essere proseguita o no. Il senti

mento quasi unanime del popolo inglese è che si deve salvare e riscattare Gordon se è vivo, vendicarlo se è morto. Ma delle intenzioni che ha o potrà avere il ministero del signor Gladstone non si sa e finora non si può sapera nulla.

Avrò cura di telegrafare all'E. V. ogni cosa che verrà a mia notizia su questo proposito, come le ho telegrafato la notizia di jeri (1).

722

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

T. 181. Pera, 7 febbraio 1885, ore 11 (per. ore 23).

Je tiens de bonne source que le sultan a donné l'ordre de procéder immédiatement à l'armement de trois cuirassés et de travailler jour et nuit dans l'arsenal pour les préparatifs militaires. On a aussi fait des démarches auprès d'une Compagnie de navigation en vue de fréter des transports. Les ordres de Sa Majesté pour ce qui regarde les biì.timents de guerre ne sauraient étre éxecutés dans un bref délai. On a dit aussi que cette expédition serait destinée à Tripoli, mais je crois que ce bruit n'a jusqu'ici aucun fondement sérieux (3).

723

IL VICE CONSOLE IN MISSIONE SPECIALE A MASSAUA, MAISSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. S.N. Cairo, 7 febbraio 1885, ore 11,50.

J'ai été hier avec M. De Martino chez Baring qui m'a fait un accueil très amicai et avec qui nous avons causé longuement.

Il m'a dit d'abord qu'il tenait à me répéter ce qu'il avait déjà déclaré à De Martino au sujet de l'attitude de l'Angleterre et de l'Egypte en ce qui regarde l'occupation de Massaua. De Martino vous a télégraphié hier à ce sujet (4), et il est inutile que je répète ici ce qu'il vous a mandé. J'ajouterai seulement que Baring a insisté sur ce point à plusieurs réprises, temoignant au désir que la vraie situation fiìt bien comprise à Rome et qu'il ne restat pas le moindre doute à ce sujet. Il m'a dit que, l'occupation accomplie, l'Egypte devait étre laissé tout-à-fait de còté, et que nous devions déméler avec la Porte; que la retraite de la garnison égyptienne se serait produite toute seule à la suite des événements; que l'administration civile serait tout naturellement entre nos mains, et que l'Egypte ne nous aurait certainement pas créé des difficultés, à moins que nous ne demandions à Nubar de donner des instructions quelconques aux fonctionnaires égyptiens, car, dans ce cas il se croirait probablement obligé d'en référer à la Porte; mais que dans le fait, et pourvu

que nous nous contentions d'agir nous-mèmes, nous serons bien maitres de la situation. Il a ajouté toutefois qu'il nous conseillait pour le moment, soit pour des considérations politiques vis-à-vis de la Porte et des autres Puissances, soit aussi pour ne pas effaroucher !es indigènes, à modifier le moins possible le statu quo. II m'a enfin assuré que, dans Ies limites qui lui étaient imposées par la situation politique, son bienveillant concours nous restait toujours acquis.

J'ai dit que j'avais toute raison de croire que aucun malentendu ne se serait produit; que le Gouvernement du roi, pour autant qu'il me résultait, entendait s'en tenir fidèlement à ce qui avait été établi; que les instructions de l'amiral Caimi portaient en effet que le drapeau italien devait etre arboré à còté du drapeau égyptien, que j'avais, de mon còté, instruction de n'introduire dans l'administration civile que Ies changements indispensables en vue de la nouvelle situation.

Dans le cours de notre conversation, qui a pris une tournure tout-à-fait amicale, Baring m'a dit qu'au fond nous ne devions pas regretter le départ du colone! Chermside, car notre tàche n'en aurait été que plus facile. J.e suis, dans ce rapport, tout-à-fait de son avis. Il nous sera plus facile de faire entendre raison au sous-gouverneur qui est égyptien, que de donner des ordres à un colone! anglais.

Voici dane le programme qu'il faudrait suivre: l) Maintenir pour le moment le sous-gouverneur actuel, lui servir régulièrement ses appointements, l'utiliser autant que possible; mais lui faire en meme temps bien comprendre qu'il doit ètre entre nos mains un istrument docile que nous saurions briser à l'occasion. 2) Prendre entre nos mains sans bruit mais avec fermeté tout le pouvoir effectif et réel. 3) Respecter dans la forme, autant que possible, lo statu quo, tout en introduisant petit-à-petit, sans secousses, et nous servant surtout de personnel actuel les réformes nécéssaires dans l'administration.

Ce programme résume notre conversation avec Baring. Il répond, à mon avis à la situation et il tient compte des assurances que le Gouvernement du roi a données à la Porte. M. De Martino partage entièrement cette manière de voir. C'est le programme que je me propose de remplir sous la haute direction du commandant militaire si V.E. voudra bien l'approuver. J.e vous prie de me faire connaitre sans retard vos ordres à cet égard.

(l) -T. 173 del 5 febbraio 1885, non pubblicato. (2) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III, cit., p. 120. (3) -Questo T. fu trasmesso all'ambasciata a Londra con T. 109, pari data. (4) -T. 176, non pubblicato.
724

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 111. Roma, 7 febbraio 1885, ore 12.

J'ai encore relu toute notre correspondance concernant l'occupation de Massaua. S'il n'y a pas eu d'autre pièce écrite et officielle échangée entre vous et Nubar sauf les deux notes combinées à l'avance (1), il n'en est cependant pas

moins vrai que le ministre égyptien connaissait et approuvait, dans tous les détails, le programme arreté d'accord avec Baring. D'après ce programme, on avait convenu, d'une part que le pavillon égyptien continuerait de flotter à Massaua, et que, la garnison ne s'en retirait pas tout-à-fait immédiatement. Mais il était également convenu que la retraite de la garnison ne tarderait pas trop à s'effectuer et qu'en attendant notre commandant assumerait la direction de tous les services. C'est ce qui nous a fait suggérer par Baring de faire passer par le Caire le fonctionnaire qui serait chargé, à Massaua, des services civils. Maintenant nous ne demandons pas mieux, dans l'exécution de ce programme, que d'user tout les ménagements possibles en vue de sauvegarder la position du khédive et de son Gouvernement envers le sultan. Les termes dont nous nous sommes servis envers la Porte dans nos communications récentes témoignent de loyauté à cet égard. Mais nous croyons avoir le droit de compter sur une juste réciprocité de la part de Nubar et du khédive surtous dans la conduite du gouvernement actuel, des autorités et de la garnison égyptiennes de Massaua pour ménager à notre commandant et à la garnison italienne une situation digne. Les télégrammes que Son Altesse a adressés à la Sublime Porte en exagérant ce qui s'est passé à Beilul, l'envoi d'un renfort dans cette localité après son évacuation, l'ordre absolu de maintenir à Massaua l'organisation actuel des services, tout cela n'est pas nécessaire pour préserver la position du khédivè et de son ministre et peut d'autre part, nous mettre dans une position tellement fausse que nous pourrions, bien malgré nous, etre forcés de révéler la véritable situation et les précédents qui l'ont formée. Nous nous réservons de nous entendre sur les details aussitòt que nous aurons la nouvelle du fait accompli à Massaua, mais vous devez dès maintenant insister auprès de Nubar, soit directement, soit par l'entremise de Baring, afin qu'il ne nous crée pas des embarras inutiles pour le Gouvernement vice royal et pouvant aggraver entre nous et la Sublime Porte une position que nous tenons, au contraire, à régler d'une manière satisfaisante et amicale.

(l) Cfr. nn. 712 e 715.

725

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 183. Londra, 7 febbraio 1885, ore 12,45 (1).

Conseil des ministres réuni hier. On a télégraphié à Wolseley pour lui donner les plus amples pouvoirs pour les opérations et lui demander ce qu'il lui fallait de renforts. On attend sa réponse pour décider les mesures à prendre qui, en attendant, vont etre préparées. On me dit qu'on a discuté le cas d'un concours qu'on demanderait à l'Italie; mais je n'ai aucune confirmation et il est impossible d'arriver jusqu'au ministre. Aujourd'hui il y a à midi un nouveau Conseil. Le sort de Gordon est toujours inconnu. Le télégramme communiqué par le ministre de la guerre ne contient pas de faits nouveaux.

(l) Manca l'indicazione dell'ora di arrivo.

726

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 186. Cairo, 7 febbraio 1885, ore 16,20 (per. ore 18,20).

Baring vient de me communiquer la réponse de la Porte au vice-roi dont il est question dans mon télégramme de ce matin (2). Il y est dit que notre action à Beiloul constitue un acte sans précédents; qu'il parait en outre que le point auquel visent maintenant les italiens est Massaua, et finit en ìnvitant le vice-roi à aviser les moyens d'empecher nos projets de se réaliser. Cette réponse ne me parait guère cadrer avec les impressions optimistes que Nubar m'a communiquées; néanmoins Baring interprète lui aussi l'ordre donné au vice-roi d'aviser à la situation dans le sens que la Sublime Porte a renoncé à toute idée d'intervention de ce còté. Comme l'Egypte ne peut rien faire, la question serait selon lui dès à présent résolue. Il m'a ajouté que les principales préoccupation de la Porte semblent se diriger maintenant vers Tripoli.

727

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 110. Pietroburgo, 7 febbraio 1885 (per. il 13).

Il Journal de St. Pétersbourg rompe il silenzio sinora osservato sulle nostre operazioni nel Mar Rosso con un breve articolo (3) che ho l'onore di qui unire nel quale, dopo avere mentovato e lamentato la caduta di Kartum, si applica a discernere quali conseguenze questo disastro può esercitare sulla politica dell'Italia in Egitto.

L'articolo a cui alludo non lascia isfuggire l'opportunità per accentuare il concetto costante del Gabinetto russo cioè che la questione egiziana è questione europea ( 4).

728

IL VICE CONSOLE IN MISSIONE SPECIALE A MASSAUA, MAISSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 193. Cairo, 8 febbraio 1885, ore 11,45 (per. ore 13,25).

Baring pense que nous aurons des difficultés avec les abyssiniens, qui seront fort mécontents de nous voir établis à Massaua. Il m'a Iu aussi des lettres de Chermside, dont il résulte que l'administration est dans le désarrol le plus complet; que l'autorité du Gouvernement ne s'étend guère hors des

murs de la ville. Le Pays est envahi par l'insurrection du Mahdi. J'ai oui dire que les abyssiniens poussent leurs razzias jusqu'aux portes de Massaua ils ont enlevé tout dernièrement 4.000 tetes de bétail. En présence de cette situation, je pense qu'il conviendrait que le général, que le Gouvernement du roi se proposait d'envoyer dans la Mer Rouge, vienne immédiatement en meme temps que nos troupes. Nous éviterions les incertitudes de l'intérim et les inconvénients de changement de direction. Il me parait aussi dangereux qu'il y ait en ce moment dans la Mer Rouge deux contingents militaires dont l'action indépendante pourra se contrecarrer.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -1\!ar Rosso. tomo III, p. 120.

(2) -T. 182, non pubblicato. (3) -Non si pubblica. (4) -Per la risposta cfr. n. 752.
729

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 196. Londra, 8 febbraio 1885, ore 16,18 (per. ore 20,30).

Je viens de communiquer la substance de votre télégramme (2) à lord Granville, en le priant de nouveau d'employer ses bons offices auprès de la Sublime Porte, et de l'engager à ne pas provoquer des complications que nous désirons éviter, mais que nous sommes résolus à affronter, si on nous y force.

730

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, NIGRA, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 116. Roma, 8 febbraio 1885, ore 19,30.

Je reçois en ce moment de Suakim un télégramme m'annonçant que nos forces ont débarqué à Massaua sans opposition et trouvent accueil favorable auprès des indigènes.

731

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (3)

T. 198. Londra, 8 febbraio 1885, ore 22,25 (per. ore 10 del 9).

Lord Granville m'écrit par lettre particulière qu'il a parlé à l'ambassadeur de Turquie dans le sens que notre occupation est une affaire qui doit etre

réglée entre la Turquie et nous, et que l'Italie était parmi toutes !es Puissances celle dont la Turquie devait etre la moins jalouse. Il a ajouté qu'il fera ce qu'il pourra dans les limites qu'il nous a toujours tracés pour éviter complications sérieuses. Le Télégraphe a annoncé que la garnison égyptienne de Beiloul avait été desarmée et renvoyée à Massaua. Si cela est vrai, le comte Granville trouve la chose un peu forte, étant désirable que toute la déférence possible soit témoignée à l'Egypte et à la Porte.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III, cit., p. 121.

(2) -T. 109 del 7 febbraio 1885, non pubblicato. (3) -Ed. in LLitalia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III, cit., p. 122.
732

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA (l)

L. PERSONALE. Roma, 8 febbraio [1885].

Les nouvelles de Kartoum et la prévision des difficultés probables qui en seront la conséquence, ont grandement affecté le Gouvernement italien, dont vous connaissez la vive et cordiale sympathie envers le Gouvernement britannique et l'intéret qu'il porte à l'Angleterre et au prestige du Cabinet Gladstone-Granville. Dans !es populations elles-memes, dans la presse, sans distinctton de partis, la plus pénible impression s'est produite. Plusieurs interrogations me sont annoncées à la Chambre, où l'opinion dominante semble nous reprocher déjà notre inaction.

J'ai déclaré, hier, ne vouloir rien répondre pour le moment, mais les interrogations vont incessamment se reproduire. II est évident, d'autre part, qu'avec Ies simples ouvertures personnelles, quoique réitérées, de Lumley, et malgré nos sentiments d'attachement sincère envers l'Angleterre qui nous engagerait à concourir avec elle pour atténuer ses difficultés, une considération de dignité et de prudence ne nous permettrait pas une initiative pour assumer des charges et des responsabilités. Le retard pourrait cependant diminuer l'utilité de notre coopération et nous mettre meme dans l'impossibilité de ne pas préjuger notre liberté d'action par !es déclarations qu'on va me forcer de faire à la Chambre dans un sens ou dans l'autre. II nous importe de connaitre positivement et au plus tòt les intentions du Cabinet anglais, ou bien pour écarter toute eventualité de négociation en vue d'une coopération armée, ou bien pour savoir dès à présent la prochaine probabilité d'une pareille négociation pour les limites et conditions éventuelles de ce concours qui comporterait de notre part la nécessité de preparatifs immédiats. Je dois dane prier V. E. de se ménager au plus tòt avec Iord Granville un entretien, dans lequel, avec votre tact habituel, vous pourrez, si de graves considerations ne vous déconseillent pas de le faire sonder à cet égard d'une manière positive les intentions du Cabinet britannique, sans pren

dre bien entendu l'initiative d'une offre, mais laissant seulement comprendre qu'au cas où une invitation nous serait adressée elle nous trouverait disposés à en faire l'objet d'un bienveillant examen.

(l) Da M.C.~.• Carte Mancini.

733

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 484. Parigi, 8 febbraio 1885 (per. il 12).

La fulminea notizia della resa di Kartum al Madhi, mentre si aspettava l'ingresso degl'inglesi in quella piazza, destò in Parigi la più viva impressione. Nel primo momento si poteva dubitare se al sentimento che si manifestava non fosse il caso di applicare i versi del gÌ-an poeta Lucrezio: Suave mari magno turbantibus aequora ventis, e terra magnum alterius spectare laborem... Ma, tosto, di oerto, subentrava un altro pensiero, riflettendo che la Tunisia e l'Algeria sono tuttora sotto l'incubo dello spirito di ribellione che cova in quelle popolazioni sorelle di quelle che oppongono sì aspra e feroce resistenza agli inglesi. Si rifletta altresì a quella guerra cinese la quale, benché di natura diversa, sembra doversi prolungare indefinitamente.

V1 fu anche un istante di s2:omento fra gli speculatori ed i latori di titoli egiziani, ma questo tosto scomparve quando si vide che il popolo inglese unanime è deciso a non sottostare all'insuccesso della difficile impresa affidata alle sue armi, e vuole che il sangue generoso dei suoi soldati non sia stato versato invano.

Si aspetta adunque che una più potente spedizione segua la prima che già le apri la via. Quale sarà la parte che vi prenderà l'Italia? Di ciò si preoccupa l'opinione; molti vorrebbero che si astenesse; gli uni che sono possessori di titoli italiani paventano uno sconcerto finanziario che ne abbassi il valore; gli altri non vorrebbero che l'Italia acquistasse prestigio col prestare concorso militare ad una: impresa alla quale sono connesse l'onore ed i più alti interessi morali dell'Inghilterra, e si svincolasse in tal modo dalla tutela di chi pretendesse tenerla tuttora depressa. Io ignoro qual sia il recondito pensiero del R. Governo; ma nessuno mette in dubbio che questo sarà all'altezza delle circostanze dal momento che l'onore della nostra bandiera è ormai impegnato. Ritornano in mente le parole profferta da una augusta donna in un momento di pericolo: Avanti Savoia; sta ora a noi di esclamare: Avanti Italia, si combatte la causa della civiltà contro la barbarie! Con ciò non è a dire che s~ debba andare all'impensata, ma il nostro concorso deve essere prestato nella misura dei nostri mezzi e consentaneamente ai nostri interessi.

Non si può ancora sapere a qual sistema si atterrà il generale Wolseley per mantenere le sue posizioni e continuare all'uopo la campagna; io penso però che tenterà d'impossessarsi di Berber per proteggere la via di Suakim che è la base naturale di operazioni sul Mar Rosso. Occupando le posizioni di Dongola, Korti, Berber e Suakim si possono impedire le incursioni dei sudanesi verso l'Egitto.

L'Italia avrebbe un mandato importante se le fosse affidata la occupazione di Suakim posizione questa in cui si possono fare prove di acume e di ardimento.

Ma non è qui il caso di dilungarsi in queste considerazioni; riferirò soltanto intorno alla nostra spedizione nel Mar Rosso una opinione che l'ex kedivè Ismail testé mi esprimeva a quel riguardo. Egli mi diceva che sconsiglierebbe all'Italia di fare grandi spese ad Assab ed a Beilul attesoché quelle due posizioni non possono diventare stazioni commerciali essendo esse circondate da spazi sterili e deserti. Ad Assab basterebbe fare un deposito di carbone; ma un forte stabilimento a Massaua converrebbe assai di più, poiché questo è il porto naturale della Abissinia e sarebbe facile di chiamarvi il commercio di quell'impero promuovendo la costruzione di vie di comunicazione, e proteggendo la libertà del traffico senza cercare ad imporre né sovranità, né protettorato, ma limitandosi a stabilirsi fortemente a Massaua.

L'ex-kedivè accennava eziandio un altro punto non ancora occupato da alcuna Potenza europea ed assai acconcio per annodare relazioni commerciali coll'Africa centrale; questo sarebbe la conca del fiume Juba la di cui foce travasi sotto l'equatore dopo il Capo Guardafui; quel fiume si può risalire per più di duecento chilometri con bastimenti di forte tonnellaggio. Verba rejero; questa è cosa da verificare e sulla quale occorre meditare, anche ove quel fiume avesse i sovraccennati pregi.

Ritornando sulla quistione di Massaua dirò che i pretesi diritti della Turchia e dell'Egitto su quella piazza sono molto contestati, prima dai sovrani di Abissinia, ed in secondo luogo dalle popolazioni che circondano la piazza e non riconoscono per sovrani che i loro sultani locali. Le truppe egizie e turche. non si poterono stabilire, con qualche sicurezza, che nell'isola di Dahlak che fronteggia la piazza. Ciò risulta dal Blue Book Abissinia pubblicato dal Foreign Office in occasione della spedizione contro l'imperatore Teodoro.

Quella quistione della sovranità sopra Massaua fu da me trattata in alcuni miei rapporti spediti da Londra a codesto Ministero allorché io discuteva il nostro stabilimento ad Assab.

Nell'ultimo ricevimento al Ministero degli affari esteri, il signor Ferry mi disse che avrebbe presentato alle Potenze un memorandum sulla quistione egiziana, e proporrebbe, per studiare quella speciale della libertà del canale di Suez, la formazione di una commissione composta di rappresentanti speciali delle diverse Potenze come si fece per quella del Danubio.

Per mettere fine a questo rapporto sull'Egitto soggiungerò che mi risulta da fonte assai buona che il principe Halim che si supponeva candidato al kedivato, lo fu effettivamente per un momento; ma ora, a quanto pare, sarebbe caduto in disgrazia presso il sultano, e le probabilità valgono in favore di Ismail il quale anziché recarsi in Italia come ne aveva testé espresso l'intenzione, parti per Londra dove tuttora si trova l'inviato straordinario del sultano, Hassan Fehmi pacha.

Tali congetture poggiano sulla ipotesi che l'attuale kedivé Teufik debba abdicare, ma questo è il segreto dell'avvenire forse non lontano.

734

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 203. Costantinopoli, 9 febbraio 1885, ore 15 (1).

Sultan vient de m'envoyer son secrétaire pour me dire que le bruit s'est répandu que l'Italie a l'intention de débarquer des troupes sur la cote de la Mer Rouge; que cela n'a jamais été fait ni peut se faire et que Sa Majesté refuse d'y croire. Il me demandait par conséquent, ce que je savais. J'ai répondu vaguement quant aux faits, en allégant que si quelque point était occupé, c'était provisoirement dans le but de maintenir l'ordre. J'ai insisté sur la résolution du Gouvernement du roi de maintenir, en tout cas, drapeau turc et de respecter souveraineté du sultan. S. E. répliqua que Sa Majesté avait reçu des communications de la Sublime Porte relativement au procédé en question, mais que, avant de répondre, elle désirait savoir si les bruits avaient quelque fondement. J'ai répété les assurances tout en me tenant dans le vague sur les faits, car je ne croyais pas à propos de notifier au sultan notre occupation de Massaua. Secrétaire accueillit avec intéret mes déclarations quant à la souveraineté, mais il s'en alla peu satisfait que je n'eusse pu démentir les bruits d'occupation.

735

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 117. Roma, 9 febbraio 1885, ore 16.

Sauf l'avis du débarquement (2) à Massaua, et l'indication qu'il n'y a pas eu résistence, nous n'avons pas jusqu'ici d'autres renseignements sur cet événement. Je dois cependant supposer, d'après les instructions données à, l'amiral, que celui-ci a trouvé à Massaua une situation telle que la présence de nos forces à còté de la garnison égyptienne a dlì lui paraitre absolument indispensable. Je reçois d'ailleurs, 'en effet, du Caire des avis portant que les abyssiniens poussent leurs razzias jusqu'aux portes de Massaua où ils ont tout dernièrement enlevé 4.000 tetes de bétails, que l'autorité du Gouvernement ne s'étend guère hors les murs de la ville et que le Pays est envahi par l'insurrection du Mahdi. Cet état de choses qui vient confirmer ce que le Khédive avait signalé à la Porte sur la situation troublée du Pays devait faire envisager sous un aspect d'utilité pratique la présence à Massaua de forces amies garantissant la place de toute surprise. Je répète encore qu'à Massaua pas plus qu'à Beiloul notre occupation temporaire n'a d'autre but que celui de

la sécurité dans ces parages et que nous n'avons pas la moindre idée de soulever une question de souveraineté territoriale et que notre amiral avait surtout instruction de respecter le pavillon égyptien et d'entretenir des rapports amicaux avec les autorités et la garnison vice-royales. Ce sont là les explications et assurances que V. E. devrait donner si elle était interrogée sur ce qui vient de se passer à Massaua (1).

(l) -Manca l'indicazione dell'ora di arrivo. (2) -Questo telegramma fu trasmesso alle ambasciate a Berlino, Londra, Parigi, Pietroburga, Vienna e alla agenzia al Cairo con T. 118, pari data.
736

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGI'ITO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 1176. Cairo, 9 febbraio 1885 (per. il 16).

Il telegramma di V. E. (3) che mi informava dello sbarco delle nostre truppe a Massaua mi giunse jeri mattina nello stesso tempo che ne perveniva la notizia al signor Baring ed al Governo egiziano.

Come ne fui prevenuto dal signor Baring, il quale non crede che Nubar potesse far differentemente, nel corso del giorno ricevetti una nota di protesta del Governo egiziano, della quale ne telegrafai all'E. V. la parte sostanziale. Qui unita ne rimetto una copia.

ALLEGATO

IL MINISTRO DEGLI ESTERI EGIZIANO, NUBAR, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

NOTA. Cairo, 9 febbraio 1885.

Un télégramme du gouvemeur général des cOtes de la Mer Rouge f,a4-t savol.r au Gouvemement de S.A. que malgré les protestations du gouvemeur et du commandant de la ga.rnison, une force itaàienne a occupé Massaua et, tout en respectant le drapeau ottoman, a arboré le pavillon ital.ien.

Le Gouvemement de S.A. proteste dans les termes aes plus formels contre cet acte, et en a réferé à la Sublime Porte.

737

IL VICE CONSOLE IN MISSIONE SPECIALE A MASSAUA, MAISSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. l. Cairo, 9 febbraio 1885 (4).

La sera del 31 gennajo lasciai Roma per compiere la missione che all'E.V. piacque affidarmi. Giunsi a Brindisi la sera del l febbrajo, e m'imbarcai sul postale della Peninsulare. Salpammo la mattina del 2, e dopo una traversata

(-4) Manca l'indicazione del giorno di arrivo.

splendida sbarcammo in Alessandria la mattina del 5, ancora in tempo perché io potessi afferrare il treno di Cairo ove giunsi così lo stesso giorno. Mi presentai immediatamente al commendatore De Martino, e si convenne che all'indomani ci saremmo recati assieme da sir Evelyn Baring.

Ciò fu difatti, ed ebbi cura di informare telegraficamente (l) V.E. del nostro colloquio col rappresentante britannico. Questi mi sembrò spiacente di quanto ella aveva telegrafato al signor De Martino (2) circa la necessità in cui potrebbe trovarsi il R. Governo di palesare gli accordi che avevano preceduto l'occupazione di Massaua, ed insistè a lungo per provarmi che nessuno accordo di tal fatta esisteva, dimostrandomi vivissimo desiderio che fosse rettificato l'apprezzamento, secondo lui inesatto, del Gabinetto di Roma. Mi parve inutile di impegnarmi in una discussione, la quale certo non avrebbe giovato a modificare l'opinione di sir E. Baring, opinione che, da recenti telegrammi dei quali egli si compiacque darmi lettura, risultava essere pure quella del Governo della regina, e portai il discorso su ciò che era il principale oggetto della mia missione.

V.E. sarà tuttavia meco indulgente se mi fo ardito di manifestarle a tale riguardo la mia impressione, la quale è che non ci convenga d'insistere in una questione che è più di forma che di sostanza. Per quanto l'Italia, l'Inghilterra e l'Egitto, si sforzano a gridare in coro l'insussistenza di un previo accordo, nessuno si troverebbe disposto a crederlo, epperò riterrei miglior partito di non scemare con discussioni teoriche di incerto risultato quel buon volere che incontreremo sicuramente nel Gabinetto di Saint James ed in questo suo agente per la soluzione pratica della questione. Al quale riguardo sir. E. Baring mi diete tosto le più formali assicurazioni, aggiungendo che neanco l'Egitto ci avrebbe suscitato ostacoli perché non chiedessimo una cooperazione, la quale avrebbe implicato il riconoscimento dei fatti compiuti.

Il signor Baring sembrava preoccupato nell'atteggiamento che avrebbe potuto prendere la Turchia, manifestandomi il dubbio che questa, istigata da qualche altra Potenza, potesse essere indotta a non contentarsi delle semplici proteste e delle note diplomatiche; nel qual caso, diceva egli, l'Italia potrebbe forse trovarsi in qualche imbarazzo, salvo beninteso di far valere la ragione del più forte. Mi chiese ad un tratto quali fossero le nostre relazioni colla Germania; gli risposi che esse erano come sempre ottime; ma che non m'avrebbe recato sorpresa che il principe di Bismarck ci trovasse troppo anglomani, il che, soggiunsi, ci dà pur diritto ad un pò di riconoscenza da parte degli inglesi. Il signor Baring lo ammise volentieri, e, come telegrafai a V.E., tutto il nostro colloquio ebbe sempre un carattere molto intimo e cordiale.

Per ciò che riguarda più specialmente la mia missione, io sperava di ottenere dal signor Baring maggiori particolari; ma mi avvidi tosto che egli non era in grado di fornirmeli. Esaminammo quindi la cosa sotto un aspetto generale, allorquando si tratti di questioni che, come l'attuale, vogliono essere risolte coi fatti anziché cogli accordi. Ci trovammo tosto consenzienti circa l'opportunità

48 -Documenti diplomatici -Serie Il -Vol. XVII-XVIII

di non introdurre per il momento radicali riforme, ed il programma d'amministrazione che formolai per telegrafo a V.E. riassume il nostro colloquio. Sono lieto che esso abbia pure incontrato la sua benevola approvazione. Oltre ai vantaggi che già accennai, nel mio telegramma, vi troveremo un modus vivendi per ciò che riguarda le nostre relazioni con i sudditi delle altre Potenze, e cogli agenti che esse hanno a Massaua, (fra cui un console francese), che certo non si affretteranno di riconoscere la nuova situazione.

Non è d'uopo ch'io assicuri V.E. ch'io farò ogni sforzo per rispondere alla fiducia di cui le piacque onorarmi; prevedo ad ogni modo difficoltà non lievi, e sarà facile ch'io commetta, specialmente nei primordi, qualche errore. Invoco quindi sin d'ora il suo benevolo apprezzamento.

Non debbo chiudere questo rapporto senza avvertire che il signor Baring mi si è dimostrato amicissimo delle cose nostre, e che i rapporti di intima confidenza esistenti fra lui ed il r. agente e console generale sono in questo momento di una utilità inapprezzabile per il r. servizio.

(l) -T. 219 del 12 febbraio, non pubbUcato. (2) -Ed. in L'Itazta tn Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III, cit., p. 122. (3) -Cfr. n. 730. (l) -Cfr. n. 728. (2) -Cfr. n. 724.
738

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA (l)

D. 482. Roma, 10 febbraio 1885.

Col dispaccio in data del 6 corr. (2), ebbi l'onore di informare l'E.V. che l'ambasciatore di Francia avevami rimesso copia d'un memorandum di cui le feci conoscere i punti principali, contenente le proposte del Gabinetto di Parigi per l'assestamento delle finanze egiziane sulle basi del memorandum inglese del 21 gennaio.

Questo documento essendo stato per parte nostra oggetto di serio e maturo esame, io autorizzo l'E.V. ad annunziare al signor Ferry che, per ciò che ci riguarda, le proposte in esso enumerate ci sembrano accettabili. Noi siamo quindi pronti, appena ci verrà notificata l'adesione di tutte le altre Potenze, a far risultare il nostro assenso nella forma che sembrerebbe più opportuna e ad impartire le necessarie istruzioni, sia per i dettagli dell'esecuzione delle proposte stesse, sia circa il metodo a seguirsi per stabilire l'accordo relativo al canale di Suez.

Di quanto precede ho dato oggi stesso all'E.V. un cenno telegrafico che qui le confermo (3).

(l) -Ed. in LV 47, pp. 269-270; copia di questo dispaccio venne inviata in pari data alle ambasciate di Berlino, Londra, Pietroburgo e Vienna. (2) -Cfr. 720. (3) -T. 125, non pubblicato.
739

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 3781. Berlino, 10 febbraio 1885 (per. il 13).

Je remercie V.E. des télégrammes qu'elle a bien voulu m'adresser en date des 3, 4, 5, et 9 février (2) au sujet de nos mouvements dans la Mer Rouge. Ces télégrammes étant destinés pour mon information confidentielle et personnelle, je ne pouvais en faire usage dans mes entretiens avec le sous secrétaire d'Etat. Je me bornais aux considérations générales que notre conduite s'inspirait à des motifs d'ordre et de sécurité dans ces parages; que nous ne voulions pas soulever de questions de souveraineté territoriale, ni méconnaitre les droits appartenant à la Turquie. J'insistais surtout sur le point que nos relations avec l'Angleterre nullement touchées d'ailleurs par nos accords avec l'Allemagne et l'Autriche-Hongrie ne portaient aucune atteinte à notre alliance avec les deux Empires. Et meme, nous lui apporterions, au besoin, un nouvel élément de force si nous réussissions à mieux assurer nos conditions maritimes. Je me référais aux discours de V.E. dans notre Parlement que M. Busch connaissait par des extraits, d'après lesquels il savait, disait-il, lui aussi, que vous aviez accentué notre ferme résolution de remplir tous les engagements de l'alliance.

Ces observations s'échangeaient, lorsqu'il voulait bien me faire connaitre la teneur de la protestation de la Turquie. A deux reprises, M. Busch m'assurait que jusqu'ici le Gouvernement impérial n'avait pas répondu à ces plaintes. Mais je ne suis nullement certain qu'il ne se concertera pas avec Pétersbourg et Vienne pour nous adresser quelques remontrances.

D'après ce qui me revient indirectement, on ne se gene pas ici dans les sphères officielles pour critiquer notre conduite qui pourrait amener de graves complications. On trouve que nous nous sommes engagés un peu imprudemment dans le jeu de l'Angleterre, lors meme qu'en prenant tout d'abord ces allures nous ne pouvions prévoir la chute de Khartoum et les très graves embarras qui résultent maintenant surtout de la situation. Comment en sortirons-nous? Nous prétendons que nous nous sommes laissés entrainer par l'exemple de l'Allemagne pour une expansion coloniale. Mais il y a entr'elle et nous cette grande différence, que l'Allemagne en accordant son protectorat dans certaines contrées, peut le retirer quand bon lui semble et sans rien perdre de son prestige, comme, par exemple, à Angra Pequefia si les difficultés devenaient trop grandes. Tandis que personne ne se rend exactement compte du programme de l'Italie. S'il s'agit d'occupations provisoires, de simplement

l) Ed. ad eccezione del brano tra asterischi, in L'Italia e la Conferenza di Berlino, cit., pp. 162-164.

renforcer l'Egypte, la Turquie ou l'Angleterre, comment, à un moment donné, reviendrions-nous sur nos pas? Après avoir été favorisés par la fortune en constituant l'unité nationale, nous nous exposerions à rétomber dans la condition première. Je passe sur d'autres sarcasmes qu'il me répugnerait de reproduire.

La presse allemande, de méme que celle en Autriche, ne montre, à peu d'exceptions près, aucune sympathie pour notre cause. La Gazette de Cologne et la Gazette de la Croise nommément s'appliquent à bien établir que nous violons les droits de l'Egypte et par conséquent ceux aussi de la Porte.

Méme après avoir lu et relu dans le compte-rendu officiel le remarquable et éloquent discours de V. E. à la séance du 27 janvier, je ne suis pas à méme de me former un jugement précis et de régler mon attitude. Ce qui est dit pour le public, ne saurait suffir aux sentinelles avancées de notre diplomatie. Il se produit aujourd'hui une situation assez semblable à celle que nous avons traversée à l'époque de nos accords avec l'Allemagne et l'Autriche.

Les chefs de mission directement intéressés savaient seuls à quoi s'en tenir la-dessus. Les autres étaient laissés dans l'ignorance.

Il est évident, pour qui sait lire entre les lignes de vos discours, M. le ministre, que nous n'avons pas été à la légère hisser notre drapeau à Beiloul et à Massaua. Il y a eu nécessairement si non des accords, du moins des pourparlers entre Rome et Londres pour combiner l'action parallèle à laquelle vous faisiez allusion. Jusqu'où vont ces arrangements? A quelles eventualités se réfèrentils? Quel sera le correspectif de notre concours, de nos sacrifices? La p rise de Kartoum ne modifie-t-elle pas le caractère et les proportions de notre action en Afrique?

Je comprends toutes les exigences de la discrétion en pareille matière. Mais, pour bien servir le roi et le Pays, il n'est pas moins nécessaire de connaitre les secrets de la politique du Gouvernement de Sa Majesté. Autrement nous marcherions à tàtons, au risque de commettre des méprises. Il nous manquerait cette unité de direction et cette conformité de langage requises en tout temps, mais surtout dans les circonstances aussi délicates que celles d'aujourd'hui.

* Je remercie V. E. de la manière bienveillante et indulgente dont vous avez parlé de la part que j'ai prise à la Conférence de Berlin, en me conformant à vos instructions. Une légère erreur s'est cependant glissée dans le compte-rendu. Ce n'est point à l'occasion de la discussion du troisième point de notre programme, que je réservais l'avenir à l'Italie pour des occupations territoriales, mais dès la seconde séance plénière de la Conférence. Je m'étais proposé de renouveler cette réserve par une phrase incidente, à propos du règlement des formalités ou conditions à remplir pour de nouvelles occupations sur les còtes d'Afrique. A cet effet, je sollicitais des instructions de V. E. par mon télégramme du 8 janvier. N'ayant pas reçu de réponse, je me suis abstenu, ce qui était assez indiqué du reste, en suite de certain incident qui a surgi au sein àe la Commission * (l).

(2) T. 95, in data del 2 febbraio 1885, non pubblicato; T. 104 del 4 febbraio 1885, non pubblicato ma cfr. n. 715, nota l, p. 666; cfr. n. 716; T. 118, non pubblicato, ma cfr. n. 735.

(l) Per la risposta cfr. n. 751.

740

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 3782. Berlino, 10 febbraio 1885 (per. il 14).

Je fais suite à mon rapport n. 3781 en date d'hier (2).

Dans un entretien que j'ai eu cette après-midi, sous forme tout-à-fait amicale et privée, avec le sous-secrétaire d'Etat, j'ai pu nouvellement constater qu'aucune réponse n'avait jusqu'à ce jour été donnée à la protestation de la Turquie sur nos agissements dans la Mer Rouge.

M. Busch me disait que si on lui demandait son avis, il ne saurait guère en émettre d'autre que celui que nous semblions nous écarter des traités relatifs à l'Empire ottoman.

Je répondais que nous ne sollicitions ni avis, ni approbation; que dans notre action vers la Mer Rouge, nous nous placions sur la meme ligne que l'Angleterre occupant l'Egypte et accomplissant une campagne militaire dans le Soudan. Elle a camme nous, le sentiment de ne pas attenter aux droits reconnus de la Porte, ni de vouloir se piacer en dehors du concert européen. Celui-ci venait d'ailleurs de s'accentuer en suite de l'accord des Puissances à accepter, camme base de négociations, le mémorandum du Cabinet de Paris pour le règlement de l'affaire égyptienne.

Je ne pouvais que me référer aux explications fournies p~r V. E. à la Chambre. Mais je croyais lire dans votre pensée, en ajoutant à vos discours quelques considérations qui ne rentraient pas dans le domaine de la publicité. Nous entendons maintenir envers et contre tous nos engagements avec l'Allemagne et l'Autrice-Hongrie. Il a plu au Cabinet de Berlin, pour ses propres convenances, de se rapprocher de la France. Nous ne saurions le voir de mauvais ceil, en ce que de bons rapports avec son voisin au delà des Vosges, éloigne des chances de complications. Nous désirons meme que cet état de choses se prolonge dans l'intéret de la paix générale. S'il ne devait pas en etre ainsi, il est de notre devoir de ne pas nous laisser surprendre par les événements, par les vicissitudes de la politique aussi bien à Paris qu'à Saint-Pétersbourg. Camme Puissance continentale nous serions en pareille éventualité, parfaitement à meme de remplir scrupuleusement toutes nos obligations, mais à une condition: celle de ne pas nous trouver isolés camme Puissance maritime, et complètement paralysés pour une diversion, pour une action quelconque sur terre, si nous étions forcés de disposer de nos troupes pour la seule défense de nos còtés d'une telle étendue vers la Mediterranée et l'Adriatique. Or nous nous trouverions précisement dans ce cas, si en prévision d'une France hostile, nous ne cherchions pas à conserver notre amitié traditionnelle avec l'Angleterre.

Je savais que par suite de ses occupations multiples et les conditions de sa santé, le chancelier n'était pas abordable; autrement je lui tiendrais le meme

langage. Au reste, je ne doutais pas que l'ambassadeur d'Allemagne à Rome n'aurait pas manqué d'écrire dans ce sens.

M. Busch voulait bien reconnaitre que ces arguments avaient un caractère sérieux et pratique. Quant à M. de Keudell, ses rapports ne permettaient pas encore de se reconnaitre dans une situation si complexe.

J'appelais aussi l'attention du sous-seerétaire d'Etat sur l'attitude si peu bienveillante de la majorité de la presse allemande à notre endroit. L'Italie se trouve en butte à la meme animosité qui se manifeste contre l'Angleterre. Il disait qu'il ne fallait pas y attacher de l'importance.

Je répliquais que je pensais de meme et que je m'étais limité à constater le fait. Que les journaux approuvent ou désapprouvent les motifs qui nous ont induit à faire acte de présence dans la Mer Rouge, c'est là une polémique rétrospective. Nous nous sommes engagés dans cette vaie; le pavillon royal ne peut reculer surtout après que l'Angleterre a subì un aussi grave échec à Karthoum. Notre action parallèle doit aujourd'hui s'accentuer davantage encore. C'est bien alors que les critiques auraient beau jeu si, après nous etre avancés, nous nous arrètions en laissant supposer que nous ne voulons pas nous piacer à còté de nos amis dans la mauvaise, camme dans la bonne fortune. Ce serait là une tache indélébile. Quelle confiance inspirerions-nous à nos deux alliés si nous battions en retraite en face du danger au lieu de l'affronter, avec générosité et résolution, du moment surtout où notre entreprise a déjà reçu un commencement d'exécution. Sans vouloir mèler le sentiment à la politique, il est cependant des cas où, en faisant abstraction de tout esprit chevaleresque, on encourt à juste titre le blàme de tous ceux qui ont le coeur haut placé. Que deviendraient d'ailleurs les intérèts du commerce, de la navigation et de la civilisation si on permettait à la barbarie d'envahir tout le Soudan et mème l'Egypte, si on ne se hàtait pas d'étouffer un fanatisme qui tend à se propager dans tout l'Orient?

M. Busch appréciait aussi cet ordre d'idées.

Mais je le répète, cette conversation n'avait qu'un caractère privé. Je ne crois pas moins à propos d'en rendre compte à v. E. Je ne mets pas en doute que le sous-secrétaire d'Etat en fera rapport au prince de Bismarck (l).

(l) Ed. in I'Italia e la Conferenza di Berlino, cit., pp. 162-164.

(2) Cfr. n. 738.

741

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 423/139. Londra, 10 febbraio 1885 (per. il 13).

Negli ultimi consigli di Gabinetto furono prese importanti deliberazioni. In primo luogo fu deciso, che la campagna nel Sudan debba essere continuata con vigore anche nel caso in cui la notizia della morte del generale Gordon fosse confermata.

<<Approvare il linguaggio tenuto dal conte Launay. Esso esprime esattamente il nostro pensiero».

Un corpo d'esercito di almeno 8 mila uomini sarà mandato a Suakim donde si recherà a Berber per raggiungere il generale Wolseley sull'alto Nilo. Fu pure deciso che l'Inghilterra non farebbe appello al concorso di alcuna Potenza, comunque amica, così esigendo il prestigio del nome inglese e la necessità di non menomare l'effetto morale della vittoria finale a favore della Potenza britannica. La stampa inglese, quasi unanime, ha alzato il grido «L'Inghilterra farà da sé>> ed esclude con vivacità, benché in termini generalmente simpatici, la idea di un'alleanza italiana, e più vivamente ancora quella di una cooperazione della Turchia. I varii partiti politici e la stampa di ogni colore, lasciando per poco in disparte le lagnanze rispettive, danno in questa occasione un grande esempio di patriottismo, di fermezza e d'invitta fiducia.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:

742

IL VICE CONSOLE IN MISSIONE SPECIALE A MASSAUA, MAISSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3. Cairo, 10 febbraio 1885 (l).

Il signor Baring ha chiesto più volte al commendatore De Martino se, prima di risolverei all'occupazione di Massaua, non ci fossimo prima assicurati dell'atteggiamento benevolo del Governo tedesco. Il r. agente rispose che ciò non gli risultava, e sir E. Baring se ne dimostrò sorpreso. Nel colloquio ch'io ebbi con lui il discorso non cadde su questo particolare; ho tuttavia informato il commendatore De Martino del modo strettamente confidenziale con cui fu fatta dal lord Granville al conte Nigra la prima proposta, e gli ho detto che il

R. Governo avrebbe creduto di venir meno a quella segretezza assoluta che gli era stata chiesta da Londra, qualora avesse esplorato gli intendimenti del Gabinetto di Berlino.

Aggiungerò che ho acquistato qui la certezza di cosa che era d'altronde facile a supporsi, che, cioè, la prima spinta al colloquio confidenziale del primo segretario di Stato della regina col r. ambasciatore venne data da sir E. Baring.

743

IL VICE CONSOLE IN MISSIONE SPECIALE A MASSAUA, MAISSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 5. Cairo, 10 febbraio 1885 (l).

Sir E. Baring mi fece a lungo parola delle difficoltà che avremmo incontrate presso gli abissini, i quali ci avrebbero veduti a Massaua con occhio poco più favorevole di quello con cui vi guardavano i turchi. Mi dipinse il negus come un

vero selvaggio, consigliò che ci servissimo molto della religione nei rapporti che dovremmo necessariamente avere con lui, mi disse infine non gli sembrava né prudente né utile che avessimo un console con residenza fissa presso re Johannes.

Sin dalla prima visita mi parve conveniente di informare sir E. Baring della missione affidata al capitano Ferrari e del contenuto delle diverse lettere sovrane di cui egli era latore per il negus; ieri egli mi lesse un telegramma di lord Granville che gli confermava in termini molto esatti ciò ch'io gli aveva detto di tale missione.

Il signor Baring si espresse meco molto sfavorevolmente circa il trattato concluso col re di Abissinia dall'ammiraglio Hewett, trattato che noi siamo obbligati a rispettare, ma che, egli mi disse, potremo naturalmente più tardi sostituire con altri patti di maggiore nostra convenienza.

E' cosa questa nella quale, a mio avviso, si dovrà procedere con molta lentezza, avendo presente che in questo caso a nulla gioverebbero le condizioni che si sogliano stipulare nelle nostre convenzioni colle Nazioni civili, e che si dovrà invece aspettare che alcuni mesi di occupazione ci abbiano fatto conoscere la natura dei nostri interessi, gli scopi che ci dobbiamo proporre, i mezzi più atti per raggiungere questi e proteggere quelli.

Sarò intanto grato a V. E. se si compiacerà di trasmettermi copia del progetto di convenzione ch'era stato dato al cavalier Branchi, del progetto da questo modificato, ed infine del rapporto finale con cui egli dava conto della sua missione presso il negus.

(l) Manca l'indicazione del giorno di arrivo.

744

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. PARTICOLARE. Londra, 10 febbraio 1885.

I telegrammi si succedettero in questi giorni con tale rapidità da rendere impossibile ed in ogni caso poco utile la corrispondenza ordinaria. Oramai le lettere arrivano quasi sempre dopo che la situazione è mutata. Tuttavia credo bene di dover ricapitolare qui brevemente le nostre comunicazioni in questi ultimi giorni.

La di lei lettera particolare del 22 gennajo (2) mi pervenne negli ultimi gio-:ni di quel mese, e mentre mi disponevo a risponderle mi pervenne il telegramma del 2 febbraio (2) col quale ella insisteva per sapere da me se le aperture fattele da sir I. Savile Lumley per un concorso dell'Italia nell'Egitto e nel Sudan, da prestarsi all'Inghilterra, fossero state suggerite dal Governo inglese.

Io mi procurai un convegno con lord Granville e il 3 febbraio le telegrafai (l) che avendo per ben due volte provocato alle confidenze lord Granville, questi non n'aveva detto una sola parola che potesse farmi credere ch'egli pensi ad invitare l'Italia ad una cooperazione militare in Africa. Ne tirava la conclusione che l'ambasciatore inglese non aveva ricevuto da lord Granville alcuna istruzione a questo proposito. Due giorni dopo giungeva inattesa la notizia della caduta di Kartum in mano del Mahdi. Ella mi telegrafava il 6 febbraio (2) che ne' suoi discorsi con Lumley s'era tenuta in una grande riserva, ed aggiungeva che la caduta di Kartum, modificando la situazione, doveva suggerirle una circospezione anche maggiore.

Se non che questa stessa notizia della caduta di Kartum produsse in Italia una tale impressione ed un tale desiderio di venire in ajuto all'Inghilterra, che il Governo del re credette di dover prendere senz'altro e subito la decisione di far sapere al Governo inglese che al bisogno poteva contare sulla cooperazione militare dell'Italia. Il Consiglio dei ministri presieduto dal re si riunì domenica mattina 8 corrente. Io riceveva nella sera di quel giorno il lungo e memorabile di lei telegramma (2), col quale in sostanza ella mi dava incarico di far sapere, col tatto richiesto, a lord Granville, che se l'Inghilterra domandava il concorso dell'Italia, questo sarebbe stato accordato, senza viste d'interesse, col solo oggetto di mostrare la nostra amicizia per l'Inghilterra e di contribuire con essa al trionfo d'una causa d'umanità. Ella non metteva che due condizioni, perfettamente legittime, cioè che l'accordo eventuale coll'Inghilterra non contenesse nulla di contrario ai nostri obblighi verso i due Imperi centrali nostri alleati, e che quest'accordo formasse una sicurtà di più, per mantenere l'equilibrio nel Mediterraneo. Le di lei istruzioni erano perentorie e dovevano essere eseguite senza indugio. Il telegramma era decifrato nella notte dall'8 al 9, e il 9 mattina, cioè jeri, alle 10 io era presso lord Granville in Carlton House Terrace.

Dissi a Sua Signoria che le notizie di Kartum e la previsione delle conseguenze che potevano derivare dalla caduta di questa città nelle mani del Mahdì, avevano prodotto una grande impressione sul Governo del re, di cui erano note le simpatie per l'Inghilterra. Non era nostro avviso, soggiunsi, di ferire in qualsiasi modo la suscettività inglese offrendo all'Inghilterra un concorso del quale forse non ha bisogno. Ma noi desideravamo che si sapesse che se un tale concorso ci fosse chiesto, esso sarebbe stato accordato senza condizioni, oltre che quelle sopra indicate. I nostri sentimenti per l'Inghilterra, così conchiusi, sono sinceri, siamo disposti a darne prova coi fatti; il nostro scopo è disinteressato; noi c'inspiriamo ad idee d'un ordine superiore.

Lord Granville mi ringraziò cordialmente. Mi disse: che probabilmente il Gabinetto, d'accordo coll'opinione del Paese, avrebbe preso le decisioni d'agire da solo, senza la cooperazione, comunque amicale, d'un'altra Potenza, e ciò per non menomare l'effetto morale, per l'Inghilterra, della campagna intrapresa contro il Mahdì e dello sperabile trionfo sopra di lui; che andrebbe a conferire,

ciò non di meno, col signor Gladstone prima della riunione del Gabinetto, e che mi avrebbe inviato la risposta nella giornata. Fu convenuto intanto, che la cosa rimarrebbe, non solo confidenziale, ma secreta.

La risposta di lord Granville mi fu portata lo stesso giorno, cioè jeri, alle 4 pomeridiane. Essa è formulata nella lettera particolare che le mando qui unita in originale, insieme colla traduzione (1). Aggiungo anzi la trascrizione inglese, giacché non è sempre agevole il leggere la scrittura di lord Granville. Le mandai il sunto di questa risposta (l) col mio telegramma ch'ella ha dovuto ricevere prima della sera.

Lord Granville, alla fine della sua lettera, si riservava di parlarmi sopra un punto, che non indicava. Mi recai oggi da lui alle 4 al Foreign Office. Appena mi vide si lagnò meco assai vivamente della divulgazione fatta a Roma, e subito riprodotta dai giornali inglesi per mezzo della telegrafia privata, delle comunicazioni passate tra noi nella giornata di jeri. Alle sue giuste lagnanze non potei rispondere che col deplorare profondamente l'avvenuto e coll'osservare ch'io non sapeva rendermi ragione del come la cosa avesse potuto accadere. Egli notò che, a questo modo, la sua situazione diveniva oltremodo difficile in presenza delle interrogazioni che gli erano fatte dai rappresentanti esteri, e che tali indiscrezioni rendevano poi anche malagevoli e necessariamente più riservate le comunicazioni col nostro Ministero per gli affari esteri. Ma lasciando poscia questo sgradevole argomento, lord Granville mi disse di farle sapere, che se l'Italia è disposta a fare opera d'umanità, egli ci proponeva d'assumere l'impresa d'andar a liberare la guarnigione egiziana a Kassala, partendo da Massaua. La campagna per la ripresa di Kartum e per sconfiggere il Mahdì doveva, ad ogni modo, essere esclusivamente riservata alle truppe britanniche. Lord Granville insistette di nuovo perché si mantenga il secreto. La conversazione che ebbi oggi con lord Granville durò appena pochi minuti, ed egli non entrò in nessun particolare. Di tutto ciò le diedi immediata notizia coi telegrammi di questa sera.

Prima che questa lettera le giunga avrò di già avuto la di lei risposta. Non aggiungo quindi commentarii che arriverebbero tardi. Una campagna su Kassala da Massaua, compreso il ritorno, è un'impresa delle più ardue e delle più arrischiate. Il clima nella estate e fino a mezzo ottobre è insopportabile. Ma questo è affare dei militari. Suppongo che al nostro Ministero della guerra si conoscano le condizioni del luogo. Non insisto dunque su questo. Ma mi permetto d'osservare che, se le nostre truppe s'avanzano nel deserto, è assolutamente indispensabile che le loro spalle siano al sicuro. Non solamente dobbiamo essere assolutamente sicuri dal lato della Turchia a Massaua, ma anche dal lato dell'Abissinia che può tagliar la ritirata al nostro distaccamento e distruggerlo circondandolo di forze infinitamente superiori di numero. Senza questa sicurtà dalle due bande è chiaro che sarebbe assai difficile per noi il muovere da Massaua, sopratutto se dobbiamo guardarci e guardarci risolutamente verso la Turchia. E si badi che col chiasso che si è fatto e si fa in Italia, un disastro

per la nostra spedizione peserebbe gravemente sui destini del nostro Paese e lo esporrebbe ad irreparabili mortificazioni.

Le apro, come vede, sinceramente l'animo mio. Nessuno può accusarmi di timidezza soverchia, spero. Ma è mio debito il chiamare l'attenzione del Governo sui pericoli che possiamo incontrare. Mi creda, come sono cordialmente.

P.S. Unisco una breve nota sulla natura dei terreni fra Massaua e Kassala (1).

(l) -Da M.C.R., Carte Mancini. (2) -Non pubblicato. (l) -Cfr. n. 709. (2) -Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

745

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA (2)

T. 129. Roma, 11 febbraio 1885, ore 14.

J'ai communiqué à V.E. le télégramme (3) que j'avais expédié, le 9 de ce mois, à l'ambassadeur du roi à Constantinople lui signalant, entr'autres, la situation précaire où Massaua et les environs de cette piace se trouvaient au moment de notre occupation. Les razzias des abyssiniens et l'insurrection mahdiste arrivent jusqu'aux portes meme de Massaua. C'est maintenant à nous, d'après nos promesses, de veiller dans ces parages, à la sécurité et au maintien de l'ordre, une tàche que le contrecoup des événements se déroulant dans la vallée du Nil va rendre encore plus difficile.

En cet état de choses et pour nous épargner toute surprise désagréable, le ministre de la guerre juge nécessaire de renforcer notre garnison à Massaua en y envoyant encore un ou deux bataillons c'est à dire de 1200 à 1500 hommes.

Ne voulant cependant rien faire qui puisse en ce moment contrarier les vues du Cabinet britannique, si celui-ci peut désirer que cet envoi soit quelque peu differé, je prie V.E. d'en faire immédiatement part a lord Granville, en lui faisant comprendre la responsabilité que la situation nous impose et de me télégraphier aussitòt après (4).

746

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 131. Roma, 11 febbraio 1885, ore 16.

Reçu votre télégramme concernant l'envoi de 2.000 hommes de l'armée ottomane dans la Mer Rouge (5). Je laisse V.E. juger de l'opportunité de demander à cet égard une explication amicale au ministre des affaires étrangères.

(-3) Cfr. n. 735, nota 2.

Ce serait l'occasion de renouveler nos déclarations et assurances franches et loyales, qui seules expriment notre pensée et nos résolutions mais de faire comprendre en mème temps que nous laisserions à la Sublime Porte toute la responsabilité éventuelle de complications et conflits auxquels notre dignité ne nous permettrait pas de nous refuser.

(1) -Non pubblicata. (2) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III. clt., p. 123. (4) -T. 223 del 12 febbraio 1885, non pubblicato. (5) -T. 211 del 10 febbraio 1885, non pubblicato.
747

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 216. Cairo, 12 febbraio 1885, ore 15,40 (per. ore 16,55).

Télégramme expédié par le vice-roi à la Porte annonçant débarquement de nos troupes à Massaua et la protestation du Gouvernement égyptien conclut ainsi: « nous devons dès ce moment prévenir V.E. que le mouvement Mahdi s'étend dans ces parages et que nous nous trouvons également impuissants devant ce mouvement comme devant tout nouvel acte de la part des italiens. En conséquence nous prévenons Gouvernement impérial pour qu'il pourvoie à la situation. Reçue nouvelle Constantinople annonçant grande irritation au Palai~ pour notre occupation.

748

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 222. Pietroburgo, 12 febbraio 1885, ore 18,19 (per. ore 22).

M. de Giers m'a dit avoir eu communication de deux circulaires turques contenant des plaintes contre nos opérations dans la Mer Rouge. Bien que le Gouvernement russe ne paraisse pas trop s'émouvoir pour ces plaintes, le ministre des affaires étrangères m'a observé, sans trop s'appesantir sur ses paroles, qu'il ne s'expliquait pas assez à quel titre nous avions occupé Massaua ne paraissant pas résulter, de ses informations de Londres, que le Gouvernement anglais soit · d'accord avec nous en cela et le vice-roi et l'Egypte ayant déposé une protestation contre nos agissements qui, en deux points, pourraient toucher aux intéréts russes, c'est-à-dire, par les atteintes portées à l'intégrité de la Turquie et par les obstacles que la navigation en général pourrait subir dans le canal de Suez. J'ai fait observer à M. de Giers que j'avais lieu de croire que, de notre part, il ne s'agissait nullement de porter atteinte à la souveraineté territoriale de la Sublime Porte, mais que dans les présentes tristes circonstances, la mission de l'Italie dans la Mer Rouge était une mission de humanité digne de lui attirer les sympathies du monde civilisé.

749

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI

T. 138. Roma, 13 febbraio 1885, ore 12,20.

J'approuve le langage que vous avez tenu à M. de Giers au sujet de notre entreprise dans la Mer Rouge (1). Nous abstenant de soulever des questions se rattachant à la souveraineté territoriale, et ne nous préoccupant que de la sécurité dans ces parages, à laquelle l'Egypte déclarait ne plus pouvoir suffire, nous sommes loin de porter atteinte au principe de l'intégrité de l'Empire ottoman. Je ne comprends d'ailleurs pas comment notre occupation pourrait créer des obstacles à la libre navigation dans le canal de Suez et dans la Mer Rouge. Nous sommes au contraire anxieux de contribuer par notre présence dans la Mer Rouge au développement paisible du trafic pour tous les pavillons.

750

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI (2)

T. 140. Roma, 13 febbraio 1885, ore 23,40.

Le chargé d'affaires de Turquie est venu me donner connaissance d'un télégramme de son Gouvernement concernant le débarquement de nos troupes à Massaua. La Sublime Porte a reçu cette nouvelle, le 10 de ce mois, par un télégramme du Khédive (3) où il est dit que le Gouvernement égyptien a protesté contre cet acte auprès de l'agent italien au Caire. La Sublime Porte s'en déclare d'autant plus surprise que le Cabinet de Rome avait itérativement affirmé son ferme désir de ne soulever aucune question de souveraineté et dans mon entretien du 4 de ce mois avec Mihran-effendi (4), j'avais, d'après le télégramme que celui-ci me communiquait aujourd'hui, laissé comprendre que l'Italie ne se verrait obligé d'occuper Massaua que dans le cas où les troupes égyptiennes en seraient retirées. Sans admettre que l'évacuation de la ville put justifier une intervention étrangère, la Sublime Porte considère l'action de l'Italie camme une violation des assurances données, la garnison égyptienne étant restée à Massaua, ainsi que des droits de souveraineté de l'Empire et des préceptes du droit international. La Sublime Porte se croit donc fondée à protester contre cette nouvelle atteinte portée à sa souveraineté alors que le respect des traités

constitue la base des relations internationales. Me référant d'abord à la supposition erronée dans le télégramme de la Sublime Porte, que Massaua ne dùt, d'après nos précédentes déclarations, etre occupée par nous que dans le cas où les troupes égyptiennes en auraient été retirées, j'ai cru devoir rappeler au chargé d'affaires ce que je lui avais dit sur ce point à l'occasion de notre entretien du 4 de ce moins. Si j'ai alors fait allusion à l'évacuation de Massaua par les égyptiens camme étant une éventualité pouvant déterminer notre occupation, il n'existait cependant pas dans mon esprit une connexité absolue et nécessaire entre les deux faits. J'avais meme eu soin de dire que les instructions de notre admiral, assez larges pour lui permettre de procéder à l'occupation de Massaua, le laissaient libre de juger si les conditions de securité de la place et de la région voisine lui semblaient de nature à conseiller un débarquement de nos troupes à còté de la garnison égyptienne.

Passant au fond de la question, je priais Mihran-effendi de vouloir bien nous rendre cette justice que nos déclarations et assurances au sujet du caractère temporaire de notre occupation, ainsi que du respect du pavillon et de souveraineté du sultan avaient été toutes spontanées. Notre ambassadeur à Constantinople, lui ai-je-dit, a été autorisé à tenir sur ce sujet le langage le plus formel et le plus explicite. La protestation actuelle de la Sublime Porte revendiquant précisement les droits souverains territoriaux du sultan, droits que nous sommes loin de vouloir méconnaitre, nous n'avons contre la présente démarche ottomane aucune objection et nous nous bornons à renouveler notre affirmation qu'il n'y a, entre déclarations et assurances réiterées et nos actes dans la Mer Rouge, aucune contradiction du moment que notre but n'est que de contribuer à maintenir la sécurité dans ces parages, une tàche que supposition, énoncée dans le télégramme de la Sublime Porte, que Massaua nous venons de recevoir au sujet de la situation précaire de Massaua. Les razzias aux portes mémes de la ville, l'absence de toute autorité sur la còte et l'insurrection mahdiste se propageant dans la région avoisinant Massaua, c'est une rude mission que nous avons entreprise, mais nous sommes résolus à nous en acquitter avec fermeté et loyauté.

Je n'ai, en terminant mon discours, pas dissimulé au chargé d'affaires la pénible impression que nous avions éprouvée en apprenant que la Sublime Porte, usant envers nous d'une méthode qu'elle n'avait pas cru devoir adopter à l'occasion des occupations récentes à Zeila, Berbera et Tajura, s'était adressée dans le cas actuel aux Puissances par une démarche circulaire. Notre ancienne et constante amitié envers la Turquie et la franchise de nos déclarations devaient, ce nous semble, déconseiller la Sublime Porte de faire appel à l'intervention des tierces Puissances dans une affaire que nous souhaitons et espérons pouvoir régler amicalement et directement avec elle sous les auspices d'une mutuelle confiance.

Mihran-effendi a promis de porter ce qui précède à la connaissance de la Sublime Porte. Je prie V.E. de vouloir tenir un langage analogue auprès des ministres du sultan.

(l) -Cfr. n. 748. (2) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III, cit., pp. 124-125. (3) -Cfr. n. 747. (4) -Cfr. n. 715.
751

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 1809. Roma, 14 febbraio 1885.

Ho ricevuto il rapporto di serie politica, n. 3781, in data del 10 corrente (1), con cui l'E.V. si compiacque di farmi conoscere il linguaggio da lei tenuto, in forma officiosa ed amichevole, con codesto sottosegretario di Stato per gli affari esteri circa la linea di condotta seguita dal R. Governo nel Mar Rosso.

Nel mentre ringrazio l'E.V. di avermi fatto conoscere l'impressione che tale condotta aveva prodotto tanto nel signor Busch, quanto nell'opinione pubblica tedesca, approvo pienamente il linguaggio da lei tenuto in quella circostanza.

Le comunicazioni più recenti pervenute dalla Sublime Porta lasciano sperare che l'incidente sollevato in seguito alle nostre prese di possesso sulle coste africane del Mar Rosso possa essere esaurito senza maggiori complicazioni.

I telegrammi che ebbi l'onore d'indirizzare all'E.V., nonché i discorsi da me pronunziati in Parlamento all'occasione della discussione sulla politica coloniale del R. Governo, esprimono tutto intiero, e con piena schiettezza, il nostro pensiero, né sarei invero in grado di aggiungere a tal proposito maggiori schiarimenti.

Ad ogni modo sonvi due punti sostanziali, cioè, non aver noi contratto impegno di sorta verso l'Inghilterra, ed essere nostro fermo proposito di mantenerci, in ogni qualsiasi ipotesi, scrupolosamente fedeli alla lettera ed allo spirito della nostra alleanza coi due Imperi.

752

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI

D. 124. Roma, 14 febbraio 1885.

Ho l'onore di segnare ricevuta del rapporto di serie politica n. 110, in data del 7 corrente (2) e ringrazio l'E.V. per la comunicazione dell'articolo pubblicato dal Journal di Saint-Pétersbourg circa all'occupazione di Massaua, per parte delle nostre truppe.

Nulla si contiene in quest'articolo che si discosti menomamente dai nostri intendimenti, di cui V.E. fu informato.

Il R. Governo ha dichiarato di voler rispettare l'integrità dell'Impero ottomano, ed è, come il Governo russo, d'avviso che la questione egiziana è, e deve rimanere della competenza del concerto europeo.

(l) -Cfr. n. 739. (2) -Cfr. n. 727.
753

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2234. Vienna, 14 febbraio 1885 (per. il 20).

Non una parola mi fu detta qui fino ad ora né dal conte Kalnoky né da nessun personaggio ufficiale intorno alla nostra azione nel Mar Rosso. Come di ragione ho per conto mio scrupolosamente evitato di far cadere il discorso su quell'argomento, non avendo avuto istruzione di sorta di spiegare l'attitudine assunta dal R. Governo. Non è però men vero che quella riserva così assoluta intorno ad un argomento che forma oggetto di tutte le conversazioni nei circoli politici e diplomatici è assai caratteristica tanto più che essa viene scrupolosamente osservata anche da persone che per lunga consuetudine meco sogliano parlarmi liberamente intorno a qualsiasi questione. Ho luogo di credere che quel silenzio sia anzitutto conseguenza diretta del fatto che da parte nostra non si credette, come pure sarebbe stato conveniente, annunciare ai nostri alleati i nostri intendimenti al momento in cui si stava per darvi esecuzione senza ben inteso chiedere od aspettare un parere in proposito. Quel nostro così assoluto silenzio ho luogo di credere abbia ferito i nostri alleati. Ciò io devo constatare malgrado sia cosa a cui non vi è più maniera di rimediare, poiché qualsiasi comunicazione, che in quel senso si potrebbe voler fare in seguito, sarebbe male accolta. Questa non è certo la ragione unica ma certo una delle principali del malumore che qui regna contro di noi e che si palesa in ostensibile maniera col linguaggio che tengono a nostro riguardo, ben si può dire, tutti i giornali austriaci non esclusi gli officiosi. Era del resto da prevedersi che la prima volta che si inizierebbe da parte nostra un'azione indipendente si ecciterebbe il malumore dell'Austria che sperava averci per un certo tempo legati al suo carro, come gli riuscì di fare con la Serbia.

I soli che fanno buon viso alla nostra azione nel Mar Rosso sono quei pochi che qui caldeggiano il disfacimento dell'Impero ottomano, onde raggiungere così il desiderato obiettivo di annettere definitivamente la Bosnia e l'Erzegovina e di progredire nelle annessioni fino a Salonicco.

Dalle informazioni che V.E. riceverà dal mio egregio collega di Berlino, potrà forse rilevare l'impressione colà prodotta dai nostri recenti avvenimenti; qui non ho altri dati in proposito se non quello che il mio collega germanico col quale in ogni circostanza scambiamo sempre con molta fiduciosa fran

chezza i nostri personali apprezzamenti sugli avvenimenti del giorno, serba anche lui meco in questa circostanza il più completo riserbo. I suoi colloqui però col conte Kalnoky si son fatti frequentissimi in questi giorni ed altri dati anche mi farebbero credere che a Berlino e a Vienna s'interessano attualmente dei fatti nostri più del necessario.

Già ho segnalato telegraficamente all'E.V. (l) l'accoglienza fatta dalla Sublime Porta relativa all'occupazione di Beilul. S.E. avrebbe risposto all'ambasciatore di Turchia «l'Italia non avendogli diretta comunicazione alcuna intorno all'azione che ha intrapresa nel Mar Rosso, egli non si era trovato nel caso di doversi esprimere a tal riguardo, ma che ove si trovasse nella circostanza di manifestare un'opinione non potrebbe che disapprovare la nostra condotta contraria ai vigenti trattati che riconoscono l'alta sovranità della Porta in tutto il territorio egiziano :..

Richiesto poi dall'ambasciatore russo intorno all'accoglienza da lui fatta alla protesta di cui è caso S. E. rispose trovarla « giustificata :..

Con tutto ciò non credo che per ora, salvo che a Berlino si prenda un'imprevedibile iniziativa, si voglia qui crearci imbarazzi serii., ma non è però men vero che dobbiamo tenerci preparati a dover far i conti col mal volere dei Gabinetti di Berlino e di Vienna il giorno in cui la situazione si sarà alquanto rischiarata. Ora dunque che l'azione è incominciata e che difficile sarebbe coi recenti fatti del Sudan prevedere l'estensione che dovrà di necessità prendere è indispensabile che i Gabinetti che ci sono ostili acquistino il convincimento che non siamo disposti ad indietreggiare ed anzi che siamo preparati a qualsiasi evento.

È però di somma necessità che si eviti nella più assoluta maniera di dar pretesti a reclami che non ci sarebbero risparmiati per poco che, come sempre accade nel Paese nostro nelle circostanze in cui si produce un risveglio del sentimento nazionale, l'elemento rivoluzionario avesse a trarre partito per provocare dimostrazioni contro l'Austria. Se disgraziatamente ciò avesse a verificarsi una repressione pronta ed energica sarebbe da parte nostra indispensabile.

Vedo però dai giornali nostri che si parla della formazione di un corpo di volontari con la camicia rossa per mandarli in Africa. La ricomparsa in questi momenti delle camicie rosse sarebbe sommamente inopportuna anche perché non motivata affatto dalle nostre circostanze militari e sono persuaso che ove avesse a prodursi ecciterebbe in sommo grado la diffidenza contro di noi che già si è risvegliata qui. Come dissi, le mie informazioni su quell'argomento non le ho che dai giornali; posso dunque sperare non abbiamo fondamento, ma ad ogni modo ho creduto dover mio farne cenno qui poiché si tratta di cosa che necessiterebbe una smentita autorizzata ove la voce corsa venisse ad acquistare credito.

La fase che l'Italia sta traversando per effetto di sua volontà è a parer mio una delle più gravi in cui si trovi impigliata dalla costituzione del Regno

49 -Documenti diplomatici -serie Il -Vol. XVII-XVIII

in poi; se dunque è indispensabile chE! essa porti nello svolgimento dell'intrapresa azione la massima fermezza di propositi, non è meno necessaria che questa non vada disgiunta da una prudenza somma (1).

(l) T. 190 del 7 febbraio 1885, non pubbllcato.

754

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Costantinopoli, 14 febbraio 1885.

Avevo fa~to l conti senza !oste. Ero deciso a partire il 3 corrente, ma viceversa il ministro m'ordinò di rimanere, il che era naturale nelle presenti congiunture, poiché s'ha da mangiare senza far finta di nulla. Né suppongo che invidierai la mia posizione di dover ripetere su diverse note le franche, leali ed amichevoli assicurazioni, e magari minacciare la Sublime Porta se dimostra la menoma velleità di voler scaldare le macchine di qualche vapore. Di modo che per mio conto, vado al di là del Corno d'Oro preferisco di volgere i miei passi al Bazar, dove di tanto in tanto qualche bel ta.ppeto si raccapezza, che d'andar alla Porta a sentirsi dire che i nostri atti non sono in perfetta armonia colle nostre dichiarazioni; e non vonno capirvi che il comandante della squadra, vedendo che gli inviati del Mahdi rubavano i capi di bestiame nei dintorni, non poteva fare a meno di sbarcare le sue truppe a Massaua, di che dovrebbero anzi ringraziarci. Ed ora che succederà? Gli inglesi si trovano in una bella posizione, che se io appartenessi a quella Nazione proporrei di porre il ministero e soprattutto Gladstone in istato d'accusa per avere commesso il delitto di far dipendere l'onor dell'Inghilterra dalla sorte d'un fanatico che si mandava solo in mezzo ai selvaggi, il che io predissi fin dal 13 febbraio 84 (dowmenti dispacci n. 1'199 serie XXX) (2). Ed ora vonno fare una nuova e grande campagna, né mi stupirebbe se ci invita però nuovamente a partecipare alle danze. Se non che fortunatamente la stagione non si presta per ora, né fino a novembre non si potrebbe intraprendere le relative operazioni. Nell'intervallo si calmerà il grido di vendetta, ché i morti non si risuscitano, e si penserà che il Mahdi sarebbe capace, quando intende avvicinarsi il nemico, di dare il fuoco ai quattro angoli di Kartum ed irsene né suoi deserti inaccessibili. Ed allora che farebbero gli eserciti innanzi alle rovine di Kartum? Basta, ci pensi chi tocca. Ma mandare i nostri soldati a crepar di caldo e di sete in quelle barbare regioni, e seppellirvl in quelle sabbie i nostri tesori di cui tanto avrebbe bisogno l'agricoltura, senza uno scopo positivo, è cosa che poco mi sorride, e faccio voto perché ne siano salvi.

Quando potrò avere il piacere di vederti sallo Iddio, che l'appetito viene mangiando. Però mi rassegno e continuo a farmi elettrizzare.

(l) -Per la risposta cfr. n. 767. (2) -R. 2680, non pubbl!cato.
755

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. CONFIDENZIALE 228. Londra, 15 febbraio 1885, ore 13,46 (per. ore 17,30).

Fehmi pacha et l'ambassadeur de Turquie se sont plaints vivement auprès de Granville de notre occupation de Massaua. Ils semblaient altérés, excités. Granville leur a donné des conseils de modération, de conciliation et de prudence. Les représentants tures ont demandé si l'Angleterre était alliée de l'Italie. Sa Seigneurie a répondu que sans étre allié, le Gouvernement anglais était avec l'Italie dans des rapports d'intime amitié.

756

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 227. Cairo, 15 febbraio 1885, ore 15,05 (per. ore 17,30).

Baring vient de me communiquer une proclamation de l'amiral Caimi, dans laquelle il a dit que l'Italie occupe Massaua pour un accord avec l'Angleterre et l'Egypte et probablement de l'Abyssinie. Baring en est désolé étant bien entendu qu'on ne devait donner le moindre soupçons d'un accord. Il ne doute pas que vous en verrez les conséquences facheuses d'un act si imprudent qui piace l'Angleterre et l'Egypte dans une position difficile, et que V.E. voudra y remédier de quelque manière.

757

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 233. Berlino, 15 febbraio 1885, ore 17,35 (1).

Le Cabinet de Berlin, de méme que pour Beiloul, n'a fait aucune réponse à la protestation de la Sublime Porte contre notre occupation de Massaua. J'ai lieu de supposer d'après le langage du sous-secrétaire d'Etat que le Gouvernement impérial, avant de se prononcer d'une manière quelconque, attend de voir quel sera le cours ultérieur des événements. Le démenti forme! donné par le Journal Officiel de l'Empire à un prétendu télégramme du prince impérial à notre Auguste Souverain, et dont le Morning post publiait le texte est une prouve assez accentuée de l'attitude de réserve du Cabinet de Berlin.

(l) Mancil l'indicazione dell'ora di arrivo.

758

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 145. Roma, 16 febbraio 1885, ore 12,30.

Votre télégramme (l) concernant la proclamation de l'amiral Caimi me cause le plus vif et le plus pénible étonnement. Les instructions de l'amiral portaient textuellement que notre échange d'idées avec l'Angleterre et l'Egypte en prévision de l'occupation de Massaua devait rester absolument secret, c'està-dire qu'il ne devait en aucune hypothèse ètre mentionné ni invoqué. J'ai de la peine à croire que l'amiral se soit écarté d'une pareille manière de ses instructions et je désire que vous me transmettiez par le télégraphe (2) le texte du passage de la proclamation auquel Baring fait allusion. En attendant si, d'accord avec Baring, vous pensez qu'il est indispensable de couper court par une déclaration immédiate à ce désagréable incident, je vous autorise à faire usage de l'autre télégramme que je vous expédie simultanément avec celui-ci, et qui pourrait ètre l'objet d'une publication officieuse au moyen de l'agence Stefani.

759

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERA,LE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 146. Roma, 16 febbraio 1885, ore 12,30.

Vous pouvez déclarer à Baring et à Nubar que l'occupation de Massaua nous a été imposée par la situation précaire du Pays et par des nécessités évidentes de sécurité, dans l'intérét de l'Italie, dans l'intérèts général et méme dans l'intérèt bien entendu de la Turquie et de l'Egypte. Si une phrase de la proclamation de l'amiral Caimi à Massaua peut donner lieu à une interpretation erronée et laisser supposer que l'occupation a été convenne avec l'Angleterre, l'Egypte et probablement aussi l'Abyssinie, elle s'écarterait tout-à-fait des instructions données à l'amiral et ne serait que l'effet d'une connaissance inexacte de la réalité des faits.

760

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 244. Cairo, 17 febbraio 1885, ore 17,10 (per. ore 19).

Voici le texte de la proclamation de l'amiral: c: Le Gouvernement de Sa Majesté d'ac·cord avec l'anglais, égyptien et sans doute avec l'Abyssinie, m'a

ordonné de prendre possession de ports de Massaua et d'arborer le pavillon italien à còté de l'égyptien etc. :.. Le Gouvernement égyptien ne la connait pas encore. Baring l'a reçue du vice amiral anglais; ainsi ne faisons rien ici pour le moment. Mais en attendant il a di t que V. E. devrait tenir à Granville à qui il vient de télégraphier, le langage de la déclaration que V. E. m'a autorisé à faire.

(l) -Cfr. n. 756. (2) -crr. n. 760.
761

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL VICE CONSOLE IN MISSIONE SPECIALE A MASSAUA, MAISSA

D. 3. Roma, 17 febbraio 1885.

Mi pregio di segnare ricevuta e di ringraziarla pei suoi due rapporti n. 4 e 5 di serie politica, in data del 10 corrente (1). Apprezzo le considerazioni che ella svolge in ordine alle nostre relaz10ni coll'Abissinia, ed approvo, in massima, i di lei concetti a questo proposito. Gioverà però in seguito all'occupazione di Massaua per parte nostra si faccia quanto dipende da noi per amicarsi l'Abissinia ..

Un programma concreto a tale riguardo non si potrà stabilire che dopo l'esito della missione Ferrari, e forse della successiva che si vorrebbe mandare, se sembrerà opportuno, con maggiore pompa ed in più ampie proporzioni.

762

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 621. Roma, 18 febbraio 1885.

Ho ricevuto il telegramma in data del 17 corrente (2) col quale l'E. V., nell'annunziarmi di avermi spedito il progetto di convenzione relativo al prestito egiziano, m'informa che lord Granville accettò la riserva fatta dalla Russia, portante che questa non sarà tenuta a guarentire al di là del 6° in caso di difetto dalla parte del Governo egiziano, e che, dal suo lato, il Governo austro-ungarico non fece a questa riserva alcuna abbiezione.

Com'ebbi l'onore di telegrafarlo oggi stesso (3) all'E. V., io l'autorizzo a dichiarare a lord Granville che il R. Governo, in seguito all'accettazione per

parte del Governo inglese del progetto di convenzione in discorso, nonché della riserva russa, non solleva in massima abbiezione veruna al riguardo. Mi riservo di telegrafarle il nostro assenso definitivo tostoché avrò ricevuto ed esaminato il testo del progetto stesso. Le spedisco intanto qui unito i relativi pieni poteri...

(1) -Cfr. n. 743; 11 R. 4 non è pubbllcato. (2) -T. 241 del 16 febbralo 1885, non pubbllcato. (3) -T. 154, non pubbllcato.
763

IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 500. Assab, 18 febbraio 1885 (per. l'8 marzo).

Recatomi il 3 corrente a Beilul con la << Castelfidardo », scesi al Campo, ed ivi, prese le opportune disposizioni, e fatti quei discorsi indispensabili con simil gente, potei nella mattina del 5 riunire tutti i capi danakil presenti a Beilul e a Gubbi; il comandante Trucco consegnò la bandiera al principale Hussein Akito rappresentante la maggioranza; contemporaneamente quei capi rimettevano al comandante ed a me la dichiarazione scritta di cui unisco copia. Poco dopo la bandiera italiana sventolava sul villaggio Gubbi.

Mi assicurai delle intenzioni non ostili di quella gente; così la « Castelfidardo» poté partire la sera medesima per Massaua, mentre io rimanevo altri cinque giorni al campo di Beilul per sempre meglio avviare le cose: sono lieto di poter confermare all'E. V. che tutto procede bene colà.

Ho messo a disposizione di quel campo un arabo certo Abdallah Gaddani, che alla peggio si spiega in italiano ed in francese e fa da interprete; non ho ancora fissato la sua mesata, ma l'assegno non oltrepasserà i 15 talleri.

Otto danakil di Assab sono addetti al campo per servizio di corrieri, di guida, di scorta dal campo alla spiaggia ad Assab; curano anche i tre cammelli lasciati dagli egiziani, ed i tre muli e due carri ceduti dalla colonia per i trasporti dalla spiaggia; a quei danakil passo otto talleri al mese e ai due più distinti dieci.

Alla prima compagnia sbarcata dalla « Castelfidardo » è succeduto ora un nuovo distaccamento di marinai venuto appositamente sulla «Garibaldi» per essere sbarcato a terra; la «Castelfidardo», col proprio equipaggio al completo, rimane più libera di allontanarsi; però finché marinai saranno a terra, la presenza di una nave in rada sarà sempre utile e necessaria.

Andò delusa la speranza del comandante Trucco di condursi da Massaua una compagnia di bersaglieri da installare al campo di Beilul con sede principale in Assab; quelle truppe sembra abbiano altra destinazione.

Quando però, o prima o dopo, venisse truppa regolare, bisognerà assolutamente provvedere a tracciare tra Assab e Beilul una strada un poco più praticabile dell'attuale specialmente per quella metà da Alali a Beilul.

Reputo inutile parlare delle tante cose da fare poiché non sembra intendimento del Governo di installarsi al presente in Beilul; basteranno per ora le facili comunicazioni tra quella località ed Assab, ed un fabbricato ad uso fortilizio, ove una guarnigione ridotta anche a cinquanta persone possa stare al sicuro e sanamente.

Per quello che sia delle pretese dei diversi capi di Beilul e Gubbi, e di quella principale più legittima di Abdalla Sciahim ex sultano di Assab, sembra che il sultano Anfari si decida a favore di Abdalla Sciahim ed a lui ridoni l'autorità ed il potere sui danakil di tutto quel territorio di Beilul: gli akita ed altri di Beilul ne saranno contrariati, ma quando la cosa sia stabilita da Anfari, ed appoggiata da noi, dovranno accettarla e sottoporvisi.

ln tanto per appianare ogni difficoltà e guadagnarci meglio gli animi di quei capi, ho creduto utile di distribuire in occasione della consegna della bandiera un trecento talleri circa, secondo l'influenza di ognuna, promettendo altri duecento talleri per i capi assenti, quando si constati in questi due o tre mesi che il Paese è tranquillo, e che la popolazione desidera realmente la pace e l'armonia.

764

IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 505. Assab, 18 febbraio 1885 (per. l'8 marzo).

Il 15 febbraio corrente ho ricevuto il qui unito piego che il conte Antonelli mi manda da Ankober all'indirizzo dell'E. V. Le notizie dallo Scioa sono buone, e le disposizioni del re Menelik si mantengono ottime. L'invio della missione scioana in Italia è così decisa, e al conte Antonelli preme di rientrare in Italia appena terminate le diverse faccende che lo occupano al presente. Non mi illudo però sulla durata di quest'ottimo stato di cose, e temo chi, appena allontanatosi l'Antonelli, il re Menelik rimanga per qualche mese titubante, per poi cedere alle insistenze ed agli intrighi che da altra parte si saprà combinare attorno a lui, per rimetterlo nelle mani dei francesi di Obock. Vorrei sbagliare, ma tanto più lo temo per le deduzioni che faranno allo Scioa degli attuali avvenimenti di Massaua.

Perciò crederei utile di prolungare per quanto possibile il soggiorno di Antonelli allo Scioa. E se, come si vocifera, ci fosse per l'Italia la probabilità di occupare la costa somala da Zeila in giù, il miglior espediente per legarci definitivamente lo Scioa sarebbe di fare di Zeila un porto scioano con guarnigione italiana o anche mista, sotto la bandiera italiana: ciò basterebbe, se stabilito di comune accordo col re Menelik, ad assicurare a Zeila lo sbocco commerciale di tutto lo Scioa meridionale, ad i'1tero detrimento di Obock, Tagiura e Sagalla.

Da Beilul, o da qui per via Beilul si cercherebbe poco a poco di studiare e stabilire la via più diretta o meglio più comoda per raggiungere Gafra e farne la via di sfogo dell'Abissinia centrale. Mentre Massaua rimarrebbe lo scalo

commerciale dell'Abissinia settentrionale e del paese dei Bogos, ove devo supporre che si prepari un'azione del R. Governo.

Ad ogni buon fine e per attenuare ogni impressione sfavorevole che la spedizione italiana sul Mare Rosso potrebbe fare allo Scioa ho creduto bene di indirizzare al re Menelik la lettera di cui acchiudo copia: con corriere speciale l'ho spedita all'Antonelli, lasciando al medesimo di giudicare dell'opportunità o meno di consegnarla. Reputo però utile che quelle notizie pervengano per via italiana piuttosto che per tramite di altri che saprebbero falsarne l'interpretazione.

ALLEGATO

IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL RE DELLO SCIOA, MENELIK II

L. Assab, 4 febbraio 1885.

Tout événement ou toute modification le lOI!lg de ce littOTal de la Mer Rouge doit sans aucun doute intéresser Votre Majesté: c'ést pourquoi je m'empresse de vous faire savo'r que pour toujours mìeux consolìder son ìnfluence ert assurer le succès de san oeuvre civillsatrice, le Gouvernement de S.M. le Roi d'Italie, votre ami et alllé, a décìdé de mettre sous la protectìon du drapeau ìtalìen tout ce lìttoral danakil, du détroìt de Périm à Massawa, en occupant ,les poìnts principaux. Ainsi notre drapeau flotte déjà à BeUoul depuis le 25 janvier écoulé, et la garnlson égyptienne a dil se retirer; Massawa doìt ètre déjà ou sera bientòt occupée par les troupes .italìennes. Je n'en ai pa.; encore reçu la nouvelle officìelle, mais je sais que telles sont les intentions du Gouvernement du roi, et que nos soldats et nos navireG de guerre ont déjà quitté l'Italie depuis plusieurs jours.

Convaincu que Votre Majesté apprendra avec plaisir cette nouvelle, je m'empresse de vous la comuniquer, et je laisse au comte Antonelli d'expiiquer à Votre Majesté tous les avantages pui pourront en resulter pour l'affermissement de nos sincères et bonnes relatiOI!lS avec Votre Majesté. Le Gouvernement attend que les faits soient établis pour en participer officiellement a Votre Majesté, mais en ma qualité d'ami et d'agent intéressé du Choa, je n'ai pas voulu tarder à vous en donner la première nouvelle.

Les carovanes partìes d'ici et adressées à Votre Majesté sont déjà à l'Aussa ou près d'y arriver: Abd el Rahman, qui se trouve chez Mohamed Anfari, doit faire tout san possible pour hater l'arrivée des retardataires, et au plus tòt faire continuer toute 1a carovane vers le Choa, suivant les instructions qu'il aura reçues de Votre Majeste.

En attendant, que Dieu conserve toujours Votre Majesté en bonne santé et prosperité, et lui accorde la vdctoire sur tous ses ennemls.

(l) Ed. 1n L'Italia tn Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III, c1t., pp. 128, 129.

765

IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (1)

R. S.N. Assab, 18 febbraio 1885.

Ho ricevuto il 15 corrente lettera dello Sceik Abd-el Rahman ben Jusef del 9. Egli mi trasmette il piego venuto dallo Scioa, e mi dice che ritardato in viaggio

da una storta al piede non poté scrivermi prima: arrivato all'Aussa trovò che le notizie le più esagerate e le più ostili erano pervenute al sultano Anfari; al medesimo avevano assicurato che già in Assab si stava preparando una formidabile spedizione contro l'Aussa, e che l'Italia avrebbe occupato tutto quel Paese.

Si capisce come vi siano tanto all'interno quanto sul litorale di questo continente, persone interessatissime a rendere a noi avverso l'Anfari, e a farsi con premura l'eco di una parte poco seria della nostra stampa. Abd el-Rahman dovette usare tutta la sua influenza ed il suo saper fare per calmare gli animi attorno all'Anfari, e persuadere quel sultano che fin tanto i suoi sentimenti erano buoni e la sua amicizia sincera verso l'Italia e gli italiani, questi vi avrebbero corrisposto con altrettanta sincerità e lealtà di buoni sentimenti e di amicizia; gli spiegò come per ora non si dubitasse del contrario; gli assicurò che tutte quelle notizie erano false o mal fondate, e che dalle stesse mie lettere avrebbe conosciuto la verità.

Difatti la lettura delle mie lettere rassicurò maggiormente Mohamed Anfari; ed egli mi fa sapere che i suoi buoni sentimenti non sono cambiati, che egli vuole la nostra amicizia, che tutto il litorale dancalo deve essere protetto dalla bandiera italiana, e che i nostri soldati possano rimanere in Beilul senza inconveniente, evitando di imporre le proprie consuetudini a quella gente che ne ha delle diverse: Abd el-Rahman aggiunge che l'Anfari ha deciso di ridare all'ex sultano di Assab Abdalla Sciahim, l'autorità perduta verso i danakil del territorio di Beilul, e di toglierla alla famiglia Aloito che l'aveva usurpata. Lo stesso Abdalla deve venire qui per prendere al riguardo i necessari accordi con questo commissariato.

La notizia più importante comunicatemi dall'Abd el-Rahman è che l'Anfari ha dato ascolto favorevole alle proposte fattegli di una spedizione contro gli autori del massacro del Bianchi e compagni; egli ha dichiarato francamente che disapprovava completamente i fatti avvenuti e li deplorava, e che per darne prova sincera ai suoi amici, gli italiani, avrebbe organizzata una spedizione armata contro quella tribù che ne fu complice; che la medesima non dipendendo da lui, avrebbe dovuta sottoporla con la forza, e far giustizia dei più colpevoli.

Abd el-Rahman mi dice che quei sentimenti dell' Anfari sono sinceri e che è deciso a fare la spedizione; si trattava ancora di assicurare la cooperazione di alcuni capi influenti prima di muovere il Kaum, ossia spedizione, e sperava che i primi del mese musulmano -siamo oggi al 4 gemadianel --tutto sarebbe stato deciso.

Per quanto io qui non creda ai fatti prima di averne visto gli effetti, devo però riconoscere che già quelle dichiarazioni sono molte significative, e se i fatti le confermeranno si potrà dire di aver ottenuto un risultato inaspettato, e più utile alla nostra politica e ai nostri interessi in questi paesi che un brillante fatto d'armi.

La lettera che l'E. V. indirizza al sultano Anfari, e che ho spedito ieri, giungerà a proposito e produrrà ottimo effetto.

(l) Ed. in L. V. 66, pp. 169-170.

766

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 162. Roma, 21 febbraio 1885, ore 19.

J'ai maintenant sous les yeux le texte italien de la proclamation Calmi et je ne puis m'empècher d'ètre surpris de ce que M. Baring a pu ètre induit en erreur par une version erronée et s'en émouvoir sans motif réel. Rien dans cette pièce ne fait allusion à une entente avec l'Angleterre, ni avec l'Egypte, et la rédaction est, ce me semble, tout-à-fait correct. Il est regrettable qu'un malentendu ait pu se produire sur ce sujet délicat. Voici texte de la proclamation: «Proclama agli abitanti di Massaua. Il Governo italiano amico dell'Inghilterra, della Turchia e dell'Egitto, non meno che dell'Abissinia, mi ha ordinato di procedere alla occupazione della piazza di Massaua, ciò che avrà effetto oggi. La bandiera italiana sventolerà accanto a quella egiziana; i marinai della flotta ed i soldati dell'esercito sbarcati manterranno la più rigorosa disciplina e pagheranno puntualmente tutti gli acquisti che faranno; i costumi e la religione vostra saranno da essi scrupolosamente rispettati; non intralcerò punto i vostri traffici, anzi cercherò di facilitarne i commerci e vi rassicuro circa le benevoli intenzioni del Governo italiano. Trattateci da amici che tali siamo e continuate come per il passato ad accudire alle vostre usuali occupazioni e ve ne troverete contenti. Il contr'ammiraglio, comandante le forze navali nel M~r Rosso. Firmato: A. Caimi ).

767

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 1822. Roma, 21 febbraio 1885.

Ho l'onore di segnare ricevuta e di ringraziare l'E.V. pel suo rapporto in data del 14 corrente (1). Apprezzo ed approvo le considerazioni che V.E. svolge circa la nostra situazione in ordine all'azione iniziata nel Mar Rosso.

Se non credemmo di comunicare ai nostri alleati ciò che stavamo per compiere per tutelare i nostri interessi esclusivi, e ripetutamente dichiarati estranei agli scopi dell'alleanza coi due Imperi, ciò si fece, non tanto per imitar l'esempio dei nostri alleati in circostanze consimili, quanto per un delicato riguardo verso di essi, acciò non sembrasse nostro intendimento di coinvolgerli in una responsabilità che accettiamo invece tutta per noi. Fu, del resto,

11) Cfr. n. 753.

nostra cura costante, in ogni circostanza, di fare espressa riserva circa alla fedele e puntuale osservanza dei nostri obblighi verso i due Imperi. E dal canto nostro, dobbiamo credere di poter fare assegnamento sopra il loro equo giudizio ed apprezzamento.

V.E. può essere certa che nell'attuale fase il R. Governo raddoppierà di cura e di vigilanza acciò il nostro contegno sia ed apparis,ca inappuntabile.

La voce cui allude V.E. di una spedizione di volontari coll'uniforme garibaldina in Africa è una pura invenzione di novellieri fantastici.

768

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 442/193. Londra, 21 febbraio 1885 (per. il 26).

Ho l'onore di recare a notizia dell'E.V. che ieri sera, in risposta ad un'interrogazione del signor Ashmead Bartlett, lord E. Fitzmaurice, (sotto segretario di Stato del Foreign Office), fece la seguente dichiarazione, nella Camera dei Comuni, relativamente all'occupazione di Massaua ed alle supposte intenzioni dell'Italia di occupare Kassala e la provincia di Taka.

«Il Governo italiano ,, disse Sua Signoria, «non ha conchiuso alcun trattato od accordo coi ministri della regina relativamente all'occupazione di Massaua. Il Governo della regina non ha alcuna informazione circa le intenzioni della Italia di occupare Kassala e la provincia di Taka. Esso ha ragione di credere che il sultano non ha acconsentito all'occupazione di Massaua ».

769

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, NIGRA, A PARIGI, MENABREA, A PIETROBURGO, GREPPI, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 165. Roma, 23 febbraio 1885, ore 18.

L'ambassadeur de France m'a fait part d'un télégramme de son Gouvernement concernant la question de la liberté du canal de Suez. D'après ce télégramme, le Gouvernement anglais admettant le principe d'une commission internationale pour le travail préparatoire, mais désirant qu'elle siège ailleurs qu'en Egypte, M. Ferry propose de maintenir la procédure indiquée substituant Paris au Caire. On aurait ainsi une commission internationale qui se réunirait à Paris à un jour fixe et qui serait suivie d'une conférence dont la date et le lieu seraient ultérieurement déterminés. M. Decrais a ajouté que l'Allemagne était déjà consentante à cette proposition. Il était chargé de demander également le consentement du Cabinet italien. J'ai répondu que si toutes les Puissance adhéraient à la proposition de M. Ferry, ce ne serait certainement pas

l'Italie qui ferait objection. Je devais donc avant tout me renseigner au sujet des dispositions des différents Cabinets à cet égard. (meno Parigi) Veuillez me faire connaitre le plus tòt possible l'avis de celui près duquel vous étes accrédité (1).

770

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 167. Roma, 23 febbraio 1885, ore 22,45.

Dans la séance de la Chambre d'aujourd'hui les députés Camporeale, Brunialti et Sant'Onofrio m'ont adressé trois interpellations sur notre action dans la Mer Rouge, sur la prétendue contradiction entre mes déclarations antérieures et les réponses peut-etre trop sèches et absolues de Fitzmaurice dans la Chambre des Communes et enfin pour m'inviter à présenter les documents relatifs à cette matière. J'ai répondu qu'il n'y avait aucune contradiction, car j'avais moi aussi exclu l'existence d'un traité ou convention quelconque entre l'Italie et l'Angleterre; que dans le moment actuel je me refusais à toute réponse ultérieure ou discussion après mes précedentes déclarations, que je confirmais sur le but et le caractère de notre action dans la Mer Rouge, sur la cordialité et confiance réciproque qui existent dans nos rapports avec l'Angleterre et sur la liberté que j'entendais me réserver de ne faire aucune communication de documents jusqu'au moment où elle pourrait se faire sans inconvénients pour le service public. Les interpellants ayant insisté sur l'admission de leurs interpellations et pour la fixation de la journée de leur développement, la Chambre a voté le rejet de leurs demandes. Le député Nicotera ayant alors demandé l'inscription à l'ordre du jour pour après-demain d'un projet de loi sur les travaux d'un petit port et d'un phare à construire à Assab, j'ai déclaré désirer l'approbation de cette loi, mais la proposition de M. Nicotera ayant évidemment le but de donner occasion et prétexte à une discussion que dans le moment actuel je ne pouvais accepter, je priais aussi la Chambre de ne pas l'accueillir, et la Chambre l'a repoussée. Les deux votes de la Chambre ont été émis à une forte majorité. Ici on apporte une attention méfiante à toute espèce de déclaration et de réponse données par les ministres de la reine au Parlement britannique dans tout ce qui peut avoir rapport à l'Italie. Je me rends compte de la réserve imposée surtout dans ce moment à Gladstone et à Granville dans leur langage; mais je prie V.E. d'appeler amicalement leur attention sur cet état des esprits dans le Parlement italien pour saisir l'occasion de s'exprimer avec sympathie et confiance vis-à-vis du Cabinet italien, sans s'éloigner naturellement de la vérité et dans le sens que je vous avais télégraphié antérieurement.

T. -278 del 25 febbraio, T. 301 del l• marzo, T. 277 e T. 279 del 25 febbraio 1885, non pubblicati,la risposta da costantinopoli non è stata rinvenuta nel registro telegrammi.
(l) -Le risposte da Berlino, Pietroburgo e Vienna sono contenute rispettivamente nei
771

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 444/199. Londra, 24 febbraio 1885 (per. il 27).

Il conte de la Warr chiese la notte scorsa a lord Granville, nella Camera dei lordi, di presentare i documenti e le corrispondenze scambiate fra l'Inghilterra, l'Italia, la Turchia e le altre Potenze europee relativamente all'occupazione di Massaua dall'Italia.

Il conte Granville rispose ciò che segue:

«Se il conte de la Warr non insisterà questa notte nella sua mozione io m'impegno di presentare quei documenti il più presto possibile. Nel frattempo però io posso dichiarare brevemente ciò che quei documenti conterranno.

Il 3 novembre l'ambasciatore d'Italia chiese se il Governo della regina fosse, in alcuna guisa, opposto ad un'estensione della giurisdizione dell'Italia a settentrione del suo stabilimento di Assab, in modo da includersi Beilul come Raheita vi era già stata inclusa a mezzogiorno. Io lo assicurai che il Governo della regina non sentiva alcuna gelosia dell'estensione dell'influenza italiana su quella parte della costa del Mar Rosso ma, al contrario, la vedrebbe con piacere. Il Governo della regina non potrebbe però intraprendere di dare ciò che non gli apparteneva, ed io suggerii che sarebbe da desiderare che il Governo italiano venisse ad un accordo colla Porta a quel proposito. Il 22 dicembre, il conte Nigra mi chiese con qual animo il Governo della regina vedrebbe un'occupazione provvisoria di Zulla per parte delle truppe italiane. Io lo informai che, il Governo egiziano non essendo in grado di continuare a tenere tutto il litorale africano del Mar Rosso, i porti di esso naturalmente cadevano in riversione al sultano, ed il Governo della regina aveva consigliato quest'ultimo di ripigliar possesso di taluni di essi. Se il Governo italiano desiderava di occupare taluni di questi porti ciò era affare fra l'Italia e la Turchia. Il Governo britannico, da parte sua, non aveva obbiezioni da sollevare contro l'occupazione italiana di Zulla, Beilul e Massaua. Il 10 gennaio Musurus pascià si riferì alle voci correnti circa le intenzioni del Governo italiano nel Mar Rosso, ed io dissi che era rincrescevole che la Turchia non avesse agito in conformità dei suggerimenti del Governo della regina ed occupato essa stessa quei porti. Quando la Turchia protestò, susseguentemente, contro le occupazioni italiane, io espressi la viva speranza che la Turchia e l'Italia accomodassero amichevolmente la questione fra loro, ma informai l'ambasciatore di Turchia che il Governo della regina declinerebbe qualsiasi responsabilità giacché il suo consiglio al sultano di occupare quei porti non era stato attuato. I documenti sarebbero stati presentati a tempo debito. :.

In seguito a queste dichiarazioni di lord Granville il conte de la Warr ritirò la sua mozione.

Ho avuto l'onore di portare a notizia dell'EV. la sostanza di ciò che precede col mio telegramma di oggi (1). Ella troverà qui unito il testo dell'interpellanza del conte de la Warr e della risposta di lord Granville come sono riferiti dal Ttmes di oggi (2).

772

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2237. Vienna, 25 febbraio 1885 (per. il 27).

La maggior parte dei giornali italiani, e fra essi i più autorevoli, sembra si siano data parola d'ordine di far credere, che, se per un momento la Germania e l'Austria si adombrarono dell'azione da noi intrapresa nel Mar Rosso, in oggi l'accompagnano con le loro simpatie. Niente di più falso di quell'osservazione per quanto riguarda l'Austria-Ungheria almeno, e sarebbe assai bene che l'opinione pubblica in Italia non venisse ingannata poiché non è certo il miglior mezzo per vincere le difficoltà quello di dissimularle.

Il liguaggio che tengono a nostro riguardo i giornali di Vienna, che pure sono assai letti in Italia, è troppo esplicito perché abbia a richiamarvi sopra l'attenzione dell'E. V.

I giornali ungheresi invece non sono affatto letti nel Paese nostro e d'altronde quelli redatti in lingua ungherese non si occupano per lo più che di questioni interne ma il più importante dei giornali che si pubblicano a Pest il Pester Lloyd è scritto in tedesco e malgrado tutte le smentite non è men vero che in fatto di politica estera non vi ha organo di pubblicità di maggior peso nella Monarchia. Basta a questo proposito il tener conto che il dottor Falk direttore del giornale è sempre da tanti anni relatore del bilancio degli affari esteri nella delegazione ungherese. Credo quindi opportuno porre sotto occhio alla E. V. il qui unito articolo di fondo del 23 corrente (3) che contiene una corrispondenza da Roma (probabilmente fabbricata a Vienna) in cui la condotta, a dir del corrispondente, incerta e poco franca del R. Governo viene duramente biasimata. È bensì vero che il dottor Falk ha fatto precedere quella corrispondenza da una dichiarazione di simpatia per l'Italia, ma questa è unicamente intesa ad attribuirsi il diritto di spiattellarci il suo modo di pensare con maggiore disinvoltura.

La stampa nostra farebbe assai bene, invece d'ingannare l'opinione pubblica in Italia chiudendo gli occhi all'evidenza, di prendere in considerazione articoli come questo del Pester Lloyd che non si possono passare sotto silenzio

neppur mostrando dì disprezzarli e rispondervi adeguatamente, squarciando magari per ciò alquanto quel fitto velo, che ricopre gli intendimenti del R. Governo a riguardo della nostra politica militare nel Mar rosso, politica, che come è impossibile dissimularci, è ravvisata qui in tutti i circoli altamente incorretta e di natura a condurre complicazioni non lievi.

Qui come già dissi e ripeto il silenzio il più assoluto è mantenuto meco intorno a si grave argomento e certo a me non conviene romperlo poiché il promuover,e oggi da parte nostra discussione sui nostri intendimenti col Governo imperiale sarebbe lo stesso che provocare dal Gabinetto di Vienna dichiarazioni che abbiamo interesse ad evitare. Non è però men vero che quel silenzio è già per se stesso abbastanza eloquente poiché riserva intiera libertà d'azione al Governo imperiale e certo fin d'ora non si esplica questa in maniera a noi favorevole tanto più tenuto conto delle ottime relazioni che, dopo l'avvenuta soluzione della questione relativa alle ferrovie turche, esistono fra Vienna e Costantinopoli (l).

(l) -T. 270, non pubblicato. (2) -Non si pubbl1cano. (3) -Non pubbllcato.
773

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

D. 491. Roma, 26 febbraio 1885.

Ho l'onore di trasmetterle, qui unito, copia di una nota direttami il 23 corrente dall'ambasciatore di Francia (2), per informarmi, che, d'ordine del suo Governo, prendeva atto delle dichiarazioni fatte dall'E. V. al signor Ferry per determinare la condizione di fatto risultante dall'invio delle nostre truppe sulla costa occidentale del Mar Rosso.

Ho risposto al signor Decrais per segnargli ricevuta della sua comunicazione, facendogli notare, ad ogni buon fine, che quella fatta da V. E. era verbale ed officiosa.

Il colloquio di V. E. col signor Ferry è stato infatti spontaneo e puramente amichevole, valendosi ella delle indicazioni, che, per la di lei personale informazione, le erano state fornite, circa le comunicazioni scambiate in questa circostanza fra il R. Governo e la Sublime Porta.

Ed è invero singolare il procedere del Governo francese, il quale prende atto, in un affare che non lo riguarda, di semplici indicazioni verbali ed officiose.

Non ci sembra opportuno di dare soverchia importanza alla cosa, ma deve però rimanere ben inteso, che il R. Governo non ha creduto di assumere, in questa circostanza, alcuna obbligazione speciale verso la Francia.

(l) -Cfr. n. 777. (2) -Non si pubblica.
774

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 450/211. Londra, 27 febbraio 1885 (per. l'11 marzo).

Il signor Gladstone e lord E. Fitzmaurice, sottosegretario di Stato per gli affari esteri parlarono ieri sera nella Camera dei Comuni della occupazione italiana di Massaua.

Quest'ultimo, in risposta al signor M. Coan ed a Sir G. Campbell, annunziò che il Governo presenterebbe, senza indugio, documenti alla Camera su quella questione e soggiunse che, non volendo restringere l'argomento nei brevi confini di una risposta alle interrogazioni che gli erano state fatte, si proponeva di pigliar il giorno seguente (quest'oggi) la parola (nel corso delle discussioni delle cose del Sudan) e di fare una dichiarazione rispetto a Massaua. Faceva soltanto notare «che il Governo italiano aveva notificato la sua intenzione di rispettare il trattato fra l'Inghilterra, l'Egitto e l'Abissinia, e di fare ciò che era possibile per facilitare il comme,rcio abissino ».

Il signor Gladstone rispose alle seguenti interrogazioni del signor Gourley:

I. Se la spedizione di Massaua aveva ricevuto la sanzione del Governo britannico e del così detto concerto europeo. II. Se le spedizioni italiane avevano il compito di cooperare con le truppe inglesi inviate a Suakim per riscattare talune guarnigione egiziane.

«Il Governo italiano ~. disse il primo ministro, «è una Potenza indipendente e non ha mestieri della sanzione del Governo britannico in ciò che può credere debito suo di imprendere.

Per quanto riguarda le comunicazioni del Governo italiano colle altre Potenze e con ciò che il signor Gourley chiama concerto europeo, io non sono in grado di sapere quali comunicazioni siano state fatte alle altre Potenze.

Io non ho bisogno di entrare (soggiunse quindi il primo ministro) nei particolari delle spedizioni italiane, né se sono stati accuratamente o no esposti dal signor Gourley.

II punto principale toccato da lui è se le spedizioni italiane hanno per compito di cooperare con le truppe inglesi avviate a Suakim per riscattare talune guarnigioni egiziane.

La mia risposta è: che l'Italia è nei migliori rapporti, nei più cordiali rapporti, con l'Inghilterra, ma non vi è alleanza fra le due Potenze né fra loro alcun piano di cooperazione militare ».

Il signor Lowther, avendo quindi chiesto se il Governo turco aveva consentito alla spedizione italiana, H primo ministro fece notare avere già dichiarato che egli non era conscio delle comunicazioni che potevano avere avuto luogo fra il Governo italiano e le altre Potenze.

775

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 451/212. Londra, 27 febbraio 1885 (per. il 2 marzo).

La discussione del voto di censura contro il Governo inglese che faceva argomento del mio dispaccio del 24 corrente n. 446 di questa serie (l) fu continuata jeri sera nella Camera dei lordi e nella Camera dei comuni. Non credo utile ragguagliare minutamente V. E. delle cose che furono dette dagli oratori ministeriali dell'opposizione e mi riferisco per ciò ai giornali inglesi di oggi. Allorquando l'E. V. riceverà questo dispaccio il telegrafo le avrà già previamente annunziato il risultato della discussione. Due sole cose mi pajono principalmente degne di nota. Nella Camera dei lordi il marchese di Salisbury in un discorso molto applaudito fece destramente comprendere (abbandonando il sistema di reticenza seguito finora) che l'opposizione era disposta ad accettare nelle difficili circostanze presenti, la responsabilità del potere. E, direi quasi a riscontro di questa dichiarazione, sir W. Harcourt, ministro dell'interno dichiarò nel modo il più esplicito che l'occupazione permanente dell'Egitto per parte dell'Inghilterra era la politica la più pericolosa che si potesse concepire; che l'Inghilterra non poteva amministrare l'Egitto come amministrava l'India; che il Governo non aveva alcuna idea di rimanere in Egitto e che egli personalmente non consentirebbe mai che l'Inghilterra andasse a Kartum allo scopo di ottenere l'annessione del Sudan sia all'Inghilterra sia all'Egitto.

Come ho avuto l'onore di informare l'E.V. col mio telegramma d'oggi (2), la votazione della proposta di censura contro il Governo avrà luogo stasera nelle due Camere. La probabilità è sempre che il Gabinetto ottenga una maggioranza, ma è possibile che, all'ultimo momento, uno spostamento di voti, lo metta in minoranza.

776

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 178. Roma, 28 febbraio 1885, ore 17.

L'incertitude des conséquences que le vote du Parlement anglais peut produire préoccupe ici les cercles parlementaires. Je prie V.E. de me tenir exactement au courant, meme plusieurs fois dans la journée, des intentions, des indices et des probabilités dignes de quelque attention. En meme temps il est très important qu'avant de présenter au Parlement anglais quelque partie détachée de notre correspondance avec le Cabinet britannique sur notre pré

50 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XVII-XVIII

sence dans la Mer Rouge, ces documents vous soient d'avance communiqués pour etre au besoin éclaircis ou complétés, aussi au point de vue de notre Gouvernement. C'est dommage que le caractère tout-à-fait privé et intime d'une partie de la correspondance n'en permettra pas la pubblication, et on donnera une idée très imparfaite de ce qui s'est passé entre les deux Gouvernements. Je pense que parmi les documents on introduira aussi celui qui prouve que après la chute de Khartoum de la part du Ministère italien il n'y a pas eu offre positive èt formelle, et par conséquent il n'y avait matière ni à refus ni à acceptation, mais nous avons simplement porté à la connaissance du Ministère anglais dans un moment difficile les dispositions éventuelles de l'Italie dans le cas où l'Angleterre ferait appel à son assistance. Il est essentiel que je connaisse d'avance ce que résultera des documents, car le vote du Parlement anglais sera pour nos oppositeurs dans la Chambre italienne une bonne occasion pour revenir à la charge et obtenir des déclarations. Je crois avoir donné au ministère anglais une prauve éclatante de ma discrétion et tenacité à garder le secret; on me reproche qu'au contraire à Londres on parle et on dit les choses à moitié en se plaçant au point de vue purement anglais avec un langage à la vérité bienveillant, mais peu avantageux pour le crédit de la politique de l'Italie.

(l) -Non pubblicato. (2) -T. 289, non pubblicato.
777

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 1825. Roma, 28 febbraio 1885.

Ho l'onore di segnare ricevuta del rapporto n. 2237 di serie politica, in data del 25 corrente (1), e ringrazio l'E.V. per gli apprezzamenti che mi trasmette circa l'atteggiamento della stampa austro-ungarica rispetto alla nostra azione nel Mar Rosso.

Non ci siamo fatta, neppure ora, illusione alcuna in proposito, e siamo del resto avezzi a vedere quella stampa recare sulle cose nostre dei giudizi ispirati costantemente da un inesplicabile sentimento di diffidenza e di antipatia.

Conviene però a noi di procedere innanzi, secondo il criterio dei nostri interessi, senza !asciarci deviare dal desiderio e dalla speranza di guadagnarci meno severi o più imparziali apprezzamenti, per parte dei giornali austro-ungarici.

Riconosco però con V.E., essere assai deplorevole che la stampa italiana

voglia, o si lasci illudere a questo riguardo, mentre sarebbe preferibile che la

verità si conoscesse tutta intiera.

Segnalo però, confidenzialmente, a V.E. che, mentre il linguaggio dei giornali austro-ungarici è così aspro e malevolo al nostro riguardo, fu emanato dal Pressbureau di Vienna un documento, di cui poter aver notizia testuale, nel

quale si fa ogni sforzo per dimostrare che l'opinione pubblica in Austria-Unghe

ria non è punto ostile e diffidente verso l'Italia nelle presenti contingenze,

e solo non ha potuto sottrarsi ad una prima impressione di sorpresa per la

inattesa azione nostra nel Mar Rosso.

Per quanto concerne le relazioni fra i due Governi, in questo momento, noi persistiamo a credere che un reciproco riserbo sia il miglior metodo da seguirsi nelle attuali circostanze.

(l) Cfr. n. 772.

778

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 452/215. Londra, 28 febbraio 1885 (per. il 4 marzo).

In adempimento della promessa fatta nella seduta precedente, lord E. Fitzmaurice, sottosegretario di Stato del Foreign Office, inseri nel suo discorso di jeri sera nella Camera dei comuni una dichiarazione relativamente alla occupazione di Massaua per parte dell'Italia. Questa dichiarazione non fu che una ripetizione di quella fatta da lord Granville nella Camera dei lord il 23 corrente.

Nella dichiarazione di lord E. Fitzmaurice si trovano le parole che lord Granville aveva, è vero, pronunziate il 23 corrente, ma che, com'ebbi l'onore di informare l'E.V. col mio telegramma del 25 febbrajo (n. 551) (1), non erano state riprodotte nel resoconto della seduta dato dai giornali.

<<Io posso aggiungere, disse lord E. Fitzmaurice, «che quantunque noi non abbiamo impegno di speciale alleanza coll'Italia, i nostri rapporti con quel Paese hanno l'impronta della più calda amicizia ».

779

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3804. Berlino, 1° marzo 1885 (per. il 7).

Le langage de la presse allemande s'est un peu radouci à notre endroit. Il trahit cependant toujours un sentiment de malignité et de surprise sur notre action dans la Mer Rouge dont on ne devine pas suffisamment les motifs. Si en déclarant que les relations amicales de l'Italie et de l'Angleterre sont un complément naturel du programme de paix, base de l'alliance avec l'Allemagne et l'Autriche, nous avons voulu laisser entendre que notre action se

produit avec l'assentiment de ces Puissances, ce serait le contraire de la vérité. En effet, aucune communication n'est parvenue de Rome à Berlin sur nos projets, et on ignore entièrement quel en est le but. La Gazzette de la Croix disait pas plus tard qu'hier: «Nous n'avons aucun sentiment d'inimitié contre l'Italie. Mais nous ne saurions témoigner d'aucune sympathie pour une entreprise par laquelle ce Pays, d'accord ou non avec l'Angleterre, se répare de l'alliance pacifique des Puissances centrales de l'Europe, qui assùrait toute tranquillité, pour se mettre à la remorque d'une politique qui jusqu'ici a porté malheur à tous ses partisans ».

Dans les sphères officielles, je rencontre toujours la méme réserve. Après la séance de clòture de la Conference africaine, j'ai eu l'occasion de m'exprimer vis-à-vis du chancelier dans un sens analogue à mon rapport n. 3782 (l) du 10 fevrier. Il s'est abstenu de s'étendre sur ce sujet, en se bornant à émettre l'avis que nous trouvions à l'égard de la Turquie dans une position assez semblable à celle de la Grande-Bretagne et par conséquent en dehors des traités qui garantissent à l'Empire ottomane l'intégrité de son territoire. J'ai objecté que nous ne soulevions pas de question de souverainetè; que nous nous en étions très ouvertement expliqués à Constantinople, que nous nous employons au maintien ou plutòt au rétablissement de l'ordre, de la sécurité dans ces parages. Son Altesse évitait visiblement de s'engager sur ce terrain.

Le sous-secrétaire d'Etat se montre lui aussi plus réservé que de coutume comme s'il craignait que le moindre mot mal interprété pourrait nous servir d'encouragement à accentuer davantage notre attitude.

En tout cas, nous n'avons, ni de Berlin ni de Vienne, à attendre un appui quelconque contre les réclamations que notre action soulève à Constantinople et qu'elle peut soulever à Paris si elle n'est pas très circonspecte. Les relations actuelles entre l'Allemagne et la France ont un caractère tel qu'on peut affirmer d'avance qu'en cas de conflit diplomatique, ce ne serait pas de notre còté que le Cabinet de Berlin pencherait.

Pour se convaincre de ce que sont les rapports entre Berlin et Paris, H suffit de lire le dernier Blue Book sur la Nouvelle-Guinée. Sir Edward Malet, en date du 24 janvier échu, rendait compte d'une importante conversation qu'il avait eue avec le prince de Bismarck. Le chancelier rappelait qu'en mai 1884, au début de ses entreprises de colonisation allemande, personne ne pouvait douter de l'importance qu'il attachait à l'amitié de l'Angleterre. Quand celle-ci témoignerait des mémes sentiments, il la favoriserait à son tour, dans les questions qui touchent le plus à ses intéréts immédiats; autrement il se rapprocherait du Gouvernement français. Quand l'ambassadeur britannique lui demandait de préciser les désirs de l'Allemagne, le prince lui répondait qu'il s'était entendu avec la France, aussitòt après l'échec des négociations à ce sujet avec l'Angleterre, et que dès lors il n'était plus en son pouvoir de reprendre le question telle qu'il l'avait exposée au mois de mai dernier.

Un changement de Cabinet à Londres ne modifierait pas essentiellement tout d'abord cette situation, malgré le vif contentement avec lequel on applaudi

rait ici à la ch11te de M. Gladstone, surtout si lord Salisbury devait lui succéder. II est vrai que cet homme d'Etat, élevé à l'école de lord Beaconsfield, se disait, après le Congrès de Berlin en 1878, un chaleureux partisan de l'alliance austro-allemande. On assure m€lme qu'un traité était sur le point de se conclure, lorsque les élections qui eurent lieu quelques mois plus tard ramenèrent M. Gladstone au pouvoir. Ce sera un héritage difficile à liquider, car il y va maintenant du prestige de l'Angleterre de ne pas reculer dans ses entreprises, si hasardeuses qu'elles puissent etre. En tout cas, un ministère tory ou de coalition présidé par lord Salisbury, aurait un programme qui l'écarterait moins de celui des Cabinets de Vienne et de Berlin.

C'est là encore une considération que nous ne devons pas perdre de vue, si nous voulons, conformément à nos intérets, concilier nos rapports avec l'Angleterre, avec nos engagements envers l'Allemagne et l'Autriche.

Je regrette vivement de ne pas trouver, parmi les documents diplomatiques, trace de la correspondance de V. E. avec l'ambassade royale à Londres sur cette question d'un intér€lt majeur.

S'il n'existe pas un accord écrit, il y a eu certainement des pourparlers confidentiels, un échange de vues. Tant que nous ne sommes pas renseignés là-dessus, nous nous exposons à trébucher dans l'obscurité. Il peut y avoir des secrets pour le public, mais il ne sauraient Hre de mise envers nos représentants à l'étranger, chargés de soutenir et de défendre, au besoin, notre politique.

(1) T. 271 del 24 febbraio 1885, non pubblicato.

(l) Cfr. n. 740.

780

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Berlino, 1° marzo 1885.

Moi aussi, j'espérais que, vivant dans un centre où l'on est moins boutonné qu'à Berlin, vous me donneriez quelques indtcations à propos de notre campagne dans la Mer Rouge. Elle se produisait à peu près vers la meme époque où la Conférence discutait Ies conditions requises pour que de nouvelles acquisitions en Afrique eussent un caractère d'effectivité. Il eftt semblé assez nature! qu'on me renseignat exactement. Mais, sauf les télégrammes échangés entre Mancini et Corti, on s'est abstenu de me faire des conHdences. Et m€lme lorsque j'en manifestais un certain étonnement, il m'a été répondu qu'il n'y avait point d'accord avec l'Angleterre, et que le pivot de notre politique restait toujours l'alliance avec l'Allemagne et l'Autriche. Il est impossible cependant qu'il n'y ait pas eu un échange de vues avec Londres. Au reste, ainsi que cela a été annoncé le 26 février à la Chambre des Communes, on ne tardera pas à publier à Londres les communications relatives à l'occupation de Massaua. En attendant le Gouvernement anglais s'en lave les mains et laisse péser sur nous toute la responsabilité.

La presse allemande a été moins méchante à notre endroit que celle de Vienne. J'ai néanmoins lu par-ci par-là des sarcasmes qui m'ont fait bondir, et c'est beaucoup je vous assure, car j'ai un peu la prétention de n'avoir pas de nerfs, ou du moins que les piqùres ne les atteignent pas protégés comme ils sont par une peau d'hyppopotame formée peu à peu après avoir été si souvent heurté dans ma longue carrière.

Dans les sphères officielles, il règne la plus grande réserve. Jeudi dernier à la séance de clòture de la Conférence, je vis une tache d'encre sur l'instrument destiné à l'Italie, et je faisait en souriant la remarque que mon collègue de Turquie en était peut-etre l'auteur. Le prince de Bismarck, qui avait entendu ce propos, observait, à son tour, que dans ce cas, ce serait de bonne guerre. Il me fournissait le joint que je recherchais pour lui débiter en partie les considérations que vous aurez dans le document diplomatique n. 410 série XXIII (1). Il se bornait à dire qu'à l'instar de l'Angleterre nous nous trouvions en dehors des traités qui garantissent l'intégrité de la Turquie. Je répliquais que nous ne soulevions pas des questions de souveraineté territoriale; que d'ailleurs au Soudan comme en Egypte il existait une situation tout à faite exceptionnelle et amenée par des circonstances qui échappaient aux prévisions humaine; qu'il convenait avant de se prononcer d'attendre le développement ultérieur des événements.

« Mais si les événements continuent à se montrer contraires à la Porte, ajoutait en plaisantant M. de Bisma~ck, peut-etre que Constantinople deviendrait disponible pour le pape ».

Je demandais sur le meme ton, si M. Windthorst, le chef de la fraction du centre catholique, serait consentant! Nous avons échangé un serrement de main. Ainsi finissait cette conversation sans que je suis parvenu à l'amener à une discussion sérieuse. C'est un parti pris de nous laisser nous embourber. Je ne crois pas cependant que tout en témoignant d'un certain bon vouloir à la Turquie, le Cabinet de Berlin appuie vivement les protestations ottomanes ... En voulant pousser les choses à fond, on s'exposerait à susciter dans toute sa gravité et dans son ensemble la question orientale. On préfère laisser mourir la Turquie à petit feu pour donner à l'Autriche le temps de mieux se préparer à recueillir une part d'héritage. Ce qui pourrait nous sauver encore de notre équipée ce serait un rapprochement entre Berlin et Londres. Vous avez lu dans le Blue Book sur la Nouvelle Guinée avec quelle désinvolture le prince de Bismark se détournait, l'an dernier, de l'Angleterre en voyant ses ouvertures payées avec de simples bonnes paroles, et se rapprochait de la France. Il a bien déclaré en répondant aux avances anglaises toutes récentes, qu'il était trop tard, qu'il s'était déjà entendu avec la France. C'est là un avertissement indirect pour nous, si nous manquions de circonspection en excitant trop les méfiances du Gouvernement de la République. Il est vrai que les rapports avec le Cabinet britannique peuvent s'améliorer et que le chancelier avec le meme sans façons donnera une embrassade à l'Angleterre, surtout si la position, déjà

si ebranlée de M. Gladstone, amènera un changement de ministère. Lord Salisbury est bien vu ici. Dans les derniers temps de l'admini:stration Beaconsfield on était à la veille de conclure un traité d'alliance avec Vienne et Berlin. Depuis lors, il est vrai, les événements ont marché, et l'Angleterre se trouve dans une position où elle ne peut reculer, mais un ministère tory ou de coalition, aura un programme qui se raJpprochera davantage de celui de l'Autri>che et de l'Allemagne. A moins de commettre une insigne folie nous devrions tenir compte de ces circonstances.

Je ne comprends pas plus que vous que nous déclarions vouloir respecter la souveraineté -plus nominale que réelle -du sultan, et que l'occupation de Massaua n'est que temporaire. Je suppose que nous avons l'arrière-pensée de détenir cette position à titre de gage pour obtenir par exemple la CyrénaYque. Peut-ètre visons-nous aussi à planter notre drapeau dans la partie méridionale du pays des somali.

Merci de votre intéressante lettre du 19 février (1), de ce que vous me dites sur l'affaire de Serbie dans laquelle nous faisons une si piteuse figure, et sur la question de la Propaganda qu'on laisse dormir dans les cartons du Ministère, en semblant oublier que nous avons pris certains engagements qui n'ont pas encore été remplis et dont d'autres se souviennent. Il en est de cette question, un peu comme de celle de ranger les crims politiques parmi les crimes soumis à l'extradition. On devrait présenter un rapport au Parlement, et on hésite de crainte de déplaire aux clabaudeurs.

Je ne vois pas comment M. Mancini se tirera des difficultés qui l'entourent, surtout si notre meilleur ami en Angleterre allait faire un patatras.

Enfin la Conférence est close. Si vous avez le temps, lisez l'avant-dernier protocole n. 9. Dans chacune des séances de la commission et du plenum de l'assemblée, je me suis creusé le cerveau pour que l'Italie ne jouàt pas un ròle effacé. Sauf ses instructions générales très bien faites, M. Mancini me laissait assez voler de mes propres ailes. J'ai fait de mon mieux pour rester dans la juste mesure.

Quel sera le résultat de notre ceuvre. Dieu seui le salt. C'est à dessein que dans ma réponse au discours du prince de Bismarck, j'ai insinué à dessein les mots «quel que soit l'avenir réservé à cette ceuvre qui reste soumise aux vicissitudes de toutes choses humaines etc. ». Je ne puis me défendre de quelques appréhensions quand je songe aux rivalités, aux convoitises des Puissances, aux exigences du commerce et de l'industrie. La civilisation n'est que le drapeau qui couvre la marchandise. Les populations indigènes risquent fort d'ètre négligées, maltraitées. Pourvu que tout cela ne finisse pas par des massacres.

Je suis hereux d'ètre délivré de cette veritable corvée, et de rentrer dans les occupations ordinaires.

Madame de Launay a bravement assisté à toutes les fètes de Cour. Mais elle se sent maintenant fatiguée et je lui prèche de ménager davantage ses forces.

(l) Cfr. n. 740.

(l) Non pubblicata.

781

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MALMUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 304. Tunisi, 2 marzo 1885, ore 11,15 (per. ore 15,50).

Mouvements troupes vers la frontière algérienne ne continuent en fait... Voyage Cambon et autre fonctionnaire et retour général Boulanger admettent deux seules explications: ou sont le résultat accords France-Turquie, ou exclusivement menées françaises. Première hypothèse signifierait crainte commune révolution tribus arabes; deuxième hypothèse cacherait hostilité adion italienne en Tripolitaine. Je ne pense pas qu'on puisse deviner vrai objectif sans une connaissance parfaite nature importance préparatifs militaires. A défaut de moyens d'informations, je propose d'urgence profiter présence du colone! Ceresa, lui confiant cette mission spéciale.

782

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 1828. Roma, 2 marzo 1885.

Col rapporto in data del 26 febbraio scorso (l) l'E. V., rispondendo al mio dispaccio del 23 stesso mese (2) relativo alla proposta avanzata dal Governo francese circa la quistione della libertà di navigazione nel canale di Suez, volle farmi conoscere che il Gabinetto di Vienna, giusta quanto le fu dichiarato da

S. E. il signor Szogyeny, capo sezione di codesto Ministero degli affari esteri, non aveva difficoltà ad accoglierla accettando ad un tempo la sostituzione di Parigi al Cairo come sede della commissione internazionale incaricata di procedere ai lavori preparatori.

Nel porgere all'E. V. i miei ringraziamenti per questa comunicazione, mi pregio d'informarla che, secondo le indicazioni finora pervenutemi, la proposta francese venne altresì accettata da Gabinetti di Berlino, di Pietroburgo e di Londra.

Senonché, nel mentre il Gabinetto di Berlino vi aderisce puramente e semplicemente, quello di Pietroburgo l'accetta a condizione ch'essa riunisca l'adesione unanime di tutte le Potenze. In quanto al Gabinetto di Londra, esso vi acconsente a patto però che la Conferenza non abbia ad occuparsi che della

no

redazione del progetto di convenzione sopra la libertà del canale di Suez, secondo le basi esposte nella circolare di lord Granville in data del 3 gennaio. Nel trasmetterle qui unito un estratto di tale circolare, le offro...

ALLEGATO

Londra, 3 gennaio 1885.

... Il Governo di Sua Maestà crede che la navigazione libera e non impedita del canale, in ogni tempo, e la sua .imrnnni:tà da ostruzione o danni prodotti da atti di guerra, sono mateTie d'importanza per tutte le NazionL È stato generalmente ammesso che le misure da esso prese per proteggere la navigazione e l'uso del c'anale, nell'interesse del sovrano terr:iltoria:le, per ristabilire la sua autontà, non intaccavano menomamente questo principio generale.

Ma, allo scopo di porre sopra una base più ch~ara 1a posizione del canale per l'avvenire, e di metterlo a riparo da possibili pericoli, esso è d'avviso che un accordo su quanto segue potrebbe con vantaggio conchiudersi fra le Grandi Potenze; al quale accordo le altre Nazioni sarebbero susseguentemente invitate ad accedere:

l) che il canale sia libero pel passaggio di tutte le navi in ogni circostanza; 2) che in tempo di guerra sia fissato un limite di tempo per le nav.i da guerra di un belligerante rimaste nel canale, e che niuna truppa o munizione da guerra sia sbarca,ta nel canale; 3) che niuna ostilità possa aver luogo nel canale, o nelle sue vicinanze, o altrove nelle acque :territoriali d'Egitto, anche nel caso che la Turchia sia uno dei belligeranti; 4) che

né l'una né l'altra di queste due ultime condizioni possa applicarsi alle misure necessarie per la difesa dell'Egitto; 5) che qualunque Potenza, le cui navi da guerra abbiano per avventura danneggiato il canale, sia tenuta a sopportare la spesa della sua ;immediata riparazione; 6) che l'Egitto prenda tutte le misure che stanno in suo potere per dar forza alle condizioni impOSte per il trans1to, in tempo di guerra, delle navi dei belligeranti att11averso H canale; 7) che nessuna fol'tificazione sia costruita sul canale o nelle sue Vlici:nanze; 8) che nulla, in quest'accordo, sia considerato come atto a diminuire o intaccare i diritti territoriali del Governo d'Egitto più di quanto ivi espressamente si dispone.

(l) -R. 2238, non pubbl!cato. (2) -D. 1823, non pubblicato.
783

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2240. Vienna, 2 marzo 1885 (per. il 7).

L'E. V. con suo riverito dispaccio del 5 dicembre scorso anno n. 1780 (l) compiacevasi informarmi che in un progetto di legge, che non tarderebbe ad essere presentato al Parlamento, sarebbero incluse disposizioni relative alla Propaganda. In un p.s. però l'E. V. mi soggiungeva che quanto mi scriveva aveva d'uopo di essere assentito dal nuovo guardasigilli fino a quel momento ignaro affatto di quanto si riferiva a tal argomento.

Tre mesi sono trascorsi da quell'epoca e fino ad ora non ho conoscenza sia stato presentato il progetto di legge di cui è caso.

Impegni ufficiali in proposito non furono presi col Governo austriaco ma assicuranze in tal senso l'E. V. ebbe a darle al conte Ludolf riferendosi agli impegni presi in faccia al Parlamento; crederei quindi opportunissimo non si differisse maggiormente a presentare quel progetto di legge. Se prima che ciò avvenisse il conte Kalnoky avesse a farci una qualche nuova rappresentanza su quell'argomento la nostra situazione si farebbe assai delicata, poiché l'iniziativa in proposito che il R. Governo deve riservarsi sarebbe compromessa. Se in presenza di una nuova pressione presentassimo il progetto di legge la nostra dignità ne scapiterebbe grandemente e se poi di fronte a quella nuova insistenza ci astenessimo dal dar seguito ai manifestati intendimenti ci si esporrebbe a trovarci a fronte di passi più precisi da parte dell'Austria che nelle presenti circostanze abbiamo ogni interesse d'evitare. Intanto il Gabinetto di Vienna tace, ma per conto mio non dubito che questo silenzio non sarà più di lunga durata, conviene adunque con un'opportuna provvida iniziativa, impedire ai nostri avversari di cogliere il momento in cui già ci troviamo in una situazione assai difficile per crearci imbarazzi di delicatissima natura (l).

(1) Non pubblicato.

784

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Costantinopoli, 2 marzo 1885.

La tua del 20 passato (2) è inspirata a tanta cordialità e franchezza che non posso trattenermi dall'aprirti pure dal mio canto l'animo mio. Tu mi dici avere sperato che io gettassi qualche luce sulle cose nostre. Ma credi tu veramente che il Governo abbia un piano positivo per l'avvenire? Io ne dubito assai. Quelle nostre occupazioni nel Mar Rosso furono concepite allorché sembrava che nulla più si opponesse al trionfo delle armi inglesi nel Sudan, epperò il nostro intendimento era di limitarsi all'occupazione dei porti. Cadde Kartum, Gordon fu ucciso, la campagna inglese era mancata. E da noi sorse quell'insano grido, che fu sdegnatamente accolto dall'Inghilterra, il che ci salvò pel momento dalla tendenza che già si manifestava alla Consulta di cedere all'aura popolare. Ma ora i nostri pubblicisti incominciano a domandarsi cosa faranno i nostri soldati a Beilul ed a Massaua, e se potranno rimanervi nella stagione estiva, epperò mettono innanzi l'idea di fare una spedizione a Kassala e magari più innanzi, e vi sarebbe qualche indizio che il Governo presti orecchio a simili suggerimenti, sebbene mi sembrerebbe impossibile di prendere una risoluzione prima

«Rispondere che 11 progetto sta precisamente conmpilandosi ora d'accordo cogli altri colleghi competenti e che la presentazione alla Camera sarà fatta entro brevissimo termine ». In base a tali istruzioni venne redatto 11 D. 1834 dell'8 marzo 1885, indirizzato all'ambasciata a Vienna, non pubblicato.

di essersi assicurati dell'Abissinia. Ed invero il nostro avvenire in quelle regioni dipende intieramente dalle relazioni che stabiliremo coll'Abissinia. Ma questi signori che parlano d'arrivare a Kassala come si trattasse di vie da Torino a Novara, che hanno ponderato le enormi difficoltà delle comunicazioni, i pericoli che si correrebbero, l'avvenire di un possedimento sì lontano dal mare? Per me trovo che se l'Italia vuoi sobbarcarsi a tanti sacrifizi e pericoli converrebbe vagliare una via che conduca ad un obbiettivo reale. E m'intendi. Le quali cose io dico poiché non posso credere che l'insania giunga a segno di gettarci in sì gravi avventure solo pe' begli occhi dell'Inghilterra, ed in questo caso vorrei si meditassero le parole dette da Gladstone nell'occasione della riapertura della sessione: «Abbiamo dato a Baring l'istruzione di trasmettere a Londra qualunque comunicazione fosse per ricevere dal Mahdi onde sia presa in considerazione dal Governo di Sua Maestà». Di modo che, se noi facessimo quella spedizione, arrischieremmo di trovare nel Sudan un Mahdi amico dell'Inghilterra. Ma dirò di più. Io non comprendo neppure l'opportunità di gettarci nelle braccia d'Inghilterra proprio nel momento in cui la Germania le dimostra tanta ostilità. Una volta fatta l'alleanza colle Potenze centrali mi sembra che si doveva mantenersi fedele ad essa, e, senza essere umili servi, trarne il miglior profitto possibile. E che ci dà l'Inghilterra in compenso della nostra diserzione? Ci permette non di buonissima grazia d'andare a Beilul ed a Massaua, ci tratta dall'alto in basso quando la preghiamo d'accettare il nostro concorso, fa conoscere alla Porta che ci aveva consigliato di domandarle il consenso per sbarcare in Africa. E se uno di questi giorni sorgesse un conflitto fra l'Inghilterra e la Russia per gli affari dell'Afganistan, ed il nostro nuovo alleato ci domandasse la nostra cooperazione, che si risponderebbe? Che ci getteremmo gli occhi chiusi in una guerra colla Russia la quale avrebbe forse la Turchia per alleata, mentre la Germania e l'Austria resterebbero spettatrici? I nostri statisti mi fanno spesso il rimprovero di avere respinta analoga proposta nella primavera del 1878. Ma io mi sarei lasciato recidere questa mano piuttosto che mettere la firma all'atto pel quale l'Italia sarebbesi fatta mercenaria d'altra Potenza, avrebbe sparso il proprio sangue per interessi non italiani, avrebbe commesso il delitto di provocare una guerra europea di cui nessuno poteva prevedere le proporzioni e la durata. Ed il risultato sarebbe probabilmente stato un nuovo e meraviglioso esempio dell'ingratitudine umana. Quando si hanno nelle mani le sorti del Paese s'ha da pensare più seriamente alle conseguenze de' propj atti che quando si parla nei caffè o si scrive su pei giornali. E se avessi da ricominciare farei lo stesso.

Io credo adunque che il nostro Governo non ebbe dapprima che l'intendimento d'occupare alcuni porti del Mar Rosso. Quando venne la notizia della caduta di Kartum, se il Governo inglese avesse chiesto il nostro concorso l'avressimo dato. Ed ora si sta meditando di fare una spedizione nell'interno, ma la notizia della sconfitta degli egiziani di Kassala, e della probabile caduta di questa nelle mani dei nemici farà comprendere che non s'incontrerebbero mulini al vento sulla via, e salverà l'Italia da tanta follia. E tutt'insieme io sono fermamente d'avviso che le armi debbano seguire i commerci e le colonizzazioni, non precederle e crearle, né mi sembra sapiente politica d'andare in cerca di conflitti senza uno scopo positivo. Ed una frase della tua ultima mi fa credere che tu partecipi a questa opinione. Scusa questo sfogo mi raccomando alla tua indulgenza.

P.S. 3 marzo

Dopo aver scritte le cose precedenti ricevetti la posta da Roma, e m'interessò assai la lettera da Vienna della Rassegna del 24, la quale contiene allusioni al diritto pubblico meravigliosamente conformi al linguaggio tenuto da più d'uno di questi ambasciatori.

(l) Allegata al presente documento si trova la seguente annotazione di Malvano:

(2) Non pubblicata.

785

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3807. Berlino, 4 marzo 1885 (per. il 7).

Il discorso pronunciato ieri l'altro dal principe di Bismarck nel Reichstag a proposito della richiesta di fondi per l'impianto di pubblici uffici in Camerun, Toga e Angra Pequefia, consta di 2 parti distinte. La prima riguarda la politica coloniale tedesca, e non è se non una ripetizione di ciò che l'oratore ebbe a dire l'anno scorso tanto nella commissione di bilancio, quanto nel Reichstag in questi ultimi mesi. La seconda contiene una franca e severa critica della politica inglese, o per meglio dire, della politica seguita dal Gabinetto Gladstone verso la Germania.

Ecco qui, succintamente riassunto, il tenore del discorso del principe cancelliere. La sua politica coloniale non poggia su sistemi compiutamente architettati, né su teorie prestabilite. Non è insomma la Minerva degli antichi che esce ar

mata dal cervello di Giove. Il principe di Bismarck lascia invece che essa si svolga organicamente e si cristallizzi per così dire da sé. E' innanzitutto indispensabile che nelle imprese coloniali il governo sia vigorosamente sostenuto dal volere della Nazione. Ora egli ha potuto convincersi che mentre da un lato le sue idee coloniali sono state accolte con plauso dalla Nazione, esse hanno incontrato invece ostacoli e inciampi presso la rappresentanza nazionale. A parer suo, codesta ostilità del Reichstag ha il duplice effetto di rendere sempre più esitante ed incerta la condotta del Governo nell'attuazione del programma coloniale, e d'influire sfavorevolmente nell'atteggiamento degli Stati esteri per rispetto alla politica coloniale tedesca. Così si spiega quella specie di opposizione internazionale che per mezzo della stampa e sovratutto della stampa inglese si è levata contro le tendenze coloniali della Germania. Se ne vedono traccie manifeste nelle recenti discussioni parlamentari in Inghilterra e nella intempestiva pubblicazione di atti diplomatici, ciò che ha ingenerato un malumore fra i due Stati che non ha motivo sufficiente di essere. E facendo allusione alle recenti affermazioni di lord Granville alla Camera inglese, il principe di Bismarck ha protestato di avermi mai censurata la politica inglese in Egitto e di avere mai dato il consiglio all'Inghilterra di prendersi l'Egitto. È codesto un errore che lo costringe ad andare più oltre da parte sua nel rendere palesi affari d'indole affatto riservata. Quindi dichiarò non aver mai dato alcun consiglio al Governo inglese circa il modo di risolvere la questione egiziana, benché ne fosse stato ripetutamente richiesto. Anzi da un documento del settembre 1882 che egli lesse all'Assemblea risulta che il principe di Bismarck aveva dato la seguente risposta: cioè che come ministro degli affari esteri di Germania egli doveva astenersi dal porgere consiglio al Governo inglese, in quanto che un simile consiglio, grazie alla propria qualità ufficiale, implicherebbe una specie di responsabilità, rimpetto agli altri Gabinetti. Infine quando gli fu domandato se non poteva dare almeno un parere, su ciò che si dovesse fare dagli inglesi in Egitto, egli rispose che, come ministro inglese, non consiglierebbe l'annessione dell'Egitto, pur riconoscendo il bisogno per l'Inghilterra di procacciarsi una sicura posizione in un paese che serve di anello di congiunzione fra i possedimenti europei e quelli asiatici della Gran Brettagna. Ora codesta posizione non si potrebbe ottenere, volendo rispettare la fede dei trattati, se non per mezzo del sultano. Per tal modo gli interessi inglesi sarebbero stati garantiti colla cooperazione del Governo ottomano. Nessuna Nazione vi si sarebbe opposta, sia perché il rispetto ai trattati era salvo, sia perché tutti avrebbero avuto fiducia nella amministrazione inglese. E grazie all'importanza degli interessi finanziari della Francia, si sarebbero così spente le gelosie che i francesi han sempre avuto per l'influenza inglese in Egitto.

Qualora l'Inghilterra avesse recato in atto l'annessione dell'Egitto, una tensione con parecchie Potenze europee, col sultano e col maomettanismo non sarebbe certo mancata. Mentre, coll'espediente da lui indicato, il malumore fra l'Inghilterra e la Francia scomparirebbe, ciò che è da desiderarsi vivamente dalla Germania, in quanto che una rottura fra queste Grandi Potenze nel centro dell'Europa sarebbe una calamità per quest'ultima, in prima riga, specialmente per la Germania, che è la Nazione più vicina all'una e all'altra. Ed inoltre aggiunse che, se l'Inghilterra preferisse di annettere l'Egitto, la Germania non farebbe nulla per opporsi. L'amicizia coll'Inghilterra è per la Germania più importante che non il futuro destino dell'Egitto. Senza dare dunque un consiglio, egli prevedeva ciò nondimeno che gravi difficoltà sarebbero tolte via, se l'Inghilterra si accontentasse di esercitare la propria influenza nell'Egitto sotto l'egida della sovranità turca. Codeste spiegazioni erano necessarie per ristabilire la verità dei fatti. Il principe di Bismarck aveva fiducia che l'attuale malumore fosse per sparire del tutto fra non molto. Dal canto suo porrà in opera ogni mezzo di conciliazione per ripristinare l'antico stato di cordialità fra i due Paesi, non avendo, questi, vitali interessi che li costringano a star divisi.

Questo discorso che ha incontrato da parte della stampa tedesca unanime applauso, non ha bisogno di commenti. E' chiaro che il principe di Bismarck abbia inteso colle sue parole di ferire direttamente il Gabinetto Gladstone, che

fu l'oggetto perenne delle sue antipatie, piuttosto che di attizzare il fuoco della discordia fra i due Paesi. Egli ha cercato inoltre, colle sue denegazioni, per rispetto ai pretesi consigli all'Inghilterra, di far scomparire ogni impressione sgradevole che avrebbero prodotta in Francia le affermazioni di lord Granville, se fossero rimaste senza categorica risposta da parte sua. V. E. noterà pure come il principe di Bismarck abbia insistito sull'importanza di un accordo fra la Turchia e l'Inghilterra nelle cose egiziane.

786

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2241. Vienna, 4 marzo 1885 (per. il 7).

Segno ricevuta all'E. V. del suo riverito dispaccio del 21 scorso mese

n. 1822 (1), relativo alle nostre relazioni colla Germania e con l'Austria nella fase che attualmente sta attraversando la nostra politica estera.

Non vi ha dubbio che l'attitudine da noi osservata in questa circostanza a fronte dei nostri alleati sarebbe pienamente giustificata dal loro procedere a nostro riguardo, se in questioni di questa natura la validità degli argomenti avesse l'efficacia che le spetterebbe: ma purtroppo non è il caso.

Conviene adunque guardare in faccia i fatti e considerarli quali sono e non quali dovrebbero essere. Così facendo e dando bando ad ogni illusione, dobbiamo di necessità convincerci, che i legami di qualsiasi natura siena che abbiamo creduto di stringere coll'Inghilterra in un momento in cui l'azione dei nostri alleati tendeva manifestamente ad osteggiare in tutti i modi il Gabinetto inglese, li ha sommamente indispettiti contro di noi eccitando a nostro riguardo un mal volere di cui tosto o tardi proveremo gli effetti. Più che mai è quindi necessario che il R. Governo raddoppi di cura e di vigilanza acciò il nostro contegno sia ed apparisca inappuntabile; sono quindi lieto dell'assicuram~e che l'E. V. si compiacque darmi col suo precitato dispaccio, in proposito. Ringrazio poi anche l'E. V. pel successivo suo dispaccio del 28 scorso mese n. 1825 (2) relativo più specialmente all'atteggiamento della stampa austro-ungarica a nostro riguardo. Assai interessante è l'informazione che l'E. V. si compiace darmi intorno al documento che il Presse Bureau di Vienna avrebbe emanato allo scopo di modificare a nostro favore il linguaggio dei suoi corrispondenti. Devo però constatare che fino ad ora nessuna traccia rinvengo qui intorno a questo mutamento di attitudine.

Del resto non esito a credere che il Gabinetto di Vienna tenuto conto della infelice situazione in cui travasi il Gabinetto presieduto dal signor Gladstone, ha per ora smesso ogni timore che da parte nostra si trascorra ad avventure di natura a compromettere la pace d'Europa. È quindi assai naturale che i due

Imperi abbiano adottato il partito di non intralciare in maniera alcuna la nostra azione nel Mar Rosso, riservandosi d'interloquire con tanta maggiore energia il giorno in cui lo si ravviserà opportuno; modo di procedere questo già seguito a riguardo dei russi durante la guerra che ebbe termine con la pace di S. Stefano, e di cui attualmente gl'inglesi pure provano gli effetti.

(l) -Cfr. n. 767. (2) -Cfr. n. 777.
787

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, NIGRA, A PARIGI, MENABREA, A PIETROBURGO, GREPPI, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO (l)

T. 195. Roma, 5 marzo 1885, ore 19.

L'ambassadeur de France me communique le passage concernant la question du canal de Suez qui devrait, d'après l'entente établie entre Paris et Londre, etre inséré dans le projet de déclaration pour l'affaire égyptienne. Vous trouverez plus bas le texte de ce passage. L'ambassadeur de France ajoute que son Gouvernement prépare un projet d'arrangement dont la commission qui se réunirait à Paris serait immédiatement saisie. Après la séance d'ouverture fixée au 16 mars on pourrait attendre les délégués qui ne seraient pas encore arrivés. Chaque Puissance ne disposant que d'une voix peut fixer à son gré le nombre de ses délégués. J'ai répondu à M. Decrais que si toutes les Puissances consentent, notre adhésion peut dès aujourd'hui etre considérée comme acquise.

* (per tutte, meno Parigi e Cairo) Veuillez me télégraphier (2) la réponse faite à la proposition française par le Gouvernement près duquel vous etes accrédité, ainsi que la composition de la délégation.

(per Parigi) Veuillez me télégraphier (3) le plus tòt possible composition de la délégation française.

(per tutti) Voici le texte proposé par le Gouvernement français: «Considérant enfin que les Puissances sont d'accord pour reconnaitre l'urgence d'une négociation ayant pour but de consacrer par un acte conventionnel l'établissement d'un régime définitif destiné à garantir en tout tem:ps et à toutes les Puissances le libre usage du canal de Suez, il est convenu entre les sept gouvernements précités qu'une commission, composée de délégués nommés par les dits gouvernements et par S.A. le khédive, se réunira à Paris le 16 mars pour préparer la rédaction de cet acte, en prenant pour base la circulaire du Gouver

nement anglais en date du 3 janvier 1883; le projet rédigé par la commission sera soumis aux dits gouvernements, qui s'emploieront ensuite à obtenir l'accession des autres Puissances )*.

(l) -Ed. in italiano ad eccezione del brano tra asterischi in LV 47, pp. 290-291. (2) -Le risposte da Berlino, Costantinopoli, Pietroburgo e Vienna sono contenute nei T. 323 del 6 marzo, T. 324, T. 328 del 7 marzo e T. 336 dell'S marzo 1885, non pubblicati. La risposta da Londra non è stata rinvenuta nel registro dei telegrammi. (3) -T. 327 del 7 marzo 1885, non pubblicato.
788

IL VICE CONSOLE IN MISSIONE SPECIALE A MASSAUA, MAISSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 19. Massaua, 5 marzo 1885 (per. il 1° aprile).

Circa l'impressione prodotta sul re Giovanni dall'occupazione di Massaua per parte delle nostre truppe, non mi fu dato sino ad ora di avere altre notizie fuorché quelle che risultano da una lettera diretta dal signor Naretti a questo

r. agente consolare della quale acchiudo qui copia (annesso A).

V.E. rileverà che tale impressione non fu buona, e ciò non deve riuscirei inaspettato. Bensì è da lamentarsi che la prima notizia del fatto sia stata data al negus dal console di Francia, il quale l'avrà colorito a suo modo.

L'agente francese che trovasi tuttora alla Corte abissina in straordinaria missione è il signor Lemay, già redattore, per quanto qui mi fu detto di un importante giornale di Parigi, ed ora ufficiale della carriera consolare. Venne nominato vice console a Kartum, ove però non poté recarsi a causa degli avvenimenti; fermatosi a Suakim fece di là un giro nel Mar Rosso per raccogliere informazioni; si recò per breve tempo in Alessandria, e là ebbe l'incarico di compiere presso il negus la missione attuale.

Circa l'azione che avrebbe spiegata a nostro danno corrono in Massaua voci delle quali non potei scoprire la fonte, e che riterrei infondate in parte o grandemente esagerate. Si dice che avrebbe assicurato il negus che non avremmo potuto fermarci a lungo in Massaua; che quanto prima sarebbero venute le navi grandi dei francesi la cui vista avrebbe presto fatto fugggire i piccoli bastimenti degli italiani ed altre simili cose.

Per quanto sia a supporsi che il signor Lemay si sia adoperato presso il negus per minare la nostra influenza, è difficile ammettere che un agente in missione ufficiale si sia valso di simili menzogne, le quali anche sarebbero state di dubbio effetto con un uomo intelligente quale il negus.

Da un'altra lettera del Naretti, della quale pure acchiudo qui copia (annesso B) {2) risulta che re Giovanni aspetta il signor Ferrari. Ho quindi pregato quest'ultimo di sollecitare i suoi preparativi di viaggio, ed egli sarà in grado di mettersi in cammino tosto che gli avremo consegnata la somma occorrente. Io aveva pregato il colonnello Saletta di anticipargliela; ma questi mi rispose di non essere in grado di togliere dalle sue casse i ventimila franchi chiesti dal Ferrari; epperò telegrafai a V.E. di aprirmi un credito di duemila sterline sopra il Comptoir d'Excompte a Bombay, essendo questo il mezzo più econo

mica per aver danaro in questa piazza, mentre le cambiali che il signor Ferrari avesse tirate su codesto Ministero, secondo che gliene era stata data facoltà, non si sarebbero qui potute negoziare.

P. S. -Il signor Lemay partì da Massaua per l'Abissinia nei primi giorni del gennaio u.s. Il suo ritorno è imminente; procurerò naturalmente di vederlo e di ottenere da lui qualche informazione.

Delle notizie contenute nel presente rapporto darò a V.E. un cenno telegrafico colla prima occasione che mi si presenterà per Suakim o per Perim.

ALLEGATO

GIOVANNI GIACOMO NARETTI, ALL'AGENTE CONSOLARE A MASSAUA, LUCCARDI

L. CONFIDENZIALE. Macallè, 17 febbraio 1885.

Ho ricevuto la cara sua del 19 decorso (1).

Ho ricevuto pure la lettera diretta dal r. commissario in Assab a S. M. il re Joannes; cssJ. fu tradotta immediatamenrte e portata al re. Chiesi istruzioni a quest'ultimo, m<t egli non mi rtspose subito. n giorno seguente dimandai a ras Alula che cosa il re avesse detto della lettera; egli mi rispose che il re aveva trovato che era una bella lettera e che avrebbe fatta la risposta. In quel giorno il re si trovava un poco indisposto.

n giorno dopo arrivò il comere del console di Francia, e portò la notizia al re che iì Governo italiano aveva preso po&Sessione di Massaua in seguito ad accordo coll'nghilterra, col sultano di Costantinopoli e col re dei re. n re Joannes andò quasi in collera dicendo: «perché l'InghUterra non mi ha avvertito?». E rimase inqUieto con me per qualche giorno, ed io non ho avuto tutto mio piacere senza saperne perché; forse egli pensava che l'occupazione di Massaua fosse venuta da me. Oggi infine mi mandò a chiamare, e mi parlò graziosamente dei miei lavori, mi disse <hl scrivergli se il governatore ha cura di far lavorare per i muri, e di tutto quello che mi occorre. Siccome ras Alula è il mào Baldembà (2), gli chiederò che cosa il re abbia pensato per la risposta. La causa del ritardo non è altra. Il re si trova un poco conturbato della notizia della presa di Massaua per par.te del Governo italiano, avvenuta tutto ad un tratto senza che egld ne sapesse nll.JJ.a.

Ho 1icevuto pure la lettera dell'amico, signor Ferrari, la quale mi ha fatto molto piacere.

Domani il re dei re parte per il Tembien (3). n console francese parte con lui; andrà sino aJ. Tembien; là spera di poter prendere congedo. Si dice che il re dal Tembien andrà ad Emba-Ciara. ( 4).

Ho ricevuto lettere del conte Salimbeni dal Goggiam, e ne ho avuto molto pi,acere. n suo piccolo ponte va avanti, ha fatto la calcina; ora il re Tekla.-Haimanot è molto contento, g1i ha dato quattro denti di elefante e quattro carichi di caffè. Essi sono arrivati qui. Dopo qualche giorno una mula è morta, siccome non ne tengo altra per rimpiazzarla, lascerò qua un carico di caffè. La sua carovana partirà domani ...

Mando un piego del conte Balimbeni con una lettera per il conte Antonelli, non posso spedirla di qua come egli me ne prega.

51 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XVII-XVIII

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III, cit., pp. 139-141.

(2) Non pubblicato.

(l) -Non pubbllcata. (2) -Viene chiamato « balderabà » presso gU abissini quello tra i personaggi della corte che in certo qual modo dà la sua protezione ad uno straniero e lo introduce presso 11 re Joannes quando gli occorre un'udienza. [Nota del documento]. (3) -Il «Temblen » è un distretto del Tlgrè tra l gradi 14° e 13° di lat., è attraversato dal meridiano 39° Est Greenwlch. È: segnato Temben nella carta di Johnston. [Nota del documento]. (4) -Emba-Clara travasi a breve distanza nord est del lago Tsana, è scritta Ambacharà sulla carta di Johnston. [Nota del documento].
789

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

L. PERSONALE. Vienna, 5 marzo 1885.

Devo risposta a due tue lettere, l'una del 20 passato febbraio (l) l'altra del due corrente (2). Ti sono grato per informazioni che mi hai dato intorno a quella tale corrispondenza (Blowitz) da Parigi comparsa nel Times del 23 febbraio. Veramente mi meraviglio alquanto la non sua smentita, ma dopo quanto mi scrivesti, capii perfettamente il tuo silenzio. Nessuno mi tenne parole di ciò qui, poiché dal giorno in cui inaugurammo la nostra celeberrima politica coloniale, che viceversa nulla ha di coloniale, nessuno più ebbe a tenermi parola qui dei fatti nostri. Il silenzio è completo, ma ti assicuro che quel silenzio nulla ha di rassicurante per l'avvenire. 2 -perché sarei davvero ben imbarazzato a spiegare, a difendere la nostra politica che mi è completamente incomprensibile. Cioè incomprensibile ... purtroppo ho finito per capire anch'io che non abbiamo intendimenti di sorta e che siamo lanciati in una grossa avventura che può da un momento all'altro ingrossarsi ancora ben maggiormente senza neppure dubitarcene.

Non c'è un'idea nella tua lettera del 2 corrente che io non divida pienamente tanto pel passato come pel presente. Ma cosa faremo? Uscire da quel Mar Rosso non è più possibile, ed a restarci non si capisce come alla lunga il Paese non finirà per comprendere l'immensa corbelleria che abbiamo fatto.

Amici con gli inglesi, ottime relazioni con loro sempre, ma loro alleati mai se come terzo non vi ha pure un'altra Grande Potenza continentale. Il momento presente poi era il peggior scelto di tutti poiché chiaramente si vedeva l'odio che da assai tempo il Bismarck non celava affatto a riguardo del Gabinetto di St. James. L'ho detto chiaro e tondo nel mio rapporto al Ministero dell'estate scorsa dopo il ritorno di Kalnoky da Friedrichsruhe. L'insufficienza, la senilità anzi colla quale il Gladstone ebbe a condurre la politica estera del suo Paese doveva già sconsigliare di attaccarsi a lui, ma essenzialmente noi alleati della Germania e dell'Austria dovevamo comprendere che non ci conveniva di allearci coll'Inghilterra tanto a loro invisa da assai tempo. Intanto se noi ci siamo legati all'Inghilterra questa ben dimostra di non essersi affatto vincolata a noi ed i due Imperi nostri alleati ci fanno ·Chiaramente comprendere che fra loro e noi non c'è più nulla di comune. Questa volta l'isolamento è completo, ma ... siamo a Massaua e! francamente temo una catastrofe il giorno in cui il Paese si sveglierà e vedrà chiaro la situazione in cui fu precipitato proprio con una leggerezza senza pari. Avrai osservato il linguaggio tenuto dal signor Ferry a Menabrea, che si è sentito il bisogno di provocarlo e la comunicazione al riguardo fattaci da Decrais. Mi aspetto ora qualche cosa di analogo da parte della Russia. Gli altri due Imperi continueranno pare a tacere limitan

dosi ad aspettarci al varco il giorno in cui dovremo assiderci attorno ad un tavolo verde per regolare i conti. Gli esempi della Russia ed anche dell'Inghilterra parmi parlino sufficientemente chiaro. Intanto gli eventi che si preparano mi sembrano gravissimi. La Germania provoca violentemente l'Inghilterra e la Russia la minaccia alle Indie in una maniera che non potrebbe essere più pericolosa. Vedremo cosa Herbert Bismarck è andato a fare a Londra, ma dubito assai vi abbia portato un ramo d'ulivo in fiori. Intanto se i russi minacciano sul serio Herat, m'aspetto io pure che gli inglesi evacueranno non solo il Sudan ma tutto l'Egitto per correre au plus presse. E noi cosa faremo, piglieremo il loro posto per cavar loro le castagne dal fuoco ed a cose finite vederci invitati dall'Europa ad entrer dehors, e ciò dopo immensi sacrifici di denaro e di uomini? Già per conto mio mi aspetto a tutto poiché quando si naviga come il facciamo noi senza bussola lasciandosi unicamente spingere dalla corrente popolare non c'è ballorderia che non si faccia.

Hai pienamente ragione di dire che le armi devono seguire i commerci e le colonizzazioni, non precederle o volerle creare; ma questa tua osservazione si riferisce ad una politica coloniale, e ciò che facciamo noi è della politica d'avventure, anzi è il colmo del genere. Noto con ,compiacenza la celerità delle comunicazioni fra Costantinopoli e Vienna. Il tuo P.S. è del 3 marzo ed io ricevevo quel tuo foglio il 5. Non ho però avuto tempo di buttar giù questa di un colpo solo, e quindi avendola cominciata ieri la finisco oggi.

(l) -Non pubblicata. (2) -Cfr. n. 784.
790

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. CONFIDENZIALE 321. Londra, 6 marzo 1885, ore 16,30 (per. ore 19).

Lord Granville m'a dit que le comte H. de Bismarck avait été envoyé ici pour tater le terrain, mais plutòt dans un esprit favorable à une entente. La question avec la Russie n'a pas encore fait de progrès sensibles vers un aplanissement. Il y a beaucoup d'incertitude et de malaise dans la situation. En attendant on prend ici des mesures militaires sérieuses et il est question d'envoyer aux Indes les gardes qui étaient à Suakim.

791

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 322. Londra, 6 marzo 1885, ore 16,30 (per. ore 19,10).

Hier au soir à la Chambre des communes sir Milner a demandé si l'occupation italienne de Massaua entravait sérieusement les opérations du major Chermside pour le secours de la garnison de Kassala et si le Gouvernement anglais prendrait des mesures pour persuader le Gouvernement italien à secourir la susdite ville. Lord Edmond Fitzmaurice répondit que le Gouvernement anglais n'avait reçu aucune information concernant la première partie de la question. Il ajouta que le Gouvernement italien étalt en possession de tous les détails connus relativement à la condition de la garnison de Kassala et que le Gouvernement anglais devait lui laisser la décision à prendre à cet égard.

792

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3810. Berlino, 6 marzo 1885 (per. il 10).

Les discours récents du prince de Bismarck au Reichstag, les dernières publications du Blue Book anglais et du livre blanc allemand, indiquent assez le degré de tension des rapports entre les deux Cabinets.

De chaque còté, on récrimine dans un langage qui dénote une profonde irritation. Il est vrai que c'est le Gouvernement anglais qui a décliné les premières ouvertures d'une entente sur la politique coloniale; et que dès lors il a trouvé sa piace prise par la France aux còtés de l'Allemagne. Quand il a voulu renouer les conversations qu'il avait laissé tomber à Londres et à Berlin, le chancelier répondait qu'il était trop tard, qu'il s'était déjà entendu avec la France.

Mais tout porte à croire que le Cabinet impérial n'a pas dit son dernier mot. Le départ du compte Herbert de Bismarck pour Londres, au moment mème où son père prononçait à la Chambre un discours si significatif, laisserait supposer qu'une dernière tentative est faite pour amener de meilleures relations entre les deux Gouvernements. C'est du moins dans ce sens que, dans les cercles diplomatiques, on interprète la mission de ce jeune diplomate appelé à remplacer sous peu M. le docteur Busch qui échangera sa position de soussecrétaire d'Etat contre un poste à l'étranger.

Le jour de son départ en congé pour Londres, où il s'est rendu pour raisons de famille, sir Edward Malet a eu un long entretien avec le chancelier pendant que les plénipotentiaires de la conférence étaient occupés à apposer leurs signatures à l'acte général. Je sais que mon collègue britannique ne s'en est montré que médiocrément satisfait, son interlocuteur ayant insistè sur de certaines concessions coloniales, en élevant des plaintes sur la jalousie ombrageuse de l'Angleterre.

Je me suis assuré que, dans cette conversation, rien n'avait été dit à l'égard de l'Italie et de nos occupations de territoires dans la Mer Rouge. Mais il me résulte que l'on se préoccupe toujours beacoup ici de nos entreprises. Les recommandations faites dans le temps à Londres, recommandations auxquelles le chancelier vient de donner la plus grande publicité, de se concerter avant tout avec la Turquie, vont également à notre adresse. On prévoit à Berlin

qu'il pourrait surgir de graves conflits en suite d'une atteinte aux traités qui garantissent l'intégrité de l'Empire ottoman. Il est vraisemblable que le comte de Bismarck s'expliquera aussi dans cet ordre d'idées avec lord Granville.

793

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 491. Parigi, 6 marzo 1885 (per. il 10).

Coi miei rapporti del 5 febbraio ultimo n. 482 (l) ed 11 febbraio n. 486 (2) io aveva l'onore di rendere conto all'E. V. delle conversazioni che nei giorni 28 gennaio, 4 ed 11 febbraio ultimo, io aveva avuto col signor Ferry, intorno alla nostra spedizione militare diretta ad occupare Beilul e Massaua. In quelle conversazioni io uniformai strettamente il mio linguaggio all'indirizzo che emerge dai discorsi di V. E. al Parlamento, dalla sua risposta alla interpellanza del signor Decrais riferitami con telegramma del 31 gennaio (3) e da altri successivi telegrammi, specialmente quelli dei 3, 4 e 5 febbraio ultimo (4). Col suo dispaccio dell'8 febbraio ultimo n. 481 (2) l'E. V. si compiaceva di approvare il linguaggio da me tenuto e si poteva supporre che quella vertenza fosse esaurita, quando l'E. V. col suo dispaccio del 26 febbraio n. 491 (5) mi comunicava il tenore di una lettera, con la quale codesto ambasciatore di Francia, signor Decrais, in seguito alle istruzioni del signor Ferry stesso circa le nostre intenzioni di rispettare i diritti di sovranità esistenti, e di non volerli vulnerare con la nostra provvisoria occupazione di alcuni punti del littorale del Mar Rosso. L'E.V. giustamente esprimeva la sua sorpresa di quel contegno dell'ambasciatore di Francia poiché quel Governo nulla aveva da fare in tale quistione che interessa direttamente ed esclusivamente il nostro Governo e quello del sultano. Anzi tutto io rileverò le parole di « dichiarazione da me spontaneamente fatta », che mi paiono alquanto eccessive, poiché io fui principalmente indotto a parlare distesamente di quella quistione dal signor Ferry stesso, il quale, quando entrai nel suo Gabinetto al momento in cui ne usciva l'ambasciatore di Turchia, mi disse: «Ecco Essad pascià che mi ha portato le proteste del suo Governo contro la spedizione italiana ». Ciò essendo io non poteva fare a meno di esporre ufficiosamente la condizione delle cose al signor Ferry, valendomi delle informazioni che l'E. V. aveva trasmesse al conte Corti sullo stato pericoloso e di disordine in cui giacevano quei paesi dove l'Italia portava, con la sua bandiera, l'ordine e la sicurezza.

Essendomi ritrovato ieri l'altro col signor Ferry, credei opportuno di favellare, non ufficialmente ma in forma amichevole, di quell'incidente della lettera del signor Decrais, e gli feci osservare che si poteva trovare singolare, che si fosse data ad una semplice conversazione officiosa, a titolo d'informazioni, il carattere e la solennità di una dichiarazione officiale della quale si dovesse prendere atto; gli notai inoltre che la quistione vertente era sorta unicamente tra il R. Governo e quello di Turchia, che dessa non toccava punto la Francia, poiché avevamo dichiarato che i territori ai quali essa pretende cioè Zula e la baia di Adulis sarebbero rispettati, per cui non si scorgeva la ragione per la quale l'ambasciatore francese aveva creduto di dovere prendere atto delle mie parole, le quali, d'altronde, erano conformi alle dichiarazioni antecedentemente a lui fatte dall'E.V. stessa. A questa osservazione, il signor Ferry mi rispose che credeva di avere proceduto correttamente in quella occasione, poiché la integrità dell'impero ottomano essendo stata guarentita dalle Grandi Potenze, ognuna di essa aveva il diritto d'ingerirvisi ogni qualvolta quella integrità fosse in qualche modo minacciata.

Si poteva ritorcere l'argomento contro il Governo francese stesso che senza tanti complimenti s'impadronisse di Obock, di Tagiura, e si appresta ad occupare Zula e la baia di Adulis; ma non credei di dovere oltre prolungare quella discussione. Mi bastava di essere giunto al mio scopo, quello cioè di conoscere il movente che aveva spinto il Governo francese all'atto di cui si tratta.

La questione si presenta adunque sotto un nuovo punto di vista, quello cioè del diritto che, giusta l'opinione del signor Ferry, competerebbe a ciascuna delle Potenze garanti della integrità dell'Impero ottomano, d'immischiarsi isolatamente, senza esservi interessata, negli affari che possono sorgere fra la Sublime Porta e qualsiasi altra Potenza.

Ho stimato di rilevare questa conseguenza e di sottoporla all'apprezzamento di

V.E. (1).

(l) -Cfr. n. 717. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 700. (4) -T. 95, in realtà del 2 febbraio, T. 100 del 4 febbraio e T. 104 del 5 febbraio, non pubblicati, ma cfr. n. 695, nota 3, n. 706, nota 1, p. 660 e n. 715, nota l, p. 666. (5) -Cfr. n. 773.
794

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. RISERVATO CONFIDENZIALE S. N. Berlino, 7 marzo 1885.

Le 5 courant après avoir réglé, dans une visite chez le sous-secrétaire d'Etat, certains détails relatifs à la Conférence africaine, je me disposais à me retirer, lorsque, sans que je lui en eusse fourni le joint, il prenait l'initiative d'amener l'entretien sur un rapport de M. de Keudell concernant les réponses faites par

V. E. aux interpellations de quelques députés sur notre politique coloniale. Vous déclariez que notre action parallèle et bienveillante avec l'Angleterre étaient un complément du programme de paix et de conservation qui formait le but de nos engagement avec les Empires de l'Europe centrale.

Cette déclaration avait fixé l'attention du chancelier. Il ne partageait pascette manière de voir. Cela équivaudrait à laisser croire que nos agissements dans la

Mer Rouge pouvaient etre considérés comme le couronnement de notre reuvre commune en 1882; qu'il se trouvaient en harmonie avec nos stipulations, et que nous avions procédé d'accord avec les deux Cabinets impériaux. C'était plutòt le contraire. Notre entente avait eu essentiellement pour but le maintien de la paix. Or tout ce qui serait de nature à ébranler l'Empire ottoman, à porter atteinte à son intégrité territoriale garantie par les traités, constituait un danger pour la conservation de la paix. Il pourrait surgir des complications en suite de nos occupations dans la Mer Rouge. S'il devait se produire quelque conflit, et afin de prévenir tout malentendu, le prince de Bismarck me faisait dire confidentiellement que notre traité d'alliance ne s'appliquait pas à ce cas spécial. Tel était son avis qu'il croyait aussi partagé à Vienne.

Camme M. de Keudell ne connaissait pas le texte de notre traité, le prince préférait qu'un semblable avis nous fùt communiqué par mon intermédiaire.

Je manifestais quelque étonnement qu'on se fflt mépris sur la véritable portée de votre langage et sur l'esprit qui l'avait dicté. Je me réservais de relire vos discours. Mais ma première impression, confirmée par vos dépeches, avait été qu'en cultivant notre amitié traditionnelle avec l'Angleterre, nous servions en meme temps les intérets de nos alliés. Si nous nous exposions à rester isolés camme Puissance maritime, nous ne serions pas éventuellement en mesure de leur preter, camme Puissance continentale, l'assistence de toutes nos forces. Telle était la signification qu'il fallait donner aux paroles de V.E., lesquelles, destinées à la publicité, se bornaient à laisser comprendre que nos engagements demeuraient intacts. Mais nous n'entendions en aucune sorte impliquer nos alliés dans une action qui tend à protéger nos intérets exclusifs itérativement déclarés étrangers au but direct de l'alliance. Si nous avions cru devoir nous abstenir de les prévenir de nos résolutions, ce n'était pas pour suivre leur exemple, mais parce que nous pensions user envers eux d'un procédé délicat en évitant meme l'apparence de vouloir leur attribuer une responsabilité que nous assumions en entier à notre propre compte (document diplomatique n. 422, serie XXIII) (1).

Pour ce qui regarde la Turquie, nous ne soulevions pas de question de souveraineté dans des parages surtout où elle n'était exercée que nominalement et où l'Egypte se reconnaissait impuissante à sauvegarder l'ordre et la sécurité et à protéger le commerce. La Turquie d'ailleurs n'est pas comprise dans nos accords avec l'Allemagne et l'Autriche. Il en a été de meme pour l'Angleterre.

Je retournais le lendemain chez le sous-secrétaire d'Etat et je lui donnais lecture du discours de V.E. en date du 29 janvier (actes parlementaires page 11204) depuis les mots «questa neutra assistenza» jusqu'aux mots «prende la sua precipua direzione ». J'y ajoutais les memes commentaires que la veille. L'expression « complemento » se trouvait meme par surabondance, puisqu'elle était accompagnée des mots « quasi direi».

M. Busch ne pouvait que se référer à ce qu'il m'avait dit, la veille, au nom du chancelier. Celui-ci, en le chargeant de ce message, n'avait cédé à aucun mouvement de malveillance ou d'irritation à notre égard. Il tenait seulement

à ce que, le cas échéant, il ne se produisit aucun malentendu sur la véritable interprétation du traité d'alliance. On ne saurait en induire un casus joederis en ce qui concerne notre entreprise dans la Mer Rouge, et les conséquences qui pourraient en découler.

Je rappelais notre entretien du 10 février (document diplomatique n. 410, série XXIII) (1). Je lui donnait lecture de mon rapport et de la réponse de V. E. due 14 février n. 1809 (2), en soulignant le passage que nous étions fermement résolus, en toute hypothèse, de rester scrupuleusement fidèle à la lettre et à l'esprit de l'alliance. Nous avions donc quelque titre à compter sur l'appréciation équitable des Cabinets de Berlin et de Vienne pour des faits qui ne sont que des incidents dans les graves questions de l'Egypte et du Soudan.

J'avais examiné de nouveau avec beaucoup de soin les différentes clauses de notre traité. Je ne voulais pas me livrer à une discussion, ni énoncer un jugement sur la manière dont on avait rempli ici l'engagement stipulé à l'article prémier de procéder à un échange d'idées sur les affaires politiques d'une nature générale. Je tenais seulement à bien établir que nous évitions et éviterions d'entrer dans des alliances ou engagements dirigés contre l'un des Etats contractants. Nous comptions sur l'entière réciprocité. Il est bien loin de nos intentians de pravaquer d'une manière directe au indirecte la France et la Russie, les deux seules Grandes Puissances visées par nas arrangements. Il est vrai que depuis lars un changement imprévu s'est manifesté envers ces Puissances de la part de l'Allemagne et de l'Autriche. Mais naus ne verrians pas en quai notre attitude vers la Mer Rouge et à l'égard de la Turquie et de l'Egypte paurrait étre envisagée par la France et la Russie comme une pravacatian quelcanque à l'adresse de l'une au de l'autre. La France accupe camme nous et camme l'Angleterre d es points sur les còtes de la Mer Rauge, et naus soutenans tous ne pas vaulair cantester les draits de la Turquie, pour autant qu'ils sont reconnus légitimes. Quant à la Russie, sa sallicitude pour la Turquie sera peutétre sincère en ce moment, mais cette sollicitude rencontrera bien des incrédules, surtout à Constantinople.

Là s'est arrété ma conversation avec le sous-secrétaire d'Etat.

Je cherche à défendre aussi bien que passible natre cause. Je continuerai à

le faire, lars méme qu'il existe paur mai bien des points abscurs sur lesquels

je n'ai paint reçu les éclaircissements désirés. Je ne vais pas, sans quelque ap

préhension, l'avenir. Plus que jamais une extréme circonspectian est de mise

dans notre conduite. Quel que sait le prix que l'Angleterre attache à notre ami

tié, celle de l'Allemagne lui est encare plus nécessaire natamment paur se garer

des intrigues russes dans l'Asie centrale, et les préférences britanniques peuvent

s'accentuer prachainement paur le Cabinet de Berlin, dans le cas surtaut de la

retraite du ministrère Gladstane. Le langage tenu, ces jaurs derniers, par lord

Granville à la Chambre Haute, indique déjà un retaur à de meilleurs rapparts

entre Ies deux Gouvernements. Si de graves camplicatians se praduisaient, grace

à la Russie nommément qui sauffle sur le feu à Costantinaple aussi bien que

dans l'Asie centrale, Dieu sait quelles entorses an chercherait à danner à natre:

traité d'alliance! Qu'on recoure à l'esprit quand le texte n'est pas clair, à la bonheur! Mais qu'on y recoure pour ajouter au texte ce qu'il ne dit pas, ou pour y mettre le contraire de ce qu'il dit, c'est là une méthode qu'on pourrait etre tenté de nous appliquer. En ces sortes d'affaires, les Etats les plus forts emploient souvent deux poids ed deux mesures, en ne consultant que leurs propres convenances.

Je ne sais trop si le message ci-dessus mentionné ne reflète pas un certain mécontentement du prince de Bismarck à notre endroit, parce que nous ne nous sommes pas ralliés au plan qu'on lui pretait d'isoler l'Angleterre. Il se peut aussi que de Vienne et de Pétersbourg, de Constantinople et de Paris, ou de tous ces còtés à la fois, on lui ait demandé si en effet nos pourparlers avec l'Angleterre, notre marche en avant vers la Mer Rouge avaient eu lieu en plein accord avec nos alliés. C'était bien là une conséquence que l'honorable M. Crispi faisait dériver du langage de V.E. Le chancelier aura peut-etre voulu rassnrer les interpellateurs, et nous communiquer en meme temps ses propres appréciatio ns.

Il serait prématuré de discuter s'il conviendra de maintenir le pacte d'alliance après son échéance en 1887; mais soit que nous cherchions à en prolonger la durée sous le bénéfice de quelques améliorations, soit que nous préférions revenir au status quo ante, il est indispensable pour la première alternative de nous piacer dans les conditions voulues afin de ne pas passer par toutes les prétentions de l'Allemagne et de l'Autriche; et quant à la seconde alternative, nous devons nous appliquer à développer toujours plus, et sans relache, nos forces militaires pour nous faire respecter et rechercher dans les combinaisons fu tures.

Je confièrai ce rapport au prochain courrier de Cabinet. J'estime qu'il serait à propos d'en donner communication à S.E. le comte de Robilant.

P. S. 11 mars 1885.

Les agences télégraphiques annoncent que mardi prochain V.E. répondra dans le Parlement à des interpellations sur notre action dans la Mer Rouge et sur notre relations avec l'Angleterre et les Puissances de l'Europe centrale.

Le courrier n'étant pas encore annoncé de Pétersbourg, je ne veux pas tarder

à expédier ce rapport dont il sera utile que vous avez connaissance avant la

date des interpellations.

Je le transmets jusqu'à Turin sous pli recommandé et sous double adresse à mon fondé dE: pouvoirs.

(l) Per la risposta cfr. n. 803.

(l) Cfr. n. 767.

(l) -Cfr. n. 740. (2) -Cfr. n. 751.
795

IL CONSOLE A TRIPOLI, GRANDE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE S. N. Tripoli, 7 marzo 1885 (per. il 13).

Ho riferito all'E. V. che tra il reggente il consolato di Francia ed il governatore esistesse qualche screzio. Entrambi, in particolari conversazioni, mi hanno dimostrata tale disposizione del loro animo. E siccome, tanto col valì, quanto con i miei colleghi, intrattengo dei rapporti amichevoli, cosi in questi giorni scorsi, rendendo all'uno ed all'altro separatamente una visita che a loro doveva, mi accertai meglio del fatto e di altri ancora dei quali reputo

opportuno di dar conoscenza all'E. V. Discorrendo col governatore, la conversazione cadde sull'argomento delle voci corse in Europa di una pretesa agitazione nella Tripolitania: ed egli confermandomi che nulla 'esistesse, mi soggiunse: che ciò era un raggiro di un certo dottor Pasqua di origine greca, medico di reggimento, al servizio della Turchia, addetto alla persona del ferik Zecchi pascià, il qual dottore, d'accordo con questo e col consolato di Francia, lavoravano incessantemente a

dimostrare alla Sublime Porta essere disadatto a reggere questa provincia. Continuò egli dicendomi: che ultimamente era stato costretto a tenere una lunga corrispondenza telegrafica col ministro dell'interno, smentendo le false asser

zioni telegrafate a Costantinopoli da Zecchi pascià, e le voci sparse ad arte, allo scopo di determinare la Sublime Porta a rinforzare la guarnigione di Tripoli.

Dall'insieme del discorso io ebbi la conferma di quello che erami stato da terze persone riferito cioè: che tra il governatore ed il ferik esistesse una cordiale inimicizia e che questi cercasse con tutti i mezzi a valersi del favoritismo ch'egli gode presso la persona del sultano, per rimuovere il governatore dal posto al quale il ferik bramosamente aspira. Che tali maneggi fossero poi appoggiati dal consolato di Francia, oltre a quello che mi disse il pascià, mi risulta, non certamente in modo esplicito, ma alquanto indubitato, dall'insieme àella conversazione che io ebbi col signor Pougnont: in quanto che non rifini egli di farmi gli elogi del ferik ritenendolo e stimandolo come uomo franco ed energico; mentre del pascià me ne parlò piuttosto con un c·erto disdegno. E pur riconoscendo egli che il vali fosse intelligente e di molta capacità, sarebbe stato però nell'amministrazione desiderabile di avere un uomo come il ferik, in quanto che gli affari sarebbero stati con maggior correntezza

trattati, mentre dal pascià non c'era verso di ottenere giustizia.

Omettendo ora d'indagare quale sia il recondito scopo che spinga il con

solato di Francia a dirigere i suoi attacchi contro il governatore, se ciò sia

effetto di personale rancore del signor Pougnont, ovvero a semplice e solo fine

politico, il certo si è che se riuscissero a rovesciare il governatore sarebbe un

male, ed un danno maggiore ne deriverebbe se per caso il ferik lo sostituisse.

n governatore non tralasciando di essere un turco, è persona ragionevole

e col quale si può facilmente intendersi, mentre il ferik ha poca capacità am

ministrativa, ed anche credo militare. Pieno di sé stesso è di un fanatismo oltre

misura: non nutre per gli italiani la benché minima simpatia. Egli è circondato

da gente ambiziosa ed a lui intieramente devota: esercita una certa autorità,

ed ha grande influenza presso le popolazioni: io reputo quindi che sarebbe vera

mente pericoloso se i due poteri civile e militare si accentrassero nelle sue mani.

796

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 1839. Roma, 8 marzo 1885.

Ho l'onore di segnare ricevuta del rapporto di serie politica n. 3804 in data del 1° corrente (1).

Ringrazio l'E.V. per le interessanti informazioni che mi trasmette, circa all'atteggiamento della Germania in ordine alla nostra azione nel Mar Rosso, e le confermo in proposito i concetti già precedentemente espressi su questo delicato argomento nel carteggio con codesta r. ambasciata.

Le dichiarazioni da me fatte in Parlamento e quelle dei ministri inglesi chiariscono la precisa situazione delle nostre relazioni coll'Inghilterra, salvo quei particolari d'indole affatto intima e di carattere affatto eventuale, che, mentre non possono avere diretta ed immediata influenza sul nostro indirizzo politico, devono necessariamente tenersi in assoluto riserbo.

L'ipotesi poi di un'opposizione o contrasto, da parte della Turchia o della Francia, che potrebbe cagionare un atteggiamento meno benigno della Germania verso di noi, può considerarsi oramai esclusa, come V. E. rileverà dai carteggi che le vengono comunica:ti.

797

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI

D. 137. Roma, 8 marzo 1885.

Il r. ambasciatore in Costantinopoli, rispondendo ad una domanda da me rivoltagli circa la sussistenza di voci oorse d'intimi rapporti fra quell'ambasciata di Russia ed il Palazzo imperiale, e di prossima alleanza fra i due Stati, mi ha fatto testé conoscere che le voci in discorso non avrebbero, secondo le informazioni da lui assunte, fondamento veruno. Era bensi vero che il signor Nelidov erasi sempre adoperato ed adoperavasi tuttora a stringere vieppiù le amichevoli relazioni tra la Russia e la Turchia, la quale faceva a siffatte pratiche 'buona accoglienza, non già per la piena fiducia che aveva negli. intendimenti del Gabinetto di Pietroburgo, ma per l'irritazione che ri..., sentiva contro il Governo britannico. In quanto alle intime relazioni tra l'ambasciata russa ed il Palazzo imperiale, esse non esisterebbero neppure. Nessun ambasciatore infatti avrebbe dimistichezza col Palazzo e le udienze loro accordate dal sultano sarebbero rarissime. Solo tra gli ambasciatori quel· lo di Germania avrebbe in c.erto modo più intime relazioni col Palazzo, ma queste non sarebbero personali.

A quanto ri'ferisce il conte Corti sarebbe probabile che, se a proposito dell'Asia centrale sorgessero dei conflitti fra la Russia e l'Inghilterra, la prima di queste Potenze farebbe ogni sforzo per conciliarsi la Turchia; se questa eventualibà dovesse però realizzarsi, il risultato di tale unione sarebbe più conforme agli' interessi della Russia che a quelli della Turchia.

Stimo opportuno di portare quanto precede a notizia dell'E.V.

(l) Cfr. n. 779.

798

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 341. Londra, 9 marzo 1885, ore 11,56 (per. ore 14,25).

Les questions coloniales entre l'Allem':l.gne et l'Angleterre sont sur le point d'ebre arrangées, par contre le différend entre l'Angleterre et la Russie n'a fait aucun pas dans la voie d'une entente. La situation à cet égard continue à etre tendue. On prend ici des mesures sérieuses pour l'éventualité d'une guerre dans l'Afghanistan.

799

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 117. Pietroburgo, 9 marzo 1885 (per. il 19).

Col mio telegramma delli 2 corrente (l) ebbi l'onore di riassumere le informazioni attinte a buona fonte sulle voci corse d'offerte d'ajuti materiali fatte dalla Russia alla Turchia a cui sembrava dove3se tenere dietro un'alleanza offensiva e difensiva tra quelle due Potenze, sul quale argomento si aggira il dispaccio di questa serie n. 129 che l'E.V. si compiacque dirigermi in data delli 24 ultimo febbraio (2).

Secondo le mie informazioni, i tentativi fatti dalla Russia per dare una forma più precisa alla occasionale sua amicizia per la Turchia, risalgono a varii mesi e precisamente allorquando tra i due rispettivi sovrani avvenne lo scambio delle loro principali decorazioni. Il sultano avrebbe declinato quelle offerte giacché assai sospette benché non mancassero tra gli intimi suoi chi l'incoraggiasse ad accettarle.

Non mi risulta che in questi ultimi tempi la Russia abbia rinnovato il

tentativo, né questo a quanto parmi avrebbe in oggi maggiore probabilità di

riuscita. Sta infatti però, che il signor Nelidov, ambasciatore di Russia in

Costantinopoli, ripartì p€r la sua residenza appena s'ebbero le notizie dei ro

vesci inglesi nel Sudan.

Nell'unica occasione in cui il signor de Giers mi fece cenno delle due circolari comunicategli da quest'ambasciatore di Turchia in conseguenza dell'ingresso nel Mar Rosso della nostra prima spedizione, sul che ebbi l'onore di. ragguagliare l'E. V. col mio telegramma del 12 febbraio ultimo (l) il signor de Giers mi parlò in tuono pressoché scherzoso sopratutto quando mi fece osservare che colla nostra occupazione di Massaua, si attentava alla integrità dell'Impero ottomano e si fu allora che sorridendo aggiunse: «Questa osse'rvazione non spetterebbe certo alla Russia di formolarla ». 1

Debbo però confermare lo spirito ostile che sempre più ne'lle sfere rUSSE\ sì appalesa contro l'Inghilterra sopratutto in quelle militari.

Nelle regioni officiali si fanno grandi sforzi per moderare la avversione contro l'Inghilterra. Così l'imperatore nello scorcio del carnevale onorò di su~ presenza assieme a tutta la famiglia imperiale un ballo all'ambasciata inglese trattenendovisi a lungo. I rapporti personali tra il signor de Giers e sir Edward Thornton non possono essere né più cordiali né più improntati dal desiderio d'un accordo. Ma il signor de Giers tuttoché tutto consacrato ad una opera di pace non potrà .sempre con suo vantaggio lottare con elementi com., patti che contrariano il suo programma.

Se le nostre mosse nel Mar Rosso sono da taluni criticate è solo sotto il riguardo che quelle possano essere interpretate come ajuto od almeno come promessa d'ajuto agli inglesi nel Sudan.

Non mancherò d'indagare attentamente le tendenze che progressivamente possono manifestarsi tanto nelle' sfere officiali quanto nella pubblica opinione a riguardo della nostra azione nel Mar Rosso.

(l) -T. 307, non pubblicato. (2) -Non pubblicato.
800

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 654. Roma, 10 marzo 1885.

Ho ricevuto il rapporto in data 6 di questo mese (2), circa l'interrogazione fatta nella Camera dei comuni da sir F. Milner, e la risposta data da lord E. Fitzmaurice intorno a Ka:ssala.

Non ci sembra per verità che lord Fitzmaurice abbia espresso esattamente la situazione in quanto concerne una nostra azione eventuale verso Kassala. Chi legge la sua risposta può credere che noi stia;:rn considerando se convenga. ìntraprendere quella spedizione per nostro conto ed indipendentemente da qualunque accordo col Governo britannico, mentre invece noi abbiamo già fatto conoscere, a questo riguardo, molto schiettamente il nostro pensiero al G'overno inglese.

(l) -Cfr. n. 748. (2) -R. 463/243, non pubblicato.
801

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 355. Cairo, 11 marzo 1885, ore 13 (per. ore 14,30).

Baring est venu me dire qu'il est temps de nous occuper de la retraite de la; garnison égyptienne à Massaua, qui se compose de 500 hommes. Il est d'avis qu'il est nécessaire d'y laisser encore pour quelque temps une centaine d'hommes, et il laissa à V.E. de décider s'il convient de retirer le surplu~ petit à petit ou tout à la fois. Il recommande seulement que la chose se fasse tranquillement, sans bruit, évitant que les journaux s'en occupent (1).

802

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO DELLA GUERRA, RICOTTI

NOTA CONFIDENZIALE RISERVATA S.N. Roma, 11 marzo 1885.

Si è ricevuto dal cavalier Pestalozza, reggente il r. commissariato in Assab, un telegramma, da cui apparisce che l'arrivo del presidio e del materiale militare desta grande sospetto negli indigeni. Il cavalier Pestalozza spera col tempo e con la pazienza d'annullare l'effetto prodotto; ma se i provvedimenti militari dovessero comprendere ricognizioni anche limitate ed in tempo prossimo, verso l'interno, egli dichiara che la situazione si potrebbe complicare senza alcun risultato pratico e 'COn molti sacrifici. Le ottime relazioni col tenente colonnello Leitenitz, cosi conchiude il cavaliere Pestalozza. lo autorizzano a credere che quell'ufficiale superiore divida il suo parere; malgrado ciò ha creduto urgente riferirne perché si possano conformare le istruzioni alla situazione.

Ritenendo che queste avvertenze debbano essere tenute in molto conto, il sottoscritto stimerebbe conveniente che l'onorevole collega desse istruzione al comandante del presidio in Assab o ad altra autorità militare, da, cui possa dipendere un'ulteriore azione, di non intraprendere nulla senza prima concentrarsi col facente funzione di commissario che, per la conoscenza delle condizioni del paese, è perfettamente in grado di •giudicare sul da farsi.

Se cotesto onorevole Ministero si compiacerà di comunicare a questo tali istruzioni, si potrebbe coordinare ad esse quelle che il sottoscritto intende impartire sullo stesso argomento al r. commissariato.

(l) Il testo di questo telegramma, unitamente a quello del T. 209, del 2 febbraio, venne trasmesso al Ministero della guerra. con dispaccio n. 253 del 12 marzo.

803

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

D. 499. Roma, 11 marzo 1885.

La ringrazio delle spiegazioni fornite con rapporto del 6 di questo mese

Non vogliamo protrarre una discussione che avrebbe pura.nente un ca;rattere teorico; m.a a noi non sembra che la partecipazione delle Potenze al trattato ùi Parigi del 1856 conferisca a ciascuna di esse il diritto d'ingerirsi in una questione che si agita. direttamente fra noi e la Sublime Porta, e dalla quale, per nostra spontanea dichiarazione fatta al Governo ottomano, è eliminata ogni preoccupazione riguardo all'integrità dell'Impero.

Non sarà poi fuor di luogo che V.E. si astenga dall'alludere a possibili occupazioni di Zula e della baia d'Adulis per parte della Francia. Si tratta, agli occhi nostri, di mere pretensioni senza fondamento, come abbiamo avuto occasione di constatare anche da un nuovo studio fatto in questi giorni.

Avrò probabilmente da impartire in breve a V.E. particolari istruzioni a questo riguardo.

(l) ed approvo il linguaggio tenuto da V.E. intorno alla nostra spedizione militare nel Mar Rosso.

804

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 209. Roma, 12 marzo 1885, ore 18.

Veuillez remercier M. Baring de son ouverture amicale au sujet de l'évacuation graduelle de Massaua par la garnison égyptienne. Nous désirons que cette évacuation se fasse sans l'apparence d'une expulsion ou d'une coercition de notre part, et par conséquent sans la reproduction de nouvelles protestations de la part des égyptiens. Nous préférerions à cette point de vue, que le transport se fasse autrement qu'au moyen de nos bàtiments. Si nous sommes, comme je n'en doute pas, d'accord avec Baring sur ces points, les détails de l'évacuation pourraient, par l'entremise de M. Maissa qui a un chiffre avec vous, etre l'objet d'arrangements directs entre M. Baring et notre commandant à Massaua. Vous pourriez entrer avec ce dernier en correspondance télégraphique sur cette affaire, en lui communiquant le présent télégramme (2).

(l) -Cfr. n. 793. (2) -Il testo di questo telegramma unitamente al n. 801, venne trasmesso al Ministero della guerra con dispaccio 253, pari data.
805

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 212. Roma, 12 marzo 1885, ore 20.

Je suis interpellé à la Chambre sur notre action dans la Mer Rouge, ainsi que sur nos rapports avec l'Angleterre et les autres Puissances. J'ai pris l'engagement de répondre mardi prochain. Je voudrais, pour régler mon langage, étre le plus tòt possible éclairé sur le point confidentiel que je vais vous indiquer ici. Il est évident, après les déclarations explicites des ministres anglais, que ceux-ci ne désirent pas une convention avec nous pour une coopération militaire et qu'ils ne nous feront pas non plus, au moins dans Ies circostances actuelles, une requéte en ce sens. D'autre part les déclarations de Fitzmaurice au sujet de Kassala ont pu créer l'impression que nous sommes en quelque sorte en retard à venir en aide à nos amis. Je vous ai déjà fait connaitre les circonstances qui nous empéchent d'entreprendre spontanément et sans entente avec l'Angleterre une campagne pour la libération de Kassala. La saison approche, d'ailleurs, où il sera materiellement impossi:ble de rien faire de ce còté. Notre bonne volonté ne pourrait désormais trouver l'occasion immédiate de se manifester que du còté de Suakim. Rentre-t-il dans les plans de l'Etat Major anglais d'entreprendre avant l'été des opérations militaires contre les forces d'Osman Digna aux environs de Suakim? Dans l'hypothèse affirmative, le Gouvernement britannique agréerait-il la présence, à còté de ses troupes à Suakim, d'un corps italien de deux mille ou deux mille cinquante hommes qui pourrait prendre part à la campagne dans des conditions à déterminer? Voilà le point sur lequel V. E. peut, si elle n'y voit pas d'inconvénients, interroger franchement lord Granville, qui ne verra, je l'espère, dans notre démarche, que le désir de témoigner par le fait d'un sentiment d'amitié sincère envers l'Angleterre. Une reponse est, en tout cas, évidemment urgente.

806

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO DELLA GUERRA, RICOTTI (l)

D. RISERVATO S. N. Roma, 12 marzo 1885.

Ho attentamente considerato quanto V. E. mi ha esposto con la nota del 10 di questo mese n. 436 Stato Maggiore (2), soffermandomi anche ad esaminare l'interessante relazione del colonnello Saletta (acchiusa alla nota stessa) che fornì occasione alle avvertenze ed ai quesiti dell'E. V.

Certo questo è tale tema che deve, da parte del R. Governo, essere oggetto di particolare sollecitudine.

Assecondando il desiderio da V. E. espressomi, mi faccio ora a porgere risposta alle singole domande, di guisa che, quando ella pure consenta nei miei concetti, e siano questi fatti conoscere al colonnello Saletta, questi abbia sicura e precisa direzione, non solo per i casi speciali da lui additati nella sua relazione ed in altri consimili, ma altresì per tutte quelle contingenze che, stando alle più ragionevoli e verosimili previsioni, gli si potrebbero presentare.

l) La nostra occupazione a Massaua ha, come dichiarammo, la sua ragione nello avere noi creduto debito nostro, essendo oramai per venirvi meno l'azione efficace del Governo egiziano, di provvedere noi stessi alla incolumità ed alla sicurezza della piazza non solo, ma altresì della circostante regione che gli egiziani presidiavano.

Non è quindi dubbio che, qualora i capi tribù di quella regione si rivolgessero al comandante italiano per averne protezione, questa dovrebbe, in massima, essere accordata, sia che si tratti di capi i quali già finora effettivamente godessero della protezione egiziana, sia che si tratti di altri capi.

Due restrizioni o meglio avvertenze, dovrebbero aversi presenti dal comandante italiano: la prima è che si tratti di tali capi che, non avendo rapporti di dipendenza dal sovrano di Abissinia, non ci abbiamo ad esporre, con la protezione ad essi accordata, a conflitti e complicazioni con re Giovanni, che vogliamo e dobbiamo assolutamente evitare; la seconda è che la protezione da accordarsi non implichi, dal punto di vista militare, oneri superiori ai mezzi di cui il comandante dispone.

2) Sia per effetto di protezione eventualmente accordata a capi indigeni, e sia soprattutto per l'adempimento del compito di protezione che abbiamo assunto a Massaua e nella circostante regione, il comandante italiano può perfettamente procedere alla occupazione, in codesta regione, di quei punti che gli sembrino doversi presidiare.

Ciò sempre sotto la riserva che si tratti di punti non compresi nei dominii dell'Abissinia, e neppure nella zona che deve passare all'Abissinia in virtù del Trattato anglo-abissino-egiziano del 4 giugno 1884.

3) Contro atti di brigantaggio la repressione deve essere immediata e inflessibile.

Se si tratti invece della contingenza di conflitti con tribù limitrofe non facenti parte, il comandante, dopo aver fatto quanto da lui possa dipendere per evitarli, potrà usare la forza, ma con questa restrizione che non si tratti di tribù facenti parte dell'Abissinia, ovvero che siano con l'Abissinia in tali rapporti da esporsi ad un conflitto con l'Abissinia stessa.

In generale, poi, il comandante deve condursi scrupolosamente in modo da scongiurare ogni pericolo di controversia col sovrano di Abissinia e da confermare quest'ultimo nel convincimento che noi siamo assolutamente alieni da ogni atto o progetto che possa menomamente essere contrario ai suoi interessi

o ledere le sue suscettibilità.

4) Sempre sulla base del criterio qui già più volte accennato, converrà che il comandante italiano si astenga, nelle occupazioni eventuali in terraferma, dallo entrare nel raggio dei dominii abissini e del territorio ceduto all'Abissinia col prec1tato trattato 4 giugno 1884.

52 --Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XVII-XVIII

Ciò non toglie che possano più tardi avviarsi col re di Abissinia negoziati intesi a fornire, se possibile, nella regione dei bogos migliori accantonamenti colle nostre truppe; ma per il momento e fino alla riuscita di quei negoziati, è indispensabile l'assoluto rispetto della frontiera abissina.

5) Il Governo italiano è evidentemente impegnato a subentrare al Governo egiziano in tutti gli oneri inerenti alla protezione sopra Massaua e la circostante regione.

6 e 7) La soluzione di questi due quesiti è oramai semplificata in seguito alle entrature cui si riferisce l'altra mia nota in data d'oggi.

In ogni modo, però, in fino a che siano presenti drappelli egiziani in alcuni punti di terraferma, o duri la permanenza di una guarnigione a Massaua, il comando italiano deve astenersi scrupolosamente da ogni atto o provvedimento che possa suscitare attriti o proteste, ed apparire in contradizione colla dichiarazione che noi facemmo di essere disposti ad ammettere per alcun tempo la coesistenza del presidio egiziano accanto al nostro.

8) I rapporti coi capi abissini debbono avere per norma il concetto, ripetutamente espresso, del nostro proposito cioè di voler mantenere con re Giovanni amichevoli e cordiali rapporti. L'entrature benevole dei capi abissini debbono quindi essere accolte dal comandante italiano con particolare deferenza e compiacimento, e con dichiarazioni di perfetta reciprocità.

Nel caso poi, per verità improbabile, di atti ostili da parte di alcuno di quei capi, il comandante italiano dovrà farne oggetto di ferme rimostranze manifestando altresì il proposito di fare appello alla giustizia ed alla autorità

del Regno. Queste sono le istruzioni che si potrebbero impartire al colonnello Saletta, salvo a renderle più complete secondo che ne apparirà il bisogno.

Intanto il comandante potrà avere utili consigli e suggerimenti dal cavaliere Maissa che gli fu posto a lato come collaboratore appunto perché perfetto conoscitore delle questioni che si connettono coi nostri rapporti non solo con l'Inghilterra e 'l'Egitto, ma anche con l'Abissinia.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo III, clt., pp. 146-148.

(2) Non pubblicata.

807

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 659. Roma, 13 marzo 1885.

V.E. non ignora che una prima entratura da noi fatta a Londra, verso il principio del 1884, alla scopo di offrire la nostra cooperazione all'Inghilterra per procedere alla repressione della tratta dei negri nel Mar Rosso e nei vicini paraggi non fu accolta favorevolmente. L'iniziativa d'una tale proposta venne più tardi ripresa da sir E. Baring, come risulta dalla corrispondenza diplomatica scambiata in proposito, e noi stiamo ora studiando un progetto definitivo a questo riguardo.

In tale stato di cose sarebbe mia intenzione di annunziare martedì alla Camera, in occasione delle interpellanze che mi vi saranno rivolte sulla politica coloniale del R. Governo, che noi siamo in principio d'accordo colla Gran Brettagna circa la nostra accessione al trattato anglo-egiziano relativo alla repressone della tratta. Ciò quadrerebbe intieramente colla situazione e produrrebbe qui un'eccellente impressione.

Prego l'E.V. di voler domandare a lord Granville ciò ch'èi pensi di questa mia intenzione. Egli è bene inteso che noi siamo pronti a concertarci puù tardi colla Gran Brettagna per la firma della convenzione di accessione.

Confermandole in tal guisa il mio telegramma in data del 12 corrente (1) ...

808

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3817. Berlino, 13 marzo 1885 (per. il 19).

Ainsi que je le télégraphiais en date du 10 mars (2), les déclarations faites à la Chambre des lords par le comte Granville avaient produit ici une vive satisfaction. La nouvelle m'en était donnée par le sous-secrétaire d'Etat, qui ajoutait qu'il y avait lieu d'espérer que les mésintelligences entre l'Allemagne et l'Angleterre à propos de la politique coloniale se trouvaient en voie d'aplanissement.

Ces bonnes impressions ont été confirmées hier encore par le langage de

M. Gladstone à la Chambre des Communes, et tout ce qui m'a été dit aujourd'hui méme par le comte Herbert de Bismarck et par le chargé d'affaires britannique vient à l'appui de l'heureux revirement opéré dans les relations entre les deux Pays. D'après ce qui m'a été confié par M. Scott, on serait tombé d'accord sur une base de transaction pour différents points en litige, notamment en ce qui concerne la Nouvelle-Guinée, les iles Fidji, et les possessions vers Kameroun. Des commissions mlxtes sont chargées de discuter et de vider le plus tòt possible ces différends coloniaux.

De son còté, la presse officieuse, obéissant à un mot d'ordre, s'exprime avec modération et méme avec bienveillance sur le Gouvernement anglais. On veut évidemment lui faire pont d'or pour faciliter sa retraite. Il est vrai qu'il s'est exécuté de bonne gràce. La morale de cette résignation est qu'il faut subir ce que l'on ne peut empécher. Il aura fait son bilan. A son actif il n'aura pu trouver aucun appui suffisant qui lui garantit le succès d'une politique de résistance et de bouderie. Embarrassé en Egypte avec la France et la Turquie qu'il faut au moins ménager, il est dans l'Asie centrale en position critique vis-à-vis

de la Russie. Une partie de ses troupes est engagée, pour ne pas dire compromise, au Soudan. Se brouiller, dans ces conditions, avec l'Allemagne, eiì.t été un acte de démence, et il s'est résolu à lui tendre la main, malgré les très pénibles remontrances que le prince de Bismarck ne s'était pas fait faute d'articuler sans aucune ménagement.

Quoiqu'il en soit, les nuages qui s'amoncelaient de ce còté à l'horizon ont disparu, et il faut espérer que la salutaire influence se fera sentir dans d'autres directions. Personne ne veut admettre ici que la question de l'Afghanistan, si grave qu'elle semble étre aujourd'hui, puisse amener un conflit armé. On assure du moins que l'empereur Alexandre et ses ministres veulent la paix. Malheureusement les officiers russes ne demandent qu'à continuer leur route vers Hérat. Ils appartiennent en grand nombre à l'école de feu du général Skobelev, et n'hésiteraient pas à engager l'action, en sorte que d'un moment à l'autre deux grands peuples,. qui se disputent l'honneur de civiliser l'Asie, peuvent se trouver aux prises sans que leurs gouvernements l'aient ordonné. C'est le danger particulier de ces entreprises lointaines, que l'an n'y tient en main ni les généraux ni les soldats, et que ce sont eux qui trop souvent décident de

la politique en créant des faits accomplis.

On se défend vivement ici de chercher à attiser le feu. On déclare au contraire que l'intérét de l'Allemagne se rattache étroitement à la conservation de la paix. Ce matin encore, dans un article évidemment inspiré, la Norddeutsche Allgemeine Zeitung répliquait très vivement à des journaux français et à une gazette russe, qui avaient cherché à placer sous un jour odieux la politique du prince de Bismarck. Au reste, ses filets sont si bien tendus partout en Europe qu'il peut, quand cela lui convient, exercer un ròle d'arbitre. Or, tant que l'empereur vivra, à moins qu'un intérét vital pour l'Allemagne ne soit en cause,

S.M. ne permettrait pas à san premier ministre de prendre une attitude de nature à provoquer une conflagration générale. Le but constant de S.M., et c'est aussi celui du chancelier, est de prévenir toute guerre dont le contre-coup menacerait la tranquillité européenne. C'est une garantie que, dans la mesure du possible, le Cabinet de Berlin ne négligera rien, sans froisser les justes susceptibilités de la Russie et de l'Angleterre, pour prévenir un choc entre ces deux Puissances.

La France se trouve un peu désorientée en suite du rapprochement entre l'Allemagne et l'Angleterre. Mais, d'après ce qui me revient, M. Ferry a reçu les assurances les plus positives que les bonnes dispositions du Cabinet de Berlin ne s'étaient en rien modifiées.

Nous ne devons pas moins nous féliciter de voir disparaitre la tension dans les rapports entre Berlin et Londres. D'une part, la mauvaise humeur qui perçait ici contre nous, de nos relations intimes avec l'Angleterre, devra perdre de san intensité, et d'autre part il nous deviendra plus facile de concillier les intéréts qui nous poussent vers l'Angleterre, avec les devoirs dérivant de nos engagements avec l'Allemagne et l'Autriche (1).

(l) -T. 211 del 12 marzo 1885, non pubbl!cato. (2) -T. 351, non pubbllcato.

(l) Per la risposta cfr. n. 817.

809

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA (l)

T. 221. Roma, 14 marzo 1885, ore 17,10.

Je crains de ne pas m'etre assez clairement exprimé dans mon télégramme précédent (2). Il ne s'agit pas d'une offre de secours, et il n'y a par conséquent pas danger d'un nouveau refus. C'est au fond, plutot un renseignement, un éclaircissement que nous demandons, et qui m'est absolument nécéssaire pour régler, mardi prochain, mon langage à la Chambre.

Il est de fait que les déclarations récentes de lord Fitzmaurice, quoique s'appliquent directement à Kassala, ont créé ici l'impression qu'il ne dépend que de nous d'entreprendre quelques opérations militaires contre l'ennemi commun, Osman Digma et les insurgés mahdistes. Nous désirons, en présence de cette impression dont nous devons tenir compte, savoir si l'Angleterre, qui déclare voir d'un reil favorable notre action éventuelle dans la direction de Kassala, agréerait les opérations que nous pourrions, meme sans convention avec elle, ni requete de sa part, entreprendre pour notre compte, en débarquant à un moment donné à Souakim un corps de deux-mille à deux-mille-cinq-cents hommes.

C'est là le point qu'il s'agit d'éclaircir, et dont je prie V.E., sauf objection de sa part, de vouloir bien faire l'object d'une interrogation franche et amicale à lord Granville, dans notre commun intéret, et pour donner toujours des nouveaux gages de notre disposition à un concours actif dans les opérations possibles avant l'été surtout en vue de l'incertitude imposé par la situation dans l'Afghanistan.

810

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Berlino, 14 marzo 1885.

Je vois avec plaisir ou plutòt avec regret, par votre dernière lettre du 4 mars (3) que nos pensées concordent sur la situation. Je dis avec regret parce que j'aurais voulu trouver J.ans vos appréciations quelque argument contre mon pessimisme dont je ne puis me défendre.

Je n'entrevois aucune éclaircie dans notre situation vers la Mer Rouge. Après nous avoir ouvert ses eaux, elle pourrait un beau jour les refermer sur nous comme jadis sur les troupes du Pharaon. De Rome toujours le meme mystère. Mancini continue à écrire qu'il n'avait pas d'engagement signé avec l'Angleterre; que s'il y a eu des pourparlers, ils concernent des éventualités sur lesquelles une extreme réserve est de mise.

(3 Non pubblicata.

En attendant j'ai eu le 5 et le 6 mars avec le sous-secrétaire d'Etat des entretiens dont voici la substance. Sans que j'eusse amené la conversation sur ce sujet, il me disait avoir un message à me faire de la part du prince de Bismarck. Le chancelier, afin de prévenir tout malentendu et pour le cas où il surgirait quelque conflit en suite de nos occupations dans la Mer Rouge, tenait à nous faire savoir confidentiellement que notre traité d'alliance avec les deux Empires ne s'appliquait pas à ce cas spécial, et qu'on ne saurait en faire dériver un casus toederis. Telle était sa manière de voir qu'il croyait etre aussi partagée à Vienne. Le passage d'un des discours de M. Mancini à la Chambre (séance du 29 janvier) avait fixé san attention, là où il était dit que l'assistance matérielle entre l'Italie et l'Angleterre était une garantie de plus et en quelque sorte un complément de paix et de conservation qui forme la base de notre alliance avec les deux Empires et dont notre politique étrangère prend sa direction. Ce qui laisserait supposer que nos agissements dans la Mer Rouge pourraient etre envisagés camme le couronnement de notre accord commun en 1882, que cette entreprise se trouvait en harmonie avec nos stipulations et que nous avons procédé d'accord avec nos alliés. C'était plutòt le contraire. Notre entente avait eu essentiellement pour but le maintien de la paix. Or tout ce qui serait de nature à ebranler l'Empire ottoman, à porter atteinte à son intégrité territoriale garantie par les traités, constituerait un danger pour la conservation de la paix.

Dans mon for intérieur je ne pouvais m'empecher de convenir que les expressions de M. Mancini n'etaient pas des plus correctes, mais je les expliquais de mon mieux dans le sens indiqué dans les documents diplomatiques

n. 410 (l) et 411 (2), série XXIII et dans une dépeche à vous adressée, n. 422 (3) meme série.

Le conseiller Busch ne pouvait que se référer au message du prince de Bismarck. Celui-ci n'aurait cédé pour autant à aucun sentiment de malveillance à notre égard. II tenait seulement à ce que, le cas échéant, il ne se produisait aucun doute sur la véritable interprétation de notre Traité.

Je comptais faire rapport là-dessus par le renvoi du courrier qui vous apporte cette Iettre, mais je l'ai transmis par la poste (sous une adresse de couverture) quand j'ai su que notre ministre doit répondre mardi à la Chambre à des interpellations. Il importait de le mettre en garde contre la fougue de san éloquence. Je lui ai recommandé en meme temps de vous expédier une copie de mon rapport. Peut-etre que Kalnoky vous aura parlé dans un sens analogue.

Il ne m'est nullement prouvé qu'il n'y ait pas eu dans ce message un point de malveillance contre nous ou du moins contre Mancini. Peut-etre que de Vienne, ou de Pétersbourg, ou de Paris ou de Constantinople ou de tous ces points à la fois, le Cabinet de Berlin aura été interpellé et qu'il a voulu répondre comment il envisageait les choses, et qu'il ne nous l'avait pas caché.

Tout cela se passait quand il y avait encore la crise aigiie entre Berlin et Londres. Depuis lors la tension a cessé, et je voudrais qu'un certain bénéfice en resultàt par contre-coup à notre endroit.

Que dites-vous de la reculade de M. Gladstone après les impertinences à

son adresse publiquement faites par le prince Bismarck? Il faut bien se résigner

à ce qu'on ne peut emptkher. S'attirer sur les bras l'Allemagne lorsque le Cabi

net anglais se trouve aux prises avec tant de difficultés en Egypte et au Soudan,

ainst que dans l'Afghanistan eù.t été un acte de démence. On jouait ici à coup

sùr en exigeant des concessions sur la politique coloniale allemande. Mainte

nant qu'on a obtenu ce qu'on voulait, on se montre bon prince et on espère que

les faits répondront aux assurances verbales.

La presse française dissimule mal son dépit de ce rapprochement. On a le sentiment d'avoir été choisi camme un pis-aller. Mais il me résulte qu'on s'est empressé de faire savoir à Paris, que rien n'était changé dans les dispositions amicales de l'Allemagne envers la France.

Le prince de Bismarck a si bien étendu sa griffe sur l'Europe, qu'il en est

devenu le véritable arbitre. Tout en se défendant de s'attribuer ce role, il ne

l'exerce pas moins à son propre bénéfi.ce. Divide et impera, c'est bien là son

programme. Il est fort heureux que les intérets de l'Allemagne lui conseillent

avant tout le maintien de la paix générale, autrement on en verrait de belles.

Ici on incline à croire que malgré tout le bruit qui se fait à propos de

l'Afghanistan, il ne se produira pas un choc entre la Russie et l'Angleterre.

Depuis deux jours on discute dans le Reichstag la question de la subvention à accorder par l'Etat à la navigation transatlantique. A l'heure qu'il est, le vote n'a pas encore eu lieu. On prévoit cependant que grace à la fraction du centre, Trieste prévaudra comme point d'attache, bien entendu que le transport des lettres et passagers se ferait principalement par Brindisi, et quant au transport des marchandises il n'aurait qu'une importance secondaire, car les batiments qui se rendront d'un port allemand à Alexandrie auront déjà un chargement complet. Il n'est pas moins vrai qu'alors la ligne du Brenner l'emporterait sur celle du Gothard en ce qui concerne les marchandises. Si tel devait etre le cas, j'ai écrit à Rome que tout en évitant de nous montrer deçus dans notre attente nous devrions chercher à lutter par nos propres moyens contre la concurrence étrangère. Il serait contraire à notre dignité de marquer quelque dépit, et d efaire une démarche quelconque meme indirecte par l'entremise de notre société générale de navigation.

Depuis que je suis sorti de la Conférence africaine, j'ai une grippe dont le ne puis me débarrasser. Madame de Launay est alitée depuis trois jours, mais rien de grave, Dieu merci.

(l) Ed. !n L'Italia tn Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo III, c!t., p. 148.

(2) Cfr. n. 805. (l) -Cfr. n. 740. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 767.

811

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO DELLA MARINA, BRIN

D. S.N. Roma, 15 marzo 1885.

Facendo seguito alla lettera di ieri (l) circa l'urgenza di prendere una decisione per la missione del capitano Cecchi al Giuba, non posso omettere

di rammentare a V. E. che di codesto nostro divisamento, nel quale eravamo pienamente consenzienti, ho fatto espresso cenno quando nella tornata del 28 gennaio scorso ebbi a parlare, alla Camera, della nostra politica coloniale; di guisa che oramai ci troviamo troppo impegnati per rinunziare al progetto, e conviene del pari evitare mediante pronta esecuzione, che abbiano a sopraggiungere nel frattempo tali incidenti che ne rendano meno agevole la attuazione.

Credo, poi, che non sia inopportuno ricordare in questa circostanza, rispetto alla ispezione commerciale nel bacino del Congo e sulla vicina costa africana, che le nostre pubbliche dichiarazioni alla Camera sono state nel senso che la cosa era differita bensì, ma non abbandonata; ed in conseguenza converrà fare in modo che entro non troppo remoto termine il disegno possa ripigliarsi e condursi ad effetto.

Starò intanto attendendo, come quella che ha maggior carattere di urgenza, la risposta di V. E. circa la missione del capitano Cecchi al Giuba.

(l) Nota n. 8 del 14 marzo 1885, non pubblicata.

812

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 273/477. Londra, 15 marzo 1885 (per. il 19).

Nella seduta della Camera dei Comuni di venerdì sera il signor Gladstone annunziò che era stato convenuto fra i Gabinetti di Londra e di Pietroburgo che le truppe russe ed afgane non si sarebbero avanzate dalle posizioni ora da esse rispettivamente occupate, finché durano i negoziati relativi alla delimitazione della frontiera afgano-russa. Questo annunzio non pare sia propriamente esatto, e la specie d'accordo affermato dal signor Gladstone non era, fino a jeri, conosciuto a questa ambasciata russa. Tuttavia il fatto stesso di questo annunzio per la bocca del signor Gladstone deve considerarsi come un indizio favorevole al mantenimento della pace. Altro indizio, forse più importante, è un articolo del giornale di Pietroburgo di jeri, trasmesso qui in riassunto per telegrafo, il quale è pure inspirato da sentimenti non meno pacifici. I negoziati sul fondo della questione di delimitazione continuano fra i due Gabinetti. Nell'ultima riunione del Gabinetto inglese fu stabilita la risposta da darsi ad una nota russa, la quale era rimasta finora senza risposta. Il senso delle deliberazioni prese dai ministri inglesi intorno ai punti di delimitazione fu però sottomesso all'opinione di lord Dufferin, il nuovo viceré delle Indie. Ignoro quali siano queste deliberazioni.

In sostanza finora la questione non ha fatto alcun passo decisivo verso una soluzione. Gli afgani occuparono Penjdeh che asseriscono dover appartenere all'Afganistan. E fu questa occupazione che determinò quella di Zulfikar e di Akrobat per parte delle truppe russe. La contestazione verte sul territorio ove appunto figurano queste località principali, e che è bagnato e fertilizzato dai due fiumi, il Kuschk e il Murghab.

La borsa di Londra e quelle del continente hanno salutato con un rialzo

dei corsi l'annunzio, comunque poco concludente, del signor Gladstone e l'arti

colo del Giornale di Pietroburgo. Però devo constatare che qui nelle regioni ufficiali e nei circoli ben informati continua la stessa inquietudine dei giorni scorsi. Il Ministero, sentendosi in questa questione sostenuto dall'intero Paese, mostra molta fermezza di propositi e si prepara con attività alla ·eventualità d'una grossa guerra. Sarebbe veramente deplorevole che una tale calamità si verificasse.

Nello stato attuale dell'Europa una guerra fra l'Inghilterra e la Russia farebbe sentire i suoi effetti funesti dovunque. Per l'Italia poi essa avrebbe anche un'importanza maggiore per l'amicizia che la lega coll'Inghilterra e per l'alleanza che ha cogl'Imperi d'Austria e di Germania. In caso di guerra, la Russia potrebbe considerare la nostra cooperazione militare coll'Inghilterra nel Sudan e sui lidi del Mar Rosso come un'infrazione di neutralità, e far quindi appello ad altre alleanze o, quantomeno, sporgere reclami ai nostri alleati continentali. Non fo che accennare qui questa eventualità, che l'E. V. avrà già senza dubbio prevista ed esaminata.

813

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. CONFIDENZIALE.

Londra, 16 marzo 1885.

Con telegramma del 13 corrente l'E. V. (2) m'incaricava di chiedere (a meno che io ci vedessi qualche inconveniente) se il Governo inglese gradirebbe, a lato delle sue truppe a Suakim, la presenza d'un corpo d'esercito italiano di

2.000 o 2.500 uomini, che agirebbero, per loro conto, contro il nemico comune.

Risposi col mio telegramma del giorno seguente, 13 marzo (3), che certamente io vedeva inconvenienti nell'esporre di nuovo il Governo del re ad un rifiuto; e notai come le forze inglesi a Suakim, che montano circa a 12.000 uomini, sono considerate qui come sufficienti per le operazioni che devono fare.

Con posteriore telegramma del 14 corrente (4), entrando in maggiori particolari, ella mi spiegava che non si trattava di un'offerta di soccorso; ma che il Governo del re desiderava unicamente sapere se l'Inghilterra. gradirebbe che si intraprendessero dalle nostre tuppe operazioni militari per proprio conto, sbarcando a Suakim.

In seguito a questo telegramma, mi disposi ad eseguire immediatamente le di lei istruzioni, quantunque non potessi bene rendermi conto, come due forze militari di Paesi diversi, non alleati, potessero intraprendere, ciascuna per suo conto, operazioni indipendenti sullo stesso terreno contro lo stesso nemico. Mi recai dunque jeri, domenica mattina, da lord Granville. Ma non avendolo trovato in casa, gli comunicai per iscritto la sostanza del di lei telegramma del 13, pregandolo di farmi tenere una risposta al più tardi nella giornata d'oggi, attesoché V. E. doveva rispondere il giorno dopo, martedì, ad interpellanze su questo soggetto. Lord Granville, molto amabilmente, mi rispose nella giornata colla lettera, della quale le telegrafai subito il contenuto e che le mando qui

unita in originale, insieme colla traduzione (1). Mi rincresce che lord Granville si sia in essa servito della parola retusal, che certo non è intenzionale. Ma in una lettera confidenziale posso ben dire che in sostanza, comunque fosse velata ~ol nome di informazione, vi fu per parte nostra un'offerta di concorso, fosse

o no concertato. Ed in sostanza vi fu rifiuto per parte di lord Granville. Ben inteso, di quella lettera di lord Granville la prego di fare l'uso il più discreto possibile. Lascio la cosa con fiducia al di lei tatto ed alla di lei prudenza.

Nel telegramma di jeri (2), col quale io le rendevo conto di questa risposta ji lord Granville io mi limitai a trasmetterle il testo di detta risposta. Ma con precedente telegramma (3}, pur della stessa data, io aveva preso la libertà di chiamare la di lei attenzione sulla situazione in cui verrebbe a trovarsi l'Italia, in caso d'una guerra fra l'Inghilterra e la Russia, nelle sue relazioni colla Russia, col due Imperi alleati, ed anche colla Francia. Io le segnalai come cosa possibile, che la nostra cooperazione cogl'inglesi in Africa fosse considerata dai Gabinetti delle Potenze suddette come un'infrazione della neutralità. Ma sono certo che l'E. V. non avrà atteso questa mia osservazione per preoccuparsi di questa eventuale insolita posizione in cui si troverebbe n nostro Paese.

(l) -Da M.C.R., Carte Manclnl. (2) -Cfr. n. 805. (3) -T. 370, non pubbllcato. (4) -Cfr. n. 809.
814

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE RISERVATO 281/481. Londra, 17 marzo 1885 (per. il 22).

Come l'E. V. m'aveva ordinato con telegramma confidenziale e riservato del 13 febbraio scorso (1), ebbi cura di chiedere a lord Granville, con lettera del 16 febbraio scorso, se nell'opinione del Governo britannico l'articolo 2 del trattato del 3 giugno 1884 fra l'Inghilterra, l'Egitto e l'Abissinia conferiva qualche speclale diritto al re Giovanni d'Abissinia sopra Kassala.

Lord Granville mi risponde ora colla lettera che mi pregio di qui unire in traduzione insieme col libro azzurro a cui la lettera si riferisce (l).

815

IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (4)

R. 519. Assab, 17 marzo 1885 (per. il 5 aprile).

M1 pregio di acchiuderle copia della lettera che indirizzai al signor comandante la colonia francese di Obock in relazione alle istruzioni ricevute da codesto Ministero riguardo alle rivendicazioni del sultanato di Raheita contro

l'espansione del confine francese di Obock oltre i limiti del terreno ceduto alla Francia.

La risposta del comandante di quella colonia tenderebbe a definire probabilmente il punto controverso stabilendo l'estremo suo confine a nord in Ras Dumeira, ove poi rimarrebbe a precisare sul luogo una linea più o meno fittizia di demarcazione tra Ras Dumeria e la cresta delle alte montagne, e ciò in base, per ora, ad una semplice dichiarazione rilasciata nell'ultimo scorso gennaio da certo Dini Ahmed il quale sarebbe stato testimonio del trattato, col quale Obock è stato ceduto precedentemente alla Francia.

Ne viene di conseguenza che più di una metà del sultanato di Raheita, rientrerebbe nei confini del possedimento francese, e scopo della mia presenza sui luoghi sarebbe anzi che di esaminare con l'intervento dell'autorità di Obock i reclami dei nostri protetti di Raheita, di confermare invece preventivamente i diritti acquisiti dalla Francia da quel trattato, che non fu sino ad ora presentato, e di cui alcune clausole ampliative sono contestate da una delle parti, già contraente ed ora interessata.

Non ho creduto d'insistere sull'argomento né di entrare in spiegazioni al riguardo con il comandante di Obock; preferisco riferirne primo all'E. V. Non trattasi difatti per noi di una semplice delimitazione, ma bensì di stabilire i diritti reali o acquisiti delle parti, per definire, in base ai medesimi, i confini di quel territorio.

Non sperando col recarmi in Obock di ottenere quell'intero, reputo preferibile di aspettare che accordi meglio definiti tra i Gabinetti di Roma e di Parigi, mettano i rispettivi loro delegati nel caso di persuadersi dell'evidenza delle ragioni dell'una e dell'altra parte, di constatare cioè, la validità e la autenticità dei documenti di proprietà o di possesso; i nostri di Raheita non sono purtroppo nel caso di presentarne, ma potranno anch'essi trovar testimonii a loro favore, ed in ogni caso hanno avuto sino a pochi mesi addietro il possesso, non contestato, di tutto il littorale dal punto di Obock sino a Ras Dumeira, tant'è che noi medesimi abbiamo sempre considerato quel territorio come assolutamente loro ed è anche menzionato nella convenzione che stabilisce il protettorato dell'Italia sul sultanato di Raheita.

Intanto ho indirizzata al signor commandante di Obock la risposta, che qui unisco in copia (1), ed in attesa di ulteriori istruzioni dell'E. V. mi confermo con profondo rispetto.

(l) -Non pubblicato. (2) -Non rinvenuto. (3) -T. 389 del 15 marzo 1885, non pubb!lcato. (4) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, Tomo III, cit., pp. 148-149.
816

IL CAPITANO CECCHI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

L. PERSONALE. Massaua, 18 marzo 1885.

Ristabilitomi alquanto dall'indisposizione avuta nei giorni scorsi, mi affretto a riscontrare le pregiatissime sue lettere in data 11 e 21 febbraio (3).

Innanzi tutto mi permetta l'E. V. ch'io le esprima il mio grande soddisfacimento per le franche e schiette dichiarazioni pronunziate da V. E. alla Camera nella tornata 15 gennaio p.s. in risposta alle interrogazioni del deputato Brunialti, intorno all'eccidio del mio buon amico Gustavo Bianchi.

Mi gode poi l'animo nel sapere come dall'E. V. si continui sempre ad operare per la cessione a noi di Berbera e Zeyla; località queste di un'importanza incontestata, sia per la loro posizione come porti del golfo di Aden, sia per quella che occupano rispetto ai pingui territori dello Scioa e dei Paesi Galla, ai quali si trovano abbracciate. Zeyla specialmente per le sue relazioni coll'Harar, il commercio del quale non potrà mai esserle sottratto, acquisterà un'importanza di gran lunga maggiore di quella che ha oggi, qualora da un governo più energico e più intelligente di quello egiziano venisse aperta la via agli arussi e agli ittu-galla. Via questa che attrarrebbe tutto il commercio dei Paesi Sidam8 che ora raggiunge Matemma nel Galabat; nonché l'esportazione dei prodotti di molti Paesi Galla tuttora inesplorati.

Cosi avvenendo, noi avremmo in mano nostra con Massaua lo scalo delle merci che provengono dall'Abissinia; con Zeyla quello dello Scioa e dei Paesi Galla; col fiume Giuba, infine, quello dei regni di Kaffa, di Kontà, di Kullo, ecc. E l'Italia acquisterebbe in questa immensa regione un'espansione coloniale superiore a quella che altre Nazioni hanno in altre parti dell'Africa.

Venendo ora a parlare delle cose nostre in questo paese, dirò che il 7 del mese in corso, approdava in questo porto il « Washington ~ conducente la terza spedizione militare.

Parte di quelle nuove truppe presero posto nel forte di Tau-el-hud, e parte si accamparono nella penisola Ghera, che si protende dirimpetto alla città, evacuata dai bersaglieri passati ora a M'Kullo e sue adiacenze.

Questo rinforzo di presidio, pur lasciando la nostra situazione in Paese quale già la descrissi all'E. V. in altro mio rapporto, giovò, in certo modo, ad accrescere l'autorità del nome italiano. Io credo che i nostri soldati colle virtù militari che in sommo grado posseggono, congiunte alla più rigida disciplina ed al rispetto per la personalità umana, sapranno in breve acquistarsi la simpatia e la fiducia delle popolazioni indigene; ciò che non sarà senza vantaggio per il nostro avvenire.

Tale aumento di forze, però, fa sempre più sentire il bisogno di estenderci oltre i Paesi attualmente dipendenti da Massaua, ed in ispecie nella vicina provincia dei bogos, onde procurare una dimora d'estate alle nostre truppe, le quali, altrimenti, finirebbero nella stagione più calda per trovarsi a mal partito.

Noi invece non abbiamo ancora nemmeno occupato Arkiko, dove la nostra assenza è lamentata dagLi stessi nativi, i quali speravano che noi li avremmo protetti contro le frequenti scorrerie dei predoni abissini.

Una volta che con, o senza, consenso dell'imperatore Johannes, noi giungessimo a stabilire un presidio mllitare a Sanhrt, avremmo -come ebbi a dire a V. E. -provveduto alla sicurezza nostra in Massaua e a quella della via di Kassala, qualora gli avvenimenti ci conducessero ad operare verso quella regione.

Certo sarà difficile che l'imperatore ci conceda di entrare fra i bogos; ma ciò non dovrebbe menomamente arrestare la nostra azione, sapendosi come sia nell'indole di queste genti più il lasciar fare, che il darne esplicito permesso.

Ad evitare pm, m qualunque circostanza, molti inconvenienti, i quali tuttoché sembrino di poca entità non farebbero altro che intralciarci la via, necessita sommamente concentrare in un sol uomo l'autorità esecutiva. E quest'uomo sarebbe per me l'egregio colonnello Saletta, che ha molte qualità per dirigere saggiamente le nostre operazioni.

Giorni sono, giunse qui, dall'Abissinia, il signor Bombelli; quegli di cui .r>arlai a V. E. ne' miei ultimi rapporti. E' desso un commerciante, socio del signor Luccardi, qui stabilitosi da un paio d'anni e recatosi ultimamente presso l'imperatore per trattare affari di armi.

Egli ci confermò, come da varie fonti avevamo già saputo, che la nostra venuta a Massaua ha prodotto una grandissima impressione negli abissini, i quali credono veramente che i nostri soldati debbano muover loro guerra. E ci disse pure d'avere incontrato ad Ailèt (località distante da Massaua circa otto ore di cammino) il capitano Ferrari, cui aveva ceduto i suoi muli, nonché vari oggetti che gli abbisognavano.

n giorno dopo l'arrivo del Bombelli, io riceveva dal Ferrari un corriere col quale mi annunziava che ad Ailèt, per ordine di ras Alula (governatore dell'Hamasen a nome dell'imperatore Johannes), i capi abissini avevano rifiutato al dottor Nerazzini l'ingresso ned domini di S.M. concedendo a lui solo di avanzare.

Dai loro emissari di Massaua, essi avevano saputo che il Ferrari sarebbe accompagnato dal Nerazzini; e questi era stato loro designato come un uomo che veniva per prendere conoscenza del Paese ed aprire poi la strada alle nostre truppe.

In tale divieto entra per molta parte la mancanza di doni per ras Alula, il quale non va dimenticato, dacché, essendo nelle buone grazie dell'imperatore, potrebbe, volendolo, esserci di grandissimo giovamento.

Due settimane prima che il Bombelli giungesse a Massaua, arrivò quì una carovana portante una parte del bagaglio e delle collezioni della spedizione Bianchi. La visita di quegli oggetti, che avevano appartenuto al povero Gustavo ed ai suoi valorosi compagni, produsse nell'animo mio una sensazione dolorosa oltre ogni dire, richiamandomi alla mente la )oro tristissima fine.

Accompagnava il bagaglio una lettera del Bianchi diretta al signor Sani; lettera ch'egli aveva scritta a Seket, poco prima della sua partenza, e che aveva consegnata al Naretti, ordinandogli di farla pervenire a destinazione soltanto nel caso che gli fossero giunte notizie sicure della sua fine.

Leggendo quella lettera, da cui traspare la serenità d'animo dell'uomo che s'accinge a compiere il suo dovere, tuttoché presago di vicina sventura, non potei a meno di sentirmi profondamente commosso e compreso della più grande ammirazione.

Il signor Sani ha già fatto pervenire a V. E., per mezzo del cavaliere Maissa, una copia di quella lettera ond'io stimo inutile di qui riportarla.

Queste, Eccellenza, sono tutte le notizie che, per il momento, posso darle. Mi permetta ora l'E. V. ch'io le rinnovi ancora una volta la preghiera di sollecitare, quanto più è possibile la mia deftinitiva missione.

In altra mia ebbi già occasione di mostrare a V. E. di quanta impoTtanza sia il viaggio ch'io dovrei intraprendere; mi tormenta solo il dubbio che ritar

dando noi •ancora, qualcun altro mandi ad effetto la stessa nostra idea e ci sottragga cosi un vastissimo campo ,d'azione. Se poi V. E. credesse di trattenermi ancora qui, allora io la pregherei di provvedere per i miei compagni di spedizione.

(l) -Non pubblicata. (2) -Da M.C.R., Carte Mancini. (3) -Non pubblicate.
817

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE ,LAUNAY

D. 1849. Roma, 20 marzo 1885.

Ho ricevuto il rapporto di serie poli ti'ca n. 3817, in da t a del 13 corrente (l), col quale l'E. V. nel prendere argomento del ri•avv~oinamento avvenuto tra la Germania e la Gran Bretagna e delle intelligenze passate tra i due Governi per addivenire ad una transazione circa i vari punti in litigio, si compiacque di svolgere alcune conSiiderazioni sopra ,la saluta•re influenza che questo fatto sarebbe per avere per la pace generale in Europa e specialmente per i rapporti futuri tra l'Italia e la Germania.

Nel mentre ringrazio l'E. V. per questo rapporto, non posso che associarmi pienamente alle consider;azioni in esso svolte, segnatamente per ciò che riflette le ragioni che ha l'Italia di rallegrarsi del riavvicinamento effettuatosi tra la Germania e l'Inghilterra.

818

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 670. Roma, 20 marzo 1885.

Una delle preoccupazioni del nostro comando militare in Massaua è la considerazione delle condizioni anti-igieniche che si preparano alle nostre truppe coll'avvicinarsi della stazione calda. Da quanto si può prevedere, il soggiorno di Massaua sarà pressoché insostenibile per il grosso dei nostri soldati, e quello deUa parte di terraferma egiziana che si può considerare come territorio dipendente non presenta condiziond di molto migliori. Sarebbe pertanto sommamente desiderabile che i nostri soldati potessero inoltrarsi alquanto nell'interno duran;te la stagione che si avvicina, e la regione che meglio si addirebbe ad una permanenza estiva sarebbe il Paese dei bogos, ad occidente di Massaua, anche perché occupandolo si avrebbe il vantaggio di proteggere

Massaua stessa contro le possibili scorrerie dei ribelli sudanesi.

Il detto territorio, in virtù dell'articolo II del trattato firmato il .3 g.iugno 1884 fra la Gran Bretagna, l'Egitto e l'Abissinia, doveva dal 1° settembre 1884 passare nel dominio di re Giovanni d'Abissinia; ma non consta che questa cessione, o restituzione che dir si voglia con termine adoperato nel trattato, sia .stata a tutt'oggi effettuata, e nemmeno che sia per effe'ttuarsi. Senonché non vorremmo far nulla che contrastasse aUe disposizioni del trattato accennato, che ci siamo impegnati a rispettare, e nulla che potesse crearci complicazioni cor. l'Abissinia.

Prego dunque V. E. a volersi accertare, presso codesto Governo, della situazione di fatto attuale nel Paese dei bogos. E qualora quella regione non sia, come crediamo, passata nel possesso del negus, la prego a voler indagare per quali ragioni il citato articolo II del triattato anglo-egizio-abissino non abbia ricevuto esecuzione.

Piaccia a v. E. di favorirmi in proposito una risposta per quanto possibile sollecita.

P. S. -Lascio al suo savio discernimento richiedere, se non vi scorgerà inconveniente, quali difficoltà potrebbero incontrarsi, laddove una parte delle nostre truppe occupasse nei calori estivi alcuni punti del territorio dei bogos provvisoriamente, pur rinnovando le dichiarazioni, ove ne sorgesse il bisogno, che con ciò il Gove·rno italiano non intende punto sottrarsi all'impegno da eseguirsi nel momento opportuno della effettiva rimessione del territorio ceduto nel 'possesso del re d'Abissinia.

(l) Cfr. n. 808.

819

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 674. Roma, 20 marzo 1885.

Il r. ambasciatore a Pietroburgo riferisce (l) che lo spirito ostile contro l'Inghilterra s'appaleserebbe sempre più nelle sfere roose, specialmente in quelle militari. Nelle regioni ufHciali si fanno grandi sforzi per moderare l'avversione contro l'Inghilterra. Così 'l'imperatore, nello scorcio del carnevale onorò della sua !Presenza, 'assieme a tutta la famiglia imperiale, un ballo dell'ambasciata inglese, trattenendovisi a lungo. I rapporti personali tra il signor di Giers e sir Edward Thornton non possono essere né più cordiali, né più improntati dal desiderio di un accordo. Ma il signor di Giers, quantunque tutto consacrato ad un'opera di pace, non potrà sempre con suo vantaggio lottare contro e:lementi compatti che contrariano il suo programma.

n conte Qr.eppi aggiunge che se le nostre mosse nel Mar Rosso sono da taluni in Russia criticate, ciò è solo sotto il riguardo che quelle poiSsono essere interpJretate come aiuto, o almeno come promessa d'aiuto agli [nglesi nel Sudan.

Stimo opportuno di portare quanto precede a notizia dell'E.V...

(l) Cfr. n. '199.

820

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA (l)

D. 680. Roma, 23 marzo 1885.

Fin dal 26 febbraio scorso, il cavaliere V. Bienenfeld, reggente il r. consolato in Aden c'informava che il vapore egiziano di Zeila, arrivato il giOII"no prima, aveva portato la notizia d'un sollevazione contro il rappresentante inglese in quest'ultima città.

La ragione della sommossa fu la seguente: a po,ca distanza da Zeila fu assalita e svaligiata una carovana proveniente dall'Harar; quattro o cinque persone rimasero uccise. Risaputa 'la cosa, il rappresentante inglese ingiunse ai policemen somali di recarsi sul luogo del delitto; ma questi essendovisi rifiutati, né avendo voluto ottemperare all'ordine di deporre le armi, egli ordinò ai solda'ti indiani di disarmarli. I so'mali fecero appello alla popolazione che si soHevò in loro favore, tanto che peli" ristabilire l'ordine si dovette far scendere a terra alcuni marinai d'un vapore da guerra colà ancorato.

Dal cavalier Bienenfeld ricevo ora sullo stesso argomento due rapporti, uno in data del 4, l'altro in data del 5 di questo mese, dei quali ace'J.udo qui co.pia (2). Apparisce dal primo la calma esser tornata a Zeila; ma quanto alla

(

sicurezza della strada fra Zeila ed Harar esistere ancora gravi apprensioni ben naturali quando si rifletta che inglesi ed egiziani furono, come affermasi, nell'impossibiUtà d'inviare una ventina di soldati sul luogo del delitto. Coll'altro rapporto si trasmette copia di una protesta che i negozianti in Harar indirizzarono a quel governatore egiziano dopo aver saputo che egli si prepaITava a lasciare il paese insieme al residuo delle truppe egiziane, che sareblbero poi sup1plite da 300 s·o~dati indig:eni.

Noi non possiamo restare indifferenti a queste lagnanze' di pa<cifici commercianti fra i quali sono in prima linea degl'italiani, e non preoccuparci dei 'Pericoli cui rimarranno esposti nE~lla vita e negli averi.

Se le autol"'ità inglesi di Zeila, come apparisce da quanto è accaduto, non poosono disporre di forza sufficiente per tutelare la sicurezza nella città e nel Paese circostante, noi siamo pronti, appena il Governo inglese accetti l'esibizione, a distaccar da:l nostro presidio d'A:ssab un contingente di sol:latii che si trasporti a Zeila e cooperi, 1aHato ai soldati inglesi, al mantenimento dell'ordine pubblico.

Parimente, essendo deciso che l'e truppe eg,il'Jiane sgombrino definitivamente l'Harar, ove rimarrebbe un corpo indigeno di 300 soldati, insufficiente per numero e qualità, noi facciamo al Governo inglese la proposta di mandarci 500 dei nostri soldati coll'incarico c1i mantenere ·l.'a pubblica si•curezza tanto in Harar che sulle strade battute dal commercio le quali conducono alla costa.

L'umanità e la convenienza politica non possono permettere all'Inghilterra d'abbandonare tot'almente quene provincie al loro destino, e un nostro inter

vento non può non essere dal Governo britannico visto di miglior occhio che quello d'altra Potenza la quaJle non mancherebbe di profittare dell'occasione. « Se il Governo inglese e l'egiziano, dice il cavaliere Bienenfeld nel rapporto del 5 marzo, non sono al aaso d'offrire maggiori garanzie alla sicurezza della vit'a di quella popoùazione, essa spera Clhe i governi vorranno prendere' in considerazione la loro fondata protles'ta ~.

Prego V.E. di fare le opportune comunicazioni a lord Granville (1).

Sapendo poi quanto il Governo deUa regina si rJ. rn.etta, IJ.n ciò che riguarda le' cose africane, al parere del signor Baring, comunico al commendatore De Martino (2) una copia del presente dispaccio e delle carte annessevi, perché possa predisporre l'animo del suo collega in senso favorevole all'accettazione della nostra profferta.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo III, clt., pp. 152-153.

(2) Non pubblicati.

821

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 495. Parigi, 24 marzo 1885 (per. il 29).

A mente dei telegrammi di V.E. del 24 corrente (3) io ho intrattenuto ieri il signor Ferry cliella parte•cipazione del Portogallo alla commissione destinata a regolare la questione della libertà del canale di Suez. Il signor Ferry si mo·strò sune prime recisamente opposto, ed addusse per principale motivo che, ov:e f·osse ammesso 11 Portogallo, non vi !Sarebbero ragioni per non annuire alle simili proposte in favore della Grecia, della Danimarea, della Svezia e di altri.

A queste ragioni opposi che :Per .il Portogallo militavano diritti speciali che le altre precitate PotenZie non potevano a.ddur,re. Infatti non si doveva dimenticare la parte gloriosa da esso presa nei temp·i addietro -alle scoperte marittime; non si può dimenticare che fu il Portogallo il primo a ritrovare la via delle Indie, girando il Capo di Buona Speranza, ed inalberò la prima bandiera europea sul suolo indiano e cinese dove tiene tuttora le piazze di Goa 'e tii Macao; ess•o con9,uistò il Brasile, Slpars·e molte colon~e in Africa, e senza. parlare di quelle situate sulla costa occidentale di quel continente, essa possiede tuttora importanti territori nel Mozambico, ai quali può avere più facile accesso per il canale di Suez. Cosi il Portogallo può pretendere ad un trattamento non disuguale a quello fatto alla Spagna. Il signor Ferry obiettava ancora che ove quelle piccole Potenze fossero ammesse alla Commissione del canale, esse pretenderebbero anche di immischiarsi nelle cose di Egitto, a cui già bastava l'ingerenza delle Grandi Potenze. Io risposi che con l'ammettere quelle mino,ri Potenze alla predetta Commissione, non s'impHcava tpunto che doverSs·ero essere pareggiate alle grandi in ciò 'Che riflette l'amministrazione dell'Egitto; per cui tali pretese, ove per avventura fossero

53 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XVII-XVIII

inalberate, potrebbero ed anche dovrebbero essere respinte. In seguito a questa discussione, il signor Ferry desistette alquanto dalla sua assoluta opposizione e sembrò disposto ad acconsentire alla partecipazione del Portogallo ove tale fosse anche il parere delle altre Potenze. Egli mi raccomandò però di esporre esplicitamente le sue obbiezioni all'E.V., come ho l'onore di farlo ora, e terminò con l'esprimere un vivo malumore contro il procedere del Governo portoghese, a cui rimprovera i suoi pochi riguardi verso gli altri, ed anche una mancanza di lealtà nel suo modo di agire, specialmente nella questione delle ferrovie che suscitò non solo i reclami dei francesi, ma anche degli italiani, come ne è ben informato codesto Ministero.

(l) -Cfr. n. 831. (2) -D. 675 del 23 marzo 1885, non pubblicato. (3) -TT. 262 e 263, non pubblicati.
822

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3825. Berlino, 26 marzo 1885 (per. il 29).

Dalla rassegna dei principali organi della stampa di que·sta ~apitale risulta che i discorsi pronunziati testé daH'E.V. nei due rami del Parlamento intorno alla nostra pol'itica estera non hanno dato luogo fin qui a manifestazioni degne d'i particolar nota.

E per fermo fra i giornali officiosi, la Nord deutsche Allgemeine Zeitung astenend'Dsi da ogni commento si è contentata di riprodurre la semplice notizia del fatto e di indicare fuggevolmente i •punti es'Senziali dei due discorsi dell'E.V. Codesta J:is·erva non mi pare priva di un certo significato.

Fra i giornali conservatori e ultra conservatori, l•a Kreuz Zeitung, ha cercato, nell'esame di uno dei due discorsi, di c015truire alcune •malevole insinuazioni intorno allo scopo della nostra spedizione nel Mar Rosso. Secondo questo giornale, si ricaverebbe dalle parole dell'E.V. che l'Italia mercé IJ.'\ajuto da prestarsi agli inglesi a Kassala e Karthoum tende ad impossessarsi di Tripoli. Essa non crede che un simile disegno possa attuarsi senza suscitare un conflitto europeo, e dubita che coincida col modo di vedere dei Gabinetti di Parigi, di Pietr·oburgo e di Vienna per c'iò che riguarda i diritti della Turchia su Tripoli. La Kreuz Zeitung conchiude che il guardiano dellla pace europea saprà però 1a tempo attraversare il precitato disegno dell'E.V. Quanto a Massaua il predetto giornale, alludendo alla massima enunciata dall'E.V. che colà ove regna il diritto della barbarie, non havvi alcun diritto delle genti, nega che essa possa invocarsi a nostro favore e applicarsi alle occupazioni italiane delle coste del Mar Rosso. La Turchia vanta colà diritti che soltanto col suo consenso potrebbero essere menomati.

La Germania fra i giornali clericali tedeschi non ha risparmiato ln questa circostanza le sue critiche e i suoi sarcasmi. Secondo essa, dal discorso dell'E.V. dinanzi la Camera de deputati appare che l'Italia si sia spinta senza alcun piano prestabilito all'impresa militare del Mar Rosso; codesta avventura potrebbe costare all'Italia migliaia di uomini e milioni di denaro. Quanto al discorso dell'E.V. dinanzi il Senato, il giornale clericale si sforza di dimostrare che l'E.V.,

astenendosi dal far cenno questa volta dell'equilibrio nel Mediterraneo e dell'azione parallela con quella dell'Inghilterra nel Sud~n. non parla se non degli interessi della navigazione. La Germania dubita che sia conforme alla verità ciò che l'E.V. dice intorno alle ottime relazioni esistenti fra l'Italia e le Potenze centrali.

Né più benevoli sono stati i giudizi! che han portato, fra gli organi della stampa liberale tedesca, la National Zeitung e la Gazzetta di Colonia. Il primo di essi pensa che dall'impegno preso dall'Inghilterra di non lasciar turbare l'equilibrio nel Mediterraneo si vede come la nostra spedizione nel Mar Rosso sia stata eseguita a casaccio, perché l'eventuale cooperazione dell'Inghilterra sul Mediterraneo sembra non essere altro che una frase abbastanza elastica. La Gazzetta di Colonia ripetendo parte delle precitate osservazioni dice che le parole della E.V. hanno lasciato il tempo che avevano trovato e fa da ultimo notare che l'objettivo della nostra modesta politica coloniale sia appunto quello di guarentirci contro un'occupazione di Tripoli da parte della Francia.

Riassumendo, dunque, ciò che si raccoglie dai giornali tedeschi de' vari partiti si può affermare che le dichiarazioni dell'E.V. non hanno sgombrato qui dagli animi quel senso di diffidenza, che é nato contro di noi in seguito al nostro accordo coll'Inghilterra, allora appunto che questa Potenza si trovava in grave dissidio colla Germania.

Nel riferirle quanto precede in conformità del telegramma dell'E.V. in data del 18 corrente (1), mi 'riserbo di farle conoscere col mio carteggio confidenziale, che affiderò al prossimo corriere di Gabinetto, le impressioni che i due discorsi dell'E.V. han prodotto in questi circoli ufficiali.

823

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 496. Parigi, 26 marzo 1885 (per. il 29).

Il nuovo discorso pronunziato al Senato dalla E.V. sulla nostra politica coloniale, e particolarmente sulla nostra spedizione nel Mar Rosso, viene altamente apprezzato. Il signor Ferry con cui ebbi l'occasione di parlarne, lo trovò molto abile, e se ne espresse con lode. Ciò non vuoi dire che egli sia molto soddisfatto di vedere la nostra bandiera sventolare là dove preferirebbe vedere la francese; ma egli sembra uomo a prendere il suo partito, riguardo all'influenza marittima che la nostra posizione c'impone di sviluppare, ed egli capisce che vi ha ancora posto per noi nel mondo, e che vi ha mezzo di intenderei su molte cose.

Un simile sentimento, bisogna dirlo, non si è addentrato ancora molto nella mente dei numerosi chauvins che popolano la Francia, e che non vedono senza qualche dispetto il nostro agire indipendente e la prudenza che presiede alle nostre determinazioni, e che ci è guida nell'azione. Alcuni fogli pubblici di importanza che partecipano a quella influenza, senza esserci apertamente ostili,

si tacciono però sul buon successo del nostro incipiente stabilimento a Massaua; essi avrebbero gusto di trovarci qualche argomento a critica, od a qualche funesto presentimento, il quale argomento sin'ora ha mancato; speriamo che non avranno occasione di compiangerci per la nostra impresa, e che anzi si persuaderanno che l'Italia ormai ha per sé il diritto e la forza per entrare in competizone con le altre Potenze.

(l) T. s.n., non pubbUcato.

824

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 466. Londra, 27 marzo 1885, ore 21,37 (per. ore 1 del 28).

Je n'ai pas de .confirmation d'un projet d'alliance entre l'Angleterre et la Turquie. Je suis convaincu que si projet se réalisait, le Gouvernement anglais tiendrait compte de notre situation dans la Mer Rouge. La loi concernant la garantie de l'emprunt égyptien sera votée cette nuit avec une majorité qu'on suppose étre de trente voix.

825

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2253. Vienna, 27 marzo 1885 (per. il 4 aprile).

Rispondendo all'interpellanza direttami dall'E.V. con suo telegramma del 18 sera (l) ritenni mio dovere farle conoscere schiettamente senza r·eticenze di sorta, che tutti i gi-ornali austriaci senza eccezione compreso gli ufficiosi si esprimevano assai sfavorevolmente a riguardo delle dichiarazioni sulla nostra politica coloniale in generale nonché sulla nostra azione nel Mar Rosso, che l'E.V. ebbe a fare alla Camera nella seduta del 17 corrente (2).

Rilevai poscia dai giornali italiani che il linguaggio della stampa autriaca fu assai benignamente apprezzato in Italia; ma ciò non muta menomamente il mio giudizio, poiché l'esperienza che forzatamente ho dovuto acquistare delle cose e dei criteri direttivi di questo Paese mi mette assai meglio in grado, di quello che non lo si sia in Italia, di afferrare con precisione il vero senso del linguaggio adoperato da questa stampa nel giudicare le cose nostre.

Mantengo quindi il mio primitivo apprezzamento ma contemporaneamente devo dichiarare che dopo più matura riflessione il linguaggio della stampa austriaca ebbe a modificarsi sensibilmente.

Lasciando da parte i giudizii a cui sul principio dettero origine alcune frasi

che sembravano prestarsi ad ambigua interpretazione, il linguaggio di questi

giornali e non esito a dire anche il giudizio che nei circoli dirigenti si andò

formando intorno alle cose nostre si fu: che se l'Italia aveva mostrato velleità

di distaccarsi dall'alleanza con i due Imperi per buttarsi nelle braccia dell'Inghilterra onde a·ccingersi ad una politica di avventure intesa in ultima analisi ed assicurarle il possesso di Tripoli; il disastro di Kartum e la così esplicita manifestazione di riverente sottomissione al gran cancelliere germanico a cui fu trascinato dalle circostanze il Gabinetto brittannico, cì fece del pari mutare l'indirizzo, e rientrare noi pure ossequienti nella sfera d'azione dei due Imperi. Si volle quindi dare importanza preponderante alle dichiarazioni così precise formulate dall'E.V. intorno alla nostra fedeltà alla Triplice Alleanza mostrando di credere che dei nostri interessi nel Mediterraneo, da cui potrebbero emergere complicazioni europee ed anche in particolare coll'Austria ove questa si accingesse in determinate circostanze a proseguire nella via che deve condurla a Salonicco, l'E.V. non aveva fatto menzione che per dare soddisfazione pubblica; e ~uindi non si prestò più attenzione che alla nostra azione nel Mar Rosso, considerandola siccome unicamente intenta a svolgersi ulteriormente a seconda delle circostanze nel Sudan.

A questo proposito non devo nascondere, che qui si ritiene siccome molto problematico che ·anche solo in quella direzione l'ItaHa possa a lungo procedere in buon accordo con l'Inghilterra e quindi si crede, o meglio, si spera, che l disinganni che incontreremo ci sforzeranno a rimanere più che mai stretti alla alleanza delle Potenze centrali, che saranno cosi in grado dl frenare il risorgimento del nostro prestigio e della nostra attività nel Levante, che politicamente e commerctalmente sarebbero in urto cogl'interessi austro-ungarici.

Queste constderazioni fanno si che tanto nei circoli dirigenti come nella stampa il linguaggio che si tiene a nostro riguardo subì in questi giorni un mutamento assai favorevole.

La missione di alta cortesia affidata da S.M. il Re all'Augusto suo cugino

S.A.R. il duca di Genova fu cons~derata quì si.ccome esplicita manifestazione dell'intendimento dell'Italia d'inchinarsi al pari dell'Inghilterra dinanzi ai voleri del potentissimo cancelliere germanico; e contribui quindi anche un poco a rassicurare gli spiriti intorno alle supposte nostre velleità d'emancipazione dai vincoli che la Triplice Alleanza c'impone.

Giova sperare che questi calcoli non riusciranno cosi perfettamente come sono oggi architettati a Vienna; non so però difendermi dall'impressione, che, se mantenendosi le circostanze generali d'Europa quali ora sono, la Turchia dovesse perdere il dominio di Tripoli, i tre Imperi, che oggi costituiscono la vera ed unica Triplice Alle!Vnza, darebbero assai più volentieri il loro appoggio alla Francia che non all'Italia pel conseguimento di quell'eredità. Da ciò ne consegue a parer mio che abbiamo ogni interesse a far si che, fin che dura la presente costellazione, non si verifichino mutamenti di sorta nell'Impero ottomano, ed in particolar modo nei suoi possessi mediterranei. Trovo quindi che dal canto nostro nulla si deve tralasciare perché si parli di Tripoli il meno possibile, e che anzi la questione rimanga assopita fino a tempi migliori (1).

c Segnar ricevuta e ringraziare. Non è mestieri di dire al r. ambasciatore quanto vadano errati, in molti punti, l giudizi del giornalismo austriaco. Ad ogni modo la maggior moderazione e l'impressione 9bbastanza favorevole che ne è venuta presso la stampa Italiana giovano al nostro intento, che cioè esiste, per quanto possiblle, una corrente dl benevolenza, od almeno di pacatezza tra il giornal!smo dell'uno e dell'altro Paese~. Sulla base di tall istruzioni, venne redatto il D. 1853 del 5 aprile 1885, diretto all'ambasciata a V1enna, non pubblicato.

(l) -T. 233 del 18 marzo 1885, non pubblicato. (2) -T. 423 del 20 marzo 1885, non pubblicato.

(l) Allegata al presente rapporto sl trova la seguente annotazione di Malvano:

826

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE RISERVATO 3833. Berlino, 28 marzo 1885 (per. il 4 aprile).

Le télégramme en clair de V.E., en date du 18 (1), me parvenait à une heure avancée de la nuit. Dès le Iendemain, je transmettais en voie particulière et en copie au comte Herbert de Bismarck ce résumé de votre discours si applaudi à la Chambre des députés sur notre politique coloniale. Je tenais à ce que son père en prit connaissance, sans que je recourusse à cet effet à la filière accoutumée, mais beaucoup plus lente, des bureaux.

Le 20 courant, je rencontrais le secrétaire d'Etat, et j'apprenais que le prince de Bismarck, tout en rendant justice à vos déclarations sur notre ligne pacifique avec l'Europe centrale, estimait cependant dans un discours précedént du 29 janvier votre Iangage dépassait peut-etre la juste mesure. Vous aviez, le premier, parlé d'une « alliance », de stipulations (patti), vous auriez meme indiqué l'année de Ieur conclusion, tandis qu'ici on gardait là-dessus le secret. Quant à ce qui concerne le Cabinet de Berlin, il n'avait aucune objection à ce que le fait à lui seui de cette alliance ne restàt pas un mystère. Mais il constatait que ce n'était pas lui qui en avait révélé l'existence. A cette occasion, le chancelier me faisait répéter le message communiqué à V.E. par mon rapport

s.n. réservé et confidentiel du 7 mars (2), à savoir que notre traité d'alliance ne s'appliquerait pas au cas spécial de complications pouvant surgir de notre entreprise dans la Mer Rouge.

Je m'empressais de répondre que nous avions scrupuleusement observé le silence sur l'alliance, et que V.E. n'avait employé cette expression que après que le comte Kalnoky s'en était servi par devant Ies délégations, aussi bien que les journaux officieux de ce Pays dans Ieurs publications. J'ajoutais, en poursuivant avec beaucoup de calme, que mieux vaudrait, au lieu d'éplucher les mots, en voir l'esprit, reconnaltre nos bonnes intentions. Or je devais constater que dans chaque circonstance, M. le ministre, vous vous appliquiez à prononcer quelques phrases amicales et sympathiques pour l'Allemagne. Mais le prince de Bismarck sans parti pris -je voulais bien l'admettre -ne faisait dans ses discours aucune mention de l'Italie, tandis qu'il ne manquait pas d'accentuer ses excellents rapports avec l'Autriche-Hongrie, et meme avec la Russie et la ,France ses amis de plus fraiche date. Une seule fois, lorsqu'un député du centre représentait l'Allemagne entourée de Puissances guettant le moment de se coaliser, le prince réfutait cette assertion en invoquant les liens qui unissaient l'Empire aux Cabinets de Vienne et de Pétersbourg, et nous plaçait à la arrière ligne avec l'Espagne. Franchement nous méritions mieux et nous en avions la conscience.

Je tenais un langage analogue au sous-secrétaire d'Etat. L'un et l'autre cherchaient à atténuer mes impressions, mais dans des termes généraux qui ne

réussissaient pas à me convaincre. Ceci se passait avant que le chancelier eut la nouvelle de l'arrivée à Berlin du due de Genes. Après le départ de Son Altesse Royale, j'appelais l'attention du comte de Hatzfeldt et de M. Busch sur votre dernier discours au Sénat, dans lequel vous renouveliez les assurances déjà données à la Chambre des députés, et constatiez que l'accord de l'Italie avec les deux Empires et avec l'Angleterre était une garantie de paix pour l'Europe. Je relevais, entr'autres, votre phrase si bien touchée que l'empereur Guillaume représentait non seulement les victoires de l'Allemagne, mais la paix de l'Europe. Ce passage avait été fort remarqué et apprécié, ainsi que me le disait

M. Busch.

V.E. observera l'insistance du prince de Bismarck à écarter le casus foederis pour tout conflit qui pourrait surgir de nos occupations dans la Mer Rouge. Prévoit-il vraiment quelque grave complication? Croit-il que nous visons surtout à Tripoli? Songe-t-il à l'éventualité où l'Angleterre devant rappeler ses troupes du Soudan pour faire face au danger d'une lutte avec la Russie vers l'Afghanistan, nous laisserait aux prises avec les troupes du Mahdi, ou en Mte-à-tete avec la Turquie soutenue plus ou moins ouvertement par la France? Ou bien le chancelier veut-il éviter non seulement de prononcer aucun mot qui ressemble de près ou de loin à un encouragement quelconque de notre politique dans cette direction, mais meme chercherait-il à nous en détourner en nous enlevant toute illusion -si jamais nous en avions eues -sur un appui meme indirect de sa part? Cette dernière explication de son attitude semble assez vraisemblable, si l'on pense qu'il viserait aussi par là à se mettre en règle à l'égard des interpellations qui pourraient lui etre faites sur nos rapports avec le Cabinet de Berlin sur ce point spécial.

Quoiqu'il en soit, n résulte de tout ceci que nous devons marcher la sonde à la main pour éviter bien des écuells.

Je profite volontiers de cette occasion pour remercier V.E. des éloges qu'elle a voulu accorder, soit à la Chambre des députés, soit au Sénat, à la part que j'ai prise, d'aprés ses instructions, aux travaux de la Conférence africaine.

(1) -Non pubblicato. (2) -Cfr, n. 794.
827

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2254. Vienna, 28 marzo 1885 (per. il 4 aprile).

L'augusta coppia ereditaria austriaca ha fatto ritorno negli Stati imperiali dopo un viaggio di circa un mese, che, se per una parte può ammettersi sia stato intrapreso a scopo di piacere, non gli si può però togliere anche lo spiccato carattere politico che non ne fu certo secondario movente.

L'anno scorso quei giovani principi si recarono a visitare il sultano e le corti di Bukarest e Belgrado, incontrandosi del pari col principe di Bulgaria. Quest'anno si portarono ad Atene ed a Cettigne ospiti graditi ovunque e sempre tanto per l'altissimo loro rango quanto per le notevoli doti che li di

stinguono nonché per la specialissima cortesia ed affabilità dei loro modi. Nel corso di un anno circa gli eredi del trono degli Asburgo andarono a stringere personali legami con tutte le corti della penisola balcanica portando dovunque l'espressione della simpatia e dell'amicizia della Monarchia ch'essi rappresentano, per gli Stati vecchi e giovani che devono la loro origine od il loro consolidamento al Trattato di Berlino e che fino a quell'epoca ed anche fino a questi ultimi tempi solevano guardare a Pietroburgo da cui doveva lor venire ogni bene ed ogni male a seconda delle circostanze. Oggi si è mutato o almeno lo si vorrebbe qui vedere intieramente cambiato.

L'Austria-Ungheria mercé l'assoluto completo appoggio che le dà la Germania va ogni giorno maggiormente inorientandosi, per intanto estendendo sempre più la sua influenza morale in Oriente in attesa che le circostanze gli consentano di fare in quella direzione altri passi più pratici e più decisivi. La Russia lascia fare e non cerca apparentemente di attraversare la strada alla sua fortunata rivale; forse ciò sarà conseguenza degli accordi di Skierniewice, ma ad ogni modo se la ragione non è chiara il fatto non è contestabile.

I giornali d'ogni colore, gli ufficiali specialmente, si lasciano trascinare a pubblicare ditirambiche relazioni delle accoglienze fatte ovunque ai giovani principi, che a vero dire godono qui la simpatia universale. A leggere quegli articoli si dovrebbe credere che nei varj stati balkanici si sia generalizzata una corrente di simpatica devozione per l'Austria-Ungheria. Evidentemente la cosa non corre precisamente cosi e non esito anzi a dire che dei partigiani dell'Austria, veri, convinti non ve ne ha in nessuna parte della penisola balkanica, ma si i governanti quanto gli uomini di Stato, per quanto questi siano rari in quelle regioni, comprendono perfettamente che dell'Austria Ungheria nelle attuali circostanze hanno tutti da temere, senza che loro sia dato sperare qualsiasi altro appoggio; e quindi con molta buona grazia si piegano dinanzi alla preponderanza dell'Austria.

Per ora il Gabinetto di Vienna cerca con tutti i mezzi di far strada ai

suoi commerci coll'Oriente, e non dubito che saprà trarre partito dal recente

viaggio dei principi imperiali per stipulare un buon trattato di commercio

colla Grecia, cosa vivamente desiderata dalle due parti della Monarchia come

già si è potuto constatare nelle recenti delegazioni. Trattato che non sarà di

lieve importanza il giorno in cui la locomotlva correrà da Vienna a Budapest

a Salonicco, e che potrà anche aprire il campo a combinazioni politiche di assai

maggior importanza.

Combattere quest'azione invadente dell'Austria verso l'Oriente non è più pos

sibile poiché la Germania ha troppo interesse acché si faccia sempre più in

tensa ed efficace: conviene quindi tenerne conto quasi come di un fatto com

piuto e non mostrare di sopportarlo a malincuore.

Dobbiamo però non starcene con le mani alla cintola ad aspettare gli eventi

per provvedere a tutela dei nostri interessi, ed anzitutto è indispensabile che

progressivamente diamo il maggiore sviluppo possibile alla nostra marina da

guerra facilitando anche con tutti i mezzi che sono a disposizione del governo

l'incremento della nostra marina a vapore commerciale: altrimenti il giorno

in cui l'Austria sarà insediata a Salonicco circondata da Stati quasi vassalli,

essa soffocherà ogni nostra espansione commerciale e sarà allora troppo tardi

per cercare di svincolarsi dalla stretta rete che avrà saputo tessere intorno a noi. Dai rapporti che l'E. V. sarà per ricevere dai regi agenti nella penisola bal

kanica, le sarà facile controllare la maggior o minor esattezza dei miei apprezzamenti; a me incombeva però il dovere di porle sott'occhlo la situazione quale si mostra in oggi da chi l'osserva nel posto in cui mi trovo.

828

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3836. Berlino, 29 marzo 1885 (per. il 4 aprile).

Les dernières nouvelles, au sujet de l'Afghanistan, sont peu rassurantes en ce qu'elles accusent une situation assez tendue, et que chaque pas fait dans la voie des préparatifs belliqueux rend plus difficile la conclusion d'un arrangement.

C'est une crise prévue et annoncée depuis plus d'un demi-siècle. On peut en suivre sur la carte le développement fatai par la marche en avant des troupes russes: Tasckkend, Samarcande, Khiva, Askabad, Saracks, autant de phases de la question d'Herat. Les avant-postes anglais et russes sont à proximité. Meme la reprise des négociations engagées pour la délimitation de la longue toute chance. On peut aplanir des difficultés entre deux voisins, à la frontière, si elle ajournait le conflit ne parviendrait pas à écarter à la condition que chacun y mette de la condescendance, mais quel moyen de conciliation trouver entre les prétentions de deux races rivales qui aspirent l'une et l'autre à la suprématie sur tout un continent, qui s'avancent l'une contre l'autre, qui s'y trouvent pour la première fois face à face ayant chacune un pied sur le terrain contesté? Dans ces circostances comment reculer? Il y va du prestige de chacune des Puissances engagées.

Le prince de Bismarck ne considère cependant pas la situation comme dé

sesperée; il croit meme au maintien de la paix, à la condition néanmoins que

l'Angleterre n'enfle pas trop la voix, ne profère pas de menaces, et n'affecte pas

de diriger contre la Russie ses armements, lorsque ceux-ci visent en grande

partie à renforcer les garnisons dans l'Empire indian où il se manifestaient de

graves indices de mécontentement et de fanatisme. Le Gouvernement britannique

pourrait meme se trouver dans la dure nécessité d'interrompre l'envoi de

renforts dans le Soudan, et meme d'en rappeler ses troupes, en se contentant

de pourvoir de son mieux à la défense de l'Egypte proprement dite. Le Cabinet

de Saint-Pétersbourg ne peut ignorer cet état de choses qui jusqu'à un certain

point lui est favorable. Toutefois il est parfaitement sincère dans ses assurances

pacifi.ques. Mais il ne faudrait pas lui imposer des conditions impossibles à rem

plir, à moins de froisser le sentiment national que l'empereur Alexandre et ses

ministres ne seraient pas en mesure de contenir. On risquerait fort de voir se reproduire la m~me situation qu'en 1877. Le tsar a été entratné alors par un mouvement irrésistible à déclarer la guerre à la Turquie, malgré les sacrifices de tout genre, et la ruine financière inévitable.

Tel est le jugement du chancelier. Il est vrai qu'un signe de sa part à SaintPétersbourg suffirait peut-~tre pour éloigner l'orage. Mals jusqu'ici il se tient sur la réserve. D'abord d'aucun còté sa médiation n'a été invoquée, et en outre, l'expérience faite, il y a quelques années, n'est guère encourageante. A tort ou à raison, la Russie l'a rendu en quelque sorte responsable si ses troupes victorieuses ont été retenues devant Constantinople et on lui a vivement reproché d'avoir contribué par son attitude à faire substituer au Traité de

S. Stefano les stipulations bien moins avantageuses du Congrès de Berlin. Il a fallu des années pour affaiblir cette impression, et pour amener une réconciliation scellée par l'entrevue de Skierniewice. Il est vrai que bien des personnes assuraient qu'à cette entrevue la Russie avait reçu carte bianche pour ses entreprises vers le Golfe Persique, ou que du moins telle était la conséquence qu'elle faisait dériver de son rapprochement avec les deux autres Empires.

Il ne faut pas renoncer à l'éspoir que ce gros nuage se dissipera bientòt. Une lutte entre la Russie et l'Angleterre resterait difficilement localisée. L'une et l'autre auraient alors un grand intéret à s'assurer le concours de la Turquie qul s'allierait peut-~tre avec le plus offrant. Ce serait le réveil de la question d'Orient avec les intér~ts de l'Europe en jeu.

829

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3837. Berlino, 29 marzo 1885 (per. il 4 aprile).

Par son télégramme du 17 mars (1), V.E. désirait savoir ce que je penserais si le due de ~nes, revenant d'Angleterre, était prié de passer par Berlin de façon à s'y trouver pour le 22 mars.

Je n'ésitais pas à répondre que la visite de S.A.R. n'était pas indiquée pour l'anniversaire de la naissance de l'empereur. En dehors des souverains et princes des différents Etats de l'Allemagne, le prince de Galles avec son fils, le due d'Edimbourg, le prince et la princesse héréditaires de Suède, apparentés à la Cour impériale, seraient les seuls princes étrangers présents à une solennité qui aurait, dès lors, le caractére d'une f~te nationale et de famille. Il était possible que le grand due Serge de Russie, petit-neveu de l'empereur Guillaume, f'O.t fortuitement de passage à cette époque pour se rendre auprès de la reine d'Angleterre. Il n'était nullemente question de la présence ici d'un archiduc d'Autriche. La visite tout-à-fait inattendue de monseigneur le prince Thomas donnerait lieu à des suppositions, à des commentaires auxquels il vaudrait mieux ne pas se pr~ter. On y verrait non seulement un hommage au chef de l'Empire d'Allemagne, mais on pourrait croire que nous cédions peut-~tre à une pression

tendant à raffermir avec son gouvernement des rapports prétendument affaiblis par notre faute. Nous aurions l'air de chercher, en quelque sorte, à faire amende honorable en suite de notre rapprochement avec l'Angleterre et de notre entreprise dans la Mer Rouge, qu'ici l'on ne se gène pas de critiquer. Je pensais que l'opinion publique en Italie interpreterait cette manifestation camme contrastant avec un manque de certains égards de notre allié envers nous, et ne se prononcerait pas d'une manière favorable, dans ce moment surtout, après le vote récent du Reichstag sur les subventions à la navigation transatlantique.

Il me semblait dane, sauf avis contraire du roi, si bon juge en tout ce qui touche, entre autres, aux questions de convenance et de dignité, que mieux vaudrait ;:tjourner la visite et choisir une autre occasion.

Le Conseil des ministres (télégramme de V.E. reçu dans la nuit du 19 au 20 mars) (l) en ayant décidé autrement et à l'unanimité, il ne me restait qu'à tout disposer, en ce qui me concernait, pour que le voyage du due de Genes s'effectuat sans encombres, vu le temps très limité, et pour qu'il trouvat ici un terrain bien préparé. Sous ce rapport, les télégrammes de Sa Majesté, d'une si exquise courtoisie et d'une cordialité si parfaite suffisaient à eux seuls pour ménager à son auguste cousin et beau frère le meilleur accueil. J'en ai déjà rendu compte dans ma correspondance.

Je ne m'explique pas néanmoins pourquoi on demandait de Rome sur ce voyage un avis dont il n'a été tenu aucun compte. Les motifs, que V. E. a bien voulu énumerer à l'appui, n'ont pas réussi à me convaincre, peut-ètre parce que je ne raissonnais que d'après des impressions qui m'étaient suggérées par la connaissance, que j'ai pu acquérir des hommes et des choses de ce Pays; tandis que le Conseil des ministres, embrassant un plus vaste horizon, se laissait guider par des considérations se rattachant à la situation générale de l'échiquier politique. Il fallait peut-ètre, à défaut de la réalité, sauver les apparences.

Le fait est que la visite du due de Genes n'apportera aucune modification essentielle dans nos rapports avec le Cabinet de Berlin. Il continuera à notre égard son systéme de réserve et de suspicion, dont nous avons eu tant de preuves avant et après notre rapprochement avec l'Angleterre. Il n'a pas le sentiment que nous puissions concilier nos obligations d'allié de l'Allemagne et de l'Autriche, avec les engagements que nous avons pris ou que nous prendrons avec la Grande Bretagne. Fort de son amitié étroite avec l'Autriche et avec la Russie, et de ses meilleures relations avec la France, notre alliance a perdu à ses yeux de sa valeur. Elle este réléguée à l'arrière-plan.

Cèla n'empéchera pas le gros public, qui ne voit point le dessous des cartes, de se figurer que la visite de monseigneur le prince Thomas est une affirmation d'une entente complète du Cabinet de Berlin avec nous, et meme avec l'Angleterre. Pourvu que ce ne soit pas là un succès très passager, et que les mécomptes ne tardent pas à se produire.

Bref, j'étais et je suis encore d'avis que la visite d'un prince de la Maison de Savoie ne répondait pas à la situation telle qu'elle existe ici aujourd'hui au point du vue politique, des relations de gouvernement à gouvernement. Je dirais meme plus, j'estime, dans cet ordre d'idées, qu'on en méritait pas ici cette

visite. Et quant aux rapports avec la Cour de Berlin, ils étaint avant comme ils le seront après très amicaux, et nous n'avons pas ajouté un poids de plus dans 'la balance. Au reste, au moment meme où l'héritier de la Couronne de Angleterre était annoncé dans cette capitale, ainsi peu avant l'arrivée de monseigneur le due de Genes, le prince de Bismarck, s'expliquant à la Chambre à propos des liens entre les dynasties et leur influence, avait bien soin d'établir qu'ils ne sauraient trouver piace dans les questions de politique étrangère. Celles-ci, indépendamment de toute autre considération, doivent etre réglées, laissait-il comprendre, d'une manière conforme aux intérets de l'Allemagne. Il voulait ainsi restreindre la signification des actes de courtoisie qui s'échangent de Cour à Cour. (1).

(l) T. 223 del 17 marzo 1885, non pubblicato.

(l) T. 238, non pubbllcato.

830

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 491. Parigi, 30 marzo 1885, ore 17,40 (per. ore 20,20).

La conférence pour le canal de Suez a été ouverte aujourd'hui à une heure au Ministère d es affaires étrangères; honorée discours M. Ferry, auquel a répondu, en quelques mots, le premier commissaire anglais, M. sir Julian Pauncefote. Etaient présents, outre les représentants des Grandes Puissances, les délégués d'Espagne, des Pays Bas, et un commissaire égyptien. Le délégué d'Italie, celui d'Autriche, et celui de Russie, ont chacun annoncé l'intention de leurs gouvernements respectifs d'envoyer à la conférence un second délégué. La conférence s'est ensuite constituée en donnant présidence à M. Billot, qui a précisé sa mission purement académique, le projet de convention qui sortira de ses travaux ne devant pas lier d'avance les gouvernements représentés. Un projet de convention en 9 articles a été présenté par le Gouvernement français camme base des discussions de la conférence, mais le président a eu soin de déclarer que les commissaires seraient libres d'y proposer toute modification ou tout amendement qu'ils jugeraient convenable. Dès ce moment le délégué anglais a fait une réserve à ce sujet, en disant que d'après les intentions du Cabinet anglais le projet ne devrait pas sortir des limites tracées par la circulaire de lord Granville en date du 3 janvier 1883, et il a déposé de son còté un projet de convention qui est rédigé en stricte conformité des principes admis par cette circulaire. La conférence a ensuite nommé une sous-commission composée des premiers délégués des Grandes Puissances, laquelle s'est à son tour constituée en conférant sa présidence à M. Barrère second commissaire français et a décidé de tenir sa première réunion aujourd'hui en huit, le lundi 6 avril, pour laisser aux gou

«Ringraziare per questo rapporto. Apprezzare le considerazioni svolte dal conte Launay ron una franehez•a di eu\ gli siamo grati assai. Sta, po!, in fatto che il via,gg!o dpl nrincipATommaso a Berlino ha fatto !n Paese e nel Parlamento eccellente Impressione poiché esso è manifestazione non dubbia de! nostri Intendimenti politici :o. In base a tali Istruzioni venne redatto Il D. 1860 del 5 aprile 1885 Indirizzato all'ambasciata a Berlino, non pubblicato.

vernements respectifs le temps de recevoir communication des projets présentés et de les examiner. Il a été décidé secret sera gardé pour les travaux de la sous-commission et que dans chaque séance de la conférence plénière il sera statué si le procès verbal de la séance peut ètre publié.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:

831

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 510/328. Londra, 30 marzo 1885 (per. il 3 aprile).

Ho eseguito le istruzioni che l'E.V. mi fece l'onore d'impartirmi col suo dispaccio del 23 corrente, n. 680 serie politica (1), rimettendo a lord Granville una nota verbale di cui unisco una copia, e nella quale sottomisi a Sua Signoria la proposta di staccare dalla guarnigione di Assab qualche centinaja di soldati per cooperare colle truppe inglesi allo scopo di mantenere la sicurezza a Zeila, a Harar ed al paese finitimo a questa località.

In via confidenziale, ho unito alla nota verbale la copia della lettera (2) di sudditi italiani a Harar, da questi diretta al r. consolato in Aden. Avrò cura di far conoscere sollecitamente all'E.V. la risposta che sarà per farmi intorno a ciò il conte Granville (3).

.ALLEGATO

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI DI GRAN BRETAGNA, GRANVILLE

NOTA. Londra, 30 marzo 1885.

Le Gouvernement ita1ien a appris les actes d'insubordination commis envers le représentant du Gouvernement anglais à Zeila par les agents de police somalis, et les troubles provoqués par ceux-ci dans cette localité. Ces troubles ont été réprimés par l'autorité anglaise avec l'aide des marins de l'aviso «King Fisher », et les émeutiers reçurent la punition qu'Hs méritaient. Le calme a donc été rétabli à Zeila; mais il parait qu'il y a des a.ppréhensions relativement à la sécurité de Harar et de la route entre cette localité et Zeila.

La colonie européenne établie à Harar a adressé au gouverneur égyptien Raduan-pacha, une protestation en vue de son prochain départ de Barar et de l'évacua.tion de ce Pays par ce qui reste de troupes égyptiennes.

Les sujets italiens qui font partie de cette colonie adressèrent, de leur còté, au consul d'Italie à Aden une lettre, accompagnant une copie de la dite protestation, et expliquant les motifs qui l'avaient provoquée. Il résulte de ces pièces, que la colonie européenne établie dans ce Pays craint, non sans fondement, que des troubles plus graves ne viennent à éclater si, au départ de la gamison égyptienne, on laisse le Pays d[l'ns les mains des quelques soldats dndigènes destinés à la remplacer.

Dans cet état de choses, le Gouvernement du roi s'adresse avec confiance au Gouvernement de Sa Majesté britannique et il lui propose de concourir, s'il en est besoin, au

maintien de la sécurité de ces pa.rages et à la protection de la colonie européenne de Hara.r dont le sujets ita.liens forment l'Wl des éléments les plus importants. Si les autorirtés a.nglaJ.ses de Zeila. ne disposent pa.s de forces suffisantes pour y garantir cette sécurité le Gouvernement italien est prét, a.ussictot que son offre de concours serait a.cceptée, à fa.ire déta.cher de la garnison d'Assab Wl contingent de soldats qui serait rtransporté à Zeila et qui coopérerait avec !es soldats anglais a.u maintien de l'ordre sur Ies lieux. A Harar méme, où Ies 300 soldats indigènes qui devraient remplacer la garni;son égyptienne, sont loin d'inspirer la confiance nécessaire, on pourrait envoyer un détachement de 500 soldats italiens avec le ma.ndat d'assurer la tranquillité dans l'endroit et sur les routes commerciales qui aboutissent à la còte.

L'humanité et les convenances poiitiques ne peuvent permettre à l'Angleterre de laisser ces provinces sans protection sUffisant, et la protestation de la colonie européenne rend plus urgentes les mesures à prendre dans ce but. Le concours de l'Italie est ici tout indiqué et devrait étre, dans !es conditions présentes, préféré par le Gouvernement anglais à toute autre comblnai;son.

(l) -Cfr. n. 820. (2) -Non allegata. (3) -Cfr. n. 872.
832

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Berlino, 30 marzo 1885.

Je vois par votre intéressante lettre du 19 mars (l) que l'un et l'autre nous broyons du noir. Et il y a bien de quoi.

Que dites-vous du voyage récent du due de Génes? Le 17 mars Je recevais de Mancini un télégramme (2) demandant ce que je penserais si notre prince était prié, revenant de l'Angleterre, de passer par Berlin de façon à s'y trouver pour le 22 (féte de l'empereur). Je m'empressais de répondre qu'en dehors des souverains et princes allemands ne viendraient que le prince de Galles avec son fils ainé, son frère le due d'Edimbourg, le prince et la princesse héréditaires de Suède, celle-ci petite fille de l'empereur, et que la solennité aurait ainsi un caractère national et de famille. La visite tout-à-fait inattendue du prince Thomas donnerait lieu à des suppositions, à des commentaires auxquels il ne conviendrait pas de se preter. On y verrait non seulement un hommage rendu au doyen des souverains, mais on pourrait croire que nous cédions peut-étre à une pression tendant à raffermir avec son gouvernement des rapports d'amitié affaiblis prétendument par notre faute. Nous aurions l'air de chercher en quelque sorte à faire amende honorable à propos des critiques, des défiances auxquelles nous avons été en butte en suite de notre rapprochement avec l'Angleterre et de notre entreprise dans la Mer Rouge. Je pensais que l'opinion publique en Italie interpréterait cette manifestation comme contrastant trop avec certains manques d'égard usés ici à notre endroit. L'opinion publique ne serait pas disposée favorablement dans ce moment surtout après le vote du Parlement allemand sur Ies subventions à la navigation transatlantique. Il me semblait donc, sauf avis contraire du roi si bon juge en tout ce qui touche, entre autres, aux questions de convenance et de dignité que mieux vaudrait ajourner cette

visite et choisir une autre occasion. Il se pourrait que le. grand due Serge de Russie passàt ici fortuttement à cette époque pour rejoindre la reine d'Angleterre attendue alors à Darmstadt.

J'espérais que ce télégramme (l) aurait l'effet désiré par moi; mais le 20 mars à deux heures du matin lorsque je rentrais d'une soirée chez Leurs Majestés, je recevais un télégramme (2) de M. Mancini me disant que dans le matin du 19 un Conseil des ministres présidé par le roi avait miìrement examiné et grandement apprécié mes considérations, mais que l'avis unanime avait été que le voyage cadrerait tout-à-fait avec la situation actuelle. L'opinion publique chez nous ne trouverait que nature! l'acte de courtoisie de notre roi envers le doyen des souverains, quand bien méme le due de Génes serait avec les princes anglais, le seui prince étranger présent à Berlin. Si d'autre part le grand due Serge allait venir et encore plus si camme certains indices le faisaient croire, l'envoi d'un archiduc autrichien était décidé à la dernière heure, l'absence d'un prince italien serait en Italie interprétée comme autorisant à l'égard de nos rapports avec l'Allemagne des suppositions qu'il ne nous convenait pas de laisser s'accréditer. Quant à l'impression générale que le voyage pourrait produire, le Conseil des ministres pensait qu'une affirmation de sympathie et de déférence envers l'Allemagne était tout particulièrement indiquée au moment où le rapprochement s'accentua entre les deux Pays dont l'un est notre allié, et l'autre entretient avec nous des relations intimes de bienveillance mutue!. Le voyage avait dane été decidé et le roi avait directement télégraphié dans la matinée au due de Génes à Newcastle.

Il ne me restait qu'à tout combiner et à préparer le terrain pour le meilleur accueil. Le due n'a eu que trois heures pour se mettre en route, et il n'est arrivé ici à temps qu'en prenant un trein spécial de Cologne à Berlin. Comme de raison il a été parfaitement accueilli quoique nous ayons eu l'air de forcer la porte et de ne nous étre décidés qu'au dernier instant. Il a vu l'empeur une seule fois à san arrivée. L'empereur était tombé malade sur ces entrefaites et le médecin l'empechait de recevoir et de rendre des visites. Aussi le due en repartant après 48 heures de séjour ici n'a pu prendre congé da Sa Majesté qui lui envoyait un hante dignitaire de la Cour pour s'excuser et lui témoigner de toute sa reconnaissance et satisfaction de la mission dont le roi l'avait chargé.

Le prince de Galles ayant visité deux fois le prince de Bismarck, et après que celui-ci s'était présenté au Schloss chez le due, je lui ménageai une entrevue avec le chancelier dans la demeure de celui-ci, Bismarck a été très gracieux, a fait l'éloge de notre roi, de sa belle conduite lors de l'invasion du cholera, disant que c'était une page ineffaçable dans l'histoire et un service rendu à la ca:use de la monarchie; que ce courage et ce dévouement avait rencontré tous les suffrages. Mais pas un mot sur les relations de gouvernement à gouvernement, ni sur les questions à l'ordre du jour.

Par ce courrier je dis clairement que les motifs qui ont conduit le ministère à passer outre à mon avis n'ont pas réussi à me convaincre. J'avais parlé d'après

la connaissance que j'avais pu acquérir des choses et des hommes de ce Pays. Le gouvernement était mieux a meme que moi d'envisager les choses à un point de vue plus général. Peut-étre avait on voulu, à défaut de la réalité qui est bien celle que j'avais dépeinte, sauver les apparences. Pourvu que les mécomptes ne tardent pas à se produire. La visite du due ne changera pas essentiellement nos relations avec le Cabinet de Berlin. Il continuera à notre égard son système de réserve, son manque de confiance, ses suspicions. Si notre alliance n'a pas perdu toute sa valeur, elle est du moins reléguée à l'arrière-plan depuis que la Russie et meme la France ont tendu les mains aux deux autres Empires. La visite du prince a laissé le temps qu'elle a trouvé; elle n'a pas ajouté un poids de plus dans la balance. Comme délégué du roi, il a été fort agréé, mais sa présence n'aura modifié en rien les rapports de gouvernement à gouvernement.

C'est là une dépeche qu'on se gardera bien d'insérer parmi les documents diplomatiques, pas plus que celle par laquelle je réponds au désir de Mancini de connaìtre l'effet produit par son discours du 17 mars sur la politique coloniale. La presse ici s'en est fort peu occupée.

En voie particulière j'avais remis au comte Herbert de Bismarck une copie du résumé télégraphique. Son père, ainsi que me le disaient le sous-secrétaire d'Etat et le secrétaire d'Etat, estimait que cette fois encore notre chef avait dépassé la juste mesure. Il avait été le premier à parler publiquement de l'alliance à trois, à indiquer meme l'année de la conclusion. Ici on n'y fait pas objections ,à ce que le public sache le fait meme de l'alliance, mais on constate que le Cabinet de Berlin n'a pas pris l'initiative d'en révéler l'existence. A cette occasion le chancelier me faisait répéter le message que le casus joederis ne s'appliquerait pas à l'éventualité de complications en suite de nos occupations vers la Mer Rouge.

Je Eais bien dans mon for intérieur qu'il y a hélas! bien des critiques à faire sur notre compte, mais j'ai parlé de mon mieux pour défendre un peu Mancini. Je laissais entendre que Kalnoky par-devant les délégations et la presse officieuse de Berlin, bien avant notre ministre des affaires étrangères, avaient inscrit en toutes lettres le mot alliance. Il me semblait d'ailleurs qu'au lieu d'éplucher les mots, il fallait voir les intentions. Or M. Mancini ne laisse passer aucune circonstance sans s'exprimer de la manière la plus amicale et la plus sympathique envers l'Allemagne; tandis que le prince de Bismarck nous ignorait complètement dans ses discours où il faisait sonner très haut son amitié pour Vienne, Pétersbourg et Paris. Une seule fois en répondant à un député qui lui sìgnalait le danger d'une coalition contre l'Allemagne, et en se déclarant rassuré par les relations avec l'Autriche, la Russie et la France, il nommait l'Italie, et de quelle manière, en la rangeant à còté de l'Espagne. Franchement nous méritions mieux. Le comte Hatzfeldt cherchait à atténuer mes impressions, mais par des généralités qui ne réussissaient pas à me convaincre.

Dans ses discours M. Mancini, l'orateur brille par sa faconde, mais l'homme d'Etat laisse à désirer. Il jette la poudre aux yeux comme on a voulu le faire par la visite du due de Genes, et le gros public qui ne voit pas le dessous des cartes applaudit, sauf à invectiver plus tard quand il s'apercevra que ces phrases sonores ne cachaient qu'une décevante réalité. Je suis désolé, je me sens humilié qu'on ait mélé un prince de la maison de Savoie dans ce jeu.

Les affaires de l'Afghanistan s'embrouillent. Le prince de Bismarck ne croit pas cependant à la guerre pourvu que l'Angleterre ne continue pas à enfler la voix, à menacer, à dicter en quelque sorte des conditions que l'empereur de Russie ne pourrait accepter si pacifique qu'il soit sans se mettre à dos le sentiment national. Il pense que les armements en Angleterre visent surtout à fortifier les garnisons dans l'Empire des Indes où se manifestent de graves indices de mécontentement et de fanatisme. Il serait meme à prévoir qu'on rappelàt les troupes du Soudan en se bornant à occuper l'Egypte proprement dit. Que deviendront nos braves soldats, notre drapeau vers la Mer Rouge? J'y pense à chaque instant et la nuit, j'en ai le cauchemar.

Apres demain grande démonstration politique dans toute l'Allemagne pour les 70 ans de Bismarck et pour ses cinquante ans de service. C'est une rete éminemment nationale. Toutefois comme M. Mancini connait personnellement le chancelier, et qu'il est un peu son collègue comme ministre des affaires étrangères, j'ai émis l'idée qu'il y aurait lieu à envoyer directement un télégramme de vceux et félicitations.

(l) -Non pubblicata. (2) -T. 223 del 17 marzo 1885, non pubblicato. (l) -T. 409 del 18 marzo 1885, non pubblicato. (2) -T. 238 del 19 marzo 1885, non pubblicato.
833

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 511/329. Londra, 31 marzo 1885 (per. il 3 aprile).

Con dispaccio del 18 corrente n. 664 di serie politica (1), l'E. V. mi commetteva di indagare e farle conoscere in quali termini precisi il Governo francese avesse fatto notificare al Governo inglese lo stabilimento del protettorato francese sulla baja di Tagiura.

Lord Granville, da me interrogato in proposito fin dal 22 corrente, mi risponde ora colla lettera particolare e confidenziale di cui unisco qui una traduzione e mi comunica ad un tempo una copia della lettera con cui il signor Waddington, a nome del Governo francese, gli fece la notificazione di cui si tratta.

Prego l'E. V. di voler considerare come confidenziale questa risposta e questa comunicazione di lord Granville (2).

ALLEGATO I

IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI GRAN GRETAGNA, GRANVILLE, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

L. CONFIDENZIALE. Londra, 28 marzo 1885.

PeT aderire alla domanda contenuta nella sua lettera del 22 corrente, le trasmetto qui acclusa una copia della nota a me diretta 1'11 dello scorso mese dal signor Waddington per annunziarmi lo stabilimento del protettorato francese a Tagiura, da Ras Ali a Ghabbet Karab.

Non credemmo di fare alcun caso di questa comunicazione; ma il 12 dello scorso mese il signor Waddington mi diresse un'altra nota per chiedere che, in seguito allo sta

«Ringraziare. Notare lo sconosclmento assoluto, da parte della Francia, del diritti della Turchia, dell'Egitto, sopra Taglura, che pure era ancora da ultimo presidiata da truppe egiziane ». Sulla base di tali istruzioni venne redatto il D. 699 del 4 aprile 1885, non pubblicato.

54 -Documenti dtpZomatict -Serie II -Vol. XVII-XVIII

bilimento del protettorato francese, le autorità inglesi di Aden desistessero da riscuotere i dazii che ultimamente aveV'ano riscosso in quel posto, per conto del Governo egiùano, sulle merci provenienti da Ta~ura o ivi sped~te.

A questa domanda io risposi che siccome i francesi erano de facto in possesso di Tagiura, il Governo di S. M., senza pregiudicare i diritti territoriali del sultano, non presterebbe più il suo aduto nella riscossione dei dazii per conto del kedivè, e che sarebbero mandate istruzioni in propos~to a Aden; il che è stato f•atto.

ALLEGATO II

IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI FRANCIA, W ADDINGTON, AL MINISTRO DEGLI ESTERI DI GRAN BRETAGNA, GRANVILLE

NOTA CONFIDENZIALE. Londra, 11 febbraio 1885.

A la date du 21 septembre de l'année dernière, le commandant de la possession française d'Obock, agissant au nom de son Gouvemement, a conclu et signé un Trai·té avec Ahmed Ben Mohamed, sultan de Tadjourah, qui commande de Ras Alì à Gublet Garrab.

Le Gouv·ernement français, usant des droits que lui confère ce tm1té, a établi son protectorat sur le territoire de Tadjourah dans !es limites ci-dessus désignées et me charge d'en faire part officiellemenrt au Gouvemement de S. M. britannique.

(l) -Non pubblicato. (2) -Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:
834

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A MADRID, BLANC

T. 301. Roma, 1° aprile 1885, ore 22.

Nous n'avons jusqu'ici d'aucune part I'indication du dissentiment qui, d'après les renseignements parvenus à Madrid, serait à la veille de se produire à l'égard du paragraphe 4mè des propositions contenues dans la circulaire Granville concernant le canal de Suez. Toutes les Puissances ont, d'ailleurs, accepté ces propositions comme devant fournir la base du travail de la commission de Paris. Nous nous trouvons enfin en présence de deux projets de convention qui ont été soumis à la commission respectivement par les délégués français et par les délégués anglais. En cet état de choses il me parait que notre échange confidentiel de vues avec le Cabinet espagnol pourrait etre utilement différé jusqu'au moment où ces deux dernières pièces seront sous nos yeux.

835

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 509. Cairo, 2 aprile 1885, ore 10,40 (per. ore 12,20).

On n'a pas ici le moindre indice que la Turquie ait l'intention d'envoyer forces dans la Mer Rouge. J'ai pu seulement entrevoir, causant avec Baring sur l'offre d'occuper Zeila et Harar, que l'Angleterre, à cause de possibles complications, avec la Russie, ne se preterait pas à tout acte dans la Mer Rouge qui pourrait causer de l'irritation à Constantinople.

836

IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 521. Assab, 2 aprile 1885 (per. il 19).

Domenica 29 marzo, il colonnello Leitenitz mi comunicava un rapporto del capitano Rivera comandante la compagnia distaccata in Beilul, quel rapporto accennava a disposizioni ostili di quella popolazione contro la truppa, e ne arguiva dall'attitudine dei danakil, che evitando ogni relazione col campo, si rifiutavano a fornire ciò che non avevano negato fino allora, cioè legna e qualche altro raro e scarso prodotto del Paese, si mormorava anche l'intenzioni dell'Anfari di non tollerare gl'italiani in Beilul, e ne veniva per conseguenza, che quella popolazione per non compromettersi, si ritirava.

Per quanto non dessi importanza più del necessario a quei fatti, e per quanto non credessi ad alcuna azione imminente contro i nostri, come sembrava temerla il colonnello che in persona voleva recarsi in Beilul, decisi di andarvi io, conducendo meco lo sceik Abd el Rahman Ben Jusef, lo emir Abdalla Sciahim, recentemente riconfermato capo delle tribù dancale del territorio di Beilul, e lo scheik Abdalla cugino del sultano Mohamed Anfari, arrivato recentemente dall'Aussa con una carovana di una trentina di cammelli.

Il « Messaggiere :. non potendo recarsi a Beilul perché mancante di acqua, a ·difetto di altri mezzi di trasporto partii a mulo col sopradetto seguito. A Beilul constatai sintomi di diffidenza verso di noi cagionati da insinuazioni fatte da certo Mahmud Assakki, il quale di ritorno dall'Aussa senza avere avuto la supremazia che ambiva (in concorrenza a Abdalla Sciahim) sopra i danakil del territorio, cercava di interpretare in senso a noi avverso le istruzioni dell'Anfari ed anzi ne modificava il tenore. Riuniti all'indomani nel campo stesso, tutti i capi principali ed i notabili dei villaggi di Beilul e Gubbi, Abd el Rahman prima e poi Abdalla Sciahim, ed il sceik Abdalla poterono esplicitamente e pubblicamente dichiarare ai 50 o 60 danakil riuniti, come era fermo proposito del sultano Mohamed Anfari di mantenere amichevoli relazioni col Governo italiano, come egli riconosceva ed appoggiava la bandiera italiana in Beilul, e desiderava che tutti gli italiani ed europei fossero rispettati e ben trattati dai danakil, che, quando sorgeva qualche incidente, egli si riservava di trattare e deciderne con l'autorità italiana senza che per ciò venissero alterati i buoni rapporti con i rispettivi sudditi; il Mahmud Assakki presente a quei discorsi ed abilmente condotto ad una confrontazione dei propositi da lui tenuti, dovette convenire di aver male interpretato e cosi venne dimostrata la sua cattiva fede. Non giudicai conveniente di agire verso di lui come lo avrebbe richiesto la procedura nostra, ma invece, seguendo la procedura del Paese, dichiarai che, essendo ormai stabilito dalle sentite dichiarazioni e dalla lettera ricevuta dall'Anfari, quanto amichevoli erano le sue intenzioni al riguardo degli italiani, non dubitava che tutta la gente di Beilul e Gubbi sarebbe francamente rimasta amica nostra senza reticenze né si sarebbe esposta ad incorrere tanto la giustizia dell'Anfari quanto la nostra, continuando a fomentare cause di malumore e di dissensi. Tutti i presenti dichiaravano di esser fratelli degli italiani e di trattarli

da buoni fratelli. L'emir Abdalla Sciahim designà Aly Baddeo per rappresentante suo in Beilul, e Hussein Akito in Gubbi, io riconoscevo l'autorità data ai medesimi per la questione tra dancali, ed ai medesimi affidavo la cura di provvedere con ogni diligenza ai bisogni delle nostre truppe nei limiti del possibile. Da Mahmud Assakki richiesi più particolarmente dichiarazioni esplicite, !asciandogli capire come sopra di lui più che su altri sarebbe caduta ogni responsabilità. Così potei mettere il capitano Rivera a conoscenza delle conclusioni della lunga seduta ed assicurarlo che per qualche tempo tutto sarebbe andato bene, salvo a rimuovere ogni tanto le solite raccomandazioni, senza dare troppa importanza ad incidenti suscitati dalla discordia che regna fra l diversi capi, ed anzi approfittando per guadagnarli alla nostra causa.

In complesso la situazione non offriva nulla di allarmante, fu utile però il poter immediatamente metterla in chiaro alla presenza di agenti dello Anfari che sempre più constatarono come non vi fosse alcun torto da parte nostra, mentre non si poteva dire altrettanto da parte dei danakil.

Il desiderio manifestatoci dall'Anfari di non tenere numerosa guarnigione in Beilul, non è ignorato da quella popolazione, e su quella forse si basava, nella sua diffidente ignoranza, per mantenere quella riserva estrema confinante alla ostilità. Anche qui, Abd el Rahman si prese ogni responsabilità, e dichiarò essersi l'Anfari persuaso della necessità per l'Italia di mantenere guarnigioni sufficienti in località ove già ve ne era stata una egiziana, e ciò almeno fino a tanto che non sia svanita ogni probabilità di complicazioni nel Mar Rosso.

Del resto, aggiungerò per conto mio, che quando realmente il governo non fosse intenzionato a stabilire in Beilul la sede di una autorità civile per intervenire più direttamente nelle questioni locali e ridurre poco a poco quelle popolazioni con l'esempio e con la persuasione (cosa di cui non vedrei lo scopo attualmente) converrà prima o dopo ritirarne il presidio o almeno ridurlo installandolo stabilmente in fabbricato solido e riparato, attorno al quale potrebbe col tempo formarsi man mano un nuovo villaggio.

Aspetto di vedere le cose di Beilul più stabili e meglio definite per sottoporre all'E. v. uno stato speciale per le spese maggiori e pensioni da assegnarsi in quella località.

837

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO DELLA MARINA, BRIN

NOTA RISERVATA 317. Roma, 3 aprile 1885.

Le informazioni raccolte telegraficamente da Londra, da Costantinopoli e dal Cairo (l) sembrano escludere la probabilità della ipotesi accennata dall'ammiraglio Caimi nel telegramma riprodotto da codesto Ministero nella sua nota del 30 marzo, n. 176, divisione prima, sezione seconda (2), che cioè possono presentarsi navi o truppe turche davanti Massaua.

In ogni modo se questa contingenza si verificasse, ed il comandante superiore ottomano accennasse a voler sbarcare, l'ammiraglio Caimi dovrebbe fargli conoscere che, incaricato dal R. Governo di presidiare Massaua ed il territorio circostante, responsabile quindi del mantenimento dell'ordine e della sicurezza nella regione affidata alla sua custodia, egli non può permettere lo sbarco a forze d'altra bandiera, quale che ne possa essere lo scopo; ma simile operazione non potrebbe essere consentita se non nel caso in cui egli (l'ammiraglio) ne ricevesse espressa facoltà dal R. Governo, a cui il Governo ottomano dovrebbe in conseguenza preventivamente rivolgersi.

Istruzioni concepite in questi termini potrebbero, se il collega della marina concorda in questo concetto, essere da codesto Ministero impartite all'ammiraglio Caimi in risposta al suo telegramma (1).

(l) -T. 498 e T. 501 del 31 marzo 1885; c!r. n. 835. (2) -Non pubblicata.
838

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A MADRID, BLANC

D. 162. Roma, 4 aprile 1885.

Col rapporto del 27 marzo scorso (2), la S. V. nel rendermi conto d'un colloqmo da lei avuto con codesto ministro degli affari esteri circa la partecipazione della Spagna alla commissione internazionale, attualmente riunita a Parigi, per il canale di Suez, volle riferirmi la proposta che le venne fatta dal signor Elduayen d'entrare seco lei in uno scambio intimo di comunicazioni sulla via più opportuna da seguirsi dai due Governi nelle questioni che saranno per essere sollevate in seno alla commissione suddetta.

Porgo alla S. V. i miei ringraziamenti per le informazioni contenute in detto rapporto ed a questo riguardo mi pregio di confermarle quanto già lei feci conoscere coi miei telegrammi in data dei 23, 24 e 28 (3) marzo scorso e 1° corrente (4).

Alla domanda rivoltaci da quest'ambasciatore di Francia se, cioè, il Governo del re avesse difficoltà acché il Governo della Repubblica rivolgesse alle varie Potenze una formale domanda per l'ammissione della Spagna alla commissione in discorso, io risposi che, per ciò che ci rifletteva, noi non avevamo abbiezione veruna. In seguito alle favorevoli disposizioni da noi dimostrate in questa circostanza, verso la Spagna, il signor Mendez de Vigo venne personalmente ad esprimercene i ringraziamenti del suo Governo.

In quanto alla proposta del Governo spagnuolo di entrare con noi in uno scambio di vedute circa gli affari di Suez, noi l'accettiamo con piacere. Però in presenza dei due progetti di convenzione che sono stati presentati rispettivamente alla commissione dai delegati di Francia e della Gran Brettagna, noi ere

diamo che tale scambio potrebbe utilmente essere differito sino al momento in cui questi due documenti potranno essere da noi sottomessi ad un attento esame.

Sarà intanto nostra cura d'impartire le necessarie istruzioni al r. ambasciatore in Parigi (l) acciò egli sappia il desiderio manifestatoci dal Governo spagnuolo, da noi singolarmente gradito, e faccia in guisa che i nostri delegati si tengano coi delegati spagnuoli in intime relazioni in attesa di quelle istruzioni che potranno apparire indi opportune.

(l) -Non pubblicato. (2) -R. 157, non pubblicato. (3) -T. 258, T. 261 e T. 284, non pubblicati. (4) -Cfr. n. 834.
839

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA

D. 430. Roma, 4 aprile 1885.

Mi è pervenuto a suo tempo il pregiato suo rapporto confidenziale dell'8 marzo, n. 511 (2), nel quale ella esprimevami il suo pensiero circa le istruzioni impartite al colonnello Leitenitz e l'entità del presidio stanziato in Assab.

Ho preso le sue osservazioni nella debita attenzione, e la ringrazio di avermi esposto schiettamente il suo parere in argomento così delicato ed importante. È però da notare che le istruzioni date al colonnello Leitenitz preveggano vari periodi di tempo di non breve durata, e che esse non disponevano per ricognizioni immediate o quasi segnatamente oltre il territorio della colonia. Ella sa d'altronde che sino dal 21 marzo scorso si è telegrafato al comandante le nostre forze in Assab, avvertendolo di astenersi da qualsiasi atto che possa essere male interpretato dagli indigeni. Il che mi sembra atto a dileguare le approvazioni da lei manifestate.

840

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. 315. Roma, 5 aprile 1885, ore 22,20.

J'ai sous les yeux les deux projets de convention pour le canal de Suez, dont la sous-commission doit s'occuper demain. L'écart entre ces deux projets est très sensible. Le projet français établit, par la présence de stationnaires et la création d'une commission mixte, un véritable contrale international pour l'observation des stipulations qui seraient maintenant arretées. Il n'existe, au contraire, aucune trace de ce contrale, ni dans le projet anglais, ni dans la circulaire Granville, dont ce projet est la reproduction fidèle, et que toutes les Puissances avaient acceptée comme base du travail de la commission. Nigra

nous télégraphie déjà (l) que Granville a chargé Lyons de présenter des objections et réserves du Gouvernement anglais au sujet du projet français. En cet état de choses, qui crée pour nous une situation particulièrement délicate, notre délégation doit se maintenir dans une attitude fort réservée et circonspecte, attendant que, par le développement ulterieur de la discussion, le '_moment propice se présente pour exercer avec chance de succès une action conciliatrice. A ce point de vue et me référant à un passage de votre rapport

n. 1 (2), je crois utile de vous faire remarquer: 1) que notre initiative à Costantinople, en 1882, visait un service de police internationale ayant caractère temporaire en vue de la situation troublée d'alors et de l'état de guerre où l'Egypte se trouvait, tandis qu'il s'agirait actuellement, d'aprés le projet frallçais, d'un régime permanent et devant avoir son efficacité en temps de guerre comme en temps de paix; 2) que les circonstances sont totalement changées depuis la Conférence de Constantinople, soit par le fait de l'occupation anglaise en Egypte, soit par notre rapprochement de l'Angleterre. Nous devons donc éviter qu'on invoque notre initiative de 1882, comme un précédent de nature à nous engager aujourd'hui en faveur de la proposition française. C'est surtout, d'ailleurs, et comme règle rénérale, auprès de vos collègues anglais que vous devez, dans la phase actuelle et préliminaire, vous employer en vue de faciliter la recherche d'un terrain de conciliation. M. Pierantoni vous fera part à cet égard, de quelques considérations intimes et confidentielles, complétant les instructions que vous allez recevoir demain par la poste.

(l) -D. 517 del 4 aprile 1885, non pubblicato. (2) -Non pubblicato.
841

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO DELLA GUERRA, RICOTTI

D. S.N. Roma, 5 aprile 1885.

La questione ctella scelta di una località adatta pei quartieri di estate delle regie truppe in Massaua fu oggetto di precedente corrispondenza. Di ciò si occupava segnatamente la nota di codesto Ministero in data del 10 marzo n. 496 riservato (2). In seguito a detta nota il sottoscritto credette bene di conoscere dal Governo inglese quale fosse la situazione attuale di fatto del Paese dei bogos, per rispetto al trattato anglo-abissino. Il r. ambasciatore in Londra telegrafa (3) ora a questo proposito di essere stato informato da lord Granville che il Paese dei bogos essendo stato ceduto al re Giovanni, questi ha il diritto di occuparlo ed aggiungeva il ministro britannico degli affari esteri che se le truppe italiane hanno il bisogno, durante i calori estivi, di installarsi in qualche località di quel territorio, il Governo italiano dovrebbe intendersi col sovrano d'Abissinia. Il r. ambasciatore annunzia nel telegramma che sull'argo

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mento spedisce per posta un rapporto, del quale si avrà cura di dar comunicazione a codesto Ministero. Frattanto il sottoscritto non frappone indugio a dar notizia di quanto precede all'onorevole collega della guerra, acciò, se egli lo stimi conveniente, possa sin d'ora telegrafare al comandante superiore delle truppe in Massaua sia per propria norma, sia acciò consideri se sia il caso di far pervenire al riguardo opportune comunicazioni ed istruzioni al capitano Ferrari, inviato in missione presso il negus. Circa questo secondo punto il comandante potrà valersi per le proprie determinazioni del parere del cavalier Maissa che ha speciali conoscenze delle cose politiche sia dell'Abissinia che della regione adiacente.

(l) -T. 529 .del 4 aprile 1885, non pubblicato. (2) -Non pubblicato. (3) -T. 523 del 4 aprile 1885, non pubblicato, ma cfr. n 842.
842

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 350/520. Londra, 5 aprile 1885.

Ho comunicato verbalmente a lord Granville il dispaccio che l'E.V. mi ha fatto l'onore di dirigermi il 20 marzo scorso, n. 670 di serie politica (1), relativo all'occupazione provvisoria, per parte delle truppe italiane che si trovano a Massaua, di alcuni punti del territorio dei bogos come quartiere d'estate. Ho ricevuto in risposta la lettera (2) che mi pregio trasmettere qui unita all'E.V. in traduzione, colla quale lord Granville fa notare che il Paese dei bogos essendo stato ceduto al re d'Abissinia questo ultimo ha il diritto d'occuparlo. Se le truppe italiane hanno bisogno d'occuparne qualche tratto nella calda stagione, Sua Signoria suggerisce al Governo italiano d'intendersi col re d'Abissinia.

Ho avuto cura di partecipare all'E.V. ciò che precede col mio telegramma d'ieri (3).

ALLEGATO

IL 1\ITNISTRO DEGLI ESTERI DI GRAN BRETAGNA, GRANVILLE. ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

L. CONFIDENZIALE. Londra, 3 aprile 1885.

V. E. mi fece l'onore di comunicarmi il 26 dello scorso mese un dispaccio del signor Mancini, nel quale si diceva ch'era stato proposto che le truppe itallane a Massaua prendessero i loro quartieri d'estate nel Paese dei bogos, e si domandava se un tale fatto potrebbe dar luogo a complicazioni coll'Abissinia, a cui quella provincia fu retroceduta coll'articolo II del Trattato del 3 giugno 1884.

Mi pregio d'informare V. E. che il Paese dei bogos fu restituito pubblicamente

a.l re d'Abissinia 11 giorno 1/12 settembre dell'anno scorso. Un piccolo forte quattro miglia distante da Sanheit, a Tebbah sul fiume Aui-Saba, fu al tempo stesso evacuato per ordine del comandante egiziano, e consegnato col materiale da guerra a Baska Mercha, l'ufficiale abissino a ciò delegato. Si riteneva allora che gli abissini avessero

intenzione di spianare il forte, ma il Governo di Sua Maestà non ha alcuna informazione dei passi che in segu~to essi possano aver fatto per stabilirsi nel Paese dei bogos. Era stato dichiarato a ras Alula, il comandante in capo abissino, che il Governo egiziano avesse conservato la fortezza di Sanheit fino all'arrivo delle guarnigioni di Amadib e di Kassala, ma al principio di questo mese il comandaJllte ha ricevuto ordine di procedere all'evacuazione, ed appena ciò sarà fatto gli abissini avranno ill diritto di pren

derne possesso, in forza del Trattato. Ho l'onore di suggerirle, che ritenendosi utile per ragioni sanitarie che le truppe italiane occupino temporaneamente qualche porzione del Paese dei bogos, sarebbe conveniente che il Governo italiano si metta d'accordo a tale proposito col re d'Abissinia.

(l) -Cfr. n. 818. (2) -La lettera venne trasmessa con D. 38 confidenziale del 14 aprile al vice console In missione speciale a Massaua, Malssa. (3) -T. 523 del 4 aprile 1885, non pubblicato.
843

IL CAPITANO CECCHI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. S.N. Aden, 6 aprile 1885 (per. il 19).

Domani (7), alle ore 5 pomeridiane, avrà luogo la nostra partenza da Aden.

Giusta le istruzioni impartite da S.E. il ministro della marina al comandante Fecarotta (1), il r. avviso «Agostino Bargarigo » muoverà direttamente alla volta di Zanzibar.

Non nascondo però all'E.V. che avendo avuto sicura conferma da persona proveniente da Zanzibar, che -come già dissi a V.E. -il viaggiatore Rohlfs [sic] ha intavolato trattative con quel sultano, per porre sotto il protettorato germanico alcune delle terre da lui dipendenti, l'ordine di S.E. il ministro Brin, non mi sembra, per la circostanza, il più conveniente per evitare che il nostro viaggio desti sospetti, specialmente colla mia presenza su di un legno da guerra.

Ma poi, a parte anche questa considerazione, trovandosi Zanzibar, per la sua ubicazione, a circa 300 miglia geografiche lontano dai luoghi che io dovrò visitare, non è supponibile -almeno per quel poco ch'io so dell'Africa -che a sì grande distanza si possa avere intorno a questi informazioni esatte; tanto più, ripeto, se qualche sospetto di occupazione suscitasse in quelle genti la nostra venuta.

Furono appunto queste mie considerazioni che m'indussero a telegrafare all'E.V. (2) perché volesse consigliare l'onorevole suo collega della marina, a permettere al comandante Fecarotta di dirigersi immediatamente col « Barbariga» verso la costa Somali, perché cosi non solo avremmo potuto assumere le necessarie informazioni con maggiore comodità, approfittando della stagione favorevole, ma saremmo giunti a Zanzibar come semplice bastimento che vi approda per rifornire le sue provviste, evitando in tal guisa, a mio avviso, altri, indovinando le nostre intenzioni, ci prevenisse.

Altro motivo per il quale inviai all'E.V. un mio secondo dispaccio, fu il chiedere che V.E. autorizzasse il nostro console Bienenfeld a rilasciarmi la somma di 4.000 talleri, per non andare incontro ad ulteriori ritardi, se per caso -come

accennai nel mio ultimo rapporto -mi si fossè presentata l'occasione di trattare,

co'l capi indigeni della costa, la cessione di qualche territorio.

Non avendo però ricevuto da V.E. alcuna risposta in proposito, mi sono limitato a farmi dare dal signor Bienenfeld soltanto 1000 talleri (pari a E it. 5005); somma ch'io reputo indispensabile per far fronte ad ogni eventuale spesa che potrei incontrare per fornirmi di oggetti di scambio, qualora dovessi trattenermi in qualche punto della costa per alcun tempo, senza intaccare il mio piccolo fondo di cassa, che desidero serbare per averlo pronto per qualunque circostanza.

Per i rimanenti talleri 3000, sono rimasto d'accordo col signor Bienenfeld, che qualora ve ne fosse bisogno, egli -autorizzato da V.E. -studierebbe intorno al modo di spedirmeli da Aden.

Della piccola somma presa a prestito ho creduto di rilasciare al signor Bienenfeld una tratta sulla cassa di codesto Ministero pagabile a 15 giorni data.

Prima di chiudere questa mia, prego caldamente V.E. a non volersi dimenticare di me, com'io non trascurerò mai, dal canto mio, di adoperarmi con tutte le mie forze per condurre la missione affidatami a felice risultato.

(l) -Non pubblicate. (2) -T. 514 del 2 aprlle 1895, non pubblicato.
844

IL MINISTRO DELLA GUERRA, RICOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

NOTA RISERVATISSIMA. 612. Roma, 7 aprile 1885.

In previsione di qualunque possibile eventualità ed in relazione alle comunicazioni avute, io credo opportuno rappresentare alla E.V. quanto segue a riguardo di una nostra spedizione in Kassala.

Se tale spedizione s'intende debba effettuarsi da noi come isolati, ritengo che dal punto di vista militare, date le attuali condizioni delle regioni che si dovrebbero attraversare, sarebbe un'impresa oltremodo malagevole e sotto l'aspetto militare imprudente.

Operando invece noi su Kassala e gli inglesi contemporaneamente da Suakim su Berbera e da Dongola su Kartum, allora la cosa sarebbe pratica e razionale. Tuttavia, anche in tal caso, essa non sarebbe scevra da grandi difficoltà ed esigerebbe una spesa certamente non inferiore ai quaranta milioni di lire, giacché si dovrebbe operare con una forza complessiva di almeno 15.000 uomini che muovano da Massaua, ove occorrerebbe aumentare grandi risorse d'ogni genere.

Di fronte pertanto ad una spedizione di così grande importanza, la quale pmmetterebbe d'altronde effetti politici e commerciali di ben poca importanza dl fronte agli ingenti sacrifici che esigerebbe, io sarei d'avviso che convenga ponderare bene prima d'affrontarla; e di questo mio parere giudico conveniente ad ogni buon fine rendere partecipe la E.V. (1).

«Mi associo completamente al parere del ministro della guerra. Solo conviene ponderare e concordare i provvedimenti che diverrebbero necessari dal nostro canto a Massaua e dintorni. se una parte notevole delle attuai! forze Inglesi si fosse distratta da Suaklm e dall'Egitto, per altra destinazione ».

(l) Annotazione a margine d! Mancini:

845

IL MINISTRO DELLA GUERRA, RICOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

NOTA PERSONALE RISERVATISSIMA 613. Roma, 7 aprile 1885.

Ammessa la possibilità di dovere con le nostre truppe occupare Zeila ed Harar, se~ondo le comunicazioni avute da codesto l\<iinistero, pregiomi avvertire l'E.V. che dagli studi risulterebbe come dal punto di vista militare l'occupazione di Zeila e Berbera con azione limitatissima verso terra, sarebbe cosa da potersi attuare senza gravi pericoli con la forza di circa due battaglioni, e richiederebbe quindi anche una spesa limitata. In quanto poi all'internarsi occupando Harar, la cosa cambia totalmente di aspetto, giacché si ritiene che tale occupazione non potrebbe farsi, anche nell'ipotesi più favorevole, ossia che non s'incontri resistenza da parte degl'indigeni, senza impiegare altri 3 o 4 mila uomini, oltre i due battaglioni suaccennati di Zeila e Berbera, e costruire vie ferrate e fortificazioni, incontrando in una parola spese grandissimo riguardo.

Ho creduto opportuno comunicare quanto precede all'E.V., per sua opportuna norma e conoscenza.

846

IL VICE CONSOLE IN MISSIONE SPECIALE A MASSAUA, MAISSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 50. Massaua, 7 aprile 1885 (per. il 21).

È giunto in questi giorni in Massaua, reduce dall'Abissinia, il signor Traversi, medico militare, il quale, nello scorso anno chiedeva l'aspettativa per dedicarsi a viaggi africani. Il signor Traversi era partito da Massaua il 2 febbraio di quest'anno; il 20 dello stesso mese raggiungeva il negus nel Tembien ad Abbi-Addi (carta del Johnston NE), e, sebbene già fosse nota la nostra occupazione di Massaua, ne aveva benevola accoglienza; il re gli dava la mano e si scopriva il volto. Il dottor Traversi faceva noto al sovrano etiopico l'intento suo di voler giungere allo Scioa attraverso l'Amhara facendo collezioni, e re Giovanni si mostrava disposto a secondario.

Il dottore viaggiava di conserva con lui sino a Beggà Abeles, luogo situato ancora nella provincia del Tembien, a sud-ovest di Abbi-Addi. e ad una giornata di marcia dal fiume Takazzè. Colà egli toglieva commiato, e proseguiva il suo viaggio verso il lVJ:ekelè, con un soldato che il negus gli aveva, a sua richiesta, dato per guida. Ma, giunto ad un villaggio detto Mikael Alasa, distante da Mekelè un giorno di marcia, la guida scomparve, ed essendosi il dottore Traversi diretto al capo del villaggio affine di attenerne un altro, ne ebbe la risposta che Mikael Alasa era un luogo sacro, esente da ogni tributo, e da ogni peso, né aveva quindi

l'obbligo di provvedere di guida i viaggiatori. Il Traversi proseguì sino a Mekelé ove fu consigliato di scrivere al Negus, e così egli fece. Non ebbe risposta diretta; ma indi a poco re Giovanni gli fece sapere che aveva preso una via diversa da quella che egli gli aveva consigliato; che aveva trasgredito i suoi ordini; non voler quindi che egli s'inoltrasse nell'Abissinia; ritornasse sui suoi passi; s'affrettasse di lasciare i suoi Stati. Era un ordine di sfratto cui conveniva sottoporsi senza replica per non essere da tutti abbandonato quale nemico del re, e non trovarsi poi ridotto agli estremi.

La circostanza che, a supposizione del Traversi, confermatami intieramente dalle esplicite dichiarazioni del console di Francia, sembra aver fatto mutar l'animo del re sono le insinuazioni di un tal dottore Parisis, medico greco, inviato ora, per quanto s'afferma, dal Governo ellenico al negus come medico di Corte, il quale partì da Massaua in compagnia del Traversi e fece con esso parte del viaggio. Egli avrebbe insinuato a re Giovanni che il Traversi non era altrimenti un medico, ma bensì un ufficiale dell'esercito italiano, andato in Abissinia a levar piani; e che tale menzogna, la quale in un paese barbaro come l'Etiopia, sarebbe potuto costare al Traversi assai più caro d'una espulsione, sia stata sparsa dal Parisis mi fu affermato nel modo più assoluto dal signor Lemay, il quale s'adoperò per smentire la cosa, e fu largo di assistenza al Traversi, essendosi secolui imbattuto per via.

Il Traversi mi confermava circa l'Abissinia gli apprezzamenti ed i giudizi di cui tenni parola all'E. V. nel mio rapporto di ieri (1). Ed egli mi diceva di avere raccolte le stesse voci, di avere la stessa impressione circa la duplice missione del signor Lemay, la protezione, cioè, di missionari e la questione di Zula, che già le ho riferite. Siccome il signor Traversi si trovò a contatto coi membri della misBione, coi servi che ne componevano la carovana, e con molte persone che avevano discorso col console di Francia lungo il viaggio, i suoi apprezzamenti a tale riguardo hanno qualche importanza.

n Traversi mi diceva inoltre che l'occupazione di Massaua aveva prodotto una pessima impressione sull'animo di re Giovanni; al signor Lemay, che gliene dava la prima notizia, avrebbe finito col dire: «infine io sono guerriero; amo la guerra, ed il battere un esercito è per me questione di una giornata». Tali parole del negus sarebbero state ripetute dallo stesso signor Lemay a certo Barraillon, un francese stabilito già da dodici anni in Adua ove esercita la professione di armajolo, ed il Traversi le ebbe dal Barraillon stesso.

Pare inoltre che re Giovanni dia la principal colpa della nostra venuta a monsignor Massaja; e che creda che sia questi che ci abbia spinto a venir qui per vendicarsi dell'espulsione subita. Ciò fu ripetuto dal padre Coulbeaux, uno dei missionari francesi di Akrur, stabilito qui da lunghissimi anni, che accompagnò il signor Lemay come interprete, e si sarebbe trovato presente all'udienza in cui il negus esprimeva tale sospetto.

Fu in forse se per l'espulsione del Traversi non si dovesse reclamare presso re Giovanni; ma non mi parve opportuno di sollevare simile incidente durante la missione Ferrari.

Il dottore Traversi mi disse di avere incontrato il Ferrari negli ultimi di marzo, tre giorni di marcia al di qua di Adua. Il capitano Ferrari soffriva d'un catarro intestinale e pareva molto abbattuto.

(l) -Ed. 1n L'Italia In Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo III, c1t. pp. 160-161. (2) -Ivl, pp. 161,162.

(l) Non pubblicato.

847

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 327. Roma, 9 aprile 1885, ore 23.

Le ministre de la guerre m'a fait part des nouvelles suivantes qu'il a reçues, dit-il, de source autorisée et que je communique à toute bonne fin à V.E. afin qu'elle puisse les contròler. « On prepare à Pola avec activité tout ce qui est nécessaire pour une campagne navale, on approvisionne les ports du canal Fasane et les autres du littoral adriatique. La conquete des provinces turques jusqu'à Salonique est décidée et on s'y prépare de toutes façons. Les officiers croient pouvoir compter sur un fait accompli vingt jours après l'ordre de se mettre en mouvement. Des émissaires parcourent les provinces turques et cherchent à créer des embarras pouvant fournir le pretexte de l'occupation. Il est problable qu'au moment donné l'escadre se trouve à Salonique qu'elle occuperait après des désordres qu'on y provoquerait tout exprès.

848

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL PRESIDENTE DELLA SOCIETA' GEOGRAFICA ITALIANA, CAETANI DI SERMONETA

D. S.N. Roma, 9 aprile 1885.

Ho ricevuto la lettera che le piacque indirizzarmi, in nome della società geografica italiana, così degnamente da lei presieduta, per proporre al R. Governo un viaggio di esplorazione da compiersi risalendo il fiume Giuba, sotto gli auspici di codesta Società e con un concorso da parte dello Stato.

Non posso, in massima, se non vivamente encomiare il disegno proposto, che risponderà al bisogno di scoperte che è proprio del nostro tempo, agli intenti civilizzatori del nostro Paese, e che, riuscendo, aggiungerebbe una nuova benemerenza alle tante che codesto fiorente sodalizio ha verso il Paese e la scienza.

E sta, difatti, che una spedizione italiana è attualmente diretta al Giuba, per indagare le condizioni politiche di quel territorio e la convenienza che potrebbe esservi, eventualmente, ad acquistare i punti di esso che siano ancora occupati e possano offrire vantaggi alla nostra colonizzazione. Sta altresì che

detta spedizione non potrà né dovrà, per lo scopo speciale cui tende, internarsi nelle terre più di quello che strettamente occorra per il suo compito, e che una spedizione d'indole puramente geografica e scientifica, la quale prendesse le mosse dal punto in cui l'altra si fermasse, ed esplorasse il corso dell'alto Giuba e la regione ignota in cui si suppone che il Gogget gli si riallacci, renderebbe probabilmente segnalati servizi alla scienza e troverebbe forse una nuova via per penetrare allo Scioa attraverso i Paesi Galla.

Sarà dunque bene che, mentre l'attuale spedizione al Giuba tende alla sua meta, e mentre procederà alle investigazioni preliminari prescrittele, la Società geografica veda di procedere a quegli studi che possano essere necessari per concentrare un progetto debitamente maturato e presentare al Governo delle proposte formali e particolareggiate in quanto a intenti e mezzi.

Ricevo con gratitudine ogni comunicazione che ella voglia farmi intorno ad un argomento di cui non esito a riconoscere la importanza.

849

IL CONTE ANTONELLI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. s. N. Entotto, 9 aprile 1885 (per. il 5 luglio).

Il 6 marzo giunse presso S.M. un corriere dell'alta Abissinia che gli annunziava la presa di Massaua da parte del Governo di S.M. il Re d'Italia.

Fui subito chiamato al ghebi dal re, che voleva da me spiegazioni, mentre io ero completamente ignaro di tutto. Dovetti perciò rispondere alle insistenti domande del re che, fino all'arrivo di un corriere da Assab, nulla potevo rispondere. Il 28 del mese scorso, giunsero lettere da Assab ed una del reggente il commissariato, diretta al re, nella quale gli annunziava che da Perim a Massaua il Governo del re aveva deciso di occupare i punti più importanti su quel lungo tratto di costa.

Per quanto la notizia non fosse che una conferma, pure produsse un'effetto dl grandissima sorpresa nell'animo di questo re e si giudicò quell'atto come un preludio di guerra certa e prossima fra l'Italia e l'Abissinia.

Le parole del re in udienza privatissima furono le seguenti:

<<L'imperatore ed io avevamo la convinzione che solamente dell'Italia potevamo fidarci, e per questa ragione avevamo sospeso le trattative di amicizia e di accordi che altre Potenze ci proponevano. Ora io sono persuaso che l'occupazione (di Massaua non è per fare la guerra all'imperatore; ma io so, però, che questo è molto inquieto perché non fu prevenuto e perché nel proclama fatto dal comandante italiano alla popolazione di Massaua si affermava che il Governo italiano occupava quella città col pieno consenso dell'imperatore di Abissinia:..

Cercai di tranquillizzare e dissipare i timori di questo re, che decise di

scrivere direttamente a S.M. il Re d'Italia ed all'E.V. per conoscere il vero stato delle cose. È di somma urgenza che queste lettere abbiano una pronta e soddisfacente risposta e che la situazione sia ben chiarita.

Intanto consigliai S.M. di proporsi, .lui stesso, presso l'imperatore come mediatore fra l'Italia e l'Abissinia perché si stabilisca un amichevole accordo fra i due Governi. La mia proposta fu accettata, e da due giorni è partito un corriere per Ambacierà, ove attualmente si trova l'imperatore. La risposta alla proposta di questo re non credo tarderà più di un mese e spero potrò sollecitamente comunicarla . a V.E.

Con il medesimo corriere di Assab mi è giunta una lettera del cavaliere Pestalozza, che mi comunica un dispaccio dell'E.V., in data 9 febbrajo (1), il quale mi ordina di differire la mia partenza e sconsigliare gl'italiani di prendere la via di Aussa. Mi permetto fare osservare all'E.V. che, qualora si credesse opportuno di chiudere le comunicazioni da questa parte, non saprei più per quale via effettuare il mio rimpatrio, perché mi si assicura che l'imperatore di Abissinia non è disposto a far transitare nei suoi dominii viaggiatori italiani. La via di Zeila e quella dl Gobad non sono neppure le più sicure per noi: la prima per l'influenza che sempre vi esercita iì famoso pascià Abu Bekr; la seconda perché sempre indirettamente dipendente dal sultano Mohamed Anfari. Attendo su ciò istruzioni in proposito dall'E.V. e le attendo con la massima ansietà.

(l) Ed. in LV 66, pp. 191-192.

850

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO DELLA MARINA, BRIN

D. S. N. Roma, 10 aprile 1885.

Il sottoscritto si pregia di ringraziare S.E. il ministro della marina per la comunicazione del rapporto del contrammiraglio Caimi, annesso alla nota in data del 7 corrente n. 3697 (divisione la sezione 2a) (l) e che qui unito restituisce.

Circa alla missione lungo le coste sud del Mar Rosso, il sottoscritto osserva che essa non potrebbe essere indefinitamente differita, senza esporci al pericolo di sgradevoli sorprese.

Non sarebbe possibile d'altra parte di distogliere il cavaliere Pestalozza dalle sue funzioni in Assab, !dove la sua presenza è necessaria. Sarebbe quindi opportuno che l'ammiraglio Caimi riceva istruzione di non indugiare e di provvedere in un altro modo a fornirsi di un interprete.

Circa l'occupazione eventuale di Arkiko, che sta nel raggio immediato di Massaua, furono già concertate le opportune istruzioni col Ministero della guerra.

(l) Non pubblicato.

851

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 349. Roma, 11 aprile 1885, ore 16.

Je vous prie de faire remarquer à M. Baring que notre occupation éventuelle à Harar serait à peu près impossible si nous n'avons pas à Zeila un débouché sur la mer. Je ne vois, d'ailleurs, pas pourquoi une occupation mixte devrait donner lieu à des conflits entre italiens et anglais. Nous apporterions, il est superflu de le dire, dans le règlement des rapports réciproques la meilleure volonté.

852

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 570. Vienna, 11 aprile 1885, ore 17 (per. ore 18,15).

II est assez difficile de contròler des nouvelles du genre de celles contenues dans le télégramme de V. E. du 9 soir (1). Voici, quant à la marine ce que j'ai appris de bonne source. L'escadre qui a été passée en revue dernièrement par le prince impérial à Fiume vient d'etre désarmée. On arme maintenant l'escadre des cuirassés, qui sera tenue en armement pendant trois mois pour les manamvres annuelles que, pendant quelques jours, le ministre de la marine ira, selon son habitude, commander en personne. Quant à une mobilisation de troupes, en vue d'une action dans la peninsule des Balkans, il est clair qu'elle est toujours pretè sur le papier, mais rien n'annonce qu'elle doive s'effectuer à court délai, que si la guerre entre la Russie et l'Angleterre aura lieu, sa conséquence dernière sera un autre partage de la Turquie, dans lequel cas l'Autriche prendra tout ce qu'elle pourra, et avant tout Salonique. Quant à ce que des émissaires autrichiens courent les provinces turques pour y créer des embarras au Gouvernement turc pouvant fournir prétexte de l'occupation, je n'y crois pas. En ce moment le Gouvernement austro-hongrois a déjà trop d'embarras avec la Bosnie pour pouvoir, de gaieté de coeur, s'en créer des nouveaux bien plus grands. Le désir de la paix est du reste bien sincer ici.

(l) Cfr. n. 847.

853

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 577. Londra, 11 aprile 1885, ore 18,55 (per. ore 21,20).

La situation n'est pas changée au sujet du différend russe-anglais. Lord Granville n'a pas encore reçu les explications qu'il a fait demander au Gouvernement russe. Il m'a dit que l'attitude de l'émir de l'Afghanistan envers l'Angleterre était parfaite et que l'entente de ce còté ne laissait rien à désirer. Je crois que le Gouvernement anglais négocie en ce moment avec la Sublime Porte en vue d'une alliance éventuelle, lord Granville ne m'en a rien dit.

854

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO DELLA GUERRA, RICOTTI (l)

D. S.N. Roma, 11 aprile 1885.

Mi affretto a rispondere alla nota di V. E. in data di oggi stesso, nota 628, divisione Stato Maggiore (2), seguendo, punto per punto, l'ordine stesso degli argomenti a cui quella nota si riferisce.

E' certo desiderabile per ogni rispetto, ed anche conforme agli accordi confidenzialissimi (da tenersi in ogni ipotesi segreti) che precedettero la occupazione di Massaua, che anche le funzioni d'ordine politico ed amministrativo, in quella piazza, passino gradatamente in mano nostra. Questa però dev'essere opera graduale, costante, e quasi l'obiettivo quotidiano del comandante Saletta, il quale troverà, per tale intento, un prezioso collaboratore nel cavaliere Maissa, questi essendo stato intermediario, in occasione del suo passaggio per il Cairo, di questi accordi segreti, a cui più innanzi facevasi allusione. Da ultimo ancora il commendatore De Martino riceveva dal signor Baring la assicurazione che il colonnello Chermside avrebbe ricevuto precisa istruzione di non muovere impaccio o difficoltà alla esecuzione di quel programma. Credo che di più non possa attenersi; e neppure giova farne il tentativo, trattandosi di materia tale e così delicata che assai meglio conviene procedere innanzi, con le debite cautele, mercé fatti compiuti, anziché colla ricerca di assentimenti che non si possono pretendere e neppure sperare.

L'opera del comando italiano a Massaua potrebbe essere, in quest'ordine di cose, più risoluta, più rapida ed anche immediata se potessero le risoluzioni, circa l'amministrazione civile della piazza, giustificarsi col sopraggiungere di esigenze improvvise di pubblica sicurezza, di fronte alle quali ogni altra consi

55 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XVII-XVIII

derazione dovrebbe naturalmente cedere. Mi riferisco, per maggiori particolari circa questo punto, alle spiegazioni da me scambiate oggi stesso col generale Ricci che ebbe la cortesia di venirmi a vedere.

Non è dubbio che, in un momento di legittimo allarme, la concentrazione dei poteri nel comando militare sarebbe ampiamente giustificata agli occhi di chicchessia, e solo sarebbe da usarsi ogni precauzione acciò il provvedimento non faccia troppi malcontenti.

Fare di Massaua un porto franco è certamente concetto da prendersi in seria considerazione. Evidentemente, però, l'attuazione di un tale concetto dovrebbe essere preceduta dalla concentrazione dei poteri civili nelle mani nostre. Parrebbe inoltre opportuno che nulla si innovi, a questo riguardo, infino a che non avremo regolato definitivamente i nostri rapporti di buon vicinato colla Abissinia, essendo il regime doganale di Massaua uno dei punti a cui, per quanto concerne il commercio col finitimo regno, tassativamente si riferisce il trattato Hewett.

Il comando militare è, senza dubbio, libero di collocare là dove gli semb<·i più opportuno i carcerati che sono attualmente a Massaua.

Concordo pienamente con V. E. nel pensiero che la bandiera egiziana debba continuare a sventolare accanto alla nostra, anche quando, per la partenza successiva delle poche forze vicereali, Massaua rimanesse occupata esclusivamente da truppe italiane.

In fine non vedesi ragione che osti allo assoldamento di quegli indigeni che siano attualmente al servizio dell'Egitto come militi irregolari, purché questi non abbiano verso l'autorità vicereale tali impegni per cui il prenderli a nostro servizio possa sembrare atto scorretto e poco amichevole.

(l) -Eri. in L'J!cJ''I in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo III, cit., pp. 167-168. (2) -Cfr. n. 855.
855

IL MINISTRO DELLA GUERRA, RICOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

NOTA RISERVATA PERSONALE 628. Roma, 11 aprile 1885.

Dalle informazioni datemi dal generale Ricci, il quale si recherà a visitare

V. E., ho dovuto convincermi che la situazione delle cose creata a Massaua per la coesistenza dell'autorità politica egiziana coll'autorità militare italiana non potrebbe durare a lungo senza produrre inconvenienti gravi, che giova evitare, tanto'nell'interesse nostro quanto in quello dell'Egitto. Egli è per questo che darò al colonnello Saletta le opportune istruzioni perché si adoperi, col tatto e colla fermezza che si richiedono, a sostituire gradatamente l'autorità sua a quella del vice governatore egiziano, in tutte le questioni che hanno una qualsiasi relazione colle esigenze del servizio militare e colla vita delle truppe distaccate a

Massaua. Ma sarebbe pur necessario che il Ministero degli affari esteri, qualora l'E. V. concordi con me in quest'ordine di idee, facesse le opportune pratiche per restringere ed infine annullare interamente la sfera d'azione del vice governatore egiziano, in guisa che fra non molto possa regnare a Massaua una sola autorità.

Uno dei servizi che converrebbe togliere all'autorità egiziana sarebbe quello della dogana, il che potrebbe attenersi con soddisfazione degli abitanti e della Abissinia, mediante la istituzione del porto franco.

Oltre di ciò, affine di rimuovere da Massaua una causa di pericoli, mi parrebbe opportuno il trasportare i carcerati, che sono quasi 400, in altro sito più opportuno.

Quanto alla necessità di sollecitare lo sgombero totale dei soldati regolari, non aggiungo nulla, sapendo che codesto Ministero ha fatto e continua a fare le necessarie pratiche. Solo mi preme avvertire che, a parer mio, sarebbe atto di buona politica il consentire che la bandiera egiziana continuasse a sventolare accanto alla nostra, anche quando Massaua rimanesse occupata soltanto da' soldati italiani.

Riguardo ai soldati irregolari infine credo che sarebbe utile e facile il prenderli man mano al nostro soldo, per adibirli sopra tutto a certe fatiche che gli indigeni sanno, per ragioni del clima, sostenere meglio dei nostri soldati.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo III, c!t., pp. 166-167.

856

IL CONTE ANTONELLI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. S.N. Entotto, 11 aprile 1885 (per. il 5 Luglio).

Mi pregio informare l'E. V. che è giunto oggi a codesto re un corriere dall'Barar che lo avverte che il 14 marzo doveva effettuarsi l'evacuazione egiziana e che il Governo inglese avrebbe dato il Paese ad un emiro organizzandogli una scorta di 150 soldati composta di galla e somali.

Il malcontento regna in tutto il Paese che si vede abbandonato in balia dei galla.

Nel darmi queste notizie S.M. non mi nascose che forse si sarebbe deciso di andare lui stesso ad impadronirsi dell'Harar e mi ha soggiunto «se il Governo italiano occupasse Zeila e Berbera e desse a me l'Harar allora si che avremmo una buona via commerciale».

Avendo su questo delicato argomento istruzioni precedenti ho tenuto la massima riserva evitando di dare una risposta concreta. Ho creduto però mio dovere di mettere a conoscenza dell'E. V. questo fatto che mi sembra degno di nota.

(lJ Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo V, cit., pp. 1-2.

857

IL CONTE ANTONELLI AL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA

R. S.N. Entotto, 11 aprile 1885 (per. l'l1 giugno).

Fui penosamente sorpreso nel leggere il dispaccio ministeriale del 9 gennaio (l) che ella ha avuto la gentilezza di comunicarmi con la lettera del 12 gennaio a me giunta il 28 marzo.

Le ultime lettere che mi ha scritto il sultano di Aussa non accennano a nulla di cambiato sui rapporti amichevoli fra esso e le autorità italiane di Assab. Anzi si rallegra che l'Italia abbia occupato Beilul e Massaua e mi annunzia che spediva gente per vendicare l'eccidio della spedizione Bianchi. Queste notizie mi fanno sperare che il nostro Governo non persisterà nell'infelice idea di chiudere la via di Aussa che per aprirla ci costò tante fatiche e tanto denaro. La pregherei poi di far conoscere al nostro Governo che chiudendosi la via dell'Aussa si troncherebbero tutte le comunicazioni con l'Abissinia se particolarmente fosse vera la notizia che l'imperatore Giovanni non permette agli italiani di transitare nei suoi domini.

Con tuttociò sospendo la mia partenza e le trattative per l'invio della missione scioana in Italia ed attendo con grande impazienza le istruzioni del Ministero che spero non tarderanno molto a giungere.

Rimisi a S. M. la pregiata lettera della S. V. in data 4 febbraio con la quale gli annunziava l'occupazione di Beilul e quella probabile di Massaua.

Questa notizia era già giunta al re per altra via come la S. V. avrà potuto costatare dalla mia ultima lettera del 6 marzo p.p. (1). Ma S.M. fu molto soddisfatto di avere la conferma dalla S.V. ed oggi le invia una lettera di ringraziamento che accludo a questa mia.

Occorrono notizie di istruzioni precise per dissipare tanti timori e tante diffidenze ed è della massima urgenza che l'imperatore Giovanni riconosca il fatto compiuto e venga ad un amichevole accordo col nostro Governo. Io non trascuro di fare tutto il possibile per pacificare gli animi ed avrei iniziato delle trattative perché il re di Scioa sia incaricato dallo stesso imperatore a trattare con il nostro Governo perché tutto proceda pacificamente.

Fra un mese spero poterle mandare qualche notizia in proposito.

858

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 342. Roma, 13 aprile 1885, ore 14,10.

Un télégramme de Hambourg publié par le journal Le matin de Paris porte qu'on a reçu de Zanzibar la nouvelle que la corvette allemande «Gneisenau :.

a occupé ét mis sous protectorat de l'Empire une partie de la còte Somali. Le capitaine Cecchi est précisement en route en ce moment pour la région où le Giuba débouche en mer, avec mission de constater s'il y a convenance au point de vue économique et s'il n'y a pas emp~chement au point de vue politique à ce que cette région puisse ~tre occupée par nous. Le capitaine Cecchi à bord de «Barbariga» doit ~tre parti il y a quelques jours déjà d'Aden. Les instructions dont il est nanti prévoyant le cas où le Pays ne serait plus libre, toute éventualité de conflit se trouve ~tre déjà écartée. Je désire cependant pour notre règle que V.E. cherchera connattre ce qu'il y a de vrai dans la nouvelle du Matin. Je ne verrais pas, quant à moi, d'objection à ce que V.E. en fasse directement et franchement la demande au Département des affaires étrangères.

(l) Non pubblicato.

859

IL VICE CONSOLE IN MISSIONE SPECIALE A MASSAUA, MAISSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (1)

T. S. N. Suakim, 14 aprile 1885, ore 10,15.

Nous avons occupé Arafal le 10 avril laissant drapeau et petite garnison égyptienne. Tout s'est très bien passé.

860

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 609. Berlino, 14 aprile 1885, ore 17,20 (per. ore 19,45).

Tous les journaux ici ont reproduit la nouvelle provenant de Hambourg et à laquelle se réfère télégramme de V.E. d'hier au soir (2). Ils ajoutent qu'elle méritait confirmation. Je ne suis pas d'avis qu'il convienne de faire une demande quelconque d'éclaircissement. Ou le fait est vrai et il n'y aurait pas lieu de constater que l'Allemagne a pris les devants et de paraitre subir une déconvenue, ou il est inexact et je ne m'expliquerais pas pourquoi nous devrions mettre toujours plus en éveil les convoitises déjà prononcées du Cabinet de Berlin. Le capitaine Cecchi s'assurera lui m~me, soit durant son trajet, soit à Zanzibar. Plusieurs points de la còte des somali qui auraient été placés sous le protectorat de l'empire et agira en conséquence selon ses instructions qui écartent déjà éventualité de conflit. D'après ma manière de voir, il est assez vraisemblable que le commandant la corvette «Gneisenau » aura aboré le pavillon allemand sur une partie de la còte des Somali, y compris l'embouchure du Juba car !es dernières acquisitions de l'Allemagne, à l'intérieur de l'Afrique orienta-

Il l Ed. !n L'Italia in Africa, Etiovia-Mar Rosso, tomo III, ci t., p. 171.

le vers Zanzibar, n'ont pas de débouché assuré vers l'ocean et le fleuve Juba pourrait établir la communication avec le territoire colonia! de ... (1). A moins d'instructions contraires, je m'abstiendrai d'interpeller à ce sujet.

(2) Ctr. n. 858.

861

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 706. Roma, 14 aprile 1885.

Il r. console in Aden ha testé riferito che il signor Henry, di recente nominato agente consolare di Francia a Zeila e ad Harar, si è recato a Zeila coll'intenzione di quindi proseguire per Harar. Si suppone ch'egli abbia istruzione di preparare il terreno per un'occupazione francese, la quale si farebbe tostoché le truppe egiziane saranno partite, anche contro il buon volere dell'Inghilterra.

Sarebbe opportuno che l'E.V. facesse di ciò parola a lord Granville.

Confermandole in tal modo il mio telegramma in data di oggi (2), mi pregio di qui unito trasmetterle un estratto del rapporto del r. console in Aden (3).

862

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3845. Berlino, 14 aprile 1885 (per. il 21).

Tandis que les chances de paix prennent le dessus dans la question franco-chinoise, les opérations militaires qui ont eu lieu du 25 au 30 mars au bord de la rivière Koushk menacent de mettre aux prises l'Angleterre et la Russie.

L'opinion semble prévaloir à Londres, que la guerre est inévitable contre ces deux Puissances. Les préparatifs belliqueux sont continués avec une activité plus grande mème que par le passé. L'avis de lord Dufferin parait l'emporter sur les conseils de modération et d'atermoiement du premier ministre britannique.

Le vice-roi des Indes estime que la passivité, en présence des agissements russes, compromettrait à jamais le prestige de l'Angleterre dans ces régions. Mieux vaudrait mème pour celle-ci un échec militaire, que si elle prenait les allures de ne pas oser se mesurer aujourd'hui avec un adversaire, avec lequel on peut ajourner une lutte, mais non l'écarter. Un retard équivaudrait à laisser à la Russie le choix de l'époque où il conviendrait mieux d'aller résolument de l'avant, surtout quand elle aurait achevé ses voies de communication vers

!es contrées en litige, et d'y concentrer meme pour un coup de m:1in des forcr:s écrasantes.

Malgré ces graves indices, le prince de Bismarck laisse entendre par ses organes ,qu'il croit au maintien de la paix, pourvu que les anglais se départissent de leurs bruyantes protestations et d'un cliquetis d'armes, qui ont pour effet de surexciter le sentiment national à Pétersbourg, et qui en se prolongeant menacerait de rendre impossible toute conciliation. Il ne manque pas de personnes convaincues que, dans son for intérieur, le chancelier, sans pousser à une rupture, ne fera rien pour la prévenir. Il ne saurait voir de mauvais ceil aux prises d es puissances, dont l'une, l' Angleterre, le g~ne dans ses entreprises coloniales, et l'autre, la Russie, dépenserait ses forces et ses ressources dans d es régions éloignées de l' Allemagne.

La Russie, occupée de la sorte, serait pour longtemps dans l'impossibilité de céder à la tentation de se coaliser avec la France. Or celle-ci doit ~tre surveillée de plus près depuis que son nouveau Gouvernement penche vers le radicalisme, et que sa position semble se dégager du cote de la Chine. La France pourrait vouloir rejeter dans d'autres directions son activité ou ses convoitises. Il existerait sans doute quelque difficulté à localiser la guerre entre l' Angleterre et la Russie. Mais, le cas échéant, l'Allemagne et l'Autriche s'y appliqueraient, et compteraient à cet effet sur la Turquie, où l'influence du Cabinet de Berlin est aujourd'hui prédominante, influence qui s'exercerait au profit du maintien de la neutralité du sultan. Sous ce rapport, les attentions dont on entoure ici Riza pacha, venu en qualité d'ambassadeur extraordinaire porteur de décorations pour le prince impérial et le chancelier, sont assez significatives. Sa mission n'aurait qu'un caractère de courtoisie; mais les égards multiples usés envers lui démontrent l'intimité des relations entre les deux Gouvernements.

Quoiqu'il en soit, la tension est telle entre la Russie et l'Angleterre, qu'il faudra toutes les ressources de la diplomatie pour éviter la guerre. Certains journaux prétendent que des démarches auraient été faites d'ici en vue d'amener les deux Puissances à soumettre leur différend à un arbitrage. Il se peut que pareille combinaison soit tenue en réserve à Pétersbourg pour amener à la dernière heure un compromis. Mais je doute fort que le Cabinet de Berlin sorte de san attitude expectante, sans que les parties en litige ne recourent à sa médiation.

(l) -Gruppo 1ndeclfrato. (2) -T. 353, 1n realtà del 15 aprile 1884, non pubblicato. (3) -Non pubblicato.
863

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 710. Roma, 16 aprile 1885.

Ho l'onore d'informare l'E.V. che il R. Ministero della guerra, non ritenendo opportuno, per la sicurezza del nostro presidio a Massaua, che una parte di esso si allontani da quella città, non è di parere che vengano iniziate trattative coll'Abissinia per ottenere di occupare colle nostre truppe alcuni punti del territorio dei bogos durante la stagione estiva.

864

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2258. Vienna, 16 aprile 1885 (per. il 21).

L'E.V. ha ogni ragione di aspettarsi che dai singoli ambasciatori di S.M. presso le Grandi Potenze le vengano date in questi giorni informazioni quanto più precise possibili sulla grave crisi che traversiamo nonché sulle sue presumibili conseguenze; e certamente non intendo fallire al compito mio in questa circostanza.

Credo però anzitutto opportuno ripetere all'E.V. che le notizie che mi è dato di attingere qui non possono essere che il riflesso della corrente che domina a Berlino, poiché di politica propria da assai tempo il Gabinetto di Vienna non ne fa più non movendosi qui passo nelle questioni d'interesse generale europeo prima di avere ricevuto l'opportuno impulso del cancelliere germanico.

Citerò a questo proposito un fatto che prova assai bene il mio asserto. L'ambasciatore germanico aveva ottenuto un congedo di dieci giorni di cui stava per fruire allorché si verificò l'ultimo incidente nell'Afganistan. Or bene un telegramma del principe di Bismarck fece avvertito il principe Reuss che S.M. consentiva a che si allontanasse momentaneamente da Vienna a condizione però il conte Kalnoky nulla avesse in contrario. Come era da aspettarsi S.E. si affrettò a pregare l'ambasciatore di non approfittare dell'ottenuto congedo. Ciò premesso dirò che qui si crede alla guerra fra gl'inglesi ed i russi e se vi si conserva una speranza di pace, si è perché si fa ancora un certo assegno sulla debolezza del signor Gladstone.

Gl'inglesi dicevami il conte Kalnoky devono desiderare un pacifico componimento della presente vertenza: anzitutto perché assai dubbio si è l'esito della lotta ed inoltre perché qualunque questo sia non possono sperare di arrivare fino a fare indietreggiare i russi da Merw, la situazione quindi resterebbe sempre dopo immensi sacrifizii poco mutata. In quanto ai russi la pace fatta in base allo statu quo offre per loro sempre il mezzo di continuare quella loro progressiva marcia in avanti che già li portò dove sono attualmente.

L'E.V. sarà non dubito di parere meco, essere questo un ragionamento fatto per decidere gl'inglesi ad arrestare ora a qualunque costo quella marcia in avanti della Potenza rivale, che più non sarebbero in grado di frenare il giorno in cui avrebbe posto il piede ad Herat.

S.E. conversando meco sulle possibili eventualità dicevami: che la presente crisi è certamente assai spiacevole, perché non può a meno, come già si verifica, di turbare gravemente il mercato europeo, con non poco danno per tutti gli Stati; ma che, all'infuori di ciò non vi ha a preoccuparsi oltre misura di un possibile conflitto tra due Potenze asiatiche.

Il solo pericolo, egli aggiungevami, che potrebbe presentarsi sarebbe se la Turchia non si mantenesse neutrale, poiché cosi verrebbe in questione il passaggio dei Dardanelli, e conseguentemente correrebbero pericolo di essere calpe

stati i vigenti trattati. Ma egli mostrava fare assegno sul buon senso e la fermezza del sultano che saprebbe resistere a tutte le pressioni e mantenere intatta la posizione che i detti trattati gli assicurano. S.E. non escludeva però intieramente la possibilità che l'Inghilterra, nelle gravi attuali emergenze, mostri minor rispetto ai trattati di cui è caso, e forzi colle sue corazzate le batterie turche del canale che è assai presumibile non siano nelle migliori possibili condizioni di resistenza. Ove questo fatto però avesse a verificarsi, egli accennava all'opposizione che anche dopo oltrepassati gli stretti la flotta inglese incontrerebbe da parte di tutte le Potenze a cui deve premere il rispetto dei trattati e la conservazione della pace in 'Europa. Questa minaccia farebbe supporre che in quell'eventualità la Germania e l'Austria credono di poter fare assegno sull'attivo concorso della Francia; ed in verità non esito a credere che i Gabinetti di Berlino e Vienna, mentre dirigono oggi tutti i loro sforzi a Costantinopoli affinché il sultano si mantenga neutrale, prendono sin d'ora precisi concerti colla Francia per trovarsi pronti a parare a loro tre ad ogni eventualità.

Premesse queste informazioni che si possono chiamare di fatto, l'E.V. mi consentirà che le comunichi anche i miei apprezzamenti. Per me non vi ha dubbio che la situazione attuale è conseguenza del Convegno di Skierniewice in cui evidentemente in contraccambio delle assicurazioni di rispetto ai trattati europei che la Russia ebbe a dare, le si lasciò la mano libera in Asia e magari anche le si indicò l'azione in quella direzione siccome campo libero alla sua attività ed espansione. Questo mio parere è del certo avvalorato da quello di non pochi fra i miei colleghi qui, nonché dai discorsi nello stesso senso tenutimi da personaggi austriaci in stretta relazione col Governo.

A conferma di tale mio modo di vedere non devo omettere di far rilevare, che tanto qui come, mi risulta, in maggior grado a Berlino tutte le simpatie nella attuale situazione sono per la Russia; e cosa assai notevole nella stessa Ungheria sempre cosi ostile all'Impero moscovita, l'Inghilterra non trova in questo momento simpatia di sorta. Non conviene d'altra parte nascondersi che l'antipatia, che cosi manifestamente si dimostra nell'Austria-Ungheria contro l'Inghilterra, è essenzialmente diretta al suo attuale Governo, e tale si conserverà fino a che il Gabinetto inglese avrà per capo il signor Gladstone.

Ove il conflitto fatalmente si verificasse, la neutralità assoluta verrebbe osservata dal Gabinetto di Vienna fino a che la Turchia non sarà minacciata, ma in questa eventualità non esito a credere che la Germania e l'Austria si schiererebbero al suo fianco.

Siccome conseguenza finale di una guerra anglo-russa, non vi ha chi dubita qui che alla Turchia toccherebbe pagarne le spese con un secondo spartimento che potrebbe essere l'ultimo; ed in tal caso è evidente che l'Austria si taglierebbe nei Paesi balkanici una parte quanto più grande le sarebbe possibile. A seconda però di quanto già ebbi a dire all'E.V. in un mio telegramma di alcuni giorni fa (1), erroneamente si apporrebbe chi credesse che l'Austria desideri questo secondo spartimento e lo prepari seminando agitazioni nelle

Provincie turche. La Monarchia austro-ungarica sarà fatalmente condotta dagli eventi a spingersi a Salonicco, e la Germania si adoprerà a vincere le sue esitazioni; ma né l'imperatore né il conte Kalnoky, tanto meno poi i popoli della Monarchia, desiderano che ciò avvenga; essendo facile a comprendersi che una espansione di quella natura cambierebbe le basi secolari su cui l'Impero poggia.

Non ho d'uopo di dire che questi apprezzamenti non si fondano che su indagini nonché sulla conoscenza che ho degli uomini e delle cose di qui, poiché la riserva che meco si osserva nelle attuali circostanze non potrebbe essere maggiore. La amicizia che attualmente ci lega all'Inghilterra e l'azione da noi intrapresa nel Mar Rosso che ne è conseguenza ci rendono altamente sospetti al Governo imperiale; la massima diffidenza è quindi al giorno d'oggi la caratteristica delle relazioni fra il Gabinetto di Vienna e noi.

Come già ebbi a dire all'E.V. l'Italia traversa attualmente la fase la più grave che le si sia parata innanzi dacché la sua unità fu costituita, difficile assai ci riuscirà l'uscirne con qualche vantaggio, ma invece basterebbe un solo passo falso in questi gravi momenti per compromettere irremediabilmente n nostro avvenire.

(l) Cfr. n. 852.

865

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 633. Berlino, 17 aprile 1885, ore 18,35 (per. ore 20,35).

A un bal que j'ai offert hier à l'empereur, à la Cour impériale et roy?.le, au corT)s diplomatiQue et à la société, Sa Majesté m'a dit que les chances de paix semblaient prendre le dessus; qu'à Pétersbourg, l'empereur Alexandre et M. de Giers s'employaient activement et sincèrement dans le sens de la conciliation. Sa Majesté ne savait si on pouvait avoir une égale confiance dans les dispositions de l'Angleterre. L'empereur Guillaume ajoutait que le conflit ne se produirait pas si de part et d'autre on ne se placait qu'au point de vue du bon sens et de la raison qui devrait l'emporter sur les entrainements de la passion; mais jusqu'ici on ne pouvait encore établir une prévision certaine. Le sous-secrétaire d'Etat m'a parlé aujourd'hui dans des termes analogues, mais en s'abstenant de tout jugement sur l'Angleterre.

866

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 125. Pietroburgo, 17 aprile 1885 (per. il 23).

Ieri mi recai per dovere di visita presso l'ambasciatore d'Inghilterra col quale mantengo cordiali rapporti.

Cadde naturalmente il discorso sulle questioni del giorno e sir Edward Thornton mi confermò che i negoziati continuavano tra i due Governi per stabilire la zona entro la quale verrebbe poi tracciata la frontiera tra l'Afganistan ed il Paese dei turcomanni. Su questo proposito il mio collega si compiacque segnalarmi sopra alcune carte, tutte più o meno incomplete anche al creder suo la località in oggi soggetto di discussione. Come già accennai in un precedente mio rapporto (l) la richiesta del Governo russo tende ad ottenere una maggiore estensione della linea di frontiera nella direzione del mezzogiorno. Non mi sembrò che l'ambasciatore d'Inghilterra attribuisse l'insistenza della Russia alla voglia di farsi più vicina ad Herat ma piuttosto al desiderio di possedere alcuni giacimenti di sale cui si provvedono in oggi i turcomanni. Mi osservò del resto sir Edward che da qualche giorno mancava d'informazioni dal suo Governo stante che la sede dei negoziati sta di preferenza in Londra.

Parvemi inoltre che il mio collega non conservasse illusioni sull'atteggiamento degli afgani assai poco favorevole agli inglesi. Mi accennò in ultimo ma solo alla sfuggita un progetto di arbitraggio del cui compito s'incaricherebbe la Germania e ad un tempo mi osservava che in Inghilterra la proposta se vien posta sul tappeto non troverebbe grande simpatia sospettandosi sempre il principe di Bismarck poco disposto a favorire gli interessi inglesi.

867

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 642. Berlino, 18 aprile 1885, ore 16,50 (per ore 20,26)

D'après les assertions d'un journal de Hambourg, le point de la cote orientale d'Afrique où le pavillon allemand aurait été arboré se trouve à dix milles maritimes des frontières au nord des possessions continentales du sultanat de Zanzibar. D'après un autre journal, la nouvelle d'un protectorat allemand sur les cotes des régions des somali ne se confirme pas. Le bruit s'en était répandu parce que le capitaine de la corvette «Gnelsenau ~ avait débarqué avec un détachement à Lama pour y visiter publiquement gouverneur et montrer le pavillon :1,1coar.:.5, m~.is cet endt~oit est situé fous le deux1èm!) (?) (?) de~~!.·é de lat.·t;.1_cJ,; sud près d'une baie du m~me nom de la Moo. Le sultanat de Zanzibar s'étend environ de 15 milles géographiques dans la direction nord-est. La distance de la Moo à Zanzibar est d'à peu près 65 milles géografiques. La corvette «Gneisenau ~ aurait depuis lors quitté Zanzibar en se dirigeant vers l'Australie. Le chargé d'affaires britannique a interpellé un des employés supérieurs du département impérial des affaires étrangères si vraiment quelque point de la cote des somali aurait été placé sous le protectorat allemand; il lui a été répondu qu'aucune nouvelle n'était parvenue là-dessus au Cabinet de Berlin.

(1 l R. 122 del 10 apl'i!e, non pubblicato.

(2) Stc.

868

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

D. 527. Roma, 18 aprile 1885.

Nella previsione che io abbia ad impartirle più tardi alcune speciali istruzioni circa le ragioni accampate dal Governo francese sopra Zeila, e circa i nostri intendimenti eventuali sopra quella località, stimo utile, anche per conveniente norma del suo linguaggio, di qui acchiudere una breve memoria {l) nella quale è riassunto quanto si è potuto trarre, intorno a codesto argomento, da documenti autorevoli, tra cui la maggior parte sono tali che, per la loro sorgente non sembrerebbero guarì potersi impugnare dal Governo francese.

Noi abbiamo fin da principio dichiarato (e V. E. ben lo ricorda) che nel dare alla nostra occupazione a Massaua e nella costa vicina quello svolgimento che le circostanze fossero per suggerire, avremmo tenuto nel più grande conto le pretensioni messe innanzi sopra Zeila da giornali francesi forse più ancora che dallo stesso Governo francese. Però ci deve stare a cuore, per non pregiudicare una situazione nella quale potremmo eventualmente esser tratti a prendere consiglio sopratutto dai nostri interessi, di evitare che la nostra astensione od il nostro silenzio potessero avere la interpretazione quasi di una acquiescenza, da parte nostra, a quelle pretensioni; mentre invece queste appariscono ormai, e fino a contraria dimostrazione, destituite di ogni valore, quantunque né sia animo nostro di procedere per ora ad atto alcuno di occupazione

o possesso a Zeila, né sia neppure nostro intendimento di impegnarci in una discussione intempestiva col Governo francese.

869

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 399/539. Londra, 18 aprile 1885 (per. il 22).

Sono lieto di poter riferire a V. E. che negli ultimi due o tre giorni le prospettive pacifiche pigliarono il sopravvento sulle bellicose. Segnalo il fatto senza aver tuttavia la possibilità di spiegarlo in modo pertinente. Le borse europee, compreso il mercato di Londra, vanno salutando queste migliori impressioni con rialzo costante dei valori. Il linguaggio della stampa inglese, e principalmente degli organi maggiori e più accreditati suona più mite, benché non ancora asso

lutamente pacifico. E tuttavia nessun nuovo fatto è venuto a giustificare queste meno bellicose prospettive. I ministri inglesi non hanno potuto dare al Parlamento nuove indicazioni. Nessuna risposta è ancora giunta da Pietroburgo alle donmande di spiegazione inglesi. Né il Governo inglese ha ancora ricevuto da sir Peter Lumsden quegli ulteriori e più ampii ragguagli che si aspettano da lui. Il solo fatto fino ad un certo punto rassicurante, si è che le truppe russe, secondo un telegramma del generale Komarov, non si avanzarono né occuparono Pendjeh. Ma i sarikhs turcomanni, nuovi sudditi russi, a nome dei quali la Russia reclama la nota linea di frontiera che abbraccia Pendjeh, occuparono essi questa località e quelle altre che gli afgani abbandonarono dopo la loro rotta.

A mia notizia, ed a notizia del Foreign Office, nonché dell'ambasciata di Germania in Londra, nessuna offerta o domanda di mediazione o di intromissione fu fatta a Berlino o da Berlino.

Ad ogni modo facciamo augurii perché le impressioni pacifiche che ho quì segnalato prendano fondamento e si convertano presto in assicurazioni più positive.

(l) Non pubblicata.

870

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. RISERVATO 506. Parigi, 18 aprile 1885 (per. il 26).

Col suo telegramma dell'undici corrente (l) l'E. V. m'incaricava di indagare, con tutta riservatezza, se fosse vero che una nave francese avesse attraversato il canale di Suez con truppe destinate ad Obock. Io colsi l'occasione dell'ultimo ricevimento del signor de Freycinet per scoprire quale fondamento avesse quella notizia, e parlando della occupazione per parte dei francesi di Tagiura senza opposizione degli inglesi, gli dissi che un tal fatto indicava una presa di possesso definitivo di Obock e di Tagiura, come, d'altronde, ciò era indicato dall'invio di truppe trasportate da una nave francese che recentemente aveva attraversato il canale. S. E. mi rispose che tali truppe non erano dirette a quella destinazione e che ad Obock si erano sbarcati soltanto una diecina di uomini.

Ecco quanto ho potuto sapere da questo ministro, ed ho luogo di pensare che abbia detto la verità, poiché non vedo il motivo per cui mi avrebbe nascosto un maggior invio di truppe in un sito che non è contrastato alla Francia se non dai diritti della Turchia che l'Inghilterra riserbava nello sgomberare la posizione di Tagiura e vicinanze.

Ad Aden che sta di fronte e non lontana da Obock si è certamente informato della entità delle forze effettive della Francia nelle suddette località.

(l) T. 333, non pubblicato.

871

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO DELLA GUERRA, RICOTTI

D. S.N. .Roma, 19 aprile 1885.

Con nota in data d'oggi (l) V. E. richiama la mia particolare attenzione sopra due argomenti che, in relazione con la occupazione nostra a Massaua, si connettono con la sicurezza delle nostre truppe colà di presidio e col prestigio del R. Governo.

V. E. si preoccupa, in primo luogo, della molestia ed anche del pericolo di cui possono essere cagione, per la guarnigione nostra, le milizie egiziane ancor rimaste a Massaua, e quelle che, sgombrando i fortilizii nei Bogos, fossero per essere concentrate in quella piazza. V. E. crede che importi ottenere, se occorre anche con l'impiego della forza, l'allontanamento d'ogni forza egiziana da Massaua, e chiede dove la si debba dirigere.

Circa questo primo punto debbo ricordare a V. E. che lo sgombero di Massaua e della circostante regione, da parte delle truppe egiziane, è cosa segretamente intesa col Governo vicereale e già ebbe un principio di esecuzione. Però, allo scopo di evitare complicazioni diplomatiche, è stato pure concordato che tale sgombero fosse graduale e si effettuasse senza violenza da parte nostra. Le istruzioni già impartite al colonnello Saletta mi sembrano già corrispondenti alla duplice considerazione dell'intento finale cui si mira e del metodo da adoperarsi all'uopo. Bensì si potrebbero ancora impartire al colonnello Saletta queste istruzioni complementari: l) usare la facoltà che indubbiamente gli spetta, come comandante del presidio, per chiedere, e, se occorre, imporre che le milizie egiziane provenienti dai presidii dei bogos non si fermino a Massaua, o·;e creerebbero intollerabile ingombro, ma procedano invece verso Suakim, o verso Suez, secondoché meglio piaccia agli ufficiali preposti allo sgombero dei bogos; 2) adoperare lo stesso trattamento verso le milizie irregolari del presidio egiziano di Massaua, quante volte e non appena la loro presenza apparisca pericolosa in vista dell'invadente agitazione mahdista; ciò beninteso senza pregiudizio della facoltà, già impartita al colonnello Saletta, di arruolare codesti militi irregolari, quando ciò possa farsi senza rischio di complicazioni con l'autorità egiziana; 3) concentrare tanto le milizie irregolari quanto il centinaio di militi regolari ancor rimasti a Massaua in quel punto che gli sembri più acconcio, anche questa essendo facoltà indubbiamente spettante ad un comandante di presidio. La sola avvertenza da raccomandarsi al colonnello Saletta, rispetto a questi tre punti, si è che voglia, a tal riguardo, tenersi diligentemente, in comunicazione, per ogni opportuna spiegazione, col commendatore De Martino mediante la cifra del cavaliere Maissa. Il commendatore De Martino ha già a

tale riguardo le opportune istruzioni.

V. -E. desidera, in secondo luogo, che il servizio doganale in Massaua passi senza indugio nelle nostre mani, sia per far cessare gli abusi, sia per meglio r1orciir:,are lt tariffe, così che queste riescano più. graltlt8 al cornmercio G so .. pratutto al commercio coll'Abissinia. Anche questo è obiettivo al quale fin da principio si è mirato e tuttavia si mira. Però un atto di subitanea violenza potrebbe suscitare spiacevoli complicazioni, non tanto col Governo egiziano, a cui piace di figurare come so~getto a coazione da parte nostra, quanto col LTOverno inglese che ci accuserebbe di mancata fede agli intervenuti accordi segreti per un graduale passaggio dall'uno all'altro regime amministrativo, e col Governo ottomano, verso il quale in questo momento politico tutte le Potenze usano particolarissimi riguardi. Ond'è che miglior consiglio parrebbe essere quello di persistere, anche a questo riguardo, nel metodo iniziato, con questa avvertenza che gli abusi ormai accertati possono fornire fin d'ora al colonnello Saletta un'eccellente ragione per preporre al servizio doganale un'abile ed energico controllore nella persona di esperto ufficiale, il quale, circondandosi a poco a poco di un personale di sua fiducia, e allontanando chi ne sia men degno, darebbe così principio alla graduale eliminazione dell'elemento egiziano da questo ramo di servizio. Non parrebbe, invece, conveniente di modificare le tariffe, le quali, se onestamente applicate, non possono dar luogo a reclami, segnatamente qualora, avutasi notizia delle buone disposizioni dell'Abissinia, il comandante Saletta, consultato il cavaliere Maissa, credesse venuto il momento Anche rispetto a questa eventuale novità nel servizio doganale, ed alla giuài applicare al commercio abissino la franchigia stipulata col tratGato Hew8tt. stificazione di tale provvedimento, gioverà che il signor colonnello Saletta si tenga in comunicazione col commendatore De Martino.

Se V. E. è meco concorde nei concetti qui sopra espressi, può dirigere nel giorno di domani al colonnello Saletta, in conformità dei concetti medesimi, un telegramma riassuntivo, di cui gradirò di avere cortese comunicazione tosto che sia stato spedito.

(l) -Non pubblicata.
872

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. CONF'IDENZIALE 652. Londra, 20 aprile 1885, ore 14,24 (per. ore 18,40).

Granville m'a répondu que quant à Zeila le Gouvernement anglais a décidé de rendre cette localité à la Turquie; quant à Harrar Gouvernement anglais ne désire pas l'occuper; il doute qu'il puisse etre de quelque utilité à l'Italie, mais si le Gouvernement italien désire l'occuper le Gouvernement anglais n'y fera pas d'objections et fera de son mieux pour satisfaire au désir de l'Italie en le subordonnant, comme dans des cas précédents, à une entente entre l'Italie et la Turquie; quid agendum? J'ai envoyé hier la lettre de Granville par la poste.

873

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3850. Berlino, 20 aprile 1885 (per. il 23).

Al ballo da me dato giovedì scorso in questa r. ambasciata intervennero Sua Maestà l'Imperatore e Re, i membri della famiglia imperiale, il corpo diplomatico e la società indigena.

L'imperatore Guglielmo discorrendo con me intorno la situazione politica si degnò di dirmi che le speranze per la conservazione della pace sembravano prendere il disopra, attesoché tanto l'imperatore Alessandro, quanto il suo ministro degli affari esteri, signor di Giers, si adoperavano a tutt'uomo e con sinceri propositi in favore dell'opera di conciliazione. Se non che Sua Maestà non sembrava del pari nutrire una eguale fiducia per rispetto agli intendimenti dell'Inghilterra. Mi soggiunse che se da ambo le parti gli animi volessero dare ascolto ai consigli del buon senso e della ragione, il temuto conflitto potrebbe essere agevolmente stornato. Ad ogni modo finora non si era in grado di prevedere con tutta sicurezza l'esito definitivo delle presenti difficoltà.

Né il segretario di Stato, col quale mi abboccai il 17 corrente, mi tenne un differente linguaggio; soltanto egli si astenne dall'enunciare un giudizio qualsiasi sulle disposizioni del Gabinetto di Londra in questa circostanza.

Essendomi incontrato di nuovo jeri l'altro col conte di Hatzfeldt, questi mi confermò che, a meno di eventi imprevedibili, le speranze per la conservazione della pace continuavano ad essere abbastanza sicure. Difatti si notava dall'insieme della situazione che la tensione dei giorni scorsi accennava ad attenuarsi assai sensibilmente, tanto da far prevedere che l'Inghilterra e la Russia finirebbero per accordarsi fra loro senza colpo ferire.

Checché sia di ciò, io non posso non osservare che il rappaciamento fra le due Potenze potrebbe essere pur sempre difettivo, e che esso troppo richiamerebbe alla mente la situazione che si produsse fra la Prussia e la Francia dal 1868 al 1870.

874

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3851. Berlino, 20 aprile 1885 (per. il 23).

Il linguaggio che mi ha tenuto jeri il segretario di Stato è meno ottimista di quello adoperato il 17 a proposito dello stato delle relazioni fra l'Inghilterra e la Russia.

Il conte di Hatzfeldt reputava difatti che le ultime notizie qui pervenute essendo meno rassicuranti non permettevano ancora di considerare come allontanate le minaccie di un conflitto fra quelle due Potenze. Ed a questo proposito ho notato che il mio interlocutore si è espresso a riguardo della Russia con una certa parzialità di linguaggio che è l'effetto di quel sentimento di benevolenza, da cui il Gabinetto di Berlino si mostra animato verso quello di Pietroburgo in seguito al convegno di Skierniewice. Ciò nondimeno il conte di Hatzfeldt ha smentito in termini assai recisi la voce testè corsa, sia di avere la Germania offerta la sua mediazione, sia essere stata invitata a sobbarcarsi a simile incarico fra la Russia e l'Inghilterra.

Il Gabinetto di Berlino bramerebbe intanto di non essere costretto in nessun modo a manifestare il suo giudizio o a spiegare la propria azione. Esso è persuaso che l'opera sua non basterebbe ad accontentare ad un tempo l'uno e l'altro litigante; e inoltre sa che quel litigante, il quale si crederebbe offeso nei proprii interessi, imputerebbe a colpa del Gabinetto di Berlino l'offesa ricevuta. Per la qual cosa giova quest'ultimo di essere lasciato in disparte per non essere tacciato di finto o di tepido amico.

Nel riconfermarle così il mio telegramma di oggi (l) ...

875

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3853. Berlino, 20 aprile 1885 (per. il 23).

Ieri discorrendo con questo segretario di Stato delle pratiche fatte testé dagli ambasciatori di Germania, d'Austria-Ungheria e di Francia in Costantinopoli per richiamare l'attenzione della Sublime Porta sulle stipulazioni della convenzione relativa agli Stretti, di cui è cenno nel telegramma della E.V. in data del 17 corrente (2), il conte di Hatzfeldt si espresse nel modo che segue.

Gli ambasciatori delle Potenze precitate, senza fare pratiche formali ed identiche, erano stati in grado nei loro colloqui col ministro ottomano degli affari esteri di manifestare circa la chiusura degli Stretti idee conformi interamente alla osservanza dei trattati esistenti i quali sono obbligatorii non solo di fronte al sultano, ma bensì anche di fronte a tutte le Potenze soscrittrici. Ricordo che a norma del XVIII protocollo -seduta del 18 luglio 1878 del Congresso di Berlino, quando il rappresentante dell'Inghilterra dichiarò che l'impegno concernente la chiusura degli Stretti s'intendeva limitato per il Governo britannico soltanto verso il sultano, il rappresentante di Russia si riservò di far inserire nel protocollo una controdichiarazione. Questa fu difatti inserita nel protocollo XIX della seduta del 19 luglio 1878: mercè di essa il rappresentante di Russia affermava che la chiusura degli Stretti costituisce un principio europeo, ammesso dai trattati del 1841, 1856 e 1871. Codesti trattati, confirmati col Trattato di Berlino, dovevano considerarsi come obbligatorii non solo verso il sultano, ma bensì verso tutte le Potenze soscrittrici.

Benché il conte di Hatzfeldt non me l'abbia detto, è però da supporre che la Porta, la quale si preoccupa abbastanza della questione degli Stretti, abbia risposto essere sua intenzione di rispettare i Trattati che concernono la chiusura degli Stretti. E non è da dubitare che le pratiche più o meno esplicite delle Potenze siano state motivate in seguito ai suggerimenti della Russia.

56 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XVII-XVIII

A questa Potenza importa grandemente di veder mantenuta intatta l'inviolabilità degli stretti; in quanto che, in una guerra con l'Inghilterra, la Russia è molto più vulnerabile nel Mar Nero che non nel Mar Baltico. E d'altra parte colla chiusura dei Dardanelli la Russia si assicurerebbe pure della neutralità della Turchia.

È inoltre da prevedersi che nell'intento di localizzare possibilmente una guerra fra la Russia e l'Inghilterra, il Gabinetto di Berlino non risparmierebbe nessun sforzo per ottenere che il sultano adottasse eventualmente un contegno neutrale.

Come appare dal telegramma del conte Corti comunicatomi dall'E.V. il 17 corrente, anche nella circostanza delle pratiche fatte dagli ambasciatori a Costantinopoli per la chiusura degli Stretti, l'Italia è stata tenuta in disparte dai proprii alleati. Per conto mio mi sono astenuto dal farne menzione col segretario di Stato, attesoché trattasi di un fatto che si riproduce assai regolarmente e come se fosse l'effetto di un sistema prestabilito.

Nel confermarle il mio telegramma di oggi (l) ...

(l) -T. 651, non pubblicato. (2) -T. 366, non pubblicato.
876

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 668. Cairo, 21 aprile 1885, ore 18 (per. ore 21).

Baring vient de me communiquer télégramme de Granville. Le Gouvernement anglais serait très favorable à notre occupation du Harrar, mais il ne peut disposer de Zeila qui appartient à la Porte avec laquelle nous devrions nous entendre. Baring attribue cette réponse pour Zeila à ce qu'on veut éviter d'irriter la Porte, mais il comprend bien qu'il nous serait impossible d'occuper l'Harrar sans avoir un débouché sur la mer à Zeila et va télégraphier dans ce sens à Granville. Il m'a demandé si nous nous contenterions de passer par Zeila sans l'occuper pour le moment. Je lui ai répondu que cette proposition me paraissait inadmissible et il en a convenu. Le rapport du colonel Hunter est favorable pour nous et je crois qu'il faut profiter à Londres de la crainte de Baring d'une surprise francaise.

877

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA (2)

T. 385. Roma, 21 aprile 1885, ore 23,30.

Veuillez faire remarquer d'abord à lord Granville que l'occupation de Harrar devient une impossibilité à peu près absolue sans une garnison italienne ou

anglo-italienne à Zeila, le seui point par lequel on peut de la mer pénetrer dans cette région. Quant au projet de rendre Zeila aux tures, je vous prie de ne pas cacher à lord Granville combien une pareille combinaison est de nature à nous surprende et à renverser en quelque sorte le programme en vu duquel nous avons pris position dans la Mer Rouge. Certes, si une pareille éventualité se produisait, l'impression serait ici, dans le Pays et dans le Parlement, des plus pénibles et nous créerait les plus graves embarras. La France seule pourrait, grace à sa position à Tajourra, en profiter en envahissant le Harrar qu'elle convoite ouvertement. Faites un chaleureux appel à lord Granville, afin qu'on suspende au moins toute décision jusqu'à entente ultérieure entre les deux Gouvernements. Nous attendons avec impatience votre réponse (1).

(l) -T. 648, non pubblicato. (2) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III, c!t., p. 174.
878

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 672. Londra, 22 aprile 1885, ore 13,20.

Le télégramme explicatif de Lumsden est publié aujourd'hui. Il contredit presque dans tous les points celui du général Komarov. Le Gouvernement anglais vient de demander au Parlement crédit de 11 millions di livres sterling. Dans son discours Gladstone a annoncé suspension des opérations militaires dans le Soudan et la Mer Rouge ainsi que du chemin de fer de Souakim, ce qui n'implique pas l'abandon de l'Egypte et de ses frontières. Il a dit que les bruits de négociations pour l'occupation de l'Egypte par la Turquie étaient sans fondement et que le Cabinet n'avait reçu aucune information sur des démarches qui auraient été faites à Constantinople pour la fermeture des Dardanelles en cas d'hostilités.

879

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 674. Parigi, 22 aprile 1885, ore 19,10 (per. ore 21,15).

Aujourd'hui toute la discussion dans la sous-comm1sswn a porté sur l'art. 2 du projet français. Les anglais se sont opposés jusqu'au bout à la phrase concernant la défense d'occupation militaire près du Canal, en disant que ce serait là vouloir neutraliser une partie du territoire de l'Egypte. Le président a fini par mettre aux voix l'article ainsi rédigé: «Il ne sera élevé aucune fortification sur un point commandant ou menacant le canal et pouvant servir de base à une opération offensive contre le canal; aucun point commandant ou me

naçant le parcours et l'accès ne pourra etre occupé militairement; les approches maritimes du canal, les portes qui en dépendent ainsi que les eaux territoriales de l'Egypte seront à l'abri de tout fait de guerre». Cette rédaction a été acceptée par tous les délégués y compris le turc, mais le délégué anglais a fait une réserve formelle pour le passage visant l'occupation militaire qu'il a dit ne pas etre autorisé à admettre. M. Pierantoni, qui assistait à la séance, a été d'avis, comme moi-meme que notre adhésion au texte susdit ne pouvait etre refusée.

(l) Cfr. n. 880.

880

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 676. Londra, 22 aprile 1885, ore 21,27 (per. ore 0,20 del 23).

J'ai vivement insistè auprès de Granville pour Zeila dans le sens de votre télégramme (1), dont je lui ai communiqué substance. Granville m'a dit que le Gouvernement anglais était tenu, par un engagement d'honneur, pris lors de son occupations de Zeila, d'en faire restitution à la Turquie. Il a du conséquemment inviter celle-ci à en prendre possession. Granville pense que la Sublime Porte ne se hatera pas à procéder à cette occupation; en attendant il m'a dit qu'il fera de son mieux pour faciliter accomplissement de nos désirs. Granville est donc totlt disposé à accueillir le conseil que Baring pourrait lui soumettre dans le sens indiqué, mais l'engagement d'honneur envers la Porte est un empechement bien grave. J'ai demandé et obtenu de Granville qu'en tout cas la garnison anglaise ne serait pas rappelée avant que nos deux Gouvernements aient procédé à un nouvel échange de vues sur ce sujet.

881

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2262. Vienna, 22 aprile 1885 (per il 24).

Il chiasso fatto dai giornali intorno alle dichiarazioni relative alla politica estera, che si volle pretendere sarebbero state fatte dall'E. V. in un suo colloquio con due studenti, non poté a meno di far qui una certa impressione.

Il conte Kalnoky tenevami ieri parola di tal incidente, senza mostrare di darvi notevole importanza, ma pur nondimeno lasciando trasparire il suo rincrescimento. Essenzialmente egli chiamava la mia attenzione sull'allusione che dall'E. V. sarebbe stata fatta all'eventuale arrivo a Roma di 100.000 austriaci, onde proteggere la nostra capitale contro un tentativo della Francia di restituirvi il potere temporale.

Per conto mio ritengo assai probabile che l'attenzione del Gabinetto di Vienna sulle dicerie di cui è caso, sia stata richiamata dalla Santa Sede a mezzo dell'ambasciatore imperiale al Vaticano oppure col transito del nunzio a Vienna.

Veramente non m'aspettavo ad una interpellanza in proposito, però non esitai a rispondere al conte Kalnoky che il primo resoconto della conversazione di cui è caso era sfuggito alla mia attenzione, lo che infatti è conforme al vero; ma che aveva bensì letto al riguardo precisamente in questi giorni una categorica smentita intorno a tutti i singoli punti di quel supposto colloquio.

S. E. nel ciò sentire, dissemi non aver conoscenza della smentita di cui gli facevo cenno, ed anzi osservavami essere precisamente l'assoluto silenzio del R. Governo intorno a quel delicato argomento che ne aumentava il peso; al che io risposi confermando nuovamente il mio asserto e citandogli Il Diritto come il giornale che aveva pubblicata la smentita a cui alludevo. Così fini quella nostra conversazione di cui ho creduto dover render conto all'E. V. tanto più che vedo che lo studente Luigi Basso torna sull'argomento in una sua dichiarazione pubblicata dalla Tribuna confermando la prima versione che già fu data dall'avvenuto colloquio che non potrà non essere rilevato qui.

(l) Cfr. n. 877.

882

IL MINISTRO DELLA GUERRA, RICOTTI, AL COMANDANTE SUPERIORE DELLE TRUPPE ITALIANE IN AFRICA, SALETTA (l)

D. RISERVATISSIMO 750. Roma, 23 aprile 1885.

Questo Ministero ha già avuto occasione di fare parecchie comunicazioni alla S. V. sul carattere delle nostre occupazioni in Africa e specialmente di quella di Massaua; e certamente il Ministero stesso non dubita che, dopo che ella ne avrà presa conoscenza, parte dei dubbi esposti nella lettera n. 3 riservatissima del 2 corrente (2), si saranno dileguati. dall'animo di V. S. Ad ogni modo si reputa ora opportuno esporre minutamente a V. S. quale sia la situazione politica attuale, onde ella possa meglio coordinare alle sue esigenze il proprio operato.

Astrazione fatta dallo scopo speciale cui mirava la spedizione di Assab, quella di Massaua aveva essenzialmente per obbiettivo la occupazione di quel punto non solo commercialmente molto· Importante ma nello stesso tempo situato in posizione tale da poter occorrendo, operare per Kassala e di concerto colle truppe inglesi di Suakim contro le forze del Mahdi, qualora la spedizione principale inglese risalente il Nilo, fosse riuscita ad impadronirsi di Kartum. In questa evenienza presentavasi allora come molto conveniente lo spingersi su Keren per stabilirvi i quartieri d'estate e costituire una buona base secondaria per le successive operazioni. Ma la caduta di Kartum modificò naturalmente questo concetto di una decisa operazione verso l'interno, e solo rimase ancora

per qualche tempo una qualche probabilità di una marcia in avanti per Keren a Kassala contemporanea ad altra degli inglesi da Suakim su Berber, qualora il corpo principale inglese che operava sul Nilo avesse ripresa l'offensiva.

Ora però la questione è entrata in una nuova fase, imperocché è da prevedersi che esigenze generali relative ad un possibile conflitto russo-inglese e la influenza che tal fatto non può a meno di esercitare sulle operazioni inglesi in Africa, vengano ad allontanare di molto la possibilità di ritentare un'azione su Kartum, ed accennino piuttosto ad una sistemazione della questione egiziana in via diplomatica anziché ricorrendo ad operazioni militari. E se può prevedersi ancora possibile in quelle regioni una qualche azione militare, essa consisterebbe soltanto in una marcia delle nostre truppe, da sole od in unione a truppe inglesi, da Suakim su Berber, per ridurre all'impotenza le tribù delle quali attualmente dispone Osman Digma.

Ne consegue che l'occupazione di Massaua è ora ritornata al suo primo obbiettivo, cioè occupazione ristretta, limitata a quella località a scopo commerciale; e pertanto risulta sempre più la convenienza di evitare qualunque accenno ad una marcia in avanti verso la regione dei bogos per non urtare la suscettibilità dell'Abissinia; d'onde le istruzioni già date a V. S. di restringere i preparativi ed i lavori di difesa alla sola posizione di Massaua, in modo da poterla tenere, occorrendo, anche con poche truppe, ma rendendoli efficacissimi onde per l'avvenire non possa venire compromesso il nostro possesso.

A questo concetto sono pure collegate quelle altre istruzioni date alla S. V. circa l'opportunità di procurare destramente di sostituire poco per volta l'Autorità del nostro Governo a quella del Governo egiziano anche nella cosa pubblica in Massaua, onde gradatamente e senza scosse poter giungere al punto di una vera possessione di fatto, esplicando il commercio di quel porto, vero sbocco dell'Abissinia, e traendone quel profitto nel quale si ha ragione di fare assegnamento.

Non v'ha dubbio che forse fra qualche tempo l'andamento della politica potrebbe modificare nuovamente questa situazione, d'onde quella alternativa che complica e rende naturalmente più difficile la posizione di V. S., ma che è conseguenza diretta di fatti d'ordine superiore, e che esige per l'appunto che il comando superiore in Massaua sia affidato ad un ufficiale che possieda le eminenti qualità delle quali V. S. ha dato prova di essere dotato.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III, cit., pp. 174-175.

(2) Non pubblicata.

883

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA (l)

T. 390. Roma, 24 aprile 1885, ore 12,20.

L'ambassadeur de France est venu me demander des explications amicales au sujet de l'occupation d'Arafali par un détachement italien. Après ma décla

ration du 30 janvier, à savoir que nous tiendrions le plus grand compte des observations qu'il m'avait faites alors au nom de son Gouvernement au sujet des revendications françaises dans ces parages, on a été maintenant, m'a-t-il dit, surpris à Paris d'apprendre le fait accompli sans avis préalable de notre part. Le Gouvernement français désire et espère donc recevoir de nous des éclaircissements propres à écarter tout sujet d'incident désagreable. J'ai répondu à

M. Decrais qu'un petit détachement de la garnison italienne de Massaua avait été effectivement envoyé à Arafali. Des considérations d'hygiène et de sécurité locale avaient suggéré à notre commandant à Massaua cette mesure dont il nous avait prévenu, mais contre laquelle nous n'avions pas cru qu'on p1lt élever d'objections. Le poste d'Arafali, occupé depuis bien des années et aujord'hui encore par un détachement de la garnison égyptienne de Massaua, a toujours été, en effet, considéré camme une dépendance de cette piace. Nos soldats se sont placés à còté des égyptiens et les deux drapeaux flottent l'un à còté de l'autre. Rien ne pouvait donc nous faire supposer que Ies affirmations d'une droit de souveraineté française, dont nous avons promis de tenir compte sans, bien entendu, les admettre ni les discuter, pussent embrasser Arafali. M. Decrais me dit qu'il m'avait en janvier parlé de la baie d'Adoulis en général, mais je dois de mon còté affirmer que sa demande ne pouvait, dans mon esprit, que se référer à Zoula et à Dessée, les seules localilés sur lesquelles la France avait notoirement élevé des prétentions territoriales, et je ne pouvais certes supposer que les observations du Gouvernement français portassent sur Arafali, une localité paisiblement et incontestablement occupée par les égyptiens depuis bientòt vingt-cinq ans. Si j'avais pu présumer que notre entretien de janvier concernat aussi Arafali, il est évident que j'aurais immédiatement répondu que, dans le cas où la France aurait des droits à réclamer sur cette localité, sa réclamation ne pouvait que s'adresser à la Turquie et à l'Egypte. Je tiens, en tout cas, à déclarer que par notre occupation à Arafali rien n'est changé dans la situation ni dans les assurances que j'ai données dans mon entretien de janvier avec M. Decrais, et que je confirme aujourd'hui. Je prie V. E. de vouloir bien tenir avec M. de Freycinet un langage analogue et contribuer à éliminer de son esprit toute préoccupation de façon qu'il ne soit pas donné suite à un incident dont la continuation ne pourrait avoir une issue favorable à la sincère cordialité des rapports existants entre les deux Pays (1).

(l) Ed. In L'Italta in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III, cit., pp. 175-176.

884

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 394. Roma, 24 aprile 1885, ore 19.

La promesse faite à la Turquie, dont lord Granville vous a parlé ne devait pas, je présume, se réaliser à une époque définie et la Turquie elle-m~me, à ce

que Sa Seigneurie ajoute, ne pressant pas sa réalisation, il me semble utile de chercher encore une combinaison apte à ne rien préjuger. Il est évident que la présence des tures à Zeila altérerait complètement la situation dans laquelle notre action s'est déployée dans la Mer Rouge. En nous emp~chant d'occuper Harar, elle laisserait en outre ce Pays à la merci des français, qui seuls ont la possibilité d'y pénétrer par Tagioura. La combinaison qui, à l'état actuel des choses, se présenterait comme la plus naturelle, parait Mre la suivante. Nous pourrions piacer à Zeila, à còté de la garnison anglaise, une petite garnison italienne servant de point d'attache pour la garnison à expédier à Harar. Nous n'aurions, d'autre part, pas de difficulté à nous associer à l'engagement de l'Angleterre envers la Turquie, qui devrait, bien entendu, ~tre rempli lorsque d'un commun accord le moment paraitrait venu de régler toutes ces questions. Veuillez sonder en ce sens lord Granville et me faire connaitre sa réponse le plus tòt posslble (l).

(l) Il contenuto dl tale telegramma venne inviato a Massaua con D. 57 del 28 aprlle 1885, non pubblicato.

885

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 694. Parigi, 24 aprile 1885, ore 19,27 (per. ore 23).

La discussion sur Ies articles 3 et 4 du projet français ayant été renvoyée pour amener d'abord une entente sur tous les points moins contestés des deux projets, la sous commission a examiné aujourd'hui l'art. 5 du projet français et s'est arr~tée à la nouvelle rédaction suivante, sur laquelle on se prononcera définitivement dans la séance prochaine. «Le Canal restant ouvert en temps de guerre, camme passage libre meme aux navires de guerre des belligérants aux termes de l'article 1 er présent traité, les hautes Puissances contractantes conveniennent qu'aucun acte d'hostilité ou aucune acte ayant pour but de préparer directement une operation de guerre ne pourra etre exercé dans le canal et dans les eaux territoriales d'Egypte, alors m~me que la Sublime Porte serait une des Puissances belligérantes. Les bàtiments des belligérants n'y débarqueront et n'y prendront ni troupes, ni munitions, ni matériel de guerre, et les bàtiments de guerre des belligérants ne pourront se ravitailler ou s'approvisionner que dans la limite nécessaire pour gagner le port le plus voisin. Leur transit par le canal s'effectuera dans le plus bref délai selon les règlements en vigueur, et leur séjour à Port SaYd et dans la rède de Suez ne pourra dépasser 24 heures, sauf le cas de relàche forcée. En pareil cas ils seront tenus de partir le plus tòt possible. Un intervalle de 24 heures devra toujours s'écouler entre le départ des ports d'attache du canal d'un navire appartenant à une Puissance belligérante et le départ d'un navire appartenant à la Puissance ennemie ».

La clause relative au passage des prises sera formulée dans un article spécial. Les anglais eux-memes qui, dans leur projet, interdisaient le passage des prises de guerre, ont jugé nécessaire de mieux examiner cette question spéciale. Ils s'aperçoivent aussi qu'il sera nécessaire de définir ultérieurement la portée des mots « eaux territoriales de l'Egypte ».

(l) Cfr. 903.

886

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL CAPITANO CECCHI

T. 399. Roma, 27 aprile 1885, ore 11.

Autorizzo trattative purché riguardino località da lei e dal comandante concordemente giudicate utili interesse italiano. Dovrà inoltre farsi esplicita riserva, sia della approvazione definitiva del R. Governo dopo ricevuti rapporti particolareggiati, sia delle preservazioni rispetto qualunque diritto precedentemente acquisito da altri Stati ed osservanza delle altre condizioni testé stipulate nella Conferenza di Berlino per la validità degli acquisti territoriali in Africa. Raccomando procedere sempre con pieno accordo consenso comandante. Manderò autografo reale dichiarante amicizia per sultano Zanzibar e contenente menzione incarico affidato a lei d'accordo con comandante (1).

887

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 726. Roma, 27 aprile 1885.

Se si avverasse l'eventualità, come ne è corsa la voce, che il generale Graham con la maggior parte delle sue truppe dovesse recarsi ad operare sulle coste del Mar Nero o nell'Afganistan, il R. Ministero della guerra vedrebbe volentieri che il capitano di artiglieria nobile Antoniò Gioppi, il quale trovasi ora a Suakim, addetto al quartier generale del generale Graham, seguisse pure in Asia le operazioni degli inglesi, continuando a rimanere aggregato al quartier generale presso il quale ora si trova.

Data la stessa eventualità, pregherei V.E. di fare le necessarie pratiche confidenziali col Governo inglese e di informarmi a suo tempo del loro risultato.

D. -1876 pari data, non pubblicato.
(l) -Il contenuto di questo telegramma venne inviato all'ambasciata di Berllno con
888

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2265. Vienna, 27 aprile 1885 (per. il 29).

Siccome ebbi l'onore di far conoscere all'E.V. con mio telegramma di ieri mattina (1), i giornali di Vienna del 25 sera pubblicavano un telegramma dal Cairo del 24 e così concepito (notizie Havas) «A seconda delle notizie che qui corrono le truppe italiane avrebbero subito una disfatta presso Massaua ». II Fremden Blatt commentava nella sua prima pagina tale notizia, osservando che. mancando per ora particolari in proposito, non si poteva che far congetture sull'accaduto, ma che però negli ultimi tempi non difettano indicazioni che non sono senza gravità a riguardo della situazione fatta ad una operazione offensiva degli italiani. II giornale aggiungeva che anche gli abissini mostravano grande diffidenza intorno all'avanzarsi degli italiani.

Lo stesso giornale poi dice stamani, che manca tuttora una conferma alla notizia della sconfitta degli italiani presso Massaua, che quindi alla funesta notizia non conviene dare gravità in antecedenza. Tosto però soggiunge, che dalle notizie stesse di fonte romana emerge che la posizione degli italiani in Egitto non è in maniera alcuna salva da' pericoli, ed a conferma del suo asserto cita le notizie in proposito pubblicate dalla Tribuna in base ad una lettera che sarebbe pervenuta da Massaua alla Società africana di Napoli.

Per conto mio richiesto da ogni parte intorno all'attendibilità della notizia di cui è caso non ho esitato fin dal primo momento a smentirla recisamente, fondandomi sulle circostanze di fatto della nostra occupazione e più ancora sullo assoluto silenzio al riguardo meco serbato dal R. Governo persuaso che l'E.V. non avrebbe mancato di segnalare tosto alla r. ambasciata un fatto di onella n::>tn!'~. ove disgraziatamente si fosse prodotto. Devo notare che avendo quella sera stessa incontrato il conte Kalnoky in una società non esitai a chiedergli se avesse ricevuto da Roma, o dal Cairo un qualche telegramma relativo alla notizia data dai giornali. S.E. risposemi tosto, che non aveva ricevuto notizia qualsiasi in proposito e che per conto suo concordava col parer mio che il telegramma in questione mancava di ogni fondamento.

TI telegramma poi che l'E.V. gentilmente compiacevasi rivolgermi ieri sera

Credo quindi si possa fino d'ora constatare che il tutto fu una manovra di borsa o meglio anche l'espressione di un pio desiderio dei nostri nemici; non però men vero che è assai curioso il fatto che fra tutti i giornali di Vienna il Fremdem Blatt sia il solo che abbia preso in una certa considerazione quella notizia malgrado che mancasse di ogni apparenza di fondamento.

(2) confermava il mio apprezzamento.

(l) -T. 711 del 26 aprile 1885, non pubblicato. (2) -T. 398 del 26 aprile 1885, non pubblicato.
889

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 728. Roma, 28 aprile 1885.

Il cavalier Maissa riferisce di essere stato informato dal capitano Domville, comandante l'avviso britannico «Condor» che trovavasi a Massaua, al momento della nostra occupazione, di una specie di protesta o di riserva fatta dalla Francia relativamente ai suoi diritti su Zula, quando questa località fu scelta dal Governo inglese per punto di sbarco della spedizione contro l'Abissinia.

Come V.E. rileverà dalla memoria sulla situazione politica di Zula, comunicatale colla serie dei documenti diplomatici XXIII (n. 485) (1), non consta affatto che la Francia abbia fatto riserva alcuna in quella circostanza, ma trattandosi tuttavia di argomento che c'interessa altamente, La prego di ottenere, possibilmente, qualche informazione più sicura e conclusiva a questo riguardo.

890

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 732. Londra, 29 aprile 1885, ore 12,31 (per. ore 15,40).

La note anglaise a dt1, à cette heure, étre reçue par le Gouvernement russe. Il semble qu'elle contient la proposition d'un arbitrage. La réponse est attendue dans la semaine, mais on a peu d'espoir qu'elle soit favorable. Si elle est negative ou évasive, il faudra probablement s'attendre à un rappel des ambassadeurs, mais pas ancore à une declaration de guerre.

891

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 737. Parigi, 29 aprile 1885, ore 18 (per. ore 22).

M. Freycinet m'a dit aujourd'hui qu'après la conversation de V. E. avec

M. Decrais, il a invité cet ambassadeur à ne plus insister, pour le moment, sur la question de la baie d'Arafali. M. Freycinet reconnait lui-méme que notre occupation est légitime en fait par la nécessité de donner à nos troupes une résidence plus hygiénique; il ne doute pas que, par la suite, nous ne finissions par nous entendre. Je n'ai pas cru devoir prolonger la discussione sur ce point.

Je me suis borné à lui dire que nous avons trouvé à Arafali des troupes égyptiennes tout disposées à nous laisser établir dans cette position, qu'elles occupent depuis nombre d'années.

(l) Non pubblicata.

892

IL CAPITANO CECCHI ED IL COMANDANTE DELLA “BARBARIGO”, FECAROTTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 739. Zanzibar, 29 aprile 1885, ore 19,20 (per. ore 10 del 30).

Ricevuto telegramma (l). Essendoci impossibile, mancandoci frequenti mezzi comunicazione, far pervenire rapporto prima di quaranta giorni, crediamo intereo,se missione informare V.E. attuale situazione politica. Germania comunicò jeri sultano occupazione oltre Usayara molti territori limitrofi. Sultano adirato inviò protesta telegrafica imperatore. Attendesi impazienti risposta; questa non soddisfacendo probabile rinnovare sultano offerta protezione inglese, cui agente diplomatico qui influentissimo. Intanto dubitando sultano secondo rifiuto Inghilterra, sembra abbia manifestato desiderio avere Italia amica, facendoci sperare cessione alcuni punti presso Giuba, minacciati, ritiensi Germania. Fattaci sultano interrogazione proposito, rispondemmo evasivamente onde allontanare sospetti missione, lasciando sultano libero indicarci luogo, riservandoci sottoporre sua proposta nostro Governo. Attendiamo ora udienza sultano onde accertare sue intenzioni. Intanto se V. E. credesse opportuno potrebbe sondare Governo inglese da cui sembrerebbe unicamente dipendere raggiungere scopo. Spedisco rapporto.

893

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3860. Berlino, 29 aprile 1885 (per. il 5 maggio).

D'après ce que me disait hier le secrétaire d'Etat, on ne pouvait à moins de constater que la situation restait pleine d'incertitude. Le dernier discours de

M. Gladstone à la Chambre des Communes ne laissait guère entrevoir quelle serait I'issue du conflit Afghanistan. Si aucun pas n'a été fait vers la paix, aucun pas n'a été fait en arrière. Les négociations se poursuivent. Mais, tant que Ja question de délimitation est rejetée à l'arrière-plan par celle posée à Londres d'une enquète sur les faits qui ont amené le combat du 30 mars, on ne 1voit pas trop comment on pourrait arriver à une entente. «En attendant », ajoutait le secrétaire d'Etat, « vous pouvez hardiment affirmer que, dans ces conditions surtout, le Cabinet de Berlin ne se prètera pas à accepter ou à assumer le ròle de médiateur ou d'arbitre ».

Il me revient indirectement qu'il y a trois jours, le prince de Bismarck s'exprimait de la manière suivante et plus accentuée que le comte de Hatzfeldt. L'imbroglio est dans ce moment à un point, où ni M. de Giers ni M. Gladstone ne sauraient eux-memes tirer l'horoscope. L'état actuel des choses lui semblait tel aujourd'hui que les chances de paix étaient aux chances de guerre comme de 2 à 3. La situation s'était donc assombrie. Il se prononçait nettement contre toute idée d'intervention de l'Allemagne; et il laissait entrevoir sa répugnance pour une médiation, meme dans le cas où elle serait sollicitée par les deux parties. Hier, il faisait des gorges chaudes à propos du discours de M. Gladstone, sur le passage, entre autres, où il est dit que l'on attend à Londres M. Stephen chargé par le général Lumsden de porter à lord Granville tous les renseignement nécessaires sur les questions de détail relatives à l'attaque du 30 mars, et que, dans l'intervalle, les négociations ne seraient pas interrompues. Comme si la Russie pouvait patienter jusqu'à l'arrivée de M. Stephen, dont le voyage emploiera cinq ou six semaines, et laisser à l'Angleterre le temps de compléter ses armements.

L'insistance avec laquelle il est répété ici sur tous les tons qu'on ne veut s'interposer en aucune manière, donne à réflechir. Personne ne connait les projets du prince de Bismarck. Il n'aime pas beaucoup l'Angleterre, surtout l'Angleterre de M. Gladstone; mais aime-t-il davantage la Russie, la concurrente de l'Autriche en Turquie? Il a d'ailleurs un intéret à ne pas froisser la Russie, en risquant de la jeter dans les bras de la France. Mais, sans se brouiller avec son voisin de l'Est, serait-il si contrarié de le voir occupé à grande distance dans une lutte qui serait longue, car dans les circonstances où elle s'engagerait elle pourrait difficilement se terminer par une action décisive?

L'abstention de l'Allemagne pour diminuer les probabilités d'une guerre ne lui est-elle pas imposée en quelque sorte depuis l'entrevue de Skierniewice? Je rappelle à ce sujet l'attention de V. E. sur les rapports de cette ambassade n. 3643 et 3648 des 28 octobre et 11 novembre derniers (1). Le chancelier, au retour de l'entrevue des trois empereurs, faisait ses confidences à un ministre de Roumanie de passage à Berlin. La Roumanie n'avait rien à craindre. Tout ce que la Russie aurait à désirer en Europe, ce serait une Turquie faible; que Constantinople et les détroits fussent déclarés libres sous la garantie de l'Europe. L'Allemagne et l'Autriche accordaient leur appui moral aux agissements de la Russie dans l'Asie centrale. Il ne croyait pas que ses visées portaient vers les Indes, mais vers la Perse et l'Arménie. Peut-etre n'aura-t-il pas parlé d'une manière aussi nette à

M. ide Giers, mais telle aura été peut-etre l'impression reçue par celui-ci de l'ensemble des discours. On aura fait à St. Pétersbourg le raisonnement que, vu l es embarras de l' Angleterre sur d'autres points du globe, le moment favorable se présentait pour se porter en avant vers Hérat, et meme pour s'emparer de cette place importante. Dans ces conjonctures, appartiendrait-il au Cabinet de Berlin de se mettre en travers au risque de s'exposer aux récriminations de la Russie et de la pousser vers la France? Et, puisque je nomme la France, je citerai un propos récemment tenu par le chancelier: « Nous regrettons vivement la retraite de M. Ferry. C'était un homme d'Etat à poigne. Maintenant il se mani

feste sous son successeur une évolution vers le radicalisme. Les garanties ont diminuì; mais nous ne changerons pas notre manière d'etre envers la France, tant qu'elle ne nous dénoncera pas elle-meme son amitié ~.

Ces differentes circonstances expliqueraient jusqu'à un certain point l'attitude d'extreme réserve adoptée par le Cabinet de Berlin, et l'abstention, à première vue assez singulière, du prince de Bismarck dont un mot suffirait pour conjurer l'orage qui gronde à l'horizon.

On persiste à croire ici, ou à donner à entendre que, si la guerre éclate, on parviendra à la localiser. Dans ce cas, les comités slaves ne manqueraient pas de faire courir le mot d'ordre aux populations des Balkans de se tenir tranquilles. L'Autriche et l'Allemagne, de leur còté, donneraient les avertissements les plus sérieux. Je pense que cette croyance est plus affectée que réelle. Je ne serais meme pas éloigné d'admettre qu'à Skiernewice le cas a été prévu, où la diplomatie deviendrait impuissante à precher le calme dans les Balkans. L'Autriche et la Russie se seraient pour lors entendues ou réservées de s'entendre pour se partager si non les territoires, du moins pour y établir un protectorat conforme à une sphère d'influence mieux délimitée qu'elle ne l'est actuellement. V. E. se souviendra d'un autre propos du prince de Bismarck (rapport précité du 11 novembre dernier): « Je conseillerais au prince de Battenberg de vendre sa principauté à la Russie, et d'acheter une terre en Allemagne. Je ne bougerait pas le petit doigt pour le sort de la Bulgarie ~.

Après la rencontre des trois empereurs dans l'automne de 1884, un diplomate anglais écrivait à son Gouvernement: «L'Empire des Indes est menacé. Il faut veiller au grain ~. Ce sage conseil n'a guère été écouté, ... ou du moins le programme pacifique de M. Gladstone a été démenti par les faits. Au lieu de concentrer toute son attention vers l'Asie centrale, et se préparer des alliances, il a manrnuvré sans habileté vis-à-vis de l'Allemagne dans la politique coloniale; il traine son boulet de l'Egypte; il subit des échecs au Soudan; il se met à dos l'Afrique australe. Le Gouvernement britannique s'annonçait comme l'ami de: tout le monde, et il est aujourd'hui dans l'isolement, sauf du còté de l'Italie. Il ne veut pas la guerre et il se débat contre les nécessités qui l'y poussent. On dirait que la fatalité pèse sur lui et que les vieilles questions séculaires ont attendu que les pacifiques fussent au pouvoir pour arriver au point de maturité, en les plaçant entre leurs principes doctrinaires ou humanitaires et la brutalité des faits.

Au bureau de l'Etat-Major allemand, on a la plus grande admiration pour le soldat anglais, se battant individuellement camme un héros. Mais on estime fort peu le talent des généraux, la direction qu'ils impriment aux troupes. Les russes leur sont de beaucoup supérieurs, et on n'hésite pas à prévoir que, dans l'éventualité d'une lutte, ceux-ci auraient sur terre tout l'avantage. Sur mer g.it la force de la Grande-Bretagne. Mais elle ne pourrait se développer utilement ,que vers la Mer Noire, le point vraiment vulnérable de la Russie. Aussi va-t-on jusqu'à présumer que, si l'Angleterre ne réussit pas à s'assurer la coopération du sultan, ou qu'à defaut de son consentement elle ne prend pas la grave détermination de forcer le passage des Dardanelles, elle sera dans la nécessité de faire acte de condescendance envers la Russie, au risque d'ébranler sa position aux Indes.

J'entends dire aussi qu'il y aurait un autre motif de nature à prédisposer le Cabinet de Londres à ajourner la guerre contre la Russie. A un changement de règne à Berlin, les conditions deviendraient meilleures, vu les sentiments peu sympathiques du prince et surtout de la princesse héréditaires à l'égard de la Russie. Mais cette considération serait un argument de plus pour cette dernière Puissance de prendre elle-mème les devants. Elle croit, au reste, qu'elle peut affronter le danger avec moins de risques que sa rivale. En tout cas, le tsar ne consentira jamais à blàmer publiquement le général Komarov. Or, c'est là précisément ce que l'Angleterre continue à demander, malgré tout les euphémisms dont elle se sert pour menager l'honneur militaire en jeu.

Bref, la situation est franchement mauvaise, et elle le restera tant que la question se trouvera déplacée et transportée du terrain diplomatique sur le terrain de l'amour propre de l'armée.

Je n'ai pas besoin d'ajouter qu'en présence d'un pareil état de choses, nous devons redoubler de vigilance et de circonspection pour la sauvegarde de nos intérèts, et pour ne pas nous exposer au reproche de nous ètre laissés surprendre par le événements, lors meme qu'ils marchent fatalement, presque sans le concours de ceux qui sont censés les diriger.

(l) T. 377 del 20 aprile 1885, non pubblicato.

(l) Cfr. n. 474; il R. 3648 dell'll novembre non è pubblicato.

894

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 451/557. Londra, 29 aprile 1885 (per. il 2 maggio).

La nota inglese sulla vertenza anglo-russa della frontiera afgana, spedita di qui sabato sera, ha dovuto essere a quest'ora ricevuta ed esaminata dal Governo russo. Sembra certo che in questa nota vi è la proposta di sottomettere la vertenza, che finora si aggira sull'inchiesta intorno alla responsabilità dell'attacco sotto Pcndjeh, ad un arbitraggio imparziale e neutro. Si nutre poca fiducia che una tale proposta sia accettata dalla Russia. Non si tarderà del resto a saperlo, dovendo la risposta del Governo russo giungere a Londra entro questa settimana, o al più tardi al principio della settimana ventura. Se la risposta è negativa o evasiva, i negoziati rimarranno necessariamente interrotti, e probabilmente vi sarà anche il richiamo dei rispettivi ambasciatori. Ma finché vi è ancora un barlume, molto fievole a dir vero, di speranza nella pace, è prematuro lo speculare sulle circostanze e sull'esito di una rottura.

895

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Berlino, 29 aprile 1885.

Je vois d'après votre intéressante lettre du 18 avril (1), que nos appréciations soit sur la politique générale soit sur notre propre politique sont conformes

comme si elles sortaient du meme moule. Tout ce qui s'est passé depuis ne fait que les confirmer. Nous subirons un contrecoup déplorable si la crise actuelle met aus prises l'Angleterre et la Russie. Il est plus d'un point de ressemblance entre M. Gladstone et M. Mancini tous deux doctrinaires, humanitaires, maniant admirablement la piume et la parole, voulant régler le monde à leur façon sans tenir assez compte de la réalité des choses, et poussant précisément à cause de cela et d'une manière inconsciente aux complications malgré leurs tendances pacifiques. Sous la direction du premier, l'Angleterre se trouve isolée, à part l'Italie, sous la direction du second nous avons dépensé le capitai de notre alliance avec l'Allemagne et l'Autriche, et cela, en partie du moins, pour avoir couru derrière l'Angleterre sans trop savoir où elle nous conduisait par les dét()urs de la Mer Rouge.

Je rencontre ici beaucoup de difficultés à etre renseigné. On nous laisse à l'écart comme dans les pourparlers à Constantinople, et M. Mancini s'en frotte les mains en allégant que c'elì.t été nous causer des embarras, vu nos relations avee l'Angleterre, si on avait demandé notre coopération dans les avertissements donnés à la Porte au sujet des détroits. Cette sorte de mise en quarantaine est très pénible dans un moment où il nous importerait de lire dans le jeu de Vienne et de Berlin. Patience encore si pour nous éclairer on nous communiquait les rapports de nos collègues à Paris, Londres et Pétersbourg, ceux que nous lisons parmi les documents diplomatiques ne ressemblent en rien à ces exposés de situation d'ensemble et de détails allant au delà de ce qui est déjà du domaine du public. Il faut donc que le ministère garde par-devers lui la partie confidenti elle.

D'après mes données voici comment le prince de Bismarck parle de la situation. Sa confiance dans le maintien de la paix est ébranlée. Ce n'a pas été certes le dernier discours de M. Gladstone à la Chambre des Communes qui a répandu un po' più di luce. Le chancelier faisait meme des gorges chaudes sur ce que les négociations continueraient en attendant l'arrivée de M. Stephen envoyé par le général Lumsden pour fournir de plus amples détails sur le combat du 30 mars. Il faudra de cinq ou six semains au messager pour parcourir la distance jusqu'à Londres. Comme si la Russie allait rester l'arme au bras, dans une position où les sacrifices sont presque aussi lourds que ceux d'une guerre ouverte, et allait laisser à l'Angleterre le temps d'achever ses préparatifs. Ce qui rend extremement grave l'état actuel des choses, c'est que de Londres on continue à àéplacer la question en la transportant du terrain diplomatique -délimitation de frontière -sur le terrain si délicat de l'amour propre militaire, en visant au désaveu du général Komarov l'homme aujourd'hui le plus populaire en Russie. Jamais l'empereur Alexandre y consentira. Bref, au dire du prince de Bismarck, les chances de la paix sont à celles de la guerre, comme de 2 à 3. Il ajoute qu'il ne saurait, surtout dans les conditions présentes, intervenir en aucune mariière, et que cette meme répugnance existerait si les deux parties faisaient appel à sa médiation ou arbitrage.

Vous savez ce que j'ai écrit sur l'entrevue de Skierniewice. Ce qui se passe aujourd'hui en est un peu, beaucoup la conséquence. Rien de plus nature! donc que cette insistance avec laquelle on déclare ici ne pas se soucier de s'interposer en aucune sorte. En meme temps on laisse entendre que si la guerre éclate, elle restera localisée. Je ne crois pas qu'en soit bien convaincu que les choses se passeraient ainsi. Je présume meme qu'à Skierniewice on s'est concerté pour le cas où les populations des Balkans feraient mine d'agir selon leurs aspirations. L'Autriche et la Russie se partageraient les territoires dans la limite de ce qu'elles appellent leur sphère d'action.

La situation est franchement mauvaise. Et je crains pour nous, surtout si l'Angleterre gagnait par ses cajoleries et ses séductions de tout genre la Turquie afin de se faire ouvrir les détroits pour frapper la Russie dans sa partie la plus vulnéruble. Nous risquerions fort alors de nous trouver dans la plus fausse des positions et de devoir quitter, gros Jean comme devant, la Mer Rouge sans y avoir péché la clef de la Méditerranée.

Les choses en sont arrivées au point où il est fort difficile à l'Angleterre et à la Russie de reculer. Néanmoins il y a qui prétend qu'à la dernière heure le Cabinet de Londres fera le premier le pas en arrière au risque de subir une humiliation de plus et de compromettre son prestige aux Indes. Elle attendait pour rentrer en jeu l'avènement au trone en Allemagne du prince et de la princesse héréditaires auxquels on attribue fort peu de sympathie pour la Russie. Mais ce serait là un argument qui ne serait guère de nature à retenir la Russie dans sa marche en avant. Au contraire.

La situation est trop tendue pour qu'elle se prolonge. Nous ne tarderons donc pas à sortir de cette lourde incertitude. En attendant nos fonds subissent une dégringolade. On a trop poussé notre rente sur la place de Paris. La spéculation (M. de Soubeyron) s'en est melée. On est obligé maintenant de vendre, ce qui produit une baisse considérable. Rothschild est venu en aide, mais cela suffira-t-il? Et c'est dans un pareil moment que nous nous lançons dans ùes entreprises coloniales au rebours de ce qui se pratique du coté de l'Allemagne. Celle-ci fait précédcr par ses commerçants et ses industriels le protectorat ou l'occupation tandis que nous mettons la charrue devant les boeufs. En ce moment j'ai les yeux tout grand ouverts sur la mission du capitain Cecchi vers l'Afrique orientale. Pourvu qu'il ne nous suscite pas quelque mauvaise affaire.

J'ai eu de vos nouvelles par le marquis d'Albertos. Je suis très touché qu'il vienne de temps à autre toucher barre à Berlin. C'est un de ceux avec qui je puis parler comme avec vous de notre si regretté Tosi.

(1) Non pubblicata.

896

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL CAPITANO CECCHI

T. 407. Roma, 30 aprile 1885, ore 17.

Possiamo dichiarare promettere al sultano nostra amicizia ma dobbiamo assolutamente evitare quanto possa creare in lui lusinga nostro appoggio nei suoi eventuali contrasti colla Germania. Attenderò proposta concreta circa cessione località determinata e le telegraferò istruzioni.

Si -Documenti diplomatici -Serle Il -Vol. XVII-XVIII

897

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 127. Pietroburgo, 30 aprile 1885 (per. il 5 maggio).

Ringrazio l'E. V. dei vari telegrammi ch'ella compiacquesi dirigermi per pormi al corrente dello sviluppo preso dalle diverse questioni che furono sottoposte all'esame della commissione internazionale riunita a Parigi per la neutralizzazione del canale di Suez.

Sebbene in vari dei miei colloqui con questo ministro degli esteri abbia cercato d'indagare la mente del signor de Giers su questo argomento, pure dovetti accorgermi che assorto completamente dai negoziati delicatissimi in oggi intavolati con l'Inghilterra onde trovar modo di appianare il conflitto afgano, il signor de Giers trascura ogni altro argomento.

Con tutto ciò il Journal de St-Pétersbourg di ieri, nel riassunto delle quistioni politiche che agitansi al presente, accenna eziandio ai lavori della commissione internazionale di Parigi.

Dopo aver esaminato i lavori finora compiuti dalla sottocommissione, osserva che rimane a discutersi la parte del programma che comprende le proposte più delicate, quelle cioè che si riannodano al regime da imporsi alle acque del canale in correlazione al diritto dello Stato territoriale e della Potenza altosovrana, vale a dire dell'Egitto e della Turchia ed ammettesi che se nulla sorge in contrario, il controllo del canale verrà affidato ai consoli generali residenti al Cairo. Per quanto poi concerne la sorveglianza prevale il pensiero di richiamare la proposta formulata dal Governo italiano nel 1882, secondo la quale tutte le Potenze sarebbero chiamate a parteciparvi in tempo di pace, in base a regole da stabilirsi. Ed a questo punto il giornale non tralascia dall'osservare che la proposta italiana sta in assoluta opposizione con quella formulata nell'art. 6 delle proposte inglesi la quale attribuisce all'Egitto «la esecuzione delle condizioni imposte al transito delle navi da guerra delle Potenze belligeranti».

898

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 128. Pietroburgo, 30 aprile 1885 (per. il 5 maggio).

Mi re:cai, come al solito, a visitare ieri il signor de Giers. Richiestolo a qual

punto trovavansi i negoziati coll'Inghilterra, mi disse, che i negoziati perdura

vano senza però dar motivo per credere ad una prossima soluzione di qualsiasi

natura, la quale potrebbe ritardare ancora di un otto giorni.

La sera innanzi ad un gran ricevimento all'ambasciata di Germania, tenuto

per ossequiare il conte Schuvalov, scelto ad ambasciatore presso la corte impe

riale di Berlino, non passò inosservato un lungo colloquio tra il signor de Giers e sir Edward Thornton, e così il primo, ricordandomi quel fatto nella nostra conversazione di ieri, mi disse sorridendo, che il loro colloquio sembrogli aver attirata l'attenzione generale. Aggiunse poi che fu egualmente vivo in entrambi il desiderio d'intendersi, che sperava a ciò riuscirebbesi, ma il fatto sta che peranco non si erano intesi. E qui il signor de Giers si dilungò nel descrivermi le mosse eseguite dal generale Komarov sulla frontiera afgana durante le quali ebbe ad accorgersi che gli afgani occupavano un punto escluso da quelli a cui erasi alluso allorché giorni addietro venne concluso per telegrafo un accordo provvisorio con l'Inghilterra secondo il quale, afgani e russi, non oltrepasserebbero una data linea di demarcazione.

Il generale Komarov mandò ad invitare gli afgani di ritirarsi facendo loro osservare che occupavano illegalmente quel posto, e solo dietro il reiterato loro rifiuto, i russi sloggiarono gli afgani e dopo averli inseguiti sino a Pendjeh, vennero a riprendere le loro antiche posizioni.

Dallo studio col quale il signor de Giers si applicò a giustificare meco l'operato del generale Komarov, potei capacitarmi che le ultime comunicazioni fatte dal Gabinetto inglese a quello russo, avevano per iscopo di chiedere, se non più la rimozione del comandante russo, almeno un atto da parte del Governo imperiale che lo sconfessasse.

Ora è a mia cognizione che l'imperatore è risoluto a negare su questo terreno a qualsiasi concessione.

Infatti l'ambasciatore d'Inghilterra, dopo il colloquio cui feci più sopra allusione, parlando all'ambasciatrice di Francia, che in mia presenza lo richiedeva premurosamente di nuove da riferire al consorte infermo, disse, che aveva trovato il signor de Giers assai poco accondiscendente benché a suo credere le domande dell'Inghilterra tenessero l'impronta della massima moderazione.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2266. Vienna, 30 aprile 1885 (per. il 5 maggio).

Parlando ieri col conte Kalnoky delle maggiori o minori probabilità di una pacifica soluzione della vertenza anglo-russa, S.E. mostrava ravvisare assai difficile che un diretto accordo intervenga fra i due Gabinetti; ma con tutto ciò egli non escludeva la possibilità che la pace sia mantenuta, essendovi ancora sempre in riserva l'azione del Deus ex machina, siccome egli esprimevasi.

Queste parole essendo state pronunciate con una marcata intonazione credetti poterle rilevare e chiesi al mio interlocutore se il Deus ex machina a cui egli aveva fatto allusione accennasse a voler entrare in scena.

Il conte Kalnoky mi rispose che finché durano i negoziati un intervento di quella natura non sarebbe opportuno, ma che quando ogni speranza di riuscire a un diretto accordo sarà svanita, non v'ha dubbio che dovrà sorridere al venerando imperatore germanico d'impiegarsi con la sua altissima influenza onde venga evitata una guerra che non potrebbe a meno di funestare gli ultimi anni della sua vita. Certamente però, egli aggiungeva, il principe di Bismarck non darà al suo sovrano un consiglio in tal senso, se non quando sarà acquistata la certezza che quell'alto intervento sarebbe indubbiamente coronato dal successo.

Malgrado che S.E. nel tenermi un tal linguaggio mostrasse esser meco d'accordo nella difficoltà somma di esercitare un'intromissione di quella natura, senza inimicarsi l'una o l'altra delle due parti, e magari tutte e due, mi è però rimasta l'impressione che egli non parlava a caso, e che fin d'ora è deciso che l'imperatore Guglielmo, tosto che i negoziati fossero sul punto di cessare per lasciar la parola alle armi, interverrebbe amichevolmente. Forse fin da questo momento il Gabinetto di Berlino valendosi dell'opera d'un Gabinetto amico, quello probabilmente di Vienna, sta già scandagliando gli intendimenti sì di Pietroburgo che di Londra a fronte di quell'intervento finale del Deus ex machina di cui è caso, ma queste sono per ora mere conghietture mie, di cui però ho voluto far cenno, in vista della conferma che gli avvenimenti potrebbero darvi in seguito.

Continuando a parlar sullo stesso argomento, naturalmente si venne anche a far cenno dell'eventuale attitudine della Turchia ove il conflitto fosse inevitabile.

Il conte Kalnoky osservava che la Sublime Porta ha la scelta fra tre strade da seguire: l'alleanza con l'Inghilterra, quella con la Russia e finalmente la neutralità che avendo per base i trattati le assicurerebbe l'appoggio delle Potenze neutrali. Egli concludeva quindi che molto probabilmente non esiterebbe ad appigliarsi all'ultimo dei detti partiti, ma che come di ragione non s'affrettava a fare per intanto dichiarazioni esplicite in tal senso, non essendovi necessità urgenti e quindi convenendole meglio, per il caso che la guerra sia evitata, di non compromettersi in antecedenza con un rifiuto con le Potenze che ricercano la sua allenza.

Né in questa circostanza né mai fino ad ora S.E. ebbe a farmi una qualsiasi diretta o indiretta interrogazione intorno all'attitudine che l'Italia osserverebbe ove il conflitto venisse a scoppiare: egli evita anzi accuratamente tutto ciò che potrebbe fornirmi occasione a dargli di mia iniziativa qualche informazione in proposito: mi risulta però che il conte Ludolf ebbe a riferirgli avergli l'E. V. dichiarato che, in caso di conflitto, l'Italia si manterrebbe strettamente neutrale siccome saranno per fare i Gabinetti di Berlino e di Vienna. Queste assicurazioni, che io ebbi occasione di leggere in un telegramma (l) del prefat.o ambasciatore, servono, a me pare, di norma per il mio linguaggio nelle mie conversazioni qui; ogniqualvolta sono interrogato in proposito da persone che non appartenendo direttamente ai circoli ufficiali non si credono obbligati a mantener meco una così assoluta riserva (2).

«Ringraziare. Non si ebbe l'occasione di fare a Ludolf così precisa dichiarazione come apparirebbe dal suo telegramma. Però nostro Intendimento sarebbe effettivamente, in caso di ostilità, di serbare un contegno neutro ed imparziale ». In base a tali istruzioni venne redatto 11

D. 1867 del 6 maggio 1885, diretto all'ambasciata a Vienna, non pubblicato.

(1) -T. 686 del 24 aprile 1885, non pubblicato. (2) -Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:
900

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 734. Roma, 3 maggio 1885.

Voglia ringraziare lord Granville di avermi anticipatamente comunicato i documenti destinati ad un prossimo Blue Book, che erano acclusi al rapporto di lei, n. 558, del 30 aprile, e che ora qui le restituisco (1).

Apprezzo le considerazioni che potrebbero consigliare, dal punto di vista esclusivo dei nostri rapporti con la Francia, la soppressione di ogni allusione alla contingenza di possibili occupazioni francesi nel Mar Rosso. Però, come mi fu impossibile, in occasione delle precedenti interpellanze, di tacere completamente su questo punto, e neppure potrò tacerne in occasione delle interpellanze che si annunziano prossime, così la soppressione o la radicale mutilazione dei due documenti allusivi a questo soggetto, non avrebbero pratica efficacia. Parmi del resto che essi siano concepibili in modo da lasciare intendere che, elevate considerazioni di ordine politico, e non già un sentimento di diffidenza, ci facevano desiderare che accanto ad Assab non avvenisse una nuova occupazione da parte di altra Potenza. Piuttosto sarebbe desiderabile che dal documento

n. 158 scomparisse la allusione nominativa a Zulla, sopra la quale località la Francia ha elevato pretese che non intendiamo discutere per ora. Basterebbe che nel primo alinea invece di « provvisoria occupazione di Zulla » si dicesse « provvisoria occupazione di alcun punto su quella costa»; e che nell'ultimo alinea invece di « occupazione italiana di Zulla, Beilul, o Massaua » si dicesse «occupazione italiana in alcun punto della costa, con Beilul o Massaua ».

Sarò grato a V. E. e a lord Granville, se queste leggiere varianti potessero concordarsi; ed amerò di averne un cenno per mia norma.

901

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 774. Londra, 5 maggio 1885, ore 13,22 (per. ore 16,25).

V.E. recevra par le télégraphe texte de la déclaration faite hier au soir au Parlement par le ministre anglais au sujet de question Afghanistan. Cette déclaration a été reçue assez froidement méme parmi les libéraux. L'opposition est décidée à attaquer le gouvernement avec résolution sur ce terrain. Granville, que j'ai vu hier, m'a exprimé l'espoir que l'entente avec la Russie réussira; lui ayant demandé si on était d'accord sur la personne de l'arbitre, il m'a dit qu'on n'avait pas encore abordé la question, que le Gouvernement anglais aurait été charmé de proposer le roi d'Italie, s'il n'en était empéché par la crainte de soulever des objections par suite des relations intimes existantes

entre l'Italie et l'Angleterre. On pense à l'empereur d'Allemagne, mais on ne l'a pas encore consulté. J'ai dit à Granville que maintenant que la Russie avait donné une premlère satisfaction à l'Angleterre je croyais qu'il était sage de laisser de còté l'arbitrage pour s'occuper de suite de la question de frontière.

(l) Non pubblicato.

902

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 423. Roma, 5 maggio 1885, ore 22,25.

Le Temps de Paris reçoit d'Aden une correspondence en date du 22 avril annonçant que le drapeau français a été hissé sur deux point de la còte somali et le protectorat français a été établi sur deux tribus de cette région, ouvrant ainsi un débouché sur vers le Harar et la Pays Galla. Il est désormais évident que la France cherche à tout prix à s'emparer du Harar et que san consul à Zeila s'y emploie avec une activité fébrile. Si l'Angleterre persiste à préférer l'occupation italienne, il n'y a pas de temps à perdre pour se mettre d'accord sur quelque combinaison nous permettant d'avoir à Zeila, meme à còté des anglais, une base pour l'envoi et la permanence d'une garnison italienne dans le Pays. Veuillez chercher ,à amener (Granville, Baring) à une conclusion le plus tòt possible (1).

(Per Londra) J'ai également télégraphié à De Martino pour qu'il en parle à

M. Baring (2).

903

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 472/563. Londra, 5 maggio 1885 (per. l'8).

Non ho mancato di sottoporre, come V. E. sa, a lord Granville, insieme alle considerazioni opportune, la proposta contenuta nel telegramma dell'E.V. del 24 aprile scorso (3), e poi confermata nel dispaccio del 27 dello stesso mese

n. 371 di serie politica (4), secondo la quale sarebbe desiderabile che una piccola guarnigione italiana fosse posta a fianco della guarnigione inglese a Zeila, per servire di punto di partenza all'invio di una guarnigione italiana da spedire a Harar. Lord Granville mi ripeté jeri che il Governo inglese per parte sua non aveva difficoltà all'occupazione di Harar per parte dell'Italia ed anche di Zeila, se l'Italia otteneva il consenso della Turchia. Ma mi ripeté egualmente che l'Inghilterra è legata da un impegno d'onore verso la Turchia a restituirle Zeila.

Lord Granville m'informò che aveva già per due volte impegnato la Turchia, come era suo obbligo di fare, di occupare Zeila, e che la Turchia finora non s'era affrettata a prendere una risoluzione. Sua Signoria ci consiglia di attendere con pazienza, e vuole sopratutto che V.E. sappia che il suo vivo desiderio e quello del Governo inglese si è di far tutto ciò che si potrà meglio per compiacere in questo il Governo italiano, benché egli, lord Granvìlle, non sia ben persuaso dell'utilità per l'Italia d'occupare Harar.

Feci osservare a lord Granville che una prima utilità per l'Italia in questa occupazione consisteva nell'impedire altre occupazioni, com'era notato nel telegramma dell'E. V. In secondo luogo gli dissi che pareva al Governo italiano che l'Harar potesse presentare vantaggi per l'impianto di colonie agricole italiane e di case di commercio, il che avrebbe dato, oltre allo scopo politico, anche uno scopo immediato d'utilità materiale pratica all'invio delle truppe italiane sulle coste del Mar Rosso; ma che l'accesso all'Harar ci sarebbe stato impossibile senza Zeila.

Lord Granville insistette dal suo lato sull'impegno d'onore che accennai dì sopra, ma ripeté dì nuovo che il desiderio del Governo inglese era di fare il possibile per conciliare questo suo impegno col vivo desiderio dì esserci gradevole; e che intanto conveniva aspettare la decisione della Turchia (1).

(l) -Ctr. n. 904. (2) -Cfr. n. 906. (3) -Cfr. n. 884. (4) -Non pubbllcato.
904

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. CONFIDENZIALE 790. Londra, 6 maggio 1885, ore 19,45 (per. ore 0,15 del 7).

J'ai communiqué à Granvìlle votre télégramme d'hier '(2) contenant nouvelle du protectorat françaìs sur certaìnes tribus somalis. Je lui ai demandé d'urgence réponse à la demande que V.E. m'a chargé de lui adresser en dernier lieu. Granville s'est réservé d'en parler en Conseil des mìnistres et de me donner réponse possiblement définitive demain ou après-demain.

905

IL CONTE ANTONELLI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (3)

R. S.N. Entotto, 6 maggio 1885 (per. il 26 settembre).

S.M. mi ha comunicato oggi stesso la risposta dell'imperatore Giovanni alle offerte che questo re gli faceva di mettersi come intermediario fra esso ed il Governo italiano (v. mia lettera del 9 aprile) (4), col dirmi:

«Sono ben contento potervi assicurare che l'amicizia fra l'Italia e l'Abissinia non sarà turbata per l'occupazione dei soldati del vostro re in Massaua perché l'imperatore mi scrive parole benevoli e rassicuranti verso gl'italiani e mi manda le copie di 3 lettere che ha ricevuto dal re d'Italia».

In quanto alle proposte francesi per l'occupazione di Zula e di farsi i protet

tori dell'Abissinia l'imperatore si esprime col re Menilik in questi termini:

«Credo che per noi è sempre più conveniente stabilire rapporti con l'Italia che ha un re che con la Francia la quale ha un governo repubblicano e poco stabile ».

Mi sono poi state tradotte le lettere del nostro re inviate all'imperatore scritte con bellissima calligrafia amarica e ad ogni copia di dette lettere vi era il bollo del re dei re.

La prima conteneva parole di ringraziamento per l'accoglienza fatta in Abissinia al console Branchi e pei doni e decorazioni inviate in Italia. Le due altre si riferivano all'occupazione di Massaua ed alla necessità di hen stabilire un accordo fra i due Governi ed a questo scopo si annunziava il prossimo arrivo in Abissinia nel nostro inviato capitano Ferrari.

La frase che più fu gradita sembra sia stata quella contenuta nella seconda lettera dove si assicurava che quanto era stato stabilito col trattato fra l'Abissinia e i governi anglo-egiziani verrebbe riconosciuto e mantenuto dal Governo italiano.

Credo che la situazione sia molto migliorata e tutto fa sperare che il capitano Ferrari potrà compiere con pieno successo la missione affidatagli dal R. Governo.

(l) -Per la risposta cfr. n. 909. (2) -Cfr. n. 902. (3) -Ed. 1n L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III, cit., p. 180. (4) -Cfr. n. 849.
906

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 792. Cairo, 7 maggio 1885, ore 9,15 (per. ore 10,15).

Les deux points occupés par les français au fond du golfe de Tadjoura seraient selon Baring, sur la cote des somali qui est sous le protectorat anglais; par conséquent la question doit se traiter à Londre et Paris. Quant à l'Harar, Baring, toujours plus partisan de notre occupation, n'a cessé d'insiter auprès de Granville dans ce sens. Il m'a dit qu'avant hier Granville lui a répondu que des négociations se suivent avec la Sublime Porte et l'Italie mais avec peu de succès. Baring ne peut plus rien faire de son còté, m'a ajouté que vous devez presser et insister fortement auprès de Granville pour amener une solution, d'autant plus, m'a-t-il dit confidentiellement, qu'on expédie l'ordre au consul anglais à Harar de se retirer. Granville ne peut pas douter que la France demanderait la permission à la Sublime Porte pour occuper l'Harar si on la laisse faire (l).

(l) Trasmesso all'ambasciata a Londra con T. 429, pari data.

907

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. CONFIDENZIALE 800. Londra, 7 maggio 1885, ore 22,13 (per. ore 5,30 dell'8).

Granville que j'ai interrogé sur la chose. m'écrit confidentiellement qu'il ne semble exister aucune trace ni souvenir d'une protestation française à l'égard du débarq11ement des anglais à Zulla en 1868.

908

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1301. Pietroburgo, 8 maggio 1885, ore 16,20 (per. ore 21).

Le messager officiel, aprés avoir constaté que la conduite du général Komarov a été en tout très correcte, établit que le conflit avec Angleterre se borne à présent à savoir qui de l'Angleterre ou de la Russie à mieux interprété l'arrangement conclu entre eux en vertu duquel jusqu'à la solution questione frontière aucun mouvement offensif ne devait avoir lieu. Pour éviter les obstacles qui entravent solution question frontière les deux Puissances ont reconnu qu'en cas de né~essité le différend serait déféré arbitrage en ce qui concerne question frontière. On a établi que les points principaux de la ligne seraient probablement convenus directement entre les deux Cabinets, en attendant que les avant-postes respectifs resteraient dans leurs positions actuelles jusqu'à l'arrivée des commissaires.

909

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 740. Roma, 8 maggio 1885.

Ho ronore di segnare ricevuta e di ringraziare l'E. V. pel suo rapporto confidem;iale in data del 5 corrente (l). Coi telegrammi in data del 5 e del 7 corrente (2) informai l'E. V. delle voci corse di occupazioni francesi sulla costa dei somali, e notai che sarebbe urgente

di stabilire un accordo col Governo inglese per ottenere che Zeila sia presidiata da noi, anche insieme agli inglesi, per farne la base di una nostra spedizione all'Barar.

Tenendo conto di quanto le fu detto a questo proposito da lord Granville, sarebbe però in ogni modo conveniente che lo sgombro di Harar fosse differito ad un definitivo accordo fra i due Governi, e che del pari nulla si rinnovasse a Zeila fino all'esaurimento dei negoziati.

Quantunque non siano bene accertate le occupazioni francesi sulla costa dei somali, non si può oramai dubitare che la Francia, o col consenso della Porta, se riesce ad attenerlo, od anche senza quel consenso, mira ad impadronirsi di Harar.

(1) -Cfr. n. 903. (2) -Cfr. nn. 902 e 906, nota 1.
910

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 807. Parigi, 9 maggio 1885, ore 16,45 (per. ore 19).

Les délégués anglais me communiquent à l'instant confidentiellement le texte approuvé par lord Granville des articles touchant l'execution du traité et la surveillance qu'ils proposeront lundi à la sous-commission. Reprenant la deuxième partie de l'art. VI du projet français laissé en suspens, ils demandent d'abord un article ainsi conçu: «Le Gouvernement égyptien prendra les mesures nécessaires pour faire respecter les dispositions du présent traité. Dans le cas où le Gouvernement égyptien ne disposerait pas de moyens suffisants, il devra réclamer l'assistance de la Sublime Porte et des Puissances garantes de la déclaration de Londres du 17 mars 1885. Les hautes parties contractantes devront se concerter immédiatement pour arreter d'un commun accord les mesures à prendre en vue de répondre à un appel ».De l'article français touchant la commission de surveillance serait ensuite ... (l) un article ainsi conçu: « Les représentants en Egypte des Puissances signataires du présent traité veilleront à son exécution afin de saisir leurs gouvernements de toute infraction et de les prévenir de tout danger d'infraction qui pourrait se produire ». Cette formule attribue la surveillance aux représentants de toutes les Puissances signataires du traité et non pas seulement à ceux des Grandes Puissances, mais elle exclut l'idée d'une commissione constituée et permanente et l'action internationale sur les règlements de navigation et de police de la compagnie et elle ne sera certainement pas admise par les délégués de France, Allemagne, Autriche et Russie. Je prie V. E. de nous télégraphier ses instructions à ce sujet avant la séance de lundi qui aura lieu à 10 heures du matin (2).

(l) -Gruppo indeclfrato. (2) -T. 437 del 10 maggio, non pubblicato.
911

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 822. Londra, 11 maggio 1885, ore 22,35 (per. ore 5,30 del 12).

J'envoi.e à V. E. la lettre que Granville m'écrit confidentiellement (l) sur l'entretien qu'il a eu avec M. Crispi en 1882. Lord Granville malgré mes insistances et sa promesse ne m'a pas encore donné réponse sur Zeila. Aujourd'hui Gouvernement anglais a annoncé au Parlement qu'on était arrivé avec les représentants russes à une entente satisfaisante dont les termes avaient été transmis à Pétersbourg pour l'approbation du Gouvernement russe.

912

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO DELLA MARINA, BRIN

D. S.N. Roma, 12 maggio 1885.

Il sottoscritto ringrazia d'avergli comunicato con nota dell' ll corrente

n. 225 (l) taluni estratti di un recente rapporto del comandante superiore le forze navali nel Mar Rosso circa l'occupazione d' Arkiko, ed esprime i dovuti encomi per l'operato di quel comandante.

Quanto ai punti intermedi tra Massaua e Beilul, ai quali accenna il comandante Corsi in fine del suo rapporto, sarebbe ormai tempo di dare effetto alle istruzioni concordate a tale riguardo tra i due ministeri, avvertendo sopratutto non doversi trattare di vera e propria occupazione, sebbene d'entrare in rapporti coi rispettivi capi indigeni, d'annunciare loro la presenza dei nostri presidi a Massaua e a Beilul, in guisa che debbano eventualmente a noi rivolgersi per protezione, lasciando loro, se la desiderano, la bandiera italiana, e lasciando sperare qualche regalo pecuniario in caso di soddisfacenti rapporti.

Si scrive al r. agente al Cairo affinché faccia pervenire i ringraziamenti del R. Governo, come desidera codesto onorevole Ministero, al comandante della nave da guerra egiziana « Zaffarin » pei soccorsi apprestati al piroscafo nazionale noleggiato «Amedeo».

913

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3868. Berlino, 12 maggio 1885 (per. il 19).

En date du 5 mai, à la veille de la réponse que V. E. devait faire aux interpellations annoncées dans notre Parlement sur la politique coloniale, je me permettais de télégraphier dans les termes suivants:

« D'après l'impression produite ici par certains passages de votre discours, ayant trait à notre alliance avec l'Allemagne et l'Autriche, impression consignée dans ma correspondance, je suis absolument d'avis qu'il convient de s'abstenir désormais de toute allusion publique à ce sujet. Il va de soi que nous restons fidèles à nos engagements. C'est en affaiblir la valeur que de renouveler nos assurances. Je dirai méme plus. Le silence sur ce point est plus digne, lorsque le Cabinet de Berlin s'abstient systématiquement de semblables déclarations » (l).

Voici les motifs qui m'ont induit à m'exprimer de la sorte.

Il me semblait tout d'abord que V. E. avait déjà, à plusieurs reprises et notamment à la séance du 30 avril, suffisamment énoncé que « l'Italie n'a de responsabilité et d'obligations qu'envers elle-méme, sauf les engagements contractés quelques années auparavant avec les Puissances de l'Europe centrale, et auxquels nous entendons demeurer loyalement fidèles ».

Cette déclaration du 30 avril, de méme que celles faites antérieurement, avait nouvellement soulevé des critiques au Département impérial des affaires étrangères. Il la jugeait au moins superflue. Il y a plus: sous forme toute-à-fait privée. le comte de Hatzfeldt et M. Busch laissaient entendre, à mots couverts, quelques allusions au prétendu langage que vous auriez tenu, M. le ministre à quelques étudiants de l'université. Vous leur auriez dit que, si jamais une armée française marchait sur Rome, vous vous feriez fort d'appeler à l'aide de l'Italie, en vertu de l'alliance écrite que vous aviez su conclure avec l'Allemagne et l'Autriche-Hongrie, cent mille soldats à la casaque bianche!

Je répondais, sans hésiter, n'avoir rien lu de semblable dans nos journaux, mais que je vous connaissais assez pour affirmer de la manière la plus formelle que jamais vous n'aviez parlé de la sorte envers qui que ce fiìt. Il serait au dessous de votre dignité de vous défendre. Je devais à mon tour et en voie particulière relever que la Norddeutsche Allgemeine Zeitung, surtout dans ces derniers temps, se plaisait à recueillir dans ses colonnes les appréciations d'une certaine presse étrangère hostile à l'Italie, en lui attribuant des vues irrédentistes à l'égard de la Suisse. C'était se couvrir de ridicule. Je n'étais pas faché de riposter par des critiques.

Mes interlocuteurs ignoraient que telle fù.t la conduite de ce journal livré à ses propres inspirations. Ils se disaient convaincus que le langage prété à V. E. envers des étudiants était de pure invention. Mais cela prouvait avec quelle circonspection il convenait de traiter à la Chambre tout ce que concernait l'alliance. Il en résultait des commentaires dépassant les prévisions. Le silence était de mise.

Telle est l'explication du télégramme précité.

Le fait est qu'on n'aime pas ici à entendre rappeler à tout bout de champ l'alliance soit qu'on s'en soucie moins qu'au moment où elle a été conclue, soit qu'on estime que nous nous écartons trop des habitudes de discrétion de la Chancellerie impériale. La première version me semble la plus vraisemblable, malgré la visite récente de S.A.R. le due de Genes. Pourquoi, dès lors, tant de coups de chapeau, tant de serrements de mains qui ne nous sont pas rendus? Le moyen le plus siìr de réchauffer une amitié à la baisse, est de donner en

quelque sorte à l'Allemagne le sentiment que nous pourrions nous en passer. Une certaine réserve attire plus que des embrassades importunes, et sur lesquelles on commence à se blaser.

J'ai lu dans nos journaux un résumé des interpellations et des réponses sur la politique coloniale. Il a été nouvellement, et je le regrette, parlé de l'alliance lors meme qu'on ait mis cette fois une sourdine. Quant à la question principale, aucun éclaircissement n'a été fourni: le Gouvernement ne pouvait révéler le fond de sa pensée, et les interpellations n'ont pas réussi à formuler un programme, ce qui d'ailleurs n'entrait pas dans leur compétence, car au point de vue strictement constitutionnel les attributions de la Chambre ne devraient pas aUer au-delà du domaine législatif.

(l) Non pubblicata.

(l) T. 777 del 5 maggio 1885, non pubblicato.

914

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 832. Londra, 13 maggio 1885, ore 13,10 (per. ore 15,25).

Lord Granville vient de me dire qu'il à déclaré à Fehmi pacha, avant son départ, que le Gouvernement anglais ne pouvait pas attendre indéfiniment et qu'il fallait que la Sublime Porte se décidàt pour l'occupation non seulement de Zeila, mais aussi de Souakim. Le pacha s'est réservé d'en parler personnellement au sultan. Granville conseille d'attendre.

915

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 837. Parigi, 13 maggio 1885, ore 19,38 (per. ore 22).

Aucune nouvelle proposition n'ayant été faite relativement à la clause de surveillance dans la séance d'aujourd'hui, sir Julian Pauncefote a demandé que la commission plénière se pronnnce entre les trois rédactions en présence, la française, l'anglaise et l'italienne. On a par suite continué la discussion des autres clauses restées en suspens, et les anglais ont proposé pour l'art. 6 du projet français le texte suivant: «Le Gouvernement égyptien dans les limites des finances prendra les mesures nécessaires pour faire respecter les dispositions du présent traité. Dans le cas où il ne disposerait pas de moyens suffisants, il devra réclamer l'assistance de la Sublime Porte et des autres Puissances signataires de la déclaration de Londres du 17 mars 1885. Ces Puissances devront se concerter immédiatement pour arreter d'un commun accord les mesures à prendre en vue de répondre à son appel. Les prescriptions des articles 4, 5 et 8 ne feront pas obstacle aux mesures que S.M.!. le Sultan, le Gouvernement égyptien, ou les Puissances pourraient prendre cn vue du présent article ». Les délégués russes, allemands et français ont d.emandé d'ajouter après les mots: «et d'accord avec l'organe de la surveillance ». Les anglais les ont repoussés en déclarant que meme sans ces mots et dans la forme qu'ils avaient proposée ils n'accepteraient cet article qu'en cas d'entente ultérieure sur l'article touchant la surveillance. Après demain on discutera clause de désintéressement de l'article 2 français. On espère terminer la seconde lecture des articles adoptés jusqu'ici samedi prochaìn pour convoquer ensuite la commissione plénière. Après un court intervalle, M. Pierantoni, nommé docteur de l'université d'Oxford, se rendra le 17 dans cette ville pour la cérémonie de réception fixée au 19 mai. Je reçois après séance télégramme de V. E. d'aujourd'hui (l) et vous remercie.

916

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2269. Vienna, 13 maggio 1885 (per. il 19).

Il conte Kalnoky alla sua ebdomadaria udienza di jeri dissemi che il viceré di Egitto continua a promulgare misure finanziarie conseguenti bensì all'accordo intervenuto a Londra fra le Potenze, ma non fondate però in diritto, poiché le ratifiche del predetto accordo non furono ancora scambiate.

S. E. aggiungeva che, d'accordo con altre Potenze, egli aveva affidato l'incarico al rappresentante imperiale al Cairo di far rilevare al Governo kediviale l'illegalità del suo modo di procedere e gl'imbarazzi a cui andava incontro, ove i bondholder venissero a protestare contro quelle ingiustificabili misure.

La prima cosa che mi colpi in questo discorso si fu l'accenno dei passi fatti d'accordo con altre Potenze, mentre non mi risulta che l'Italia sia stata interpellata al proposito; ma non credetti opportuno fare osservazione qualsiasi al riguardo, tanto più che già troppe volte ho dovuto constatare in questi ultimi tempi che il Gabinetto di Vienna come quello di Berlino s'intendono per questioni internazionali di interesse generale con altre Potenze, cioè, colla Francia e colla Russia, senza fare il menomo cenno dell'Italia, !asciandoci del tutto all'infuori dei loro accordi.

Parvemi però di potermi richiamare alla conversazione da lui avuta meco quindici giorni or sono, e ch'io riferii all'E. V. con mio rapporto del 30 aprile u.s.

n. 2267 (2), facendogli rilevare che ciò che egli mi diceva, non corrispondeva pienamente coll'osservazione da lui in allora spontaneamente fattami che, cioè, malgrado la non perfetta regolarità del modo di procedere del Governo kediviale, pur conveniva lasciar correre, visto che i provvedimenti presi erano indispensabili alla sua esistenza e di natura a prevenire mali peggiori.

A tale mio richiamo ai suoi apprezzamenti di alcuni giorni fa, il conte Kalnoky rispose in maniera da non rinnegarli interamente; ma facendo però rilevare che, il Governo kediviale essendo soverchiamente propenso ai procedimenti scorretti, è pur d'uopo di fargli presente la necessità di non dipartirsi sì facilmente dalla legalità.

Così ebbe termine la nostra conversazione su quest'argomento, non avendo io creduto di doverla continuare ulteriormente. È però evidente ai miei occhi che il cambiamento di linee di condotta a cui il conte Kalnoky addivenne è conseguenza dell'iniziativa che il Gabinetto di Berlino avrà creduto prendere per compiacere quello di Parigi.

(l) -T. 446, non pubbllcato. (2) -Non pubbl1cato.
917

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2271. Vienna, 13 maggio 1885 (per. il 19).

Al ricevimento ebdomadario di jeri del conte Kalnoky, la conversazione cadde naturalmente sul cambiamento avvenuto nella questione anglo-russa relativa all'Afganistan.

S. E. mostravasi assai lieto della piega così pacifica presa dagli avvenimenti e pareva rilevare che qualunque sia l'interpretazione che il signor Gladstone sta dando alle -a suo dire -reciproche concessioni, il fatto sta che se il conflitto è evitato lo si deve alla circostanza che l'Inghilterra rinuncia alle pretese accampate, ed essenzialmente ha completamente desistito da quelle che in un dissenso con una Potenza militare qual'è la Russia dovevano per necessità condurre ad un conflitto. Il suo linguaggio, d'altronde, manifestava in modo assai chiaro, la sua disistima pella maniera di procedere del Governo brittannico in tutta questa vertenza, e, dirò anche, la sua soddisfazione di vedere la pendenza sciogliersi colla peggio del signor Gladstone.

Il conte Kalnoky poi, concludeva il proprio ragionamento coll'osservazione

che, se anche la guerra non si fosse potuta evitare, essa sarebbe però stata loca

lizzata per intanto in Asia, mercé gli accordi intervenuti al riguardo fra il Gabi

netto di Vienna ed altri Gabinetti, alludendo evidentemente ai passi concorde

mente fatti a Costantinopoli, dai Gabinetti di Berlino, Parigi e Vienna per la

chiusura degli Stretti. Qui, giovami il notare che le parole « altri Gabinetti»

furono pronunziate con speciale intonazione, intesa a far rilevare che il Gabi

netto di Roma era rimasto estraneo ai passi fatti in conseguenza di quegli

accordi; evidentemente però io non mi mostrai affatto di accorgermi dell'inten

zione che il linguaggio del mio interlocutore intendeva di svelare.

Devo nondimeno ancora aggiungere che S. E. dicevami tosto dopo che, mal

grado tutto, è sommamente vantaggioso per tutte le Potenze che la vertenza rie

sca a sciogliersi pacificamente poiché ove la guerra fosse scoppiata, nonostante

le misure preventivamente prese, sarebbe stato assai difficile ottenere che alla

Lunga si potesse mantenere localizzata all'Asia.

Non esitai a mostrarmi concorde in tale modo di vedere e così ebbe termine la nostra conversazione su quell'argomento che non mi pare privo d'interesse e di avvertimenti anche per l'avvenire; poiché ben chiarisce che la neutralità che i due Imperi proclamavano di voler mantenere, sarebbe stata in effetto una neutralità offensiva a riguardo dell'Inghilterra, e tale sarebbe ancora se il conflitto dovesse verificarsi più tardi.

918

IL VICE CONSOLE IN MISSIONE SPECIALE A MASSAUA, MAISSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (1)

R. 77. Massaua, 14 maggio 1885 (per. il 1° giugno).

Ebbi cura di tenere V. E. informata dei movimenti delle tribù vicine a Massaua; le scrissi come queste si fossero date al Mahdi, e come notizie qui giunte da Suakim accennassero ad una imminente azione dei ribelli contro Massaua. Ma informazioni più dirette ci convinsero tosto che il movimento non aveva la importanza che gli era stata dapprima attribuita; le tribù, concordi nell'affermare l'indipendenza loro da ogni governo, non lo erano circa lo scopo immediato da perseguire; la più importante fra di esse, quella degli Habab, si mostrava ripugnante ad una azione ostile ai nostri riguardi; solo Abu-ul-Kader, antico cadi di Suakim, nominato da Osman Digma governatore di Massaua, si sforzava di spingere gli altri all'azione, e sul Lebka predicava la guerra santa contro gli infedeli. Allorquando, dopo lo sgombro di Keren, venne pure ritirato il posto egiziano di Ain, Abu-ul-Kader, non incontrando più ostacoli, si avanzò nello Sceb, che è la regione compresa fra il Lebka e l'Amba.

Ciò accadeva agli ultimi di aprile, ed affine di premunirsi contro ogni sorpresa da quella parte, il colonnello Saletta decideva di occupare Amba con un drappello di basci-buzuk recentemente assoldati (50 uomini armati di remington) i quali avrebbero costituito un posto avanzato, e ci avrebbero avvertiti in tempo d'ogni movimento dei ribelli verso Massaua. L'occupazione seguiva il 9 di maggio; ma nella notte dal 10 all'll i basci-buzuk si lasciavano sorprendere dai mahdisti che li facevano tutti prigionieri; essi non opposero resistenza alcuna, di modo che, in quel primo momento, fu generale la credenza che volontariamente essi fossero passati al nemico colle armi e colle munizioni.

La notizia ne fu portata a Massaua da due fuggiaschi; poche ore dopo perveniva al colonnello Saletta una lettera amichevole di ras Alula che lo informava di essere disceso nella pianura per combattere i ribelli, e di trovarsi già in Ailet. Da Ailet ras Alula muoveva sopra Axus, che veniva incendiato, ed il 12 maggio raggiungeva tra l'Amba ed il Kanfer i mahdisti, e ne riportava completa vittoria. Di questa egli si affrettava a dare notizia per lettera al colonnello Saletta; ras Alula scrive di avere distrutti ed annientati i nemici, né la cosa appare inverosimile, ove si consideri che le sue forze ammontavano, per quanto si suppone, a cinquemila uomini circa, mentre i mahdisti non raggiungevano il migliajo.

Lo scambio di corrispondenza che in questa occasione ebbe luogo tra il ras ed il comando superiore delle r. truppe ha un carattere intieramente amichevole, e poiché questi nostri primi rapporti con uno dei principali capi abissini hanno speciale importanza, parmi conveniente di trasmettere alla E. V. il testo stesso delle lettere scambiate.

A maggiore spiegazione delle quali dirò come, sebbene non si fosse ancora ottenuto risposta alla lettera del 26 aprile, colla quale si partecipava a ras Alula

l'imminente occupazione di Sahati e di Amba (v. mio rapporto n. 66) (l) pure, considerando che lo stabilire con lui dirette ed amichevoli relazioni era cosa di sommo momento per il proseguimento della politica che è negli intenti del

R. Governo, il colonnello Saletta traeva argomento dall'assalto d'una carovana avvenuto sulla va di Ailet, per scrivere al ras una nuova lettera in data del 5 maggio (annesso l).

La risposta di ras Alula in data delli 11 (annesso II) è la prima lettera che

noi abbiamo da lui ricevuta ed il tenore ne è abbastanza soddisfacente, seb

bene egli cerchi di incolpare dell'assalto della carovana la gente di Arkiko,

mentre a rioi consterebbe invece che esso fu opera d'un brigante abissino.

Le lettere successive, oltre allo scontro coi mahdisti, fanno parola di una

carovana d'armi; il ras ci chiese che queste gli fossero scortate sino a Sahati, e

così fu fatto. È anche questo un precedente di cui dobbiamo essere soddisfatti;

poiché esso ci fornisce il modo di esercitare un'alta sorveglianza in questo com

mercio e di mantenerci con ras Alula in continuo contatto.

Mi dimenticava di avvertire come dopo lo scontro di Kanfer, i nostri bascibuzuk se ne tornassero a Massaua; essi affermano di essere fuggiti durante il combattimento alla prigionia, e la circostanza del loro ritorno sembrerebbe escludere che siasi trattato di diserzione da parte loro.

ALLEGATO I

IL COMANDANTE SUPERIORE DELLE TRUPPE ITALIANE IN AFRICA, SALETTA,

A RAS ALULA

L. CONFIDENZIALE. Massaua, 5 maggio 1885.

Come state? Come stanno le vostre truppe? Io e le mie truppe stiamo bene grazie a Dio.

Debbo informarvi che una piccola carovana, la quale si dirigeva in Abissinia, venne assalita nella notte dal l o al 2 maggio sulla strada di Ailet. Un uomo della carovana venne ucciso; un servo, abissino, ferito. Quest'uitimo è stato trasportato sotto le nostre tende; vi è curato dai nostri medici, e guarirà se Dio vuOle.

Tali fatti avvengono di frequente, ed è appunto per impedirli che intendo stabilire a Sahati un posto di soldati italiani. Ma, affine di dare ai viandanti ed al commercio piena sicurezza, converrebbe che, allorquando avrò occupato Sahati, ci ponessimo fra noi d'accordo per f·ar scortare le carovane, e prendere, di comune intelligenza, quei provvedrmenti che parranno utili per liberare il Paese dai !adroni che lo infestano.

Vi prego di farmi conoscere il vostro pensiero a tale riguardo.

ALLEGATO Il

RAS ALULA AL COMANDANTE SUPERIORE DELLE TRUPPE ITALIANE IN AFRICA, SALETTA

L. CONFIDENZIALE. Ailet, 11 maggio 1885.

Come state? Come stanno i vostri soldati? Io e le mie truppe stiamo bene, grazie a Dio! Io sono ora qui giunto· per combattere gli insorti; essi si credono forti; ma non lo sono.

58 -Documentt dtplomattct -Serle II -Vol. XVII-XVIII

Riguardo a quello che mi avete scritto della carovana, questa venne saccheggia-ta per opera di Abd-ul-Kerim e del Nieb Uris. Questo succede perché son tutta musulmani, ed i musulmani s'ajutano con i musulmani. Se voi e noi saremo amici e ben legati assieme Li vinceremo coll'ajuto di Dio ed essi saranno annientati.

Siccome ho comprato delle armi, e queste si trovano presso di voi, vi prego di farle proseguire sino a.d Ailet. Vi raccomando quest'affare. Vi fo questa preghiera a-ttesa la buona amicizia che esiste fra noi e non come cosa ch'io pretenda.

ALLEGATO III

IL COMANDANTE SUPERIORE DELLE TRUPPE ITALIANE IN AFRICA, SALETTA, A RAS ALULA

L. CONFIDENZIALE. Massaua, 12 maggio 1885.

Ho ricevuto la vostra lettera, colla quale md annunziate che siete disceso per combattere i ribelli. Sono sicuro che riescirete vittorioso, e ne accoglierò con gioia la notizia. Non v'ha dubbio che se voi e noi eli manterremo uniti, il Paese ritornerà tranquillo, e le stra.de ed il commercio sicuri.

Circa quanto mi scrivete dei vostri fucili, dovendo io partire domattina per Assab, affine di visitare le truppe che sono colà di guarnigione, ho lasciato qud ordine che, non appena sia pronta la carovana per il trasporto, le sia forni-ta una conveniente scorta dei miei soldati, e cosi le armi vi possano giungere in tutta sicurezza.

ALLEGATO IV

RAS ALULA AL COMANDANTE SUPERIORE DELLE TRUPPE ITALIANE IN AFRICA, SALETTA

L. CONFIDENZIALE. Ailet, 6 maggio 1885 (per. il 13).

Come state? Io e mie truppe grazie a Dio stiamo bene. Coloro che si chiamavano dervisce furono da me distrutti ed annientatli, e ne sono contento grazie a Dio, e spero che anche voi pa11teciperete alla mia contentezza. Riguardo ai fucili manderò domani persona incaricata di riceverli. Rispondete a questa mia lettera, io sono in Ailet.

ALLEGATO V

IL COMANDANTE SUPERIORE DELLE TRUPPE ITALIANE IN AFRICA, SALETTA, A RAS ALULA

L. CONFIDENZIALE. Massaua, 13 maggio 1885.

Come state? Io e i miei stiamo bene grazie a Dio. Ho ricevuto la vostra lettera e goào della vittoria riportata da voi e dai vostri braVi soldati sui dervisce. Quanto ai fucili, essi partiranno venerdì mattina da Mukullo, e saranno scortati dai miei soldati fino a.d Ailet o dove voi crederete meglio.

ALLEGATO Vl

RAS ALULA

AL COMANDANTE SUPERIORE DELLE TRUPPE ITALIANE IN AFRICA, SALETTA

L. CONFIDENZIALE. Ailet, 14 maggio 1885 (per. il 15).

Come strute voi e i vostri soldati? Io e i miei soldati stiamo bene grazie a Dio.

Ho ricevuto la vostra lettera che mi ha soddisfatto assai. Ciò che mi d.ite sta bene; io ho mandato Scialaha-Arhaja a Sahati per ricevere i fucili, ed i soldati italiani potranno tornarsene da Sahati.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III, cit., pp. 180-184.

(l) Non pubblicato.

919

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 851. Parigi, 15 maggio 1885, ore 14,15 (per. ore 16,15).

Ce matin M. Rothschild, me parlant des difficultés politiques qui entravent en ce moment les affaires, trouvait inadmissible la prétention de la France à vouloir créer une commission permanente pour assurer la libe'rté du canal de Suez. Cette commission introduite par M. Ferry est soutenue par M. Barrère avec une àpreté qui laisse entrevoir la puissante influence du prince de Bismarck, qui cherche tous les moyens de créer des difficultés à l'Angleterre afin de renverser Gladstone. L'appui absolu donné aux propositions de la France par les délégués des Puissances, à l'exception de l'Italie qui tient une prudente résen·e, est une preuve qu'elles agissent sous la pression du puissant chancelier. Mais d'après l'opinion de M. de Rothschild cette hostilité declarée à

M. Gladstone ne fera que le consolider. Il paraitrait qu'on voulait profiter des embarras de l'Angleterre en Asie et au Soudan pour l'amener à céder, mais il me revient de bonne source qu'à Londres on s'est aperçu du jeu et que les dispositions aujourd'hui pacifiques de l'Angleterre à l'égard de la Russie, ainsl que le rappel des ses troupes du Soudan, auraient grande partie pour but de déjouer les calculs du prince de Bismarck.

920

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2273. Vienna, 15 maggio 1885 (per. il 19).

Il notevole aumento sui diritti di entrata dei cereali testé introdotti in Germania se ha sollevato un certo malumore in Austria, ben si può dire che ha occasionato una vera tempesta in Ungheria: l'eccitazione colà manifestatasi estendendosi anzi dal campo economico a quello politico.

Il Pester Lloyd pubblicò a tal riguardo un articolo ripieno di minacce in cui è detto: «Se la Germania continua a danneggiare i nostri interessi materiali,

se essa prosegue a prendere esclusivamente in considerazione in tutto e per

tutto, tanto nelle questioni politiche quanto in quelle economiche, se non i suoi

propri interessi senza preoccuparsi mai dei nostri, allora potrebbe darsi che

poco a poco anche dal canto nostro si adottasse lo stesso punto di vista esclu

sivo ed egoistico, e che così finisse per prevalere nelle nostre popolazioni una

corrente, che i nostri uomini di Stato, qualunque possano essere le loro perso

nali opinioni, sarebbero costretta a seguire per non esserne semplicemente tra

scinati:..

Evidentemente s'ingannerebbe a partito chi pigliasse troppo alla lettera quel

le minacce. Al giorno d'oggi l'Austria-Ungheria travasi per la forza delle circo

stanze, infeodata alla Germania e fino a che la presente costellazione politica

non muterà intieramente, impossibile sarebbe alla Monarchia degli Asburgo di

sciogliere gli strettissimi legami che la tengono avvinta al vicino preponderante

Impero.

Ciò non di meno non devonsi punto tenere in non cale questi sintomi di un

crescente malumore; poiché ad un momento dato sotto propizie circostanze

potrebbero produrre grosse conseguenze.

Serpeggia intanto nei giornali la voce che il principe di Bismarck, senza

pure illudersi sugli effetti immediati che le misure protezioniste prese produr

rebbero nella vicina Monarchia, non abbia esitato ad appigliarvisi, sperando di

poter così meglio raggiungere lo scopo che sempre mostrò di accarezzare, di

costringere cioè l'Austria-Ungheria, per timore di peggio, ad addivenire all'unio

ne doganale colla Germania.

Non crederei però prossima una tale soluzione poiché se essa non riuscirebbe discara ai tedeschi dell'Austria, gli ungheresi vi sono contrari e gli slavi della parte Cisleitana l'avversano apertamente dal punto di vista politico essenzialmer.te. Farò anzi notare a questo proposito che nelle riunioni elettorali che ebbero luogo in Boemia, nei paesi czecki, in questi due ultimi giorni, fu adottato unanimemente siccome mandato imperativo ai nuovi deputati da eleggersi, di non accettare a nessun patto l'unione doganale colla Germania, malgrado siano invitati a mantenersi saldi nello appoggio fin qui dato all'indirizzo seguito dal Governo nei suoi rapporti d'ordine politico col vicino Impero. Un movimento in tale senso, a quanto mi risulta, sta già del pari pronunciandosi si in Galizia che presso gli sloveni, cioè, come dissi, presso tutti gli slavi.

Non devo poi omettere di aggiungere che la gente assennata ritiene che il nuovo regime doganale introdotto dal principe di Bismarck sarà assai più nocivo alla Germania che non agli altri Paesi ch'essa accenna a colpire, e quindi crede che la sua durata non si prolungherà lungamente senza produrre, nel frattempo, gran male all'Austria-Ungheria.

Infatti da quanto appare dalle statistiche, l'Austria-Ungheria non esporta poi una quantità considerevolissima di granaglie in Germania. Infatti nel 1883 quell'esportazione per quanto ha tratto alla segala non sarebbe stato che di

266.000 quintali rappresentanti un valore di 2.250.000 fiorini. Il Tag blatt di Vienna termina un suo articolo sull'argomento colle consi

derazioni seguenti, assai ragionevoli, che meritano, a mio avviso, di essere apprezzate.

Non si potrebbe vedere nelle misure doganali della Germania un fatto isolato, ma al contrario conviene notare che quelle disposizioni sono un corollario naturale delle opinioni che prevalgono oggidi in materia politica ed economica.

Bandito il liberalismo politico, quello economico non è più di stagione; noi viviamo quindi in un'epoca di guerra doganale.

921

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 751. Roma, 19 maggio 1885.

L'E. V. non ignora come la gran quistione della sorveglianza del canale di Suez, contemplata dall'articolo IV del progetto francese, non abbia potuto essere sciolta dalla sotto-commissione riunita in Parigi, in seguito alla viva opposizione fatta alla medesima dalla delegazione della Gran Bretagna.

Parmi importante di qui riferirle nella loro integrità le due formale francese ed inglese che trovansi in presenza, nonché quella conciliativa che venne presentata dalla nostra delegazione nella seduta dell'll corrente:

Il testo dell'articolo IV del progetto francese è il seguente:

«Une commission composée des représentants des Puissances signataires de la déclaration de Londres du 17 mars 1885 et auxquels sera adjoint un délégué du Gouvernement égyptien, avec voix consultative, siègera sous la présidence d'un délégué spécial de la Turquie. Afin de pourvoir au service de la protection du canal, elle s'entendra avec la compagnie de Suez pour assurer l'observation des règlements de navigation et de police en vigueur; elle surveillera dans la limite de ses attributions l'application des clauses du présent traité et saisira les Puissances des mesures qu'elle jugera propres à en assumer l'exécution.

Il est entendu que le fonctionnement de la dite commission ne pourra porter aucune atteinte aux droits de S. M. I. le Sultan ».

La controproposta inglese suona cosi:

« Les représentants en Egypte des Puissances signataires de la déclaration de J.ondres du 17 mars 1885, veilleront à l'exécution du présent traité pour saisir leurs gouvernements respectifs de toute infraction et de tout danger d'infraction à ses dispositions que pourraient se produire >.

La redazione infine della formala italiana è così concepita:

« Les représentants en Egypte des Puissances signataires du présent traité veilleront à son exécution, et signaleront sans délai à leurs gouvernements res!lectifs toute infraction et tout danger d'infraction qui pourraient se produire.

Si une guerre éclatait ou si des troubles intérieurs menaçaient la sécurité du canal, ils se réuniront aussitòt, sous la présidence d'un délégué spécial de la Turquie, et avec le concours d'un délégué égyptien, ayant voix consultative, afin de pourvoir au service de la protection du canal, et de s'entendre avec la compagnie de Suez, pour assurer l'observation des règlements de navigation et de police ,,

Queste tre formale, a richiesta del 1° delegato della Gran Bretagna, saranno sottomesse contemporaneamente all'esame della commissione plenaria.

Sarebbe invero opportuno che, in questo frattempo l'E. V. trovasse modo di fare qualche ufficio, in via del tutto confidenziale, presso il Governo britannico, e si adoperasse perché egli s'induca ad accostarsi quanto meno alla nostra formala conciliativa, in guisa che, facendosi in seguito le necessarie pratiche presso il Governo francese e presso le altre delegazioni, si possa giungere ad un accordo generale prima della convocazione della commissione in plenum.

922

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA

D. CONFIDENZIALE 462. Roma, 19 maggio 1885.

L'ambasciatore di Francia è venuto a parlarmi confidenzialmente d'una serie di rapporti che il comandante in Obock spedisce da qualche tempo al suo Governo, nei quali si allude ad uno stato di agitazione, d'inquietudine mantenuto da emissari italiani non tanto in Obock quanto nelle dipendenze.

Ho dichiarato senza ambagi al signor Decrais che cominciavo dal mettere interamente fuori di questione la responsabilità di V. E., sia pel carattere personale di lei che ben conosco e che esclude anche il sospetto di tali maneggi, sia per le esplicite istruzioni che ella ebbe sempre di mantenere i migliori rapporti col possedimento d'Obock, fin da quando la forza stessa delle cose poneva quel possedimento in contatto con territori posti sotto la nostra protezione. Mi constava inoltre in modo positivo essersi ella attenuto sempre scrupolosamente a queste istruzioni, come accade nell'incidente non ancora esaurito dell'arresto e detenzione in Obock di alcuni nostri protetti di Raheita.

Ho quindi soggiunto che aveva ogni ragione di ritenere che si tratti di un equivoco o d'inesatte informazioni pervenute al comandante francese.

Ho conchiuso il mio discorso col signor Decrais, dicendo che le istruzioni di questo Ministero non avendo mai cessato di prescriverle il mantenimento dei più amichevoli rapporti con l'autorità francese d'Obock, non aveva ora difficoltà di confermarle e di rinnovarle.

923

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL CAPITANO CECCHI (l)

D. S.N. Roma, 21 maggio 1885.

Mi è pervenuto oggi il rapporto che ella mi diresse il 18 aprile scorso (2) per informarmi del suo felice arrivo a Zanzibar e delle sue prime impressioni.

64()

La ringrazio di questo rapporto che sarà comunicato al Ministero della marina e la prego d'avvertirne il signor comandante del «Barbariga) col quale veggo con piacere che ella agisce pienamente d'accordo.

Con telegramma del 9 corrente (l) ho già fatto conoscere a V. S. il mio pensiero. La sola combinazione vantaggiosa, nello stato attuale delle cose, sarebbe una cessione territoriale; e si potrà in ogni ipotesi stipulare un trattato d'amicizia, commercio e navigazione sopra basi liberali e sotto riserva dell'approvazione governativa. Quando i negoziati saranno avviati, si potrà spedire un telegramma reale conferente il mandato a lei e al comandante.

(l) -Ed. in L'Italia tn Africa, serie storica, vol. II, Oceano Indiano, tomo II, Documenti relativi a Zanzibar e al Benadir (1884-1891), a cura di C. Giglio, Roma, Poligrafico dello stato, 1967, p. 22. (2) -Non pubblicato.
924

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 556/581. Londra, 21 maggio 1885 (per. il 24).

In obbedienza alle ripetute istruzioni dell'E.V. insistei di nuovo jeri presso lord Granville per avere una risposta intorno alla proposizione d'un accordo coll'Inghilterra per ottenere che Zeila sia presidiata da truppe italiane, anche unitamente a truppe inglesi, nello scopo d'avere una base per una spedizione italiana all'Harar.

Lord Granville cominciò col ripetermi ciò che m'aveva detto già precedentemente, cioè che non credeva utile per l'Italia una tale spedizione, e ch'egli aveva pensato che i nostri sforzi per ottenere vantaggi commerciali ed altri si sarebbero preferibilmente diretti verso l'Abissinia. Quanto all'occupazione di Zeila da truppe italiane, lord Granville disse che aveva ripetutamente dichiarato alla Sublime Porta che il Governo inglese non si considererebbe responsabile di ciò che potesse accadere se altre Potenze approfittassero dell'indugio da lei posto a far conoscere le sue intenzioni. Ma soggiunse che il Governo inglese non intendeva compromettersi in nessun accordo coll'Italia su questa questione, e ripeté quindi la dichiarazione da lui fatta a proposito di Massaua, dichiarazione alla quale si riferì interamente, e che è superfluo che io qui riproduca, essendo essa certamente presente alla memoria dell'E.V.

Alla mia domanda, come sarebbero eventualmente ricevuti i soldati italiani a Zeila dalla autorità inglese Lord Granville rispose che certamente non si impiegherebbe la forza contro di essi.

Ho chiesto a lord Granville di mettere per iscritto la sua risposta; alla qual cosa egli consentì volentieri. Ho quindi l'onore di unire questa sua risposta al presente dispaccio.

Spetta ora al Governo del re il vedere se nello stato delle cose gli convenga dare effetto alla divisata spedizione. Credo di poter assicurare che l'attitudine del Governo inglese sarà benevola. Ma esso si rifiuta risolutamente a qualsiasi accordo, a qualsiasi impegno, e vuole all'occorrenza poter lavarsene le mani, quando

sorgessero complicazioni sia dal lato della Turchia, sia dal lato d'altre Potenze. Nel segnarle ricevimento del dispaccio dell'8 corrente n. 740 serie politica (1), che si riferisce all'oggetto del presente dispaccio...

ALLEGATO

IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI GRAN BRETAGNA, GRANVILLE, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

NOTA. Londra, 20 maggio 1885.

Parlando di Zeila e dell'Harar, ho detto al signor Nigra, in risposta alle sue domande, che noi avevamo detto alla Porta che non potremmo sentirei responsabili per ciò che potrebbe accadere, se altri approfittasse del lungo ritardo nel dare una risposta. Ma d'altro Lato, noi potremmo soltanto rispondere ad una quistione al riguardo per parte dell'Italia, negli stessi termini (ripeto), di cui ci servimmo prima dell'andata a Massaua.

Il signor Nigra ha domandato quale sarebbe il nostro atteggiamento, se ci si richiedesse d'avere un'a base a Zeila per andare ad Harar. Ho detto ch'io poteva soltanto dichiarare che noi certamente non vi ci apporremmo colla forza.

(l) T. 439 del 9 maggio 1885, non pubblicato.

925

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2275. Vienna, 21 maggio 1885 (per. il 23).

In un recente colloquio col conte Kalnoky la conversazione ebbe di nuovo a cadere sulla protesta di comune accordo fra la Francia, la Germania, la Russia e l'Austria-Ungheria, presentata al Cairo, intorno alle misure finanziarie adottate dal Governo egiziano in conseguenza della Convenzione di Londra, prima ancora che questa abbia riportato la definitiva sanzione da parte delle Potenze.

S.E. mostrava di comprendere le esigenze della situazione, ma cionondimeno fermo manteneva il punto di vista dell'illegalità del provvedimento e si capisce non potesse tenere altro linguaggio, avendo egli creduto per considerazioni di ordine superiore, di associare la sua azione a quella degli anzidetti Gabinetti amici.

Il ministro imperiale da ciò traeva poi argomento per dirmi che in generale

si comincia a vedere ora quanto sia stata imperfetta l'opera della Conferenza di

Londra e quanto vi sarebbe a fare per evitare in seguito gravi impicci e com

plicazioni.

A questo proposito anzi egli facevami rilevare che le stipulazioni di Londra

non assegnavano limiti di durata alla garanzia dell'imprestito a cui le Potenze

si sobbarcherebbero, cosa questa del tutto inammissibile malgrado sia chiaro che

la garanzia di cui si tratta, non può dar luogo ad onere di sorta.

Il linguaggio tenutomi fissò la mia attenzione, ma mi astenni dal riferirlo all'E.V., fino a che mi fosse dato di esprimere al proposito apprezzamenti più precisi.

Mi risulta ora da ottima e sicura fonte che il signor Bleichroder, il quale per incarico del principe di Bismarck venne per alcuni giorni a Vienna, ebbe speciali conferenze sia col conte Kalnoky che col ministro I.R. delle Finanze, intorno alla questione dell'accordo finanziario egiziano e che avrebbe persuaso gll interlocutori della necessità di modificare e completare i primitivi accordi di Londra prima di presentarli ai rispettivi Parlamenti.

Dobbiamo adunque aspettarci che, allorché l'intesa sarà compiuta fra i quattro Gabinetti sopra nominati, concrete proposte verranno presentate a Londra ed a Roma a cui converrà associarsi ove si voglia uscire dalla precaria situazione in cui tuttora trovasi le finanze egiziane.

Se in quest'affare vi è la Germania che mostri di pigliare l'iniziativa non è però dubbio ch'essa lo fa per compiacere alla Francia e al tempo istesso il principe di Bismarck allontana sempre più l'uno dall'altro i Gabinetti di Parigi e di Londra ed affievolisce ancora maggiormente il prestigio inglese in Egitto, scopo al quale in questi ultimi tempi molti suoi atti tendono palesamente.

Confermando così il mio telegramma d'oggi (1) ...

(1) Cfr. n. 909.

926

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 464. Roma, 22 maggio 1885, ore 12,30.

Il m'est difficile de sa1s1r le sens de la réponse que lord Granville vous a faite au sujet de Zeila. Nous déclarer que l'Angleterre ne s'opposerait pas, le cas échéant, pour la force à ce que nous fassions de ce port, la base de notre occupation au Harrar est en effet une formule que ne me semble guère répondre à l'intime cordialité qui préside actuellement aux rapports entre les deux Pays, surtout en ce qui concerne les affaires de la Mer Rouge. Une pareille formule se comprendrait à peine de la part d'un Gouvernement avec lequel nous n'aurions pas le moindre rapport amicai. Nous avons, de notre còté, déclaré ne vouloir entreprendre l'occupation de Zeila et de Harrar qu'avec le plein assentiment de l'Angleterre et méme, si celle-ci le désirait, avec la présence de quelque détachement de ses forces à còté des nòtres. Il ne saurait donc été question d'une occupation contre le gré du Gouvernement britannique. A l'état actuel des choses il nous est impossible de prendre une décision, et nous devons, bien malgré nous, laisser à l'Angleterre toute la responsabilité des consequences que son hésitation pourrait avoir. Je présume que les ministres anglais connaissent désormais autant que nous les convoitises et les menées d'une tierce Puissance au sujet de Zeila et du Harrar. Je prie V.E. de faire part à lord Granville de mon impression.

(1) T. 884, non pubbllcato.

927

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 892. Londra, 23 maggio 1885, ore 13,05 (per. ore 16,45).

Granville est à la campagne pendant les vacances. Je ne pourrai donc pas le voir pendant quelques jours. J'hésite à lui envoyer textuellement votre télégramme d'hier (1), d'autant plus que dans la réponse qu'il nous a faite au sujet de Zeila il n'y a pas de la part du Gouvernement anglais aucune intention de nous etre désagréable. Granville nous dit que le Gouvernement anglais ne peut pas donner ce qui ne lui appartient pas, qu'il est lié envers la Turchie, qu'il ne peut entrer dans aucun accord avec nous sur ce sujet, mais que si nous allons à Zeila il ne nous en empechera. Voilà le sens de la réponse. Maintenant le Gouvernement anglais prendrait aisément son parti, je crois, de l'occupation du Harrar par la France, tout en préférant l'Italie si celle-ci croit y trouver son profit. Pour lui l'important c'est de ne prendre aucun engagement et de pouvoir déclarer cela bien haut à son propre Parlement et à la Turquie. V.E. recevra bientòt le texte de la réponse de Granville, elle pourra alors m'envoyer un télégramme ostensible que je transmettrai à Sa Seigneurie, en ayant soin de le rédiger de façon à pouvoir etre communiqué à d'autres membres du Cabinet.

928

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 759. Roma, 24 maggio 1885.

Il r. ambasciatore in Vienna mi ha testé riferito (2) risultargli da ottima e sicura fonte che il signor Bleichroder, il quale, per incarico del principe di Bismarck, si recò per alcuni giorni in quella capitale, dopo aver avute speciali conferenze col conte Kalnoky e col ministro imperiale e reale delle Finanze intorno alla questione dell'accordo finanziario egiziano, riusci a persuaderli della necessità di modificare e completare i primitivi accordi di Londra prima di presentarli ai rispettivi parlamenti.

È da supporsi quindi che, allorquando l'intesa sarà compiuta tra i quattro Gabinetti suddetti, concrete proposte saranno presentate a Londra ed a Roma.

Il conte di Robilant aggiunge che, quantunque la Germania mostri di pigliare in questo affare l'iniziativa, non v'ha dubbio che essa lo fa per compiacere alla Francia ed al tempo istesso per allontanarla sempre più dal Gabinetto di Londra ed affievolire ancor maggiormente il prestigio inglese in Egitto (3).

Stimo opportuno di portare, in via del tutto confidenziale, a notizia dell'E.V. le informazioni che precedono, di cui ella potrà valersi all'evenienza senza citar però la fonte dalla quale esse provengono.

(l) -C!r. n. 926. (2) -T. 884, del 21 maggio 1885. non pubblicato. (3) -I tre precedenti capoversi vennero trasmessi all'ambasciata a Berlino con D. 1895, pari data.
929

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 1874. Roma, 24 maggio 1885.

Ho l'onore di accusar ricevuta del rapporto in data del 21 corrente (1), col quale l'E. V. si compiacque rendermi conto d'un colloquio da lei avuto con codesto ministro degli affari esteri circa la protesta presentata al Cairo dalla Francia, dalla Germania, dalla Russia e dall'Austria-Ungheria contro i provvedimenti finanziari adottati dal Governo egiziano in conseguenza della Convenzione di Londra.

Ringrazio l'E.V. per le interessanti notizie fornitemi con questo rapporto e le sarò oltremodo grato s'ella vorrà continuare ad informarmi circa tale importante argomento.

930

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. CONFIDENZIALE 900. Berlino, 25 maggio 1885, ore 17 (per. ore 19).

Lord Rosebery repart ce soir pour Londres. Il a reçu le meilleur accueil dans la famille du prince de Bismarck, mais il emporte une impression peu satisfaisante des dispositlons politiques du chancelier à l'égard de l'Angleterre. Son Altesse a le sentiment que M. Gladstone recherche à rétablir avec la France, à propos de l'Egypte, l'entente qui pourrait dès lors s'étendre à d'antres questions. Bismarck s'applique à maintenir désaccord entre ces deux Puissances et à empecher ou retarder du moins une solution des affaires financières et autres de l'Egypte. M. Freycinet se montrerait moins enclin que son prédécesseur, M. Ferry, à le seconder dans ce jeu. Les rapports actuels entre l'Angleterre et la Russie n'excluent pas encore danger de conflit. Je tiens ces détails de mon collègue britannique qui me répète l'assurance que lui a donnée Rosebery à bien des occasion. Celui-ci était venu à Berlin sans aucune mission ni de M. Gladstone ni de M. Granville; il a seulement profité de son séjour ici pour sonder autant que possible le terrain malgré toute la réserve du chancelier.

(l) Cfr. n. 925.

931

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO DELLA MARINA, BRIN

D. URGENTE S.N. Roma, 25 maggio 1885.

In risposta alla nota di ieri (l), il sottoscritto s'affretta a comunicare all'onorevole collega le seguenti informazioni che si sono ricevute oggi dal r. console in Algeri.

La squadra francese trovasi in quel porto da sei giorni e partirà oggi, lunedì, per la costa est. Si compone di quattro corazzate e di due avvisi. Le torpediniere indicate non hanno accompagnato la squadra, come ne corre la voce, a causa dello stato del mare, ma dovevano raggiungerla a Tolone con una cannoniera per delle evoluzioni speciali.

932

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO DELLA MARINA, BRIN

D. S.N. Roma, 25 maggio 1885.

Un telegramma spedito a questo Ministero dal comandante signor Fecarotta e dal signor capitano Cecchi (2) conteneva la notizia che le pratiche per conchiudere un trattato di amicizia, commercio e navigazione col sultano di Zanzibar erano bene avviate e che occorreva, per assicurarne il buon esito, inviare subito un telegramma reale al sultano per accreditare i due negoziatori.

Su proposta del sottoscritto, Sua Maestà il Re si degnava spedire il 25 corrente, il seguente telegramma a S.A. il Sultano Bargasch ben Said: «Felicitandomi dei rapporti stabiliti direttamente fra i nostri Governi, prego V.A. di voler considerare i miei fedeli sudditi il comandante Fecarotta ed il capitano Cecchi come accreditati presso di lei per negoziare e stipulare un trattato di commercio, sotto riserva della mla approvazione e ratificazione. Che il buon Dio ci assista».

Contemporaneamente il sottoscritto dette avviso al capitano Cecchi dell'invio dì questo telegramma, aggiungendo che circa l'eventualità di acquisti territoriali, si confermavano le istruzioni trasmesse in antecedenza, le quali furono comunicate a cotesto onorevole Ministero con nota del 9 corrente (1).

933

IL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

r. 909. Gibilterra, 26 maggio 1885, ore 6,15 (per. ore 23)

Tangeri 25 maggio. Je reçois d'une source très sure la nouvelle que le ministre de France a demandé au sultan: l) la construction de fortifications sur la fron

tière; on ne m'indique pas dans quelle, mais je suppose qu'il s'agit de la frontière algérienne ou dans le territoire des tribus marocaines que selon le Gouvernement français font des incursions dans le territoire algérien; 2) l'établissement d'un marché ou foire près d'Oujda, sur le territoire marocain; 3) la construction d'un chemin de fer pour joindre ce marché aux chemins de fer de l'Algérie; et on demande mon avis sur ce que le sultan doit répondre. La meme demande a été fai te à mes collègues d'Espagne et d' Angleterre, et nous avons été d'accord de conseiller au Gouvernement marocain de refuser les trois demandes susdites. Tout ceci d'une manière très secrète. On voit clairement que la France change ses représentants au Maroc, mais elle persiste fermement dans ses propos ambitieux. Ne pourrait on pas franchement ... (l) pour prétendre de la France à l'egard du Maroc ce qu'elle et d'autres Puissances prétendent de l'Angleterre en Egypte? Si l'Italie, l'Angleterre, l'Espagne et la France pouvaient s'entendre pour garantir à cette terre le statu quo politique et territorial du Maroc, ce serait, il me semble, la manière la plus efficace de sauver ce Pays de l"ambition de la France.

(l) -Non oubblicata. (2) -T. 891 a.d., non pubbllcato.
934

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 765. Roma, 26 maggio 1885.

Ringrazio l'E. V. del rapporto in data del 22 corrente (2), col quale si compiacque comunicarmi il testo d'una lettera privata direttale da lord Granville circa il modo di vedere del Governo inglese nella quistione delle acque territoriali dell'Egitto che dovrebbero essere neutralizzate.

Mi è grato poter constatare che il pensiero di lord Granville coincide colle istruzioni che, su questo punto, noi abbiamo impartite alla r. delegazione presso la commissione pel canale di Suez e di cui mi pregio di qui riprodurle il tenore.

A parer nostro sarebbe preferibile anzitutto che si fissi, coll'enunciazione d'una distanza in chilometri, la larghezza della zona di mare che forma le acque territoriali dell'Egitto. Quanto allo sviluppo della costa egiziana, le cui acque territoriali sarebbero al coperto di ogni atto d'ostilità o tentativo di operazione militare, noi pensiamo che in una convenzione concernente esclusivamente il canale di Suez non si dovrebbe far menzione che degli approcci del canale stesso e che converrebbe quindi fissare l'estensione di costa alle due imboccature del canale sul Mediterraneo e sul Mar Rosso, alle quali la convenzione applicherebbe un regime di neutralizzazione analogo a quello del canale. Se la quistione è cosi posta, un accordo sembra a noi facile, e la r. delegazione non avrebbe che a cercar modo d'intendersi al riguardo colla maggioranza dei colleghi, specialmente cogli inglesi. Ma se, invece, si volesse

85-.J

comprendere nel regime da stabilire tutte le coste dell'Egitto, nel Mediterraneo e nel Mar Rosso, la r. delegazione dovrebbe dichiarare che, a nostro avviso, la commissione, il cui compito non ha per iscopo che la libertà del canale, non avrebbe né l'opportunità, né la competenza di toccare ad una grossa questione politica, la quale dovrebbe, se ciò fosse necessario, formare l'oggetto di un negoziato separato tra le Potenze.

(l) -Gruppo indec!frato. (2) -R. 584, non pubblicato.
935

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL CAPITANO CECCHI (l)

D. S.N. Roma, 26 maggio 1885.

Le son grato in particolar modo dell'interessante rapporto che ella m'inviò il 28 aprile scorso (2). La sua lettera mentre ci ha confermato nel convincimento della convenienza di stabilire e stringere col sultano di Zanzibar amichevoli rapporti, anche con la conclusione di un trattato di commercio, ci ha d'altra parte vieppiù persuasi della necessità di procedere con molta cautela rispetto alla divisata cessione ed occupazione territoriale.

Mi riferisco a questo proposito alle istruzioni trasmesse per telegrafo a

V.E. (3) e ripetute nella lettera del 21 corrente (2), cioè che, ammessa come sola combinazione vantaggiosa, nello stato attuale delle cose, una cessione territoriale da parte del sultano, si desidererebbe di conoscere prima le condizioni segnatamente pecuniarie, e la cessione stessa sarebbe in ogni modo subordinata all'approvazione del R. Governo.

936

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 913. Londra, 27 maggio 1885, ore 17 (per. ore 19).

Je remercie V.E. pour télégramme relatif aux instructions données à nos commissaires à Paris (4) sur la question du canale de Suez. Ces instructions me semblent inspirées par le désir de concilier autant que possible les divergences. Mon avis est que nous devons rester fidèles à l'attitude que nous avons prise dans l'affaire égyptienne. Cette fidélité aura pour effet de nous conserver la confiance de l'Angleterre et le respect des autres Puissances. Je crois inutile d'entrer avec Granville dans des explications à ce sujet, sauf le cas nécessité. Ce sont les rapports de sir Julian Pauncefote qui règlent

le jugement du Cabinet anglais sur cette matière, sur laquelle le sous-secrétaire d'Etat au Foreign Office est censé avoir une compétence spéciale; c'est surtout par lui qu'on peut agir dans cette question sur Granville et ses collègues.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Oceano Indiano, tomo II, cit., p. 23.

(2) -Non pubbUcato. (3) -T. 439 del 9 maggio 1885, non pubbl1cato. (4) -T. 477 del 26 maggio 1885, non pubbUcato.
937

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 915. Parigi, 27 maggio 1885, ore 17 (per. ore 19,20).

Je remercie V.E. des instructions qu'elle m'a données par son télégramme d'hier (l) relativement au traité pour le canal de Suez. M. Pierantoni et moi aurons soin de nous y conformer. En ce moment un point nous préoccupe encore. Il est possible qu'en présence de la difficulté d'établir une entente sur la définition de « eaux territoriales de l'Egypte » on veuille maintenir ces mots dans l'art. 5 en renonçant à tout article ou protocole explicatif par lequel on s'est réservé de préciser l'étendue du litoral neutralisé. On laisserait ainsl la question ouv·erte. Telle paraissait étre, il y a quelques jours, l'intention des anglais; pour eux les bases de la circulaire de Granville sont ... (2) et ... (2) neutralisation des eaux territoriales de l'Egypte qui y est énoncé; ils ne voudront pas se dédire. Si cette stipulation est maintenue par la majorité, camme c'est indubitable, ayant nous-mémes accepté les bases de lord Granville, pourrons-nous refuser de voter l'art 5 à cause du maintien des mots « eaux territoriales de l'Egypte »? Je prie V.E. de vouloir bien nous dire sa pensée à cet égard. Jusqu'à l'heure présente la commission plénière n'est pas encore convoquée.

938

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 480. Roma, 27 maggio 1885, ore 18,30.

Votre rapport du 21 mai et la lettre de lord Granville y jointe (3) me font exactement' connaitre et apprécier la pensée de ce dernier au sujet de l'occupation éventuelle de Zeila par nos troupes. Lord Granville nous dit que la seule réponse qu'il peut nous faire pour Zeila est la méme qu'il nous a faite en vue de l'occupation de Massaua. Le Cabinet britannique ayant à l'égard de cette occupation publiquement admis qu'il l'avait vue d'un reil favorable, nous devons présumer qu'une déclaration analogue pourrait etre faite dans les Chambres à Londres aussi bien qu'à Rome, si, Zeila étant

occupée par nous, il y avait lieu d'en parler dans nos Parlaments respectif. C'est un point délicat sur lequel je désire que V.E. interroge encore lord Granville. Nous tenons avant tout à ne rien faire qui puisse ne pas cadrer avec Ies idées du Gouvernement britanique et une notion précise de ses idées nous est indispensable avant de mettre en déliberation au sujet de Harar et de Zeila une résolution definitive en Conseil des ministres.

(l) -T. 476, non pubblicato. (2) -Gruppo indeclfrato. (3) -Cfr. n. 924.
939

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO

T. 485. Roma, 28 maggio 1885, ore 13,50.

Merci de votre intéressant télégramme du 25 (l). Je compte d'une manière toute particulière sur votre prudence habituelle. Vous ètes, je présume, toute à fait surs, vous et vos collègues, de la discrétion du sultan. Il est évident que si le ministre français venait à connaitre vos conseils de résistance, la situation mutuelle entre lui et vous deviendrait assez délicate, et le Gouvernement français aurait quelque raison de se plaindre de notre intervention. Je vous prie en outre de considérer si la résistance du sultan envers des demandes, dont quelques unes se recommandent au point de vue économique et de la civilisation, et qui n'ont d'ailleurs pas de conséquences territoriales immèdiates, n'est peut-ètre pas de nature à créer entre la France et le Maroc un antagonisme dont l'effet pratique et prochain, dans la situation actuelle de l'Europe en général, ne saurait ètre probablement que le démembrement de l'Empire au profit des deux Puissances limitrophes. Des concessions faites sur des points laissant intactes l'intégrité et l'indépendance du Maroc pourraient au contraire nous ménager au moins l'avantage d'ajourner la crise jusqu'à un moment plus favorable pour la sauvegarde de nos propres intérèts.

940

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3887. Berlino, 28 maggio 1885 (per. il 4 giugno).

Les commentaires vont leur train sur le voyage récent à Berlin de lord Rosebery. Mon télégramme du 25 mai (2) contenait à cet égard des indications fournies par l'ambassade britannique. Officiellement, il n'était chargé d'aucune mission: il n'avait à communiquer aucune proposition du Cabinet de Saint James. Profitant de son intimité avec le comte Herbert de Bismarck, il s'est

ménagé quelques entretiens avec le chancelier. Il a essayé de se rendre compte des dispositions de Son Altesse envers l'Angleterre. Il témoignait du vif désir de son Gouvernement d'entretenir les meilleurs rapports avec l'Allemagne. Si le Cabinet de Berlin avait quelques points spéciaux à signaler, on ne demanderait pas mieux à Londres que de se rendre agréable. Le prince donnait l'assurance d'un meme bon vouloir à titre de réciprocité, mais ne sortait pas des généralités. Il faisait seulement une allusion aux difficultés surgies dernièrement à Zanzibar, en se montrant peu édifié de l'attitude de l'Angleterre. Au reste, il laissait assez comprendre, par son langage très réservé, qu'il ne voulait pas s'engager sur le terrain politique.

Bref, lord Rosebery a reçu personnellement le meilleur accueil dans la famille des Bismarck, mais il emportait une impression peu satisfaisante des dispositions du chanceìier vis-à-vis de l'Angleterre. Sir Edward Malet attribuait à Son Altesse le sentiment que M. Gladstone cherche à rétablir avec la France, à propos de l'Egypte une entente qui pourrait dès lors s'entendre à d'autres questions, tandis que le prince de Bismarck s'applique à maintenir des tiraillements entre les deux Puissances ou à retarder du moins une solution des affaires financières ou autres de l'Egypte.

Le chancelier a soigneusement évlté de toucher à la question de l'Afghanistan, sauf peut-etre pour se retrancher derrière son programme de neutralité.

Une personne de l'entourage du prince m'a confirmé, camme le tenant de lui-meme, qu'en effet lord Rosebery n'a rien laissé transpirer qui indiquait qu'il prit la parole au nom de son Gouvernement. D'ailleurs il est mieux connu comme sportsman, que comme homme d'Etat, et je doute fort que son interlocuteur l'ait pris très au sérieux.

En tout cas, mon collègue de la Grande Bretagne oppose le démenti le plus forme! aux prétendues révélations de M. de Blowitz dans le Times.

(l) -Cfr. n. 933. (2) -Cfr. n. 930.
941

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3891. Berlino, 29 maggio 1885 (per. il 4 giugno).

Le comte Kalnoky, interrogé par M. de Bleichroder sur les relations existantes entre l'Autriche et l'Italie, disait qu'elles étaient satisfaisantes. Il se produisait de temps en temps de ces difficultés comme il en survient d'ordinaire entre des Pays limitrophes, mais de part et d'autre on s'appliquait à les écarter dans un esprit conciliant. Il y avait encore la question de la visite faite et non rendue. C'était bien malgré lui que le comte Kalnoky avait été amené à faire certaines déclarations à la tribune. L'empereur François Joseph avait l'intention de restituer cette visite, dans tel ou tel autre endroit, plus rapproché que Rome de la frontière, et selon les convenances du roi d'Italie. Mais un journal, passant à tort ou à raison, comme un des organes de la Consulta, eut la malencontreuse idée de publier que cette restitution de visite ne serait acceptée

59 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XVII-XVIII

qu'à Rome. Ce fut alors que le ministre austro-hongrois des affaires étrangères se vit dans la nécessité, en présence d'interpellations trés-pressantes, de répondre dans le sens de la déclaration susmentionnée.

Ces détails m'ont été communiqués confidentiellement par M. de Bleichroder. Je les donne pour ce qu'ils valent, notamment au sujet de la visite. Quant aux rapports satisfaisants entre les deux Gouvernement, V.E. et le général comte de Robilant sont mieux à meme que moi de contròler la vérité de l'assertion du comte Kalnoky. Je me prends à en douter si, comme tout le laisse voir, on reçoit à Vienne le mot d'ordre de Berlin. Or, pour mon compte, je dois constater qu'il y a bien des lacunes dans l'amitié du Cabinet de Berlin. L'alliance a eu quelque bon effet à son début, l'avantage entre autres de la conservation de la paix, mais du moment surtout où la Russie a regagné ici le terrain perdu, et que la politique de ménagements a prévalu vis-à-vis de la France, j'ai constaté avec regret qu'on nous tient un peu beaucoup à l'écart des pourparlers qui ont cependant trait aux questions générales, sur lesquelles, en conformité de nos stipulations, nous devrions échanger nos vues. Je cherche vainement à réagir. Je me garde de toute humeur morose. J'avale bien des couleuvres. Je le fais sans crier et sans trop attirer l'attention, de crainte que notre dignité n'en souffre davantage. La force des choses, un changement de règne qui semble assez rapproché, vu le grand age et les infirmités de l'empereur, améneront peut-etre une meilleure situation. En attendant, c'est pour nous une phase des plus pénibles à traverser.

942

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2279. Vienna, 29 maggio 1885 (per. il 4 giugno).

Le successive informazioni che l'E.V. si compiacque trasmettermi intorno alle voci che corrono a Berlino ed al Cairo riguardo l'azione che il cancelliere germanico avrebbe intrapreso in ordine agli affari egiziani sono sostanzialmente conformi a quelle che potei desumere dal linguaggio, di tenore riservatissimo, tenutomi dal conte Kalnoky.

Anzitutto devesi notare, che il Gabinetto di Vienna è frattanto -a mio credere -informato assai superficialmente intorno agl'intendimenti da quello di Berlino, a riguardo della questione di Egitto. Prova ne sia che, in questi giorni appunto, l'ambasciatore germanico si recò in congedo per un pajo di settimane ciò che è segno evidente che il cancelliere non ha, pel momento, comunicazioni da far dirigere al conte Kalnoky. D'altronde per la questione egiziana non vi ha dubbio che il principe Bismarck intende anzi tutto di mettersi d'accordo colla Francia la qual cosa fatta, e concretate le soluzioni che tornino gradite a Parigi, egli intavolerà i negoziati coll'Inghilterra e richiederà il consenso del Gabinetto di Vienna e di Pietroburgo prima di presentare un formale progetto. Per ora quindi nulla si potrà sapere con qualche precisione.

Ciò premesso ecco quanto il conte Kalnoky dicevami, sotto forma di apprezzamenti suoi particolari, intorno alla conversazione avuta dal principe di Bismarck con lord Rosebery.

Egli ammetteva le asserzioni dei giornali che essenzialmente tutte le questioni pertinenti all'Egitto sarebbero tratte in campo in detta conversazione; e in speciale guisa menzionava quella relativa al canale di Suez, al riguardo del quale affermava essere indispensabile trovare una soluzione atta ad appianare le divergenze sollevatesi in seno alla commissione tra la Francia e l'Inghilterra per quanto ha tratto alla sorveglianza.

Tornava poi ad accennare alla necessità di precisare meglio alcune disposizioni contemplate dalla recente convenzione finanziaria, e di completare questa nelle sue parti mancanti, a mo' di esempio, per quanto concerne la durata della garanzia dell'imprestito lasciata illimitata, ma che difficilmente sarebbe accettata -a suo dire -dai Parlamenti di Vienna e di Pest, locchè facevasi vivamente desiderare venisse modificata. Avendo io ciò osservato che il Governo britannico probabilmente si piegherebbe, non senza difficoltà, a toccare una convenzione già approvata dal suo Parlamento, S.E. rispondevami che non occorrerebbe introdurre cambiamenti nella convenzione stessa, bastando all'uopo comprendere in un protocollo addizionale, il cui tenore si potrebbe negoziare da Gabinetto a Gabinetto senza necessità di una nuova conferenza, quelle aggiunte e modificazioni che sarebbero riputate del caso.

Del resto egli aggiungeva, che il tempo non faceva difetto per quei negoziati, attesochè sia a Berlino che a Vienna ed a Pest, prima dell'autunno non sarebbe possibile di presentare ai rispettivi Parlamentari l'accordo finanziario.

Tali indicazioni sono in verità troppo vaghe per poterne trarre induzione precisa sulla sorte che avrà la convenzione finanziaria quale fu firmata a Londra. Ad ogni modo però, mi parvero abbastanza importanti per farmi manifestare all'E.V., col mio telegramma del 26 (1), il parere che sarebbe opportuno differire fino all'autunno la presentazione alla Camera del relativo nostro progetto di legge.

Con telegramma poi del 27 (2), l'E.V. compiacevasi rendermi consapevole che il progetto di legge in parola, fu già da assai tempo presentato e che quindi tutto ciò che si può fare si è di non accelerare il lavoro della commissione a cui ne fu affidato l'esame. Se codesto mezzo varrà a raggiungere lo scopo, sarà ottima cosa. Debbo però far osservare, che da parte nostra non si dovrà lasciar a dividere con chichessia questo nostro intenzionato ritardo, poiché, in fin dei conti, da nessuna parte ci pervenne una comunicazione od un suggerimento al proposito.

Il solo nostro movente, nel presente caso, dev'essere la prudenza, onde evitare di trovarci in una falsa posizione. D'altronde fino ad ora, il Parlamento inglese solo fu chiamato a votare l'accordo finanziario: nulla quindi di straordinario vi ha se la sanzione del nostro Parlamento avverrà solo contemporaneamente a quella dei Parlamenti degli altri Stati. Non devo poi omettere di notare ancora che vano sarebbe sperare che si addivenga fra breve ad una

decisione al proposito. Infatti è troppo chiaro che la questione d'Egitto -come osserva egregiamente il conte de Launay -è presa in mano attualmente dal principe di Bismarck collo scopo principalissimo di evitare che essa si componga a mezzo di un diretto accordo fra l'Inghilterra e la Francia, poiché come appare in modo manifesto ciò che anzitutto il cancelliere vuole eliminare si è l'accordo del Gabinetto di Parigi con un Gabinetto qualunque. In questa circostanza dando egli tutto il suo appoggio alla Francia, trova il mezzo di isolare al tempo stesso la Francia non solo, ma anche l'Inghilterra, giuoco che purtroppo -non vale nasconderlo -già gli è riuscito, sotto forma alquanto diversa, ma con uguale risultato coll'Italia.

Del resto poi, non si può a meno di constatare che l'animosità contro il Gabinetto di Londra si mantiene vivissima a Vienna in tutti i circoli, e che continuerà così fino al giorno almeno in cui il signor Gladstone cederà ad altre mani la suprema direzione della politica inglese. Codesto indirizzo dei sentimenti del Governo imperiale, e dell'opinione pubblica, se è in parte conseguenza ancora di vecchi gravami dell'Austria contro il partito liberale inglese, ed in particolare contro l'attuale suo capo, è pur anco fomentato dall'impulso in quel senso che non cessa di venire da Berlino (1).

(l) -T. 908, non pubbUcato. (2) -T. 479, non pubbllcato.
943

IL VICE CONSOLE IN MISSIONE SPECIALE A MASSAUA, MAISSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 80. Massaua, 29 maggio 1885 (per. 1'11 giugno).

Ringrazio V.E. di avermi comunicato le dichiarazioni da lei fatte al signor Decrais circa l'occupazione di Arafali.

Le spiegazioni che ella diede all'ambasciatore della Repubblica potrebbero, eventualmente, giustificare anche l'occupazione di Zula, ove come ad Arafali, l'autorità del Governo egiziano era ecl è tuttora riconosciuta; la differenza stando in ciò soltanto che, mentre ad Arafali v'era un piccolo forte custodito da una cinquantina di basci-buzuk, in Zula non esistono opere di fortificazione e solo interrottamente vi ebbe stanza un presidio di pochi irregolari.

Zula è tuttora occupata da dieci basci-buzuk, e mi sono adoperato presso queste autorità locali, acciò non ne fossero ritirati.

Padroni di Massaua e di Arafali, l'occupazione di Zula non ha, per se stessa, grande importanza per noi; ma a mio giudizio, sarebbe grave iattura che i francesi vi ponessero piede.

Non solo ne sarebbero interrotte le nostre comunicazioni per terra con Arafali ma resi vieppiù difficili e complicati i nostri rapporti con l'Abissinia, i quali, se non erro, costituiranno sempre la principale difficoltà del nostro Governo a Massaua.

«Ringraziare per questi Interessanti particolari. Fare osservare che anche la Camera francese ha g!à approvato la convenzione, e che se dal nostro Parlamento non è votata entro !l presente scorcio d! sessione no! ci troveremo !n ritardo anche !n confronto dell'Austria e della Germania ». In base a tali istruzioni venne redatto !l D. 1884 del 5 giugno 1885, Indirizzato all'ambasciata a V!enna, non pubbl!cato.

(l) Allegata al presente documento s! trova la seguente annotazione d! Malvano:

(2) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III, c!t., pp. 188-189.

944

IL CAPITANO CECCHI E IL COMANDANTE DELLA “BARBARIGO”, FECAROTTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 926. Zanzibar, 30 maggio 1885, ore 17,10 (per. ore 19,19).

Concludemmo ieri con rappresentante sultano trattato sotto riserva approvazione reale. Invieremo prossimo postale. Circa altra trattativa attendiamo che

V.E. conosca ultimo rapporto (2) che perverrà Roma otto entrante. Impressionò ieri molto sultano notizia inviare Germania squadra navale. Si teme qualche complicazione insistendo Germania per avere alcuni punti costa presso Lamu. Parlò eventuale svolgersi delle cose nostre. Progetti potrebbero forse avvantaggiare (3).

945

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 488. Roma, 30 maggio 1885, ore 17,35.

Je vois que des journaux attribuent au capitaine Cecchi, actuellement à Zanzibar, un ròle hostile à l'Allemagne. V.E. connait les instructions qui lui ont été données, soit à l'égard d'une occupation éventuelle du còté du Juba, soit à l'égard de la question de la liberté du transit. Ces instructions sont inspirées par notre constant désir de ne rien faire qui puisse déplaire à l'Allemagne, et de la satisfaire pour autant que cela nous est possible. Je dois donc prier V.E. d'infliger aux bruits ci-dessus le démenti le plus formel.

946

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO

D. 170. Roma, 30 maggio 1885.

Segno ricevuta e ringrazio la S.V. pel suo rapporto di serie politica n. 390 in data del 16 corrente (4). Le confermo il nostro compiacimento per l'annunzio fattole pervenire dal sultano del prossimo invio di un'ambasciata in Italia.

Circa all'atteggiamento da osservarsr m ordine alle domande, che secondo quanto mi riferisce la S.V. sarebbe per fare la Francia, le confermo quanto le telegrafai in proposito il 28 corrente (1).

Raccomando in questa circostanza la maggiore prudenza e circospezione, poiché se il ministro di Francia venisse ad avere sentore dei consigli di resistenza trasmessi dalla S.V. al sultano, le loro reciproche relazioni diventerebbero assai delicate ed il Governo francese avrebbe qualche motivo di lagnarsi del nostro intervento.

Prego inoltre la S.V. di considerare che la resistenza del sultano, a certe proposte le quali sono nell'interesse della civiltà e della prosperità del Paese e che d'altronde non hanno conseguenze territoriali immediate, può creare tra la Francia ed il Marocco un antagonismo, il quale nelle attuali condizioni dell'Europa potrebbero forse cagionare lo smembramento dell'Impero a beneficio delle Potenze limitrofe.

Le concessioni fatte su questioni che non si riferiscono all'integrità dell'Impero possono allontanare la crisi, fino ad un momento più favorevole per la tutela dei nostri propri interessi.

Raccomando queste considerazioni alla seria attenzione della S.V., non dubitando che ella continuerà a mantenersi nelle sue relazioni colla massima prudenza.

(l) Ed. in L'Italia tn A/rtca, Oceano Indtano, tomo Il, cit., p. 23.

(2) -Non pubbl1cato. (3) -Comunicato con D. del 1° giugno al Ministero della marina. (4) -Non pubblicato.
947

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2281. Vienna, 30 maggio 1885 (per. il 4 giugno).

A succedere nell'arcivescovato di Praga a S. E. il cardinale Schwarzenberg, defunto mesi or sono, venne testé nominato da S.M. l'imperatore, il conte Francesco Schonborn, già vescovo di Bedweiss.

La conferma canonica, da parte della Santa Sede, è ritenuta imminente, quella nomina essendo più di qualsiasi altra gradita al Santo Padre.

Monsignor Schonborn, appartenente alla più alta nobiltà dell'Impero, cominciò a servire nell'esercito, che non tardò però ad abbandonare per entrare negli ordini religiosi. Egli non ha che 41 anni, è dotato di eletto ingegno a quanto si assicura, ed è incontestabilmente un uomo di azione. La porpora cardinalizia non tarderà ad essergli conferita ed è facile il prevedere ch'egli eserciterà una grande influenza sulle relazioni dello Stato colla Chiesa.

L'animo battagliero di quel prelato, la sua intransingenza, e la forza che egli trae dalle sue alte relazioni sociali, fecero sì che, per molto tempo, il Governo imperiale sconsigliò al sovrano di dargli una posizione troppo elevata nella gerarchia ecclesiastica.

Ma ora le circostanze sono mutate e ben si può dire che il Governo è en

trato in piena reazione politica e religiosa: quella nomina quindi, caldeggiata

sempre dal partito feodale-clericale, non trovò più ostacoli ed al giorno d'ogg\ un fatto compiuto.

Se di tuttociò, che potrebbe dirsi unicamente questione interna, ho creduto di dover far cenno all'E.V., si è non soltanto per segnalarle un sintomo della situazione, ma anche perché ritengo che prima, alla sordina, e poscia, apertamente, l'azione del nuovo primate di Boemia si farà sentire, a nostro danno, anche nelle relazioni della Monarchia coll'Italia.

Ad ogni modo è mio parere che la nomina di monsignor Schonborn all'arcivescovato di Praga non sarà senza esercitare, in avvenire più o meno remoto, una non favorevole influenza sui destini dell'Austria.

(l) Cfr. n. 939.

948

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALLL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Berlino, 30 maggio 1885.

Je pense que comme moi à Berlin, on vous tient un peu en charte privée à Vienne. Il en est de meme de la part de nos gouvernements. Aussi je m'étonne que vous trouviez toujours matière à rendre si intéressante votre correspondance particulière, votre dernière lettre, entre autres du 19 mai (l) dont je vous remercie.

Mancini m'a communiqué un de vos télégrammes contenant vos appréciations sur le dernier voyage à Vienne de M. de Bleichroder (2). Celui-ci persiste à affirmer qu'il s'y est rendu sur une invitation de Kalnoky désireux de l'entendre au sujet du raccordement des chemins de fer orientaux. Il voulait tout d'abord décliner, mais Bismarck l'avait engagé à faire acte de déférence. Il demandait au chancelier s'il était le cas de parler à cette occasion de certains défauts de la convention financière égyptienne. Il ne s'agirait pas de la refaire, mais d'en combler les lacunes par des clauses qui pourraient trouver piace dans un règlement d'exécution. Bismarck l'autorisait à en parler en voie privée et au nom de lui BleicbrOder. Tout cela est-il bien exacte? J'en avais télégraphié à Rome (3) en ajoutant qu'il serait peut-etre à propos de ne pas presser la discussion du projet de loi présenté à nos Chambres relativement à la garantie des 9 millions de livres sterling. Mancini s'en montrait désagréablement surpris, probablement parce qu'il croyait à une suggestion de l'Allemagne. Je lui ai expliqué que j'avais pensé utile qu'il fùt instruit plus amplement avant d'aborder la discussion à la Chambre.

A propos du voyage Bleichroder, il m'a aussi raconté confidentiellement d'avoir interrogé Kalnoky sur les rapports entre l'Autriche et l'Italie. Il lui était dit qu'ils étaient satisfaisants. Il surgissait pa.rfois de ces difficultés qui se produisent d'ordinaire entre voisins, mais on s'appliquait de part et

(2} T. 884 del 21 maggio 1885, non pubbl!cato.

d'autre à les surmonter dans un esprit de conciliation mutuelle. Kalnoky ajoutait qu'il y avalt encore la question de la visite faite et non rendue; que c'était bien malgré lui qu'il avait dft faire certaine déclaration par devant les délégations. Son Souverain s'était proposé de restituer la visite dans telle ou telle autre localité moins éloignée que Rome de la frontière, et en tenant compte des convenances du roi d'Italie; que malheureusement un journal, passant à tort ou à raison pour avoir des attaches avec la Consulta, avait publié que nous ne consentirions à recevoir la visite qu'à Rome meme; que c'était alors que lul Kalnoky, en présence d'interpellations très pressantes, s'était vu dans la nécessité de faire sa déclaration à la tribune.

J'ai transmis à Rome ces derniers détails pour ce qu'ils valent. Quant aux relations satisfaisantes j'ai laissé entendre que vous et le gouvernement étaient mieux à meme que moi de vous prononcer. Mais que si je devais en juger d'après ce qui se passe ici et dont le reflet devait problement exister à Vienne, je me prenais à douter de l'exactitude de l'appréciation Kalnoky. En tout cas on nous mesure très parcimonieusement les bons procédés, et en certaines circonstances ils font complètement défaut. Dans les affaires importantes on nous Iaisse en dehors des pourparlers. L'alliance perd de jour en jour de sa valeur. Je cherche vainement à réagir contre cette situation. J'avale souvent des crapauds et des couleuvres, sans trop crier, et en me défendant autant que possible de toute humeur morose, de crainte de trop mettre à découvert aux yeux du public un tel état de choses dont nos intérets et notre dignité souffrent.

Je suppose qu'on vous enverra copie de ce rapport.

Les commentaires vont leur train sur la course récente de lord Rosebery. Bismarck nie qu'il ait eu une mission officielle. Méme dénégation de la part de l'ambassade britannique. C'est leur ròle de parler ainsi. Mais je sais par Malet que lord Rosebery, tout en se déclarant très reconnaissant du parfait accueil rencontré dans la famille de Bismarck où il était des mieux notés par son inttmité avec le fils ainé du chancelier, n'a pas emporté d'ici au point de vue politique de bonnes impressions. De son propre mouvement il avait exprimé combien on attachait de prix à Londres de resserrer les liens d'amitié avec I'Allemagne; à savoir ce qui pourrait convenir à Bismarck car on voudrait lui étre agréable. II lui a été répondu en termes généraux qu'ici aussi on n'avait rien négligé pour vivre en bons termes sur le pied de la réciprocité. Mais quand Rosebery faisait mine d'entrer dans le vif des questions à l'ordre du jour, Bismarck se renfermait dans une réserve qui écartait toute discussion sérieuse. Son interlocuteur avait le sentiment que Bismarck attribuait à Gladstone le projet de rétablir l'entente entre l'Angleterre et la France, entente qu'ici précisément on cherche à entraver; et ce d'autant plus depuis le changement du ministère français. M. Ferry inspirait une confiance dont M. de Freycinet n'a pas hérité. Le premier avait inauguré le rapprochement entre leS' deux Pays. Le second assure il est vrai qu'il continuera dans la méme voie, mais il est tenu à user de plus de ménagements envers le parti de la gauche surtout en vue des élections. Bref il ne parait guère enclin à marcher autant que son prédécesseur à la remorque de l' Allemagne.

Il y a six ou sept jours on estimait ici que le danger d'un conflit entre l'Angleterre et la Russie n'était pas encore écarté. Le Cabinet de Saint Pétersbourg calculant sur la faiblesse de M. Gladstone élevait des prétentions dont l'acceptation eut soulevé une indignation générale au de là de la Manche. On a fini par le comprendre en Russie, et tout récemment la corde bien près de se rompre s'est détendue. Aujourd'hui les nuages qui grossissaient à l'horizon semblent s'eloigner. On ne doute plus ici de l'entente. De ce còté là du moins on compte sur la paix pour un certain temps,

Je ne sais plus rien, à part les récits des journaux, sur nos entreprises dans la Mer Rouge. C'est là pour nous un gros point noir. Nous sommes une Nation trop jeune pour nous exposer à des échecs.

J'ai reçu le livre vert sur les négociations avec l'Autriche-Hongrie pour la p~che dans l'Adriatique et la conférence de Goritz. Je vous fais de tout creur mes compliments de votre part active et intelligente pour la défense de nos intérHs engagés dans la question. Vos rapports du 19 octobre 1881, du 7 septembre avec un mémoir annexé, du 31 mars 1882 (1) etc. etc. ont particulièrement fixé mon attention.

Dans ces derniers jours les nouvelles sur la santé de l'empereur étaient fort inquiétantes. Maintenant il va mieux. Mais ces crises qui se répètent à des époques toujours plus rapprochées, laissent assez prévoir que son règne ne sera plus que de courte durée.

(l) -Non pubblicata. (3) -T. 914, del 27 maggio 1885, non pubblicato.
949

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 929. Berlino, 31 maggio 1885, ore 15 (per. ore 21).

Escadre allemande de trois corvettes avec un ensemble de 1200 marins et 57 canons a l'ordre de croiser devant Zanzibar. Les batiments, dont elle est formée et qui se trouvaient respectivement à Sydney, Omoy et Montevideo, sont déjà en route pour leur destination; ils seront rejoints par deux navires nolisés à Hambourg pour apporter munitions et approvisionnements. Cette escadre consolidée par un «Commodor ~ a évidemment instructions de soutenir les réclamations du Cabinet de Berlin au sujet des récentes prises de possession contestées par le sultan Atg ... (2). J'ignore si le capitaine Cecchi a déjà pu constater s'il y a convenance ou non d'occuper la région où débouche le Juba; dans le cas affirmatif, et si ce territoire encore libre offre de réels avantages économiques et politiques, il ne faudrait pas perdre de temps, car l'Allemagne pourrait fort bien nous devancer dans ce moment surtout où elle va disposer de grandes forces à Zanzibar. Je ne manquerai pas de m'acquitter des instructions contenues dans le télégramme de V.E. d'hier au soir (3).

(1) -Non pubbllcat1. (2) -Gruppo indeclfrato. (3) -Cfr. n. 945.
950

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL CAPITANO CECCHI (l)

T. 491. Roma, 31 maggio 1885, ore 18.

Ricevuto telegramma (2). Mi compiaccio conclusione trattato. Manderò istruzioni dopo ricevuto annunciato rapporto (3). Rinnovo viva raccomandazione riserbo e amichevole atteggiamento verso Germania sopratutto se scoppiasse conflitto armato. Ricordo altresì nostro impegno appoggiare uffici Germania per libertà transito nei domini del sultano (4).

951

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 1900. Roma, 31 maggio 1885.

Ringrazio l'E.V. per le informazioni che, a complemento di quelle già precedentemente fornitemi, ella si compiacque trasmettermi col suo rapporto in data del 26 corrente (5), relativamente al recente viaggio del signor Bleichroder a Vienna ed alla convenzione finanziaria egiziana.

Apprezzo invero le considerazioni dall'E.V. svolte per dimostrare l'opportunità di ritardare davanti le nostre Camere la discussione del progetto di legge sulla guarentigia del prestito egiziano.

Senza troppo sollecitare tale discussione noi dobbiamo però in ogni modo ottenere l'approvazione di tale progetto dalle Camere prima che esse si separino, altrimenti ci troveremmo in ritardo in confronto della Germania e dell'AustriaUngheria, il nostro Parlamento non riaprendosi che solo in fine di novembre. Del resto il telegrafo ci annunzia ora che la convenzione in discorso fu già approvata dalle Camere francesi.

Quanto al pagamento delle cedole d'interesse, certamente noi faremo domanda ch'esso sia effettuato anche a Roma, qualora altre Potenze facessero un'analoga domanda. Tuttavia a noi non sembra conveniente di prendere una iniziativa al riguardo, la quale potrebbe sollevare intempestive quistioni.

952

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 494. Roma, 1° giugno 1885, ore 24.

Nous avions, vous le savez, déjà donné instruction à Cecchi d'appuyer !es démarches du consul allemand auprès du sultan de Zanzlbar pour l'adoptlon

(31 N<>n nubbl!cato. 141 Comùn!cato con D. del 1° giugno 1885, a.! Ministero della marina.

du libre transit conformément à l'acte de Berlin. Maintenant, en vue du conflit qui parait devoir se produire entre l'Allemagne et le sultan, j'ai renouvelé à Cecchi et au commandant du «Barbariga :. de se maintenir dans une attitude de réserve amicale envers l'Allemagne. Nos projets d'occupation éventuelle concernent les bouches du Juba, c'est-à-dire des points très-éloignés, soit de Zanzibar, soit des territoires en terre ferme, en face de cette ile, que les allemands ont occupé malgré la protestation du sultan. Nous attendons dans très peu de jours un rapport de M. Cecchi (l) qui doit nous mettre en mesure de prendre là-dessus une décision définitive. Comme les visées de l'Allemagne paraissent étre dans une direction différente, je vous laisse juger s'il ne nous convient de faire amicalement connaitre au Cabinet de Berlin nos desseins éventuels et subordonnés encore à des renseignements ultérieurs. Nous éviterions ainsi tout danger d'accroc en compétition entre les deux Gouvernements alliès.

(1) Ed. In L'Italia tn Africa, Oceano Indiano, tomo II. clt., p. 24.

(2) -Cfr. n. 944. (5) -R. 3885, non pubblicato.
953

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 1903. Roma, 2 giugno 1885.

Il capitano Cecchi ed il comandante del «Barbariga » mi hanno avvisato per telegrafo (2) della firma d'un trattato di amicizia, commercio e navigazione col sultano di Zanzibar, avvenuta il 29 maggio scorso, ed hanno soggiunto che, quanto alle trattative, aspettano che io abbia preso cognizione d'un loro rapporto che è per via. Essi hanno anche accennato che al sultano fece molta impressione la notizia dell'invio di una squadra tedesca.

Risposi ieri l'altro (3) al capitano Cecchi che mi compiacevo della conclusione del trattato, che avrei mandato istruzione, dopo aver ricevuto l'annunziato rapporto, che rinnovavo la più viva raccomandazione di riserbo e di amichevole atteggiamento verso la Germania, soprattutto se scoppiasse conflitto armato, e che ricordavo il nostro impegno di appoggiare gli uffici della Germania per la libertà di transito nei domini del sultano.

Stimo dover partecipare a V.E. il sunto di queste nuove istruzioni, in aggiunta e conferma degli schiarimenti che le comunicai con telegramma del 30 maggio (4). V. E. del resto, cui è ben noto che le nostre istruzioni al capitano Cecchi sono state sempre inspirate dal costante desiderio di non far nulla che possa dispiacere alla Germania, e di soddisfarla, per quanto sia possibile, non avrà esitato a smentire nel modo più formale le assurde voci che attribuiscono aUa missione del capitano Cecchi un intento ostile alla Germania.

{l) Non pubblicato.

(2) -Cfr. n. 944. (3) -Cfr. n. 950. (4) -Cfr. n. 952.
954

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. CONFIDENZIALE 943. Parigi, 3 giugno 1885, ore 18,50 (per. ore 21,15).

La commission plénière de Suez se réunira demain. L'entente entre les délégués anglais et la France sur l'article de la surveillance n'a pas encore pu s'établir et l'écart entre les nouvelles rédactions confidentiellement échangées entre sir Julian Pauncefote et M. Freycinet laisse la question à peu près au point où elle était. Sir Julian Pauncefote vient de me dire que dans cette situation il ne croit plus à un accord et qu'il proposera à lord Granville de déposer, lorsque la commission se réunira pour la dernière fois, le projet de traité tel que Angleterre serait prete à le signer, pour ne pas laisser croire que dès le commencement elle ne voulait pas de traités du tout. Cependant Pauncefote m'a dit qu'il y a depuls ces jours derniers un peu de froid entre Berlin et Paris,

M. de Bismarck voulant établir l'ingérence internationale en Egypte, tandis qu'ici o n tacherait de se rapprocher de l'Angleterre sur la nouvelle interprétation.

955

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. CONFIDENZIALE 620/598. Londra, 3 giugno 1885 (per. il 7).

Ho ricevuto il 29 maggio scorso il telegramma della stessa data (2), relativo all'affare di Zeila. Con quel telegramma l'E.V. mi diceva in sostanza che la risposta di lord Granville intorno ad un'occupazione eventuale di Zeila per parte dell'Italia essendo la stessa che si fu fatta per Massaua, ed avendo il Gabinetto inglese ammesso pubblicamente che aveva veduto con occhio favorevole l'occupazione italiana di quest'ultima località, era da presumersi che una dichiarazione analoga potrebbe essere fatta nei Parlamenti a Londra e a Roma, qualora Zeila fosse occupata dalle nostre truppe. Su questo punto delicato l'E.V. esprimeva il desiderio che io interrogassi lord Granville, soggiungendo che, essendo intenzione del Governo del re di non far nulla che possa discordare dalle idee del Governo britannico in questa questione, era indispensabile che di queste idee ci fosse data qualche esatta nozione, prima di mettere in deliberazione una risoluzione definitiva intorno a Zeila ed all'Harar.

Quando questo telegramma mi giunse, lord Granville era assente da Londra. Presi il partito di mandargli una copia, modificata nella forza, del telegramma stesso, accompagnandola con poche righe di trasmissione, nelle quali accennai tuttavia alla cattiva impressione che aveva fatto sull'animo dell'E.V. la frase di cui lord Granville si era servito nella memoria verbale da me trasmessa al

l'E.V., e colla quale si dichiarava che l'autorità inglese non opporrebbe la forza alla nostra occupazione di Zeila. Lord Granville tornato ieri in città, mi pregò di recarmi al Foreign Office, e mi fece la risposta seguente.

Anzitutto, Sua Signoria dichiarò che la frase, di cui è fatto cenno di sopra, era stata usata in conversazione, giacché la memoria verbale, scritta sotto i miei occhi da lord Granville il 20 maggio scorso, mi era stata consegnata soltanto come ricordo della conversazione, e doveva quindi considerarsi come una semplice comunicazione orale. Lord Granville disse che quella frase non era intesa a dare adito a qualche arrière-pensée (cito le parole stesse di cui si servì Sua Signoria), e tanto meno a dimostrarci ora minore amicizia di quella che il Governo inglese aveva provato ed espresso in tutte le conversazioni che ebbero luogo a proposito di Massaua. Lord Granville mi rammentò avermi detto che V.E. nelle sue dichiarazioni al Parlamento italiano gli sembrava aver proceduto oltre quanto fosse stato autorizzato da qualsiasi cosa detta o scritta a proposito di Massaua; ma che egli, lord Granville, aveva con cura evitato di insistere su questo punto per tema di creare un imbarazzo qualunque al Governo del re. Lord Granville terminò, dicendomi che non aveva alcuna abbiezione, se ciò mi sembrava dover essere gradevole all'E. V., di togliere la frase «that we (the english Government) should certainly not oppose it by force~.

Questa è la risposta datami da lord Granville, che egli, secondo il desiderio da me espressogli, consentì a mettere in iscritto, a condizione che lo scritto dovesse considerarsi come comunicazione assolutamente orale. V.E troverà qui unita la copia testuale di questa comunicazione.

Sul cenno fatto da lord Granville rispetto alle dichiarazioni dell'E.V. in seno al Parlamento italiano, debbo una spiegazione. Le prime dichiarazioni dell'E.V. alla Camera furono qui trasmesse in sunto dalla telegrafia privata, col solito effetto di esagerazione prodotto da quel modo di trasmissione. Ricordo perfettamente che lord Granville mi aveva detto in allora che quelle dichiarazioni gli erano parse eccessive. Al che io aveva risposto, pregando Sua Signoria di aspettare che giungesse il testuale discorso dell'E. V. e lo leggesse per intero. Ed in quella occasione assicurai lord Granville che certamente l'E.V. non aveva asserito esservi un accordo tra l'Italia e l'Inghilterra, attesoché ella era stata da me debitamente avvertita di non usare quella o altra simile parola, che sarebbe stata inesatta, e l'E.V. aveva perfettamente consentito in ciò. E difatti nel discorso dell'E.V. non è detto in nessuna guisa che vi fosse un accordo o patto qualunque fra l'Italia e l'Inghilterra.

La risposta fattami jeri da lord Granville non sarà probabilmente trovata interamente soddisfacente dall'E.V. Alla nostra precisa domanda se, in caso di occupazione italiana di Zeila, i due Governi possano dichiarare all'uopo nei rispettivi Parlamenti che quell'occupazione è ben vista dal Gabinetto di Londra, lord Granville non risponde con eguale precisione, ed anzi ha cura di ricordare l'impressione eccessiva fatta sopra di lui dalle precedenti dichiarazioni dell'E.V. a proposito di Massaua. Consente a che la frase, che aveva suonato sgradevolmente al di lei orecchio, sia tolta. Ma non ci dà alcuna nozione delle idee del Governo inglese sugli affari del Mar Rosso, evitando cosi

di rispondere ad un'altra domanda precisa da noi fattagli in proposito. Se non che, intorno a quest'ultimo punto, era da prevedersi che noi non avremmo ottenuto nulla di chiaro. Il Parlamento inglese che da due anni non fa che replicare le domande d'informazione sul Mar Rosso e sull'Egitto, non è più fortunato di noi. Né io qui intendo dirigere un appunto qualsiasi al Governo inglese. Le circostanze, dentro le quali questo si muove da due anni in qua, sono talmente gravi, e di cosi instabile natura, che riesce assai difficile l'incarnare progetti a priori, e proseguirli fermamente e senza deviazione. Io qui mi llmito a constatare il fatto, che cioè il Governo inglese, nemmeno ora, non ha dichiarato un piano immutabile e preciso. Tuttavia, nell'incertezza, e nella varietà degli eventi, e conseguentemente in quella dei propositi, alcuni punti, più o meno fissi, sembrarono emergere. Il presente Gabinetto inglese rinunzia ad operazione militare nel Sudan; è deciso a ritirare, in un avvenire che non può ancora determinarsi, le truppe inglesi dall'Egitto; è deciso ad evacuare parecchi punti del Mar Rosso, come Zeila e forse Suakim; preferirebbe che Zeila, anziché cadere in potere della Francia, cada in potere dell'Italia: ma non sarebbe oltremodo turbato da un'occupazione francese di questo punto, come non lo fu da quella di Tagiura. Ad entrambe preferirebbe l'occupazione turca. Non vuole poi, almeno finora, alcun accordo con noi rispetto a queste occupazioni, intorno alle quali vuole potersi lavar le mani (1}.

ALLEGATO

IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI GRAN BRETAGNA, GRANVILLE, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

Londra, 2 giugno 1885

In answer I Oord Gmnville) stated to M. Nigra that the phrase alluded to. had been used in conversation; that it was not intended to convey any arrière-pensée, and certaJ.nly not to show less friendship than we (the british Governement) had felt and marked in all the conversations that had taken piace on the sul}ject of Massowah; that M. Nigra would remember that I had mentioned to him, that M. Mancini seemed to have gone further in his declarations to the italian Parliament that was authorised by any thing which had been said or written on the subject of Massowah. But that I had carefully avoided insisting on this point for fear of creating any embarassment for M. Mancini.

I had no objection whatever if M. Nigra thought it would be agreable to M. Mancini, to leave out the phrase that we should not reslst by force.

(l) Eò. In L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III. clt., pp. 189-191:

(2) Cfr. n. 938.

956

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY.

D. 1907. Roma, 5 giugno 1885.

La ringrazio del rapporto del 28 maggio scorso, al n. 3888 (2), circa la opposizione del sultano di Zanzibar alle occupazioni territoriali della compagnia germanica per l'Africa orientale.

«Segnar ricevuta e ringraziare delle spiegazioni fornite. SI vedrà ora quale sia la risoluzione da prendersi». In base a tali Istruzioni venne redatto Il D. 778 dell'8 giugno 1885, diretto all'ambasciata a Londra, non pubblicato.

Mi riferisco alle precedenti comunicazioni sulle nostre vedute e sul nostro contegno rispetto a quel sultano, segnatamente al telegramma che diressi a

V.E. il 1° corrente (1). Le partecipavo con esso che, in vista del conflitto che si minaccia fra la Germania ed il sultano di Zanzibar, io avevo rinnovato al capitano Cecchi ed al comandante del «Barbariga~ di mantenersi in attitudine di amichevole riserva verso la Germania. I nostri progetti di eventuale occupazione sono rivolti alle bocche del Giuba, molto lontano cioè tanto dall'isola di Zanzibar, quanto dai territori di terraferma, in faccia dell'isola che i tedeschi hanno occupato malgrado le proteste del sultano.

Noi attendiamo in questi giorni un rapporto del capitano Cecchi che deve metterei in grado di prendere a tal proposito una decisione definitiva.

Poiché le viste della Germania sembra che abbiano una direzione differente, lascio V.E. giudice della convenienza di far conoscere in via amichevole al Gabinetto di Berlino i nostri eventuali disegni subordinati ancora ad ulteriori ragguagli.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:

(2) Non pubblicato.

957

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 959. Parigi, 6 giugno 1885, ore 18,05 (per. ore 21,30).

A la suite du télégramme de V.E. daté d'hier relatif à l'incident de Tunis (2), je me suis présenté aujourd'hui deux fois chez M. Freycinet, qui était d'abord retenu par le Conseil des ministres puis qui devait se rendre à la Chambre, aussi n'a-t-il pu m'accorder que quelques instants d'entretien. Me référant au télégramme de V.E. et à ceux de l'agence Havas, je lui ai exposé combien l'ordre du jour du général Boulanger était anormal et offensif envers les italiens provoqués qu'il était par le fait isolé d'un italien ayant frappé un officier français, dont tout le ressentiment s'était traduit en une plainte au tribuna! correctionnel composé de magistrats français qui n'avaient pas jugé le délit passible de plus de six jours de prison. J'ai fait remarquer l'exagération du ministère public qui sous la pression de la proclamation susdite renvoyait le condamné à Alger pour y ètre de nouveau jugé, en soumettant ainsi par le fait méme du voyage à une aggravation de peine hors de proportion avec le délit. J'ai fait observer que les italiens s'étaient soumis volontiers à la juridiction française que depuis lors le calme s'était retabli dans la Régence; mais que procéder comme le voudrait le général Boulanger, qui engage les militaires à se faire justice eux-mémes, c'est provoquer de vives récriminations dans notre Pays et l'exciter à redemander le régime des capitulations, ce qui entrainerait d'autres Puissances. J'ai relevé les mots de la proclamation qui traite les italiens d'étrangers vis-à-vis des français en Tunisie, nous ne le sommes pas plus que eux puisque nous habitons en grand nombre la Tunisie

depuis des siècles. J'ai parlé sérieusement à M. de Freycinet, tout en insistant que c'était à titre tout amicai pour faire voir les dangers qui pouvaient naitre de cet incident si le Gouvernement de la République n'y portait pas un esprit de conciliation qui est dans notre désir. M. Freycinet m'a dit n'avoir encore reçu aucun rapport officiel sur l'incident, si ce n'est sur la sentence du tribuna!. Le ministre de la guerre lui-mème ne connaissait que par les journaux l'ordre du jour du général Boulanger; il me priait donc de revenir le voir lundi prochain à 3 heures; dans l'intervalle il se fera télégraphier tous l es détails de l'affaire et, lorsqu'ils seront connus, nous pourrons discuter avec calme; de son còté il y portera la plus ferme intention d'éviter que cet incident ne trouble les bons rapports de nos deux Pays; c'est son désir le plus vif. Je n'ai pas pu découvrir dans le livre vert sur la juridiction tunisienne n. 105, page 106, l'article qui nous autoriserait à protester contre le transfert du condamné à Alger, puisque pour les peines correctionnelles en appel on se réfère au code de procédure français, qui prescrit se transfert. Je reçois à l'instant le deuxième télégramme de V.E. en date d'aujourd'hui; comme l'ordre du jour du général Boulanger a été vivement critiqué mème par le journal ministérial des Débats, il est possible qu'on l'ait supprimé.

(l) -Cfr. n. 952. (2) -T. 501, non pubblicato.
958

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE, A TUNISI, MALMUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 963. Tunisi, 6 giugno 1885, ore 21,10 (per. ore 2,15 del 7).

Au transfert Tesi à la gare a assisté une foule de qui partaient des cris de sympathie pour le condamné. Gendarmes arrètèrent deux jeunes italiens qui ont été condamnés hier au soir par Tribuna! français l'un 20, l'autre 30 jours prison. Général irrité contre magistrature, à son avis trop indulgente, publia ordre du jour engageant officiers et soldats ne pas sortir isolément, se défendre armes au besoin pour respect uniforme et chàtiment agresseurs. Cette proclamation considérée provocation outrageante envers italiens, a fait renaitre dans toute sa force agitation hier apaisée, et graves désordres sont à craindre. Craignant conséquences à mon avis inévitables agglomerations nationaux occasion fète demain, j'ai cru devoir suspendre réception officielle colonie au consulat et je l'ai notifié au ministre résident me basant sur l'effet dite proclamation militaire. Je crois pouvoir compter jusqu'à présent sur parfaite adhésion colonie et ne desespère calmer les esprits. En substance à la suite de longue conversation très amicale avec le ministre résident, je pense que j'ai détruit chez lui impression que notre colonie soit obstile pour raisons politiques, et qu'il est loin d'approuver conduite agents subalternes et général Boulanger. Le ministre m'a donné assurance sur l'honneur que incident survenu ne cache aucune arrière-pensée. J'ai cru comprendre qu'il est impuissant contre le général Boulanger, ayant fini sa conversation disant que si Freycinet était informé par général Menabrea agitation actuelle colonie italienne n'a rien de politique, cette confirmation de ses derniers rapports devrait conduire M. de

Freycinet à désapprouver peut-étre général. Il a fait allusion à l'existence de relations extremement intimes aujourd'hui entre la France et l'Italie et au besoin de suffoquer ici, si possible, toute cause malentendu, sauf renvoyer approbation différer discussion relativement transfert Tesi à Alger.

959

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 962. Therapia, 7 giugno 1885, ore 0,13 (per. ore 12).

Il me revient de très bonne source que le Conseil des ministres, sur la base des ouvertures verbales qui auraient été faites par Granville à Musurus, a soumis avant-hier au sultan un avis unanime pour l'occupation de Zeila et de Souakim. Malgré celà il parait fort douteux que Sa Majesté accède à une telle proposition.

960

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 977. Parigi, 9 giugno 1885, ore 17 (1).

Après lecture du dernier procès-verbal, la commission de Suez a renvoyé ce matin à la séance suivante la déliberation sur l'article touchant la surveillance, tous les délégués n'étant pas encore munis d'instructions définitives. Le premier délégué d'Allemagne m'a dit confidentiellement, avant la séance, que, pour sa part, il ne acceptera pas le dernier amendement anglais. La France parait, de son còté, vouloir y ajouter la clause transactionnelle que les représentants se réuniront d'office deux fois par an pour adresser à leurs gouvernements un rapport sur la situation du canal et elle veut statuer aussi expressément sur la question de la présidence de ces réunions. La commission a abordé ensuite la discussion sur la neutralisation des eaux territoriales de l'Egypte. Le délégué de Russie a développé les raisons pour lesquelles il lui parassait indispensable d'étendre la neutralisation à une certaine zone dans la Mer Rouge. Conformément aux instructions de V. E. et après entente avec le délégué anglais, j'ai contesté la compétence de la commission à s'aventurer sur ce terrain exclusivement politique et j'ai déclaré par là que l'on entendait donner une interprétation aussi large aux mots « eaux territoriales ~ de l'art. 5. Je demandai leur suppression sauf déterminer l'étendue des approches du canal proprement dites qui seront à l'abri d'actes d'hostilité. Sir Julian Pauncefote a appuyé cette demand en réclamant également la suppression des mots «eaux territoriales ~ et proposant de dire «approches dans le rayon d'une lieue marine des ports d'accès du canal~. Les délégués d'Autriche et France se sont prononcés dans le sens du maintien des mots «eaux territoriales ~ dans l'art. 5 et de Ieur

60 -DocumenU diplomatici -Serie II -Vol. XVII-XVIII

défi.hitiori par négociatìon ultérieure entre les gouvernements. Les délégués à'Allemagne et Turquie o-nt demandé le renvoi dans l'attente d'instructions, mais ces derniers se sont provisoirement montrés favorables aux idées émises par le commissaire russe qui a beau jeu en soutenant que tout ce qu'on fera pour le libre passage du canal de Suez sera illusoire tant qu'une Puissance pourra enfermer l'accès à l'ile de Perim. La prochaine séance à été fixée à jeudi matin.

(l) Manca l'lnd1caz1one dell'ora di arrivo.

961

IL VICKCONSOLE IN MISSIONE SPECIALE A MASSAUA, MAISSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 92. Massaua, 9 giugno 1885 (per. il 19).

Ebbi cura d'informare V. E. come il vice console di Francia, signor Lemay, al ritorno dalla sua missione in Abissinia, mi facesse cenno di talune proposte che egli aveva inviate al suo Governo per un accordo tra l'Italia e la Francia circa gli affari del Mar Rosso. Egli non mi disse mai quale dovesse essere la base di queste intelligenze; ma dai colloqui che io ebbi con lui ho tratta la convinzione che egli abbia consigliato a Parigi di cedere sulla questione di Zula, chiedendoci come compenso di non creare ostacoli ai progetti della Francia f?()Pl'a Zeila e l'Harar.

Non sarebbe quindi impossibile che, qualora noi imprendessimo a trattare col Governo della Repubblica per Zula, il suggerimento del signor Lemay fosse tenuto presente; e sarà bene stare in guardia contro una tale evenienza.

Aggiungerò che informazioni pervenutemi da fonte francese confermano intieramente ciò che fu già riferito a V. E. circa gli intrighi francesi su quella costa. L'agente della Repubblica, signor Henry, andrebbe distribuendo patenti di protezione e bandiere, e mi si disse persino che i neo-protetti aspettavano la ricorrenza della festa nazionale francese del 14 luglio per fare in favore della Francia una grande dimostrazione inalberando i tre colori sulle loro case.

Non sono qui in grado di controllare queste notizie; ma, poiché esse si riferiscono ad argomento che vedo star a cuore al R Governo, le trasmetto per ciò che valgono. V. E. vedrà in quale conto esse possano essere tenute.

962

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

:R. 2285. Vienna, 10 giugno 1885 (per. il 12).

Ringrazio l'E. V. per la trasmissione che volle farmi col suo dispaccio del 5 corrente n. 1882 (l) di copia d'un rapporto di S. E. il conte de Launay (2) rela

(n N•Jn l'l1 bb1icr,to. ( ._, ,_, ..-.' ,.,

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tivo ad alcune comunicazioni fattegli dal signor Bleichroder intorno ad un colloquio che questi ebbe a Vienna col conte Kalnoky. L'E. V. mi esprime il desiderio che eventualmente io abbia a ristabilire la giusta versione, segnatamente in quanto concerne la non restituita visita reale.

Difficilmente mi si presenterà l'occasione di ciò fare col conte Kalnoky: infatti egli si guarderà bene dal ripetere meco una sì fantastica versione del noto incidente poiché il modo così chiaro e preciso col quale io ebbi a ricapitolargli e ad apprezzare le varie fasi della questione nelle poco piacevoli conversazioni che ebbi con lui a Pest a tale riguardo, dopo che egli aveva fatto le note imprudenti dichiarazioni alle delegazioni, gli ha indubbiamente tolto ogni desiderio di ritornare meco su quell'argomento.

In quanto a porre in sodo con altre persone il vero stato delle cose, non ho mai mancato di farlo, e con la maggior precisione, ogni qualvolta l'occasione opportuna mi si presenti, e così continuerò a fare anche per l'avvenire, sebbene ormai non sia più possibile il pensare che si riesca a disfare il male fatto con tanta leggerezza.

Per quanto poi riguarda la affermazione del conte Kalnoky che le relazioni tra l'Austria-Ungheria e l'Italia siano soddisfacenti, mi permetterò di osservare che quella qualifica si potrebbe applicare ove si trattasse delle relazioni fra l'Olanda e la Grecia, ma non si possono certamente così definire i rapporti attualmente esistenti fra l'Austria-Ungheria e l'Italia, Grandi Potenze confinanti ed unite l'una all'altra da una ben precisa alleanza.

Al pari del conte de Launay a Berlino devo constatare io a Vienna che siamo tenuti completamente all'infuori di quegli scambi d'idee che riguardano le quistioni generali malgrado essi siano tassativamente stabiliti dai patti solennemente stipulati. Qui come a Berlino si lavora continuamente ad isolarci ogni nostro atto ogni nostra parola è oggetto di diffidenza marcata; e purché qili si supponga un nostro particolare interesse in una quistione, si può essere cci'U di trovare il Gabinetto di Vienna schierato nel campo opposto al nostro.

Al pari del mio illustre collega il conte de Launay, mi studio di non lasciar trasparire questo stato di cose, che ove fosse generalmente conosciuto lederebbe assai gravemente la nostra dignità, il nostro prestigio in Europa. Ma non credo poi neppure conveniente di lasciare supporre al Governo imperiale che non mi accorga della situazione in cui ci troviamo, e quindi non solo non faccio mai la più lontana allusione ad un trattato ormai senza valore di sorta, ma m'astengo anche da qualsiasi accenno ad un desiderio di scambio di vedute nelle questioni generali pendenti, !imitandomi ad ottenere le informazioni che desidero col far cadere incidentalmente la conversazione col ministro e coi suoi capi sezione su quelle quistioni, prendendo sempre unicamente per punto di partenza le notizie che corrono per i giornali e mostrando di apprezzarle con indifferenza. Le eccellenti relazioni personali che malgrado tutto mantengo col conte Kalnoky, col signor Szogyenyi e con tutti qui, rendono meno difficile l'azione mia in tal senso.

Del resto come sintomo dei sentimenti che qui si nutrono a nostro riguardo, unisco al presente la ufficiale Wiener Abend Pest di ieri l'altro (l) che contiene

apprezzamenti sulla nostra situazione nel Mar Rosso espressi in maniera del tutto insolita per quel giornale che nel suo riassunto politico si limita tutt'al più a citare fatti senza aggiungere mai commenti. Infatti fino a questi ultimi giorni la Wiener Abend Post non aveva neppur mai accennato alla nostra andata nel Mar Rosso, ed anzi da parecchi mesi non faceva più menzione dell'Italia in maniera alcuna, quasi non esistesse.

Del resto giustizia vuole si tenga conto che per quanto riguarda la politica estera la corrente qui è unicamente determinata dal vento che spira da Berlino.

(l) Non si pubblica.

963

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 137. Pietroburgo, 11 giugno 1885 (per. il 20 giugno).

Nell'ultima mia visita al signor de Giers richiesi questi che ci fosse di vero nella voce corsa di un convegno da tenersi nel prossimo luglio dai tre imperatori in Ischl. Il ministro mi rispose che nulla era stato per anco detto su questo argomento, che però in conformità agli usi l'imperatore Alessandro, restituirebbe all'imperatore d'Austria la visita fattagli nello scorso anno, ma che sin al di d'oggi nulla v'era di determinato né sulla epoca né sulla località in cui l'incontro si effettuerebbe.

964

IL COMANDANTE DELLA « BARBARIGO » FECAROTTA E IL CAPITANO CECCHI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 1005. Zanzibar, 12 giugno 1885, ore 17,05 (2).

Nostro trattato sostanza conforme Inghilterra arriverà costì nove. Presenti circostanze rendono impossibile ottenere sultano possesso rifugio baia nemmeno contro grossa somma. Suoi interessi, più che volontà, vietanlo. Assicurasi V. E. non esistere interesse germanico dal Giuba fino duecentottanta chilometri sud Vitu, piccolo villaggio residenza protetto Germania, cui autorità limitatissima; quindi nessuno ostacolo spedizione Giuba. Dati mezzi necessari, anzi crediamo sultano disposto prestare buoni uffici spedizione. Sultano incaricaci presentare Consiglio dei ministri ringraziamenti amicizia dimostrata. Agente inglese partecipò telegramma ricevuto suo Governo.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Oceano Indiano, tomo II. cit., p. 26.

(2) Manc:> l'indicazione dell'ora di arrivo.

965

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1007. Parigi, 12 giugno 1885, ore 19,50 (per. ore 22,10).

Aujourd'hui à l'ouverture de la séance, j'ai exposé les raisons pour lesquelles nous retirions notre amendement sur l'art. surveillance et acceptions l'anglais. Aucune nouvelle proposition transactionnelle n'ayant été faite, le président a mis aux voix l'art. 9 français avec la modification que la commission de surveillance « s'entendra avec qui de droit pour assurer le libre usage du canal~ au lieu de nommer la compagnie de Suez. Espagne et Pays-Bas ont réservé leur vote. Tous les autres délégués ont adopté l'article, sauf naturellement les anglais et nous. On a passé ensuit à la 2ème Iecture du traité. J'ai maintenu nos variantes sur les art. 5 et 6 conformes aux propositions anglaises. J'indiquerai par rapport les modifications moins importantes. A la suite d'une proposition du délégué d'Allemagne, la commission a adopté à l'unanimité, sauf les anglais, un nouvel article qui prendra piace après l'article 15 et qui est ainsi conçu: « Les stipulations du présent traité ne feront pas obstacle aux mesures sanitaires en vigueur en Egypte ». Nous l'avons accepté sous réserve d'approbation ou de quelque amendement éventuel de V. E. Je vous prie de me télégraphier pour la séance de demain vos instructions à ce sujet. Il a été entendu que le dernier protocole contiendra le texte du projet définitivement arrété avec Ies réserves de chacun et en regard le texte du projet amendé pour les anglais que sir Julian Pauncefote déposera. Ce protocole sera l'acte fina! de la commission, réputé fin de la séance. Le premier délégué anglais a declaré que le Gouvernement britannique ne se croirait, en tout cas, pas lié par Ies clauses du traité, à intervenir, tant que durera l'état transitoire et exceptionnel où se trouve actuellement l'Egypte. M. Pierantoni part à l'instant pour l'Italie.

966

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

D. 572. Roma, 12 giugno 1885.

Il r. console in missione a Massaua, in un suo recente rapporto (1), riferisce che Zula è tuttora occupata da un drappello di dieci basci-buzuk egiziani e non vi esistono opere di fortificazione.

Il cavaliere Maissa si è adoperato perché questo piccolo presidio non sia ritirato, egli segnala il grave danno che risulterebbe dall'occupazione per parte dei francesi di Zula, interrompendosi, in seguito ad essa, le nostre occupazioni per terra con Arafali, e rendendosi anche più difficili e complicate le nostre relazioni coll'Abissinia, argomento di grave importanza per noi.

(l) Cfr. n. 943.

967

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 542. Roma, 14 giugno 1885, ore 12.

Une discussion importante et difficile va s'ouvrir mardi prochain dans notre Chambre à l'occasion du budget des affaires étrangères. On m'interrogera sans doute et surtout au sujet de nos rapports avec l'Angleterre après l'avènement des tories au pouvoir, notamment en ce qui concerne notre situation dans la Mer Rouge. Les questions spéciales ne pourront évidemment étre abordées que plus tard. Mais il nous serait indispensable d'étre en mesure de dire quelque chose de positif et d'autorisé à l'égard des dispositions des nouveaux ministres anglais envers nous. Une manifestation amicale des sentiments de sympathie du nouveau Cabinet britannique envers le Gouvernement italien, ainsi 1que du prix qu'il attache aux rapports de bienveillance speciale entre l'Angleterre et l'Italie, une pareille manifestation, donnant la certitude que rien n'est changé dans la politique du Cabinet de Londres dans les relations existantes avec l'Italie, aurait une grande valeur, et serait d'un effet utile, en vue aussi de nos intéréts communs. Je saurais gré à V.E. de se ménager, à cet effet, le plus tòt possible l'occasion d'un entretien avec le chef du nouveau Cabinet et ministre des affaires étrangères. J'attendrais avec impatience vos informations.

968

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1023. Parigi, 14 giugno 1885, ore 18,17 (per. ore 21,30).

Commission Suez s'est réunie hier pour la dernière fois afin d'arréter derniers procès-verbaux qui seront signés mercredi. Pays-Bas ont adhéré à l'article français touchant surveillance. Espagne s'est abstenue. Les compliments d'usage ont été adressés au président et aux secrétaires par le premier délégué britannique qui s'est félicité de l'esprit de conciliation de ses collègues et ,a avoué ,que le résultat obtenu et le rapprochement réalisé sur la plupart des questions ont dépassé des premières espérances. Voici le texte de la déclaration qu'il avait lu dans la séance précédente et qui figurera dans le dernier protocole: « Sir Julian Pauncefote désire rappeler à l'attention de ses collègues le fait signalé par M. Barrère à la fin de son rapport que la sous-commission s'est interdit d'examiner dans quelle mesure le traité qu'elle proposait était compatible avec l'état transitoire et exceptionnel où se trouve actuellement l'Egypte. Aussi, les délégués de la Grande Bretagne, en présentant ce texte de traité: « comme le régime définitif destiné à garantir le libre usage du canal de Suez », pensent qu'il est de leur devoir de formuler une réserve générale quant à l'application de ses dispositions en tant qu'elles ne seraient pas compatibles avec cette situation, et qu'elles pourraient entraver la liberté d'action de leur gouvernement pendant la période de l'occupation de l'Egypte par les forces de Sa Majesté britannique ».

969

IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAD, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 569. Assab, 15 giugno 1885 (per. il 5 luglio),

In relazione alla corrispondenza contenuta nel libro verde sulla probabil~ rivendicazione di Zula da parte della Francia, non credo fuor di proposito trascrivere qui testualmente il passaggio di una lettera che il conte Antonelli, in missione allo Scioa, scrive a questo r. commissariato in data del 15 aprile 1885 e che fu qui ricevuta all'll corrente. A titolo d'informazione,, \l .cpnte Antonelli scrive: «Materna è stata occupata dall'imperatore, il quale disarmò la guarnigione egiziana e la mandò per la via di Massaua ritirando un piccolo numero di Remigtons (circa 300) e 4 pezzi di artiglieria. Un inviato del Governo francese con ricchi doni fu ricevuto dall'imperatore ultimamente; quegli a nome della Repubblica domandava la cessione di Zula per fondare una colonia commerciale ed offriva la protezione francese al re dei re; la risposta di questo fu cortese ma evasiva perché mi si assicura che disse all'inviato francese di voler prima riflettere ponderatamente sulla importante richiesta ed offerta;' che voleva prima attendere che piega avrebbero preso gli avvenimenti e che si riservava di dare una definitiva risposta nel prossimo mese di settembre».

È da osservarsi che le informazioni raccolte dal conte Antonelli provengano da buona fonte e sono degne di fede.

970

IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 570. Assab, 15 giugno 1885 (per. il 5. luglio) ..

Mi pregio di trasmettere all'E.V. copia di due lettere successive che il conte Antonelli indirizza a questo r. commissariato civile.

Benché di data già ben trascorsa, quelle lettere non mancano d'interesse, e dimostrano quanto il re d'Abissinia si preoccupasse e si preoccupa forse ancora dell'occupazione di Massaua da parte dell'Italia.

ALLEGATO I

IL CONTE ANTONELLI AL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA

L. Antoto, 9 aprile 1885.

Fui penosamente sorpreso nel leggere il dispaccio min.iste:r:iale del 9 gennaio che ella ha avuto la gentilezza di comunicarmi con lettera del 12 gennaio a me giunta il 28 marzo (1).

Le ultime lettere che mi ha scritto H sultano d'Aussa non accennano a nulla di cambdato sui rapporti amichevoli fra esso e le autorità italiane dd Assab, a.nzi si rallegra che l'Itali:a abbia occupato Beilurl e Massaua e mi annunzia che spediva gente per vendicare l'eccidio della spedizione Bianchi.

Queste noti2lie mi fanno sperare che il nostro Governo non persisterà nell'infelice idea di chiudere la via di Aussa, che per aprirla ci costò tante fatiche e tanto rlenBxo. La pregherei poi di far conoscere al nostro Governo che, chiudendosi le vie dell'Aussa, si troncherebbero tutte le comunicazioni con l'Abissinia se particolarmente fosse vera la notil!'ll.a che l'imperatore Giovanni non permetta agl'italiani di transitare ne' suoi dominii.

Con tutto ciò, sospendo la mia partenza e le trattative per l'invio della miSSione scioana per l'ItaUa ed attendo con grande impazienza le istruzioni del Ministero che spero non ,tarde:mnno molto a giungere.

Rimisl a S. M. la pregiata. lettera della S. V. m data 4 febbraio (l) con la quale gli annunziava l'occupazione di Beilul e queLla probabile di Massaua. Questa notizia era glà giunta wl re per altra via, come la S. V. avrà potuto constatare dalla mia ultima lettera del 6 marzo p.p. (1), ma. S.M. fu molto soddisfatto d'avere la conferma dalla S. V. ed oggi le inv.ia una lettera di ringmziamento che accludo a questa mi,a.

Occorrono notizie ed istruzioni precise per dissipare tanti timori e tJante diffidenze, ed è deLia massima urgenza che l'imperatore Giovanni riconosca il fatto compiuto, e venga ad un amichevole accordo col nostro Governo. Io non trascuro di fare tutto il possibile per pacificare gli animi, ed avrei indziato delle trattative perché il re di Scioa sia incaricato dall'imperatore a trattare con !Jl nostro Governo perché tutto proceda pacificamente. Fm un mese spero poterle mandare qualche notizia ~n proposito.

ALLEGATO II

IL CONTE ANTONELLI AL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA

L. Antoto, 15 aprile 1885.

Il ritardo della partenza del corriere, mi permette invi:are alla S. V. altre notizie a complemento delle precedenti circa l'attuale si,tuazione. Oggi stesso sono arrivati qui presso LI re Menelik lettere ed uomini di fiducia dell'imperatore Giovanni: quello che ho potuto sapere da parte autorevole è questo:

L'impera.tore è irritatissimo per la presa di Massaua e per quella dei bogos da parte delle truppe italiane. Esso si è ritirato nel Beghemeder ed intende abbandonare il Tigrè per !l.'ltundre tutte le sue forze nell'Amhara: dà ordini a questo re ed a quello del Gog~ di tenersi pronti per sostenere una guerra con l.'IrtaUa, che qui si ritiene inevitabile. Il pilano sarebbe di prendere l'offensiva ed i.Jn caso di ripetuti i.Jnsuccessi porttarsi con tutto l'eserc1to a Scioa e di qua effettuare una ritimta verso ii Kaffa, se tutto dovesse essere sfavorevole alle truppe abissine. È bene notare che il re Giovanni, se 'avrà con se il re dello Scioa e quello del Goggiam, potrà contare su un esercito non minore di

300.000 combattentil. Di questo ne prenda nota il nostro Governo.

Materna è .stata occupata dall'imperatore, il quale disarmò la guarrug10ne egiziana e la mandò per la via di Massaua r:itirando un piccolo numero di Remingtons (circa 300) e 4 pezzi di artiglieri·a. Un inviato del Governo fl'a,ncese con rtcchi doni fu ricevuto dall'imperatore uJ.timamoote; quegli a nome della Repubblica domandava la cessione di Zula per fondare una colonia commerciale ed offriva Ja protezione francese al re dei re;

l.a rdsposta dii questo fu cortese ma evasiva perché mi si assicura che disse all'inviato francese voler prima riflettere ponderatamente sulla importante richiesta ed offerta, che voleva prima a,ttendere che piega avrebbero preso gli avvenimenti e che si riservava perciò di dare una definitiva risposta nel prossimo mese di settembre.

È chtaro che l'imperatore vuoi prima ceTcare di far solo e non sarebbe improbabHe che in circostanze disperate ricorresse alla protezione francese. Troverei che sempre più è urgente di tentare un a,ccomodamento con l'Abissinia ed a questo sarebbe molto favorevole il re Menelik nostro alleato, il quale in caso di guerra, si troverà in una situazione mol,to critica e difficile.

Mancando di notizie di istruzioni, continuo a far pratiche presso questo re, affinché sia il mediatore per un serio S~CCordo fra il nostro Governo e l'Abissinia, ma la difficoltà di sollecite comunicazione rendono queste trattative molto lente ed incerte.

È atteso fra giorni il figlio dell'imperatore, ras Arata Selassiè che a,ccompagnato da un gra111 numero di genemli del Tigrè vien qui ce'I"tamente per stabilire accordi con questo re.

Queste notizie prego la S. V. voler comunicare al R. Ministero.

(l) Ed. in L'Italta tn Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III, cit., pp. 192-194. ·

(1) Non pubblicato.

971

IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 572. Assab, 15 giugno 1885 (per. l'8 luglio).

Ho l'onore di acchiuderle copia della traduzione della lettera (l) che

S.M. -il Re Menelik m'indirizza in riscontro· alla mia del 4 febbraio (vedi rapporto n ....) (2). - S.M. -l'imperatore d'Abissinia.

Il conte Antonelli interpretò la cosa spiegando la necessità per l'Italia di tenere ben segreto i suoi progetti, quando sapeva delle velleità della Francia di occupare Zula; importava adunque prevenirla; egli dava pure a quel Re le più esplicite informazioni ed assicurazioni che l'Italia voleva la pace e l'alleanza con l'Abissinia e non avrebbe pensato alla guerra se non provocata.

Il re Menelik ha idee molto favorevoli degli europei e l'Antonelli dice che possiamo esser sicuri che ci asseconderà nei limiti del possibile. L'Antonelli rammenta come non fu ancora data risposta da codesto Ministero alle ultime lettere del re Menelik, e come più volte venne richiesto se i doni offerti al nostro Augusto Sovrano ed a S.M. la Regina fossero giunti a destinazione.

Alla prima occasione scriverò due righe in proposito a nome dell'E.V. in attesa di quelle lettere che codesto Ministero credesse di rispondere.

(l) -Non pubblicata. (2) -Il numero manca nell'originale.
972

IL VICE CONSOLE IN MISSIONE SPECIALE A MASSAUA, MAISSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 97. Massaua, 15 giugno 1885.

Stamane ha fatto qui ritorno la missione Ferrari, tre mesi dopo che essa era partita da Massaua. Da Asmara, residenza di ras Alula, il capitano Ferrari aveva scritto al colonnello Saletta come il Ras gli aveva suggerito di far venire sino ad Ailet la scorta italiana che gli avrebbe mosso incontro. Il suggerimento fu tosto accolto ed una compagnia di fanteria si· recò ad Ailet, ove il Ferrari giunse scortato dai soldati abissini.

L'impressione ricevuta dai discorsi ch'io ebbi col capitano Ferrari e col dottore Nerazzini è che vanno dileguandosi i sospetti coi quali fu in sulle prime, accolta la nostra venuta. Ed anche il fatto che, per suggerimento di ras Alula, un drappello di nostri soldati ha potuto recarsi in Ailet non è senza significato. La futura missione troverà quindi il negus ben disposto a nostro riguardo, e ne resteranno quindi agevolate le trattative.

Non mi diffondo nei particolari poiché naturalmente, non potrei dir cosa che già non sia nota a V. E. dai rapporti del capitano Ferrari. D'altronde tanto egli quanto il dottore Nerazzini (il quale ebbe parte importantissima nella missione tanto più che il capitano Ferrari fu sofferente quasi tutto il tempo del viaggio) muoveranno, dopo pochi giorni di riposo, direttamente alla volta di Roma; e così V.E. potrà raccogliere dalla loro bocca quelle impressioni che difficilmente si traducono in iscritto, e che riusciranno utilissime per predisporre le cose della missione ufficiale.

P.S. -Il capitano Ferrari e il dottore Nerazzini prenderano imbarco sul postale della navigazione generale italiana (linea di Bombay) che farà qui scalo il 10 luglio e giungeranno così a Napoli verso il venti del prossimo mese. Il capitano Ferrari recherà con sé le lettere di risposta del negus a quelle direttegli dal Nostro Augusto Sovrano.

(l) Ed. In L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo III, cit., pp. 191-192.

973

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2289. Vienna, 17 giugno 1885 (per. il 20).

Il 13 corrente inauguravasi la nuova ferrovia che congiunge Mostar a Metkowicll. Quella funzione si compieva con una solennità del tutto speciale, ed anzi interveniva a presiederla S. E. il ministro comune delle finanze, che sta a capo dell'amministrazione delle provincie occupate.

In tale circostanza S. E. il signor Kallay riceveva con particolare cortesia i rappresentanti della stampa austriaca ed ungherese, colà convenuti. Il tenore della conversazione del ministro coi giornalisti venne pubblicato dalla Neue Freie Presse e reputo opportuno stralciarne la parte più importante che qui riproduco:

«Innanzi tutto egli (Kallay) accentuò la necessità di costruire una fermvia che si spinga fino all'estremità del Sandjakato di Novi-Bazar, allo scopo di conquistare commercialmente i limitrofi distretti del Montenegro, Albania c Serbia, dove sempre ancora signoreggiano merci che portano la marca inglese. Ad una diretta interpellanza fattagli, se l'Austria pensi ad una marcia innanzi, oltre Mitrowitza, il ministro rispose con precisione: che fino a che egli conserverà la direzione delle provincie occupate, egli non darà la sua approvazione ad un piano di quella natura, Che ove senza il suo concorso si volesse dar esecuzione a quel piano, egli non potrebbe, beninteso, impedirlo; soltanto a suo modo di vedere una tale marcia in avanti, che avrebbe per iscopo di sottomettere le tribù albanesi che si trovano al sud-est del Sandjakato, sarebbe a deplorarsi, siccome in opposizione colla occupazione della Bosnia e dell'Erzegovina dovendo ritenersi come un'annessione improduttiva, che di più necessiterebbe un esercito d'occupazione di 200.000 uomini. Conseguentemente egli farebbe un'energica opposizione e quel piano »...

Ho ogni ragione per credere che, in quei termini all'incirca il ministro abbia avuto istruzione di parlare, ed infatti da nessuna parte venne smentito il linguaggio attribuitogli.

Che però le parole pronunziate dal signor Kallay non siano pienamente conformi a' suoi personali intendimenti, emerge chiaramente da quanto egli ebbe sempre a dirmi nelle sue particolari conversazioni meco: ma essenzialmente come ungherese, egli era obbligato a tenere in pubblico quel linguaggio poich~ è il Governo ungherese precisamente che si oppone nel modo più risoluto a qualsiasi nuova espansione nei Paesi balcanici.

A tal proposito, credo di dover riferire, qui, siccome sintomo degli intendimenti che regnano nelle alte sfere di questa Monarchia una conversazione che io ebbi alcuni giorni sono appunto su quest'argomento con un alto personaggio, che non avendo responsabilità di sorta sull'andamento della cosa pubblica, parla liberamente di ogni cosa con quell'ingegno ed elevatissimo criterio che lo distingue.

Or bene, il personaggio di cui è caso, reduce da pochi giorni da un viaggio a scopo di studii militari nel Montenegro e che si propone di recarsi più tardi in Bulgaria, aderendo all'invito direttogli dal principe Alessandro, parlavami del Montenegro siccome di un Paese infeudato alla Russia, da cui nulla si otterrà con stiracchiate cortesie e magri regali, ma di cui la conquista non presenterà, al giorno opportuno, serie difficoltà ai Iager austriaci.

Egli constatava il notevole movimento di idee che si sta svolgendo nelle popolazioni balcaniche, e non nascondevami essere suo pensiero, che la penisola tutta dovrà, in un tempo non troppo remoto, sotto forma di confederazione od altrimenti cadere intieramente sotto il dominio dell'Austria, ove non vogliasi che qualsiasi influenza in quei Paesi abbia a sfuggirgli, impossessandosene una altra Potenza. All'osservazione da me fattagli che l'eseguimento di quel piano potrebbe essere causa di pericoli alle spalle della Monarchia, egli risposemi sorridendo, che, anzitutto conveniva chiudersi ben ermeticamente le porte di dietro, affinché nessuno possa penetrarvi nella suaccennata eventualità. Risposta codesta che prova, che, se l'Austria è disposta ad annettersi nuovi territori, non conta affatto di cederne parte di quelli che attualmente possiede.

Indubbiamente nel suespresso linguaggio conviene fare una certa parte al bollore ancora alquanto giovanile del mio alto interlocutore, non è però men vero, che quanto mi fu detto in tale circostanza corrisponde pienamente ai sentimenti espressimi, in diverse occasioni, da altri personaggi in grado di giudicare rettamente la corrente politica dominante; e quindi può ritenersi siccome il vero programma a cui s'inspira la politica di questo Paese, senza ben inteso determinazione di tempo per compierlo.

Aggiungerò ancora che l'alto personaggio, di cui è caso, lamentava del pari meco che l'Ungheria facesse energica opposizione al piano ch'egli mi aveva svolto ma non mostrava di impensierirsene soverchiamente, osservando che col mutare degli uomini mutano anche le opinioni dei governi.

974

IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 574. Assab, 17 giugno 1885 (1).

Dal riverito dispaccio del 17 maggio u.s. n. 462 (confidenziale) (2) che l'E. V. si è compiaciuta di rivolgermi, mi accorgo che malgrado ogni maggiore cura di questo commissariato e mia in particolare per evitare malintesi con l'autorità francese di Obock e per raccomandare nel modo più esplicito, tanto ai nostri protetti di Raheita quanto a chiunque potesse avervi contatto, di rispettare ogni autorità europea ed in ispecial modo quella francese di Obock a noi vicina ed amica, mi accorgo con rammarico che le informazioni riferite,

{2) Cf'r. n. 922.

senza dubbio da fautori di intrigo, al signor comandante di Obock, sono ben diverse dalla verità al punto d'indurlo ad indirizzare al suo governo rapporti speciali in proposito. L'E.V., giudice del mio procedere dai miei rapporti e dalla stima che benevolmente mi accorda, ha potuto al riguardo rispondere categoricamente al signor ambasciatore di Francia, osservandogli l'insussistenza delle informazioni avute; mentre la ringrazio, signor ministro, della fiducia in me riposta per lo scrupoloso adempimento del mio dovere, posso assicurarle che non mi discosterò mai da quella via e che mi atterrò sempre alle istruzioni ripetutamente impartitemi, adoperandomi sempre a mantenere le più amichevoli relazioni con Obock e continuando a fare a tutti i danakil in genere le più sincere raccomandazioni per il mantenimento di buoni rapporti con le autorità del possedimento francese. Mi auguro reciprocità di sentimenti da parte dei nostri vicini, benché se dassi importanza alle tante chiacchiere che mi vengono riferite, ne dovrei invece dubitare.

(l) Manca l'indicazione del giorno di arrivo.

975

IL VICE CONSOLE IN MISSIONE SPECIALE A MASSAUA, MAISSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 101. Massaua, 18 giugno 1885 (1).

Il comandante delle forze navali ha affidato al r. avviso «Esploratore~. comandato dal capitano di fregata signor Marchese, l'incarico di procedere alLa occupazione della costa fra Massaua e Beilul. L'« Esploratore» è partito stamane alla volta di Assab coll'intendimento di prendere colà al suo bordo il cavalier Pestalozza e di risalire poi la costa, facendo successivamente atto di occupazione in quei punti ove la cosa parrà opportuna.

L'esperienza che il cavalier Pestalozza ha dei dancali, le relazioni personali che egli ha con parecchi dei loro capi rendono oltremodo utile la sua cooperazione; e, richiesto del mio avviso, non ho esitato a dichiarare che questo mi pareva il miglior modo di eseguire la missione sulla costa. Ho inoltre, a richiesta del comandante Corsi e del colonnello Saletta, scritto al cavaliere Pestalozza, pregandolo di non negarci il suo concorso a meno che necessità imprevedibili di servizio gli impediscano di allontanarsi da Assab anche per pochi giorni.

Sull'« Esploratore » ha pure preso passaggio il dottor Nerazzini, reduce appunto dalla sua missione in Abissinia. Anch'egli ha pratica del Paese, e, come medico s'è trovato nel caso di prestare le sue cure a parecchi piccoli sultani, e la sua presenza non potrà che contribuire al buon esito della missione.

Le notizia di cui si hanno, danno motivo di ritenere che l'« Esploratore» non incontrerà gravi difficoltà nella esecuzione di questo incarico. E' pure da avvertire che il r. avviso pesa meno dei grossi legni, e gli sarà più facile di avvicinarsi ad una costa, la quale si presenta, quasi ovunque, di difficile accesso.

(l) Manca l'indicazione del giorno di arrivo.

976

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

D. 582. Roma, 20 giugno 1885.

Il r. console in m1sswne a Massaua riferisce (l) come, da certe confidenze fattegli dal vice console di Francia, egli abbia potuto trarre la convinzione, che esso abbia suggerito al suo Governo di accordarsi coll'Italia circa gli affari del Mar Rosso, cedendo sulla questione di Zula e chiedendo come compenso di non creare ostacoli ai progetti della Francia su Zeila e l'Harar. Informazioni di fonte francese confermano pure che l'agente della Repubblica a Zeila distribuisce patenti di protezione e bandiere, e dicesi che per la festa del 14 luglio si farà una dimostrazione inalberando i nuovi protetti i colori francesi sulle loro abitazioni.

977

IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI MANCINI (2)

R. 578. Assab, 21 giugno 1885 (per. il 5 luglio).

Non credo fuori proposito di rimettere alla E. V. una copia di lettera ricevuta i.eri l'altro da certo signor Rosa, negoziante italiano stabilito in Harar; quella lettera accenna ad una situazione che l'E. V. non ignora ed in relazione alla quale credo utile di qui trascrivere qualche passaggio di una lettera che il conte Pietro Antonelli mi scriveva dallo Scioa in data dell'H Aprile.

Il conte dice: «Qui è giunta la notizia dello sgombro delle truppe egiziane dall'Harar e della nessuna ingerenza inglese; il re Menelik torna al suo antico ed accarezzato progetto d'impadronirsene e mi ha detto: «L'Italia dovrebbe occupare Zeila e Berbera lasciando a me l'Harar ». I vantaggi di una impresa simile credo sarebbero molti. Si potrebbe mettere all'Harar un nostro rappresentante per la tutela degli interessi commerciali e perché tutto proceda secondo le nostre leggi civili, facendo però sempre figurare il re di Scioa, mandare là un buon nucleo di nazionali nostri per i diversi servizi ai quali non sarebbero atti gli abissini.

«In tal modo si aprirebbe la importantissima via, Zeila, Harar, Ciarciar, Ittu Galla e Ankober, già tutta nelle mani del re Menelik, ma chiusa oggi per causa dell'occupazione egiziana. Da Harar a Ankober il Paese da attraversare è ricco salubre, in modo che si giungel·cbbe a Scioa non avendo da fare che 200 chilometri circa di deserto eppoi tutto il Paese è bellissimo, ricco di vegetazione e molto coltivato ed abitato ».

Già in precedente mio rapporto n. 505 del 18 febbraio u.s. (l) accennavo alla utilità per l'Italia di combinare qualche cosa in Zeila e sulla costa somala di comune accordo con il re Menelik. Sapendo quanto il R. Governo s'interessi alla questione, non insisto sull'argomento augurando di veder presto il compimento dell'opera iniziata dall'E. V.

ALLEGATO

OTTORINO ROSA, AL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA

L. PERSONALE. Harar, 18 maggio 1885.

Fra pochi giorni gii ultimi soldati della guarmg10ne egiziana partiranno aHa volta di Zei1a, dove giungeranno entro la prima metà del prossimo giugno. Tutte le cavalcatm-e e le bestie da soma saranno vendute m Zeila, m fretta e in furia, avanti di prendere Lmbarco per l'Egitto.

Sarà questa un'ottima occasione per compre.re il tutto a prezzo convenientissimo; e siccome so che in Mass!liua 1 nostri soldati ne abbisognano per la spedizione nel Sanea4z, cosi credo far cosa utile d!lirne avviso alla S. V. onde possa approfittarne quanto lo stimi necessario. Vi sarà un centinaio di cavalli, una sessantina di muli ed altrettanti cammelli.

Il Paese è completamente rovinato. Il commercio è morto affatto, la strada di Zeila impraticabile. Molte carovane saccheggi!lite e moltissime persone uccise. Il residente inglese con soldati somali, incapace a metter l'ordine e la sicurezm. L'emiro e gli hararini che non vogliono saperne di autorità inglese; probabile 'accordo tra i soJ.dati somali e g11. harras tutti musulmani fanatici. Prevedesi una rivolta con grave peril.colo per gli europei. Chi può si mette iJn salvo a Zeila col pascià egiziano.

Come ultima salvezz,a sperasi m una occupazione francese, giacché l'Italia non ne vuoi sapere e preferisce i paesi ingrati ed aridi ai fertilissimi e proficui.

(l) -Cfr. n. 961. (2) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo V, c1t., pp. 2-3.
978

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3911. Berlino, 23 giugno 1885 (per. il 27).

Le sous-secrétaire d'Etat me demandait, sous forme privée, si j'avais quelques indices sur l'issue probable de la crise ministérielle à Rome. Il pensait, d'après les renseignements reçus ici, que le roi conférerait à S. E. le chevalier Depretis le soin de former un nouveau Cabinet. Le comte Herbert de Bismarck ne s'expliquait guères qu'un Cabinet se retirat devant un vote de la Chambre, où il conservait la majorité, quelque amoindrie qu'elle fùt.

J'ai répondu qu'il ne m'appartenait pas de préjuger les décisions de notre Auguste Souverain qui saurait, camme en d'autres occasions, user de ses pouvoirs pour le mieux des intérets inséparables de la Couronne et du Pays. Si Sa Majesté faisait un nouvel appel au dévoùment de l'ancien président du Conseil, celui-ci, nous l'espérions tous, consentirait à reprendre en main une tache dont il avait su si bien s'acquitter durant tant d'années. Il fallait, entre autres, de la part de l'Allemagne et de l'Autriche, lui rendre justice, ainsi qu'à V. E.,

d'avoir constamment travaillé à établir des rapports intimes avec ces deux Puissances au profit du maintien de la paix générale. En attendant de connaitre les résolutions souveraines, je pouvais déclarer sans hésiter que les grandes lignes de notre politique étrangère ne subiraient aucune déviation.

J'ignore encore si V. E. restera au pouvoir. Mais si je perdais un chef dont la bienveillance et l'indulgence ne se sont jamais démenties à mon égard, je le regretterais vivement et je lui conserverais un souvenir plein de reconnaissance.

(l) Cfr. n. 764.

979

IL CONTE ANTONELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. S.N. Ankober, 23 giugno 1885 (per. il 26 settembre).

Sui primi dello scorso mese di maggio arrivò al re una lettera di Obock firmata «Henry agente consolare della Repubblica francese a Harar e dipendenze :.. Detta lettera non era che una semplice partecipazione che il signor Henry dava a questo re della sua nomina e lo pregava di avvisare i capi danakil e somali affinché gli agevolassero la sua missione che era quella di stabilire relazioni commerciali aprendo una via di comunicazione fra Obock Harar e lo Scioa.

Questo fatto fu giudicato dal re e dai suoi capi come una minaccia di una prossima occupazione francese all'Harar.

Come già accennai all'E.V. con la mia lettera 11 aprile 85 (2), il re sentendo che la guarnigione egiziana abbandonava l'Harar si proponeva andarlo .id occupare quanto prima. Oggi è da ritenersi che passati i mesi delle grandi piogge (luglio-settembre) la spedizione scioana avrà luogo senza fallo.

Vedendo la risolutezza con la quale il re mi assicurava di volere effettuare questo suo antico progetto credetti conveniente pregarlo di interpellare a questo proposito il Governo italiano suo amico ed alleato.

Oggi stesso mi è arrivata da Antoto, dove presentemente si trova il re, una lettera per S.M. che io rimetto qui acclusa all'E.V. (3) nella quale sono esposte le ragioni che lo hanno determinato ad impossessarci quanto prima dell'Harar.

980

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 138. Pietroburgo, 25 giugno 1885 (per. il 4 luglio).

Già ebbi l'onore in altre occasioni di sottoporre all'E.V. gli apprezzamenti della stampa neo-russa sullo stabilimento di nostre guarnigioni su alcuni punti

(3} Cfr. LV 66, pp. 201-203.

del Mar Rosso, apprezzamenti i quali lasciavano travedere qualche diffidenza a nostro riguardo come se il nostro operato stesse per contrariare le aspirazioni del panslavismo sulla Abissinia.

Il Journal de St-Pétersbourg d'oggi facendo cenno della crisi ministeriale verificatasi in Italia al seguito di un voto dubbio emesso dalla Camera rappresentativa, l'attribuisce in gran parte alla politica coloniale iniziata dal Governo italiano. Trascorrendo poi a discorrere dell'accoglimento fatto dal re di Abissinia al capitano Ferrari, riproduce a questo proposito una corrispondenza indirizzata da Adua al giornale Afrat, corrispondenza nella quale vuolsi porre in evidenza che il re d'Abissinia non è disposto ad accordare la sua amicizia all'Italia che a dure condizioni.

Mi pregio di qui acchiudere il brano del Journal de St-Pétersbourg a cui sopra alludo (1).

(l) Ed. ln L'Italia In Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo V, clt., p. 3.

(2) Cfr. n. 856.

981

IL VICE CONSOLE IN MISSIONE SPECIALE A MASSAUA, MAISSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 115. Massaua, 25 giugno 1885 (3).

Sull'esito della missione che il R. Governo intende inviare presso il negus avrà influenza grandissima la scelta delle persone chiamate a comporla.

V.E. mi concederà ch'io dica quale sia il criterio che, a mio modo di vedere, dovrebbe guidare il R. Governo, acciò si ottengono quei maggiori risultati che sarà possibile di conseguire.

Le relazioni coll'Abissinia saranno sempre il compito più importante, e talvolta il principale scoglio del funzionario, sia esso civile o militare, che sarà a capo dell'amministrazione di Massaua; e la conoscenza e le relazioni personali che egli avesse col negus gli aggevoleranno tale compito in proporzioni di cui ci viene difficile di farci un'idea in Europa. Aggiungasi che starà a lui di mettere in esecuzione gli accordi che saranno presi, e di dare ad essi quell'interpretazione che meglio convenga ai nostri interessi senza che ne soffrano le buone relazioni fra i due Stati. Egli sarà inoltre il miglior giudice di quelle stipulazioni sulle quali converrà assolutamente insistere, e di quelle altre in cui potrà essere più arrendevole senza che ne nascano difficoltà per il suo Governo. Aggiungasi ancora che con un sovrano semi barbaro quale è il negus, il risultato più importante della missione non sarà forse neppur quello che ci risulterà dai patti scritti, ma dagli accordi verbali, dalle intelli.genze, dalle promesse di cui si vede ad ogni momento la traccia nella missione Hewett.

È quindi mia convinzione che la direzione della missione debba essere lasciata al futuro governatore di Massaua, e che inoltre essa debba essere

61 -Documenti dtplomatfct -Serle II -Vol. XVII-XVIII

composta, per quanto possibile, di persone chiamate ad esercitare una funzfone presso questo Governo, se vuolsi che essa abbia a produrre pratici risultati.

(l) -Non si pubblica. (2) -Ed. in L'Italia tn A/rtca, Ettopia-Mar Rosso, tomo III, clt., pp. 195-196. (3) -Manca l'lndlcazlone del giorno di arrivo.
982

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, A UMBERTO I (l)

T. S.N. Vienna, 27 giugno 1885 (2).

È con immenso rammarico che sono costretto a declinare assolutamente incarico che la fiducia di. V.M. aderendo desiderio Depretis vorrebbe affidarmi.

Che mie spalle non son di forza a sopportare tale peso, nella grave oltremodo nostra situazione all'estero che, sebbene non consultato mai, in questi ultimi sei mesi ho fatto il possibile per scongiurare.

Conosco meglio di chiunque e sì che accettando portafoglio Ministero affari esteri, colle esigenze di una situazione interna che vedo immutabile tradirei fiducia sovrana e doveri e precisamente avendo a negare presentimenti e le troppe qualità che V.M. coll'usata bontà a mio riguardo mi attribuisce niente potrebbe essermi più doloroso che di opporre un rifiuto ad un motto del mio re ma la coscienza me lo impone facendo più che mai assegnamento sull'indulgenza di V .M.

(l) -Da A.C.S., Carte Depretis. (2) -Manca l'indicazione dell'ora dl arrlvo.
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APPENDICI

APPENDICE I

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

(Situazione dal 1° gennaio 1884 aZ 28 giugno 1885)

MINISTRO

MANCINI Pasquale Stanislao, ministro di Stato, deputato al Parlamento.

SEGRETARIO GENERALE

N. N.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI E DEGLI UFFICI AMMINISTRATIVI

MALVANO Giacomo, direttore generale; CoLLOBIANO ARBORIO conte Luigi, consigliere di legazione, in missione presso la direzione generale.

DIVISIONE POLITICA

(Sotto l'immediata dipendenza del direttore generale)

UFFICIO I

Corrispondenza politica -Corrispondenza particolare del ministro

Trattati politici -Pubblicazioni diplomatiche -Citra e Telegrammi.

BIANCHI DI LAVAGNA conte Francesco, capo di sezione; BARDI Alessandro, segretario; MAYOR Edmondo, segretario; AVARNA DI GUALTIERI Giuseppe, segretario di legazione di prima classe, dal 31 gennai() 1885; HIERSCHEL DE MINERBI conte Oscarre, segretario di legazione di prima classe; MALASPINA DI CARBONARA marchese Obizzo, segretario di legazione di seconda classe; MELEGARI Giulio, segretario di legazione di seconda classe, fino al 4 maggio 1885; IMPERIALI DI FRANCAVILLA marchese Guglielmo, addetto di legazione, fino al 3 maggio 1884; BERTI Emanuele, addetto, dal 5 maggio 1884; MAISSA Felice, vice console di seconda classe, fino al 30 maggio 1884; SQUITTI Nicola, vice console di terza classe (dal 20 aprile 1884 di seconda classe), fino al 9 luglio 1884; CROCE Carlo, vice console di terza classe, dal 6 giugno 1884 al 26 giugno 1885; NEGRI Rodolfo, ufficiale d'ordine; ZANETTI Luciano, ufficiale d'ordine.

INTERPRETI

TKALAC Emerico, interprete di prima classe; VALERGA don Pietro, interprete onorario per la lingua araba.

UFFICIO II

Personale del Ministero, delle Legazioni e dei corrieri di Gabinetto Ordini cavallereschi nazionali ed esteri -Atti pubblici -Notariato della Corona -Cerimoniale di Corte -Cancelleria dell'ordine della SS. Annunziata -Biblioteca -Archivi.

BERTOLLA Giuseppe, capo degli uffici d'ordine; ALINARI Enrico, archivista; GABUTTI Pasquale Pietro, archivista.

RAGIONERIA

Bilancio -Contabilità generale degli uffici diplomatici e consolari -Mandati -Rendiconti -Corrispondenza relativa.

CATTANEO Angelo, direttore capo di divisione di ragioneria, fino al 2 luglio 1884; SANTASILIA Nicola, direttore capo divisione di ragioneria, dal 16 luglio 1884; LoNGO VASCHETTI Giovanni Battista, segretario di ragioneria (dal 18 dicembre 1884, capo di sezione); GuGLIELMINETTI Giuseppe, segretario di ragioneria (dal 25 giugno 1885, capo sezione); BELLISOMI Ludovico, segretario di ragioneria; CALVARI Ludovico, vice segretario di ragioneria (dal 18 dicembre 1884, segretario); BoNAMico Cesare, vice segretario di ragioneria (dal 25 giugno 1885, segretario).

CORRIERI DI GABINETTO

ANIELLI Eugenio; SIGNORONI Elia Camillo.

ECONOMATO E SPEDIZIONE

Spese d'ufficio -Contratti -Spedizioni -Servizio interno del Ministero.

BROFFERIO Tullio, segretario; CASADIO Carlo, ufficiale d'ordine (dal 29 gennaio 1885, vice segretario di ragioneria).

DffiEZIONE GENERALE DEI CONSOLATI E DEL COMMERCIO

PETROLERI Augusto, direttore generale.

UFFICIO DEL PERSONALE

Corrispondenza riservata e confidenziale della direzione generale Personale consolare e dragomannale -Esami -Exequatur agli agenti consolari ed esteri.

BARILARI Federico, segretario; KocH Ernesto, vice segretario; ZAVEL DE LouVIGNY Filippo Antonio, ufficiale d'ordine.

DIVISIONE I

BIANCHINI Domenico, direttore capo di divisione.

UFFICIO I

Corrispondenza in tutte le materie non politiche né commerciali coi regi agenti diplomatici e consolari residenti negli Stati d'Europa e loro colonie, eccettuate la Turchia e la Grecia, e cogli agenti diplomatici e consolari di detti Stati in Italia, coi ministeri, colle autorità e ·coi

privati.

CAVACECE Emilio, capo di sezione; MIRTI DELLA VALLE Achille, segretario; VACCAJ Giulio, segretario; FASSATI DI BALZOLA Ferdinando, segretario; DE GAETANI Davide, segretario; DURANDO Vittorio, segretario; SERRA Carlo, vice segretario; MoTTA Riccardo, vice console di terza classe, fino al 28 febbraio 1884; TRABAUDI FOSCARINI Marco, console di prima classe; MELI LUPI DI SORAGNA Guido, applicato volontario, dal 5 dicembre 1884 al 9 aprile 1885.

UFFICIO II

Corrispondenza in tutte le materie non politiche né commerciali coi regi agenti diplomatici e consolari residenti in Grecia, nell'Impero Ottomano, in Asia, America ed Oceania, e cogli agenti diplomatici e consolari di detti Paesi in Italia, coi ministeri, colle autorità e coi privati.

MARGARIA Augusto, capo di sezione; MAssA Nicolò, segretario; CuGNONI Guglielmo, vice segretario (dal 31 agosto 1884, segretario); GAETANI D'ARAGONA DI CASTELMOLA Onorato, vice segretario; ANDREOZZI Pietro, vice segretario; GIACCHI Giuseppe, volontario (dal 29 marzo 1885, vice segretario); PASSERA Oscarre, segretario di legazione di prima classe, dal 30 maggio 1884; SoBECHI Cristoforo, console generale di seconda classe, dal 12 settembre 1884; LuccHESI PALLI Ferdinando, vice console di terza classe, dall'8 giugno 1885; PREYER Giovanni, ufficiale d'ordine.

DJVISIONE II

ScHMUCKER barone Pompeo, direttore capo di divisione.

UFFICIO I

Corrispondenza relativa alla stipulazione dei trattati e delle convenzioni commerciali, di navigazione, di estradizione, consolari, monetarie, doganali, postali, telegrafiche, ecc. -Pubblicazioni commerciali Bollettino consolare.

BoREA D'OLMo marchese Giovanni Battista, capo di sezione; PucciONI Emilio, segretario (dal 31 agosto 1884, capo di sezione); 0RFINI conte Ercole, segretario, dal 29 marzo 1885; PISANI Dossi Alberto, vice segretario, (dal 29 marzo 1885, segretario); RIZZETTO Rizzardo, vice segretario; VALSECCHI Celestino, vice segretario; PRINETTI Emanuele, addetto di legazione; SAVINA Oreste, applicato volontario; MANTICA Guido, applicato volontario; SPINOLA Guido, applicato volontario, dal 5 dicembre 1884 fino al 14 giugno 1885; D'AVANZO Carlo, ufficiale d'ordine; BENFENATI Enrico, ufficiale d'ordine.

UFFICIO II

Corrispondenza relativa aZZe successioni dei nazionali all'estero ed agli atti di stato civile tatti all'estero.

CASELLI Carlo, capo di sezione; BERTOLLA Cesare, segretario; MINA BOLZESI Giuseppe, segretario; BARILARI Pompeo, segretario; LANDI Vittorio, vice segretario; VALENTINI Claudio, VOlontario, dal 12 luglio 1884; BONGIOVANNI Marco Federico, archivista; BENETTI Carlo, archivista.

ISPETTORE GENERALE ONORARIO DEI CONSOLATI

NEGRI barone Cristoforo, console generale di prima classe in riposo, col titolo di inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

Questioni di diritto internazionale, interpretazione dei trattati, ecc.

PRESIDENTE

MANCINI Pasquale Stanislao, ministro degli Affari Esteri.

VICE-PRESIDENTE

CADORNA Carlo, ministro di Stato, Presidente del ·Consiglio di Stato.

SEGRETARIO

PucciONI Emilio, capo di sezione nel Ministero degli Affari Esteri.

CONSIGLIERI

ALFIERI DI SOSTEGNO marchese Carlo, senatore del regno; BIANCHERI Giuseppe, deputato al parlamento; BosELLI Paolo, deputato al parlamento; CANONico Tancredi, senatore del regno, consigliere della corte di cassazione di Roma; CAPPELLI (dei marchesi) Raffaele, deputato al parlamento; CARACCIOLO DI BELLA marchese Camillo, senatore del regno; CARUTTI DI CANTOGNO barone Domenico, consigliere di stato; MAMIANI DELLA ROVERE conte Terenzio, senatore del regno, consigliere di Stato, fino al 21 maggio 1885; MAURIGI DI CASTEL MAURIGI marchese Ruggero, deputato al parlamento; MICELI Luigi, deputato al parlamento; MIRAGLIA Giuseppe, senatore del regno, primo presidente della corte di cassazione di Roma; PIERANTONI Augusto, senatore del regno; TABARRINI Marco, senatore del regno, presidente di sezione del consiglio di stato.

APPENDICE II

AMBASCIATE E LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

(Situazione dal 1° gennaio 1884 al 28 giugno 1885)

ARGENTINA

Buenos Ayres -CovA Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CALVI DI BERGOLO conte Giorgio Carlo, segretario dal 2 luglio 1884.

AUSTRIA-UNGHERIA

Vienna -NICOLIS DI ROBILANT conte Carlo Felice, ambasciatore; GALVAGNA barone Francesco, consigliere; FossATI REYNERI conte Giacinto, segretario, dal 2 luglio 1884; FERRARA Enrico, segretario, dal 12 giugno al 5 settembre 1884; FALLETTI DI VILLAFALLETTO Paolo, addetto, fino al 17 agosto 1884; SERRISTORI conte Umberto, addetto; BONIN LoNGARE conte Lelio, addetto, dal 17 agosto 1884; DELLA CROCE Felice, addetto onorario; CATALANO GONZAGA Clemente, addetto onorario, fino al 5 febbraio 1884; CERRUTI Alberto, tenente colonnello di stato maggiore, addetto militare.

BAVIERA

Monaco -ULISSE BARBOLANI conte Raffaele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE NITTO Enrico, segretario.

BELGIO

Bruxelles -MAFFEI DI BaGLIO marchese Carlo Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GERBAIX DE SONNAZ Carlo Alberto, consigliere, fino al 24 gennaio 1884; CANTAGALLI Romeo, consigliere, dal 24 gennaio 1884; DE FoRESTA conte Ernesto, segretario, fino all'8 febbraio 1884; VISONE conte Vincenzo, addetto, dal 24 giugno 1884; MARCHESI Carlo, colonnello, addetto militare, sostituito da INCISA DI CAMERANA marchese Alberto, maggiore di stato maggiore, addetto militare (residente a Parigi).

BOLIVIA DE GUBERNATIS Enrico, ministro residente, dal 16 luglio 1884 (residente a Lima).

BRASILE

Rio de Janeiro -MARTUSCELLI Ernesto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 10 gennaio 1884; DE FoRESTA Alberto, segretario, fino al 2 luglio 1884; MELEGARI Giulio, segretario, dal 4 maggio 1885.

CILE

Santiago -CARCANO Silvio, ministro residente.

CINA

Pechino -DE LUCA Ferdinando, inviato straordinario e ministro plenipotenziario. COLOMBIA

Bogotà -SEGRE David, incaricato d'affari.

COSTARICA DE GUBERNATIS Enrico, ministro residente, fino al 16 luglio 1884 (residente a Guatemala); GLORIA Gaspare Michele, incaricato d'affari, dal lO aprile 1885 (residente a Guatemala).

DANIMARCA

Copenaghen -MAROCHETTI Maurizio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VINci GIGLIUCCI Giulio Cesare, addetto, dal l 0 marzo 1884.

FRANCIA

Parigi -MENABREA conte Luigi Federico, ambasciatore; RESSMAN Costantino, consigliere (dal 6 gennaio 1884, inviato straordinario e ministro plenipotenziario); AvARNA DI GuALTIERI Giuseppe, segretario, fino al 31 gennaio 1885; BOLLATI Riccardo, segretario, fino al 31 gennaio 1885; FOSSATI REYNERI Giacinto, segretario, fino al 2 luglio 1884; PoLAcco Giorgio, segretario, dal 30 giugno 1884; IMPERIALI DI FRANCAVILLA marchese Guglielmo, segretario, dal 31 gennaio 1885; GALLETTI CAMBIAGI Arturo, addetto; CORTEGIANI Salvatore, addetto, fino al 12 giugno 1884; BuTI Emanuele, addetto, fino al 5 maggio 1884; DE GREGORIO marchese Paolo, addetto, dal 20 ottobre 1884; FALLETTI DI VILLAFALLETTO Paolo, addetto, dal 17 agosto 1884; MENABREA conte Carlo, addetto onorario; CAGNOLA Guido, addetto onorario, dal 2 febbraio 1885; INCISA DI CAMERANA marchese Alberto, maggiore di stato maggiore, addetto militare.

GERMANIA Berlino -DE LAUNAY conte Edoardo, ambasciatore; TUGINI Salvatore, segretario; BOLLATI Riccardo, segretario, dal 31 gennaio 1885; FERRARA Enrico, addetto, fino al 12 giugno 1884; DE GREGORIO marchese Paolo, addetto, fino al 20 ottobre 1884; FRACASSI RATTI MENTONE Domenico, addetto, dal 9 luglio 1884; RANuzzr SEGNI conte Cesare, addetto, dal 20 ottobre 1884; JACINI conte Giovanni, addetto onorario; BISESTI Luigi, colonnello di stato maggiore, addetto militare.

GIAPPONE

Tokio -DE MARTINò Renato, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MARTI LANCIAREZ Eugenio, segretario; CASATI Luigi, interprete.

GRAN BRETAGNA

Londra -NIGRA Costantino, ambasciatore; CATALANI Tommaso, segretario; SrLVESTRELLI Giulio, segretario; BETTONI Vincenzo, addetto, fino al 23 giugno 1885; PAuLuccr DE CALBOLI marchese Raniero, addetto, dal 17 aprile 1885; DESME' Giulio, addetto onorario; LABRANO Federico, capitano di vascello, addetto navale.

GRECIA

Atene -CuRTOPAssr Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE FoRESTA conte Ernesto, segretario, dall'8 febbraio 1884; PANERAI Giuseppe, segretario, dal 24 gennaio 1884; BAGLIO Beniamino, segretario, dal 24 febbraio 1885; Rossr TOESCA Vincenzo, addetto, dal 17 aprile 1885.

GUATEMALA

Guatemala -DE GuBERNATrs Enrico, ministro residente, fino al 16 luglio 1884; GLORIA conte Gaspare Michele, incaricato d'affari, dal 10 aprile 1885.

HONDURAS

DE GUBERNATIS Enrico, ministro residente, fino al 16 luglio 1884 (residente a Guatemala); GLORIA conte Gaspare Michele, incaricato d'affari, dal 10 aprile 1885 (residente a Guatemala).

MAROCCO Tangeri -ScovAsso Stefano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GIANATELLI GENTILE Agesilao, interprete; ToLEDANO Giuseppe, interprete; AFLALO Salomone, interprete.

MESSICO

Messico -MARTUSCELLI Ernesto, ministro residente, fino al 10 gennaio 1884; VrvrANI Giovan Battista, ministro residente, dal 16 luglio 1884.

MONTENEGRO Cettigne -MAcero' Licurgo, ministro residente; PuGLIESI Antonio, interprete.

NICARAGUA DE GuaERNATIS Enrico, ministro residente, fino al 16 luglio 1884 (residente a Guatemala); GLORIA conte Gaspare Michele, incaricato d'affari, dal 10 aprile 1885 (residente a Guatemala).

PAESI BASSI

L'Aja -DELLA CRocE DI DoYOLA conte Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VrGoNI Giorgio, segretario.

PERU'

Lima -DE GUBERNATIS Enrico, ministro residente, dal 16 luglio 1884.

PORTOGALLO

Lisbona -OLDOINI marchese Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CoTTA Francesco, segretario; SALLIER DE LA TouR Giuseppe, addetto, dal 17 aprile 1885; CAGNOLA Guido, addetto onorario, fino al 2 febbraio 1885.

ROMANIA

Bucarest -ToRNIELLI BRUSATI DI VERGANO conte Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GuAsco DI BISIO Alessandro, segretario; OLIVOTTO Teodoro, interprete archivista; CERRUTI Alberto, tenente colonnello di stato maggiore, addetto militare (residente a Vienna).

RUSSIA

Pietroburgo -GREPPI conte Giuseppe, ambasciatore; ZANNINI conte Alessandro, consigliere; BOTTARO CosTA conte Francesco, segretario; FRACASSI RATTI MENTONE Domenico, addetto, fino al 9 luglio 1884; BRUNO Luigi, addetto, dal 12 luglio 1884; DOGLIATTI Giuseppe, capitano di stato maggiore, addetto militare.

SALVADOR

San Salvador -DE GUBERNATIS Enrico, ministro residente, fino al 16 luglio 1884 (residente a Guatemala); GLORIA conte Gaspare Michele, dal 10 aprile 1885 (residente a Guatemala).

SERBIA

Belgrado -SALLIER DE LA TouR conte Vittorio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CALVI DI BERGOLO Giorgio, segretario, fino al 2 luglio 1884; DE NovELLIS Fedele, addetto, dal 12 luglio 1884; MARINOVICH Marco, interprete.

SPAGNA Madrid -BLANC barone Alberto, inviato staordinario e ministro plenipotenziario; TERZAGHI Carlo, segretario, fino al 2 luglio 1884; BAGLIO Beniamino Arcangelo, segretario, fino al 24 febbraio 1885; DALLA VALLE DI MIRABELLO marchese Alessandro, segretario, dal 2 luglio 1884; PoRCINARI marchese Filippo, addetto onorario (dal 31 marzo 1885, addetto); QuARTA DI BELGIOioso Antonio, addetto, dal 17 aprile 1885.

STATI UNITI

Washington -FAVA barone Francesco Saverio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE FORESTA Alberto, segretario, dal 2 luglio 1884; BAROLI Carlo, addetto, dal 12 luglio 1884.

SVEZIA E NORVEGIA

Stoccolma -SPINOLA marchese Federico Costanzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BECCARIA INCISA Emanuele, segretario.

SVIZZERA

Berna -FE' D'OSTIANI conte Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RIVA Alessandro, segretario; PANERAI Giuseppe, segretario, fino al 24 gennaio 1884; FRIOZZI Lorenzo, principe di Cariati, addetto, fino al 19 aprile 1884; NoBILI Aldo, addetto; FRANCHETTI barone Edoardo, addetto, dal 19 aprile 1884 al 6 giugno 1885; INCISA DI CAMERANA marchese Alberto, maggiore di stato maggiore, addetto militare (residente a Parigi).

TURCHIA

Costantinopoli -CoRTI conte Luigi, senatore del regno, ambasciatore; PANSA Alberto, segretario; PoLAcco Giorgio, segretario, fino al 30 giugno 1884; GALLINA conte Giovanni, addetto (dall'll dicembre 1884, segretario); FRANCHETTI barone Edoardo, addetto, fino al 19 aprile 1884; FRIOZZI Lorenzo principe di CARIATI, addetto, dal 19 aprile 1884; CATALANO GONZAGA Clemente duca di GRISOLIA, addetto onorario, dal 5 febbraio 1884; VERNONI Alessandro, interprete; GRAZIANI Edoardo, interprete; BARONE Antonio, interprete; CHABERT Alberto, interprete; CANGIA' Alfredo, interprete.

EGITTO

Alessandria -DE MARTINO Giuseppe, agente e console generale.

TUNISIA

Tunisi -RAYBAUDI MASSIGLIA Annibale, vice console reggente, fino al 31 luglio 1884; MALMUSI Giulio, agente e console generale, dal 31 luglio 1884.

BULGARIA

Sofia -GERBAIX DE SONNAZ Carlo Alberto, agente e console generale, dal 24 gennaio 1884.

URUGUAY

Montevideo -ANFORA DI LuciGNANO duca Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

VENEZUELA

Caracas -BENSAMONI Giuseppe, incaricato d'affari.

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE PRESSO IL RE D'ITALIA

(Situazione dal 1° gennaio 1884 al 28 giugno 1885)

Argentina -DEL VIso Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MoNTERO J. Belisario, primo segretario; DEL VIso Antonio junior, secondo segretario; DEL VIso Felipe, addetto militare.

Austria-Ungheria -LUDOLF conte Emanuel, ambasciatore; voN RosTY Sigmund, consigliere; EPERJESY VOn SZASZVAROS und TOTI Albert, segretario; VON LUTZOV conte Heinrich, segretario; ScHWARTz-MoHRENSTERN Alfred, segretario sostituito da voN SzEMERE Nikolaus, addetto; SZECSEN conte Nikolaus, addetto; voN RIPP barone Isidor, tenente colonnello, addetto militare.

Baviera -voN TAUTPHOEUs barone Rudolf, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BoEHM Gotfred, segretario sostituito da voN TucHER Heinrich, primo segretario.

Belgio -VAN Loo Auguste, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LE GHAIT Alfred, consigliere; CARTON DE FAMILLEREUX Albert, segretario, sostituito da VAN DEN STEEN DEJEPAJ Werner, segretario, sostituito da DE BARE' DE CoMOGNE visconte Enrico, segretario.

Brasile -CALLADO Eduardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VIERA DE CARVALHO Joao, segretario; PEREIRA DA COSTA MOTTA Josè, addetto.

Cina -LI FONG-PAo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 31 dicembre 1884 (residente a Berlino); Hsii CHING CHENG, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 31 dicembre 1884 (residente a Berlino); KREYER C.T., segretario interprete (residente a Berlino); SEN TIEN TsuNG, addetto interprete (residente a Berlino).

Costarica -DE LINDEMANN conte Alfonso Cristiano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi).

Danimarca -DE HEGERMANN -LINDENCRONE Johan Enrik, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Francia -DECRAIS Pierre-Albert, ambasciatore; DE REVERSEAUX DE ROUVRAY marchese Frédéric, consigliere, fino al 6 marzo 1884; DUBAIL Georges, consigliere, dal 6 marzo 1884; BouRGAREL Ernest-Adrien,secondo segretario; DE TENAILLE SALIGNY Xavier, terzo segretario; PASTEUR Jean Baptiste, terzo segretario, sostituito da D'AssiER DE VALENCHES Maurice, terzo segretario; DESLANDRES Léon, addetto; Loms Eugène, comandante addetto militare.

Germania -VoN KEUDELL Robert, ambasciatore; ARco VALLEY conte Ludwig, consigliere; TuRN UND TAXIS principe Franz, secondo segretario, sostituito da VoN BuLOw Alfred, secondo segretario; ENGELBRECHT Karl, capitano, addetto militare.

Giappone -AsANO principe Nagakoto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 29 novembre 1884; TANAKA Fujimaru, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 29 novembre 1884; JAMANO OUTCHI Katsonaki, segretario; KuBOKAVA Seitiro, primo segretario; DI SIEBOLD barone, segretario onorario; SAYTOW TouTA Row, addetto, sostituito da KATo, addetto; IcHIKU Massakata, addetto.

Gran Bretagna -LUMLEY sir John Savile, ambasciatore; FRASER Hugh, primo Segretario; GOUGH Hugh, secondo segretario; NELTHORPE BEAUCLERK William, secondo segretario; CLARkE THORNILL Bryan, terzo segretario; COEY KANE Henry, capitano di vascello, addetto navale.

Grecia -RHASIS Demetrios, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; KIRGoussws Johannes, primo segretario.

Messico -SANCHEZ-AzcoNA Juan, ministro residente; HYAR Y HARo Juan Bautista, primo segretario; MORALES Vicente, secondo segretario.

Monaco-BENTIVOGLIO-MIDDLETON conte Henri, incaricato d'affari; FURSE Edouard, addetto.

Paesi Bassi -WESTENBERG Bernhard, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VAN HEECKEREN VAN KELL barone Karl, segretario, sostituito da VAN WEEDE Enrik, segretario.

Perù -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Portogallo -DE CARVALHO YVASCONCELLOS Matthias, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE SEQUEIRA THEDIM Augusto, primo segretario, sostituito da DE SouzA PREGO Ezequiel, secondo segretario.

Romania -BALACEANU Jon, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; 0BEDENARE Mihai, primo segretario; KoGALNICEANU Costantin, secondo segretario, sostituito da PERTICARI Demetriu, secondo segretario.

Russia -D'UXKULL GYLLENBAND barone Karl, ambasciatore; SEVICH Dimitrij, consigliere; DI MEYENDORFF barone Ernest, primo segretario; WAGNER Eugenij, secondo segretario; BouTOURLINE conte Pjotr, addetto; DI STACKELBERG barone, addetto; KoMAROWSKY conte Edgard, addetto, sostituito da OuRoussov principe Vladimir, addetto; ROSEN barone Grigorij, capitano, addetto militare.

Serbia -KoulouNDGié Milan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Siam -PRISDANG principe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 26 giugno 1884 (residente a Londra).

Spagna -DEL MAzo Y GHERARDI Cipriano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 26 maggio 1884; MENDEZ DE VIGo Felipe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 26 maggio 1884; DELAVAT Josè, primo segretario sostituito da DEL ARco Luis, primo segretario; LARIOs Ricardo, secondo segretario; RocA DE ToGORES Fernando, terzo segretario, fino al 19 marzo 1884; REYNOSO Francisco, terzo segretario, dal 7 maggio 1884; lRVESTE visconte de, addetto fino al 14 aprile 1884; MENDEZ DE VIGo Manuel, addetto, dal 14 aprile 1884; DE AGUIRRE Ernesto, colonnello, addetto militare.

Stati Uniti -AsTOR William Waldorf, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RICHMOND Lewis, generale, segretario, sostituito da PIERREPONT Edward, segretario.

Svezia e Norvegia -LINSTRAND Francesco Teodoro, inviato straordinario e mmlstro plenipotenziario; BOLSTAD I.M., addetto; DE WARTFELD Oscar, capitano, addetto.

Svizzera -BAVIER Simon, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PIODA Jean-Baptiste junior, consigliere; CARLIN Gaston, addetto, sostituito da SERMENT Albert, addetto.

Turchia -MusuRus bey, ambasciatore; MIHRAN effendi, primo segretario; RECHAD bey, secondo segretario sostituito da TCHAYAN Simon effendi, secondo segretario; EMIN bey, segretario; ALI RizA effendi, capitano di marina, addetto navale.

Uruguay -ANTONINI Y DIEz Paulo, ministro residente; RoVIRA Enrique, segretario; RAMOS Dionisio, addetto di prima classe; SONEIRA VILLA DE MOROS, Federigo, addetto.

62 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XVII-XVIII